chiaia magazine • dicembre 2014

ALL’INTERNO
SPECIALE
STORIE&IMPRESE
SAPER VIVERE LA GRANDE NAPOLI
Anno IX - numero 12 - dicembre 2014
61
ripresa
83
ricchezza
www.chiaiamagazine.it
distribuzione gratuita
12
lavoro
IL TERNO
SCACCIA
CRISI
IUPPITER EDIZIONI
OBLÒ
Top Hair diventa
«I barbieri»
“Top hair”, lo storico barbiere del quartiere chic di
Chiaia, aperto dall’aprile
del 1990, cambia nome e
diventa “I barbieri”. Stessa
location (via dei Mille 59),
stessa prefessionalità e
competenza, che si basa su
attenzione al cliente e utilizzo di prodotti di qualità.
Franco Risidi e Nevio Dalia,
i due soci e maestri delle
forbici, acconciatori ma
anche un po’ “creativi”, vi
aspettano nel loro accogliente salone per sperimentare e coccolarvi.
Un saluto a
«Peppino Mauro»
Il primo novembre ha abbassato definitivamente le
serrande dopo 53 anni di attività “Peppino Mauro”, il
rinomato salone di parrucchiere per signora di via
Carducci 50, a Chiaia. Era
stato aperto il 26 novembre
1961. Tantissime le clienti
affezionate (mamme, figlie,
nipoti) accorse da ogni
quartiere della città per salutare Peppino Mauro e la
bella moglie Antonella.
Non un semplice negozio di
coiffeur ma un “salotto” frequentato tra l’altro, sin
dagli anni Sessanta, da alcune delle signore più significative della città, tra le
quali anche molte ex alunne
del vicino “Sacro Cuore” di
piazza Amedeo (l’esclusiva
scuola di formazione per
sole donne, poi trasformatasi in conseguenza dei
cambiamenti sociali innescati dal Sessantotto). Prima
le alunne, e poi le figlie, e
poi anche le nipoti, nel
corso degli anni accolte da
Peppino e dalla bella moglie
Antonella in un’atmosfera
sempre gradevole, serena e
rasserenante; con semplicità
e discrezione. Frammenti di
identità di un quartiere che
scompaiono.
L’INIZIATIVA DI IUPPITER EDIZIONI
Continua con grande successo la
campagna di sensibilizzazione «Più
librerie e meno pensiero fritto», che
Iuppiter Edizioni ha lanciato due mesi
fa con un adesivo (nella foto),
distribuito in tutti i punti di
aggregazione culturale della città.
L’iniziativa punta ad incentivare la
lettura e a difendere le librerie. Nei
prossimi mesi, come già annunciato
dagli editori, verranno diffusi video
virali, altri adesivi di pensiero e,
successivamente, verrà prodotto il
cortometraggio dal titolo «La rivolta
dei libri». Nel 2015, poi, partirà la
nuova rivista «Occhio di carta»,
dedicata interamente alla lettura.
Mentre la città assiste inerme alla
chiusura dei suoi storici presidi
culturali, Iuppiter Edizioni si attiva per
ribadire l’importanza del libro, nella
convinzione che c’è bisogno di
lavorare per una Napoli che abbia,
appunto, «più librerie e meno
pensiero fritto».
Il Suor Orsola e la Napoli
DEI VICERÈ
Per
quanto ci si sforzi di parlare bene di Napoli, bisogna ammettere che ogni buona intenzione diventa sempre più impraticabile. Mentre altrove, realtà urbane e
metropolitane costrette a misurarsi con le più urgenti problematiche - lavoro, ambiente, grandi progettualità - sono riuscite ad imboccare convincenti direttrici inclusive e di sviluppo policentrico, qui siamo ancora all’anno zero. Dopo abbuffate di dibattiti, litigi, epurazioni, siluramenti, rimpasti, un’infinità di annunci sul futuro - una parola che infastidiva tanto Benedetto Croce nel vederla “usurata” come copertura
di un presente inerte - la “Città promessa” resta un miraggio. Non c’è una sola opera che metta ottimismo. In ginocchio anche il terziario, l’unico comparto su cui si è sempre retta questa città, ormai alla frutta. Lo testimonia l’ultimo rapporto della Caritas che dà in drammatica crescita
l’esercito dei diseredati, ingrossato da artigiani, ex professionisti ed ex dirigenti in fila nelle varie
mense caritatevoli per rimediare un piatto caldo e sfamarsi. “In fila per tre e il resto di due”, purtroppo bisogna dire con un popolare motivo dello Zecchino D’oro. Di chi la colpa? Un quadro del
genere non spunta mica dalla sera alla mattina, è la conseguenza di anni di abbandono o d’altro. Finalmente su Napoli e dintorni la verità ora sembra più vicina. Grazie a un’idea di Paolo Mieli, presidente della Scuola di Giornalismo del Suor Orsola Benincasa, i suoi “giovani discenti” presto ci doneranno il saggio-dossier verità che mancava: “La Napoli
dei Vicerè”. Non quelli spagnoli del ’600 ma quelli nostri, i “prodotti tipici”
del secolo scorso, cioè Gava, Di Donato, Di Lorenzo e Pomicino.
Solo sui Vicerè? Perché non anche sui “due re del regno di
Napoli” Bassolino e De Mita?
L’editoriale
Aspettando la ripresa
tra parole di prestigio e presepi
pagina 3
Il paginone
Non ci resta che un terno:
le giocate di Natale
pagine 4-5
Primo piano
Campagna contro i fuochi d’artificio:
vademecum per non «saltare in aria»
pagina 7
Itinerari
Viaggio tra i segreti e i tesori
del Museo di San Gennaro
pagina 9
Quartierissime
Musica sociale,
il Natale dei «Sancarlini»
pagina 15
La riflessione
Letteratura e Natività:
perché Gesù Bambino è nato a Napoli
pagina 17
Divinazione
Il periodo magico
del Solstizio d’estate
pagina 19
Saper Vivere
LUISA RUSSO
Amarcord di una «bella giornata»:
il docufilm su Raffaele La Capria
pagina 27
L’arte presepiale
conquista Chiaia
Caro direttore,
sono stata piacevolmente
colpita, passeggiando qualche giorno fa per Chiaia,
nel notare che Ferrigno, caposcuola dell’arte presepiale napoletana, ha aperto
in via Calabritto un suo
punto espositivo per il periodo festivo. Pur trattandosi di un temporary store,
mi ha reso felice l’idea di
vedere la tradizione del Natale fuoriuscire dai confini
del centro storico napoletano e avvicinarsi ad un
quartiere che, luminarie ed
esposizioni commerciali a
parte, non ne era mai stato
investito così nel cuore.
ANNA AUTIERO
(2)
n u m q u a m
SAPER VIVERE LA GRANDE NAPOLI
Anno IX n. 12- Dicembre 2014
Direttore responsabile
Max De Francesco
Caporedattore
Laura Cocozza
Redazione
Armando Yari Siporso
Livia Iannotta
Progetto e realizzazione grafica
Fly&Fly
h o r u m
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
c e d e t
Società editrice
IUPPITER GROUP S.C.G.
Sede legale e redazione:
via dei Mille, 59 - 80121 Napoli
Tel. 081.19361500 - Fax 081.2140666
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Presidente: Laura Cocozza
Stampa
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Reg. Tribunale di Napoli n° 93 del 27 dicembre 2005
Iscrizione al Roc n°18263
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Per comunicati e informazioni:
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Responsabile area web
Massimiliano Tomasetta
Pubblicità (Tel. 081.19361500)
Michele Tempesta (392.1803608)
l u x
Si ringraziano Tony Baldini per la consulenza
grafica e l’Archivio Ruggieri
Lancia il tuo Sos,
indica disservizi e
problemi del tuo
quartiere e proponi soluzioni per
rendere più vivibile
la città. Contiamo
su di te.
Le lettere, firmate
con nome e cognome, vanno inviate a «Chiaia
Magazine» - via
dei mille, 59
80121 Napoli, oppure alla e-mail
[email protected]
L’EDITORIALE
PAROLE DI PRESTIGIO
Max De Francesco
Natale in bianco. Nessuna stella
cometa nel cielo della ripresa. Un
anno fa, di questi tempi, si sperava in
risalite economiche e nei re magi
della crescita, ma i conti continuano a
non tornare. L’allora premier Letta,
dopo il passaggio a vuoto dell’inquietante Monti e la vittoria di Pirro del Pd
di Bersani, lanciò il “governo di servizio” per mettere in sicurezza un Paese
ferito a morte. Fino all’ultima cifra,
ricordiamo la guerra dei numeri che i
lettiani, un Natale fa, combattevano, a
suon di report e percentuali, per
dimostrare a un popolo dalle tasche
vuote che «la ripresa è a portata di
mano». Erano visioni. Il 2014, disintegrato Letta, ha visto l’avvento, impetuoso e sospetto, del prodigioso Renzi
in un’Italia che da stivale è ormai
ridotta ad un calzino. L’ex sindaco di
Firenze ha determinato la fine della
sinistra storica e la nascita della “renzistra”, ovvero una a-sinistra rassicurante e giovanilistica, menefreghista e
dialogante con il demone di Arcore.
