ALL’INTERNO SPECIALE STORIE&IMPRESE SAPER VIVERE LA GRANDE NAPOLI Anno IX - numero 12 - dicembre 2014 61 ripresa 83 ricchezza www.chiaiamagazine.it distribuzione gratuita 12 lavoro IL TERNO SCACCIA CRISI IUPPITER EDIZIONI OBLÒ Top Hair diventa «I barbieri» “Top hair”, lo storico barbiere del quartiere chic di Chiaia, aperto dall’aprile del 1990, cambia nome e diventa “I barbieri”. Stessa location (via dei Mille 59), stessa prefessionalità e competenza, che si basa su attenzione al cliente e utilizzo di prodotti di qualità. Franco Risidi e Nevio Dalia, i due soci e maestri delle forbici, acconciatori ma anche un po’ “creativi”, vi aspettano nel loro accogliente salone per sperimentare e coccolarvi. Un saluto a «Peppino Mauro» Il primo novembre ha abbassato definitivamente le serrande dopo 53 anni di attività “Peppino Mauro”, il rinomato salone di parrucchiere per signora di via Carducci 50, a Chiaia. Era stato aperto il 26 novembre 1961. Tantissime le clienti affezionate (mamme, figlie, nipoti) accorse da ogni quartiere della città per salutare Peppino Mauro e la bella moglie Antonella. Non un semplice negozio di coiffeur ma un “salotto” frequentato tra l’altro, sin dagli anni Sessanta, da alcune delle signore più significative della città, tra le quali anche molte ex alunne del vicino “Sacro Cuore” di piazza Amedeo (l’esclusiva scuola di formazione per sole donne, poi trasformatasi in conseguenza dei cambiamenti sociali innescati dal Sessantotto). Prima le alunne, e poi le figlie, e poi anche le nipoti, nel corso degli anni accolte da Peppino e dalla bella moglie Antonella in un’atmosfera sempre gradevole, serena e rasserenante; con semplicità e discrezione. Frammenti di identità di un quartiere che scompaiono. L’INIZIATIVA DI IUPPITER EDIZIONI Continua con grande successo la campagna di sensibilizzazione «Più librerie e meno pensiero fritto», che Iuppiter Edizioni ha lanciato due mesi fa con un adesivo (nella foto), distribuito in tutti i punti di aggregazione culturale della città. L’iniziativa punta ad incentivare la lettura e a difendere le librerie. Nei prossimi mesi, come già annunciato dagli editori, verranno diffusi video virali, altri adesivi di pensiero e, successivamente, verrà prodotto il cortometraggio dal titolo «La rivolta dei libri». Nel 2015, poi, partirà la nuova rivista «Occhio di carta», dedicata interamente alla lettura. Mentre la città assiste inerme alla chiusura dei suoi storici presidi culturali, Iuppiter Edizioni si attiva per ribadire l’importanza del libro, nella convinzione che c’è bisogno di lavorare per una Napoli che abbia, appunto, «più librerie e meno pensiero fritto». Il Suor Orsola e la Napoli DEI VICERÈ Per quanto ci si sforzi di parlare bene di Napoli, bisogna ammettere che ogni buona intenzione diventa sempre più impraticabile. Mentre altrove, realtà urbane e metropolitane costrette a misurarsi con le più urgenti problematiche - lavoro, ambiente, grandi progettualità - sono riuscite ad imboccare convincenti direttrici inclusive e di sviluppo policentrico, qui siamo ancora all’anno zero. Dopo abbuffate di dibattiti, litigi, epurazioni, siluramenti, rimpasti, un’infinità di annunci sul futuro - una parola che infastidiva tanto Benedetto Croce nel vederla “usurata” come copertura di un presente inerte - la “Città promessa” resta un miraggio. Non c’è una sola opera che metta ottimismo. In ginocchio anche il terziario, l’unico comparto su cui si è sempre retta questa città, ormai alla frutta. Lo testimonia l’ultimo rapporto della Caritas che dà in drammatica crescita l’esercito dei diseredati, ingrossato da artigiani, ex professionisti ed ex dirigenti in fila nelle varie mense caritatevoli per rimediare un piatto caldo e sfamarsi. “In fila per tre e il resto di due”, purtroppo bisogna dire con un popolare motivo dello Zecchino D’oro. Di chi la colpa? Un quadro del genere non spunta mica dalla sera alla mattina, è la conseguenza di anni di abbandono o d’altro. Finalmente su Napoli e dintorni la verità ora sembra più vicina. Grazie a un’idea di Paolo Mieli, presidente della Scuola di Giornalismo del Suor Orsola Benincasa, i suoi “giovani discenti” presto ci doneranno il saggio-dossier verità che mancava: “La Napoli dei Vicerè”. Non quelli spagnoli del ’600 ma quelli nostri, i “prodotti tipici” del secolo scorso, cioè Gava, Di Donato, Di Lorenzo e Pomicino. Solo sui Vicerè? Perché non anche sui “due re del regno di Napoli” Bassolino e De Mita? L’editoriale Aspettando la ripresa tra parole di prestigio e presepi pagina 3 Il paginone Non ci resta che un terno: le giocate di Natale pagine 4-5 Primo piano Campagna contro i fuochi d’artificio: vademecum per non «saltare in aria» pagina 7 Itinerari Viaggio tra i segreti e i tesori del Museo di San Gennaro pagina 9 Quartierissime Musica sociale, il Natale dei «Sancarlini» pagina 15 La riflessione Letteratura e Natività: perché Gesù Bambino è nato a Napoli pagina 17 Divinazione Il periodo magico del Solstizio d’estate pagina 19 Saper Vivere LUISA RUSSO Amarcord di una «bella giornata»: il docufilm su Raffaele La Capria pagina 27 L’arte presepiale conquista Chiaia Caro direttore, sono stata piacevolmente colpita, passeggiando qualche giorno fa per Chiaia, nel notare che Ferrigno, caposcuola dell’arte presepiale napoletana, ha aperto in via Calabritto un suo punto espositivo per il periodo festivo. Pur trattandosi di un temporary store, mi ha reso felice l’idea di vedere la tradizione del Natale fuoriuscire dai confini del centro storico napoletano e avvicinarsi ad un quartiere che, luminarie ed esposizioni commerciali a parte, non ne era mai stato investito così nel cuore. ANNA AUTIERO (2) n u m q u a m SAPER VIVERE LA GRANDE NAPOLI Anno IX n. 12- Dicembre 2014 Direttore responsabile Max De Francesco Caporedattore Laura Cocozza Redazione Armando Yari Siporso Livia Iannotta Progetto e realizzazione grafica Fly&Fly h o r u m CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 c e d e t Società editrice IUPPITER GROUP S.C.G. Sede legale e redazione: via dei Mille, 59 - 80121 Napoli Tel. 081.19361500 - Fax 081.2140666 www.iuppitergroup.it Presidente: Laura Cocozza Stampa Centro Offset Meridionale srl - Caserta SOS CITY Reg. Tribunale di Napoli n° 93 del 27 dicembre 2005 Iscrizione al Roc n°18263 © Copyright Iuppiter Group s.c.g. Tutti i diritti sono riservati Per comunicati e informazioni: [email protected] Responsabile area web Massimiliano Tomasetta Pubblicità (Tel. 081.19361500) Michele Tempesta (392.1803608) l u x Si ringraziano Tony Baldini per la consulenza grafica e l’Archivio Ruggieri Lancia il tuo Sos, indica disservizi e problemi del tuo quartiere e proponi soluzioni per rendere più vivibile la città. Contiamo su di te. Le lettere, firmate con nome e cognome, vanno inviate a «Chiaia Magazine» - via dei mille, 59 80121 Napoli, oppure alla e-mail [email protected] L’EDITORIALE PAROLE DI PRESTIGIO Max De Francesco Natale in bianco. Nessuna stella cometa nel cielo della ripresa. Un anno fa, di questi tempi, si sperava in risalite economiche e nei re magi della crescita, ma i conti continuano a non tornare. L’allora premier Letta, dopo il passaggio a vuoto dell’inquietante Monti e la vittoria di Pirro del Pd di Bersani, lanciò il “governo di servizio” per mettere in sicurezza un Paese ferito a morte. Fino all’ultima cifra, ricordiamo la guerra dei numeri che i lettiani, un Natale fa, combattevano, a suon di report e percentuali, per dimostrare a un popolo dalle tasche vuote che «la ripresa è a portata di mano». Erano visioni. Il 2014, disintegrato Letta, ha visto l’avvento, impetuoso e sospetto, del prodigioso Renzi in un’Italia che da stivale è ormai ridotta ad un calzino. L’ex sindaco di Firenze ha determinato la fine della sinistra storica e la nascita della “renzistra”, ovvero una a-sinistra rassicurante e giovanilistica, menefreghista e dialogante con il demone di Arcore. Annotiamo i primi cambiamenti: stop a Fossati e De Gregori, via libera ai Negrita e a Jovanotti. D’Alema gentilmente accompagnato nel lebbrosario della politica. Abolizione dei capelli bianchi, sì alle tinture color terra di Siena. Nuova gestione delle ospitate nei talk show a cura del nucleo “Leopolda”. Conversione riuscita dell’ex bersaniana Moretti, scettro televisivo alla miss pasionaria Maria Elena Boschi. Massiccia revisione del linguaggio propagandistico: apertura netta agli inglesismi, obbligo del gergo informatico, utilizzo ossessivo di citazioni letterarie e cinematografiche con visione di sequenze motivazionali ed emozionali di film nel corso di eventi e workshop, propensione strategica al soliloquio pieraccionesco, smodato uso di metafore calcistiche (Renzi: «Se mi avete dato la fascia di capitano di questa squadra non passerà giorno senza lottare su ogni pallone»; ancora: «Non stiamo cambiando campo, stiamo solo cambiando i giocatori che hanno dato tutto e vanno sostituiti»). La renzistra si è data 15 anni per cambiare il Paese. Qualcosa non andrà secondo i programmi e si scivolerà verso il ventennio. Ci risiamo. E la ripresa? Neanche i renziani la vedono o, imitando il capo, parlano di “segnali incoraggianti” e battono, con ossessione, sulle taumaturgiche 80 euro e sul totem delle riforme. Basta una breve passeggiata tra la gente, o come diceva Longanesi, un mezzoretta in autobus, per capire come stiamo combinati. Giorni fa i dati diffusi da Codacons e Confesercenti hanno fugato ogni dubbio sul clima delle feste. La spesa degli italiani nell’intero periodo natalizio non supererà i 9,8 miliardi di euro. Nel 2007, invece, spendevamo 18 miliardi: ciò significa che in sette anni abbiamo ridotto i consumi legati alle feste del 45,5%. Implacabile 2014: solo un italiano su due (il 51%) ce la fa ad arrivare alla fine del mese, mentre il 36% non riesce a superare la terza settimana e il 13% la seconda. Sette anni fa la percentuale di italiani che dichiarava di avere un reddito sufficiente per tutto il mese era del 64%, oltre 6 milioni di persone in più. Siamo in caduta libera e non è più tempo di parole di prestigio né di cilindri da cui tirar fuori i conigli dell’illusione: se non si studia un piano “rivoluzionario” per la rete delle piccole e medie imprese, con l’introduzione, ad esempio, di aree territoriali detassate, non c’è speranza che tenga. Anche le stelle remano contro: secondo un pool autorevole di astrologi, la ripresa economica non avverrà prima del 2020. Intanto a Napoli, città in cui comunque in ogni padella friggerà un pezzo di baccalà e nessuno rinuncerà a una manciata di struffoli, il Natale è sospeso. Dopo il caffè, il sindaco e il buonsenso, anche le festività vivono un momento di sospensione. Se il Napoli il 22 dicembre vincerà la Supercoppa in Qatar contro la Juventus, il Natale avrà un altro senso, un altro sapore. Nell’attesa del tepore azzurro, chi non vive crisi e rinnova la sua magia è il presepe. Fortunatamente è stata smentita la previsione del 1959 di Mimì Rea che scrisse: «Il presepe ci bastava, ci riempiva, ci ricollegava alle favole. A causa della strepitosa diffusione dell’albero, ho il timore che resterà all’impiedi solo il presepe di San Martino». Qui l’albero di Natale non ha vinto. In città il popolo dall’anima di terracotta continua a palpitare tra il muschio e il sughero. Passeggiare tra le splendide Natività, ammirare le osterie costruite dai maestri presepiali è uno spettacolo. Chiudiamo con due parole sulla prima pagina. Abbiamo piazzato il beneaugurante «scaccino», mitica figura partenopea addetta a scacciare le negatività non con parole di prestigio ma con tocchi d’incenso e formule antiche. Per gli amanti del lotto, invece, c’è il terno “scacciacrisi”. Non si sa mai. Se dovesse uscire, la ripresa si avvicina. Buon Natale. CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 (3) IL PAGINONE LE GIOCATE DI NATALE Benedetti terni Sfiancati dalla Tasi e logorati dalla crisi, i napoletani corteggiano la Dea Fortuna Il bilancio del 2014? Eccolo in 13 giocate tra ironia, cronaca, delusioni e speranze a cura di Livia Iannotta D iamo i numeri. C’è chi li dà dopo aver fatto una fila chilometrica per ricevere la «mazzata» Tasi, chi li dà sul Napoli che arranca e barcolla al San Paolo, chi li dà sullo scandalo Mafia Capitale o sulle bonifiche fantasma a Bagnoli. A Napoli i numeri si danno per mille ragioni, a volte buone, a volte cattive: ma quelli che mettono tutti d’accordo sono i numeri da giocare al lotto. Una mania collettiva e trasversale a tutti i ceti sociali: l’azzardo, la sorte e la smorfia sono nel Dna dei partenopei. Così Chiaia Magazine, come ha fatto gli scorsi anni, anche stavolta dà i suoi numeri fortunati, legati a fatti e personaggi del 2014. Tredici giocate sul filo dell’ironia: dal terno di San Rafè Benitez per vincere la Supercoppa alle vagonate di illusioni di Matteo Renzi. (4) CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 CURIOSITÀ Sono due le tesi più gettonate sul perché il gioco dei giochi si chiami «lotto». La prima: la parola deriva dal tedesco «hleut», un oggetto particolare che veniva lanciato in aria per risolvere, affidandosi al caso, controversie patrimoniali fra membri di tribù; la seconda: il termine ha origine dal francese «lot», che significa premio, sorte. Il lotto? Tassa dei sogni, «unico grande irrinunciabile patrimonio dei poveri», scrive Vittorio Paliotti. 65 - 55 - 72 IL TERNO DI BAGNOLI Si gioca sullo scempio dell’area ovest di Napoli. I numeri? 65, 55 e 72. 65 come i milioni mangiati per la bonifica inganno. 55 come la salute, quella che ci hanno tolto. 72 come il commissario straordinario che si attende dal Governo per sciogliere l’affaire Bagnoli. 27 - 24 - 3 IL TERNO DEL PIPITA Omaggio al fuoriclasse azzurro Gonzalo Higuain. Ecco i numeri: 27 come gli anni dell’attaccante argentino; 24 come le reti che ha segnato finora con la maglia del Napoli; 3 come le squadre in cui ha giocato dal suo esordio nel calcio. 42 - 24 - 36 IL TERNO SOSPESO A Napoli vanno di moda le sospensioni. E allora giochiamocele. I numeri: 42 e 24, come il caffè e la pizza “sospesi”, ovvero la pratica, tornata in voga, di pagare una consumazione in più per uno sconosciuto bisognoso. E 36 come il sindaco, congelato per un mese dopo la sentenza di condanna in primo grado nell’inchiesta Why not. 3 - 16 - 1 IL TERNO DELLA TASI Se si gioca sulla maxi stangata, i numeri vincenti sono: 3, come l’aliquota imposta dal Comune di Napoli; 16 come la data di scadenza di dicembre per il pagamento della seconda rata; 1 come il miliardo di incasso per lo Stato stimato a fine anno. 4 - 31 - 47 IL TERNO DEL FORUM FLOP Dedicato alla kermesse della cultura mondiale ospitata da Napoli, così depauperata che sembra diventata una festicciola rionale. I numeri: 4, 31 e 47. 4 perché questa è la quarta edizione. 31 come balla, quella che pretendono di farci digerire, parlando di megavento e di bilancio positivo. 47 è la figuraccia, questa sì sicuramente mondiale. 10 - 60 - 53 IL TERNO DELL’ILLUSIONISTA Omaggio al rottamatore Renzi, il premier più giovane d’Italia. I numeri da giocare: 10 come l’illusione, quella con cui ha imboccato gli italiani tra “manovrine” e promesse disattese; 60 come l’Europa, campo di battaglia della sua grande sfida; 53, il fondo, quello che tocchiamo se fallisce anche lui. 24 - 30 - 19 IL TERNO DEL CAPITONE Giochiamo il piatto della tradizione. I numeri del capitone? 24 come la Vigilia, quando non si fa mai mancare in tavola. 30 come l’usanza, che i napoletani rispettano e tramandano. 19 come la sfortuna, la malasorte che, servendolo al cenone, si tenta di esorcizzare. 61 - 60 - 42 IL TERNO DELLA “BELLA GIORNATA” Dedicato allo scrittore Raffaele La Capria. I numeri da giocare? 61 come l’anno in cui venne pubblicato “Ferito a morte”. 60 come l’emigrato come il protagonista Massimo De Luca che abbandona Napoli per trasferirsi nella capitale. 42 come la pesca subacquea, quella con cui riempiono le giornate i damerini del romanzo. pagare ai turisti per entrare a via San Gregorio Armeno; 21 come i pastori col gregge. 2 - 57 - 6 Il terno del sindaco 10 - 44 - 3 IL TERNO DI SAN RAFE’ BENITEZ Dedicato a Rafael Benitez, il mister subito santo che ha fatto gol nel cuore dei tifosi azzurri. I numeri: 2, 57, 6. 2 come le stagioni trascorse da allenatore del Napoli. 57 come la speranza, quella che i napoletani hanno riposto nel tecnico madrileno. 6 come gli anni vincenti alla guida del Liverpool. 86 - 12 - 90 IL TERNO DEL PARCHEGGIATORE Per tutti i posteggiatori in agguato nei punti strategici della città. Ecco i numeri: 86, 12 e 90. 86 come l’abusivismo; 12 come l’ordinanza emessa dal Comune di Napoli per inasprire le sanzioni; 90 come la paura, quella di danni all’auto se non si asseconda la loro pretesa di spicci. 37 - 18 - 29 IL TERNO DEI FALSARI Napoli capitale dello smercio di euro falsi. Da giocare: 37 come la moneta falsa messa in circolazione dalla banda “Napoli Group” sgominata; 18, l’ambasciata, come venivano chiamate tra i falsari le banconote; 29 come gli arresti che dall’operazione dei carabinieri sono scattati. Il terno del Pipita 27 - 24 - 3 10 - 44 - 3 IL TERNO DEL SINDACO Porterà bene sfidare la fortuna sul primo cittadino? I numeri: 10, 44 e 3. 10 come la condanna, quella ricevuta in primo grado per abuso d’ufficio; 44 come la strada, in cui era finito da sospeso autoproclamandosi sindaco della gente; 3 come gli anni che ha trascorso da inquilino di Palazzo San Giacomo. 4 - 1 - 21 IL TERNO DEL PRESEPE Non c’è Natale senza presepe. Soprattutto a Napoli. I numeri: 4, 1 e 21. 4 come il teatro, quello di Eduardo che attorno al presepe fa ruotare il celebre “Natale in casa Cupiello”; 1 come l’euro che l’associazione Corpo di Napoli vorrebbe far CHIAIA MAGAZINE •DICEMBRE 2014 (5) (6) CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 PRIMO PIANO FUOCHI DARTIFICIO, CAMPAGNA DI PREVENZIONE DI CHIAIA MAGAZINE Vademecum per non «saltare in aria» Anche quest’anno Chiaia Magazine lancia la campagna «Dammi il cinque. A Capodanno brinda ma non saltare in aria», volta a sensibilizzare la città sul problema della «guerra pirotecnica» che infiamma Napoli, puntuale, all’alba di ogni nuovo anno. E lo fa dedicando un articolo agli interventi di prevenzione messi in atto nel capoluogo campano, dal 1995 ad oggi, per arginare i danni provocati dallo scellerato rito dei fuochi, curato da Mariano Marmo (nella foto), responsabile del Piano di Prevenzione lesioni da esplosione A.O.R.N. “A. Cardarelli” di Napoli. In più pubblichiamo un vademecum, utile a piccoli e grandi, per evitare rischi e spiacevoli sorprese, tratto dal dal numero di dicembre 2013 del Bollettino dell’Ordine dei Medici di Napoli. «Ogni anno, in occasione della notte di S. Silvestro, si consuma il rito effimero di “festeggiare” l’inizio del nuovo anno facendo esplodere tonnellate di materiale pirotecnico. Si tratta di una usanza che in alcune città, come Napoli, raggiunge livelli di esasperazione, rivelando una evidente aggressività interiore. Quello dei botti clande- stini è un giro d’affari che in Italia vanta un fatturato di 40 milioni di euro. E che fa registrare, nei giorni di fine anno, una media di 700-900 feriti di gravità variabile e non sono rari i decessi. Oltre ai casi clinici rappresentati da pazienti con patologie cardio-respiratorie che affluiscono al pronto soccorso per l’inalazione passiva di esalazioni di zolfo combusto, vi sono le conseguenze più varie delle esplosioni e delle ustioni sull’uomo. Dal 1995, un gruppo di anestesisti-rianimatori dell’A.O.R.N. “A. Cardarelli” iniziò, per primo, una campagna dissuasiva rivolta al pubblico che aveva accesso all’ospedale. L’anno successivo il piano di prevenzione fu rivolto alle scuole dei quartieri che avevano registrato il maggior numero di feriti tra la popolazione infantile. Dal 2000, l’iniziativa fu amplificata con la presenza dei Nuclei degli Ar- tificieri dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato. Dal 1995 al 2012 sono state visitate più volte, nei 17 anni del piano di prevenzione, 125 scuole medie dei quartieri più colpiti da questa deteriore tradizione con un coinvolgimento di una popolazione studentesca di 68000 unità di età compresa tra i 9 e i 14 anni. L’impatto emotivo dei giovani studenti è stato uniforme. È opinione congiunta di medici, Carabinieri ed artificieri della Polizia di Stato che non vi sia stata una reazione negativa alle immagini cruente presentate; nella maggior parte dei casi forte è stata la curiosità, pochi episodi di sfida e/o di ostruzionismo, molti i casi in cui il danno fisico era argomento già tristemente conosciuto per esperienze vissute da familiari o da amici. I risultati ottenuti durante i 18 anni di attività di prevenzione presso le scuole cittadine, e alcune della provincia di Napoli, hanno determinato una tangibile flessione del numero dei feriti nella popolazione adulta ed infantile». Regole salvavita. Ma cosa fare in concreto per non “saltare in aria”? Ecco una lista di semplici ma preziosi consigli, per grandi e piccini. 