Padre settembre 2014.pmd

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PADRE, MAESTRO E PASTORE TIRATURA
15 OTTOBRE ????
2014??? COPIE
IN CASO DI MANCATO RECAPITO INVIARE AL CMP DI PESCARA PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE PREVIO PAGAMENTO RESI
Anno XX,I n. 3, 15 ottobre 2014. Poste Italiane S.p.a. sped. in a.p. D.L. 353/03 (conv. in L. n° 46 del 27/02/2004) art. 1 comma 2 e 3 DCB PESCARA
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2014
PERIODICO DI SPIRITUALITÀ, CULTURA, DOCUMENTAZIONE, STORIA E NOTIZIE PER GLI AMICI DEL VENERABILE MASSIMO RINALDI
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 PADRE, MAESTRO E PASTORE  15 OTTOBRE 2014
Attività culturali e notizie
Sommario
DIOCESI E ISTITUTO STORICO «MASSIMO RINALDI» - RIETI
«MISSIONARI DI S. CARLO» - SCALABRINIANI
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NOTIZIE
Terza domenica di ogni mese, anno 2014. Chiesa di S. Rufo in
Rieti, è stata celebrata la S. Messa, ore 10,30, per ricordare l’azione e
le opere del Venerabile Massimo Rinaldi.
Domenica 10 agosto- Sul monte Terminillo è stata celebrata l’annuale ricorrenza in onore del Venerabile Massimo Rinaldi con celebrazione di una santa messa. I servizi alle pagine 11-12.
Sabato 20 Settembre. È stata realizzata la gita-pellegrinaggio: Loreto
Aprutino-Maria Santissima Addolorata (Pescara Colli). I servizi alle
pagine 4-10.
PROGRAMMA ANNO 2014
Domenica 9 novembre214-Domenica 16 novembre. Mostra di
pittura del maestro Franco Corradini nella chiesa di San Giovenale di
Rieti. Tra le opere una tela sul Venerabile Massimo Rinaldi.
Domenica 16 novembre. Chiesa di S. Rufo, ore 10,30, annuale ricorrenza: « Scelte di vita del Venerabile Massimo Rinaldi».
Domenica 21 dicembre. Chiesa di S. Rufo, ore 10,30, S. Messa in
suffragio dei Soci e Benefattori defunti.
PROGRAMMA ANNO 2015
Terza domenica di ogni mese, anno 2015. Chiesa di S. Rufo in
Rieti, celebrazione della S. Messa, ore 10,30, per ricordare l’azione e le
opere del Venerabile Massimo Rinaldi.
Febbraio 2015. Decennale periodico: «Padre, Maestro e Pastore».
Sabato 11 aprile 2015. Corvaro. Rievocazione storica del compositore Corvarese Giacomo Antonio Piccioli, frate Minore Conventuale,
maestro di Cappella del duomo di Vercelli; esecuzione di alcuni suoi
brani musicali.
Sabato 30 maggio 2015. Agape con gli Attori di Ciabbattone.
Domenica 31 maggio 2015. Monastero delle Clarisse di Borgo San
Pietro di Petrella Salto. Approvazione del bilancio dell’anno 2014.
Transito del Venerabile Massimo Rinaldi.
Domenica 9 agosto- Monte Terminillo.Annuale rievocazione in onore
del Venerabile Massimo Rinaldi con celebrazione di una santa messa.
Domenica 15 novembre. Chiesa di S. Rufo, ore 10,30, celebrazione
annuale ricorrenza: « Scelte di vita del Venerabile Massimo Rinaldi».
Domenica 20 dicembre. Chiesa di S. Rufo, ore 10,30, S. Messa in
suffragio dei Soci e Benefattori defunti.
3 Dépliant. Programma della gita-pellegrinaggio: Loreto
Aprutino-Pescara
4 Sulle orme del Venerabile Massimo Rinaldi
di Anna Sfoza Nobili
11 Annuale celebrazione in onore del Venerabile Massimo
Rinaldi sul monte Terminillo - Domenica 9 agosto 2014
di Fabrizio Tomassoni
13 S. Antonio da Padova e il Venerabile Massimo Rinaldi
due santità attuali
di Giovanni Maceroni
14 Positio. Miracoli, grazie e doni soprannaturali del Venerabile Massimo Rinaldi
11 Dalla Positio: Malattia, morte e funerali del [Venerabile]
Servo di Dio Massimo Rinaldi
Voci di devoti del Venerabile Massimo Rinaldi
16 Deposizioni giudiziarie dei testi del processo di beatificazione e canonizzazione del Venerabile Massimo Rinaldi:
Riccardo Giannini: teste n. 13
20 Immagine del Venerabile con reliquia ex indumentis.
20 Preghiera per la beatificazione del Venerabile Massimo
Rinaldi e per chiedere grazie per sua intercessione.
di Delio Lucarelli Vescovo.
«Padre, Maestro e Pastore»
Visitate il sito internet
è pubblicato sul sito internet:
www.massimorinaldi.org
Capolettera: «Cantate». Codice miniato francese, sec. XIV, f. 182v (ACR,
foto P. D’Alessandro, Rieti)
www.massimorinaldi.org
  In copertina

Massimo Rinaldi (1869-1941), missionario scalabriniano
e vescovo di Rieti (1924-1941) all’inizio del suo episcopato
(Archivio fotografico di Guglielmo De Francesco, Rieti. Copia
conservata in Archivio Vescovile di Rieti (AVR), fondo fotografico, busta n. 5, fasc. n.2).

Stemma di Mons. Massimo Rinaldi (da una riproduzione
del 1992 del pittore S ILVANO S ILVANI, Rieti). Spiega il Rinaldi:
«[...] significato del mio stemma vescovile. Nel suo lato
destro un araldo, fregiato [...] di Croce, con [...] una spada
[...]: la spada è simbolo di azione e difesa, la croce di abnegazione, sacrificio e dolore. Nel lato sinistro il coronato
motto “Humilitas” [degli scalabriniani] sotto il quale è una
stella che guida una nave» (M. Rinaldi, Lettera pastorale,
Natale 1924, p. 5).

Testata del Periodico Scalabriniano «L’Emigrato Italiano in
America», anno XVIII, n. 3 (luglio, agosto, settembre 1924),
di cui Massimo Rinaldi fu Direttore dal 1910 al 1924. Il
primo articolo del numero sopra citato, dal titolo: Un missionario Scalabriniano Vescovo di Rieti, di Filippo Crispolti,
riguarda la nomina (2 agosto 1924) di Massimo Rinaldi a
vescovo di Rieti (AVR, Archivio Massimo Rinaldi (AMR),
documenti ricevuti, busta n. 4, fasc. n. 5).
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Testata de «L’Unità Sabina». Settimanale della Provincia di
Rieti, anno XIX, n. 21 (25 maggio 1941). Il Settimanale fu
fondato dal vescovo Massimo Rinaldi nel 1926 (AVR, AMR,
busta: Periodici e stampe, fasc. «L’Unità Sabina». Foto studio Controluce di Enrico Ferri, Rieti 1996.
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Si riporta, per conoscenza dei lettori, il dépliant della Gita-Pellegrinaggio di Sabato
20 Settembre 2014 simile, nell’impostazione, ai programmi delle gite-pellegrinaggi,
organizzati e realizzati dall’Istituto Storico Massimo Rinaldi.
ISTITUTO STORICO «MASSIMO RINALDI» - RIETI
Pellegrinaggio sulle orme del Ven. M. Rinaldi
Loreto Aprutino-Pescara: Maria SS.ma Addolorata
Rieti, Centro d’Italia,
chiesa di S. Rufo, sede dell’Istituto Storico Massimo Rinaldi
(foto D. Orlandi, Rieti,
2005)
Santa Maria in piano: particolare giudizio universale
Sabato 20 settembre 2014
PROGRAMMA
Raduno al piazzale della stazione di Rieti ore 5.45
Partenza dal piazzale della stazione ore 6.00
Transito piazza Marconi ore 6.05
Transito viale Matteucci ore 6.10
Arrivo a Loreto Aprutino: Visita al santuario
di Santa Maria in Piano e Santa Messa
ore 9.30-11.30
Visita al centro storico e alla chiesa
parrocchiale San Pietro Apostolo
Ore 12.00-12.45
Pranzo al Ristorante «GIRASOLE», LG. UNITÀ
D’ITALIA ore 13.00
Partenza per Pescara: Visita santuario Maria
SS.ma Addolorata ore 15.00-18.00
Partenza per Rieti: ore 18.00
Rientro a Rieti: ore 22.00-22.30
Santuario Santa Maria in Piano
Veduta di Loreto Aprutino
Santuario dei Sette Dolori
La quota - comprensiva di viaggio, pranzo, mance alle guide e all’autista -, è di Euro 60,00 da versare, per motivi
organizzativi, all’atto dell’iscrizione, dall’1 al 15 settembre, o presso l’archivio vescovile (tel. 0746-253636) a
Mons. Giovanni Maceroni (cell. 347-4635318) o all’Insegnante Elide Fainelli (tel. 0746-201671;329-5634337).
N.B. IN CASO DI MANCATA PARTECIPAZIONE, SI RESTITUISCE METÀ DELLA QUOTA VERSATA DI CUI SOPRA. IL PROGRAMMA, PER CAUSE NON IMPUTABILI ALL’ORGANIZZAZIONE, PUÒ SUBIRE VARIAZIONI.
RIETI, 2 AGOSTO 2014
Ins. Elide Fainelli
Segretaria
Mons. Prof. G.iovanni Maceroni
Presidente Ist. Storico «Massimo Rinaldi»
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Sulle orme del Venerabile Massimo Rinaldi
Loreto Aprutino-Madonna Addolorata
di Pescara
Sabato 20 settembre 2014
di ANNA SFOZA NOBILI
Quattro Santuari: Santa Maria in Piano, Santa Maria delle Grazie, San Pietro Apostolo, La Madonna dei Sette
Dolori, sono stati meta del pellegrinaggio dell’Istituto Storico Massimo Rinaldi, Presidente Mons. Prof. Giovanni Maceroni,
in terra d’Abruzzo in provincia di Pescara.