Annotiamo i primi cambiamenti: stop
a Fossati e De Gregori, via libera ai
Negrita e a Jovanotti. D’Alema gentilmente accompagnato nel lebbrosario
della politica. Abolizione dei capelli
bianchi, sì alle tinture color terra di
Siena. Nuova gestione delle ospitate
nei talk show a cura del nucleo “Leopolda”. Conversione riuscita dell’ex
bersaniana Moretti, scettro televisivo
alla miss pasionaria Maria Elena
Boschi. Massiccia revisione del linguaggio propagandistico: apertura
netta agli inglesismi, obbligo del
gergo informatico, utilizzo ossessivo
di citazioni letterarie e cinematografiche con visione di sequenze motivazionali ed emozionali di film nel corso
di eventi e workshop, propensione
strategica al soliloquio pieraccionesco, smodato uso di metafore calcistiche (Renzi: «Se mi avete dato la fascia
di capitano di questa squadra non
passerà giorno senza lottare su ogni
pallone»; ancora: «Non stiamo cambiando campo, stiamo solo cambiando i giocatori che hanno dato tutto e
vanno sostituiti»). La renzistra si è
data 15 anni per cambiare il Paese.
Qualcosa non andrà secondo i programmi e si scivolerà verso il ventennio. Ci risiamo. E la ripresa? Neanche i
renziani la vedono o, imitando il capo,
parlano di “segnali incoraggianti” e
battono, con ossessione, sulle taumaturgiche 80 euro e sul totem delle
riforme. Basta una breve passeggiata
tra la gente, o come diceva Longanesi,
un mezzoretta in autobus, per capire
come stiamo combinati. Giorni fa i
dati diffusi da Codacons e Confesercenti hanno fugato ogni dubbio sul
clima delle feste. La spesa degli italiani nell’intero periodo natalizio non
supererà i 9,8 miliardi di euro. Nel
2007, invece, spendevamo 18 miliardi:
ciò significa che in sette anni abbiamo
ridotto i consumi legati alle feste del
45,5%. Implacabile 2014: solo un
italiano su due (il 51%) ce la fa ad
arrivare alla fine del mese, mentre il
36% non riesce a superare la terza
settimana e il 13% la seconda. Sette
anni fa la percentuale di italiani che
dichiarava di avere un reddito sufficiente per tutto il mese era del 64%,
oltre 6 milioni di persone in più.
Siamo in caduta libera e non è più
tempo di parole di prestigio né di
cilindri da cui tirar fuori i conigli
dell’illusione: se non si studia un
piano “rivoluzionario” per la rete
delle piccole e medie imprese, con
l’introduzione, ad esempio, di aree
territoriali detassate, non c’è speranza
che tenga. Anche le stelle remano
contro: secondo un pool autorevole di
astrologi, la ripresa economica non
avverrà prima del 2020. Intanto a
Napoli, città in cui comunque in ogni
padella friggerà un pezzo di baccalà e
nessuno rinuncerà a una manciata di
struffoli, il Natale è sospeso. Dopo il
caffè, il sindaco e il buonsenso, anche
le festività vivono un momento di
sospensione. Se il Napoli il 22 dicembre vincerà la Supercoppa in Qatar
contro la Juventus, il Natale avrà un
altro senso, un altro sapore. Nell’attesa del tepore azzurro, chi non vive
crisi e rinnova la sua magia è il presepe. Fortunatamente è stata smentita
la previsione del 1959 di Mimì Rea che
scrisse: «Il presepe ci bastava, ci riempiva, ci ricollegava alle favole. A causa
della strepitosa diffusione dell’albero,
ho il timore che resterà all’impiedi
solo il presepe di San Martino».
Qui l’albero di Natale non ha vinto. In
città il popolo dall’anima di terracotta
continua a palpitare tra il muschio e il
sughero. Passeggiare tra le splendide
Natività, ammirare le osterie costruite
dai maestri presepiali è uno spettacolo. Chiudiamo con due parole sulla
prima pagina. Abbiamo piazzato il
beneaugurante «scaccino», mitica
figura partenopea addetta a scacciare
le negatività non con parole di prestigio ma con tocchi d’incenso e formule antiche. Per gli amanti del lotto,
invece, c’è il terno “scacciacrisi”.
Non si sa mai. Se dovesse uscire, la
ripresa si avvicina. Buon Natale.
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
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IL PAGINONE
LE GIOCATE DI NATALE
Benedetti terni
Sfiancati dalla Tasi e logorati dalla crisi, i napoletani corteggiano la Dea Fortuna
Il bilancio del 2014? Eccolo in 13 giocate tra ironia, cronaca, delusioni e speranze
a cura di Livia Iannotta
D
iamo i numeri. C’è chi li dà dopo aver fatto
una fila chilometrica per ricevere la «mazzata» Tasi, chi li dà sul Napoli che arranca e
barcolla al San Paolo, chi li dà sullo scandalo Mafia Capitale o sulle bonifiche fantasma a Bagnoli. A Napoli i numeri si danno
per mille ragioni, a volte buone, a volte
cattive: ma quelli che mettono tutti d’accordo sono i numeri da giocare al lotto.
Una mania collettiva e trasversale a tutti i
ceti sociali: l’azzardo, la sorte e la smorfia
sono nel Dna dei partenopei. Così Chiaia
Magazine, come ha fatto gli scorsi anni,
anche stavolta dà i suoi numeri fortunati,
legati a fatti e personaggi del 2014. Tredici
giocate sul filo dell’ironia: dal terno di San
Rafè Benitez per vincere la Supercoppa alle
vagonate di illusioni di Matteo Renzi.
(4)
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
CURIOSITÀ
Sono due le tesi più
gettonate sul perché il
gioco dei giochi si
chiami «lotto». La
prima: la parola deriva
dal tedesco «hleut», un
oggetto particolare che
veniva lanciato in aria
per risolvere,
affidandosi al caso,
controversie
patrimoniali fra membri
di tribù; la seconda: il
termine ha origine dal
francese «lot», che
significa premio, sorte.
Il lotto? Tassa dei
sogni, «unico grande
irrinunciabile
patrimonio dei
poveri», scrive Vittorio
Paliotti.
65 - 55 - 72
IL TERNO DI BAGNOLI
Si gioca sullo scempio dell’area ovest di
Napoli. I numeri? 65, 55 e 72. 65 come i
milioni mangiati per la bonifica inganno.
55 come la salute, quella che ci hanno
tolto. 72 come il commissario straordinario che si attende dal Governo per sciogliere l’affaire Bagnoli.
27 - 24 - 3
IL TERNO DEL PIPITA
Omaggio al fuoriclasse azzurro Gonzalo
Higuain. Ecco i numeri: 27 come gli anni
dell’attaccante argentino; 24 come le reti
che ha segnato finora con la maglia del
Napoli; 3 come le squadre in cui ha giocato dal suo esordio nel calcio.
42 - 24 - 36
IL TERNO SOSPESO
A Napoli vanno di moda le sospensioni. E
allora giochiamocele. I numeri: 42 e 24,
come il caffè e la pizza “sospesi”, ovvero
la pratica, tornata in voga, di pagare una
consumazione in più per uno sconosciuto bisognoso. E 36 come il sindaco, congelato per un mese dopo la sentenza di
condanna in primo grado nell’inchiesta
Why not.
3 - 16 - 1
IL TERNO DELLA TASI
Se si gioca sulla maxi stangata, i numeri
vincenti sono: 3, come l’aliquota imposta
dal Comune di Napoli; 16 come la data di
scadenza di dicembre per il pagamento
della seconda rata; 1 come il miliardo di
incasso per lo Stato stimato a fine anno.
4 - 31 - 47
IL TERNO DEL FORUM FLOP
Dedicato alla kermesse della cultura
mondiale ospitata da Napoli, così depauperata che sembra diventata una festicciola rionale. I numeri: 4, 31 e 47. 4 perché questa è la quarta edizione. 31 come
balla, quella che pretendono di farci
digerire, parlando di megavento e di
bilancio positivo. 47 è la figuraccia, questa sì sicuramente mondiale.