1. Non permettere ai bambini più piccoli di giocare con fuochi d’artificio. La stellina di Natale, considerata innocua, brucia a 300 gradi e oltre a procurare lesioni da contatto può incendiare abiti o tendaggi. 2. Non permettere ai bambini più grandi di correre mentre giocano con i fuochi in mano. 3. Accendere i fuochi d’artificio in un’area aperta lontano da materiale infiammabile (depositi di combustibile o scatole con il resto dei fuochi). 4. Tenere a portata di mano un secchio d’acqua per l’emergenza e per spegnere i fuochi mal funzionanti. 5. Impedire in ogni modo che i bambini raccolgano fuochi trovati in strada nei giorni successivi alla notte del 31/12. 6. Non tentare di riaccendere i fuochi mal funzionanti: immergili, per un po’ di tempo, per renderli innocui. 7. Non accendere i petardi in contenitori di vetro o metallo, perché si frantumano in schegge. 8. Rafforzare la proibizione della vendita di fuochi illegali: cipolle, tric trac, rendini ecc. 9. Ripulire le strade la mattina presto del primo dell’anno dai resti dello “sparo” di mezzanotte. CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 (7) (8) CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 ITINERARI IL DIRETTORE LA CURIOSITÀ Paolo Jorio, regista, giornalista e conduttore radiofonico napoletano è il curatore del progetto che ha portato, nel 2003, alla nascita del museo di San Gennaro che attualmente dirige. Il suo sguardo è da sempre rivolto alla propria città e ai modi migliori per comunicare al mondo tutti i valori che Napoli e la Campania possono offrire dal punto di vista culturale, storico e artistico. Nel 2010 ha vinto il Premio Sergio Nigro. Dopo l’esposizione a Parigi il museo ha avuto un incremento del 37% di visitatori francesi. Ora, il sindaco di New York - Bill de Blasio - originario di Sant’Agata dei Goti, ha chiesto di esporre la mitra nella città statunitense in occasione del Columbus day, giornata dell’orgoglio italo americano. New York è la seconda città al mondo per numero di fedeli devoti al vescovo e martire patrono di Napoli. VIAGGIO TRA I SEGRETI E I TESORI DEL MUSEO DI SAN GENNARO La mitra del Santo presto a New York Mariangela Ranieri Paolo Jorio, regista, giornalista e conduttore radiofonico napoletano. Ha collaborato con diverse testate, tra cui Rai Radio 2, Radio Kisskiss, la Repubblica e molte altre ancora. Nel 2010 ha redatto un manuale tout court sul mondo della comunicazione radiofonica. Dal 2003 è direttore del Museo di San Gennaro, simbolo e punto nevralgico della storia della città di Napoli. Nel 2011 ha vinto il premio Sergio Nigro nel campo della valorizzazione e tutela dei Beni artistici e culturali in Italia. Paolo Jorio è, oggi più che mai, impegnato nel comunicare ciò che la Campania e, a buon merito, la nostra città è orgogliosa di offrire. Come nasce, come si sviluppa e cosa testimonia il museo da lei diretto? Il museo apre nel 2003, dopo 7 anni di lavoro e dopo aver convinto la Deputazione della Cappella di San Gennaro (istituzione laica che da 7 secoli custodisce il Tesoro) della bontà del progetto. La struttura è stata situata in via Duomo, perché oltre a contestualizzare gli oggetti, ha nel suo percorso anche le sagrestie che per 4 secoli non sono mai state aperte al pubblico, un valore aggiunto incredibile. Il museo rappresenta la sintesi della maestria, della capacità, dell’organizzazione, della fantasia della cultura napoletana ed è l’espressione della straordinaria fede di un popolo. Il fatto che la Cappella non sia un bene della curia arcivescovile rappresenta un ostacolo o un punto di forza per eventuali progetti del museo? La Cappella è un luogo di culto quindi è giusto che vi siano i prelati eletti dalla Deputazione che facciano da riferimento alla curia. Non dimentichiamo, infatti, l’aspetto sacro della figura di san Gennaro, con una devozione popolare fortissima. La casa nella quale è ospitato è invece della città di Un particolare della mitra di San Gennaro, custodita nel Museo dedicato al patrono di Napoli a via Duomo. Nella foto è ben visibile il prezioso rubino che rappresenta il sangue del martire. Napoli e credo che sia il binomio più incredibile che possa esistere al mondo. Dunque, l’aspetto liturgico è ovviamente della curia, l’aspetto che possiamo definire di custodia, devozionale, di arricchimento e realizzazione della Cappella è della città di Napoli, rappresentata dalla Deputazione. Quindi, essendo la Deputazione indipendente e laica, non c’è nessun ostacolo. Ciò che però bisogna ricordare, ripeto ancora una volta, è il rispetto per la fede. Che valore ha il tesoro dal punto di vista storico e materiale? Dal punto di vista storico è qualcosa di unico al mondo, ha inizio nel 1305, quindi dal Busto di San Gennaro fino ai giorni nostri, in quanto alcune donazioni sono arrivate anche di recente. Oggi comprende 21.610 capolavori di valore inestimabile. È poi capacità della Deputazione e del popolo napoletano di non aver mai finanziato una guerra, quindi il tesoro è intatto, non è stata mai subita spoliazione, nemmeno con le leggi eversive dei Savoia del 1861, né tantomeno abbiamo mai subito un furto. I visitatori sono più italiani o stranieri? Si avverte il senso di appartenenza dei napoletani? Fino all’anno scorso c’era una maggioranza di visitatori “stra- nieri” e con stranieri intendo anche extraregionali. Da quest’anno è aumentata l’affluenza dei napoletani. A volte bisogna allontanarsi per poi rendersi conto di ciò che si ha proprio sotto il naso. Quali sono i caratteri peculiari del culto di San Gennaro? Chi sono le parenti di San Gennaro? Le parenti di san Gennaro sono un fenomeno nel fenomeno, sono delle persone che ritengono di essere lontane parenti di Eusebia, colei che raccolse il sangue di San Gennaro, in quanto era comune fra i parenti più prossimi dei giovani cristiani martirizzati raccogliere il sangue e deporlo nelle ampolle, infatti non è un caso che sia stato trovato il sangue vicino al corpo di San Gennaro. Queste signore, che animano il Duomo nel giorno del miracolo, sono, invece, probabilmente discendenti della gens ianuaria o molto più semplicemente sono di un quartiere di Napoli, Immacolatella, che è quella stele che sta di fronte al porto dell’Immacolata. Dal punto di vista antropologico, il canto che intonano ha origine antichissima, che i greci attribuivano a un rito per far rinascere il figlio. E san Gennaro è il figlio di Napoli. Pezzo forte del tesoro è la mitra del Santo: chi ne fu l’artefice? Chi l’ha commissionata? Qual è il valore materiale, storico e cosa rappresenta per la città di Napoli? Commissionata dalla Deputazione, è stata realizzata da un orafo poco conosciuto prima dell’apertura del museo ma, per molti, addirittura superiore a Benvenuto Cellini, ovvero Matteo Treglia, del borgo degli orefici. Il suo operato può definirsi rivoluzionario perché si è opposto in maniera decisa alla Deputazione che voleva la Mitra decorata solo da perle. L’artista ha utilizzato, invece, 3 tipologie per le 3964 pietre totali. Lo smeraldo, ovvero la conoscenza; il rubino, il sangue del martire e il diamante, che essendo la pietra più dura, rappresenta la fede. Realizzato in un solo anno, con altri 50 orafi, il lavoro è senza precedenti. Verso l’oggetto è nato un senso di appartenenza e vero orgoglio. Ma per la mitra c’è interesse del tutto il mondo. È vero che è stata richiesta anche a New York? Il sindaco de Blasio ha chiesto la mitra a New York, essendo lui di origine campana, e si sta pensando di farla andare per qualche giorno, quasi sicuramente per il Columbus day (fine 2015), giornata dell’orgoglio italo-americano. La seconda città devota a san Gennaro, dopo Napoli, è infatti New York. Quali sono le modalità tecniche e burocratiche degli spostamenti del Tesoro? Non posso rivelarle dal punto di vista tecnico, per motivi di sicurezza. Posso dire che c’è una assoluta sorveglianza e tutela. Ha mai pensato ad una mostra itinerante nella stessa città di Napoli o nei paesi limitrofi? O di inserire la storia del Santo in ambito didattico? Nel 2011 abbiamo già fatto una mostra itinerante nei dintorni, e abbiamo coinvolto 7 strutture museali, purtroppo però, è complicato, in quanto ci sono vincoli dati dalla sicurezza e dalle sovrintendenze. Paradossalmente è molto più facile pensare di fare una mostra a Chicago che a Campobasso o ad Aversa o a Caserta. Quindi io ritengo che via Duomo sia il fulcro a cui tutti devono sentirti appartenenti, perché questo è il cuore pulsante di san Gennaro e del Tesoro. Tuttavia dopo l’esposizione a Parigi abbiamo avuto l’incremento del 37% di visitatori francesi, e questo è un dato indicativo. Per quanto riguarda la didattica, abbiamo un protocollo d’intesa realizzato con il Miur che vogliamo portare a termine, per diffondere questa parte di storia della città nelle scuole, invitando poi gli studenti a visitare il museo. CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 (9) (10) CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 FOCUS INTERVISTA A FABIO CHIOSI Città metropolitana? Caos istituzionale Decentramento amministrativo, manutenzione ordinaria, movida e linea 6: il presidente della prima Municipalità fa un resoconto dettagliato sul 2014 Armando Yari Siporso Il 2014 è agli sgoccioli e, anche per il quartiere Chiaia è tempo di bilanci. In un’intervista esclusiva a Fabio Chiosi - presidente della prima Municipalità - affrontiamo a 360 gradi tutte le problematicità di un anno di amministrazione. Presidente, quello appena trascorso è stato l’anno della “Città metropolitana”. Se e come questo cambiamento influirà in concreto sulla gestione delle municipalità? È prematuro per dirlo perché bisognerà vedere cosa stabilirà lo statuto della città metropolitana. Personalmente ritengo che questa riforma arrivi con oltre 20 anni di ritardo. Inoltre è basata su un provvedimento, la spending review, di contenimento della spesa. Con queste basi credo proprio che non solo gli utenti non riceveranno alcun vantaggio, ma soprattutto si creerà maggiore caos istituzionale e sfarinamento delle responsabilità. E intanto sono passati 10 anni dal “Decentramento Amministrativo”. Può farci un bilancio “dall’interno” di questa rivoluzione? La riforma del decentramento è stata senz'altro una nota molto positiva dell'amministrazione napoletana. Il problema è che dallo scritto non si è passati del tutto ai fatti. Inoltre la politica non ha avuto il coraggio di andare sino in fondo, lasciando le Municipalità come grandi incompiute. In pratica dal centro, da Palazzo San Giacomo, non si sono voluti trasferire i poteri che sono alla base di un corretto decentramento amministrativo. Veniamo ai problemi pratici: con l’inverno e le prime piogge si apre, ogni anno, la questione “buche nelle strade” e “crolli delle facciate degli edifici”. Come è la situazione a Chiaia su questi fronti. Ci sono stati interventi e investimenti per prevenire nuove “voragini”? Il problema della manutenzione stradale è atavico. E la responsabilità è della politica che non ha mai seriamente affrontato la questione. Si deve incidere, come abbiamo spes- Le Municipalità sono delle grandi incompiute. In pratica dal centro, da Palazzo San Giacomo, non si sono voluti trasferire i poteri che sono alla base di un corretto decentramento amministrativo so proposto, sui capitolati d'appalto. Mai più gare con il massimo ribasso che immettono nel circuito ditte scadenti e la lavori di scarsa qualità. Inoltre bisogna impedire agli enti erogatori di pubblici servizi di scavare inusitatamente sulle nostre strade. I metodi ci sono, ma la politica in questi anni non li ha mai voluti adottare, temendo scossoni forse ingovernabili. La situazione attuale è la rincorsa all'emergenza. In più il Comune abolendo di fatto le manutenzioni ordinarie si è affidato alla Napoliservizi che, obiettivamente, non aveva e non ha ancora competenza ed esperienza nel campo. Ci sono novità sul crollo del palazzo a via Riviera di Chiaia 72, avvenuto nel marzo 2013? La relazione dei periti della Procura ha ravvisato connessioni con i lavori per Al quartiere servono parcheggi interrati e sostenibili dispositivi di traffico. Mi appello ai parlamentari napoletani perché presentino una proposta di legge per configurare di nuovo il reato di parcheggiatore abusivo la linea 6 della metropolitana. Cosa può dirci sul punto? Cosa accadrà su quel tratto di strada da troppo tempo oggetto di lavori? Che tempi sono previsti per il ritorno alla normalità? È presto per dirlo. È necessario attendere le sentenze per stabilire le reali responsabilità. È ovvio che comunque la presenza del cantiere abbia giocato un ruolo fondamentale. Quando sarà completata quella fermata della linea 6? Si spera che i lavori della linea 6 terminino entro la fine del 2017. Ordine pubblico e sicurezza nella Municipalità. Com’è la situazione? Può darci qualche dato sul numero di forze dell’ordine impiegate, su come è gestita la sicurezza nella Municipalità? Di giorno il nostro territorio è adeguatamente presidiato. Il problema lo riscontriamo la notte, allorquando le pattuglie diminuiscono sensibilmente. Poiché il nostro territorio è preso d'assalto anche per il divertimento notturno, la cosiddetta movida, è necessario un impegno maggiore utilizzando, perché no, anche l'Esercito. In attesa dell’esercito, si apprende spesso di operazioni delle forze dell’ordine nelle zone della movida del quartiere che, specialmente nei weekend, portano ad accertare decine di automobilisti e motociclisti sprovvisti di patente e centinaia di veicoli privi di assicurazione: è così diffusa questa forma di illecito nel quartiere? È diffusa nel quartiere nella misura in cui il quartiere stesso è “preda” di orde di giovani provenienti da ogni parte di Napoli e provincia. Per non parlare dei parcheggiatori...la presenza degli abusivi è una costante della mobilità del quartiere. Come la Municipalità e il Comune affrontano il problema? Che soluzione prospetta e si auspica sul tema? Il problema è ormai di carattere legislativo. Con l'abolizione dell'articolo 121 TULPS non è più reato fare il parcheggiatore abusivo. Al massimo si può incappare in una sanzione amministrativa (il più delle volte inutile in quanto i soggetti risultano nullatenenti) e nel sequestro degli illeciti proventi (ben occultati dai soggetti). Approfitto di questa intervista per lanciare l'ennesimo appello ai parlamentari napoletani perché, al di là degli schieramenti, presentino una proposta di legge per configurare nuovamente il reato di parcheggiatore abusivo. Ma la mobilità del quartiere potrebbe davvero fare a meno dei parcheggiatori, in assenza di più civili (e lecite) alternative a quello che può essere considerato un vero e proprio “pizzo” sulle autovetture? Il quartiere ha bisogno di parcheggi interrati. I progetti ci sono ma una certa ideologia di sinistra ne ha bloccato la costruzione facendoci perdere, ad oggi, oltre 20 anni di tempo rispetto alle altre città d'Italia. Sul fronte della mobilità i cittadini devono aspettarsi novità sulla gestione del lungomare e delle ZTL per il periodo natalizio e per il nuovo anno? La novità del lungomare pedonalizzato è stata una iattura, non solo per il quartiere ma per tutta la città. Francamente spero non arrivino altre novità come questa. Quando questa scellerata amministrazione non ci sarà più si potrà ragionare serenamente e varare dispositivi di traffico sostenibili per tutti. La Municipalità ha previsto particolari iniziative per il periodo delle feste natalizie? Non avendo fondi a disposizione ci siamo affidati alle iniziative organizzate da privati, cui offriamo il sostegno logistico. CHIAIA MAGAZINE •DICEMBRE 2014 (11) SOLLECITAZIONI MAGISTRATURA E SCIENZA Tempo fa lessi l'ottima ricostruzione fatta dall'astrofisico Giacomo Cavallo riguardante il modo di ragionare “strampalato” della magistratura che condannò i membri della Commissione Grandi Rischi per il terremoto dell'Aquila. La Corte d'Appello, recentemente, ha, invece, assolto i membri della Commissione perché "il fatto non sussiste". Enzo Boschi, uno degli ex condannati, presidente dell'Istituto di Geofisica e Vulcanologia ha commentato che forse questa sentenza potrebbe dare inizio ad una convivenza tra Magistratura e Scienza. Io ho i miei dubbi, perché sono due mondi lontani in tutto, oltre che nel linguaggio. D'altra parte la sentenza di condanna di primo grado non solo era inficiata perché si cercava un capro espiatorio ma era un modo di ragionare assurdo, ad esempio: il riscaldamento globale ha prodotto l'Effetto Serra; ci sono nuvole, alluvioni, i torrenti straripano (oggi si dice esondano) Governo ladro! La vera responsabilità, dei terremoti, alluvioni, esondazioni, trombe d'aria, bombe d'acqua è di coloro che non hanno fornito al Paese la necessaria costante manutenzione del territorio. L'Italia era un paese meraviglioso, oggi è stato trasformato in un grande cementificio. È stato costruito dove non si doveva, sono stati devastati boschi e ciò nonostante ci sono magistrati che continuano a ricadere nello stesso errore: accusano settori della Scienza, interi settori della Scienza basandosi su conoscenze del tutto approssimative. È mai possibile che un giudice milanese condanni il Ministero della Salute perché ritiene che un vaccino esavalente causi l'autismo? Cosa dire? Per esondare al posto di straripare, forse come sostiene Severgnini poiché straripare contiene la parola: “ripa”, le rive e gli argini che non hanno la dovuta manutenzione, suscitano evidenti sensi di colpa in coloro che dovrebbero tenerli in ordine; mentre esondare deriva da: “onda” e le onde si sa, giungono quando vogliono. Il primo verbo sottolinea le responsabilità e la sciatteria di quanti non fanno il loro dovere, il secondo verbo è riferito al meteo ed al destino. In Italia, purtroppo, convivono “le migliori qualità della razionalità umana e le modalità più tribali nel dirimere le controversie” le quali, spesso, si annidano nell’amministrazione della giustizia. DANIELE CACOPARDO (12) CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 I BENEFICI DELLA CUCINA A tavola non si invecchia Umberto Franzese «Mio nonno, che con l’arrivo degli Americani ebbe un ristorante tutto suo, trafficava nelle cucine di Casa reale. Era un napoletano doc. Si chiamava Eduardo, un nome assai diffuso negli anni che furono, come Gennaro, Vincenzo, Antonio. Ma lo chiamavano don Eduardo. Il “don” alla spagnola una volta si dava alle persone di valore, a cui si doveva rispetto. Oggi, in assenza di uomini di rispetto, il “don” è sparito dalla circolazione. Secondo mio nonno la felicità si assaporava a tavola. Alla tavola di casa, naturalmente. Alla tavola di casa l’ho provata anche io la felicità. Alla fine di una giornata lavorativa, quando una famiglia piccola o grande che sia, si riunisce intorno a una tavola imbandita per assaporare pietanze fatte con amore, si può godere di un’esperienza semplice, ma la più umana della vita. Quella della buona tavola è una lunga tradizione che si rinnova in tutte le buone famiglie napoletane, o almeno in quelle in cui ancora durano certi antichi valori. Intorno ai fornelli non tutte le brave donne di casa ci sanno stare. Oggi le donne preferiscono sprecare il tempo davanti ad un “elaboratore”. La nonna Nunzia, zia Assunta, zia Ersilia, che aveva una certa ossessione per l’ordine in cucina, mia suocera, che controllava fritti e intingoli masticando arie di celebri canzoni napoletane, in cucina ci sapevano fare, e come! Zia Nunziatina, che non ha niente da invidiare al più avveduto degli chef, ha un gran daffare per comprare la verdura migliore, il pesce più fresco. Ha un modo di concentrarsi sul pesce quasi a parlargli; gli apre la bocca, gli punta gli occhi, scruta le interiora. Tutto ciò che deve finire sulla tavola va attentamente vagliato. I piatti più chic sono quelli che non si riescono a raccontare. Un buon cuoco nel prepararli mette fantasia e la fantasia è mutabile. Contano i tocchi. Nella cucina e per la cucina ci vuole passione. La cucina è scienza, la cucina è arte. Scienza, perché occorre avere un corredo di igiene, di chimica, di fisica. Arte, perché lascia la libertà di creare pietanze del tutto personali dando ad ognuna di esse gusto ed apparenze impreviste con differenti fusioni di ingredienti e mescolamenti. Spesso, nel piatto che abbiamo davanti, c’è una intera pietanza, ma le parti sono tante e dosate, variegate, sminuzzate. Il cibo è fonte di piacere e di convivialità, mezzo di comunicazione. Non è come comunemente si crede, una combinazione di gusti. L’aspetto è solo quello sul quale, spesso, le preferenze dei commensali convergono. Il gusto è, non raramente, causa di dispute. Provoca giudizi, a volte equilibrati, a volte estremizzati. Esistono criteri di valutazione diversi a seconda che si dia maggior peso alla testa o alla vista, all’olfatto o alla pancia. Si può trarre minore o maggiore piacere dal dolce o dal salato, dall’amaro o dall’acido. La maggiore o minore attenzione è, talvolta centrata, una volta fuori dalle mura di casa, sulla rinomanza del ristorante, sulla bravura dello chef, sul piatto magnificato. Più che saziarsi della portata in sé, ci si soddisfa della percezione, della rappresentazione, dell’apparenza. Il pranzetto si trasforma così nel riempire più che la pancia e soddisfare i sensi, in una enfatizzazione di una strana forma di strippata senza anima. Onorare la tavola significa mangiare di buon appetito e mostrare di gradire le varie portate. Ma buona regola è quella di non lasciarsi andare mangiando e bevendo a sbafo. Si rischia di apparire sgradito a chi a tavola ci sta con piacere. A tavola ci si sta senza compiere sforzi e senza mai essere smodato. Anche a tavola in medio stat virtus. Sia intorno al pranzo che alla cena aleggiano atmosfere diverse, aromi diversi, sapori diversi. Sia il pranzo che la cena sono riti e come tali meritano rispetto, raffinatezza, eleganza. “Fate in modo che il cibo possa essere la vostra medicina e non la medicina il vostro cibo”, raccomandava Ippocrate. Secondo la Scuola salernitana, dopo pranzo riposerai, dopo cena camminerai. SOLLECITAZIONI la vignetta di Malatesta IL SUDISTA Mimmo Della Corte CONVERSIONE O CONVENIENZA? Colmo di fulmine Diario stupendo GIUSEPPE MAROTTA Il capitone a Napoli “È bello essere vivi qui nonostante tutto, qui mentre qualche soffio sperduto di tramontana arriva su Napoli e si posa come una gelida farfalla, o come un asterisco per richiamarvi la polmonite, sul cappotto piu lacero che riesce a trovare; qui mentre suonano le campane delle vecchie Chiese sui Quartieri e tendendo l’orecchio per distinguerne la voce nel fracasso che s’innalza dalle case dalle botteghe dalle «bancarelle» Iddio dice: «Eccolo il paese che mi dà piu pensieri di tutti»; qui dove ciò che è stato è stato e milioni di padelle o graticole aspettano il capitone e nessuno per il momento pensa ad altro; qui dove è veramente, solamente Natale. Nelle innumerevoli case il capitone viene immobilizzato, o almeno trattenuto, sul marmo del tavolo della cucina, dagli sforzi riuniti dell’intera famiglia; vorrà morire, se non di vera e totale morte, quanto occorre per essere cotto e mangiato? Si convincerà alla fine che questo è un paese i cui abitanti gli somigliano, gente non meno infelice e strenua di lui, che va nel Mare dei Sargassi ma non ci resta, che viene sbattuta contro i suoi muri o contro i suoi sogni dalle disgrazie, che viene fatta a pezzi ma in ogni pezzo si agita, che muore solo quanto basta per essere benedetta e seppellita, facendosi, così, meglio gustare nel ricordo? La carne del capitone è infatti squisita. Bianca, tenera, diafana come l’ovatta dei presepi, si carica presso la spina di un roseo innocente. Il suo sapore è continuo, mite, senza scatti, un filo di corrente fluviale; ha gli aromi dell’acqua dolce, versativi dall’erba delle rive, ma ha pure la certezza, la sostanza, la forza del mare. La carne del capitone si sgrana in candidi fili: voi non la masticate ma la dipanate dolcemente: e frattanto, come se ve lo raccontassero, un po’ staccato da voi come il dramma a teatro, è Natale a Napoli; starei per dire: è Napoli a Napoli”. (G. Marotta da «San Gennaro non dice mai di no», 1947). di RENATO ROCCO Il baccalà è rimasto di-stocco. Il cuoco invidioso nutre olio per tutti. La cena improvvisata: abbiamo risotto la situazione. Il colmo della cuoca: prendere una cotta. La via della dieta è tutta in-salata. La cianfotta è un cibo erotico. Non posso mangiare le cozze: sono mitile esente. Dopo Matteo Renzi: “Senza il Meridione, l’Italia non va da nessuna parte”, anche il suo omonimo Salvini ha riscoperto il Sud: “L’Italia o si salva tutta da Nord a Sud, o non ce n’è per nessuno”. C’è da fidarsi di questa conversione? A mio modo di vedere, assolutamente no. Del resto Giulio Andreotti, forse lo ricorderete anche voi, era solito affermare che “a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca”. Personalmente non sono mai stato vicino alle posizioni politiche del più volte presidente del Consiglio, scomparso qualche anno addietro, ma relativamente a tale considerazione, sono totalmente d’accordo. Anzi, sarei andato oltre e invece di “spesso”, avrei detto che “ci si azzecca quasi sempre”. Ed è per questo che faccio fatica a credere – anzi, non ci credo assolutamente – alla folgorazione sulla via di Napoli e del Mezzogiorno del leader della Lega post bossiana. Diciamocelo con franchezza: è facile (di più, indispensabile) sostenere che i “brutti, sporchi e cattivi” contro i quali si è sempre inveito sono, di colpo, diventati “belli, profumati e buoni”, quando ci si propone di trasformare un partito territoriale, come la Lega Nord, in uno nazionale; di diventare – a propria volta – un leader nazionale, di sostituire Berlusconi alla guida del centrodestra e magari (perché, no?) provare a poggiare le proprie ambiziose terga sulla poltrona dorata di palazzo Chigi. La verità è che quelle di Salvini – come, per altro, quelle di Renzi prima di lui – più che convinzioni, sono convenienze dettate dall’esigenza elettorale di conquistare consensi e spazi politici anche al di sotto dell’Italia del tacco. Il leader delle camicie bianche lo sta ampiamente dimostrando (basta dare uno sguardo ai contenuti dello “Sblocca Italia” e della legge di stabilità per accorgersene immediatamente). Quello delle camicie verdi, invece, lo dimostrerà al momento opportuno. Sempre che i meridionali gliene diano la possibilità, votandolo. Trappola nella quale – ne sono certo – si guarderanno bene dal cadere. Ci sono già cascati una volta, oltre 150 anni addietro, consegnando – quasi senza colpo ferire – anima, corpo, armi, bagagli, ricchezze e primati conquistati agli invasori in camicia rossa al servizio dei piemontesi. Oggi staranno bene attenti a non ripetere lo stesso errore e non svendersi all’eroe lombardo. Anche perché, stavolta, non troverà pretoriani disposti a tradire la propria terra per qualche spicciolo in più, nella misura sufficiente a convincere i meridionali che la camicia verde della Padania sia il nuovo simbolo della libertà. Oltretutto, Giuliano Zulig, caporedattore di “Libero”, quotidiano vicinissimo alle posizioni della Lega e quasi di casa a via Bellerio, ha immediatamente provveduto – in risposta alle attestazioni di disponibilità di Salvini verso il Mezzogiorno - a ricordargli che per i leghisti il lombrosismo è un’“ideologia” intramontabile ed intoccabile per gli italiani d’oltre Po, per i quali “il Mezzogiorno resta una tassa che ha affondato pure il Nord” e che lui ha torto perché “gli sprechi del Meridione vanno denunciati”. Sono d’accordo. Ma perché soltanto quelli del Sud e non anche quelli del Nord? Forse perché, come sosteneva William Shakespeare, “la verità fa arrossire il diavolo”. Già, ma non Zulin e neanche Salvini. I bronzi di Riace, non possono arrossire. CHIAIA MAGAZINE •DICEMBRE 2014 (13) (14) CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 QUARTIERISSIME I CONCERTI DEL CORO GIOVANILE DEL TEATRO DI SAN CARLO Musica sociale, il Natale dei Sancarlini Maria Neve Iervolino Orfeo, poeta con la cetra, dal canto capace di commuovere persino Ade, è da sempre emblema della musica come potenza in grado di smuovere le pietre. Questo il messaggio trasmesso dall’Ave Verum Corpus di Mozart interpretato dal Coro Giovanile del Teatro San Carlo. Il Teatro di San Carlo è stato il primo teatro d’Europa ad attuare un progetto sociale che gratuitamente da tre anni offre presso periferie e zone disagiate di Napoli concerti gratuiti, un momento di contatto con la musica e con la cultura, un mezzo di elevazione sociale. I membri del Coro Giovanile, altrimenti detti Sancarlini, sono un gruppo eterogeneo composto da ragazzi e ragazze provenienti da diverse realtà, professionistiche e amatoriali. Alcuni studiano al conservatorio, tra loro diversi sono entrati a fare parte quest’anno del Coro stabile del Teatro di San Carlo. Nel Coro è presente anche il vincitore del premio Volto Nuovo al Festival Castrocaro 2013. Direttore del progetto è il maestro Carlo Morelli, formatosi a Napoli, Londra e New York, fondamentale proprio l’esperienza americana dove ha avuto occasione di entrare in contatto con la realtà multiforme degli Stati Uniti e di lasciarsi ispirare dalla famosa scuola del Bronx, che per prima ha aperto le porte a quella “ricchezza urbana” che risiede in ogni periferia. Parallelamente al lavoro con i Sancarlini del Coro Giovanile il maestro Morelli tiene lezioni di musica ai ragazzi del carcere minorile di Nisida. La musica “svela la loro fragilità”, dice, “molti si rifiutano di cantare, preferiscono suonare uno strumento per dimostrare di avere ritmo, perché non vogliono apparire deboli”. Le prove dei Sancarlini avvengono nei laboratori artistici del prestigioso Teatro di San Carlo, situati presso l’ex area industriale della periferia est di Napoli. Qui è arrivata musica dove prima era silenzio. Cultura dove prima c’era degrado. I cinquantanove ragazzi del Coro terranno numerosi concerti a Napoli tra i quali: 13 dicembre 2014, alle ore 12.00, alla Galleria Umberto, 14 dicembre 2014, ore 12.00, nella Chiesa di Sant’Aniello, 20 dicembre 2014, alle ore 19, nel Santuario dei Missionari dei Sacri Cuori, 21 dicembre 2014 nel Carcere di Nisida, 29 dicembre 2014 nella Chiesa di San Giovanni Maggiore. Il repertorio proposto sarà un equilibrio tra classico e attuale. Durante le prove si reinventa la classicità utilizzando influenze moderne per avvicinare di nuovo il teatro alle persone, rendendolo facilmente accessibile anche se mai di consumo. Un obiettivo ambizioso del Teatro di San Carlo e del maestro Morelli, che si realizza attraverso tutti i Sancarlini. Il mitico Orfeo chiude il suo concerto non sulle note di Verdi ma attraverso le parole rap di Joy intonate da una studentessa del conservatorio. AnimAzione Eduardiana a scuola Un laboratorio di lettura animata delle opere di Eduardo De Filippo per gli alunni e per i genitori dell’Istituto Comprensivo “53 Gigante - Neghelli” di Napoli, ma anche un’occasione per tutti i cittadini interessati alle opere del grande commediografo per riabbracciare uno dei miti del Novecento. Questo è il progetto “AnimAzione Eduardiana” realizzato dalla scuola di Piazza Neghelli, con il contributo della Regione Campania - settore Musei e Biblioteche, che prevederà interessanti attività di lettura per gli alunni (già partite lo scorso 10 dicembre) ed incontri extracurriculari, nei mesi di gennaio e aprile 2015, per tutti coloro che vorranno lasciarsi coinvolgere dal fascino di Eduardo. Nel corso della presentazione, tenutasi lo scorso 5 dicembre nell’aula magna dell’Istituto, è stato illustrato l’iter progettuale e visionati alcuni spezzoni del documentario di Francesco Saponaro “Eduardo, la vita che continua”, prodotto da Rai Cinema e scritto con Antonella Ottai e Paola Quarenghi. Presente all’incontro anche il Presidente della Fondazione Eduardo De Filippo, Francesco Somma. Il Dirigente scolastico, Maria Rosaria Scalella, nel suo indirizzo di saluto, ha dato il via ad una interessante conversazione sulla figura del grande drammaturgo, condotta dal regista Francesco Saponaro, insieme agli attori Ivan Maione e Antonio Marfella, protagonisti dei laboratori di animazione. Referente del progetto, che vuole riaccendere le luci su uno dei napoletani che più efficacemente ha saputo portare il teatro nel mondo ed il mondo a teatro, è la professoressa Anna D’Angelo. (a.y.s.) Al Sancarluccio è tempo di «Teatro e psicoanalisi» È partito da Napoli «Teatro e psicoanalisi», progetto di approfondimento psicologico dei personaggi e della rappresentazione. Una proposta innovativa che mette in contatto lo spettatore con i protagonisti che agiscono sulla scena, aprendo scenari imprevedibili e possibilità d’incontro tra le persone in platea. L’iniziativa, ideata dalla dottoressa Alessia Pagliaro, propone una minirassegna di quattro spettacoli selezionati dal cartellone della stagione del Nuovo Teatro Sancarluccio. «Sia il dramma che la comicità offrono spunti per la discussione. - spiega la creatrice, psicoterapeuta psicoanalitica - Sulla base della teoria freudiana è possibile interpretare azioni e reazioni in virtù delle loro interconnessioni con il mondo interno dell'individuo che le ha compiute e di coloro che le osservano dall'esterno. Così, gli appassionati di teatro, oltre che godere della messinscena, potranno approfondire i testi proposti. Dalla scena all’inconscio, potremmo dire». La minirassegna, inaugurata il 20 novembre con lo spettacolo «Femmene con Nunzia Schiano, continuerà il 14 dicembre, con Massimo Andrei in “Un pop antico”. L’1 febbraio 2015, con Gea Martire in “Vulio”, l’8 marzo 2015 con Rosaria De Cicco in “Almost famous - ovvero Io e le donne”, sempre alle ore 18,00. «Evoluzione, desiderio e identità sono gli argomenti toccati da queste pièce. - spiega la dottoressa Pagliaro – E sono temi fondamentali della psicoanalisi, che riguardano la vita quotidiana di ognuno di noi». La discussione aggiungerà con leggerezza un’esperienza nuova alla catarsi offerta dalla rappresentazione teatrale, dando la possibilità di condividere le riflessioni che ciascuno fa per sé dopo lo spettacolo. «Non si tratta di una seduta collettiva», precisa l’esperta che, per altre tre domeniche, dopo la replica pomeridiana, insieme con gli attori, aprirà l’incontro con il pubblico. Per info e prenotazioni Nuovo Teatro Sancarluccio Tel. 081 5448891/ 081 4104467. [email protected] www.psicologico.eu CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 (15) (16) CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 LA RIFLESSIONE GIUSEPPE MAROTTA RISPONDE A LUCIANO DE CRESCENZO Perché Gesù Bambino è nato a Napoli Aldo De Francesco In anni non sospetti, quando a Napoli si girava in carrozzella e il globalismo era ancora in “mente dei”, un grande filosofo disse che l’uomo del futuro sarebbe stato non più figlio dei luoghi ma dei tempi, insomma del mondo, di una contemporaneità senza confini. Questa considerazione valida per ogni comune mortale, a maggior ragione valeva e vale più che mai per Gesù Cristo, figlio di Dio Padre onnipotente e di Maria vergine santissima, Signore dell’ Universo. Passando dalla filosofia alla poesia del presepe e della Natività, a Napoli da sempre si fa a gara per dare un’anagrafe tutta partenopea a Gesù Bambino. Una gara, in verità, riaccesasi di recente, da quando ha visto la luce il libro di Luciano De Crescenzo: “Gesù è nato a Napoli”, perentorio sul luogo dell’Avvento, da poterne esibire... addirittura un certificato con ora, data di nascita e testimonianze oculari di angeli e cherubini. (Per parto naturale e senza Cesareo, molto praticato nella Regione Campania, “Consule Bassolino”). Un anno fa, di questi giorni, come suol dirsi, sotto Natale, non tanto per “veicolare” il libro, ma soltanto per amore di verità, De Crescenzo si rivolse addirittura a Papa Francesco - dal nome del Santo di Assisi che, per primo al mondo, realizzò un presepe - per dimostrargli che non esiste location più congeniale e naturale di Napoli per una Natività più umanamente credibile. Lo scrittore filosofo, o meglio il filosofo scrittore, per la circostanza calò addirittura un asso vincente di aristotelico conio: il mitico sillogismo. Un ragionamento fondato su una premessa maggiore, una premessa minore e una conclusione, che le sintetizza, non consentendo vie di uscite, ai sofisti, ai tanti che gufano contro Napoli e il Napoli. Eccolo: “Il presepe è nato a Napoli, nel presepe è nato Gesù, Gesù è nato a Napoli”. Anzi, incurante che l’inno di Natale, il popolarissimo “Tu scendi dalle stelle” dell’avvocato Santo Alfonso Maria de Liguori, potesse smentirlo: “Quanno nascette ninno a Bettalemme, era a notte e pareva miezojurno; ma le stelle, lustre e belle , mai se vedettero accussì”, dopo aver dichiarato che “Bettalemme” è una licenza poetica, sotto cui si può nascondere benissimo Scampìa, De Crescenzo aggiunse che soltanto Napoli può vantare mangiatoie di tutti i tipi, “vascie e alte”, insomma, il contesto giusto della povertà cristiana. E aggiunse: se è vero che Cristo da adulto si è fermato a Eboli, è ancora più vero che è nato a Napoli, dove, sin da piccolo, lo hanno visto vendere sigarette e accendini, appendersi ai tram, pulire le scarpe ai turisti. E così mentre la disputa continua, anche se sottotraccia, in attesa di vedere in campo, prima o poi, i nostri eccellen- ti giallisti Maurizio De Giovanni e Vittorio Del Tufo“Gesù fate luce”- a toglierci d’impiccio, a darci la versione più giusta, ancora una volta, è l’immortale don Peppino Marotta, “re del Pallonetto” e dei vicoli. Marotta, mettendo al bando sillogismi, sofismi e altri ismi, esibisce un certificato di nascita dalle prove inconfutabili e di universale riconoscimento sulla indiscussa napoletanità di Gesù. Volete proprio sapere perché Gesù Bambino è nato a Napoli? “Perché fece fesso Re Erode”. Speriamo però che nessuno faccia ricorso al Tar di Betlemme. NAPOLI - Via dei Mille, 59 Tel. 081/407555 - 412856 W W W. G R U P P O E U R O P E O . 