Loreto Aprutino
(Pescara) 20 settembre
2014. Devoti del
Venerabile Massimo
Rinaldi davanti
all’ingresso della chiesa
Santa Maria del Piano
(foto di Giovanni
Maceroni, Rieti)
La prima chiesa Santa Maria in Piano nei pressi di Loreto Aprutino è, per noi visitatori, di grande sorpresa:
situata in aperta campagna, in mezzo a uliveti e a pini marittimi, come posata dai Santi a guardia del vicino paese, è uno
scrigno, prezioso custode della storia del passato, frutto di arte e di devozione. Tanta la dovizia e la rarità delle opere
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sacre che lì possiamo osservare. Già all’esterno la chiesa si presenta imponente con la tipica struttura monastica
medioevale. L’ingresso è preceduto da un caratteristico atrio rinascimentale. Il portale a sesto acuto è riccamente
decorato con motivi floreali. Nella lunetta si intravvede un affresco raffigurante la Pietà.
Sull’architrave al centro è rappresentata la Vergine con il Bambino: due stemmi riportano due colombe e un
ramoscello d’ulivo (simboleggiano Loreto Aprutino e la ricchezza d’olio del paese).
Loreto Aprutino
(Pescara) 20
settembre 2014.
Devoti del
Venerabile Massimo
Rinaldi,
nella chiesa Santa
Maria del Piano,
ascoltano la guida
turistica Don Elio
Marighetto (foto di
Giovanni Maceroni,
Rieti)
Varcata la soglia di questo armonioso tempio, ci prende un senso di rapimento: ci troviamo sorpresi da tesori che
ci rivelano l’idea del sublime e di un’essenziale ieraticità; gli affreschi delle pareti denotano una possanza creativa,
espressione di un tutto artistico – architettonico, di un gusto estetico e nel contempo, mistica rivelazione dell’aldilà.
Primo fra tutti lo splendido Giudizio Universale. Tutta la composizione è originale: è un capolavoro realizzato da
ignoti fraticelli o da maestranze locali loretane che non hanno nulla da invidiare ai grandi artisti (Giotto, Signorelli,
Loreto Aprutino
(Pescara) 20 settembre
2014. Devoti del
Venerabile Massimo
Rinaldi, nella chiesa
Santa Maria delle
Grazie, seguono
devotamente la santa
messa (foto di
Giovanni Maceroni,
Rieti)
Michelangelo) e che hanno dipinto col cuore ciò che sentivano, colorando i muri bianchi di motivi soavi e di riflessi
meravigliosi. Ci fermiamo di fronte a queste immagini, ci immergiamo nel mare di colori, ci facciamo coinvolgere da
queste figure che parlano e ci inducono a pensare e a credere nell’oltretomba. Questo spiega come un tempo i monaci
usavano trasmettere i messaggi evangelici attraverso racconti sceneggiati e figure pittoriche e scultoree.
Organizzavano fiere e feste patronali, occasione per l’evangelizzazione e per l’acculturazione del popolo che
accorreva numeroso e che poteva poi ricordare e meditare fra la gioia della festa e la bellezza delle immagini.
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Le pareti delle campate di destra vennero affrescate sicuramente nei primi del 1400: i conti D’Aquino, feudatari
di Loreto Aprutino, in occasione di un matrimonio con la figlia del viceré di Napoli, vollero riportarvi motivi salienti della
vita di San Tommaso D’Aquino. Una scritta in caratteri siriaci sul libro in mano al Santo indica nel 1410 l’esecuzione
Loreto Aprutino
(Pescara) 20 settembre
2014. Mons. Giovanni
Maceroni, nella chiesa
Santa Santa Maria delle
Grazie, dopo l’omelia e
prima della preghiera
dei fedeli, ringrazia
l’insegnante Elide
Fainelli per l’impegno
costante che ha sempre
profuso per la buona
riuscita di ogni gitapellegrinaggio sulle
orme del venerabile
Massimo Rinaldi (foto
di Giovanni Maceroni,
Rieti)
degli affreschi. Al di là dei dipinti ora osserviamo il meraviglioso pavimento in cotto ben conservato; in fondo l’altare
che custodisce il tronetto del 1527 è ligneo, dorato e colorato, di stile barocco assai ricco di pregevoli fregi. Nella nicchia
appaiono San Carlo Borromeo e San Rocco. Siamo affascinati dalla ricchezza degli altari laterali di fine ’600: a destra
c’è la Vergine del Buon Consiglio, tipicamente orientale che ricorda la Vergine Odighitria cioè «Colei che fa da guida»,
a sinistra notiamo l’altare della Pietà, preziosa composizione policroma del sec. XIV e nella terza cappella il crocifisso
ligneo sec. XV. Santa Maria in Piano sembra sia stata costruita su un tempietto pagano (le sue origini risalgono forse al
Loreto Aprutino
(Pescara) 20 settembre
2014. Mons. Giovanni
Maceroni, devoto del
Venerabile Massimo
Rinaldi, nella chiesa
Santa Santa Maria
delle Grazie, nell’atto
di ricevere Gesù in
sacramento (foto di
Giovanni Maceroni,
Rieti)
V sec. d.C. a seguito del decreto dell’imperatore Onorio, 15 Novembre 408 per il quale molti templi pagani furono
trasformati per il nuovo culto cristiano. Secondo alcune fonti storiche, quindi, si ritiene che la chiesa sia stata la prima
affermazione del Cristianesimo trionfante in terra nostra. È stata poi sotto il controllo dei Longobardi che, convertitisi al
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cristianesimo, tennero il Gastaldato di Penne prima del 774, dove avviarono le colonie monastiche. Sotto i Carolingi ci
fu una capillare espansione di monasteri e di centri di formazione religiosa, culturale e sociale. Qui sorse una scuola
d’arte che accolse gli influssi architettonici, provenienti da abbazie benedettine francesi ed elaborò l’arco romanico a
Loreto Aprutino
(Pescara) 20
settembre 2014.
Devoti del
Venerabile
Massimo Rinaldi
nella chiesa
Santa Santa
Maria delle
Grazie, nell’atto
di ricevere la
santa eucaristia
(foto di Giovanni
Maceroni, Rieti)
tutto sesto modificandosi verso il sesto acuto. Vi si formarono i tecnici, gli architetti e le maestranze che realizzarono o
costruirono conventi e chiese, compresa quella di Santa Maria in Piano. Essa entrò così nel vivo delle attività economiche, commerciali, culturali del territorio sotto la saggia guida dei benedettini (vedi l’aspetto artistico della chiesa di cui
Loreto Aprutino
(Pescara) 20
settembre 2014.
Devoti del
Venerabile
Massimo Rinaldi
nella chiesa
Santa Santa
Maria delle
Grazie, pregano
per la
beatificazione del
Venerabile
Massimo Rinaldi
(foto di Giovanni
Maceroni, Rieti)
si è parlato poco sopra). Le vicende storiche da questo momento si susseguono freneticamente, ma noi dobbiamo
sorvolare per ristrettezza di spazio e per non dimenticare il nostro scopo di accostamento spirituale ai luoghi da visitare.
La nostra guida Don Elio Marighetto ci suggerisce la visita ad un altro santuario vicino. Al nostro arrivo notiamo
lo stile architettonico che richiama quello della chiesa precedente: è Santa Maria delle Grazie. Il santuario fondato
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sopra il tempietto della Dea Flora risale al 1400. Entriamo: ci colpisce il quadro della Madonna col Bambino situata in
una nicchia del pregevole altare ligneo. Don Elio ci indica vari quadri con pitture d’arte contemporanea di cui è dotata
la chiesa: sono stati eseguiti per suo interessamento ad illustrare i fatti salienti della vita di Gesù e del Vangelo. La
controfacciata indica la Gloria di Maria e tutto l’ambiente ne è pervaso.
Pescara 20 settembre
2014. Devoti del
Venerabile Massimo
Rinaldi davanti alla
facciata del Santuario
della Madonna Addolorata
(foto di Giovanni
Maceroni, Rieti)
PADRE, MAESTRO E PASTORE  15 OTTOBRE 2014
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Ora lasciamo le emozioni artistiche perché è l’ora della Messa officiata da Mons. Giovanni Maceroni. I nostri
animi sono rivolti al Mistero e al Sacrificio Eucaristico. Siamo commossi per essere in un sacro luogo storico, meta di
pellegrinaggio. Viviamo la Messa con attiva partecipazione. Si recita la preghiera del Ven. Massimo Rinaldi. Si rievocano le anime dei defunti appartenuti già all’Istituto: ognuno ricorda qualche amico particolare trapassato. Con devozione
Pescara 20 settembre 2014. Devoti del Venerabile Massimo Rinaldi mentre ascoltano la guida del Santuario della Madonna Addolorata (foto
di Giovanni Maceroni, Rieti)
ci accostiamo a ricevere il Sacramenti della Comunione; al termine riceviamo la benedizione del sacerdote. All’uscita
ci sentiamo leggeri e vitali, curiosi di visitare l’altro santuario in programma: San Pietro Apostolo. Scendiamo dalla
collina fino a Loreto Aprutino. Il paese fa bella mostra di sé, presentandoci lungo i pendii di una collina, di palazzi
appositamente ben allineati in una gradevole cornice con varie sfumature di colore, alla cui sommità si nota il castello.