10 - 60 - 53
IL TERNO DELL’ILLUSIONISTA
Omaggio al rottamatore Renzi, il premier
più giovane d’Italia. I numeri da giocare:
10 come l’illusione, quella con cui ha
imboccato gli italiani tra “manovrine” e
promesse disattese; 60 come l’Europa,
campo di battaglia della sua grande sfida;
53, il fondo, quello che tocchiamo se
fallisce anche lui.
24 - 30 - 19
IL TERNO DEL CAPITONE
Giochiamo il piatto della tradizione. I
numeri del capitone? 24 come la Vigilia,
quando non si fa mai mancare in tavola.
30 come l’usanza, che i napoletani rispettano e tramandano. 19 come la sfortuna,
la malasorte che, servendolo al cenone, si
tenta di esorcizzare.
61 - 60 - 42
IL TERNO DELLA “BELLA GIORNATA”
Dedicato allo scrittore Raffaele La Capria.
I numeri da giocare? 61 come l’anno in
cui venne pubblicato “Ferito a morte”. 60
come l’emigrato come il protagonista
Massimo De Luca che abbandona Napoli
per trasferirsi nella capitale. 42 come la
pesca subacquea, quella con cui riempiono le giornate i damerini del romanzo.
pagare ai turisti per entrare a via San
Gregorio Armeno; 21 come i pastori col
gregge.
2 - 57 - 6
Il terno del sindaco
10 - 44 - 3
IL TERNO DI SAN RAFE’ BENITEZ
Dedicato a Rafael Benitez, il mister subito
santo che ha fatto gol nel cuore dei tifosi
azzurri. I numeri: 2, 57, 6. 2 come le
stagioni trascorse da allenatore del Napoli. 57 come la speranza, quella che i napoletani hanno riposto nel tecnico madrileno. 6 come gli anni vincenti alla guida del
Liverpool.
86 - 12 - 90
IL TERNO DEL PARCHEGGIATORE
Per tutti i posteggiatori in agguato nei
punti strategici della città. Ecco i numeri:
86, 12 e 90. 86 come l’abusivismo; 12
come l’ordinanza emessa dal Comune di
Napoli per inasprire le sanzioni; 90 come
la paura, quella di danni all’auto se non si
asseconda la loro pretesa di spicci.
37 - 18 - 29
IL TERNO DEI FALSARI
Napoli capitale dello smercio di euro
falsi. Da giocare: 37 come la moneta falsa
messa in circolazione dalla banda “Napoli Group” sgominata; 18, l’ambasciata,
come venivano chiamate tra i falsari le
banconote; 29 come gli arresti che dall’operazione dei carabinieri sono scattati.
Il terno del Pipita
27 - 24 - 3
10 - 44 - 3
IL TERNO DEL SINDACO
Porterà bene sfidare la fortuna sul primo
cittadino? I numeri: 10, 44 e 3. 10 come la
condanna, quella ricevuta in primo grado
per abuso d’ufficio; 44 come la strada, in
cui era finito da sospeso autoproclamandosi sindaco della gente; 3 come gli anni
che ha trascorso da inquilino di Palazzo
San Giacomo.
4 - 1 - 21
IL TERNO DEL PRESEPE
Non c’è Natale senza presepe. Soprattutto
a Napoli. I numeri: 4, 1 e 21. 4 come il
teatro, quello di Eduardo che attorno al
presepe fa ruotare il celebre “Natale in
casa Cupiello”; 1 come l’euro che l’associazione Corpo di Napoli vorrebbe far
CHIAIA MAGAZINE •DICEMBRE 2014
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CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
PRIMO PIANO
FUOCHI DARTIFICIO, CAMPAGNA DI PREVENZIONE DI CHIAIA MAGAZINE
Vademecum per non «saltare in aria»
Anche quest’anno Chiaia Magazine lancia la campagna
«Dammi il cinque. A Capodanno brinda ma non saltare
in aria», volta a sensibilizzare
la città sul problema della
«guerra pirotecnica» che infiamma Napoli, puntuale, all’alba di ogni nuovo anno. E lo
fa dedicando un articolo agli
interventi di prevenzione messi in atto nel capoluogo campano, dal 1995 ad oggi, per arginare i danni provocati dallo
scellerato rito dei fuochi, curato da Mariano Marmo (nella
foto), responsabile del Piano di
Prevenzione lesioni da esplosione A.O.R.N. “A. Cardarelli”
di Napoli. In più pubblichiamo
un vademecum, utile a piccoli
e grandi, per evitare rischi e
spiacevoli sorprese, tratto dal
dal numero di dicembre 2013
del Bollettino dell’Ordine dei
Medici di Napoli.
«Ogni anno, in occasione della
notte di S. Silvestro, si consuma
il rito effimero di “festeggiare”
l’inizio del nuovo anno facendo esplodere tonnellate di materiale pirotecnico. Si tratta di
una usanza che in alcune città,
come Napoli, raggiunge livelli
di esasperazione, rivelando
una evidente aggressività interiore. Quello dei botti clande-
stini è un giro d’affari che in
Italia vanta un fatturato di 40
milioni di euro. E che fa registrare, nei giorni di fine anno,
una media di 700-900 feriti di
gravità variabile e non sono rari i decessi. Oltre ai casi clinici
rappresentati da pazienti con
patologie cardio-respiratorie
che affluiscono al pronto soccorso per l’inalazione passiva
di esalazioni di zolfo combusto, vi sono le conseguenze più
varie delle esplosioni e delle
ustioni sull’uomo. Dal 1995, un
gruppo di anestesisti-rianimatori dell’A.O.R.N. “A. Cardarelli” iniziò, per primo, una campagna dissuasiva rivolta al
pubblico che aveva accesso all’ospedale. L’anno successivo
il piano di prevenzione fu rivolto alle scuole dei quartieri
che avevano registrato il maggior numero di feriti tra la popolazione infantile. Dal 2000,
l’iniziativa fu amplificata con
la presenza dei Nuclei degli Ar-
tificieri dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato. Dal
1995 al 2012 sono state visitate
più volte, nei 17 anni del piano
di prevenzione, 125 scuole medie dei quartieri più colpiti da
questa deteriore tradizione con
un coinvolgimento di una popolazione studentesca di 68000
unità di età compresa tra i 9 e i
14 anni. L’impatto emotivo dei
giovani studenti è stato uniforme. È opinione congiunta di
medici, Carabinieri ed artificieri della Polizia di Stato che
non vi sia stata una reazione
negativa alle immagini cruente presentate; nella maggior
parte dei casi forte è stata la curiosità, pochi episodi di sfida
e/o di ostruzionismo, molti i
casi in cui il danno fisico era
argomento già tristemente conosciuto per esperienze vissute da familiari o da amici. I risultati ottenuti durante i 18 anni di attività di prevenzione
presso le scuole cittadine, e alcune della provincia di Napoli,
hanno determinato una tangibile flessione del numero dei
feriti nella popolazione adulta
ed infantile».
Regole salvavita. Ma cosa fare
in concreto per non “saltare in
aria”? Ecco una lista di semplici ma preziosi consigli, per
grandi e piccini.
1. Non permettere ai bambini
più piccoli di giocare con fuochi d’artificio. La stellina di Natale, considerata innocua, brucia a 300 gradi e oltre a procurare lesioni da contatto può incendiare abiti o tendaggi.
2. Non permettere ai bambini
più grandi di correre mentre
giocano con i fuochi in mano.
3. Accendere i fuochi d’artificio in un’area aperta lontano
da materiale infiammabile (depositi di combustibile o scatole con il resto dei fuochi).
4. Tenere a portata di mano un
secchio d’acqua per l’emergenza e per spegnere i fuochi
mal funzionanti.
5. Impedire in ogni modo che
i bambini raccolgano fuochi
trovati in strada nei giorni successivi alla notte del 31/12.
6. Non tentare di riaccendere i
fuochi mal funzionanti: immergili, per un po’ di tempo,
per renderli innocui.
7. Non accendere i petardi in
contenitori di vetro o metallo,
perché si frantumano in schegge.
8. Rafforzare la proibizione della vendita di fuochi illegali: cipolle, tric trac, rendini ecc.
9. Ripulire le strade la mattina
presto del primo dell’anno dai
resti dello “sparo” di mezzanotte.
