A Adriana Bittel Appuntamento a Parigi traduzione a cura di Raffaella Tuan Copyright © MMXIV ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: giungo Indice Capitolo I Alice in barriera Vergul Capitolo II Visita a casa di un uomo in assenza della moglie Capitolo III Il ruscello e il Giordano Capitolo IV Cechov, ho chiesto stanca Capitolo V La macchia di olio Capitolo VI Un lungo raggio di felicità Capitolo VII Il dottor Blum Capitolo VIII Push Capitolo IX La tibia e il perone Indice Capitolo X Alcuni fuggono nella foresta Capitolo XI Appuntamento a Parigi Ringraziamenti Biografia Capitolo I Alice in barriera Vergul Tanzarà, nel dialetto di casa, era un sostantivo comune, sinonimo di errore madornale. Aveva anche altre sfumature: designava qualcosa di contrario e vergognoso, umiliante, privo di buon senso. Qualcosa appartenente alla sfera del vizio. Il termine proveniva da un nome, zia Sarah, la sorella minore della nonna. Per molto tempo, avevano abitato insieme in una casa in via Delle Piante, nel mezzo di un giardino che non smentiva la denominazione della strada. Vi erano tigli, albicocchi selvatici e non, varietà selezionate di rose curate dal tuttofare di casa, il signor Talpˇa, mentre il recinto che dava sulla strada era coperto da Belle di Giorno azzurre di una grandezza insolita. Il gazebo con la tavola e le sedie bianche si nascondeva sotto cascate di rose canine. Lì, dopo pranzo, lo zio Efraim si fumava la sigaretta con il bocchino, con la massima soddisfazione, ascoltando i cinguettii e i ronzii del giardino e sempre lì cenavano nelle sere d’estate, dopo che il cortile era stato bagnato. La domenica passeggiavano in carrozza nel Corso, fino alla seconda rotonda, oppure vedevano al cinema Rex i film con Mosjoukine e Nathalie Kovanco. Zia Sarah piangeva nel buio della sala, oppure rideva, sempre con le lacrime e con l’accompagnamento del piano, di Max Linder o di Pat e Patachon, mentre la nonna osservava timorosa, Appuntamento a Parigi attraverso il fascicolo tremante, il viso di suo marito che detestava gli eccessi. Efraim imponeva a coloro che stavano intorno a lui un rispetto simile al timore. Quando lui leggeva il suo giornale oppure faceva il pisolino, d’inverno, nella poltrona vicino alla stufa, bloccava ognuno dove si trovava: Lina sopra la bacinella con le stoviglie della cucina, la zia Sarah con l’ago conficcato nel tessuto di gobelin, mentre la nonna, in piedi, dietro le tende, guardava il giardino sfrondato dove non accadeva niente, pronta a ricevere al volo l’ordine: « Manda Talpˇa a prendere la carrozza ». Dopo la sua partenza, tutti tiravano un sospiro di sollievo. La mamma, che non osava voltare le pagine dei libri di fotografie, gettava lontano il volume dorato della libreria Hachette e strimpellava al piano, quanto stonata poteva, Per Elisa, zia Sarah raccontava il film a Lina, mimando con cosa aveva a portata di mano risse, suicidi e inseguimenti, Talpˇa riparava qualcosa vicino alla piastra della cucina, con veloci colpi di martello sulle lamiere. La casa si riempiva di rumori, scoppi di pianti e risate e movimenti fino alle otto di sera circa, quando divenivano tutti accordati. Alle otto in punto, si sentiva lo scalpitio dei cavalli sul selciato silenzioso, lo schiocco del vetturino, « Salve, signor Mache » e la porta sbatteva autoritaria. Mache, com’era chiamato fuori casa l’imponente Efraim, entrava accompagnato da un ragazzo della bottega Petrica, carico di pacchetti con specialità per la cena. Forse, fra gli amici dell’osteria, Mache era proprio un personaggio alla Caragiale , assieme discutevano di politica davanti ad un aperitivo e divulgavano notizie . Ion Luca Caragiale, (–), scrittore e commediografo romeno, descrive nelle sue opere personaggi della