Pescara 20
settembre
2014. Devoti
del Venerabile
Massimo
Rinaldi
mentre
ascoltano la
guida del
Santuario
della
Madonna
Addolorata
(foto di
Giovanni
Maceroni,
Rieti)
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Una salita ci conduce alla chiesa madre di antica diocesi: risale al 1066, presenta antiche pitture e altari con varie
cappelle artistiche. L’altare maggiore è in marmo policromo (1768), del napoletano Pasquale Ammirante. Fra i vari
capolavori notiamo la statua lignea di San Pietro Apostolo (sec. XIV), un busto argenteo di Santo Zopito, eseguito a
Napoli nel 1753 ed un’urna di cristallo e d’argento dov’è il suo corpo. In chiesa è praticato anche il culto di S. Zopito
che ha avuto la massima notorietà nell ‘700 e nel ‘800 per i suoi miracoli. Di recente la sua esistenza è stata confermata
dal ritrovamento in Anagni (2005) della lapide con iscrizione greca che ricopriva il suo loculo nelle catacombe di San
Callisto a Roma.
Zopito è un nome greco che significa “astro
che brilla di luce intermittente”. Fu martirizzato alla
seconda metà del III secolo a Roma. Il suo corpo
fu esumato nel 1710 e concesso dal pontefice Clemente XI ai canonici di San Pietro di Loreto
Aprutino. Numerose altre statue sono nelle diverse
cappelle, ma è conveniente non intrattenerci oltremodo per non disturbare lo svolgimento della celebrazione di un matrimonio. Uscendo, i nostri sguardi vanno alla cantoria e all’organo settecentesco,
molto originale di colore azzurro che, ci spiega l’organista, merita una ristrutturazione accurata. È ormai l’ora del pranzo: ci aspetta una amichevole agape
dove gustiamo squisiti bocconcini e dolci. Qui la
comitiva ha modo di socializzare e scambiarsi liberamente cordialità e curiosità. Più oltre, non saremmo tornati pienamente commossi, se non avessimo
visitato a Pescara – Colli la Madonna dei Sette
Dolori, Santuario di cui si ha notizia fin dal 1670: si
trova nel villaggio di Castellamare Vecchia sui colli:
ci soffermiamo a lungo alla cappella dell’Addolorata. Ci torna in mente la data del 15 settembre , ricorrenza della Madonna Addolorata, celebrata anche a Rieti: il nostro vescovo Mons. Delio Lucarelli
per l’occasione ha benedetto la statua che in processione da San Nicola, si era soffermata davanti
San Pietro Martire per la Benedizione Eucaristica.
Preghiamo e ammiriamo ancora il bel simulacro della
Vergine esposto nella cappella della chiesa omonima. Purtroppo si è fatta l’ora del ritorno e ci avviamo per la partenza. Osserviamo lungo la strada la
bellissima ubertosa campagna che fin dalla mattina
avevamo occhieggiato: ulivi a non finire, ricchi ortaggi, alberi fruttiferi e immaginate, piante di fichi
d’India. L’Abruzzo è una regione molto fortunata
per la presenza di vari favorevoli aspetti geografici:
monti, colline, prati, fiumi, laghi e lunghe coste sul
mare. Oggi non abbiamo occasione di vederlo ma
lo sentiamo vicino e avvertiamo l’aulente odore. Di
ritorno però, lungo il viaggio in autobus, possiamo
scorgere le alte montagne che si elevano sulle
contrade, quali i massicci della Maiella che con le
sue propaggini si avvicinano a noi come per guidarci lungo il cammino (riconosciamo fra le altre le cittadine da noi già visitate come: Sulmona Pratola
Peligna, Configni,) e poi la catena del Monte Velino
che ci avvicina ai luoghi equicoli. Ringraziamo Iddio
anche per le bellezze del Creato che ci ha voluto
elargire e paghi ci rivolgiamo alle nostre case. Un
vivo ringraziamento a Mons. Giovanni Maceroni e
Pescara 20 settembre 2014. Devoti del Venerabile Massimo Rinaldi mentre
al suo staff per la indovinata scelta di quest’ultimo
ascoltano la guida del Santuario della Madonna Addolorata (foto di Giovanpellegrinaggio.
ni Maceroni, Rieti)
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Annuale celebrazione in onore
del Venerabile Massimo Rinaldi sul monte Terminillo
Domenica 9 agosto 2014
Padre Massimo
ci accompagna sul Monte di Dio
di FABRIZIO TOMASSONI
La riaperta chiesetta di San Giovanni Gualberto a Campoforogna di Terminillo ha radunato i devoti del Venerabile Massimo Rinaldi per celebrare un appuntamento che scandisce da anni, sotto il sole di agosto, il calendario dell’Istituto Storico intitolato al nostro Missionario e Vescovo. A presiedere la liturgia della XIX domenica del tempo ordinario
don Jaroslaw Krzewicki, vicario generale della Diocesi di Rieti, concelebrante monsignor Giovanni Maceroni, presidente dell’Istituto Storico «Massimo Rinaldi». E proprio il Monte Terminillo ha permesso di attualizzare il ricordo
Monte Terminillo 10-9-2014. Preparazione alla S. Messa (foto G.
Maceroni, Rieti)
Monte Terminillo 10-9-2014. Devoti del Venerabile Massimo Rinaldi
ascoltano le letture della Messa (foto G. Maceroni, Rieti)
sempre luminoso di Padre Massimo Rinaldi, sacerdote diocesano, missionario scalabriniano in Brasile, procuratore
generale della sua congregazione, infine Vescovo della diocesi natìa fino alla nascita al cielo che lo colse nella serata del
31 maggio 1941. Quel monte che lo vide pellegrino tra la gente di allora per recare la parola salvifica del Vangelo e a cui
dedicò una singolare forma di animazione pastorale durante il suo ministero episcopale. Quel monte caro ai reatini e
simbolo di una natura incontaminata che accoglie e che spinge all’incontro con Dio.
«Perché Dio ha portato ciascuno di noi qui, su questo monte? - ha ricordato don Jarek - Lo dobbiamo a
Massimo Rinaldi, pastore del gregge che continua a operare nella nostra memoria e riscalda e incoraggia i
nostri cuori. Ma come tutti gli uomini di Dio, il venerabile Massimo Rinaldi ci porta a sentire anche qui, la
presenza di Dio, per morire, insieme a lui, nello spirito, durante quel sacrificio eucaristico che stiamo celebrando. Di morire al peccato, alle nostre povertà e alle debolezze che tanto complicano i rapporti tra di noi,
che tolgono la pace a molti di noi, e alle persone con le quali ci rapportiamo, non sempre da veri cristiani.
Siamo qui per sentire insieme a Massimo Rinaldi, un vescovo del secolo scorso, ma così vicino ai nostri giorni,
Monte Terminillo 10-9-2014. Devoti del Venerabile Massimo Rinaldi
durante l’omelia del Vicario Generale don Jaroslaw Krzewicki (foto
G. Maceroni, Rieti)
Monte Terminillo 10-9-2014. Devoti del Venerabile Massimo Rinaldi
si preparano per la Santa Comunione (foto G. Maceroni, Rieti)
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Monte Terminillo 10-9-2014. Devoti del Venerabile Massimo Rinaldi
ricevono la Santa Comunione dal Vicario Generale don Jaroslaw
Krzewicki (foto G. Maceroni, Rieti)
Monte Terminillo 10-9-2014. Devoti del Venerabile Massimo Rinaldi
al canto finale della Santa Messa (foto G. Maceroni, Rieti)
che ci siamo scelti come maestro spirituale, che illumina i passi di molti nella nostra Diocesi e non solo, che ci
invita a riscoprire la presenza di Cristo che viene, per riportarci al mistero della Comunione nel Corpo della
Chiesa. La comunione è la parola chiave, alla quale non è mai troppo pensare. Dobbiamo pregare molto, ma
anche fare tutto il possibile di vivere nella comunione. La pienezza sarà possibile solo nella terra promessa,
qui, siamo in una lotta continua, per superare quelli limiti personali che ogni volta ci fanno cadere nel peccato
che genera le divisioni».
La proclamazione del Vangelo di Matteo, attraverso l’episodio della tempesta sedata, ci ha inseriti nel piano di
salvezza che in Gesù Cristo ha trovato compimento: ….Vieni!....Signore, salvami!, quello stesso «appello» che chissà
quante volte Massimo Rinaldi ha rivolto a Gesù per rinfrancare il suo animo davanti alle difficoltà di essere il vescovo
della sua gente in un periodo storico non facile. E alla stessa stregua del nostro Venerabile siamo chiamati a rispondere
a Gesù, riconoscendolo come vero Salvatore. Don Jarek ha quindi concluso: «Padre Massimo oggi ci dice ancora:
fidati di Cristo, quando non riesci a fare niente di buono con la tua vita, fidati di Cristo quando ti manca la
pazienza nella sofferenza. Fidati di Cristo quando vedi solo il buio o non vedi niente. Lui sta vicino, guarda, ti
dà la mano, prendila e cammina. Carissimi, oggi, padre Massimo Rinaldi ci accompagna sul monte, sul monte
di Dio, per questo meraviglioso incontro con Cristo. Stiamo vicini a lui, seguiamo chi ci ha preceduto, e
stringiamo la mano,
uno dell’altro, perché
la mano di un fratello
che ti sta accanto è
proprio la mano di
Gesù che lui ci dà per
salvarci nei momenti di
prova. Non neghiamo
a nessuno questa
mano, e non ci scordiamo che ci è sempre
vicina. La mano di Dio
ci guidi e ci salvi, e
noi, restiamo sul monte, per vivere la nostra
gioia di aver incontrato il Signore che viene».