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È il momento nel quale il sole dal Segno della Bilancia, dove ha iniziato la sua apparente discesa, giunge al punto più meridionale dell’emisfero australe, dal quale inizia la sua apparente risalita. Mentre nel solstizio estivo il 21 giugno nel Segno del Cancro si verifica il giorno più lungo dell’anno, all’inverso accade il 21 dicembre nel Segno del Capricorno nel quale abbiamo la notte più lunga dell’anno. Il Sole, come portatore di calore e di luce, è al centro di tutte le religioni delle antiche civiltà, e non c’è da stupirsi, perciò, che il solstizio estivo e quello invernale siano sempre stati considerati periodi magici, come testimoniano tanti antichi riti, propagatisi poi nella religione cristiana e nel folklore. In questo scritto ci fermeremo su uno di quei riti in particolare, i Saturnalia. A Roma in epoca imperiale dal 17 al 23 dicembre, quando il sole solstiziale, il sole bambino, rinasceva e tornava a ricomparire nel cielo, si festeggiavano i Saturnali. Erano feste così antiche, che le loro origini non sono più rintracciabili, ma le notizie che ci forniscono gli autori latini, Macrobio in particolare, sono più che sufficienti a comprendere il loro significato. Saturno era il dio che presiedeva a questo evento. Per sua grazia, se pure per poco, il mondo aveva un sovvertimento: scomparivano le discriminazioni tra liberi e schiavi, cadevano i divieti soliti, si sospendevano le guerre, si usufruiva di libertà impensabili in altro periodo, come, ad esempio, poter giocare a dadi per tentare la sorte. Si ritornava all’aurea aetas, la mitica età dell’oro. Ma perché il mondo, una volta l’anno, subiva questo ribaltamento e tornava in un così remoto passato? Questa domanda apre l’affascinante argomento dell’Eterno ritorno. Presente in tutta l’area mediterranea e paleorientale, l’Eterno ritorno era sempre preceduto da una fase di dissoluzione dell’ordinamento precedente, quindi era un ritorno al caos, preludio indispensabile alla nascita dell’anno nuovo, il nostro Capodanno, nel quale, non a caso, la speranza e l’augurio sono di un anno nuovo e una vita nuova ! Non è importante il periodo nel quale iniziava il nuovo anno, poteva essere, variando i fattori climatici e culturali, novembre, dicembre, marzo, aprile, luglio per gli Egizi. Ciò che era costante e che ritroviamo anche nei Saturnali, era il bisogno di fare coincidere la fine di un periodo con la nascita di un altro. Era il bisogno di rigenerare il tempo, di ricongiungersi a quell’illo tempore nel quale era avvenuta la creazione del cosmo, “quando gli uomini in un’eterna giovinezza vivevano insieme agli dei, si nutrivano di ghiande e di miele, non c’era dolore né affanno alcuno, la terra senza lavoro dava il suo frutto e si moriva come vinti dal sonno”(Esiodo). Questo Grande Tempo, il tempo delle origini, poteva essere segnalato dal solstizio e abbinato alla luce, poteva essere collegato alla comparsa della vegetazione, poteva avere un cerimoniale diverso, ma ciò che non cambiava era la possibilità di reinserirsi nel ritmo cosmico, in un cosmo ancora libero da tutto ciò che potesse riferirsi al male. Era il ritorno del sole e della luce che segnalavano la nascita della vita dopo il loro lento declino iniziato con l’equinozio d’autunno. Questa sintesi dei Saturnalia, incita ad una domanda: cosa è rimasto di questo rito e di tanti altri analoghi nella nostra cultura del XXI secolo? Soprattutto se l’anno giunto al suo compimento è stato negativo, c’è l’aspettativa che si chiuda un periodo e se ne apra un altro migliore e gli auguri che ci scambiamo a mezzanotte, brindando al nuovo anno, ne fanno fede. Anno nuovo e vita nuova, è la frase che aleggia nell’aria, e la vita nuova non è altro che l’eredità di quel lontanissimo passato nel quale veniva festeggiato il nuovo sole che dall’emisfero australe risaliva in quello boreale. E i fuochi d’artifizio che, scoccata l’ora fatidica, illuminano il cielo, non sono altro che una metafora del sole e della luce che torneranno a risplendere. Ed è sempre un omaggio al sole l’usanza di rimanere alzati fino all’alba per vederlo sorgere. Come pure altre due consuetudini rimandano, in modo inequivocabile, al nuovo che verrà: gettare dalla finestra roba vecchia (gesto per fortuna in disuso) e indossare qualcosa di nuovo e di rosso, il colore, ossia, che richiamando quello del sangue, è simbolo di vita parimenti al sole. [email protected] LE CARTE DEL DESTINO Il Bagatto IL PAPA LEGA TERRA E CIELO Un Pontefice sembra benedire le due figure di discepoli ai suoi piedi. È il Papa: costruisce ponti (da pontis e ficere), ovvero istituisce un collegamento tra due mondi separati. In origine, nella Roma repubblicana, molto prima dell’avvento del Cristianesimo, il Collegio Pontificio si occupava proprio delle attività di mediazione necessarie fra la comunità e le divinità della religione. Il consesso era formato da cinque componenti e proprio al quinto, chiamato Pontefice Massimo, erano affidati i poteri di rappresentanza. Nel tempo la carica fu assunta dagli imperatori, a indicare il carattere essenziale di questo ruolo. Trasmettere è, dunque, la sua funzione che può essere nobile, se intesa come partecipazione dei misteri, oppure spregevole se, come falso messaggero, corrisponde all’intento di separare ulteriormente quei mondi. Ma cosa è necessario mettere in comunicazione? Di seguito alla coppia terrestre - Imperatrice/Imperatore- troviamo l’arcano del Papa che, nello schema duale ricorrente nel Tarot, da un lato rappresenta l’anima del Maschile (la personalità, come si è detto, risiede nell’Imperatore), dall’altro lato individua il maschio della Coppia Celeste, formata da: Iside/Papessa - Osiride/Papa. Papa e Papessa si danno naturalmente le spalle a segnare un sostegno reciproco nello svolgere le proprie azioni che sono sempre condivise con altri: la prima è in ricezione passiva (studia il libro della vita e feconda l’uovo cosmico), dunque accumula conoscenza e la mostra (il libro aperto); il secondo è in ricezione attiva, attraverso la croce a tre braccia, simbolo della gerarchia ecclesiastica e del potere, riceve messaggi dall’alto e li trasmette ai discepoli. Non è un caso che sia l’arcano numero V. Questo numero è da sempre collegato all’essenza dell’uomo e corrisponde al centro della croce, uno dei quattro simboli fondamentali di tutte le principali culture del pianeta (gli altri tre sarebbero il centro, il cerchio e il quadrato). La croce, diretta verso i quattro punti cardinali, è la base di tutti i simboli di orientamento: quello spaziale est-ovest (nascita e tramonto del sole); quello temporale, nord-sud in riferimento all’asse di rotazione del mondo e di conseguenza ai punti cardinali celesti. L’incrocio dei due bracci è il punto di congiunzione e di comunicazione fra la Terra e il Cielo ovvero l’Uomo-divino, il centro, contraddistinto proprio dal numero cinque, cifra delle ierogamie: il matrimonio del principio celeste (il tre) e del principio terrestre (il due). Quindi, il Papa mette in comunicazione il Cielo e la Terra e questo ri-legare, questo fare religioso, lo si può intendere sia come attività rivolta all’esterno (sarà un padre, un capo carismatico, una guida che sostiene e orienta nel proprio cammino), sia come attività rivolta all’interno: sarà, dunque, il nostro Sé che coordina e tenta di integrare le nostre parti disperse. Può, però, essere diabolico nella misura in cui l’istanza paterna del potere si identifichi con gli aspetti cruenti del maschile e, come Urano o Saturno, divori simbolicamente i propri figli. Collegare è difficile, più semplice dividere e confondere. La carta simboleggia anche la possibilità di un inganno (o auto-inganno), tanto che, non è chiaro quanti e quali siano i personaggi ai piedi del Papa . [email protected] CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 (19) (20) CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 CHIAIA MAGAZINE •DICEMBRE 2014 (21) STORIE&IMPRESE QUALITA` E PREZZI COMPETITIVI: LA FILOSOFIA DI FRANCESCO MUCCIARDI Condotti sartoria, la stoffa del successo La crisi affossa lavoro, smonta speranze. Ma c’è chi, nonostante le stangate, il salto nel vuoto decide di farlo comunque. Pochi mesi fa Nino De Nicola aveva abbassato la saracinesca dello storico negozio di piazza dei Martiri, abbandonando l’attività che conduceva da 25 anni. Oggi la sua eredità la raccoglie Francesco Mucciardi, 40 anni, imprenditore napoletano, veterano del settore moda. Presente da quattordici anni nel quartiere di Chiaia, importa l’eleganza del suo brand “Condotti sartoria” in un nuovo store, che si affianca all’attività del primo, aperto nel 2000 in via dei Mille. Il passaggio di testimone tra i due businessman viene accompagnato da un restyling, che è radicale nell’aspetto e nella sostanza. Nuova la filosofia aziendale che Mucciardi impianta nello storico punto vendita, nuovo l’appeal della location. Una freschezza che si rifà alla tradizione costruita dal suo predecessore, basata su ideali di gusto, stile e raffinatezza, ma che tiene conto dell’autunno del commercio e si avvicina alla gente, ammortizzando i costi. «Visto il periodo negativo bisogna riuscire a creare capi di buona qualità, di valore, ma a (22) prezzi competitivi. Solo così si accresce l’attrazione del prodotto», dice. Altro che imprenditori senza scrupoli. E infatti per descrivere Mucciardi bastano pochi, preziosi elementi. Venti anni di matrimonio con Patrizia, due figlie, una ventenne l’altra sedicenne, viaggi in lungo e in largo per il mondo che però lo hanno riportato CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 sempre lì, sotto al Vesuvio, dove ha lasciato cuore e radici. E, soprattutto, la propensione ad “accudire” con le sue mani il business messo in piedi. Come nasce Mucciardi imprenditore? «È stato un passaggio ereditario. Mio nonno era sarto, mio padre ha seguito le sue orme, e io ho fatto lo stesso dopo di lui, ini- ziando subito a realizzare total look. Con il brand “Condotti sartoria” la mia filosofia è coniugare qualità e prezzo, per consegnare al cliente un prodotto buono e soprattutto made in Italy. Il segreto è nell’acquisto della materia prima. Scelgo e compro personalmente i tessuti con cui realizzo i capi e devo dire che il mio impegno viene apprezzato. La materia prima pregiata, unita ai tagli studiati e accurati, danno qualità al prodotto. Per questo riusciamo a confezionare abiti su misura a prezzi giusti, anticrisi. E adatti non solo all’uomo classico, ma anche ai più giovani, abbracciando lo sportswear. “Condotti sartoria” ha vestito anche personaggi televisivi come Sal Da Vinci e Walter Di Maggio. E oggi debutta a teatro cucendo i vestiti per lo spettacolo “L’amico del cuore” diretto da Vincenzo Salemme, in scena insieme a Biagio Izzo e ad altri noti attori». Qual è il tuo ideale di eleganza? «Viene ispirato dalle grandi case di moda italiane. Credo fortemente nel made in Italy. Ritornerà ad essere il futuro. Ho girato tanto, sono stato nelle capitali europee, brand come “Condotti” a Londra o a Parigi sbancherebbero. Gli stranieri apprezzano il gusto italiano. A livello di rifiniture, il made in Italy non lo batte ancora nessuno». Obiettivi per il futuro? «Nei miei sogni c’è l’estero. Prima radicarmi sul territorio, sbarcare a Roma e nella capitale della moda, Milano. Da lì puntare all’estero. Esportare il made in Naples nel mondo. Proprio perché credo nelle sue potenzialità, fatto di veri artigiani, che lavorano con precisione e cura dei dettagli. Non c’è industrializzazione, non ci sono capi tutti uguali». Napoli è una città elegante? «Napoli è sinonimo di eleganza. Sono stati i napoletani ad esportare la buona sartoria nel mondo. È la mia vita, la mia musa ispiratrice, sono nato e cresciuto qua e non mi allontano. Non è un caso se i grandi del passato, principi e sovrani, venivano a vestirsi a Napoli». Un messaggio ai neo-imprenditori? «Crederci. Mai cambiare la tua filosofia, la tua linea imprenditoriale, il tuo brand. Mettendo a frutto perseveranza e tenacia prima o poi i risultati si raccolgono. Niente scorciatoie o cambi di direzione, è la passione il motore propulsore. Giovani, non vi arrendete». CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 (23) STORIE&IMPRESE MASSIMILIANO CAMPANILE, COIFFEUR VIP L’imprenditore che conosce lo charme Il coiffeur Vip Massimiliano Campanile, per gli amici Max, (nella foto - by massimo medda photography), unico referente per la Campania di Aldo Coppola - massima griffe italiana della capelleria titolare di ben tre saloni in cui si alterna al comando, affiancato al Vomero da Francesca Fierro e a Caserta da Sal Paesano, suoi storici collaboratori, è un giovane imprenditore napoletano che - con sacrifici immensi e incredibile forza di volontà - ha raggiunto il duplice obiettivo di sfondare brillantemente nel mondo del lavoro e di non abbandonare la sua città, le sue origini, le radici territoriali a cui è profondamente affezionato: il successo della sua carriera gli ha portato in dote l’ammirazione e il consenso delle signore della Napoli bene (tra cui manager, imprenditrici, giornaliste, capitane d’industria) che frequentano i suoi saloni e che non si farebbero mai tentare da altre sirene della coiffure, quantunque valide e affermate. Effettivamente il clima che si respira nella boutique Aldo Coppola by Massimiliano è amicale, di grande sintonia, perché le clienti sono in massima parte amiche intime di Max che le accompagna nei momenti più belli, in occasioni speciali tra cui feste chic, ricevimenti, anniversari e matrimoni personali e di figli, regalando il suo tocco glamour alle mises più importanti. Per scalare la faticosa vetta del successo l’instancabile Max si è sottoposto sin da giovanissimo a un lungo iter fatto di preparazione, di alterni riconoscimenti e delusioni, dubbi e determinazione, cadute e risalite, intrecciati con la costruzione di un futuro anche sentimentale, che ha richiesto un massiccio investimento di energie fisiche e mentali, per lavorare, vivere una vita ricca di soddisfazioni individuali e, contemporaneamente, curare la propria formazione ad altissimo livello: i migliori anni della sua vita sono questi in cui, circondato dall’affetto dei familiari (tra cui le sue due mamme “entrambe di nome Nunzia, una che vive fra le stelle e l’altra che mi accompagna nella vita”) e dei visi più cari, Max può raccogliere i frutti dei suoi sforzi e ritenersi con certezza al top della sua professione, pronto comunque a progredire, sperimentare, innovare, come solo i grandi sanno fare mantenendosi ancorati alla realtà. Non a caso Max si è sempre ispirato agli esempi migliori, non montandosi la testa per le prime affermazioni ma mettendosi continuamente in discussione, scontrandosi a volte con realtà difficili ma senza arrendersi, nutrendosi della luce e del carisma dei vincenti, accettando le critiche costruttive per fare quei salti di livello nel valore personale che fanno la differenza e decretano la riuscita finale: “Non mi sono improvvisato parrucchiere” - confida Massimiliano - che candidamente ammette: “Sin da piccolo pettinavo a modo mio le bambole di mia sorella Susy e di mia cugina, suscitando proteste furibonde per i tagli drastici delle chiome, a mio giudizio necessari, e i repentini cambi di acconciatura delle loro beniamine che, secondo me, le modernizzava. Amo studiare le geometrie dei volti e le loro proporzioni, per consigliare alle clienti la pettinatura adatta, poiché considero un pessimo servizio accontentare delle richieste che rischiano non solo di non valorizzarle ma addirittura di imbruttirle: prediligo lo stile raffinato, la classe, gli chignons, per esaltare la femminilità come impone il trendy di stagione che si incentra sui mitici anni ‘60 con tagli e scalature piene che mettono in risalto il viso, con onde naturali, movimenti di luce e colore, ciocche raccolte, soluzioni eleganti, per fare di ogni donna una protagonista di charme». LAURA CAICO CONSULENZA IN MATERIA CONDOMINIALE E IMMOBILIARE - Servizi di gestione condominiale ordinaria e straordinaria - Servizi di natura fiscale e aziendale - Servizi di iscrizione a ruolo presso il Tribunale - Servizi di consultazione e ricerca presso la Conservatoria Per Info: tel/Fax 081.19804242 www.studiopasqualemarigliano.it Via Chiaia n° 160 - 80121 Napoli (24) CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 STORIE&IMPRESE GIORGIO-NAPOLI, IL CUORE RAFFINATO DI PASSEGGIATA COLONNA Ricciardi, il gentleman dell’eleganza Un menu incorniciato e appeso alla parete rievoca una cena sotto le luci e i grattacieli di New York, al “21 Club”, in compagnia di Mr Ralph Lauren, icona di stile a stelle e strisce. È là che cade l’occhio curiosando in giro, immediatamente. La boutique di Giorgio Ricciardi (nella foto), patron del marchio “GIORGIO - Napoli”, parla da sola. E quello che suggerisce è l’idea di un salotto. Fatto di sciccherie, buon gusto, raffinatezza. Te lo dicono l’arredamento un po’ dandy e un po’ retrò, la musica in sottofondo, la greca di fotografie in cui pezzi da novanta della politica e dello spettacolo fanno sfoggio di sorrisi insieme a lui, al padrone di casa. «Sono nato tra stoffe e sete. Mio padre aveva un negozio di tessuti a via Chiaia. È nata così la mia passione», racconta mentre snocciola i dettagli di un business che si è irrobustito tramite un passaparola sussurrato tra gentiluomini e mostra orgoglioso ritagli di riviste internazionali che a lui hanno dedicato spazio ed elogi. Tra queste “Town & Country”, magazine del lusso americano, che in un pezzo sulla Napoli fashion osanna l’esclusività di “GIORGIO - Napoli”: nomi celebri del settore è possibile trovarli ovunque - scrive - le cravatte e i foulard di Giorgio, invece, solo «in the petite Chiaia district boutique». La storia di Giorgio Ricciardi inizia negli anni ’70, con l’apertura del primo negozio in via Calabritto. Una boutique da donna, con esclusiva Giorgio Armani: «Era appena alla sua seconda collezione e ancora poco conosciuto. Per tre anni, a Napoli, sono stato l’unico a vendere i suoi capi». Ma è negli anni ’80 che vede la luce il marchio personale, “GIORGIO - Napoli”, che accosta il suo nome alla sua città. Inaugura allora un secondo store di abbigliamento sia maschile che femminile, sempre a via Calabritto, con esclusiva Ralph Lauren e approda a Capri con la boutique di via Camerelle. Poi, sei anni fa, la svolta. «Mi innamorai di Passeggiata Colonna, questa stradina è un incanto racconta - Francesca e Renato Bruno, i proprietari, mi chiesero di fare da apripista con una mia attività, e io accettai ben volentieri. Per otto mesi sono stato l’unico punto vendita qui». Ma la classica boutique viene rinnovata. Giorgio Ricciardi decide di affiancarle un laboratorio artigianale di cravatte, facendo del made in Napoli e del pregio dei tessuti, reperiti a Como e a Londra, i suoi punti forti. «Volevo fare in modo che il cliente potesse scegliere il tessuto, il modello e il giorno dopo avesse la cravatta rifinita e pronta», dice. Nascono così piccoli gioielli di stoffa su misura realizzati a mano, personalizzati anche nel packaging, e impreziositi dalla caratteristica “frizione”: un filo di cotone che attraversa in lunghezza il tessuto, testimonia la realizzazione a mano ed evita la deformazione. In Italia Ricciardi è tra i pochi a realizzarla. Fiori all’occhiello della maison GIORGIO - Napoli sono cravatte a tre o sette pieghe (ma su richiesta anche a quattro o dodici pieghe, e con loghi personalizzati), pochette con pat- chwork di fantasie, bandane in seta, foulard a tinte accese e pois. Ma l’impronta del vulcanico ideatore si nota soprattutto nel guizzo di originalità di