borghesia al potere con una certa ironia e polemica. . Alice in barriera Vergul (anche queste alla Caragiale con tipici tic verbali) ma a casa sua, in via delle Piante, il funzionario della Banca di Credito si comportava come un tiranno. Coscienzioso, ordinato e competente su tutto, aveva meditato bene il matrimonio con quest’orfana insignificante, più giovane di sedici anni e tra il cui fascino, per prima cosa, si trovava l’atto di proprietà della dote, tra cui vi era incluso la casa, il ricco corredo e qualche gioiello. In automatico diventava il tutore della cognata minore per la quale aveva preso in considerazione come buon partito il proprietario del negozio tessile Il globo verde, uno stimato degustatore dei salumi di Petrica. Ma zia Sarah, con la mente affollata di romanzi, aveva conosciuto — in quale cinema o carrozza del quartiere? — un prestante operaio, di nome Muscalu, ed era fuggita con lui, prendendo anche alcuni di quei gioielli, esattamente in barriera Vergul. Così è diventata per la famiglia la tanzarà che fa tanzarate, mentre l’uomo, semplicemente Tanza. (Alice l’ha conosciuta tardi, una vecchietta per bene che stendeva nel cortile i pigiami e i mutandoni dell’altro operaio, dato che Muscalu era morto di qualcosa al pancreas. L’ha vista mentre andava in panetteria con la vestaglia scolorita, con cui si affaccendava in cucina d’estate e mentre calzava pantofole maschili. Ha sentito come le parlavano le vicine: « Quando posso venire anche io da Lei, signora Tanza, mi taglierebbe un tailleur? » oppure « Sono rimasta incinta di nuovo, madame Muscalu, che diavolo ci faccio ancora con un marmocchio?! ». Tra la signorina fragile della fotografia messa sullo specchio del guardaroba e la massaia sciatta della macchina da cucire non c’era più nessuna relazione. « Mia cara — le ripeteva quest’ultima, rompendo il filo con i denti, all’adolescente Alice — così è la vita, che possiamo essere in salute, quello che doveva Appuntamento a Parigi capitare è capitato! »). Per quanto visse nonno Efraim, in casa non era mai stato menzionato il nome di Sara, mentre riguardo a Muscalu, che nessuno conosceva, si presupponeva che gli puzzassero i piedi, che si soffiasse il naso con due dita sul marciapiede, che bevesse e che avesse, da qualche parte, in Oltenia, un figlio illegittimo. Nella mente della mamma, l’idea della barriera Vergul si associava a villania, a mancanza di igiene e ad abitudini disgustose e proprio quando era già una donna matura, se Alice faceva o diceva qualcosa di sconveniente, strillava: « Dove pensi di essere, in barriera Vergul?! ». (E Alice ha avuto la conferma che barriera Vergul è un luogo orribile dove dormire, e dove svegliarti e dove ti è permessa qualsiasi cosa). Efraim era morto di dispiacere poco tempo dopo che era stato licenziato dal lavoro, per motivi razziali. La mamma, a causa della guerra, era tornata da Parigi, dove studiava storia dell’arte, e si era maritata con il primo funzionario che glielo aveva chiesto, un povero subalterno e dipendente di Mache, e si atteggiava come Madame Bovary nell’appartamento affittato in strada Sp˘atarul (la casa di via Delle Piante era stata nazionalizzata), mentre la nonna si occupava della casa, obbediente alla figlia e al genero, così come lo era stata anche a Mache. Del benessere dei vecchi tempi non era rimasto più nulla. Vivevano grazie ad un unico salario. Gli specchi con le cornici di mogano erano stati ceduti alla lattaia per saldare il conto mensile del latte, con il pianoforte si era pagata la riparazione del tetto, mentre l’anello di fidanzamento della nonna si era trasformato in un carro di legna, poiché la nuova abitazione era molto fredda. Là era nata Alice, in anni di stenti. Per quello forse, imitando i bambini del