Il vescovo Massimo Rinaldi,
nella cattedrale basilica di
Rieti, in una solenne amministrazione della prima comunione. Il Rinaldi indossa
gli abiti pontificali; da notare, le scaerpe di raso e la
tunicella sotto la pianeta
(AVR, fondo Fotografico, busta n. 6, Massimo Rinaldi,
fasc. 1. n. 3, Cattedraele)
PADRE, MAESTRO E PASTORE  15 OTTOBRE 2014
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S. Antonio da Padova
e il Venerabile Massimo Rinaldi
due santità attuali
di GIOVANNI MACERONI
S. Antonio (Lisbona, 15 agosto 1195 – Padova, 13 giugno 1231) da agostiniano diventa francescano; Massimo
Rinaldi (24 settembre 1869 – 31 maggio 1941) da prete
secolare diventa missionario scalabriniano. Il Venerabile nasce
674 anni dopo S. Antonio e muore 710 anni dopo. S. Antonio muore a 36 anni; il Venerabile vive il doppio: muore a 72
anni. Parrebbe, a prima vista, improponibile, considerare la
loro santità attuale cioè proposta all’imitazione degli uomini
e delle donne del XXI secolo, se si dovesse valutare sia la
differenza della loro vita realmente vissuta sia la distanza
Statua di S. Antonio da Padova portata in processione nella città di Rieti
dei tempi sia il ruolo ricoperto nella società: Massimo prete
secolare, missionario scalabriniano in America Latina, vescovo di Rieti, sua città di origine; sant’Antonio, monaco
agostiniano e frate francescano, grande predicatore. Sono
santi di una santità attuale perché hanno vissuto le virtù
umane perenni: giustizia, fortezza, prudenza e temperanza,
in modo eroico, cioè al di sopra delle forze umane. Tali
virtù, hanno costituito, nel passato; costituiscono, oggi;
continueranno, nel futuro, a costituire le aspirazioni degli
uomini e delle donne di ogni tempo e di ogni latitudine. Furono, inoltre, ambedue innamorati perdutamente di Cristo e
del poverello d’Assisi. La loro santità è di struggente attualità perché scelsero, ambedue, di vivere la sostanza midollare
del vangelo. Il vangelo non invecchia. Furono annunciatori,
con tutta l’anima e con tutto il corpo, di Cristo uomo e di
Cisto figlio di Dio. Furono entrambi Missionari: in Africa,
nell’Italia settentrionale e in Francia Antonio; in Brasile, a
Roma e a Rieti, il Venerabile. Massimo Rinaldi predilesse
questa chiesa di San Francesco perché dedicata al santo
stigmatizzato e destinata al culto di S. Antonio, il santo più
amato dai Reatini. Massimo e Antonio furono predicatori
cristocentrici e devotissimi di Cristo nella divina eucaristia.
Il Venerabile fu un innamorato anche di Sant’Antonio. A
riprova, si possono consultare e meditare le sue belle omelie sul Santo dei miracoli, tenute sia a Rio Grande do Sul in
Brasile sia a Roma sia a Rieti, omelie che connotano i medesimi ideali di santità. Esercitarono entrambi, in modo eroico, il sacramento della confessione. S. Antonio, per riposarsi, si ritirava a Camposampiero, vicino Padova, dove il
conte Tiso, che aveva regalato un eremo ai frati, gli fece
allestire una stanzetta tra i rami di un grande albero di noce.
Da qui Antonio scendeva in chiesa per confessare. Il conte
Tiso, una notte che si era recato a controllare come stesse
Antonio, fu attirato da una grande luce che usciva dal suo
rifugio e assistette alla visita che Gesù Bambino faceva al
Santo. Il Venerabile fu martire della confessione, anteponendo, sempre, la sua stessa salute fisica alla salute delle
anime. Passava ore ed ore, di giorno e di notte, a confessare, senza badare né alla fame né alla stanchezza né agli orari
né ai disagi. Il Venerabile si trovava proprio in confessionale, nella chiesa parrocchiale di Antrodoco, quando ebbe il
primo attacco di ischemia il 26 febbraio 1941. «La signora
Angela Nicoletti Serani ricorda che, mentre era in fila per
confessarsi, insieme ad altre giovani sentì che la ragazza
che stava confessandosi da mons. Rinaldi, chiese aiuto allarmata perché si era accorta che il vescovo “farfugliava”,
cioé non riusciva più a pronunciare parole comprensibili.
La signora Luigina Leoncini Cianci [...] attesta che vide il
Rinaldi completamente accasciato davanti all’altare, che
subito dopo venne prelevato, con l’assistenza di suo marito
[medico] e portato in canonica e che, dopo i primi soccorsi
consistenti nella pratica di un salasso, il medico accompagnò il Venerabile in episcopio, a Rieti». Morì santamente il
31 maggio 1941, alle ore 22,30, a Roma, nella casa degli
Scalabriniani di via Calandrelli. Concluso ed annoto che entrambi seguitano ad edificare la chiesa con la loro vita esemplare e con i loro scritti. Noi, cioè io e tutti voi, questa sera,
vogliamo pregare il santo dei Miracoli, Antonio, di voler
affrettare affinché la Chiesa annoveri, quanto prima con il
titolo di beato. Ricordo che la Congregazione dei Santi ha
proposto «che il [Venerabile] potrà rappresentare un luminoso modello per tutti i vescovi diocesani dell’Orbe cattolico».
Venerabile
Massimo Rinaldi
«assorto in
preghiera in umile
confidente
preghiera»
(G. B. SOFIA,
Massimo Rinaldi
Missionario e
Vescovo, Santa
Rufina di
Cittaducale, 19822,
p. 16)
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Miracoli, grazie e doni soprannaturali
del Venerabile Massimo Rinaldi*
Le testimonianze del processo di canonizzazione e la documentazione fornita dagli agiografi contemporanei e da
altre persone che conobbero il [Venerabile] Servo di Dio informano che Massimo Rinaldi, oltre ai numerosi carismi che
esercitò nel suo ministero pastorale, ebbe, in vita, in morte e dopo la morte, carismi particolari di profezie, miracoli e
grazie. I carismi particolari, definiti dalla teologia tradizionale della Chiesa «gratiae gratis datae», pur non facendo parte
dell’essenza della santità, che è costituita dalla perfezione della carità, rendono la fama di santità più popolare, come si
verificò e si verifica per il Rinaldi. Qui passiamo in rassegna solo alcuni carismi straordinari testimoniati nel processo e
rimandiamo, per gli altri, alla Biographia documentata.
Suor Gemma Tomassetti ritiene di aver ricevuto una grazia dal [Veerabile] Servo di Dio, quando, recatasi a Roma
per sostenere gli esami, andò a visitare, insieme alla sua superiora Madre Assunta Ballotta, il vescovo sul letto di morte. Ella
racconta che il Rinaldi, «quando seppe lo scopo del nostro viaggio a Roma disse di fargli sapere quando io avevo gli esami,
perché voleva aiutarmi. Io sostenni gli esami il 2 giugno, mentre egli morì il 31 maggio; penso che mi abbia aiutata dal
cielo, perché i miei esami andarono bene».
Dina Bartolini Magi testimonia la guarigione inspiegabile del figlio Carlo, per intercessione del [Veerabile] Servo di
Dio, negli anni 1937-’38. La Bartolini ricorda che il Rinaldi, chiamato per il conferimento del sacramento della cresima al
bambino morente, esclamò: «“Ho visto tanti casi pietosi, ma questo è un caso disperato”. Il vescovo gli diede il sacramento della Cresima, gli aprì gli occhi, lo tirò su, gli fece il segno della Croce sulla testa, nelle mani, negli occhi e disse: “Questo
bambino non morirà, crescerà e sarà la consolazione del padre e della madre” […]. Io — continua la Bartolini— avevo
tanta fiducia nelle parole del vescovo che mio figlio non sarebbe morto e già sentivo in me che egli era guarito. [ I presenti]
rimasero stupefatti al vedere il bambino pronunciare le prime parole e dissero ad alta voce che si trattava di un miracolo
[…]. Il giorno dopo il dottor Primangeli, constatando lo stato del bambino, disse: “Qui c’è stato un miracolo, e questo
bambino bisogna chiamarlo non più Carlo, ma Renato”».
Giustina Tommasi, vedova Blasi, rievoca l’intervento del [Veerabile] Servo di Dio nella guarigione della sorella
Giulia, che aveva ambedue i malleoli fratturati già in cancrena ed era in cura, nell’ospedale di Rieti, dal prof. Luigi Baroni,
non credente, il quale aveva deciso di amputarle una gamba. Mons. Rinaldi si recò in ospedale insieme alla teste, che
ricorda: «Arrivati da mia sorella, io le misi il piede malato fuori dalle coperte e mons. Rinaldi disse delle parole di conforto
a mia sorella, fece delle preghiere intense e, infine, benedisse la parte malata del piede. Il [Veerabile] servo di Dio, prima di
accomiatarsi da me e da mia sorella per fare ritorno da solo all’episcopio, esortò la malata ad avere fiducia in Dio, perché
le cose sarebbero andate bene. La mattina seguente, il prof. Baroni andò da mia sorella per prelevarla e portarla in sala
operatoria, ma scoprendo il piede fratturato, con grande meraviglia esclamò: “Ma questo è un miracolo! Che santo
protettore avete!”. Mia sorella non fu più operata e ricuperò l’arto fino a poter riprendere l’abituale deambulazione».
Colomba Nicoletti riferisce la conversione straordinaria di suo padre, in questi termini: «Erano tanti anni che mio
padre non prendeva i Sacramenti e Lui solo riuscì a convertirlo […]. Ricordo, come fosse oggi, che mons. Massimo
Rinaldi, quando si portò al capezzale di mio padre, presenti la mamma ed io, per convincere mio padre a ricevere i
sacramenti, diceva che, per persuadere il maresciallo dei carabinieri a confessarsi, tornando di notte dalle visite pastorali
dalle parrocchie del Cicolano, non rientrava in episcopio per non disturbare il domestico Aniceto, ma entrava nella vicina
caserma dei carabinieri per confessare. Restava lì tutta la notte. Il Signore gli aveva data la consolazione di convertire il
maresciallo e molti altri carabinieri».