alcuni lavori, come la “cravatta dopocena” con ricami di limoni, quella portafortuna con quadrifogli, o ancora l’omaggio all’avvocato Agnelli con fantasia pied de poule. Tra le novità di questo Natale, poi, il foulard “a protezione totale”, così battezzato dal vicepresidente del Csm Michele Vietti (tra i tanti frequentatori di razza della boutique GIORGIO - Napoli), che quest’anno si rinnova pur restando fedele alla sua vocazione “apotropaica”. E la cravatta “Golden tie”, un prodotto fine ed elegante, quasi principesco, con corone tessute in oro. L’ultima trovata di Ricciardi è stata quella di fare della sua boutique una matrioska, creando un negozio nel negozio. È di fresca inaugurazione infatti il reparto di abbigliamento donna. Un corner di lusso gestito dalla sua dolce metà Veronica Panza, già direttrice di importanti brand di lusso. E se gli chiedi il perché di questa sterzata, la risposta secca è: «Non potevo stare senza le donne». Come pochi, un imprenditore gentiluomo. (l.i.) CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 (25) STORIE&IMPRESE LIDEA FOOD AND DRINK DI MARIANO CECI E ANTONIO CAPASSO Harmony, il fascino della cucina creativa Harmony significa armonia, equilibrio, simmetria. Ma anche amore. Ed è proprio la passione ad aver spinto due giovanissimi napoletani, Mariano Ceci e Antonio Capasso (nella foto), a lanciarsi in una nuova sfida imprenditoriale. Ventisei anni il primo, ventitré l’altro, due “navigati” della ristorazione nonostante l’età, da maggio gestiscono il ristorante “Harmony food and drink” di via Posillipo 268 (www.harmonyrestaurantnapoli.it). Un locale frizzante, nel design e nel food, aperto tutti i giorni dal martedì al sabato a cena e la domenica a pranzo. «Abbiamo scelto il nome Harmony per la nostra età, il nostro modo di fare, i nostri caratteri, per la presentazione dei piatti a cui dedichiamo grandissima attenzione, per l’atmosfera del locale - spiega Mariano Ceci, direttore responsabile - Quando vengono da noi, anche solo per una serata, i clienti devono sentirsi a casa, circondati da un clima di armonia». Forti delle esperienze maturate in precedenza (Mariano Ceci ha gestito un ristorante al centro di Barcellona, Antonio Capasso è stato ristoratore in un locale a Casoria), i due titolari hanno messo le proprie competenze e l’energia tipica dei ventenni al servizio di un concept fresco e innovativo. A chiu- (26) dere il team, Rosario Consalvo, poco più di trent’anni, chef internazionale con passato a Bruxelles, formatosi alla scuola del Gambero Rosso di Roma. Insieme hanno ideato un menu che costruisce la giusta fusione tra tradizione e sperimentazione. «Il nostro punto di forza - sottolinea Mariano Ceci - è riuscire ad esaltare i sapori della cucina mediterranea tramite l’uso di spezie e tecniche di preparazione innovative. Ci piace giocare con i sapori e con i colori per dare ai nostri piatti una nota “rivoluzionaria”, che reinventi la tradizione». Quello che i clienti, anche i più esigenti, possono CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 trovare da Harmony sono ricette ricercate, a prova di gourmet, con l’unico obiettivo di sorprendere il palato. Un’armonia di gusto e raffinatezza. Lo dimostrano i prodotti, tutti di primissima qualità e scelti tramite una selezione scrupolosa. Tra questi un prosciutto iberico d’eccellenza difficile da reperire, tanto che in Campania sono solo quattro ristoranti a proporlo, e vari tipi di formaggi, tra cui uno ai frutti di bosco e miele. Ma è soprattutto nei primi piatti che la creatività dello chef vola alto. Sul menu spiccano risotto con zucca, polipo e cozze, risotto con caviale di melanza- ne e astice, linguine con riccio di mare, raviolo alle nocciole con ricotta e pera e salsa di salmone e tartufi. Tra i secondi, invece, un’ampia scelta di carne e pesce (tra le specialità della stagione un ottimo gambero in crosta di mandorla con pastella dolce). Harmony vanta anche una cantina ben fornita di vini regionali e non solo, tra cui Marisa Cuomo e Quintodecimo, fiori all’occhiello delle case vinicole campane, Savignon, Chardonnay, Cannonau. «Non c’è un menu fisso - continua Ceci - Oltre ai piatti base che offriamo, per garantire la freschezza del prodotto proponiamo solo il pe- scato del giorno. Sempre per restare fedeli a questa filosofia, la nostra cucina è interamente espressa, compresi i dolci, dato che il nostro chef ha esperienza anche nel campo della pasticceria». Qualità, piatti realizzati “in house”, prezzi competitivi e coccole al cliente: un mix perfetto. «Cerchiamo di realizzare i desideri di chi viene a cena da noi. Se ha qualche preferenza e ce la comunica con un piccolo anticipo, possiamo accontentarlo con piacere». Ogni quindici giorni, poi, largo al “venerdì Harmony”: serata che prevede, su ordinazione, la degustazione dei prodotti di prima scelta del locale (dagli assaggi di crudo al dolce) con intrattenimento musicale soft e, per chi non ha voglia di mettere un punto alla serata, un dopocena per sorseggiare cocktail e ascoltare musica deep-house. Il locale inoltre può essere affittato per piccoli eventi, job meeting, feste di compleanno, che contino fino a un massimo di 50 invitati. E per il futuro? «Il nostro sogno - confessano - è vedere il ristorante pieno di gente che apprezzi la nostra cucina. Puntiamo a consolidarci sul territorio, facendo dell’esclusività dei piatti un must. E devo dire che per il momento le soddisfazioni ci sono: chi si è fermato da noi è sempre ritornato». saper vivere CULTURA • COSTUME • RELAX • MOVIDA • EVENTI • CURIOSITÀ Amarcord della bella giornata Livia Iannotta L a bella giornata splende tra mare, ozi e pesca subacquea. Teatrino del nulla, come le chiacchiere intavolate al Circolo nautico e al bar Middleton. Nelle sue ore “svogliate” strisciano i gagà di Raffaele La Capria, suppellettili di una Napoli immobile, avviluppata ad un passato di crepe e falsi miti. Gli inetti di “Ferito a morte”, romanzo dello scrittore 92enne, napoletano emigrato nella capitale come il protagonista nato dalla sua penna, sono borghesi senza tempo. Modelli sempreverdi. Libro raffinato, d’élite, quando venne pubblicato, nel 1961, vinse il premio Strega e conquistò generazioni. Oggi è un documentario a restituirne suggestioni e temperie. Si chiama “Una bella giornata - Luoghi e miti di Ferito a morte” ed è diretto da Maurizio Fiume e Giuseppe Grispello, prodotto da Dario Formisano per la Eskimo, con la voce recitante di Roberto De Francesco e la partecipazione di Nino Bruno nei panni del protagonista. Un lavoro (presentato il 12 dicembre al Cinema Filangieri e in programmazione per una settimana) che si allontana dalla “scientificità” del documentario classico per virare su una ricostruzione quasi cinematografica di quello che è ricordato come un capolavoro del Novecento italiano. «Non si tratta del documentario tradizionale, fatto unicamente di interviste e apporti colti – spiega Maurizio Fiume – L’obiettivo che ci siamo posti era più ambizioso: restituire le sensazioni Raffaele La Capria racconta luoghi e miti del romanzo “Ferito a morte” nel documentario diretto da Maurizio Fiume e Giuseppe Grispello che le pagine di La Capria trasmettono al lettore». È lui, regista e sceneggiatore, a raccontarci di più del progetto. Cosa pensi di “Ferito a morte”? «L’ho letto quando mi sono trasferito a Roma, avevo 25 anni. La trama vede il protagonista Massimo De Luca abbandonare la Napoli degli anni ‘50. Nella sua vicenda può rispecchiarsi tutta la generazione che a quell’epoca ha lasciato la città per trasferirsi altrove. Per questo mi affascinò subito. Già allora immaginai un possibile film, ma sapevo che sarebbe stato complesso per la materia e l’ambientazione. Ci ha provato anche Sorrentino, arrivando ad un primo sviluppo di sceneggiatura, ma il progetto non andò in porto». La forma documentaristica è forse più adatta a questo tipo di romanzo ? «Forse. Io ho sempre pensato di realizzare un documentario in cui si discutesse sul valore e sulla genesi del romanzo ma che tentasse anche e soprattutto di restituire le emozioni che da quel libro trasudano. Avevo immaginato una consistente parte di ricostruzioni, che sono più propriamente delle nuances, delle sensazioni tradotte in immagini. Tutto questo ha richiesto un grande lavoro. Scene in costume con ambientazioni storiche, cura della fotografia, del trucco e parrucco, che lo hanno reso un lavoro da vero cinema. Stesso discorso per le musiche di Paolo Petrella, originali e composte appositamente per il docu- mentario. A questo si è aggiunta una lunga fase di montaggio per la ricerca di immagini, fotografie, frammenti e la loro sistemazione e messa a punto». I temi portanti di “Ferito a morte” sono molti. Quali vengono affrontati nel docu-film? «Ne ho estrapolati alcuni su cui lo scrittore insiste. Del documentario esisteva un progetto di partenza dettagliato, su cui ha lavorato Giuseppe Grispello con la consulenza del critico letterario Silvio Perrella, massimo esegeta di La Capria. Quando per varie ragioni Grispello ha abbandonato il progetto e io ne ho preso le redini, ho fatto un’ulteriore selezione. Mi sono soffermato sugli aspetti cardine, ampliando spesso la visione di fondo. Ad esempio mettendo in risalto le figure femminili molto estetizzate, che nell’immaginario del protagonista hanno un valore centrale e che nel progetto iniziale non erano presenti». Nel docu-film, oltre a quelle di Perrella, ci sono preziose riflessioni di La Capria. Qual è il tuo giudizio su di lui? «Ho letto quasi tutta la sua produzione letteraria. Quello che apprezzo di più è la capacità di restare leggero, pur essendo profondo. Uno dei miei pezzi preferiti è tratto da “Lo stile dell’anatra”, quando La Capria paragona la scrittura a un’anatra che nuota: fa un grosso lavoro sott’acqua mentre scivola sulla superficie. Scrivere è questo: un accurato lavoro di scelta dei voca- boli, costruzione, sintassi che però il lettore non deve percepire. Nella prosa italiana La Capria è forse uno dei pochi a seguire ancora questa filosofia. Ed è anche l’unico scrittore italiano vivente ad avere non uno ma ben due “Meridiani” che raccolgono i suoi scritti». In alcuni dei 52 minuti del documentario vengono accostate le parole del romanzo a immagini della Napoli contemporanea. C’è un’attualità nelle parole di La Capria o è la città ad essere rimasta ferma? «Lo ammette proprio La Capria. Napoli non è cambiata, quello che accadeva cinquant’anni fa è cronaca di oggi. È mutata la forma: dal sacco edilizio di ieri si è passati al sacco dell’immondizia, ma logiche e personaggi sono intatti. La parte sociologica del documentario è forse quella meno attinente ai temi classici di “Ferito a morte”, ma secondo me sensata. Anche Perrella nel suo intervento crea un ponte tra passato e presente, accostando il Jolly Hotel di allora al Centro direzionale moderno. Il romanzo è stato il precursore di eventi che si sono verificati o ripetuti con le stesse modalità, per le ragioni che La Capria spiega: una “classe digerente” che vegeta in una città non amata. Immobile e decaduta, affogata in un glorioso passato da cui non riesce a muoversi, ma in cui anzi si crogiola». “Una bella giornata” ha quindi una finalità didascalica? «In parte sì. Uno dei miei obiettivi era raccontare il libro per stuzzicare chi non l’ha letto o ci si è avvicinato in passato e ha l’occasione di tornarci su. Ma anche scuotere le coscienze, sperando che si prenda maggiore consapevolezza dei problemi di Napoli». (Foto: locandina del film; R. La Capria durante le riprese. Foto di G. Fasolino) CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 (27) ARTE I POERIO Fuoco su Napoli Livia Iannotta Più di un gigante silenzioso che guarda dall’alto della sua imponenza la città. Forse anche più di un simbolo, che di solito nell’immaginario collettivo viene dopo la pizza e il mandolino. Il Vesuvio è Napoli. Un memorandum della sua precarietà, che ne fa una città sospesa, sull’impercettibile, costante filo del rasoio. È allo “sterminator Vesevo” che la galleria Al Blu di Prussia (via Filangieri 42), lo spazio multidisciplinare di Giuseppe Mannajuolo diretto da Mario Pellegrino, dedica la sua stagione espositiva. Fino al 20 dicembre, sarà possibile visitare la mostra “Fuoco su Napoli”, personale di Alessandro Busci, pittore e architetto milanese classe 1971. Quarantasette opere, tutti smalti su acciaio cor-ten, di piccolo e grande formato, ispirate al romanzo “Fuoco su Napoli” scritto da Ruggero Cappuccio, vincitore del Premio Napoli 2011, da cui appunto prende il nome l’esposizione. Un ciclo di lavori che focalizza l’attenzione su un vulcano per nulla addormentato, ma che, al contrario, esplode di luce e colori. Vivissimo ed energico nella sua primordialità. Già il re della pop art Andy Warhol rimase affascinato dal monte custode di Napoli, tanto da realizzare un intero ciclo di lavori in cui il vulcano era macchiato di tinte accese e psichedeliche. Quasi spogliato della sua carica distruttiva e armonizzato dalla gioiosità delle tinte. In Busci (protagonista, inoltre, dal 13 novembre alla Triennale di Milano della personale “In alto Milano”, dedicata (28) allo sviluppo architettonico che la città ha conosciuto nell’ultimo secolo) le tele nascono da una «gravidanza di luce». Come scrive Ruggero Cappuccio, autore tra l’altro della presentazione della mostra, «le opere di Busci non si classificano come molteplici inquadrature di uno stesso oggetto, piuttosto la sua mano felicissima tratta le facce dello storico sterminatore come declinazioni di un unico pensiero. È l'idea platonica dell’energia ad imporsi allo stupore dello sguardo. La pittura di Busci fa del Vesuvio un rituale in cui si celebra l'atto di donare al mondo, l'atto di esplodere, l’atto di lanciare energia: l'eruzione come parto. Nascita della luce, nascita della potenza, nascita dell'arte a lungo covata in segreto». E ancora: «La meravigliosa sequenza di vulcani eruttivi che l’artista milanese allinea come una solenne ossessione il cui ripetersi è gradito, racconta di molti Vesuvi che rimandano all’essenza di un primigenio cratere del mondo. La perfetta riconoscibilità del monte napoletano canta nell’aria cromatismi di fuoco». Luce, getti di colore, un groviglio di rossi e di marroni vivissimi illuminano le opere dell’artista milanese. «Una pittura che - scrive ancora Cappuccio - esula dal manierismo della distruttività e della sciagura, per inventare una naturale, misterica danza primordiale dell’armonia». La mostra è aperta dal martedì al venerdì dalle 16,30 alle 20,00; il sabato dalle 10,30 alle 13,00 e dalle 16,30 alle 20,00. Ingresso libero. CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 Quindici pannelli fotografici per ripercorere le biografie di Giuseppe, Alessandro, Carlo e Carlotta Poerio. Fino al 15 gennaio, a Castel Nuovo, sarà in esposizione la mostra fotografica “I Poerio, Storia e Poesia”. Per l’occasione sono stati realizzati pannelli fotografici, su cui sono riportate le notizie biografiche di questi prestigiosi personaggi storici e per ognuno di essi sono stati selezionati documenti che illustrano non solo la loro attività politica e culturale, ma anche il ruolo svolto dalla famiglia Poerio nel corso delle lotte risorgimentali che portarono alla liberazione e all'unità d’Italia. I documenti selezionati ricoprono un arco di tempo che va dall'inizio dell'Ottocento al 1867, anno della morte di Carlo Poerio. Occhio di riguardo Gennaro Della Monica Temi paesaggistici, ricchi di suggestioni che rinviano all'impressionismo francese e alla "macchia dei toscani". Lavori “soffici”, nei temi e nei colori. Le sale espositive di Castel dell’Ovo accolgono, fino al 10 gennaio 2015, la mostra “L’Italia intatta di Gennaro Della Monica”, promossa da Comune di Teramo, Comune di Napoli, Fondazione Marchesa Carla de' Petris e curata da Philippe Daverio, Paola Di Felice, Cosimo Savastano e Claudio Strinati. Gennaro Della Monica, artista abruzzese del 1836, scultore di pregio, oltre che architetto e direttore dei lavori per la realizzazione di un borgo medioevale di notevolissime qualità architettoniche che si intende restaurare e valorizzare per la sua connotazione di eccellenza strutturale e storica, rappresenta la punta di diamante di una serie di espressioni artistiche della regione che da tempo si è cominciato a valorizzare, sottraendole al cono d'ombra che le ha oscurate per un lunghissimo arco di tempo. L'esposizione intende anche sottolineare, oltre al rapporto rinnovato con la natura e l'ambiente, il forte legame con l'Accademia napoletana dell'Ottocento dell’artista, uno di quei "napoletani d'Abruzzo" che apportò linfa vitale allo sviluppo dell'importante scuola ma che, soprattutto, aderì alla Scuola di Resina, chiamata anche Repubblica di Portici, un movimento innovativo e polemico nei confronti di ogni compiacimento edonistico e illustrativo e favorevole ad un continuo approfondimento della conoscenza del "vero poetico". MICHELE TEMPESTA ARTE La stella di Lucio Amelio evento AL MADRE, FINO AL 9 MARZO 2015, LA MOSTRA DEDICATA AL GALLERISTA CHE AVEVA NAPOLI NEL CUORE Michele Tempesta Scomparve vent’anni fa Lucio Amelio. Quel giorno, il 2 luglio del 1994, se ne andò uno degli indiscutibili protagonisti della storia dell’arte contemporanea, il gallerista che amò Napoli al punto da renderla uno dei centri propulsori della produzione e riflessione artistica a livello nazionale e internazionale. E’ stata inaugurata il 22 novembre scorso, al museo Madre di via Settembrini, e si protrarrà fino al 9 marzo 2015 la mostra dal titolo “Lucio Amelio. Dalla modern art agency alla genesi di terrae motus (1965-1982). Documenti, opere, una storia”. Più che un mero percorso espositivo, si presenta come un omaggio alla sua storia e a quella di tanti artisti e compagni di strada che con lui hanno condiviso ricerca e sperimentazione. La mostra focalizza L’arte sublime del collezionista LA RACCOLTA DI OPERE DI ERNESTO ESPOSITO «THE GOBETWEEN» A CAPODIMONTE FINO AL 31 GENNAIO 2015 l’attenzione su un arco temporale che va dal 1965 al 1982, ovvero gli anni fondativi di una solida visione dell’arte che culminerà con la costituzione della Fondazione Amelio e la genesi di Terrae Motus. In esposizione opere di più di cinquanta artisti, risultato di una meticolosa ricerca d’archivio sulle mostre organizzate da Amelio, insieme a un corredo di più di cinquecento documenti storici, molti esposti per la prima volta, provenienti dall’Archivio Amelio e da lettere autografe, fotografie, schizzi di allestimento, inviti, manifesti, libri, cataloghi, brochure, edizioni numerate. La storia artistica di Amelio inizia nel 1965 con l’apertura, a Parco Margherita, di una galleria dedicata ai linguaggi e alle pratiche artistiche più sperimentali: la Modern Art Agency. Altra tappa cruciale è il 20 novembre del 1982 in cui vede la luce la Fondazione Amelio, messa in piedi da Amelio insieme alle sorelle Anna, Lina e Giuliana. Quella data segnerà la genesi di un’altra pietra miliare della sua storia: il progetto Terrae Motus. Si tratta di una collezione in progress (oggi esposta alla Reggia di Caserta) concepita per stimolare la reazione da parte di alcuni dei più importanti artisti dell’epoca ad un evento drammatico e devastante quale fu il terremoto che scosse l’Irpinia il 23 novembre 1980. Ideale continuazione di questa mostra è un museo vero e proprio ubicato in un’ala del convento di Santa Lucia al Monte e dotato anche di sale espositive, spazi per residenze ed attività educative, laboratori, una biblioteca. Ernesto Esposito è un designer di calzature di fama internazionale. Ma oltre a scarpe e bozzetti, la sua vocazione è il collezionismo. Oltre