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CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
ITINERARI
IL DIRETTORE
LA CURIOSITÀ
Paolo Jorio, regista, giornalista e conduttore
radiofonico napoletano è il curatore del
progetto che ha portato, nel 2003, alla nascita
del museo di San Gennaro che attualmente
dirige. Il suo sguardo è da sempre rivolto alla
propria città e ai modi migliori per
comunicare al mondo tutti i valori che Napoli
e la Campania possono offrire dal punto di
vista culturale, storico e artistico. Nel 2010 ha
vinto il Premio Sergio Nigro.
Dopo l’esposizione a Parigi il museo ha
avuto un incremento del 37% di visitatori
francesi. Ora, il sindaco di New York - Bill de
Blasio - originario di Sant’Agata dei Goti, ha
chiesto di esporre la mitra nella città
statunitense in occasione del Columbus
day, giornata dell’orgoglio italo americano.
New York è la seconda città al mondo per
numero di fedeli devoti al vescovo e martire
patrono di Napoli.
VIAGGIO TRA I SEGRETI E I TESORI DEL MUSEO DI SAN GENNARO
La mitra del Santo presto a New York
Mariangela Ranieri
Paolo Jorio, regista, giornalista
e conduttore radiofonico napoletano. Ha collaborato con diverse testate, tra cui Rai Radio
2, Radio Kisskiss, la Repubblica
e molte altre ancora. Nel 2010
ha redatto un manuale tout
court sul mondo della comunicazione radiofonica. Dal
2003 è direttore del Museo di
San Gennaro, simbolo e punto
nevralgico della storia della città di Napoli. Nel 2011 ha vinto
il premio Sergio Nigro nel campo della valorizzazione e tutela dei Beni artistici e culturali in
Italia. Paolo Jorio è, oggi più che
mai, impegnato nel comunicare ciò che la Campania e, a
buon merito, la nostra città è
orgogliosa di offrire.
Come nasce, come si sviluppa
e cosa testimonia il museo da
lei diretto?
Il museo apre nel 2003, dopo 7
anni di lavoro e dopo aver convinto la Deputazione della
Cappella di San Gennaro (istituzione laica che da 7 secoli
custodisce il Tesoro) della bontà del progetto. La struttura è
stata situata in via Duomo, perché oltre a contestualizzare gli
oggetti, ha nel suo percorso anche le sagrestie che per 4 secoli non sono mai state aperte al
pubblico, un valore aggiunto
incredibile. Il museo rappresenta la sintesi della maestria,
della capacità, dell’organizzazione, della fantasia della cultura napoletana ed è l’espressione della straordinaria fede
di un popolo.
Il fatto che la Cappella non sia
un bene della curia arcivescovile rappresenta un ostacolo o
un punto di forza per eventuali progetti del museo?
La Cappella è un luogo di culto quindi è giusto che vi siano
i prelati eletti dalla Deputazione che facciano da riferimento alla curia. Non dimentichiamo, infatti, l’aspetto sacro della figura di san Gennaro, con
una devozione popolare fortissima. La casa nella quale è
ospitato è invece della città di
Un particolare
della mitra di San
Gennaro, custodita
nel Museo
dedicato al patrono
di Napoli a via
Duomo. Nella foto
è ben visibile il
prezioso rubino
che rappresenta il
sangue del martire.
Napoli e credo che sia il binomio più incredibile che possa
esistere al mondo. Dunque,
l’aspetto liturgico è ovviamente della curia, l’aspetto che
possiamo definire di custodia,
devozionale, di arricchimento
e realizzazione della Cappella
è della città di Napoli, rappresentata dalla Deputazione.
Quindi, essendo la Deputazione indipendente e laica, non
c’è nessun ostacolo. Ciò che
però bisogna ricordare, ripeto
ancora una volta, è il rispetto
per la fede.
Che valore ha il tesoro dal
punto di vista storico e materiale?
Dal punto di vista storico è
qualcosa di unico al mondo,
ha inizio nel 1305, quindi dal
Busto di San Gennaro fino ai
giorni nostri, in quanto alcune donazioni sono arrivate anche di recente. Oggi comprende 21.610 capolavori di valore
inestimabile. È poi capacità
della Deputazione e del popolo napoletano di non aver mai
finanziato una guerra, quindi il
tesoro è intatto, non è stata mai
subita spoliazione, nemmeno
con le leggi eversive dei Savoia del 1861, né tantomeno abbiamo mai subito un furto.
I visitatori sono più italiani o
stranieri? Si avverte il senso
di appartenenza dei napoletani?
Fino all’anno scorso c’era una
maggioranza di visitatori “stra-
nieri” e con stranieri intendo
anche extraregionali. Da quest’anno è aumentata l’affluenza dei napoletani. A volte bisogna allontanarsi per poi rendersi conto di ciò che si ha proprio sotto il naso.
Quali sono i caratteri peculiari del culto di San Gennaro?
Chi sono le parenti di San
Gennaro?
Le parenti di san Gennaro sono un fenomeno nel fenomeno, sono delle persone che ritengono di essere lontane parenti di Eusebia, colei che raccolse il sangue di San Gennaro, in quanto era comune fra i
parenti più prossimi dei giovani cristiani martirizzati raccogliere il sangue e deporlo nelle
ampolle, infatti non è un caso
che sia stato trovato il sangue
vicino al corpo di San Gennaro. Queste signore, che animano il Duomo nel giorno del miracolo, sono, invece, probabilmente discendenti della gens
ianuaria o molto più semplicemente sono di un quartiere
di Napoli, Immacolatella, che è
quella stele che sta di fronte al
porto dell’Immacolata. Dal
punto di vista antropologico, il
canto che intonano ha origine
antichissima, che i greci attribuivano a un rito per far rinascere il figlio. E san Gennaro è
il figlio di Napoli.
Pezzo forte del tesoro è la mitra del Santo: chi ne fu l’artefice? Chi l’ha commissionata?
Qual è il valore materiale, storico e cosa rappresenta per la
città di Napoli?
Commissionata dalla Deputazione, è stata realizzata da un
orafo poco conosciuto prima
dell’apertura del museo ma,
per molti, addirittura superiore a Benvenuto Cellini, ovvero
Matteo Treglia, del borgo degli
orefici. Il suo operato può definirsi rivoluzionario perché si
è opposto in maniera decisa
alla Deputazione che voleva la
Mitra decorata solo da perle.
L’artista ha utilizzato, invece,
3 tipologie per le 3964 pietre
totali. Lo smeraldo, ovvero la
conoscenza; il rubino, il sangue del martire e il diamante,
che essendo la pietra più dura,
rappresenta la fede. Realizzato
in un solo anno, con altri 50
orafi, il lavoro è senza precedenti. Verso l’oggetto è nato un
senso di appartenenza e vero
orgoglio.
Ma per la mitra c’è interesse
del tutto il mondo. È vero che
è stata richiesta anche a New
York?
Il sindaco de Blasio ha chiesto la mitra a New York, essendo lui di origine campana,
e si sta pensando di farla andare per qualche giorno, quasi sicuramente per il Columbus day (fine 2015), giornata
dell’orgoglio italo-americano.
La seconda città devota a san
Gennaro, dopo Napoli, è infatti New York.
Quali sono le modalità tecniche e burocratiche degli spostamenti del Tesoro?
Non posso rivelarle dal punto
di vista tecnico, per motivi di
sicurezza. Posso dire che c’è
una assoluta sorveglianza e
tutela.
Ha mai pensato ad una mostra itinerante nella stessa città di Napoli o nei paesi limitrofi? O di inserire la storia del
Santo in ambito didattico?
Nel 2011 abbiamo già fatto
una mostra itinerante nei dintorni, e abbiamo coinvolto 7
strutture museali, purtroppo
però, è complicato, in quanto
ci sono vincoli dati dalla sicurezza e dalle sovrintendenze.
Paradossalmente è molto più
facile pensare di fare una mostra a Chicago che a Campobasso o ad Aversa o a Caserta.
Quindi io ritengo che via Duomo sia il fulcro a cui tutti devono sentirti appartenenti,
perché questo è il cuore pulsante di san Gennaro e del Tesoro. Tuttavia dopo l’esposizione a Parigi abbiamo avuto
l’incremento del 37% di visitatori francesi, e questo è un
dato indicativo.
Per quanto riguarda la didattica, abbiamo un protocollo
d’intesa realizzato con il Miur
che vogliamo portare a termine, per diffondere questa parte di storia della città nelle
scuole, invitando poi gli studenti a visitare il museo.