Luigina Canali testimonia: «Già in vita, il [Veerabile] servo di Dio era ritenuto santo dall’opinione pubblica. Io avevo
sentito raccontare un fatto straordinario: la guarigione di una bambina malata di difterite. La mamma della bambina,
preoccupata che la figlia ricevesse la cresima, per paura della morte, si recò da mons. Rinaldi, passando per la cucina. La
mamma chiedeva con insistenza al [Veerabile] servo di Dio di conferire la cresima alla figlia privatamente. Mons. Rinaldi
rispose: “No! la bambina deve fare la cresima insieme agli altri!”. La mamma supplicò: “Ma se non può deglutire neppure
un goccio d’acqua!”. Il vescovo prese una mela che era sul tavolo della cucina, nella fruttiera, e ordinò alla donna che la
facesse mangiare alla figlia. La donna, tornata a casa, con suo grande stupore dovette constatare che la bambina mangiò,
con estrema facilità, la mela del vescovo. E così la figlia poté ricevere la santa cresima, assieme agli atri. Qualche tempo
addietro, io chiesi al [Veerabile] servo di Dio che mi raccontasse il fatto della mela. Egli rispose bruscamente: “Cose
passate, cose passate!”».
Suor Maria Francesca Matteucci, monaca clarissa nel monastero di S. Chiara di Rieti, rievoca alcuni fatti straordinari operati dal [Veerabile] Servo di Dio e la stima della sua di santità che avevano le monache. Ella così mette in risalto il
carisma del vescovo nel leggere nel cuore delle persone: «Mons. Rinaldi venne anche altre volte, ma ricordo una sua
venuta improvvisa particolare, e precisamente il 2 luglio 1939. Quel giorno era assente il padre cappellano, di cui non
ricordo il nome, e mons. vescovo si presentò al parlatorio verso le ore 12 e chiese a madre Agnese Matteucci: “Potete
darmi un boccone da mangiare?”. La madre fece preparare subito un po’ di cibo, che venne offerto attraverso la ruota del
parlatorio, al vescovo che si servì da solo. La madre fece compagnia al vescovo e, mentre egli si cibava, una monaca
infermiera la venne a chiamare perché si recasse al capezzale di suor Chiara Sabetta, che non aveva ancora quarant’anni,
*A. ESZER, G. MACERONI, A. M. TASSI, Congregatio de Causis Sanctorum P. N. 1741. Reatina Beatificationis et Canonizationis Servi Dei
Episcopi Reatini e Congregatione Missionariorum a S. Carolo (Reate 1869-1941). Positio super vita, virtutibus et fama sanctitatis. Vol. I,
Informatio super virtutibus et fama, ; Vol. I, Biographia Documentata, Editoriale Eco srl, San Gabriele-Colledara (TE), 2001, pp. 366-371.
PADRE, MAESTRO E PASTORE  15 OTTOBRE 2014
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perché sembrava stesse per entrare in agonia. Suor Chiara era malata, già da qualche tempo, di tisi intestinale. Il [Veerabile]
servo di Dio si recò subito dalla moribonda e l’assistette fino alla morte, che avvenne poco dopo. Il [Veerabile] servo di
Dio, uscito dalla cella della morta, salutò la comunità, che si era riunita nel corridoio, con queste parole: “Così muoiono i
giusti! Questa è la morte dei giusti!”. Seppi dalle consorelle che suor Chiara aveva espresso ardentemente il desiderio di
essere assistita sul punto di morte dal vescovo. E tutte commentammo come il Signore avesse appagato il desiderio di suor
Chiara e come ogni circostanza sia concorsa a tal fine: assenza del cappellano e venuta inaspettata del vescovo».
Suor Maria Concetta D’Ilario, clarissa, badessa del monastero di S. Chiara di Rieti, dopo aver consegnato al
tribunale un paio di calze e uno zucchetto nero che le monache avevano conservato come reliquie di Mons. Rinaldi,
riferisce la preveggenza del [Veerabile] Servo di Dio in questi termini: «Le monache più anziane, attualmente viventi al
Monastero, raccontano un episodio avvenuto a Sr. Maria Agnese Matteucci, ormai deceduta, quando, negli anni 19281929, ricoprendo lei l’incarico di superiora della Comunità (Ministra), era turbata da gravi preoccupazioni e avrebbe
desiderato, in cuor suo, potersi consultare con il Vescovo. Sebbene non avesse reso manifesto questo desiderio, ricevette
inaspettatamente la visita di Mons. Rinaldi, che arrivò al monastero di sua iniziativa, seguendo l’ispirazione del cuore, e
presentendo proprio lo stato di agitazione e turbamento della Madre».
Ancora sullo stesso carisma profetico, la badessa ricorda il disagio che una giovane postulante esternò a Mons.
Rinaldi, nel 1937, in un colloquio privato, per non poter recitare l’ufficio divino perché assegnata alla classe delle converse, e le parole di conforto del vescovo il quale predisse che un giorno la distinsione di classe sarebbe stata abolita e che
tutte le monache avrebbero avuto uguaglianza di diritti, come avvenne realmente nel 1975, per disposizione della Chiesa.
Il fatto è confermato in pieno da Suor Clara Di Battista, presente all’interrogatorio come conteste, la giovane postulante
che ascoltò, nel 1937, la predizione del Rinaldi.
La preveggenza di Massimo Rinaldi si manifestò anche nel 1933, quando il [Verabile] Servo di Dio, come racconta
la badessa, «si presentò al Monastero perché aveva intuito di dover aiutare una giovane monaca afflitta da un problema
spirituale di cui nessuno era al corrente».
Anche questo fatto è confermato in pieno dall’interessata, Suor Maria Albertina Giansanti, presente all’interrogatorio come conteste, la giovane monaca aiutata inaspettatamente, nel 1933, dal vescovo Rinaldi.
La badessa narra pure della guarigione di un giovane, avvenuta negli anni quaranta, quando una delle sue quattro zie,
clarisse nel monastero di S. Chiara «consegnò alla famiglia del nipote una papalina appartenuta a Mons. Rinaldi, custodita
nel Monastero, consigliando di metterla sotto il cuscino del malato, chiedendo devotamente l’intercessione del Vescovo
reatino. In breve tempo, il giovane si trovò liberato dal male, e l’eccezionalità del fatto fu confermata da un medico che,
appunto conoscendo la gravità dello stato morboso e l’impossibilità di trovare medicinali appropriati, attribuì la guarigione
alle preghiere rivolte a Dio attraverso l’intercessione di Mons. Rinaldi».
Una delle quattro zie, ancora vivente, suor Maria Nazzarena Matteucci, presente all’interrogatorio come conteste,
conferma il fatto.
Maria Mazzilli, pronipote del [Veerabile] Servo di Dio, riferisce: «Le mie cognate, sorelle di mio marito, spesso
dicevano in famiglia di questo zio, che una volta da ragazzo stava per annegare, poteva avere 10, 12 anni ed è stato salvato
da Gesù Bambino».
Riferisce anche che quando condusse suo figlio Massimo, che soffriva di inappetenza, all’asilo «Maraini» di Rieti,
la Superiora suor Domenica le confidò: «Ora le dico un fatto su suo zio. Io ero molto malata, venne a trovarmi Mons.
Rinaldi, mi portò un grappolo d’uva e io sono guarita».
Quirina Orfei, casalinga, nella sua testimonianza contestuale con la sorella Amalia Orfei, dopo aver ricordato che
ella e la sorella Amalia, all’età rispettivamente di sei e di dieci anni, furono le prime due orfanelle ospiti della colonia agricola
«S. Antonio», fondata da Massimo Rinaldi, testimonia di essere stata guarita per intercessione del [Veerabile] Servo di Dio
quando, all’età di undici anni si ammalò gravemente e fu ricoverata all’ospedale di Rieti, per «cisti-echinococco polmonare
sinistro».
«Il prof. Baroni — dichiara Quirina Orfei — dovette intervenire due volte […]. All’epoca con quel tipo di operazione non c’era via di salvezza. Dovevo morire! […]. Sono passati circa 52 anni da quando fui miracolata dal [Veerabile]
servo di Dio, proprio il giorno dei suoi funerali».
Amalia Orfei conferma le dichiarazioni della sorella e fa conoscere con quanta intensità furono rivolte preghiere al
[Veerabile] Servo di Dio: «Ricordo che io, gli altri parenti e il nostro cugino padre Valentino D’Angeli, nipote di mia madre,
pregammo, con insistenza e illimitata fiducia, mons. Rinaldi. Si unirono, con tanta fede, alle nostre preghiere, sempre
rivolte al servo di Dio, anche le suore Piccole Discepole di Gesù, della colonia S. Antonio».
Carlo Bock, medico e radiologo, parla di casi di malati gravi e della loro guarigione inspiegabile dal punto di vista
medico. Si sofferma a rievocare la guarigione completa di due bambini destinati a morte sicura se non fosse intervenuto
il [Veerabile] Servo di Dio. Il Dott. Bock, da medico curante, dichiara: «Constatai, da medico, un insperato miglioramento
da ritenerlo come un miracolo […].
Suor Maria Aquilini, Piccola Discepola di Gesù, riporta un fatto ritenuto prodigioso, che si verificò nella Colonia
Agricola «S. Antonio»: «Una bambina stava in collegio da noi ed era ammalata di “Grup”, difterite, e stava per morire. La
superiora mandò a dire al vescovo che la bambina doveva ancora ricevere la prima comunione e la cresima. Il Rinaldi le
fece rispondere che dicesse, a suo nome, alla bambina: “Enza, mi devi aspettare!”. Venne dopo tre giorni e le amministrò
i sacramenti; la bambina rispose a tutte le preghiere. Poco dopo, Enza morì!».
Maria Teresa Nicoletti è convinta di essere stata guarita, per intercessione del [Veerabile] Servo di Dio, da una grave
forma di tifo che la colpì, nel 1930, all’età di diciotto anni.
