Il sindacalismo fascista Il contesto • Il clima del dopoguerra è – – – – di scontro sociale di affermazione dei partiti di massa di emersione dei nodi irrisolti dell’Italia giolittiana e risorgimentale di trasformazioni indotte da 1GM • Il quadro politico vede il ritorno di Giolitti e del mondo liberale • Il quadro reale vede l’irrompere della società di massa • Cattolici, socialisti, comunismo, occupazione delle fabbriche, rivoluzione sovietica, Fiume, mito della vittoria mutilata, crisi economica, ritorno dei reduci sono alcuni degli elementi di questo quadro Le origini • Il sindacalismo fascista nasce tra il 1919 e il 1921, anche se le sue origini affondano in diverse “isole” del sindacalismo italiano – Sindacalisti rivoluzionari (Alceste De Ambris) – Teorici dello stato sindacale (M.Panunzio, Alfredo Rocco) – Intellettuali del rivoluzionarismo (Angelo Oliverio Olivetti) • 23 marzo 1919: Con il discorso di fondazione dei fasci di combattimento, Mussolini dichiara che il movimento fascista si sarebbe posto sul terreno del sindacalismo nazionale, argomentando la scelta in termini di: Sindacalismo nazionale e produttivistico Le origini Sindacalismo nazionale e produttivistico Questo tipo di sindacalismo era proprio dei sind.rivol. La sua amicizia con De Ambris, Olivetti e Rossoni genera le condizioni di un punto di incontro tra la UIL e i Fasci. Solo Rossoni limita questo legame invitando la UIL a rimanere fuori da ogni collaborazione formale, perché occorreva prima di tutto svuotare lo Stato Nel 1919 nasce la U.I.L. (diffusa al nord e al centro) con la proposta di ricondurre la lotta di classe all’interno della realtà nazionale Mussolini vede nella UIL l’organizzazione più congeniale ai suoi interessi Non è antifascismo ma l’idea di un’autonomia dai partiti e la nascita di uno stato sindacale Le origini • Elezioni del novembre 1919 – Sconfitta di Mussolini che cerca spazio a destra sganciando la UIL che rimane in mano ai sindacalisti rivoluzionari – La sconfitta elettorale spinge Mussolini verso il sindacalismo autonomo che nel novembre 1920 fondono la CISE (Confederazione Italiana Sindacati Economici). – L’obiettivo politico di Mussolini è la sconfessione della CGdL, della UIL e dell’USI • Metà ottobre 1921, Rossoni dalla Camera del Lavoro di Ferrara, invita tutte le organizzazioni sindacali che si richiamano al fascismo a riunirsi Le origini Novembre 1921: nasce il PNF (Congresso dell’Augusteo) Scatta l’azione politica: il PNF (24 gennaio 1922) promuove un convegno a Bologna, aperto a tutte le organizzazioni sindacali che si richiamano al fascismo Nasce la CNCS (Confederazione Nazionale delle Corporazioni Sindacali A Bologna si confrontano due tesi: Rossoni – autonomia dei sindacati Grandi – il sindacato è un organismo formalmente fuori dal PNF, ma legato al partito nella sua attività operativa Prevale la linea Grandi del PNF, Rossoni e la sua autonomia sono sconfitte ma Rossoni stesso diviene segretario della CNCS « Chi dice lavoro, dice borghesia produttiva e classi lavoratrici delle città e dei campi. Non privilegi alla prima, non privilegi alle ultime ma tutela di tutti gli interessi che armonizzano con quelli della produzione e della nazione »(Dal discorso pronunciato in parlamento il 16 novembre 1922 da Benito Mussolini) CORPORATIVISMO Il termine corporativismo in senso proprio deriva dalle Corporazioni delle arti e mestieri, che controllavano la vita cittadina in molti Liberi Comuni dell'Italia medievale: il termine intende richiamare i cosiddetti "corpi sociali", cioè le associazioni intermedie tra uomo ed autorità politica che formano la società civile. Nel 1891 il corporativismo venne richiamato dall'enciclica Rerum Novarum, in ottica cattolica. Il corporativismo è una dottrina propria del Fascismo, codificata nella Carta del Lavoro del 1927 e poi sviluppata. Il corporativismo regolò la vita economica e sindacale italiana durante il fascismo prima e la Repubblica Sociale Italiana poi, in ottica di collaborazione di classe, nel dichiarato intento del regime di creare una "terza via" tra capitalismo e marxismo per la risoluzione dei conflitti tra le classi sociali (da wikipedia) Interludio • • • Abbiamo due convegni