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
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CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
FOCUS
INTERVISTA A FABIO CHIOSI
Città metropolitana? Caos istituzionale
Decentramento amministrativo, manutenzione ordinaria, movida e linea 6:
il presidente della prima Municipalità fa un resoconto dettagliato sul 2014
Armando Yari Siporso
Il 2014 è agli sgoccioli e, anche
per il quartiere Chiaia è
tempo di bilanci.
In un’intervista esclusiva a
Fabio Chiosi - presidente della
prima Municipalità - affrontiamo a 360 gradi tutte le
problematicità di un anno
di amministrazione.
Presidente, quello appena
trascorso è stato l’anno della
“Città metropolitana”. Se e
come questo cambiamento
influirà in concreto sulla gestione delle municipalità?
È prematuro per dirlo perché
bisognerà vedere cosa stabilirà lo statuto della città metropolitana. Personalmente ritengo che questa riforma arrivi con oltre 20 anni di ritardo.
Inoltre è basata su un provvedimento, la spending review,
di contenimento della spesa.
Con queste basi credo proprio
che non solo gli utenti non riceveranno alcun vantaggio,
ma soprattutto si creerà maggiore caos istituzionale e sfarinamento delle responsabilità.
E intanto sono passati 10 anni dal “Decentramento Amministrativo”. Può farci un
bilancio “dall’interno” di
questa rivoluzione?
La riforma del decentramento è stata senz'altro una nota
molto positiva dell'amministrazione napoletana. Il problema è che dallo scritto non
si è passati del tutto ai fatti.
Inoltre la politica non ha avuto il coraggio di andare sino in
fondo, lasciando le Municipalità come grandi incompiute.
In pratica dal centro, da Palazzo San Giacomo, non si sono voluti trasferire i poteri che
sono alla base di un corretto
decentramento amministrativo.
Veniamo ai problemi pratici:
con l’inverno e le prime piogge si apre, ogni anno, la questione “buche nelle strade” e
“crolli delle facciate degli edifici”. Come è la situazione a
Chiaia su questi fronti. Ci sono stati interventi e investimenti per prevenire nuove
“voragini”?
Il problema della manutenzione stradale è atavico. E la
responsabilità è della politica
che non ha mai seriamente affrontato la questione. Si deve
incidere, come abbiamo spes-
Le Municipalità sono
delle grandi incompiute.
In pratica dal centro,
da Palazzo San Giacomo,
non si sono voluti
trasferire i poteri che
sono alla base
di un corretto
decentramento
amministrativo
so proposto, sui capitolati
d'appalto. Mai più gare con il
massimo ribasso che immettono nel circuito ditte scadenti e la lavori di scarsa qualità.
Inoltre bisogna impedire agli
enti erogatori di pubblici servizi di scavare inusitatamente
sulle nostre strade. I metodi ci
sono, ma la politica in questi
anni non li ha mai voluti adottare, temendo scossoni forse
ingovernabili. La situazione
attuale è la rincorsa all'emergenza. In più il Comune abolendo di fatto le manutenzioni ordinarie si è affidato alla
Napoliservizi che, obiettivamente, non aveva e non ha ancora competenza ed esperienza nel campo.
Ci sono novità sul crollo del
palazzo a via Riviera di Chiaia 72, avvenuto nel marzo
2013? La relazione dei periti
della Procura ha ravvisato
connessioni con i lavori per
Al quartiere servono
parcheggi interrati e
sostenibili dispositivi
di traffico. Mi appello ai
parlamentari napoletani
perché presentino una
proposta di legge per
configurare di nuovo
il reato di parcheggiatore
abusivo
la linea 6 della metropolitana. Cosa può dirci sul punto?
Cosa accadrà su quel tratto di
strada da troppo tempo oggetto di lavori? Che tempi sono previsti per il ritorno alla
normalità?
È presto per dirlo. È necessario attendere le sentenze per
stabilire le reali responsabilità. È ovvio che comunque la
presenza del cantiere abbia
giocato un ruolo fondamentale.
Quando sarà completata
quella fermata della linea 6?
Si spera che i lavori della linea
6 terminino entro la fine del
2017.
Ordine pubblico e sicurezza
nella Municipalità. Com’è la
situazione?
Può darci qualche dato sul
numero di forze dell’ordine
impiegate, su come è gestita
la sicurezza nella Municipalità?
Di giorno il nostro territorio è
adeguatamente presidiato. Il
problema lo riscontriamo la
notte, allorquando le pattuglie diminuiscono sensibilmente. Poiché il nostro territorio è preso d'assalto anche
per il divertimento notturno,
la cosiddetta movida, è necessario un impegno maggiore utilizzando, perché no, anche l'Esercito.
In attesa dell’esercito, si apprende spesso di operazioni
delle forze dell’ordine nelle
zone della movida del quartiere che, specialmente nei
weekend, portano ad accertare decine di automobilisti e
motociclisti sprovvisti di patente e centinaia di veicoli
privi di assicurazione: è così
diffusa questa forma di illecito nel quartiere?
È diffusa nel quartiere nella
misura in cui il quartiere stesso è “preda” di orde di giovani
provenienti da ogni parte di
Napoli e provincia.
Per non parlare dei parcheggiatori...la presenza degli
abusivi è una costante della
mobilità del quartiere. Come
la Municipalità e il Comune
affrontano il problema? Che
soluzione prospetta e si auspica sul tema?
Il problema è ormai di carattere legislativo. Con l'abolizione dell'articolo 121 TULPS
non è più reato fare il parcheggiatore abusivo. Al massimo si può incappare in una
sanzione amministrativa (il
più delle volte inutile in quanto i soggetti risultano nullatenenti) e nel sequestro degli illeciti proventi (ben occultati
dai soggetti). Approfitto di
questa intervista per lanciare
l'ennesimo appello ai parlamentari napoletani perché, al
di là degli schieramenti, presentino una proposta di legge
per configurare nuovamente
il reato di parcheggiatore abusivo.
Ma la mobilità del quartiere
potrebbe davvero fare a meno dei parcheggiatori, in assenza di più civili (e lecite) alternative a quello che può essere considerato un vero e
proprio “pizzo” sulle autovetture?
Il quartiere ha bisogno di parcheggi interrati. I progetti ci
sono ma una certa ideologia
di sinistra ne ha bloccato la costruzione facendoci perdere,
ad oggi, oltre 20 anni di tempo
rispetto alle altre città d'Italia.
Sul fronte della mobilità i cittadini devono aspettarsi novità sulla gestione del lungomare e delle ZTL per il periodo natalizio e per il nuovo anno?
La novità del lungomare pedonalizzato è stata una iattura, non solo per il quartiere ma
per tutta la città. Francamente spero non arrivino altre novità come questa. Quando
questa scellerata amministrazione non ci sarà più si potrà
ragionare serenamente e varare dispositivi di traffico sostenibili per tutti.
La Municipalità ha previsto
particolari iniziative per il periodo delle feste natalizie?
Non avendo fondi a disposizione ci siamo affidati alle iniziative organizzate da privati,
cui offriamo il sostegno logistico.
CHIAIA MAGAZINE •DICEMBRE 2014
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SOLLECITAZIONI
MAGISTRATURA
E SCIENZA
Tempo fa lessi l'ottima ricostruzione fatta
dall'astrofisico Giacomo Cavallo riguardante il
modo di ragionare “strampalato” della
magistratura che condannò i membri della
Commissione Grandi Rischi per il terremoto
dell'Aquila. La Corte d'Appello, recentemente,
ha, invece, assolto i membri della Commissione
perché "il fatto non sussiste".
Enzo Boschi, uno degli ex condannati,
presidente dell'Istituto di Geofisica e
Vulcanologia ha commentato che forse questa
sentenza potrebbe dare inizio ad una
convivenza tra Magistratura e Scienza. Io ho i
miei dubbi, perché sono due mondi lontani in
tutto, oltre che nel linguaggio.
D'altra parte la sentenza di condanna di primo
grado non solo era inficiata perché si cercava un
capro espiatorio ma era un modo di ragionare
assurdo, ad esempio: il riscaldamento globale ha
prodotto l'Effetto Serra; ci sono nuvole,
alluvioni, i torrenti straripano (oggi si dice
esondano) Governo ladro!
La vera responsabilità, dei terremoti, alluvioni,
esondazioni, trombe d'aria, bombe d'acqua è di
coloro che non hanno fornito al Paese la
necessaria costante manutenzione del territorio.
L'Italia era un paese meraviglioso, oggi è stato
trasformato in un grande cementificio. È stato
costruito dove non si doveva, sono stati devastati
boschi e ciò nonostante ci sono magistrati che
continuano a ricadere nello stesso errore:
accusano settori della Scienza, interi settori
della Scienza basandosi su conoscenze del tutto
approssimative.