«Una sera — ella ricorda — il [Veerabile] servo di Dio si recò a casa mia […], entrò nella mia cameretta, dove
giacevo ammalata sul letto. Si inginocchiò davanti al letto, alla destra, e si raccolse in intensa preghiera. Alzatosi, mi salutò
e andò via. I miei genitori credettero che la visita e la preghiera di mons. Rinaldi fosse efficace per restituirmi la salute. Sta
di fatto che io cominciai a stare meglio fino a completa guarigione».
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Voci di devoti
del venerabile
Massimo Rinaldi
ACR, fondo incunaboli, Missale Romanum, Roma 1475: a sinistra, fregio miniato, [214r]; a destra, capolettera miniata, [8r]
Deposioni giudiziarie dei testi nel processo di beatificazione
e canonizzazione del Venerabile Massilo Rinaldi
TESTE N. 13 - Riccardo Giannini
(CP, voll. I, pp. 221-234; III, p. 829)
Caratteri della testimonianza:
La deposizione è di grande interesse per l’idea che ci dà dell’opinione pubblica sul [Venerabile] servo di Dio sia in
vita che in morte; si potrebbe considerare voce di una tradizione che il popolo reatino si è fatta sulla fama di santità per le
virtù eroiche esercitate dal [Venerabile] servo di Dio. Il teste è sempre stato affascinato dalla figura del vescovo Rinaldi
tanto da informarsi in modo orale e non scritto anche sulla fanciullezza del personaggio. Sono soprattutto interessanti le
impressioni che il teste ha riportato dagli avvenimenti a cui era presente. È degna di nota l’autonomia del vescovo nell’esprimere il proprio pensiero nelle manifestazioni pubbliche organizzate dal regime; la premura che aveva per i più
bisognosi e la sollecitudine nell’incanalare nella giusta via le manifestazioni della pietà popolare.
Scheda del teste
Cognome: Giannini — Nome: Riccardo — Paternità: fu Temistocle — Maternità: fu Mainetti Ottavia — Data di
nascita: 13 marzo 1918 — Luogo di nascita: Rieti — Residenza: Rieti — Stato civile: ammogliato — Religione: cattolica
romana — Professione: pensionato — Studio: laureato in scienze coloniali comparate — Parente con il S. d. Dio: no —
Tipo di conoscenza: diretta et ex auditu — Periodo: dalla mia nascita alla sua morte — Teste de visu: sì — de auditu a
videntibus: sì — De auditu ab audientibus: sì — Indirizzo: Via Cittaducale, 4 — Rieti. Cariche significative ricoperte:
Dirigente superiore dell’U. P. L. di Rieti; Segretario del CO. RE. CO di Rieti; Presidente del C. L. N. di Rieti; Consigliere
comunale di Rieti.
Ad secundam partem interrogatoriorum testis respondit:
Le testimonianze che io reco sulla vita e la persona del [Venerabile] servo di Dio, Mons. Massimo Rinaldi riguardano
tutto quanto ho visto, ho ascoltato, direttamente o riferitomi da altri; riguardano tutto quanto ho partecipato e vissuto
personalmente: durante gli anni della mia fanciullezza, della mia adolescenza e della mia prima giovinezza. Quando il
[Venerabile] Servo di Dio morì, nel 1941, io avevo 23 anni di età. Le mie testimonianze, per dire appieno il senso con cui
le reco, oltre che essere de visu aut de auditu sono anche testimonianze dei sentimenti suscitati nel mio animo, nei vari
momenti, da me vissuti nel profondo, come autentica viva realtà operante e formativa. Sono convinto che essa sia anche
realtà largamente partecipata, allora, dall’intero popolo dei fedeli, e parvero, e ancora oggi, quei sentimenti rappresentare
i segni più altamente significativi della vita religiosa diocesana, da me vissuta.
Vita del servo di Dio
Il [Venerabile] Servo di Dio Mons. Massimo Rinaldi Vescovo, nacque a Rieti da famiglia di contadini. Restò presto
orfano e fu assistito dallo zio prete Don Domenico. Una sua zia era monaca nel convento di S. Fabiano. Si narrava spesso
che quanto era fanciullo invitava i suoi amichetti poveri in casa dello zio prete e dava loro le sue cose, il suo mangiare. Da
allora, è sempre stato detto, il [Venerabile] Servo di Dio mostrò chiaramente generosità carità umiltà unite a fervore
penitenziale. Ancora ragazzo iniziò a frequentare il Seminario di Rieti che era allora popolato da un altissimo numero di
seminaristi. Con la vicinanza e la guida dello zio Don Domenico crebbe in lui il fervore e la fede cristiana, e questo fervore
fu la nota centrale che colpì anche lo zio, il quale, nel giorno in cui il [Venerabile] Servo di Dio fu ordinato nella chiesa di
S. Giovenale sacerdote, una sola viva raccomandazione gli fece, quella di mantenere e accrescere quel suo fervore,
che considerava essere alla base della vita, senz’altro sempre piena di vicissitudini, quella del sacerdote. Il primo servizio
sacerdotale lo svolse a Ornaro, poi a Greccio, da dove si allontanò per raggiungere Montefiascone, qui chiamato dallo zio,
divenuto Vescovo di quella città. A Montefiascone, fu preso da una grande volontà e trasporto di assistere i più poveri, i
diseredati e gli parve che questa figura di povero fosse bene incarnata dai nostri poveri emigranti, allora tanti e tanto
poveri, e fu così che pensò di chiedere a Mons. Scalabrini di poter far parte del suo ordine. E partì improvvisamente,
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lasciando improvvisamente lo zio Vescovo, per presentarsi a Piacenza, da dove partì subito per il Brasile, imbarcandosi dal
porto di Genova. In Brasile svolse tutta la sua opera di apostolato con il fervore il sacrificio le privazioni che questa opera
missionaria richiede e comporta. Dopo 10 anni di missione, tornò dal Brasile e rientrò nella sede dell’Ordine a Roma e qui,
dopo tanti anni di permanenza fu colto dalla notizia che era stato nominato vescovo di Rieti. Si racconta che la notizia della
sua nomina a Vescovo gli fu portata mentre lui stava a curare l’orto della casa generalizia. La notizia lo sorprese e gli giunse
come un fulmine a ciel sereno. Egli, piangendo, si raccomandò caldamente che non fosse consumato un sì grande errore.
Ma la sua umiltà poco valse: il Papa, allora Pio XI, lo nominò Vescovo della città di Rieti. Questo è quanto, sommariamente, ricordo del [Venerabile] Servo di Dio Mons. Rinaldi per averlo, data allora la mia età, ascoltato e per essermene fatto
anch’io, a mia volta, portavoce; il che, oggi, mi aiuta nel ricordare e nel procedere avanti nei miei ricordi, man mano che
la mia età cresceva e in essa accadevano e si creavano altri episodi altre situazioni, di cui potevo essere più diretto
conoscitore e testimone.
E così, del primo servizio del [Venerabile] Servo di Dio svolto ad Ornaro, si diceva essere contrassegnato con il suo
solito grande fervore, nonostante dovesse tirare avanti per sé una vita di stenti di sacrifici di assoluta mancanza anche della
normale sussistenza.
Ma un gran parlare del suo servizio sacerdotale si fece quando si trasferì a Greccio. Ivi trovò un ambiente sociale,
tutta la popolazione del comune del tutto disinteressata per le cose religiose e lontana e distaccata dalla Chiesa. Al nostro
[Venerabile] Servo di Dio si presentavano tutte le difficoltà di questo mondo a viverci, anche per sovvenire alle cose più
elementari, come la pulizia della Chiesa, dei paramenti, della sua biancheria personale. Fu questa la sua prima palestra di
coraggio e di ardimento. Non poteva pensare che una santa terra come Greccio, terra francescana di antiche memorie,
potesse tirare avanti una vita sociale religiosa così grama. E si dette da fare in ogni modo. Seppe trasferire il suo ardore,
il suo fuoco spirituale, il patrimonio, cioè, che aveva in lui tanto apprezzato e ammirato lo zio prete Don Domenico,
nell’animo dei giovani contadini, per i quali organizzò in men che si dica una scuola serale, che divenne un vero cenacolo
di ascolto e di sapienza religiosa e civica. Molto aiuto trovò nelle donne cattoliche che a un certo punto offrirono con
inaspettata larghezza i loro servigi per tutte le necessità quotidiane della parrocchia, e ciò come spesso accade, rappresentò per esse un vanto ed un orgoglio, che costituì un fruttuoso esempio traente per tutte le altre donne del paese. Riuscì il
[Venerabile] Servo di Dio quindi a modificare e ribaltare completamente la situazione di indifferenza ch’egli aveva trovato
nei fedeli di Greccio, i quali furono certamente scossi e sospinti dal suo ardore, dalla sua continua presenza nei momenti,
allora numerosissimi, di bisogno dei contadini e dei tanti poveri del paese. La sua indefessa disponibilità, l’alto senso
ch’egli aveva dell’umiltà e della carità, che sempre sono state ricordate di Lui da tutta quella popolazione, le grandi
supreme virtù della fede e della speranza e della carità che informavano ogni momento della sua vita, assieme alle altre virtù
della prudenza della giustizia della fortezza e della temperanza che lo guidavano nel suo vivere quotidiano tra la gente
spesso rissosa, sempre bisognosa, tutto questo suo procedere sacerdotale manifestò sin da allora e formò il suo carattere,
le sue inclinazioni predisposizioni e più sentite vocazioni che poi dovevano sospingerlo missionario, verso le terre dei
poveri, come egli poi effettivamente chiese di essere mandato, affrontando l’avventura brasiliana in veste di scalabriniano.