trent’anni fa, a Napoli, con artisti del calibro di Joseph Beuys, Cy Twombly, Robert Rauschenberg, Gerhard Richter, Andy Warhol, inizia una raccolta di opere di arte contemporanea, oggi ricono- sciuta come una tra le più interessanti in Europa. Fino al 31 gennaio 2015, al Museo Nazionale di Capodimonte, sarà possibile visitare “The Go-Between” (l’intermediario, il messaggero), la mostra dedicata alla sua prestigiosa collezione, già esposta in diversi musei europei e americani. Caratteristica peculiare della collezione di Esposito è da sempre l’attenzione PRESEPI UNREST Sarà visitabile fino al 6 gennaio 2015, a Napoli, presso le antiche carceri di Castel dell'Ovo, la 3° Mostra dell’arte Presepiale delle Proloco di Napoli e della sua Provincia. Organizzata dall'Unpli, la manifestazione ha lo scopo di evidenziare come l'Arte Presepiale sia radicata nella tradizione partenopea e di far conoscere la suggestiva atmosfera di cultura dei capolavori realizzati da artigiani, maestri selezionati dalle varie Pro loco, che imprimono di passione le loro opere, tutte di alto livello. La splendida Si chiama “Unrest” la personale di Paloma Polo in esposizione fino all’11 febbraio 2015 alla Galleria Umberto Di Marino di via Alabardieri. Realizzata in partnership con Acción Cultural Española, la mostra costituisce l'anteprima di un progetto pluriennale di ricerca, che vede coinvolte più istituzioni a livello internazionale. Oggetto di studio dell’artista da diversi anni sono le cosiddette “Special Economic Zones” dette anche “Freeports”, regioni geografiche create per cornice di Castel dell'Ovo, poi, rende l'ambiente ancora più magico. La Mostra proseguirà fino al 6 gennaio 2015. L'ingresso al pubblico è gratuito e sarà consentito nei giorni feriali dalle ore 9.00 alle 14.00 e dalle ore 15.00 alle 18.00 e nei giorni festivi dalle 9.00 alle 13.00. IGNAZIO SORIANO Sono proprio i progetti di questo museo da lui ideato per Napoli ad aprire e chiudere simbolicamente la mostra al Madre. Le prime sale vedono esposte opere di quattro artisti italiani: Renato Barisani, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Paolo Scheggi. Seguono poi ambienti dedicati agli artisti dell’Arte Povera, tra cui Pierpaolo Calzolari, Luciano Fabro, Mario e Marisa Merz, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio, insieme alla ricostruzione della personale di Jannis Kounellis con cui, nel 1969, inaugurò la sede della galleria in Piazza dei Martiri. Proseguendo il percorso ci si imbatte nelle opere e nei documenti dedicati alla “Nuova Creatività nel Mezzogiorno” e alla ricerca performativa e teatrale con Vito Acconci, Lea Lublin, Charlemagne Palestine, Gruppo XX, Falso Movimento e Teatro Studio di Caserta. Per poi raggiungere le sale dedicate alla Pop Art e alla “scultura sociale” beuysiana. La seconda parte del percorso, invece, vede esposti artisti come Francesco Clemente, Mimmo Paladino, Nicola De Maria, di Nino Longobardi, Luigi Ontani, Ernesto Tatafiore, accanto a Tony Cragg, Robert Rauschenberg, Gerard Richter e Cy Twombly. Chiude la mostra al terzo piano una selezione di opere fotografiche e filmiche, fra gli altri, di Bernd e Hilla Becher, Fabio Donato, General Idea, Gilbert & George, David Hockney, Mimmo Jodice. rivolta ai giovani artisti, il suo “occhio” e lo scommettere, incondizionatamente, sulle ragioni del nuovo e dell’insolito. Da qui la selezione delle opere in mostra - circa novanta incentrata sulle ultimissime acquisizioni di artisti, di generazioni e provenienze diverse, la maggior parte ancora emergenti, alcuni invece già riconosciuti nel panorama internazionale. A questi si aggiunge una serie di contrappunti, accuratamente scelti tra i “grandi classici” presenti nella collezione Esposito, chiamati a dialogare con le opere ospitate nella Wunderkammer del museo. IGNAZIO SORIANO attrarre investitori esterni in quanto dotate di legislazione economica speciale. Una specifica prospettiva sugli esiti dei meccanismi socioeconomici del modello capitalistico occidentale viene dunque indagata per sottolineare le contraddizioni insite nei processi di normalizzazione. L'artista tenta di assorbire la cultura indigena, ricavandone modelli di progresso e conoscenza da offrire come alternativa a quelli neocolonialistici. Ed ereditando il sapere "scientifico" della comunità in merito alla botanica e ai suoi usi medicinali, Paloma Polo costruisce un suo personale archivio, cercando di restituire non solo le proprietà fisiche delle piante, ma anche l’apparato cosmologico che ne accompagna la fase di raccolta. ANTONIO BIANCOSPINO CHIAIA MAGAZINE •DICEMBRE 2014 (29) LIBRI&LIBRERIE LIBRIDINE Aurora Cacopardo eventi Una piazza un racconto, vince Spinaci LA RIVINCITA DI TOMMY SUCCESSO DELLA XVI EDIZIONE DEL PREMIO LETTERARIO ORGANIZZATO DALLA COMUNITÀ LUTERANA LA CRISI ERA IL TEMA DI QUEST’ANNO “Anno Mirabilis” è il racconto vincitore della sedicesima edizione del concorso letterario “Una piazza, un racconto”, promosso dalla Comunità Evangelica Luterana di Napoli. L’atto conclusivo del premio è stato celebrato mercoledì 26 novembre nella Chiesa Luterana di via Carlo Poerio, con la premiazione dell’autore Alesandro Spinaci. Con lui sul podio, al secondo posto, Cristina Giuntini autrice di “Una nipote d’occasione” e, sul terzo gradino, Maria Adelaide Rubini per il racconto “Scrittrice di sogni”. La serata, inserita nell’ambito della rassegna “Concerti di Autunno”, diretta da Luciana Renzetti, è stata impreziosita dalle letture di Andrea de Goyzueta e dalle musiche (eseguite da Gabriele Pezone al pianoforte e Michele Barbaraci al flauto) appositamente scelte per accompagnare la declamazione di ogni racconto. Le tre opere premiate sono state selezionate, tra le dodici finaliste, dalla giuria composta da Riccardo Bachrach, Christiane Goeben, Maurizio Fiume, Enza Silvestrini e Max De Francesco. I testi, risultati i migliori tra i cinquantasei pervenuti da tutta Italia, sono stati raccolti nel libro “Una piazza, un racconto – Storie in tempo di crisi” edito da “Iuppiter Edizioni” che, ogni anno, pubblica i migliori elaborati in una antologia di racconti brevi che vuole essere un omaggio assolutamente laico a tutti gli amanti delle buone letture. Il volume (acquistabile al prezzo di 10 euro dal sito ww.iuppiteredizioni.it e su Ibs, Amazon e Deastore) rappresenta la testimonianza cartacea dell’iniziativa che permette a tanti autori di confrontarsi, senza alcuna “tassa d’iscrizione”, in una competizione dall’alto valore culturale. ARMANDO YARI SIPORSO Occhio di riguardo «MEMENTO», LA COLLANA DEDICATA AL CINEMA FABRIS PRESENTA AL PAN «CON LE ZAMPE DI ELEFANTE» Sarà presentata il prossimo 19 dicembre dalle ore 20, presso la sede della Run Comunicazione in via del Parco Margherita 35 (Napoli), la nuova collana della Casa Editrice Iuppiter Edizioni, “Memento, scritti dal cinema, per il cinema, sul cinema” diretta dal regista Maurizio Fiume, curatore, insieme allo scrittore, sceneggiatore e giornalista napoletano Angelo Petrella del volume «rosso perfetto/nero perfetto”, raccolta dei migliori script realizzati dai partecipanti ai corsi “Come si scrive un film” e “Scrivere un noir” che si sono tenuti presso la sede la Iuppiter Edizioni in via dei Mille a Napoli. Interverranno alla presentazione l’attore e scrittore Yari Gugliucci, autore di “Secondo Billy Sacramento” (primo libro della collana Memento) e Angelo Petrella. Per avere ulteriori informazioni o per acquistare i volumi della nuova collana editoriale è possibile visitare il sito www.iuppiteredizioni.it. Una guida alla pubblicità tra aneddoti e un pizzico di ironia che può essere considerata un vademecum non solo per i giovani che si approcciano alla pubblicità, ma anche per le aziende che iniziano ad instaurare i primi rapporti con il marketing o che hanno in programma di avviarne. Questo è il libro “Con le zampe di elefante”di Silvio Fabris, per Iuppiter Edizioni, che sarà presentato il prossimo 19 dicembre alle ore 18 al Pan - Palazzo delle Arti di Napoli dall’autore insieme all’assessore alla Cultura del Comune di Napoli Gaetano Daniele e ai giornalisti Espedito Pistone e Pierpaolo Petino. Un libro che non può mancare tra le letture di chi ha in progetto investimenti pubblicitari e relative campagne dal momento che l’esperienza di oltre 40 anni nel settore pubblicitario di Fabris, docente in materia di comunicazione pubblicitaria, viene condivisa con il lettore condotto per mano “dal marketing alla fase creativa”. Il libro è disponibile in libreria e sul sito internet www.iuppiteredizioni.it (30) CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 Monica Florio è Press Office Comunication, P.R. Manager e giornalista. Si interessa di emarginazione, disadattamento, handicap ed omosessualità. Ha pubblicato saggi e racconti tra cui “Il canto stonato della Sirena”e“Racconti di una città smarrita”. Potrebbe chiamarsi a buon titolo “Maestra”, in quanto gli ingredienti che usa sono empatia, disponibilità, tensione etica e creatività. Attingendo al suo bagaglio di conoscenze psicologiche e ad una preparazione letteraria notevole ha saputo dar vita a “La rivincita di Tommy” (Medusa Editrice), una storia di bullismo omofobico in un momento stoico- quale quello attuale nella scuola, nella società e nella famiglia. Individualizzazione, contestualizzazione, senza forzature od anacronismo, ma coordinate funzionali di un lavoro teso a far acquisire una cultura consapevole e problematizzante. Il titolo esprime - con efficacia - le intenzioni e la sostanza del libro. L’autrice deve confrontarsi con un’epoca complessa, critica, segnata da una metamorfosi rapida, spesso ingestibile. Il protagonista ed altri personaggi del libro sono emblematici di una scuola specchio della crisi che attraversa non solo il nostro Paese, ma forse tutto il mondo. La politica inadeguata ed avvilita da ottusità, faciloneria e spregiudicatezza ha asservito la Pedagogia all’ideologia di volta in volta imperante. L’adolescente Tommy troverà solidarietà da Gabriele e Stella, altre due vittime del bullismo e dallo sport che gli consentirà di uscire dallo stato di sudditanza e prostrazione in cui era caduto. Chi scrive ritiene che oggi la scuola rischia paurose derive. A salvarla ed a difenderla ci sono persone come l’autri- ce ed insegnanti - non tutti in verità - ma solo quelli che hanno avuto ed avranno il coraggio di opporsi a chi li vuole belanti esecutori ed utilizzatori di sola intelligenza strumentale. PHLEGRAIOS Il lavoro di Marco Perillo, Phlegraios (Rogiosi Editore), non è solo un racconto storico che indaga su una lettera perduta di San Paolo indirizzata alla comunità Laoedica, ma nasce dall’amore dell’autore per la sua terra - i Campi Flegrei - luogo battuto dai venti, dal fuoco, terra di Storie e di Mito, ove passato e presente sembrano fondersi in un abbraccio di fede e di martirio. E’ la storia di un archeologo dalla vita tormentata da continue domande sul senso del cammino da percorrere per intravedere forse - la trama della Provvidenza. In una necropoli vicino Pozzuoli trova, per caso, un frammento di pergamena sulla quale si intravede un incipit di San Paolo rivolto alla comunità Laodicea. Da qui una serie di scoperte che lo porteranno ad affrontare pericoli mortali per la sua vita e quella di amici cari. L’autore sa suscitare tensione ed interesse; paesaggi e figure. Scenari emblematici scorrono davanti al lettore, situazioni costruite con abilità di vero e verosimile. La storia è narrata con lessico adatto ad essere compreso da tutti, in particolare da un pubblico giovane che sempre necessita di un viatico che ne illumini la strada. L’ultimo capitolo del romanzo che porta il titolo: “La missione” è rivolto ad una visione escatologica aperta alle speranze ed alla luce, frutto di un credo costruito sul campo giorno dopo giorno, in una perenne ricerca di certezze che diano senso e dignità all’umano cammino. IUPPITER i libri di Natale DIVERSI AMORI Viaggio illustrato contro l’omofobia HO SCRITTO IL MIO NOME NEL SANGUE La vita e il genio di Caravaggio Autore: E. Silvestrini - B. Balbi Costo: 14 euro Pagine: 70 Autore: Mariano Marmo Costo: 12 euro Pagine: 124 Mettere a punto la propria identità, nel periodo adolescenziale, è esercizio difficile e spesso doloroso, perché risente dell’approvazione degli altri. E la sessualità è uno dei cardini per il riconoscimento di sé. Quando l’adolescente scopre di avere un orientamento sessuale diverso dal consueto, può sentirsi emarginato, aver paura di essere rifiutato dalla società e spesso anche dalla famiglia. Un libro illustrato contro l’omofobia e per la parità dei sentimenti. Da Roma a Napoli, poi a Malta e in Sicilia, tra taverne, liti, chiese, prostitute, prelati, cavalieri dell’Ordine di Malta, l’autore racconta la vita di Michelangelo Merisi detto “Caravaggio”. Una vita che appare come un turbinio di eventi, in cui creazione artistica, morte, senso di colpa e voglia di riposo si sovrappongono, avvolgendo la storia dell’uomo in un’inestricabile ombra, la stessa che ha reso immortale le sue tele. SECONDO BILLY SACRAMENTO Tutta colpa del fato L’IMPRENDITORE SCUGNIZZO La mia Napoli, le mie sfide Autore: Yari Gugliucci Costo: 10 euro Pagine: 124 Autore: Gianni Lettieri Costo: 18 euro Pagine: 300 Ritorna Billy Sacramento, il personaggio surreale attraverso cui Yari Gugliucci ha raccontato ciò che può accadere ad un attore italiano che lavora a Los Angeles. Questa volta è alle prese col suo funerale. Ma non è il funerale di un comune mortale: c’è la folla di amici e curiosi riservata ai divi. In un lungo “memento”, apprendiamo l’avventurosa storia di Sacramento e i suoi tentativi di trovare un posto nel caotico mondo di oggi. Sarà il fato a travolgere e stravolgere la vita del nostro eroe/antieroe. «Gianni Lettieri è ciò che in America chiamerebbero un self-made man. Un uomo che si è fatto da solo. Uno che ha cominciato da ragazzo, nel ramo commerciale in cui lavorava il padre, e con l'ingegno e anche la furbizia tipica di un napoletano, si è trasformato in imprenditore, capace di uscire dall'ambito geografico e settoriale di partenza, e di aver successo. Questa attitudine, questo tipo di carriera, non è molto ben vista nel nostro Paese, e forse neanche a Napoli» (Dalla prefazione di Antonio Polito). CON LE ZAMPE DI ELEFANTE Guida ironica alla pubblicità IO VI VOGLIO BENE ASSAI Sport, amori e giornalismo Autore: Silvio Fabris Costo: 12 euro Pagine: 236 Autore: Franco Esposito Costo: 18 euro Pagine: 480 Gli “argomenti” sulla pubblicità presentati in questo libro sono stati scritti non solo con l’obiettivo di fornire un supporto ai giovani che incominciano ad entrare nel mondo della pubblicità ma, in particolare, per quelle aziende, medie e piccole, che iniziano ad instaurare i primi rapporti con esso o che hanno in programma di avviarne. Il volume, ricco d’immagini e curiosità, è da considerarsi il primo libro sulla pubblicità «made in Naples». Sport, giornalismo e amori: il romanzo di un intreccio. Personaggi, episodi, e curiosità lungo un percorso scandito da brani di storia napoletana e del costume italiano. Il Napoli, la nazionale di calcio, il nuoto e la pallanuoto, la pallacanestro dei pionieri, il rugby degli scudetti di Napoli, il pugilato e il ciclismo fornitori infiniti di storie, le Olimpiadi e i viaggi in tutto il mondo. Pagine che si leggono d’un fiato e conquistano per stile e forza della passione. I LIBRI IUPPITER EDIZIONI POSSONO ESSERE ACQUISTATI NELLE MIGLIORI LIBRERIE TRA CUI: Libreria Metropolitana (Piazza Cavour, 69 - Napoli) Libreria Iocisto (Via Cimarosa, 20 - Napoli) Libreria Simeoli (Via San Pietro a Maiella, 5 - Napoli) Libreria Neapolis (Via San Gregorio Armeno, 4 - Napoli) Libreria Colonnese (Via San Pietro a Maiella, 32 - Napoli) Libreria Ubik (Via Benedetto Croce, 28 - Napoli) Libreria Fiorentino (Calata Trinità Maggiore 36 - Napoli) Libri&Professioni (Via Santa Brigida 22 - Napoli) Libreria Papiria (via G. Ninni 7/8 - Napoli) Riviera Libri (Riviera di Chiaia, 202 - Napoli) Feltrinelli (Via S. Caterina a Chiaia 23 - Napoli) Feltrinelli (Via S. 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Con “Futuro Remoto”, dopo la devastazione provocata dall’incendio del 4 marzo del 2013, Città della Scienza riparte dai contrari reali o apparenti per rifondare il nucleo della Città. Attraversando ciò che ne resta si respirano una tenacia, una determinazione contagiosa. Le buone idee, quando sono davvero tali, hanno una pervicace capacità di resistenza. Forse per questo il tema del 2014 è il mare. Ripartire dalla radice, lasciata intatta dal fuoco distruttore. Ripartire dall’identità mediterranea di Napoli perché il mare in presenza o in assenza (e penso al libro di Anna Maria Ortese «Il mare non bagna Napoli») ha determinato la storia, la stessa costruzione della città. Un’identità fatta di porti, navi, di uomini e merci che si incontrano o si scontrano sulle rive di un mare che è da sempre percepito come nostrum, come un lago salato sulle cui sponde si affacciano popoli e tradizioni diverse eppure profondamente uniti. È da questa identità che l’Europa ha tratto linfa. È questa identità che Napoli deve riscoprire. Come in un mare nella Città si intrecciano scienza, economia, spettacolo, laboratori, turismo e cultura nei numerosi eventi previsti. E in questo fecondo dialogo tra saperi diversi, la poesia trova dimora per cantare il mare e la libertà nei due incontri del 5 e 6 novembre curati della Fondazione IDIS-Città della Scienza in collaborazione con Pen Club Italia Onlus e con l’Associazione Culturale Neapolesia. È significativo pensare come due aspetti fondamentali della conoscenza e dell’espressione che, per effetto di una pesante eredità culturale ci ostiniamo a considerare separati e opposti, nel mare della Città trovino coerenza e volontà dialettica. ge Brassens si apre la conferenza che, saggiamente calibrata sull’età degli studenti delle superiori che affollano la sala del teatro Galilei, propone un viaggio intorno all’idea del mare, del Mediterraneo. Prima tappa è proprio il testo della canzone di Brassens, un cantautore poeta (ma lui si definiva faiseur de chansons) degli anni Sessanta, nato a Sète (in Provenza) come Valéry. Musica cantabile e sapienti giochi di parole per dire di un naufragio, anche metaforico per indicare la vita, dove gli amici (les copains) vengono d’abord, prima di tutto (ma abord significa anche la prua di una nave). Seconda tappa: la musicalità straordinaria e disperata della poesia «Le coeur vol»e di Artur Rimbaud. Il giovane poeta diciassettenne scappa di casa, ha sete di vita, ma si trova a Parigi durante la Comune, perso in una caserma tra soldati ubriachi che lo violentano e lo dileggiano. Il trauma diventa in poesia farsa grottesca dove si può essere nel contempo vittima e carnefice. Un ritmo visionario, insistente, parole inventate, canagliesche trovate. Ci sono ancora flutti e timoni e battelli come nella canzone, ma qui la Ispirazioni mediterranee: Paul Valéry è il titolo dell’incontro di mercoledì 5 novembre condotto da Maria Teresa Giaveri, professore ordinario di Letterature Comparate all'Università di Torino, specialista di Paul Valéry di cui ha pubblicato vari inediti (con la sua cura e traduzione a fine ottobre 2014 sono apparse in libreria le Opere scelte di Valéry nella collezione "I Meridiani” Mondadori). Dopo un saluto iniziale di Carmine De Falco (Associazione Neapolesia), sulle note di «Les copains d’abord» di Geor- (32) CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 musica non ha più bisogno di strumenti perché è nel ritmo incalzante della parola poetica. Ed ancora (è la nostra terza tappa) il mare vive musicalmente nei