costitutivi: Ferrara (ottobre 1921) e Bologna (gennaio 1922 - CNCS) Abbiamo 3 congressi: 1922, 1924, 1928 Abbiamo 3 concetti in ordine di definizione: – Sindacalismo Nazionale – Autonomia dei Sindacati – Sindacalismo Integrale • Abbiamo 2 Patti: – Palazzo Chigi (dicembre 1923) – Palazzo Vidoni (ottobre 1925) • Abbiamo 3 interventi politico/normativi – Legge sindacale (3 aprile 1926) – Carta del Lavoro (21 aprile 1927 – Natale di Roma) – Sbloccamento (21 novembre 1928 in funzione delle elezioni del 1929). Qui ha inizio la vera fase corporativa con eliminazione della CNCS Interludio • L’eliminazione della CNCS è tutta politica perché: – Era divenuta più grande del PNF, con le corporazioni il sistema sindacale passa a 6, 6, 1 – Con l’applicazione della legge elettorale Acerbo, la sua rappresentanza politica sarebbe giunta a 450 rappresentanti su 800 – Il suo peso nella vita economica era divenuto troppo grande – La figura di Rossoni, assumeva quasi il ruolo di alternativa a Mussolini Il patto di Palazzo Chigi (19 dicembre 1923) Ordine del giorno approvato sotto la presidenza del Duce nella riunione del 21 dicembre 1923. La Confederazione generale dell'industria italiana e la Confederazione generale delle corporazioni fasciste intendono armonizzare la propria azione con le direttive del Governo Nazionale, che ha ripetutamente dichiarato di ritenere la concorde volontà di lavoro dei dirigenti delle industrie, dei tecnici e degli operai, come il mezzo più sicuro per accrescere il benessere di tutte le classi e le fortune della Nazione: riconoscendo la completa esattezza di questa concezione politica e la necessità che essa sia attuata dalle forze produttive nazionali: dichiarano che la ricchezza del Paese, condizione prima della sua forza politica, può rapidamente accrescersi e che i lavoratori e le aziende possono evitare i danni e le perdite delle interruzioni lavorative, quando la concordia tra i vari elementi della produzione assicuri la continuità e la tranquillità dello sviluppo industriale: affermano il principio che l'organizzazione sindacale non deve basarsi sul criterio dell'irriducibile contrasto di interessi tra industriali ed operai, ma ispirarsi alla necessità di stringere sempre più cordiali rapporti tra i singoli datori di lavoro e lavoratori, e fra le loro organizzazioni sindacali, cercando di assicurare a ciascuno degli elementi produttivi le miglior condizioni per lo sviluppo delle rispettive funzioni, e di più equi compensi per l'opera loro, il che rispecchia, anche nella stipulazione di contratti di lavoro, lo spirito del sindacalismo nazionale: e decidono a) che la Confederazione dell'Industria e la Confederazione delle Corporazioni fasciste intensifichino la loro opera diretta ad organizzare rispettivamente gli industriali ed i lavoratori con reciproco proposito di collaborazione; b) di nominare una Commissione permanente di 5 membri per parte, la quale provveda alla migliore attuazione dei concetti suesposti sia al centro, sia alla periferia, collegando gli organi direttivi delle due Confederazioni perché l'azione sindacale si svolga secondo le direttive segnate dal Capo del Governo. Il patto di palazzo Vidoni (2 ottobre 1925) tra i rappresentanti della Confederazione genarle dell’industria e i rappresentanti delle corporazioni fasciste, sotto la presidenza del segretario del partito La Confederazione generale dell'industria riconosce nella Confederazione delle corporazioni fasciste e nelle Organizzazioni sue dipendenti la rappresentanza esclusiva delle maestranze lavoratrici. La Confederazione delle corporazioni fasciste riconosce nella Confederazione generale dell'industria e nelle Organizzazioni sue dipendenti la rappresentanza esclusiva degli industriali. Tutti i rapporti contrattuali tra industriali e maestranze dovranno intercorrere tra le Organizzazioni dipendenti della Confederazione dell'industria e quelle dipendenti della confederazione delle corporazioni. In conseguenza le commissioni interne di fabbrica sono abolite e loro funzioni sono demandate al sindacato locale, che le eserciterà solo nei confronti della corrispondente Organizzazione industriale. Entro dieci giorni saranno iniziate le