Lasciò, senza nessun ripensamento, lasciando tutto della sua posizione appetibilissima, la vicinanza con lo zio Vescovo, le
comodità della città italiana, i familiari gli amici e come un elemento in balia della furia dei tempi, attraverso un mare
procelloso, raggiunse il Brasile. Avventura la sua di uomo forte determinato, fattosi tale ben presto, ancora ragazzo e
giovanetto, con la pratica delle grandi alte virtù teologali e cardinali. Avventura religiosa eroica la sua, in cui espresse totale
dedizione della sua persona, forte, intraprendente, ma desiderosa, tutto sommato, di vita penitenziale. Così lo ricordiamo
e lo ricordano tutti i suoi contemporanei. Così, viene ricordato, ancora oggi, da chi lo conobbe, nella sua vera autenticità
e così lo ritenemmo, lui in vita, uomo vicino al cielo, ai santi.
Vescovo
Ricordo il gran parlare, il grande interesse che suscitavano certi argomenti che allora rappresentavano e formavano
la quotidianità religiosa della Diocesi e che riguardavano soprattutto direttamente la persona del nostro [Venerabile]Servo
di Dio: il suo interesse la sua opera la sua continua attenzione i suoi affanni per l’Azione Cattolica, che egli predicava e
ricordava ovunque. Per noi era quasi cosa nuova. Conoscemmo, allora, i primi raduni di noi ragazzi nelle parrocchie e nel
Vescovado; la sua opera per il Seminario diocesano, invero da tutti seguiti i grandi lavori in atto per il restauro dell’edificio.
Allora, il seminario era popolato da un alto numero di seminaristi, che era bello vedere sfilare lungo le strade cittadine per
recarsi alle funzioni sacre della Cattedrale, anche se non sempre erano fatti oggetto di buoni sentimenti, ma di un certo
pettegolo modo di giudicare e di pensare nei loro confronti, da parte di una certa opinione volgare, allora abituata al regime
autoritario, esteriore parata, proprio di quei tempi totalitari. Non si può sottacere l’opera del [Venerabile] Servo di Dio per
la erezione del monumento a S. Francesco, che rappresentò allora un grande avvenimento per la Diocesi e per la città di
Rieti, terra francescana. È da ricordare e sottolineare ancora una volta l’opera riguardante il restauro del Seminario
diocesano, che egli volle riportare a grande dignità e solennità, anche nella sua veste esteriore. Alla quale opera ben si unì
quella del restauro dell’Episcopio, opera questa, cui fece da fondamento severi studi storici, e che poté avanzare molto
lentamente, data la assoluta scarsezza dei mezzi finanziari, difficoltà questa superata dalla tenace volontà del [Venerabile]
Servo di Dio e dalla passione di cittadini ed Enti reatini che si unirono, con senso di grande pietà e di collaborazione, al
nostro Vescovo. Infine, non si può non dare meritato risalto alla fondazione della colonia agricola S. Antonio, che oggi, in
piena ammirata operosità, porta il suo nome. Queste sue opere, ora ricordate, e altre, e tutta la vita che intorno ad esse si
svolgeva, erano tutte oggetto e argomento di calda forte illustrazione e propaganda del giornale fondato dal [Venerabile]
Servo di Dio: «L’Unità Sabina», giornale che rappresentava una delle opere a Lui più care ed il suo orgoglio battagliero, con
il quale mezzo esercitava forte presenza e continuo richiamo nella vita civile religiosa della Diocesi.
Mi sovviene una cara memoria da me personalmente vissuta. Gli Istituti di assistenza e di carità sono istituiti per i
bambini, per i vecchi per gli orfani, io ero uno di questi, che restano nel mondo soli, senza il calore delle proprie case dei
genitori dei parenti. L’annuncio che quel giorno sarebbe venuto tra noi, nel nostro Istituto, il Vescovo Mons. Rinaldi a
farci visita e a celebrare la S. Messa, creava già un’aria di festa, che ci vedeva tutti mobilitati e solleciti nel perseguire un
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ordinato procedere di tutte le operazioni della giornata e preparati a ricevere, noi fanciulli assistiti, un grande personaggio,
una autorità, a riceverlo nel nostro cuore, ove egli sapeva, ogni volta, trovare le vie più giuste e dirette più consone al
ragazzo. Giunto egli tra noi, cercavamo con entusiasmo la sua mano per baciargli l’anello e trovavamo ogni volta una certa
difficoltà a prendergliela; e non si sapeva mai se egli la mano ce la dava o se la ritirava. Ne risultava un gesto quasi furtivo,
come se egli avesse di ciò pudore e non approvasse tanta devozione per sé. Mai dimenticato da me questo suo gesto di
pietà e di umiltà. Era reduce allora dalle missioni cattoliche svolte in Brasile e non mancava mai, nelle sue visite, come
anche di quel giorno, di ricordarlo per rappresentare la sofferenza del mondo e per dirci che ovunque, in qualunque parte
si va, ivi esiste e trovi un Brasile, al quale bisogna avvicinarsi e portare soccorso e conforto. Andare con entusiasmo e
coraggio, egli ci diceva, incontro ai numerosi bisogni umani, non appartarsi non chiudersi dentro le proprie fortezze.
Anche noi assistiti, un giorno saremmo usciti dal nostro Istituto e allora avremmo conosciuto la vera vita e il bisogno di
Cristo e della preghiera. E allora lì avremmo trovato la Chiesa, egli diceva, totalmente immersa nella vita sociale, anche
politica, a soffrire con tutti. E in coerenza con questo suo dettato e suo comandamento, ricordava di avere esortato anche
le suore di clausura della Diocesi, ad una piena più attiva concreta presenza e partecipazione, da svolgere anche all’esterno
dei conventi, a pieno sole, a più diretto contatto con tutte le cose del giorno, e anche al di là di ogni formale limite
vocazionale. Se oggi, io ripercorro con la mente, le linee della mia vita spirituale passata e recente, molta di essa la debbo
ricondurre a quegli incontri con il Vescovo Mons. Rinaldi, alla sua immagine che mi è sempre presente nel ricordo e nella
concretezza dei miei atti da compiere e costituisce ancora, come nel passato, l’alimento più nobile e più edificante della mia
giornata spirituale. «Qualunque parte ove tu vai, ivi esiste e trovi anche un Brasile». Chi sa, poi, se qualcuno di noi giovani
abbia sentito la vocazione di farsi missionario, vocazione che in quegli incontri con Lui, sentivamo nascere e premere da
di dentro.
Morte e funerali del [Venerabile] servo di Dio
Tutti sanno che la salma del [Venerabile] Servo di Dio, morto a Roma, fu tumulata nella tomba di famiglia nel
cimitero di Rieti, dopo un funerale che rappresentò un glorioso trionfale tributo di tutto il popolo diocesano che gridava il
suo nome e molti lo acclamavano santo, come ancora oggi.
Vita virtuosa del [Venerabile] servo di Dio
Per dire quanto umile fosse il [Venerabile]Servo di Dio si diceva che egli non disdegnava i lavori più umili anche
quelli di pulire e scopare i locali della Chiesa. Così, qualcuno l’aveva visto e lo raccontava pensando quanto gli fosse stato
di esperienza quella da lui fatta in tal senso come parroco di Ornaro e di Greccio.
Ricordo di una grande affascinante missione, credo quella svolta a Rieti dall’opera Cardinal Ferrari, che lasciò un
ricordo indimenticabile. Vi predicavano valorosi giovani laici. Seppero tenere unito ed in fervoroso ascolto, per più giorni,
tutta la popolazione di Rieti. Furono giornate quelle di grande fervore religioso che commosse il cuore di tutti. La predicazione
veniva tenuta in aperto, come venivano tenute le assemblee medioevali per la nomina dei re polacchi, in vari luoghi della
città, e ogni volta, il popolo si assiepava in fervida attesa per vivere, vivere poi, ore di sentito orgoglio religioso, ore che
restavano nei ricordi e nei discorsi della gente per molto tempo e servivano di richiamo per la frequentazione della Chiesa
e l’ascolto della S. Messa.
Il magistero del [Venerabile] servo di Dio ai devoti di S. Antonio
Ricordo alcuni episodi accaduti nel 1931, da me personalmente vissuti che ben si uniscono a quello già prima
ricordato di Greccio e degli orfanelli. Episodio che ha per cornice i festeggiamenti di S. Antonio di Padova con la processione detta dei ceri, cui partecipa tutta la popolazione della Diocesi. La più grande festa, la più solenne in onore del Santo
di Padova, che è comprotettore con S. Barbara, della città di Rieti. La processione avanza tra due file di popolo devoto
lungo le vie della città, fatte odorose da numerosi tappeti di fiori, composti artisticamente sul lastricato delle strade. Su
questi, si affacciano le finestre delle case, offerenti anch’esse alla statua del Santo, al suo passaggio, bellissimi addobbi e
copiosi getti di profumati fiori. I quartieri lontani dalle vie della processione restano quasi spopolati e silenziosi, vi regna lo
stupore di quell’improvviso silenzio. La processione ha termine in Piazza S. Francesco, con il discorso del Vescovo. È il
momento più solenne e di maggiore attesa. L’immensa folla partecipante, in cui batte il cuore della città intera, sosta per
essere ferma in ascolto della parola del nostro [Venerabile]Servo di Dio, che si rivolge ad essa dall’alto della scalinata che
porta al Tempio. Ed è proprio questo il momento in cui, in una delle ricorrenze del Santo, ebbi la fortuna di ritrovarmi, per
caso, dopo aver tanto camminato tra la gente, vicino alla persona del Presule. Ricordo la sua figura, che si stagliava
dall’alto di quella scalinata, ferma, in attesa del silenzio della folla, che tardava a farsi. Allora, egli, rivolto ai fedeli più vicini,
alzò il tono della sua già robusta voce, ammonitrice, e con una sua particolare arditezza disse loro che la festa del Santo
non era fatta soltanto per vociare, per portare ceri, per spendere tanti soldi inutilmente e per guardare la statua del Santo,
che sotto i suoi paramenti, egli diceva doversi tener presente, è fatta di legno, è un pezzo di legno; che il fervore dei fedeli
si doveva esprimere con le vere silenziose opere buone, poiché la fede e la devozione al Santo miracoloso si nutrono con
le vere opere buone, tolte le quali, non avviene nessun miracolo. Riemergeva in quel momento il suo animo missionario,
punto preoccupato del giudizio della gente per il suo realismo religioso; il sacerdote reduce dalle aspre esperienze fatte nel
Brasile, dove nel silenzio e nella umiltà fattiva e nascosta aveva operato a favore degli umili e dei diseredati, per tanti anni.