È mai possibile che un giudice milanese
condanni il Ministero della Salute perché ritiene
che un vaccino esavalente causi l'autismo? Cosa
dire? Per esondare al posto di straripare, forse
come sostiene Severgnini poiché straripare
contiene la parola: “ripa”, le rive e gli argini che
non hanno la dovuta manutenzione, suscitano
evidenti sensi di colpa in coloro che dovrebbero
tenerli in ordine; mentre esondare deriva da:
“onda” e le onde si sa, giungono quando
vogliono. Il primo verbo sottolinea le
responsabilità e la sciatteria di quanti non
fanno il loro dovere, il secondo verbo è riferito al
meteo ed al destino. In Italia, purtroppo,
convivono “le migliori qualità della razionalità
umana e le modalità più tribali nel dirimere le
controversie” le quali, spesso, si annidano
nell’amministrazione della giustizia.
DANIELE CACOPARDO
(12)
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
I BENEFICI DELLA CUCINA
A tavola non
si invecchia
Umberto Franzese
«Mio nonno, che con l’arrivo degli Americani ebbe un ristorante
tutto suo, trafficava nelle cucine di
Casa reale. Era un napoletano doc.
Si chiamava Eduardo, un nome assai diffuso negli anni che furono,
come Gennaro, Vincenzo, Antonio.
Ma lo chiamavano don Eduardo. Il
“don” alla spagnola una volta si dava alle persone di valore, a cui si doveva rispetto. Oggi, in assenza di
uomini di rispetto, il “don” è sparito dalla circolazione. Secondo mio
nonno la felicità si assaporava a tavola. Alla tavola di casa, naturalmente. Alla tavola di casa l’ho provata anche io la felicità. Alla fine di
una giornata lavorativa, quando
una famiglia piccola o grande che
sia, si riunisce intorno a una tavola imbandita per assaporare pietanze fatte con amore, si può godere di un’esperienza semplice, ma
la più umana della vita. Quella della buona tavola è una lunga tradizione che si rinnova in tutte le buone famiglie napoletane, o almeno
in quelle in cui ancora durano certi antichi valori. Intorno ai fornelli
non tutte le brave donne di casa ci
sanno stare. Oggi le donne preferiscono sprecare il tempo davanti ad
un “elaboratore”. La nonna Nunzia,
zia Assunta, zia Ersilia, che aveva
una certa ossessione per l’ordine
in cucina, mia suocera, che controllava fritti e intingoli masticando
arie di celebri canzoni napoletane,
in cucina ci sapevano fare, e come!
Zia Nunziatina, che non ha niente
da invidiare al più avveduto degli
chef, ha un gran daffare per comprare la verdura migliore, il pesce
più fresco. Ha un modo di concentrarsi sul pesce quasi a parlargli; gli
apre la bocca, gli punta gli occhi,
scruta le interiora. Tutto ciò che deve finire sulla tavola va attentamente vagliato. I piatti più chic sono quelli che non si riescono a raccontare. Un buon cuoco nel prepararli mette fantasia e la fantasia è
mutabile. Contano i tocchi. Nella
cucina e per la cucina ci vuole passione. La cucina è scienza, la cucina è arte. Scienza, perché occorre
avere un corredo di igiene, di chimica, di fisica. Arte, perché lascia la
libertà di creare pietanze del tutto
personali dando ad ognuna di esse
gusto ed apparenze impreviste con
differenti fusioni di ingredienti e
mescolamenti. Spesso, nel piatto
che abbiamo davanti, c’è una intera pietanza, ma le parti sono tante
e dosate, variegate, sminuzzate. Il
cibo è fonte di piacere e di convivialità, mezzo di comunicazione.
Non è come comunemente si crede, una combinazione di gusti.
L’aspetto è solo quello sul quale,
spesso, le preferenze dei commensali convergono. Il gusto è, non raramente, causa di dispute. Provoca giudizi, a volte equilibrati, a volte estremizzati. Esistono criteri di
valutazione diversi a seconda che si
dia maggior peso alla testa o alla vista, all’olfatto o alla pancia. Si può
trarre minore o maggiore piacere
dal dolce o dal salato, dall’amaro o
dall’acido. La maggiore o minore
attenzione è, talvolta centrata, una
volta fuori dalle mura di casa, sulla
rinomanza del ristorante, sulla bravura dello chef, sul piatto magnificato. Più che saziarsi della portata
in sé, ci si soddisfa della percezione, della rappresentazione, dell’apparenza. Il pranzetto si trasforma così nel riempire più che la pancia e soddisfare i sensi, in una enfatizzazione di una strana forma di
strippata senza anima. Onorare la
tavola significa mangiare di buon
appetito e mostrare di gradire le varie portate. Ma buona regola è quella di non lasciarsi andare mangiando e bevendo a sbafo. Si rischia
di apparire sgradito a chi a tavola ci
sta con piacere. A tavola ci si sta
senza compiere sforzi e senza mai
essere smodato. Anche a tavola in
medio stat virtus. Sia intorno al
pranzo che alla cena aleggiano atmosfere diverse, aromi diversi, sapori diversi. Sia il pranzo che la cena sono riti e come tali meritano
rispetto, raffinatezza, eleganza.
“Fate in modo che il cibo possa essere la vostra medicina e non la medicina il vostro cibo”, raccomandava Ippocrate. Secondo la Scuola
salernitana, dopo pranzo riposerai,
dopo cena camminerai.
SOLLECITAZIONI
la vignetta
di Malatesta
IL SUDISTA
Mimmo Della Corte
CONVERSIONE O
CONVENIENZA?
Colmo
di fulmine
Diario stupendo
GIUSEPPE MAROTTA
Il capitone
a Napoli
“È bello essere vivi qui
nonostante tutto, qui
mentre qualche soffio
sperduto di
tramontana arriva su
Napoli e si posa come
una gelida farfalla, o
come un asterisco per
richiamarvi la
polmonite, sul
cappotto piu lacero
che riesce a trovare;
qui mentre suonano le
campane delle vecchie
Chiese sui Quartieri e
tendendo l’orecchio
per distinguerne la
voce nel fracasso che
s’innalza dalle case
dalle botteghe dalle
«bancarelle» Iddio
dice: «Eccolo il paese
che mi dà piu pensieri
di tutti»; qui dove ciò
che è stato è stato e
milioni di padelle o
graticole aspettano il
capitone e nessuno
per il momento pensa
ad altro; qui dove è
veramente, solamente
Natale.
Nelle innumerevoli
case il capitone viene
immobilizzato, o
almeno trattenuto, sul
marmo del tavolo
della cucina, dagli
sforzi riuniti
dell’intera famiglia;
vorrà morire, se non di
vera e totale morte,
quanto occorre per
essere cotto e
mangiato? Si
convincerà alla fine
che questo è un paese
i cui abitanti gli
somigliano, gente non
meno infelice e
strenua di lui, che va
nel Mare dei Sargassi
ma non ci resta, che
viene sbattuta contro i
suoi muri o contro i
suoi sogni dalle
disgrazie, che viene
fatta a pezzi ma in
ogni pezzo si agita,
che muore solo
quanto basta per
essere benedetta e
seppellita, facendosi,
così, meglio gustare
nel ricordo? La carne
del capitone è infatti
squisita. Bianca,
tenera, diafana come
l’ovatta dei presepi, si
carica presso la spina
di un roseo innocente.
Il suo sapore è
continuo, mite, senza
scatti, un filo di
corrente fluviale; ha gli
aromi dell’acqua
dolce, versativi
dall’erba delle rive, ma
ha pure la certezza, la
sostanza, la forza del
mare. La carne del
capitone si sgrana in
candidi fili: voi non la
masticate ma la
dipanate dolcemente:
e frattanto, come se ve
lo raccontassero, un
po’ staccato da voi
come il dramma a
teatro, è Natale a
Napoli; starei per dire:
è Napoli a Napoli”.
(G. Marotta da «San
Gennaro non dice mai
di no», 1947).
di RENATO ROCCO
Il baccalà è rimasto
di-stocco.
Il cuoco invidioso
nutre olio per tutti.
La cena improvvisata:
abbiamo risotto
la situazione.
Il colmo della cuoca:
prendere una cotta.
La via della dieta
è tutta in-salata.
La cianfotta
è un cibo erotico.
Non posso mangiare
le cozze:
sono mitile esente.
