I diritti dei minori diversamente abili – intervento dell

STUDIO LEGALE ASSOCIATO
SENA – MAROTTA
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www.studiosenamarotta.it
Napoli, 20 ottobre 2010
Avv. Luigi Sena
PATROCINANTE IN CASSAZIONE
Avv. Simona Marotta
Avv. Mauro Tornincasa
Al Presidente e agli Avvocati della
Libera Associazione Forense - SEDE
Avv. Sosio Tornincasa
Sono quindici anni che mi occupo di questioni relative a minori.
Dal 2006 si sono rivolti al mio studio alcuni genitori di minori diversamente abili,
che lamentavano la lesione del diritto allo studio e all’integrazione scolastica dei
propri figli.
Quando il bambino raggiunge l’età scolare, i genitori devono iscriverlo a scuola:
l’obbligo scolastico sussiste tanto per i c.d. normodotati (fino al compimento del 14°
anno di età),
che per i diversamente abili (fino al 18°anno di età).
In passato esistevano le c.d. classi differenziali, nelle quali venivano inseriti i
bambini diversamente abili; oggi, invece, non è più così, perché la legge 104/1992
impone che l’alunno diversamente abile sia inserito nella classe ordinaria insieme
ai bambini normodotati.
Il genitore che iscriva a scuola il proprio figlio diversamente abile deve presentare,
oltre alla relativa domanda, la documentazione sanitaria attestante la patologia
invalidante. Può capitare che il minore non sia ancora stato “individuato” come
persona diversamente abile: in questo caso, l’A.S.L. lo sottopone a visita medica e
gli riconosce la relativa certificazione.
Successivamente il neuropsichiatra infantile deve redigere la diagnosi funzionale
ed indicare il tipo di sostegno scolastico necessario.
A secondo della gravità della patologia, il sostegno viene riconosciuto con rapporto
normale, oppure con rapporto in deroga.
Qualora sussista una deroga per gravità, accertata dalla commissione medica, il
rapporto insegnanti/alunni non è più di 1:138 complessivamente frequentanti
l’istituto scolastico, ma di 1:1, inteso come un’ora di frequenza - un’ora di
sostegno.
Accade, tuttavia, sistematicamente che l’istituto scolastico –per esigenze di
bilancio- riconosca al minore un sostegno inadeguato, non solo rispetto all’orario
effettivo di frequenza, ma soprattutto rispetto alla gravità della sua patologia.
La presenza in una classe di un minore diversamente abile - pur rappresentando
una straordinaria occasione di arricchimento e confronto per ogni alunno- diventa
di ostacolo al normale svolgimento delle lezioni, se quel bambino non è affiancato
da un insegnante di sostegno in modo adeguato.
Questa problematica è ancora più evidente nella scuola dell’infanzia e nella scuola
primaria, dove tutti i bambini (normodotati e non) sono molto piccoli e necessitano
di maggiori attenzioni.
Con queste premesse, attualmente per garantire l’effettivo diritto allo studio
e all’integrazione scolastica del minore diversamente abile è necessario
adire l’Autorità Giudiziaria.
Sussiste la giurisdizione esclusiva del T.A.R. ai sensi dell’art. 33 D.lgs. 31.3.1998
n. 80 e successive modifiche. La S.C., chiamata a risolvere un conflitto di
giurisdizione, infatti, ha stabilito che il servizio di sostegno scolastico ai minori
portatori di handicap non costituisce un contratto di utenza di diritto privato, tra
l’istituto scolastico obbligato alla prestazione ed i genitori del minore, ma è previsto
dalla legge e consegue direttamente al provvedimento di ammissione alla scuola
dell’obbligo (Cass. Civ. sez. un. 25.3.09 n.7103; Cass. Civ. sez. un. 19.1.2007 n. 1144).
FONTI NORMATIVE
Il diritto all’istruzione, all’educazione e all’integrazione scolastica è un diritto soggettivo pieno, non
suscettibile di affievolimento, neanche di fronte ad un’esigenza di organico e di bilancio dello Stato.
Costituzione italiana – Costituzione Europea
Tale diritto trova il suo avallo costituzionale negli artt. 2 (la Repubblica riconosce i diritti inviolabili
dell’uomo…nelle formazioni sociali ove si svolge la propria personalità), 3, co. 2 (è compito della repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana), 34, co. 1 (la scuola è aperta a tutti) e 38 co.3
e 4 (gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione ed all’avviamento professionale. Ai compiti previsti
in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato).
Anche la recente Costituzione Europea, adottata a Roma il 29.10.2004, sancisce l’inviolabilità del diritto
all’istruzione e all’integrazione scolastica del soggetto portatore di handicap. Infatti, all’art. II-80 dispone:
è vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata in particolare, su …..la disabilità e all’art.II-86 precisa:
l’unione riconosce e rispetta il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantire
l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità.
