Aree industriali a Losone, crescere non sarà facile Losone ha sempre strizzato l’occhio al settore industriale, creando zone idonee all’insediamento di ditte e grandi aziende. Il Patriziato, tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, ha addirittura creato un intero quartiere, quello dello Zandone. Ma oggi un’ulteriore crescita è cosa difficile, se non quasi impossibile. È quanto emerso durante la serata dibattito, proposta dalla locale sezione del Plr, giovedì scorso, nell’auditorium dell’Agie ai Saleggi. Ospite d’eccezione la consigliera di Stato Laura Sadis. Con lei al tavolo dei relatori Nicola Pini, dell’Associazione industrie ticinesi (Aiti), Carlo Ambrosini, presidente del Patriziato losonese, Remo Clerici, pianificatore, e Angelo Quadroni della Sarix. Ed è stato proprio quest’ultimo, parlando della vicenda della sua ditta, a gettare il sasso nello stagno: dopo aver manifestato la necessità di più spazi e dopo un dialogo aperto con Municipio e Patriziato, la Sarix 6 mesi fa ha dovuto per forza traslocare a Sant’Antonino. «In futuro bisognerà fare qualche riflessione sulle possibilità di ampliare la zona industriale», ha affermato Ambrosini. Ma Clerici ha ricordato che «il Piano direttore cantonale stabilisce gli spazi per le industrie. Le aree di Losone sono praticamente sature e lo Zandone ha confini naturali pressoché invalicabili; bosco, fiume e golf. La soluzione potrebbe essere uno sfruttamento migliore». Un discorso valido per tutto il Ticino, dove gli stabilimenti dismessi da recuperare non mancano. Un Pil mica da poco Nicola Pini ha posto l’accento sul peso (non indifferente) dell’industria per l’economia locale e cantonale: circa 30mila posti di lavoro di cui 16mila 500 occupati da frontalieri (cifra più o meno costante negli ultimi 30 anni); 600 disoccupati e un Pil interessante (porta il 21 per cento della ricchezza nel cantone). Il gettito: 70 milioni nelle casse di Bellinzona e una cinquantina di milioni in quelle dei Comuni. Senza dimenticare la formazione degli apprendisti: 300 all’anno. «L’Aiti – ha concluso Pini – cerca di capire i bisogni del settore per poi garantire le condizioni ideali per le aziende: da una burocrazia più snella, all’approvvigionamento costante d’energia a prezzi interessanti, passando per la collaborazione con lo Stato». Uno studio quasi pronto Sadis ha spiegato che occorre conciliare le esigenze d’espansione delle aree industriali con il bene strategico che rappresenta il suolo; il tutto in un territorio complesso. «Stiamo preparando uno studio, che è a buon punto. Analizza la situazione e proporrà interventi concreti, con l’identificazione di aree e immobili dismessi da recuperare. In taluni casi si potranno riordinare e ampliare zone esistenti. Non mancheranno altri suggerimenti pratici, come un diverso approccio (diritto di superficie anziché vendita dei sedimi). Le risposte possono essere variegate. Per i Saleggi di Losone, ad esempio, ci sono studi specifici che verosimilmente saranno pronti nel 2016, con indicazioni sulla possibile creazione di un parco tecnologico». Diverse le questioni sollevate dalla sala e dal moderatore Peter Schiesser (direttore di ‘Azione’). Tra queste, la proposta di togliere i posteggi abusivi formulata dal direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali. Per Sadis l’idea ci starebbe anche, ma i termini fissati sono troppo stretti. S.F.
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