Dopo Matteo Renzi:
“Senza il Meridione,
l’Italia non va da nessuna parte”, anche il suo
omonimo Salvini ha
riscoperto il Sud: “L’Italia o si salva tutta da
Nord a Sud, o non ce
n’è per nessuno”. C’è
da fidarsi di questa
conversione? A mio
modo di vedere, assolutamente no. Del resto
Giulio Andreotti, forse
lo ricorderete anche voi,
era solito affermare che
“a pensare male si fa
peccato, ma spesso ci si
azzecca”. Personalmente non sono mai stato
vicino alle posizioni
politiche del più volte
presidente del Consiglio, scomparso qualche anno addietro, ma
relativamente a tale
considerazione, sono
totalmente d’accordo.
Anzi, sarei andato oltre
e invece di “spesso”,
avrei detto che “ci si
azzecca quasi sempre”.
Ed è per questo che
faccio fatica a credere –
anzi, non ci credo
assolutamente – alla
folgorazione sulla via di
Napoli e del Mezzogiorno del leader della Lega
post bossiana.
Diciamocelo con franchezza: è facile (di più,
indispensabile) sostenere che i “brutti, sporchi e cattivi” contro i
quali si è sempre inveito sono, di colpo, diventati “belli, profumati e
buoni”, quando ci si
propone di trasformare
un partito territoriale,
come la Lega Nord, in
uno nazionale; di diventare – a propria volta
– un leader nazionale,
di sostituire Berlusconi
alla guida del centrodestra e magari (perché,
no?) provare a poggiare
le proprie ambiziose
terga sulla poltrona
dorata di palazzo Chigi.
La verità è che quelle di
Salvini – come, per
altro, quelle di Renzi
prima di lui – più che
convinzioni, sono
convenienze dettate
dall’esigenza elettorale
di conquistare consensi
e spazi politici anche al
di sotto dell’Italia del
tacco. Il leader delle
camicie bianche lo sta
ampiamente dimostrando (basta dare uno
sguardo ai contenuti
dello “Sblocca Italia” e
della legge di stabilità
per accorgersene immediatamente). Quello
delle camicie verdi,
invece, lo dimostrerà al
momento opportuno.
Sempre che i meridionali gliene diano la
possibilità, votandolo.
Trappola nella quale –
ne sono certo – si guarderanno bene dal cadere.
Ci sono già cascati una
volta, oltre 150 anni
addietro, consegnando
– quasi senza colpo
ferire – anima, corpo,
armi, bagagli, ricchezze
e primati conquistati
agli invasori in camicia
rossa al servizio dei
piemontesi. Oggi staranno bene attenti a
non ripetere lo stesso
errore e non svendersi
all’eroe lombardo.
Anche perché, stavolta,
non troverà pretoriani
disposti a tradire la
propria terra per qualche spicciolo in più,
nella misura sufficiente
a convincere i meridionali che la camicia
verde della Padania sia
il nuovo simbolo della
libertà.
Oltretutto, Giuliano
Zulig, caporedattore di
“Libero”, quotidiano
vicinissimo alle posizioni della Lega e quasi di
casa a via Bellerio, ha
immediatamente provveduto – in risposta alle
attestazioni di disponibilità di Salvini verso il
Mezzogiorno - a ricordargli che per i leghisti
il lombrosismo è
un’“ideologia” intramontabile ed intoccabile per gli italiani d’oltre
Po, per i quali “il Mezzogiorno resta una tassa
che ha affondato pure il
Nord” e che lui ha torto
perché “gli sprechi del
Meridione vanno denunciati”. Sono d’accordo. Ma perché soltanto quelli del Sud e
non anche quelli del
Nord? Forse perché,
come sosteneva William
Shakespeare, “la verità
fa arrossire il diavolo”.
Già, ma non Zulin e
neanche Salvini. I bronzi di Riace, non possono arrossire.
CHIAIA MAGAZINE •DICEMBRE 2014
(13)
(14)
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
QUARTIERISSIME
I CONCERTI DEL CORO GIOVANILE DEL TEATRO DI SAN CARLO
Musica sociale, il Natale dei Sancarlini
Maria Neve Iervolino
Orfeo, poeta con la cetra, dal
canto capace di commuovere
persino Ade, è da sempre
emblema della musica come
potenza in grado di smuovere
le pietre. Questo il messaggio
trasmesso dall’Ave Verum
Corpus di Mozart interpretato
dal Coro Giovanile del Teatro
San Carlo. Il Teatro di San
Carlo è stato il primo teatro
d’Europa ad attuare un progetto sociale che gratuitamente da tre anni offre presso
periferie e zone disagiate di
Napoli concerti gratuiti, un
momento di contatto con la
musica e con la cultura, un
mezzo di elevazione sociale. I
membri del Coro Giovanile,
altrimenti detti Sancarlini,
sono un gruppo eterogeneo
composto da ragazzi e ragazze
provenienti da diverse realtà,
professionistiche e amatoriali.
Alcuni studiano al conservatorio, tra loro diversi sono entrati
a fare parte quest’anno del
Coro stabile del Teatro di San
Carlo. Nel Coro è presente
anche il vincitore del premio
Volto Nuovo al Festival Castrocaro 2013.
Direttore del progetto è il
maestro Carlo Morelli, formatosi a Napoli, Londra e New
York, fondamentale proprio
l’esperienza americana dove
ha avuto occasione di entrare
in contatto con la realtà multiforme degli Stati Uniti e di
lasciarsi ispirare dalla famosa
scuola del Bronx, che per
prima ha aperto le porte a
quella “ricchezza urbana” che
risiede in ogni periferia. Parallelamente al lavoro con i Sancarlini del Coro Giovanile il
maestro Morelli tiene lezioni
di musica ai ragazzi del carcere minorile di Nisida. La musica “svela la loro fragilità”, dice,
“molti si rifiutano di cantare,
preferiscono suonare uno
strumento per dimostrare di
avere ritmo, perché non vogliono apparire deboli”. Le
prove dei Sancarlini avvengono nei laboratori artistici del
prestigioso Teatro di San Carlo,
situati presso l’ex area industriale della periferia est di
Napoli. Qui è arrivata musica
dove prima era silenzio. Cultura dove prima c’era degrado. I
cinquantanove ragazzi del
Coro terranno numerosi concerti a Napoli tra i quali: 13
dicembre 2014, alle ore 12.00,
alla Galleria Umberto, 14
dicembre 2014, ore 12.00, nella
Chiesa di Sant’Aniello, 20
dicembre 2014, alle ore 19, nel
Santuario dei Missionari dei
Sacri Cuori, 21 dicembre 2014
nel Carcere di Nisida, 29 dicembre 2014 nella Chiesa di
San Giovanni Maggiore. Il
repertorio proposto sarà un
equilibrio tra classico e attuale. Durante le prove si reinventa la classicità utilizzando
influenze moderne per avvicinare di nuovo il teatro alle
persone, rendendolo facilmente accessibile anche se
mai di consumo. Un obiettivo
ambizioso del Teatro di San
Carlo e del maestro Morelli,
che si realizza attraverso tutti i
Sancarlini.
Il mitico Orfeo chiude il suo
concerto non sulle note di
Verdi ma attraverso le parole
rap di Joy intonate da una
studentessa del conservatorio.
AnimAzione Eduardiana a scuola
Un laboratorio di lettura
animata delle opere di Eduardo
De Filippo per gli alunni e per i
genitori dell’Istituto Comprensivo “53 Gigante - Neghelli” di
Napoli, ma anche un’occasione
per tutti i cittadini interessati
alle opere del grande commediografo per riabbracciare uno
dei miti del Novecento. Questo
è il progetto “AnimAzione
Eduardiana” realizzato dalla
scuola di Piazza Neghelli, con il
contributo della Regione Campania - settore Musei e Biblioteche, che prevederà interessanti
attività di lettura per gli alunni
(già partite lo scorso 10 dicembre) ed incontri extracurriculari,
nei mesi di gennaio e aprile
2015, per tutti coloro che vorranno lasciarsi coinvolgere dal
fascino di Eduardo. Nel corso
della presentazione, tenutasi lo
scorso 5 dicembre nell’aula
magna dell’Istituto, è stato
illustrato l’iter progettuale e
visionati alcuni spezzoni del
documentario di Francesco
Saponaro “Eduardo, la vita che
continua”, prodotto da Rai
Cinema e scritto con Antonella
Ottai e Paola Quarenghi. Presente all’incontro anche il
Presidente della Fondazione
Eduardo De Filippo, Francesco
Somma. Il Dirigente scolastico,
Maria Rosaria Scalella, nel suo
indirizzo di saluto, ha dato il via
ad una interessante conversazione sulla figura del grande
drammaturgo, condotta dal
regista Francesco Saponaro,
insieme agli attori Ivan Maione
e Antonio Marfella, protagonisti
dei laboratori di animazione.