Infine, la Convenzione delle Nazioni Unite all’art. 24 statuisce: Gli stati parte riconoscono il diritto delle
persone con disabilità all’istruzione.
Normativa Ordinaria – legge 104/92
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La legge quadro per l’assistenza, integrazione sociale e diritti delle persone handicappate, ha tra le sue
finalità, quella di: a) garantire il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della
persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella
società.
L’art. 3, dopo aver definito “persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica-psichica o
sensoriale, stabilizzata o regressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di
integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”,
stabilisce che “la persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla
natura e alla consistenza della minorazione alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia
delle terapie riabilitative”.
In base al disposto dell’art. 8 lett. d), l’inserimento e l’integrazione sociale della persona portatrice di
handicap si realizzano nell’ambiente scolastico con l’adozione di provvedimenti che rendono effettivi…il
diritto allo studio…, con particolare riferimento alle dotazioni didattiche e tecniche, ai programmi, a
linguaggi specializzati, alle prove di valutazione e alla disponibilità di personale appositamente qualificato,
docente e non docente.
Il successivo art. 12, dopo aver riaffermato il diritto all’educazione e all’istruzione e la garanzia
dell’inserimento negli asili nido, nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istruzioni
scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie, ribadisce che “l’esercizio del diritto
all’educazione e all’istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà
derivanti dalle disabilità connesse all’handicap”.
Nelle scuole di ogni ordine e grado, l’attività di sostegno necessaria deve essere assicurata “mediante
l’assegnazione di docenti specializzati”; le istituzioni scolastiche, nel predisporre percorsi formativi
funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, sono in
generale tenute a riconoscere e valorizzare le diversità ed a promuovere “le potenzialità di ciascuno,
adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo”; alle stesse istituzioni è
riconosciuta la possibilità di esercitare l’autonomia didattica, anche con l’attivazione di percorsi di
insegnamento individualizzati, purché ciò avvenga nell’obbligatorio “rispetto del principio generale
dell’integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo, anche in relazione agli alunni in situazione di
handicap secondo quanto previsto dalla legge 5.2.1992, n. 104” (DPR 8.3.1999 n. 275, Regolamento
recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell’art. 21 della L. 15.3.1997
n. 59).
La L. 104/92 nel sancire il diritto all’integrazione scolastica del minore diversamente abile evidenzia, al fine
di comprendere le effettive esigenze dello stesso, l’importanza del PDF (profilo dinamico funzionale) e del
PEI (programma educativo individualizzato).
Il profilo dinamico funzionale indica le caratteristiche fisiche, psichiche ed affettive dell’alunno e pone in
rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero
sia le capacità possedute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte
culturali della persona handicappata (art.12 co.5 L.104/92).
All’elaborazione del PDF iniziale seguono verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi …(art 12
co. 6). Il PDF è aggiornato a conclusione della scuola materna, elementare, media e durante il corso di
istruzione secondaria superiore.
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La valutazione delle effettive esigenze è, quindi, rimessa ad una équipe multidisciplinare che nel PEI deve
indicare non solo il programma che il minore deve svolgere nell’anno scolastico di riferimento, ma anche
le figure professionali (docenti e non docenti) che devono supportare il minore nonché la classe
frequentata dallo stesso.
Le figure professionali di cui all’art. 13, L. 104/92 svolgono attività relative alla comunicazione del minore
diversamente abile (attività di interpretariato per alunni con minorazioni uditive, prendere appunti in
luogo di disabili con difficoltà sensoriali e motorie). A seconda dell’attività necessaria, nel caso concreto,
questi assistenti possono rispondere a diversi profili professionali, quali educatore professionale,
assistente educativo, traduttore del linguaggio dei segni o personale paramedico e psicosociale. Si tratta,
comunque, di personale non docente, con funzioni ben diverse da quelle didattiche svolte dall’insegnante
di sostegno.
Legge 449/97
Va richiamato l’art. 40, co.1, della L. 449/97, che prevede “l’integrazione scolastica degli alunni
handicappati con interventi adeguati al tipo e alla gravità dell’handicap, compreso il ricorso all’ampia
flessibilità organizzativa e funzionale delle classi prevista dall’art. 21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo
1997 n. 59, nonché la possibilità di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno, in
deroga al rapporto docenti-alunni indicato al comma 3, in presenza di handicap particolarmente gravi.”
(cfr. Corte Cost. n. 80/2010).
Alla
luce
della
normativa
vigente
e
di
un
consolidato
orientamento
giurisprudenziale (cfr. per ultimo sent. Corte Cost. n. 80/2010) il diritto allo studio,
all’integrazione e all’educazione del disabile è un diritto soggettivo inviolabile, non
suscettibile di affievolimento da parte della P.A.