discussioni delle norme generali da inserirsi nei regolamenti Lo sbloccamento • • • • delimitazione della rappresentanza all’ambito federale segna l’epilogo di un percorso decennale coincide con l’accantonamento delle velleità autonomistiche di Rossoni prevale la concezione di Giuseppe Bottai che vede il sindacato in funzione del costituendo sistema corporativo – L’ordinamento poggia sulla coesistenza di imprenditori e lavoratori in un unico organo sottoposto al governo. Lo Stato si fa contenitore amministrativo delle relazioni sociali: con 22 Corporazioni divise in tre gruppi; con le Unioni provinciali dei sindacati ripartite in sezioni categoriali. • In un quadro autoritario, nel modello che si afferma si trovano: – rottura del rapporto rappresentanza-tutela; – fine della rappresentanza confederale e sindacale di fabbrica; – scambio conflitto / contratto collettivo. La dottrina corporativa, terza via teorica fra capitalismo e collettivismo, rivelando la sua dimensione utopica, resta sovrastata da una politica economica protezionistica da paese industrializzato. Le suggestioni di un sindacalismo di sinistra lanciate da Ugo Spirito nel 1932, sulla corporazione proprietaria (per le nazionalizzazioni contro la libera proprietà) e sulla risoluzione del sindacalismo nel corporativismo integrale, rimangono lettera morta. Si esaurisce sul nascere ogni velleità di declinare “a sinistra” la dottrina corporativa • • Il tentativo corporativo • • La fascistizzazione del movimento sindacale (1925-1928) spiana la strada alla riforma della rappresentanza politica 1930 entra in funzione il Consiglio Nazionale delle Corporazioni – Funzioni consultive in campo sindacale – Funzioni normative in materia di coordinamento delle attività esercitate dalle organizzazioni sindacali – Coordinamento delle discipline dei rapporti di lavoro stabilite dai contratti collettivi • • In realtà non utilizzò quasi mai la funzione normativa e gli accordi in materia economica continuarono ad essere conclusi in sede ministeriale con le categorie interessate (Ministero Corporazioni, Presidenza Consiglio) L’attività consultiva in ambito economico fu scarsa: la politica economica del fascismo fu elaborata e attuata a prescindere dal Consiglio Nazionale; lo stesso quando vennero creati organismi come l’IRI o l’Istituto Mobiliare Italiano Il tentativo corporativo • 5 febbraio 1934: nascono le 22 corporazioni – Istituite con decreto del capo del governo – Presiedute da un ministro, da un sottosegretario o dal segretario del PNF – La composizione è fissata dalla legge e decretata dal capo del governo Corporazioni: attribuzioni • Su proposta dei ministri competenti o a richiesta delle associazioni collegate, e con l’assenso del capo del governo, le corporazioni avevano la facoltà di: – Elaborare le norme per il regolamento collettivo dei rapporti economici – Elaborare norme per la disciplina unitaria della produzione – Stabilire per il ramo di sua competenza le tariffe per le prestazioni e i servizi, quelle dei prezzi • Tutto ciò era soggetto all’approvazione dell’assemblea generale del consiglio nazionale delle corporazioni • Il carattere rigidamente accentrato bloccò fin dall’inizio la finalità dell’intero sistema, cioè l’autogoverno delle categorie produttrici Corporazioni: l’ultimo atto • 1939: ultima grande riforma del presunto stato corporativo; nasce la Camera dei Fasci e delle Corporazioni (nuova camera di rappresentanza politica) al posto della Camera dei Deputati • La novità più interessante è che i suoi membri diventavano tali per il solo fatto di appartenere ad altri ordini collegiali del regime (Gran Consiglio, Consiglio Nazionale delle Corporazioni, Consiglio Nazionale del PNF) • Si tratta di un organo permanente non soggetto a rinnovo periodico; viene eliminato ogni traccia di elettività in quanto si cessava di farne parte allorquando si cessava dall’incarico in base al quale era divenuto membro • Con la legge istitutiva della Camera dei Fasci e delle Corporazioni termina ogni distinzione fra potere esecutivo e potere legislativo, con l’assoluta preminenza del ruolo del “Duce del Fascismo e Capo del Governo”
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