E quel Brasile gli era entrato profondamente nell’anima. Lo sfolgorio le luminarie gli artifici i ceri, tutto ciò che animava la
festa, Lui pensava che una parte soltanto di tanta disponibilità gli avrebbero tolte tante pene e tanti pensieri che occupavano
e agitavano nella sua solitudine la sua mente tesa a realizzare tante opere di pietà cui ogni giorno attendeva. Qualunque
parte ove ti rechi, lì esiste e trovi un Brasile, egli diceva, che attende soltanto non rumorosi festeggiamenti, ma soprattutto
opere buone. Era questo veramente il suo motto il suo segno il suo monito, che esprimeva e predicava senza tanti
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arzigogoli di parole e senza tante sottigliezze; e così chiuse i festeggiamenti antoniani di quell’anno e sciolse la processione
dei ceri, che egli aveva percorso a piedi scalzi, dando altissimo esempio di umiltà e di penitenza.
Umiltà
Vestiva dimessamente. Non mostrava nessun segno esteriore da cui si potesse indovinare che egli era vescovo e
non un qualsiasi prete, come, invece, appariva.
Era conosciutissima la sua umiltà che si riscontrava chiaramente anche nei rapporti che lui teneva con il suo
domestico che egli non si permetteva, addirittura, di svegliare, quando tornava in sede tardi o di notte, preferendo di
restare a dormire fuori della porta, all’addiaccio. Sono molti gli episodi altamente significativi che si riconducono al senso
della sua umiltà penitenziale. Quello accaduto a Greccio, quando lui parroco rimase a pregare vicino al feretro del morto,
portato in chiesa per le esequie. Dal sacrestano fu chiuso dentro la chiesa dove rimase tutta la notte a pregare; ma poi
preso dal freddo, si coprì e si avvolse con la coltre funebre, tolta da sopra la bara e vi si addormentò. La mattina, il
sagrestano aprì la chiesa e vedendo la coltre funebre muoversi, gridò, dalla gran paura, portatosi fuori della chiesa, davanti
alla gente che si assiepava: «È risuscitato il morto». Il [Venerabile] Servo di Dio era rimasto vicino alla bara a pregare,
visto che nessuno dei familiari del morto lo aveva fatto durante il giorno. Il tutto poteva non accadere se soltanto il
parroco, il nostro [Venerabile] Servo di Dio, avesse voluto scomodare il sagrestano a fare riaprire la chiesa. La frase: «È
risuscitato il morto» è divenuta tra noi idiomatica popolare.
Fortezza
Nel tempo delle persecuzioni fasciste contro l’Azione Cattolica ricordo di un episodio altamente significativo. Tutti
conoscevano che la carità la umiltà e la preghiera del [Venerabile] Servo di Dio erano il suo comandamento, che egli
onorava e esprimeva, sempre, con particolare arditezza, anche nelle esuberanti grandi parate militaresche del Fascismo,
che a Rieti si concludevano, quasi sempre, presso il Teatro Flavio Vespasiano, ove il [Venerabile] Servo di Dio andava,
anche lui, ad esercitare la sua presenza e recarvi la sua incrollabile fede la sua missione il suo alto richiamo. I gerarchi
fascisti, le autorità arringavano solitamente le «quadrate milizie, i giovani fascisti». Era il tempo quando il Regime era in
aspra lotta contro l’Azione Cattolica e i seminari ed i seminaristi venivano da molti fatti oggetto spesso anche assai
platealmente di scherno blasfemo. Al Teatro, quando prendeva la parola il Vescovo, si appalesava, con tutta evidenza, una
sotterranea predisposta intesa di voler disturbare la parola del Presule; intesa messa in atto dai soliti facinorosi, i quali,
anche per farsene vanto davanti alle gerarchie, così credevano, già alle prime parole del Vescovo cominciavano a battere
fragorosamente le mani a mo’ di applauso per disturbarlo e praticamente indurlo a porre fine o abbreviare il suo discorso.
Il [Venerabile] Servo di Dio reagiva a questo chiasso arrogante, con forza: «Io resto qui fermo finché non ho
terminato di parlare. Non sono abituato agli applausi ed agli schiamazzi». Con queste parole ammonì quella volta la platea del
Teatro. Interveniva allora il Federale o uno dei gerarchi, facendo cenno dal palco come un direttore di orchestra, per riportare
la platea all’ordine e alla compostezza. Un’altra di queste volte, si era verso la fine dell’anno scolastico e quindi era giunto il
tempo dei «saggi ginnici», gli oratori dall’alto del palcoscenico, esaltavano, come sempre, la forza del fisico, la spada, la
grandezza del regime fascista e la fede delle camicie nere, sempre pronte a combattere. Il [Venerabile] Servo di Dio, a
chiusura della cerimonia, come altre volte, prese la parola e chiuse anch’egli il suo discorso dicendo «che se i campi sportivi,
considerati i tempii del corpo, forgiavano le forti camicie nere, c’erano anche altri tempii, più importanti, i tempii dello spirito,
le chiese, che forgiano l’uomo». È così che ricordare oggi la figura del Vescovo Mons. Massimo Rinaldi significa per me
ricordare anche questi tre suoi momenti: il momento della sua ardita forte umiltà unita al bisogno di penitenza e di povertà, con
cui mortificava la sua persona; il momento della sua sconfinata carità e amore per i poveri che lo avevano sempre sospinto
nella sua vita, alla realizzazione di benefiche e notevoli opere, che ancora oggi sono vanto della Diocesi e della città di Rieti; i
momenti sacri dello spirito, che lo vedevano in grande solitudine presso le chiese ed i Santuari della nostra Valle Santa a
pregare e ad ispirarsi per muovere la sua missione verso le alte mete della Chiesa Cattolica.
Fama di santità
La sua ultima lettera ai fedeli, il manifesto con il quale il Capitolo annunciò la sua morte e la traslazione della sua
salma a Rieti, e i riti funebri che in quella occasione furono celebrati, questi avvenimenti videro un totale concorso di
popolo e tutti furono occasione per riflettere ed esprimere, fin da allora, apertamente il pensiero sulla santità del Servo di
Dio. Fu voce comune, fu voce di popolo. Successivamente, il suo testamento con il quale uscì da questa vita, in assoluta
povertà, il suo ultimo ricordo per il Brasile, la sua richiesta di suffragi rivolta ai fedeli, la sua richiesta di modestissima
sepoltura con il quale atto egli si ricongiungeva alla modesta sua famiglia ed a Rieti, sua città natale, tutte queste cose
ravvivarono in tutti, i ricordi della sua operosa vita, fatta, soprattutto, di semplicità di povertà di penitenza, sulle quali
edificò le sue notevoli opere di carità. Queste sue tre grandi eroiche virtù furono, in quei momenti, soprattutto ricordate,
quando tutto il popolo lo volle, allora, a gran voce, acclamare vescovo eroico e santo. Non si è mai spento, negli anni
successivi alla sua morte, fino ad oggi, il ricordo del [Venerabile] Servo di Dio e delle sue opere; e fu un grande giorno
quando il 31 maggio 1966, con solenni onoranze, furono traslate le sue reliquie nella Chiesa Cattedrale. Così come tutti i
sentimenti ed i ricordi della vita e delle preclare virtù del [Venerabile] Servo di Dio furono dal popolo riconfermati quando
nel 1969 si inaugurò, intitolato al suo nome, il rifugio alpino del Terminillo. Volle essere questo un gesto altamente significativo che si ricongiungeva alla figura del [Venerabile] Servo di Dio, come grande operatore nei silenzi delle altitudini dello
spirito e nella purezza dei cieli. Possiamo dire che il [Venerabile] Servo di Dio non ha mai smesso di esercitare nell’animo
del popolo reatino, la sua presenza benefattrice, che tutti avvertono, nella pienezza di un sentimento, fatta di eroismo e di
santità, alla quale tutti ricorrono, ancora oggi, chiedendo conforto, nei momenti di bisogno.
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Preghiera
Per la beatificazione del Venerabile Massimo Rinaldi
e per chiedere grazie per sua intercessione
Signore Gesù Cristo,
che hai dato alla Chiesa di Rieti come Vescovo
il Venerabile Massimo Rinaldi,
convinto annunciatore del Vangelo
e pastore ricco di sollecitudine apostolica e missionaria,
ascolta le nostre preghiere:
fa’ che la Chiesa reatina
abbia sempre sacerdoti
pieni di amore per il tuo popolo,
semplici e distaccati dalle cose del mondo,
credibili e gioiosi araldi del tuo Vangelo.
Donaci la gioia di vederlo
tra coloro che la Chiesa addita
come testimoni esemplari
da imitare e venerare.
La sua presenza spirituale
continui a sostenere il cammino della nostra Chiesa
e di quanti si rivolgono a lui
fiduciosi nella sua intercessione.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.
Amen.
Rieti, 19 dicembre 2005
+ DELIO LUCARELLI
Vescovo
RINGRAZIAMENTI E COMUNICAZIONI
Immagine del Venerabile con reliquia ex indumentis
Il Venerabile
Massimo
Rinaldi in visita
alle missioni del
Rio Grande del
Sud (Brasile).
(Fotografia,
dalla
pubblicazione
della diocesi di
Rieti, in La
memoria di
Mons. Massimo
Rinaldi. Nel X
anniversario del
suo transito,
Rieti, 31 maggio
1951, s.n.e.
AUVR, AMR,
busta n. 1,
Documenti
ricevuti, fasc. n.
5, Mons.
Massimo
Rinaldi)
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Venerabile Massimo Rinaldi.
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