Accertato il diritto dello studente a conseguire una determinata e personalizzata
offerta didattica, l’Amministrazione è vincolata a garantire questa offerta, cioè ad
assegnare un insegnante specializzato di sostegno [per un numero di ore adeguate
alla singola patologia], senza possibilità di invocare a giustificazione del suo
inadempimento scelte organizzative e/o finanziarie. Anche il solo ritardo
nell’attribuzione del sostegno scolastico incide negativamente sull’apprendimento
del minore diversamente abile e sul rapporto con gli altri alunni frequentanti la
stessa classe, aggravando lo svantaggio di cui è portatore.
La giustizia amministrativa, come prima quella ordinaria, ha mostrato grande
sensibilità nell’affrontare la questione e nel riconoscere sempre il diritto ad un
sostegno adeguato. E tuttavia la via giudiziaria non appare la migliore
soluzione ad un problema che necessita di una programmazione strutturale,
della quale beneficerebbero tutti e non solo coloro che, opportunamente
informati, si rivolgono all’A.G.
Un’idea sarebbe quella di creare una “anagrafe sulla disabilità”, che consenta
all’Amministrazione di conoscere quanti minori necessitano di forme di assistenza
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-non solo scolastica- e conseguentemente di programmare adeguatamente i
sistemi di intervento a garanzia dei diritti inviolabili di queste persone.
Devo però dire che, dopo aver ascoltato la brillante relazione svolta al recente
convegno LAF ho cominciato a pensare che potrebbe esistere anche un “corridoio
sovranazionale” per giungere al cuore del problema.
Se si riuscisse ad ottenere una sentenza pilota, si potrebbe far valere la
giurisprudenza della Corte di Strasburgo, chiedendo al Giudice di casa una
interpretazione conforme, o addirittura sfruttando la pronuncia per indurre
l’Amministrazione ad un programma di interventi strutturali che scongiurino ricorsi
in serie e che finalmente risolvano il problema di tante famiglie con disabili.
Sono fermamente decisa a studiare in questa nuova ottica la questione e per
questo chiedo il Vostro aiuto.
Se ho ben compreso, per invocare la Corte di Strasburgo si può sollevare una
pregiudiziale interpretativa, ovvero ricorrere alla stessa ma solo a seguito
del diniego della giustizia di casa.
Se la via preferibile fosse la seconda, segnalo che i nostri Tribunali, pur
accertando il diritto del minore diversamente abile ad ottenere un sostegno
adeguato anche per gli anni successivi, continuano a negare il risarcimento del
danno patito dal minore.
Le S.U.
(sent. 26972/2008),
hanno ribadito che esistono due categorie normative di
danno (patrimoniale e non patrimoniale), non suscettibili di ulteriori suddivisioni in
sottocategorie.
Il
danno
non
patrimoniale
costituisce,
quindi,
una
categoria
ampia
e
onnicomprensiva, all’interno della quale non è possibile ritagliare ulteriori
sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva e nella quale rientra il
danno c.d. “esistenziale”(ossia la lesione del fare areddituale della vittima e scaturente dalla
lesione di valori costituzionalmente garantiti).
Il danno, anche quando esso è determinato da lesioni di diritti inviolabili della
persona, costituisce danno conseguenza che deve essere sempre allegato e
provato.
Ad avviso della S.C., in caso di richiesta di risarcimento del danno non
patrimoniale derivante dalla lesione di diritti costituzionalmente inviolabili della
persona, ai fini dell’accoglimento della domanda il giudice deve accertare la
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sussistenza dei requisiti della gravità dell’offesa e della serietà del pregiudizio
sofferto. Pertanto non sono meritevoli di tutela risarcitoria, invocata a titolo di
danno non patrimoniale, i pregiudizi consistenti in mero disagio, fastidio,
disappunto ed ogni altro tipo di insoddisfazione concernenti gli aspetti più disparati
della vita quotidiana ma solo le violazioni più gravi.
Proprio su questo punto vi è un contrasto tra la giurisprudenza italiana e quella
europea. La Corte di Strasburgo afferma, infatti, che di fronte ad ipotesi di lesioni
di diritti inviolabili devono essere risarciti anche quelle categorie di danno che
includono “distress, frustration, humiliation and anxiety ”,
vale a dire proprio quei
pregiudizi consistenti in fastidio, disagio, ansie e disappunto che secondo le nostre
S.U. sono palesemente non meritevoli di tutela risarcitoria.
E’ inutile dire che continuerò con determinazione (e con il vostro prezioso aiuto)
questa battaglia, perché credo fermamente che gli adulti abbiano il dovere morale
di tutelare sempre ed in ogni luogo (giudiziario e non) il minore ed in particolare
quello diversamente abile.
Simona Marotta
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