versi perfetti di uno dei più perfetti poemi della letteratura: «Cimitero marino» di Paul Valéry. Il mare, divinità incontestabile, il Mediterraneo culla della nostra cultura scientifica, filosofica e letteraria nonché esempio della genesi multiculturale del pensiero europeo. È l'idea proposta da Valéry in un saggio intitolato appunto «Ispirazioni mediterranee». Circolarità perfetta. Il nostro viaggio si compie. Il 6 novembre, la sala del teatro Galilei è di nuovo gremita da studenti. Sono qui per ascoltare parole di libertà, per riflettere su un diritto fondamentale, la libertà d’espressione, attraverso l’incontro con il poeta ungherese Géza Szőcs (nella foto in alto). L’incontro è promosso dal PEN Club italiano e il PEN (acronimo di Poets, Essayists, Novelists) è la più antica associazione di scrittori d’Europa (oggi conta più di 145 sedi nel mondo) che da quasi cento anni promuove la letteratura, Si chiama «Più librerie e meno pensiero fritto», la campagna di sensibilizzazione alla lettura e alla difesa dei centri culturali che Iuppiter Edizioni ha lanciato in questi mesi. L’iniziativa prevede video virali per la promozione del libro, adesivi «di pensiero» distribuiti nei luoghi di aggregazione, incontri sull’evoluzione dell’editoria e un docufilm dal titolo «La rivolta dei libri». intesa come ponte capace di unire popoli e culture, e difende, seguendo ogni anno centinaia di casi, scrittori perseguitati per i loro scritti, per le loro idee. Di questa libertà, della capacità della parola di andare oltre il filo spinato Géza Szőcs (poeta, traduttore, saggista, scrittore, presidente del Pen Club ungherese, tra i maggiori intellettuali romeno-ungheresi viventi) è un simbolo. Il suo destino è iscritto già nel luogo natale. La Transilvania resta un nodo geo-storico complesso: etnicamente ungherese, politicamente rumena dal primo dopoguerra. Un confine non solo geografico che segna la storia collettiva e personale della fiera minoranza magiara cui Szőcs appartiene. Gli anni del regime di Ceausescu (dal 1967 al 1989) furono durissimi. Per i suoi scritti clandestini la polizia segreta lo perseguita. Durante le frequenti perquisizioni viene arrestato, le sue opere distrutte, gli vengono spezzate le gambe ed infine viene condannato a morte. Una delegazione di scrittori americani in visita in Romania conosce il caso Szőcs, ma sono qui in pace e hanno avuto disposizione di non creare problemi. Ma di questa delegazione fa parte un poeta americano di origine pellerossa: William Least Heat Moon che non riesce a tacere, vuole e ottiene la parola e la sua parola diffusa via radio diventa la salvezza, diventa per Szőcs l’esilio che vale la vita. In bilico tra passato e divenire la sua poesia racconta l’orrore delle perquisizioni, di audiocassette gettate nel fiume nell’attesa della polizia, dei balzi compiuti dal cuore e del fratello indiano che diversamente da altri non ci lascia nei guai e a cui si può confessare che neppure la riserva noi abbiamo. Molte volte un ghetto, una riserva, se ci fosse, ci servirebbe. Alla poesia e alla parola Szőcs affida il suo messaggio che viene da una distanza così remota eppure così prossima che è quasi appartenenza. La libertà della parola, ci insegna Szőcs con voce sommessa ma salda, ha resistito per migliaia di anni ad ogni coercizione. Quando l’emozione si scioglie in applauso anche le generazioni nuove che non hanno vissuto il dramma dei regimi sanno che la libertà d’espressione non si misura solo dalle condizioni e che anche in presenza di libertà politica la nostra espressione può essere schiava e che, al contrario, anche in condizioni di soggezione, il nostro pensiero può essere libero se nutriamo la fiamma della nostra dignità umana. Che ciascuno possa alimentare la sua. SOCIETÀ&COSTUME «Queen e.» la moda è versatile Laura Cocozza «No size, no age» è l’innovativa idea che fa da filo conduttore alla collezione di abbigliamento femminile «Queen e.» ideata da Elisabetta Reale e presentata recentemente a Napoli presso il negozio d’arredamento «Les Etoiles», in via Vittoria Colonna. Abiti, casacche, bluse, camicie, pantaloni, capispalla, gonne e top dal taglio semplice, quasi essenziale, realizzati in tessuti elastici e confortevoli. Pezzi multiuso facilmente abbinabili con accessori o altri capi dell’armadio, e che si adattano a tutte le fisionomie, evitando così alle donne lo stress del numero di taglia o la preoccupazione che l’indumento scelto non sia adatto alla propria età. Insomma, una collezione pensata da una donna per le donne. E non solo per l’idea di eliminare lo stress di taglie e fogge improbabili, ma anche perchè i capi sono tutti lavabili in casa e non hanno bisogno di essere stirati. Inoltre, la palette di colori è vastissima: quasi 500 quelli che caratterizzano la linea di abbigliamento, cosicchè ciascuna cliente, dopo aver visto il capo basic, può decidere e scegliere il colore che meglio si addice al suo gusto. Si direbbe, insomma, un approccio quasi scientifico alla moda, quello della Reale. E in effetti se si considera che stiamo parlando di una donna che fino a poco tempo fa faceva a tempo pieno l’ingegnere edile, non c’è poi tanto da stupirsi se le sue creazioni sono “costruite” addosso alle donne e architettate in modo da adattarsi ad ogni esigenza. A dimostrazione della fondatezza del principio ispiratore della sua collezione, la Reale ha voluto che a sfilare non fossero modelle professioniste ma quelle che lei stessa Scatti dal fashion happening organizzato presso il negozio Les Etoiles in via Vittoria Colonna per la presentazione della linea di abbigliamento «Queen e.» di Elisabetta Reale ha definito “fotomonelle”: amiche, mamme, figlie, nonne, nipoti. Donne giovani e meno giovani, magre e rotondette, di altezza medio alta e medio bassa. Insomma donne “normali” per età e fisicità che si sono prestate, per amicizia e divertimento, a fare le indossatrici per una sera. A sfilare nel negozio stracolmo di gente c’erano: Francesca Frendo, Rossella Liotti, Mariacarmen Vitobello, Paola Regine, Francesca di Gennaro, Caterina Villari, Carla varriale, Giovanna Spena, Giovanna Brunese, Rosy Numeroso, Mariangela Credendino, Annalisa Tirri, Manuela Spera, Silvana Mohamed, Eleonora Marini, Claudia de Biasio, Daniela Altiero, Francesca Di Gennaro. E le "giovani" Lucilla Boccalatte, Francesca Blasi, Elisabetta Mezzino, Federica Altiero, Carolina De Rosa, Ludovica Blasi, Lorenza e Brunella Villari, Ludovica Liotti, Giorgia Marini, Giuppy e Camilla de Blasio, Giulia D'orta. Ad impreziosire i capi ed esaltarne la versatilità, c’erano anche i gioielli di Gisella Gallotta (Jewels)e gli accessori di Chicca Sbordone e Flavia Palombo (We Two). Per saperne di più l’infoline è 0815738011. Bruno&Pisano, tempo di Heritage Il raffinato “club dell’orologio” Bruno & Pisano 1948 creato dalle sorelle Barbara e Domitilla Pisano in via Calabritto, si è arricchito di un nuovo marchio, la maison Mont Blanc. Al nuovo arrivo è stata riservata una serata dedicata alla collezione di orologi Heritage, presentati ai clienti intervenuti, tra curiosità e spiegazioni tecniche, da Salvatore Ferrara della Montblanc Italia. Trattandosi di un marchio che deve la sua fama soprattutto alla scrittura, non poteva mancare un omaggio alla penna, di cui si presentava in anteprima la special edition John F. Kennedy che commemora il più amato presidente degli States con resina blu a ricordo del periodo da lui trascorso in Marina Militare, le sue iniziali sulla clip e i tre anelli del cappuccio a simboleggiare i fratelli. l.c. Iuppiter Movie, «corto» sulle morti bianche È terminata la fase di post-produzione del cortometraggio “I frutti del lavoro”, l’opera targata Iuppiter Movie del regista e sceneggiatore salernitano Andrea D’Ambrosio, già autore di documentari di denuncia tra cui Biùtiful Cauntri. Il tour promozionale partirà a gennaio e avrà come prime tappe Vibonati, Salerno e Napoli. Protagonista della storia è Carlo, insegnante tornato al proprio paese per lavorare in una scuola elementare, che si affezionerà al piccolo Dario, vivace e sensibile bambino al cui padre accade un grave incidente sul lavoro. Nel ruolo del protagonista Enzo Decaro (nella foto), il famoso attore porticese con una carriera spesa tra cinema, teatro e televisione, mentre la vera novità del corto è l’esordio cinematografico nel ruolo di Dario del napoletano Gabriele D’Aquino, che a nove anni può vantarne già quattro di esperienza in teatro oltre ad una partecipazione al Napoli Teatro Festival. Un cast di qualità dal quale citiamo gli attori Alberto Franco, Umberto Iervolino ed Eva Immediato. Prodotta dalla società Iuppiter Group che, dopo il campo dell’editoria e della comunicazione, esordisce in quello cinema- tografico con il marchio Iuppiter Movie, l’opera si pone un doppio fine: quello di sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica sul delicato tema delle morti bianche e della sicurezza sul lavoro ma anche di mostrare le bellezze e i tesori del Golfo di Policastro. Avvalendosi del sostegno dell’INAIL e dell’Università di Salerno, dei contributi del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, della Banca di Credito Cooperativo del Cilento e Lucania Sud, della Consac Gestioni Idriche, e del patrocinio del Comune di Vibonati, la produzione, che ha già in cantiere un docufilm sui beni confiscati, e il regista D’Ambrosio, che ha da poco terminato le riprese del film “Due euro l’ora”, hanno scelto come location il borgo salernitano di Vibonati sia per l’innato “talento” paesaggistico sia per le caratteristiche di un territorio che è stato set ideale per la riprese. E, grazie all’interessamento di enti pubblici e a sinergie con associazioni e centri di aggregazione, il cortometraggio avrà un respiro nazionale con la partecipazione a festival dedicati a tematiche sociali, con l’obiettivo di promuovere il lavoro sicuro, per goderne i frutti. IGNAZIO SORIANO CHIAIA MAGAZINE •DICEMBRE 2014 (33) MODE&MOVIDA NIGHT STORM Fabio Tempesta SOHO ROOMS IL CLUB A TUTTO OSCAR Il divertimento non ha confini, la vita notturna impazza in tutte le grandi metropoli. Questa volta esploriamo il mondo del jet set russo. Mosca, dopo la caduta del muro di Berlino, è diventata la capitale del lusso, dell’eleganza, dell’Entertainment e dello Show Business. Sono tanti i turisti italiani (tra cui molti imprenditori e studenti napoletani) che vanno a Mosca alla ricerca di nuovi stimoli per sognare ad occhi aperti. Ed è il Soho Room di Mosca il club, anzi il Tempio indiscusso del divertimento, che richiama il popolo della notte e le star di tutto il mondo. Il Soho Rooms rappresenta l’eccellenza mondiale del clubbing per lo stile e per i suoi fantastici party. Inaugurato nel 2008, il club in pochi anni si è affermato come meta dei personaggi più noti del mondo dello spettacolo, della moda, della politica e del business. Tra le Guest Star di fama internazionale, il Soho Rooms vanta celebrità del calibro di Giorgio Armani, Johnny Depp, Kelly Rowland, Silvio Berlusconi, Demi Moore, e tanti altri. Il Soho Rooms è anche un Brand, un vero e proprio marchio, con una linea di abbigliamento e accessori, pubblicizzata da molte star di Hollywood, tra cui l’attore Vin Diesel di “Fast and Furious”, che ha prestato la propria immagine. Grazie a moltissime Star del cinema e personaggi famosi, il brand Soho Rooms acquisisce giorno per giorno popolarità in tutto il mondo. Il Club moscovita è il gioiello dell’imprenditoreproprietario Dmitry Braude, un veterano della scena Nightlife di Mosca. Progettato con gusto e perfettamente organizzato, il locale di Braude si presenta in maniera originale: diverso dagli altri e luogo d’élite, in grado di soddisfare l’esigenze di ogni cliente. Bella gente Calendario 2015, Facenight da favola Solidarietà e movida, con un pizzico di magia, sono gli ingredienti principali del calendario Facenight 2015: tema ricorrente delle pagine dedicate al nuovo anno sono infatti le favole. Il premio dedicato a tutti coloro che lavorano nel mondo dei club, che con la loro attività allietano il tempo libero dei napoletani, propone 13 scatti ispirati alle storie di fantasia che ci hanno fatto sognare da piccoli interpretandole, con ironia, attraverso i volti dei vincitori dell’edizione 2014 di Facenight. Sarà cappuccetto rosso ad aprire il 2015 che sarà invece chiuso dalla quarta di copertina ispirata alla “Carica dei 101”. Ideatore e realizzatore del progetto è il giornalista napoletano Tommy Totaro che ha affidato la macchina fotografica a Pasquale Arcopinto (vincitore del premio Facenight 2013), la realizzazione dei costumi a Fulvia Rosi Gagliardi e l’impaginazione a Guido di Bonito. Presentato lo scorso 6 dicembre allo Smove, in vico dei sospiri a Chiaia, il calendario di Tommy Totaro VIKY PARKER per cui apriti cielo… Ovunque andrà, si porterà dietro una marea di fan, innamorati persi o meno non conta, fatto sta che con lei mantenere l’ordine pubblico sarà davvero un problema. Gli eventi di un certo spessore sono, si fa per dire, il suo pane quotidiano, ma quello a Villa Vittoria il mese scorso è stato il suo vero Diadema, anche per il coinvolgimento di Adriano Marmorino from Ibiza e di quell’Umberto Martinez che è sempre più richiesto in tutta la Campania, chissà perché…. GIULIANA GALASSO Brava lo è già, eccome, ma con il Premio Facenight (34) mostrerà i protagonisti del “by-night” partenopeo sotto una nuova veste. Le vesti, per la precisione, di principi e principesse delle fiabe più note. Da Biancaneve a Cenerentola, da Pinocchio ad Alice nel paese delle meraviglie, passando per La bella addormentata nel bosco e Peter Pan, senza dimenticare Aladin e La sirenetta. Ci sono tutte le favole più note interpretate dai re e dalle regine della movida per una buona causa: il ricavato della vendita dei calendari con i protagonisti degli Oscar del by night sarà infatti in parte devoluto, per avvicinare i giovani alla musica, alla Fondazione “‘A Voce d’’e creature Onlus”, l’organizzazione di don Luigi Merola, con sede nella storica “Villa di Bambù”, confiscata alla criminalità organizzata e data in comodato d’uso gratuito dal Comune alla Onlus, per aiutare i circa 150 ragazzi dai 6 ai 18 anni, che vengono seguiti da educatori volontari tra insegnanti, studenti universitari e liberi professionisti. fatto di non riuscirla a vedere più se non in tv con number two… ANTONELLA AVALLONE KATHRINE ADDAMS 2014, come miglior speaker radiofonico dimostrerà di essere anche bella, ragion CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 Per il clubbing partenopeo è considerata “la venere nera”. Kathrine Addams. modella, due occhi intensi e dolcissimi, una grande bocca sensuale. Una massa di capelli neri lunghissimi che le incorniciano il viso, sottolineando le sue origini statunitensi.. Bellissima!!! Cosa aggiungere se non il Napoletana purosangue, Antonella è la regina dei balli latini all’ombra del Vesuvio. L’eleganza e la sensualità dei movimenti che piu’hanno conquistato i salseri doc. Vederla ballare è un vero piacere. E’ proprio vero che quando si ha la musica nel sangue si riesce a ballare anche sul suono di un violino stonato, ve lo posso assicurare. TEATRI SGUARDI LONTANI Francesco Iodice DOMENICO CIRILLO, MEDICO PATRIOTA IL CARTELLONE DI NATALE Nel segno di Eduardo Ricco il carnet di spettacoli teatrali a Napoli nel periodo delle feste. Due le commedie di Eduardo che verranno proposte in città: «Il sindaco del rione Sanità» al teatro San Ferdinando, con Eros Pagni e la regia di Marco Sciaccaluga; «Le voci di dentro» al teatro Bellini con Toni e Peppe Servillo (nella foto). Teresa Mori Napoli si abbiglia per il Natale…e lo fa in grande stile. In effetti quando parliamo di Natale a Napoli si pensa immediatamente ai presepi e alla strada dei pastori, San Gregorio Armeno, quell’anfratto conosciuto in tutto il mondo. Ma Natale a Napoli, per fortuna, non significa solo luminarie e mercatini di chincaglierie e dolciumi, ma anche mostre, eventi culturali e serate in grande stile. Cartelloni teatrali zeppi di eventi meravigliosi, programmazioni create ad hoc per queste sere di festa: dalla musica da camera alla grande opera lirica, dal teatro napoletano della tradizione all’innovativa prosa. Il teatro per tutti con un offerta variegata adatta ad ogni pubblico, anche ai più piccoli. Iniziamo col lirico più importante e più antico d’Europa: il teatro di San Carlo venerdì 12 dicembre inaugura la sua stagione lirica. In scena «Il trovatore» di Giuseppe Verdi con repliche fino al 20 dicembre. Dirige Nicola Luisotti. La regia è di Michal Znaniecki con la partecipazione esclusiva dell’artista Michal Rovner che ha creato un impianto unico per questa importante occasione. Si continua con la grande danza: dal 30 dicembre al 5 gennaio, la più bella fra favole di Natale. In scena «Lo Schiaccianoci» di Pyotr Il'yich Tchaikovsky per le coreografie di Alessandra Panzavolta riprese da Marius Petipa e Lev Ivanov. Passiamo al Mercadante, San Ferdinando e Ridotto che assieme formano il Teatro Stabile di Napoli. Dal 26 dicembre al 11 gennaio, al San Ferdinando, sala di proprietà della famiglia De Filippo dal 1946, va in scena «Il sindaco del rione Sanità» di Eduardo de Filippo per la regia di Marco Sciaccaluga. Eros Pagni torna allo Stabile di Napoli come protagonista de Il sindaco del rione Sanità, recitando per la prima volta in napoletano. Un incontro importante, per l’attore così come lo fu per Marco Sciaccaluga. Nella sala invece del Mercadante dal 10 al 21 dicembre vedremo «La Alzi la mano chi non ha abitato, o non ha attraversato in vita sua una piazza o una via intitolata a Domenico Cirillo. Non vediamo mani alzate. E ciò perché in Campania (e non solo) ogni città, ogni paese - sia pur piccolo - ha voluto ricordare il grande medico patriota. Visitando la bellissima Farmacia Antica degli Incurabili - di cui sarà d’obbligo trattare quanto prima - inevitabilmente la mente corre a Cirillo che, tra l’altro, fu medico dell’ospedale nel quale portò avanti i suoi studi sugli insetti («Fu la prima persona che studiò insetti in questa città», scriverà da Napoli O. G. Costa”) e sulla sifilide. Laureatosi giovanissimo in Medicina ventesimo medico della sua casata, a 21 anni già insegnava patologia medica e botanica, nell’Università di Napoli e agli Incurabili. Cirillo era cresciuto in un giardino botanico coltivato dallo zio Santolo presso Villa Bisignano a Barra. Egli raccoglieva insetti, annotava le località in cui vivevano, accompagnava le sue ricerche con disegni di alta professione, ché l’amore per l’arte gli veniva dal suddetto zio, anche famoso pittore. Domenico Cirillo fu medico della famiglia reale, direttore del museo di storia naturale, fervente illuminista, diede la precedenza ai poveri nel somministrare cure e scrisse numerose opere scientifiche. Oltre che medico di valore, applicò la Clinica terapeutica alla professione della signora Warren» di George Bernard Shaw per la regia di Giancarlo Sepe. Con Giuliana Lojodice, Pino Tufillaro, Fabrizio Nevola, Federica Stefanelli e Roberto Tesconi e con la partecipazione di Giuseppe Pambieri. La produzione è del Teatro Eliseo. Più intrigante e leziosa è la programmazione del teatro Bellini. Dal 10 al 28 dicembre «SOME GIRL(S)» una commedia seducente e acuta, nata dalla penna di uno degli autori americani più acclamati della generazione post-Mamet, Neil LaBute. Un giovane uomo, insegnante e aspirante scrittore, prima di sposarsi decide di fare un viaggio a ritroso nella propria vita, mettendosi in cerca delle proprie ex, per sistemare, come dice lo stesso autore, “il casino che ha combinato nella sua vita sentimentale lungo la strada verso la propria maturità”. Ne