vicinato, rosicchiava con avidità . Alice in barriera Vergul prugne selvatiche verdi e fiori di acacia, le more e il miele, perfino l’acetosella con il gusto di pipì di gatto nel sagrato della chiesa Udricani. « Che usanze, Signore, ecco per cosa mi sono venduta i cucchiai d’argento con il monogramma, per prendere il burro al mercato nero! » si lamentava la mamma con la signorina Tiberiu, mentre provava una gonna modificata. Di notte, la nonna si recava da un affarista di V˘ac˘are¸sti, con l’orologio da taschino di Mache, oppure con la trousse di viaggio della mamma e quello tirava fuori da sotto il letto un kilo di farina e qualche uovo. Cosa ne sapeva Alice, che correva tutto il giorno attorno ad una piazzetta con la rotonda in pietra, giocava a nascondino negli scantinati con Mioara, Duzi e Nelu e faceva a botte con quella brutta di Rozana e con Orlik, degli spioni con i cui genitori la mamma si incontrava. « Glie–lo–dico–a–tua–madre », scandivano loro in coro, quando vedevano Alice saltare il recinto nel cortile che dava su Udricani, in quello dell’industriale Stadecker, il fuggiasco. Attraverso dei nascondigli nel cortile lastricato dell’industriale, ombreggiato dalla casa imponente con le imposte chiuse, si potevano tuttavia scoprire dei tesori, mentre l’introdursi in quello spazio vietato equivaleva ad un atto di coraggio. Da lì Alice è tornata a casa, in un mezzogiorno d’estate, con un libricino umido in tedesco, trovato in un cassonetto dell’immondizia. « Romantische Märchen — ha letto la mamma le lettere in gotico — von Wieland–Goethe–Novalis mit Originallithographien von Julius Zimpel ». Dalla voce sembrava affascinata, ah, il romanticismo tedesco, Sturm und Drang, Frau Loebel, dalla Scuola Ortodossa dove aveva conseguito la maturità! E la gita a Weimar, e lo studente in medicina Bruno a Parigi, che le recitava passaggi del Faust! Sfogliava Appuntamento a Parigi assorta il volumetto, sorridendo. Una di quelle Originallithographien presentava una donna con larghi calzoni orientali trasparenti e a seno nudo, distesa, mentre un signore buffo, con i pantaloni corti e i riccioli legati con un fiocco, sembrava volesse lanciarsi in un corpo a corpo con la donna. Il libro si apriva sempre nello stesso punto perché Alice aveva studiato con attenzione tutta la mattina quella fotografia. La mamma è impallidita, il sorriso è scomparso, ha strappato il foglio e lo ha rotto a pezzettini. Poi ha rivolto lo sguardo ad Alice con un’espressione scrutatrice e disgustata. La bimba si è sentita in dovere di tranquillizzarla: sapeva cosa faceva quella della fotografia, glielo aveva spiegato Mioara, che aveva visto Filip il matto e Fira la stracciona lanciarsi così in un corpo a corpo e le aveva promesso che avrebbe portato anche lei a vedere. Fira stava là, vicino a “Braghe calate”, ma prima doveva stare all’erta quando arrivava Filip da Fira e aveva portato una cassetta, una cosa simile, sulla quale salire fino alla finestra rotta. Alice credeva che alla mamma fosse andato qualcosa di traverso. Inspirava profondamente l’aria nel petto, la pelle del collo le si arrossò, mentre gli occhi sembravano uscire dalle orbite. « Sei più cattiva di Tanzarà » ha urlato soffocandosi — « Non sei la mia bambina, in barriera Vergul è il tuo posto, una persona volgare, così non ti vedrò mai più! ». La nonna, impaurita dagli strilli, venne dalla cucina, con un coltello e una carota da pelare in mano. Alice cercava aiuto in lei, ma quando questa si rese conto di cosa si trattava, la carota le cadde sul tappeto e sussurrò esausta: « Vattene, sparisci! ». Alice non le aveva mai viste così arrabbiate. Di solito, quando una bisticciava, quell’altra la baciava. Ora davvero
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