emerge il tragicomico ritratto, in bilico tra Rohmer e Voltaire, di un uomo-bambino: un adolescente che barcolla tra paura di impegnarsi, senso di colpa e una spietata am- sifilide e la Semeiotica principalmente allo studio del polso. Si dedicò - raro esempio di scienza integrata - alla medicina pratica, alla didattica e alla ricerca, approfondendo gli studi sulle malattie veneree e comprese l'importanza sociale della scienza medica opponendosi al degrado della classe medica e delle strutture ospedaliere. Durante la Repubblica Napoletana inizialmente si dedico più che mai alla sua attività di medico: si racconta che se veniva chiamato da un ricco e da un povero preferiva visitare prima il povero e poi il ricco, dicendo che: «l'arte salutare deve esercitarsi a sollievo della misera umanità e non come strumento per procacciarsi ricchezze». La sua rivoluzione fu anche essere ogni giorno al capezzale dei malati - ricchi o poveri: tutti uguali. Pare che lord e lady Hamilton, d’accordo con lord Nelson avessero invitato Cirillo a chiedere la domanda di grazia al re, ma che egli rifiutò. Avrebbe detto Viviani: «Guarda dove è finito l’onore di un grande medico e patriota: nelle mani di immorali stranieri!». Venne giustiziato il 27 ottobre 1799 con Eleonora Pimentel Fonseca e Mario Pagano. Con lui spariva anche il prezioso orto di Barra, ma il seme del futuro Orto Botanico ormai era stato gettato. Una lode merita il comune di Grumo Nevano, in cui Cirillo era nato, perché ha dedicato al suo figlio migliore una scuola media, una statua nella piazza centrale, uno dei corsi principali del paese, e la biblioteca comunale. bizione che lo spinge, un po’ per cinismo, un po’ per incoscienza, a consumare e manipolare le donne della sua vita. La regia è di Marcello Cotugno. Anche al Bellini il clima natalizio porta una bella favola d’amore: 26, 27 e 28 dicembre, «La bella addormentata» è portata in scena dalla compagnia Balletto del Sud con le coreografie di Fredy Franzutti. Ed infine si chiude in “grande bellezza”, dal 2 al 18 gennaio, ritornano a Napoli i fratelli Toni e Peppe Servillo con «Le voci di dentro» di Eduardo De Filippo. Toni Servillo torna a lavoro sulla drammaturgia napoletana e in particolare all’amato Eduardo, a dieci anni di distanza dal successo di «Sabato domenica e lunedì». Passiamo al piccolo ma sempre pieno teatro Diana che propone dal 17 dicembre all’11 gennaio lo spettacolo scritto e diretto da Carlo Buccirosso «Una famiglia quasi perfetta». Una coppia normale, come tante. Si innamora e subito è desiderosa di mettere al mondo un figlio. Esami, controlli tutto in regola. Ma il bambi- no tarda ad arrivare. Spermatozoi pigri, allora, si rivolgono al guru dell’inseminazione artificiale. E infatti arriva il giorno, il bambino tanto atteso nasce. Ma…Una commedia esilarante a quanto pare con un finale a sorpresa! Anche al Diana la grande musica è protagonista: lunedì 12 gennaio va in scena «Pianoforte a 5 stelle», suonano Luis Bacalov, Danilo Rea ed Albero Pizzo. Al teatro Augusteo, infine, da venerdì 12 dicembre a giovedì primo gennaio andrà in scena il nuovo e super atteso lavoro teatrale diretto ed ideato da Alessandro Siani: «Stelle a metà» interpretato da Sal Da Vinci e da un gruppo di attori/ballerini giovanissimi. Due grandi nomi. Molto amati a Napoli. Due giovani artisti che vogliono tentare con questo spettacolo di recuperare e tramandare la tradizione musicale e culturale di Napoli. Si preannuncia un Musical molto attuale. Talento, giovani, musica, speranza ed amore con Stelle a metà per questo Natale al teatro Augusteo. CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 (35) LAPILLI Terni&Favole. Alla Tabaccheria Postiglione di Largo Ferrandina a Chiaia il clima del Natale si respira ovunque. Tra carta-regalo, pacchetti e pacchettini, gingilli natalizi e gratta&vinci, il via vai della clientela è inarrestabile. Nella sua postazione delle favole, assediato da numeri al lotto e “turista per sempre”, Alberto Postiglione snocciola le combinazioni delle feste: «Anche per queste festività voglio riproporre i numeri della Meraviglia: 58 - 72 - 90. Questo terno va inseguito sulle ruote di Bari, Milano e Napoli almeno per 12 estrazioni. Per chi, invece, ama gli ambi ecco una sfilza di “coppie” in cui credere: 28-32; 46-48, 81- 90, 24-31, 26-16. Ambi da giocare sulle ruote di Napoli, Roma e Milano almeno fino al 10 gennaio. Intanto, una signora, dopo aver evitato una buca sul marciapiede, entrando nel negozio si sfoga: «Napoli è bucata e noi siamo le cavie. Chissà per quanto lo saremo ancora...». Postiglione, ascoltando la signora, sgranando gli occhi chiari, sforna il terno della buca: «Signora, si giochi questi numeri: 56 la caduta, 34 la buca e 90 la paura. Insegua questa combinazione almeno fino a metà gennaio sulle ruote di Napoli e Roma». La signora sorride e segue il consiglio. Il via vai continua tra regali e speranze. Supersud, opera scritta e cantata SUCCESSO DELLA «CANTATA» DEL MAESTRO AMORELLI ISPIRATA AL SAGGIO DI DELLA CORTE Armando Yari Siporso E’ stata eseguita lo scorso 29 novembre, nel suggestivo scenario della Cripta della Chiesa dello Spirito Santo di Tore Annunziata “La Cantata di Supersud”, l’opera lirica ispirata al saggio storico “Supersud - Quando eravamo primi” del giornalista ed economista Mimmo della Corte, per Iuppiter Edizioni. Alla presenza di un pubblico numerosissimo, il tenore Saverio Stornaiuolo, supportato dal Coro Polifonico Salesiani di Torre An- nunziata, ha eseguito l’opera composta dal maestro Giancarlo Amorelli. L’evento, che si è avvalso della collaborazione del Forum Giovani di Torre Annunziata, del gruppo Scout Agesci e del periodico Il Gazzettino Vesuviano, si è poi concluso con un intervento del giornalistaeditore Pietro Golia. Il saggio “Supersud” propone una dettagliata ricostruzione della storia dell'Unità d'Italia e rappresenta, come ha scritto nella prefazione Marcello Veneziani, «una ragionata difesa del Meridione e delle sue ragioni storiche, non solo ripercorrendo i primati del Sud ma anche dedicando la seconda parte del saggio ai giornali meridionali pro e contro il processo risorgimentale che mostrano un fervore e una presenza attiva di una borghesia intellettuale e civile nel sud tutt'altro che marginale». Il maestro Amorelli e il tenore Stornaiuolo, affermati artisti e tra gli esperti più apprezzati della musica del Settecento napoletano, hanno avuto l’idea di interpretare musicalmente il saggio di Della Corte per «ricreare sonorità e sensazioni dell’epoca attraverso un intreccio di parole e note pensato soprattutto per far rivivere al pubblico le passioni, le attese e le speranze del popolo del Sud». Dopo il successo editoriale, che ha visto anche diverse scuole adottare il testo di Mimmo Della Corte, la storia del Meridione, diventata musica di qualità, ha riscosso notevole interesse di pubblico e critica sia alla presentazione presso il Circolo Ufficiali dell’Esercito di Napoli, sia in questa seconda tappa nella Chiesa dello Spirito Santo di Torre Annunziata. Valeria Golino e «Il meglio di te» per Nisida Grande successo per il galà di beneficenza della Fondazione “Il meglio di te – ONLUS”. Nella splendida cornice del Circolo Ufficiali dell’Esercito Italiano, tra le storiche e prestigiose sale di Palazzo Salerno, in Piazza Plebiscito a Napoli, si è svolto l’evento organizzato dalla ONLUS napoletana per finanziare i progetti filantropici che, dal 2005, porta avanti per i giovani che versano in condizioni di difficoltà a Napoli, in Italia e nel mondo. Ospite d’onore della serata è stata l’attrice Valeria Golino che ha incantato con il suo fascino i tantissimi ospiti che hanno gremito le sale del Circolo. Insieme a lei si sono alternati sul palco l’attore Alessandro Bolide che, reduce dai successi della trasmissione Made in Sud, ha portato la sua comicità tra le sale di Palazzo Salerno e Brunello Canessa e i “Fiori Rosa Lucio Battisti Rock Tribute” che, insieme al DJ Aldo Cappelli, hanno dato vita ad una splendida serata danzante. Ha condotto la serata la giornalista Serena Albano. La presidente della Fondazione Il meglio di te – Fulvia Russo – insieme agli altri fondatori della ONLUS - Dino Gravina (36) CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 e Gino Turino, ha tracciato, dal palco, un bilancio delle attività filantropiche che, negli ultimi anni, hanno permesso di sostenere tanti giovani in difficoltà. L’avv. Russo ha poi offerto a tutti gli artisti alcuni speciali manufatti marchiati “ ‘Nciarmato a Nisida”, realizzati dai ragazzi dell’Istituto Penale Minorile dell’isola nell’ambito delle attività di laboratorio che la ONLUS gestisce presso la struttura detentiva. Le stesse opere che possono essere richieste alla Fondazione, a fonte di una donazione, come bomboniera o dono solidale per sostenerne i progetti benefici. Opere che la stessa Valeria Golino si è soffermata ad ammirare nel corso della serata, esprimendo il proprio compiacimento per l’attività della Fondazione e per il talento dei ragazzi che Il meglio di te supporta. La grande partecipazione di pubblico e l’affettuoso coinvolgimento dei tanti ospiti intervenuti hanno dimostrato, ancora una volta, la crescita esponenziale che questa organizzazione benefica partenopea sta registrando negli ultimi anni, riuscendo ad aiutare un numero sempre crescente di giovani contesti difficili del mondo. Per conoscere tutti i progetti della ONLUS si può visitare il sito www.ilmegliodite.it A. YARI SIPORSO LAPILLI Di Mare, poeta e tassista PUBBLICHIAMO DUE COMPONIMENTI DELL’AUTORE NAPOLETANO Maurizio Di Mare (nella foto) nasce a Napoli nel 1958. Poeta e tassista, autore di poesie in italiano e in napoletano. Della sua produzione pubblichiamo due componimenti: “‘O ‘gnurante” e “Natale 2014 - Spera”. Si m’addimanasse ched ‘ è chella cosa ca cchiù me fa paura, / te rispunnesse mmo mmo,e contrariamente a ‘o penziero ‘e tanta ggente, / can un è ‘a vicchiaia, pecchè vene chianu chiano ca manco te n’adduone.../ nun è ‘a miseria, pecchè nun songo maje stato nu tipo pretenzioso…/ nun è ‘a morte, pecchè qanno cala ‘o sipario,nzierre ll’uocchie e tutto fernesce. / A mme ‘a cosa d ‘ a vita ca cchiù me fa paura è ‘o ‘gnurante. / ‘O ‘gnurante è n’albero senza foglie…è nu deserto ‘e sale…è na rosa tutta spina…/ è nu vascello mmiez’ ‘o mare senza vele e senza timone…/ ‘A relatà a vede sempe rivolta o’ ppeggio ‘o mmale ca pare tene a ll’uocchie lente / cu diottria cchiù diciotto. / ‘E ggiudizzie e ll’opinione da isso espresse sso’ sultanto frase fatte rubacchiate ‘a / chisto o ‘a chillo ca sulo pe nu caso furtuito cascano a penniello, ma troppi vvote nun c’acceccano pe nniente. / ‘A cosa però ca cchiù me fa mpazzi’, è quanno guardannete rint’a ll’uocchie te dice / “Nun songo comme a te”... “ Songo nu sempliciotto” “songo nu superficiale” …/ e ppo’ strignennete e ‘mmani… “Siente a mme… Fa comme faccio io… e vide ca / certamente nun te truvarrje male”. Non voglio ricchezze, lodi, plausi, / cerco disperatamente il profumo del / muschio selvatico, il tepore del ceppo / al fuoco, lo scintillio degli alternanti / baci di luci colorate sugli addobbati abeti. / Una espressione di note, i versi di poeta / errante, che soave melodia conquisti il cuore, / e, come come voce dolce e penetrante, liberi / l’animo. Che viaggiando in lungo e / largo doni alle lacrime il sorriso, all’essere la / voce e l’umanità da tempo colpevolmente / relegate nell’oblio, e, la ragionevolezza agli intenti. L’ORA LEGALE Adelaide Caravaglios IL VESTITO DELLO SCANDALO Non sempre criticare l’altrui modo di vestire, magari anche con qualche apprezzamento volgare sull’aspetto fisico, trova – come si dice – “il tempo che trova”: infatti, se tali commenti vengono postati sulla pagina Facebook di qualche utente si rischia addirittura una condanna per molestie ex art. 660 del codice penale. È successo ad una giornalista del livornese, la quale per diverso tempo si è vista importunare “con ripetuti e continui apprezzamenti volgari e a sfondo sessuale sul fisico e sul seno” che, alla fine, l’hanno costretta a modificare il proprio modo di vestire. Responsabile di questa focosa corrispondenza il suo caporedattore, assolto in primo grado “perché “il fatto non sussiste”; colpevole, invece, in secondo e condannato alla pena di un mese di arresto. Ricorso in Cassazione (sentenza n. 37596/2014) l’uomo, però, ha avuto ragione ma non perché non colpevole, bensì perché il reato si era estinto per prescrizione. Nelle motivazioni della sentenza, gli ermellini hanno evidenziato come i due diversi esiti della controversia (e, cioè, l’assoluzione in primo e la condanna in secondo grado) erano legati ad una discorde interpretazione del concetto di “luogo aperto al pubblico”, requisito richiesto dall’art. 660 c.p. per la configurazione del relativo reato: per i giudici del tribunale, infatti, il fatto non era previsto dalla legge come reato in quanto era stato commesso “utilizzando l’indirizzo di posta elettronica” che non può considerarsi tale; viceversa, per quelli di secondo, il messaggio, inviato sulla pagina facebook della vittima, era entrato in una community aperta “evidentemente accessibile a chiunque”: ergo il reato andava punito. Fatto sta che alla fine la condanna non c’è stata. Wow, le rughe sono un ricordo NASCE LA CREMA DI BELLEZZA CREATA DAI NEOLAUREATI DELLA FEDERICO II DI NAPOLI Cucitalia, spazio alla tradizione Si ritorna ai vecchi aggiusti di un tempo. Quelli in cui si cimentavano le nonne se c’era bisogno di fare un orlo al volo, di sostituire un colletto o di applicare un bottone caduto dalla camicia. In tutto questo è specializzata Cucitalia, una tradizionale sartoria napoletana, nata nel 2005 e situata in via dei Mille 82, qualificata in aggiusti sartoriali, sia per negozi che per privati. E non solo. Cucitalia è anche esperta nella realizzazione di capi su richiesta per uomo, donna e bambino. Abiti su misura (camicie, tailleur, vestiti ecc), realizzati appositamente per il cliente in base ai suoi gusti e alle sue esigenze, avvalendosi delle migliori competenze e tecniche sartoriali ereditate dalla tradizione napoletana e non perdendo mai di vista un ottimo rapporto qualità prezzo. Una crema antirughe rivoluzionaria, efficace in venti minuti e totalmente priva di additivi. Nasce in una start-up tutta napoletana, Aqma, un prodotto che ha già conquistato le simpatie della clientela americana e che si appresta a debuttare in Italia, partendo proprio da Napoli. Si chiama “Wow Effect” e, prodotto alle pendici del Vesuvio, ha richiesto il lavoro di oltre cinquanta laureati, tutti neo assunti, selezionati tra le specializzazioni farmaceutiche della “Federico II” di Napoli. Un modo per frenare la “fuga” di cervelli al Nord o all'estero, valorizzando l'innegabile preparazione di tanti ragazzi del Sud. In questo modo Salvatore Ruggiero, fondatore del Gruppo Merqurio, di cui fa parte Aqma, anch'esso napoletano ma con ramificazioni a Milano e Londra, sta sfidando i colossi ovvero le grandi multinazionali del settore bellezza. Non a caso per il debutto della crema antirughe made in Naples sono stati scelti gli Stati Uniti: «Le donne d'Oltreoceano, si sa, non sono di palato facile – spiega Ruggiero -. Convincerle ad usare un prodotto dal nome invitante ma sco- nosciuto è stata una scommessa, un azzardo diceva qualcuno. E invece il responso della platea di Amazon.com, il sito dov'è stata commercializzata la crema, non ha dato dubbi: massima valutazione cinque stelle». Adesso è la volta di Napoli, grazie ad un temporary store sara aperto fino al 15 febbraio 2015 nel cuore del salotto cittadino a piazza dei Martiri: «Tanti negozi chiudono, noi, anche se per il momento si tratta di una vendita temporanea, programmata fino a metà febbraio, vogliamo andare controcorrente», commenta Ruggiero. CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 (37) (38) CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 EXIT Diamo i numeri Minori e povertà " #" #"!#"#!#!# ## !## #! !#!# ! !!! # # " ! # # !"# # ! !!" ## !! ! ! ! # # !# #"!## !# ## #!# ! ! 155 mila i minori campani che vivono in povertà assoluta secondo Save the Children. Un aumento del 2,4% rispetto al 2012 e sopra la media nazionale del 13,8%. Luminarie 600 mila euro stanziati dal Comune per le luminarie di strade e piazze. A Chiaia le luci delle vie secondarie sono state realizzate con il contributo del Consorzio Chiaia. !# #!# Cardellini maltrattati 200 circa i cardellini trovati rinchiusi in gabbiette e al buio in un garage nella periferia della città e liberati nel parco di Capodimonte da agenti della Polizia di Napoli. Furto al liceo 24 i computer rubati, insieme a due proiettori, al liceo Galileo Galilei del quartiere Soccavo. I ladri sono entrati da una finestra e hanno forzato una grata in ferro. # #!# ?=;89A@91@=;?B@==>B=8>/>0B)AB:A/?6A@1>B@B(?22:@A>B7>=B8=B4A>:=@<?B@=7>:@B5AB:A7* 7>B?B2@;;@4<A?:>0B WWW.IUPPITEREDIZIONI.IT & CONSULTA @<B+B4A84=>BA<B=?;%>:B6?<B4:855>B?6A;>:A@<?B!855A;?:B9AB$B@::A77,A;>0B!=(@;;A.B@AB5>:* ;@<ABA855A;?:=?%90A;0.B<@:A/A9;@6?<1@:?0A;B?B7,A@A@1@4@3A=?0A;.B9AB$B@44A8=;>BA855A;?:?6A* 3A>=A0A;.B<@B/?;:A=@B6?<<@B7@9@B?6A;:A7?B!855A;?:BA=B78AB$B5>99A2A<?B7>=98<;@:?BA<B7@;@<>4> 6?AB<A2:A.B@78A9;@:?BAB/><81AB?B/A9A>=@:?BAB2>>;:@A<?:0 A CHIAIA MAGAZINE & ABBONATI BA=B7>:9>B<@B7@15@4=@B@22>=@1?=;AB6AB),A@A@B'@4@3A=?0B),AB6?7A6?B6AB@22>=@:9A.B=>= la BACHECA le tonnellate di fuochi pirotecnici illegali sequestrati dalla Guardia di Finanza a Marcianise, in provincia di Caserta, in un’autorimessa di mezzi pesanti. !# ! AI NOSTRI LETTORI. CI RIVEDIAMO A FEBBRAIO & AUGURI ),A@A@B'@4@3A=?B@848:@B@B;8;;ABAB98>AB<?;;>:AB?B9>9;?=A;>:AB8=B4:@=6A>9>B@;@<?B?B8= Sequestro 4 !# !! 9><>B:A7?/?:#B6A:?;;@1?=;?B@B7@9@BA<B4A>:=@<?.B1@B?=;:?:#B=?<B)<82B6AB),A@A@B'@4@3A=? A=B78AB@/:#B6A:A;;>B@<<>B97>=;>B6?<B-B98AB<A2:AB6AB!855A;?:B6A3A>=AB?B98B@<;:?B>5?:?B6?6A* 7@;?B@<<@B9;>:A@B?B@<<?B;:@6A3A>=AB=@5><?;@=?0B 8?B<?B;A5><>4A?B6AB@22>=@1?=;>B>:6A=@:A>B-B?8:>B@<<@==> B?B9>9;?=A;>:?B+--B?8:> @<<@==> 0B?:B9@5?:=?B6AB5AB2@9;@B;?<?(>=@:?B@<B=81?:>B-"+0++--.B6@<B<8=?6B@< /?=?:6.B6@<<?B>:?B++0--B@<<?B+"0--0 DOVE PUOI TROVARCI &B!=B><;:?B--B58=;AB9?<?3A>=@;AB=?4>3A.B;?@;:[email protected]@:.B6A97>;?7,?.B2@=7,?.B2>8;A8?. 9;86AB5:>(?99A>=@<A.B4@<<?:A?B6@:;?.B:A9;>:@=;A.B7A:7><AB95>:;A/AB?BA=B;8;;AB4<AB?/?=;AB78<;8:@<A ?B1>=6@=A0BA9;:A283A>=?B7@5A<<@:?B5@<@33>B5?:B5@<@33>B4@3?2>B=?AB58=;AB9;:@;?4A7AB6?<* <@B7A;;#B5?:B<@B5:?9?=;@3A>=?B6?<B=81?:>B?B6?<<?BA=A3A@;A/?B6?<B4A>:=@<?0B SOS CITY: ISTRUZIONI PER L’USO &BA=4:@3A@1>BAB=>9;:AB<?;;>:AB5?:B<?B9?4=@<@3A>=AB6@BA=/A@:?B@BA=(>7,A@A@1@4@3A=?0A;B>B@<* <A=6A:A33>B6?<<@B:?6@3A>=?.B/A@B?AB'A<<?.BB*B"-++B B98<<?B?1?:4?=3?B?B5:>2<?1AB6?<* <@B7A;;#0B=@B:@77>1@=6@3A>=?B<?;;?:?B2:?/AB1@B+---B2@;;8;? 0 ON LINE & CONSULTACI ),A@A@B'@4@3A=?B$B97@:A7@2A<?BA=B(>:1@;>B56(B98<B9A;>B%%%07,A@A@1@4@3A=?0A;0B DIVENTA NOSTRO FAN & FACEBOOK/TWITTER: !<B1?=9A<?B),A@A@B'@4@3A=?B$B98B@7?2>>B?B%A;;?:0B8>AB6A/?=;@:?B=>9;:>B(@=B7<A77@=* 6>B 1AB5A@7?B98<<@B5@4A=@B8((A7A@<?B>558:?BA97:A/?:;AB@<B4:855>B),A@A@B'@4@3A=?B98B@* 7?2>>B?B9?4=@<@:7AB?/?=;AB?B78:A>9A;#0BA/?=;@B(><<>%?:B6?<<@77>8=;B),A@A@B'@4@3A=? 98B%A;;?:B?B7A=48?;;@B7>=B=>A0 PUBBLICITARIE & INSERZIONI ),A@A@B'@4@3A=?B/A/?B4:@3A?B@<<?BA=9?:3A>=AB5822<A7A;@:A?0B>=B$BA<B(>4<A>B6AB=?998=B5@:* ;A;>B>B1>/A1?=;>.B1@B8=@B<A2?:@B;:A28=@B7,?B:?9;@B@5?:;@B4:@3A?B@<<@B5@99A>=?B?9;:?* 1@B?B@<<@B;?=@7A@B6AB8=B4:855>B6AB4A>:=@<A9;A0B),AB$BA=;?:?99@;>B@<<@B5822<A7A;#B58B7,A@* 1@:?BA<B=81?:>B-"+0++--B>B7>=;@;;@:?BA<B:?95>=9@2A<?B7>11?:7A@<?B'A7,?<?B?1* 5?9;@B7?<<0B0+"--" CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014 (39)
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