Referente del progetto, che
vuole riaccendere le luci su uno
dei napoletani che più efficacemente ha saputo portare il
teatro nel mondo ed il mondo a
teatro, è la professoressa Anna
D’Angelo. (a.y.s.)
Al Sancarluccio è tempo
di «Teatro e psicoanalisi»
È partito da Napoli «Teatro e psicoanalisi»,
progetto di approfondimento psicologico dei
personaggi e della rappresentazione. Una
proposta innovativa che mette in contatto lo
spettatore con i protagonisti che agiscono sulla
scena, aprendo scenari imprevedibili e
possibilità d’incontro tra le persone in platea.
L’iniziativa, ideata dalla dottoressa Alessia
Pagliaro, propone una minirassegna di quattro
spettacoli selezionati dal cartellone della
stagione del Nuovo Teatro Sancarluccio.
«Sia il dramma che la comicità offrono spunti
per la discussione. - spiega la creatrice,
psicoterapeuta psicoanalitica - Sulla base della
teoria freudiana è possibile interpretare azioni e
reazioni in virtù delle loro interconnessioni con
il mondo interno dell'individuo che le ha
compiute e di coloro che le osservano
dall'esterno. Così, gli appassionati di teatro,
oltre che godere della messinscena, potranno
approfondire i testi proposti. Dalla scena
all’inconscio, potremmo dire».
La minirassegna, inaugurata il 20 novembre con
lo spettacolo «Femmene con Nunzia Schiano,
continuerà il 14 dicembre, con Massimo Andrei
in “Un pop antico”. L’1 febbraio 2015, con Gea
Martire in “Vulio”, l’8 marzo 2015 con Rosaria
De Cicco in “Almost famous - ovvero Io e le
donne”, sempre alle ore 18,00.
«Evoluzione, desiderio e identità sono gli
argomenti toccati da queste pièce. - spiega la
dottoressa Pagliaro – E sono temi fondamentali
della psicoanalisi, che riguardano la vita
quotidiana di ognuno di noi».
La discussione aggiungerà con leggerezza
un’esperienza nuova alla catarsi offerta dalla
rappresentazione teatrale, dando la possibilità
di condividere le riflessioni che ciascuno fa per
sé dopo lo spettacolo. «Non si tratta di una
seduta collettiva», precisa l’esperta che, per
altre tre domeniche, dopo la replica
pomeridiana, insieme con gli attori, aprirà
l’incontro con il pubblico.
Per info e prenotazioni
Nuovo Teatro Sancarluccio
Tel. 081 5448891/ 081 4104467.
[email protected]
www.psicologico.eu
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
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CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
LA RIFLESSIONE
GIUSEPPE MAROTTA RISPONDE A LUCIANO DE CRESCENZO
Perché Gesù Bambino è nato a Napoli
Aldo De Francesco
In anni non sospetti, quando a Napoli si girava in carrozzella e il globalismo era
ancora in “mente dei”, un
grande filosofo disse che
l’uomo del futuro sarebbe
stato non più figlio dei luoghi
ma dei tempi, insomma del
mondo, di una contemporaneità senza confini.
Questa considerazione valida
per ogni comune mortale, a
maggior ragione valeva e vale
più che mai per Gesù Cristo,
figlio di Dio Padre onnipotente e di Maria vergine
santissima, Signore dell’
Universo. Passando dalla
filosofia alla poesia del presepe e della Natività, a Napoli da sempre si fa a gara per
dare un’anagrafe tutta partenopea a Gesù Bambino. Una
gara, in verità, riaccesasi di
recente, da quando ha visto
la luce il libro di Luciano De
Crescenzo: “Gesù è nato a
Napoli”, perentorio sul luogo
dell’Avvento, da poterne
esibire... addirittura un
certificato con ora, data di
nascita e testimonianze
oculari di angeli e cherubini.
(Per parto naturale e senza
Cesareo, molto praticato
nella Regione Campania,
“Consule Bassolino”).
Un anno fa, di questi giorni,
come suol dirsi, sotto Natale,
non tanto per “veicolare” il
libro, ma soltanto per amore
di verità, De Crescenzo si
rivolse addirittura a Papa
Francesco - dal nome del
Santo di Assisi che, per primo al mondo, realizzò un
presepe - per dimostrargli
che non esiste location più
congeniale e naturale di
Napoli per una Natività più
umanamente credibile. Lo
scrittore filosofo, o meglio il
filosofo scrittore, per la
circostanza calò addirittura
un asso vincente di aristotelico conio: il mitico sillogismo. Un ragionamento
fondato su una premessa
maggiore, una premessa
minore e una conclusione,
che le sintetizza, non consentendo vie di uscite, ai
sofisti, ai tanti che gufano
contro Napoli e il Napoli.
Eccolo: “Il presepe è nato a
Napoli, nel presepe è nato
Gesù, Gesù è nato a Napoli”.
Anzi, incurante che l’inno di
Natale, il popolarissimo “Tu
scendi dalle stelle” dell’avvocato Santo Alfonso Maria de
Liguori, potesse smentirlo:
“Quanno nascette ninno a
Bettalemme, era a notte e
pareva miezojurno;
ma le stelle, lustre e belle ,
mai se vedettero accussì”,
dopo aver dichiarato che
“Bettalemme” è una licenza
poetica, sotto cui si può
nascondere benissimo
Scampìa, De Crescenzo
aggiunse che soltanto Napoli
può vantare mangiatoie di
tutti i tipi, “vascie e alte”,
insomma, il contesto giusto
della povertà cristiana. E
aggiunse: se è vero che Cristo
da adulto si è fermato a
Eboli, è ancora più vero che è
nato a Napoli, dove, sin da
piccolo, lo hanno visto vendere sigarette e accendini,
appendersi ai tram, pulire le
scarpe ai turisti. E così mentre la disputa continua,
anche se sottotraccia, in
attesa di vedere in campo,
prima o poi, i nostri eccellen-
ti giallisti Maurizio De Giovanni e Vittorio Del Tufo“Gesù fate luce”- a toglierci
d’impiccio, a darci la versione più giusta, ancora una
volta, è l’immortale don
Peppino Marotta, “re del
Pallonetto” e dei vicoli.
Marotta, mettendo al bando
sillogismi, sofismi e altri
ismi, esibisce un certificato
di nascita dalle prove inconfutabili e di universale riconoscimento sulla indiscussa
napoletanità di Gesù.
Volete proprio sapere perché
Gesù Bambino è nato a
Napoli? “Perché fece fesso Re
Erode”. Speriamo però che
nessuno faccia ricorso al Tar
di Betlemme.
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Tel. 081/407555 - 412856
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CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
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CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
DIVINAZIONE
IL MITO E I GIORNI
Il Solstizio
d’inverno
Il 21 dicembre è la notte più lunga dell’anno: un
periodo magico dedicato all’aura aetas saturnina
Rosamaria Lentini
Il 21 dicembre, giorno d’inizio del Segno del Capricorno,
cade il solstizio d’inverno. È il
momento nel quale il sole dal
Segno della Bilancia, dove ha
iniziato la sua apparente discesa, giunge al punto più meridionale dell’emisfero australe,
dal quale inizia la sua apparente risalita. Mentre nel solstizio
estivo il 21 giugno nel Segno del
Cancro si verifica il giorno più
lungo dell’anno, all’inverso accade il 21 dicembre nel Segno
del Capricorno nel quale abbiamo la notte più lunga dell’anno.
Il Sole, come portatore di calore e di luce, è al centro di tutte le
religioni delle antiche civiltà, e
non c’è da stupirsi, perciò, che
il solstizio estivo e quello invernale siano sempre stati considerati periodi magici, come testimoniano tanti antichi riti,
propagatisi poi nella religione
cristiana e nel folklore.
In questo scritto ci fermeremo
su uno di quei riti in particolare, i Saturnalia.
A Roma in epoca imperiale dal
17 al 23 dicembre, quando il sole solstiziale, il sole bambino, rinasceva e tornava a ricomparire nel cielo, si festeggiavano i Saturnali. Erano feste così antiche,
che le loro origini non sono più
rintracciabili, ma le notizie che
ci forniscono gli autori latini,
Macrobio in particolare, sono
più che sufficienti a comprendere il loro significato.
Saturno era il dio che presiedeva a questo evento. Per sua grazia, se pure per poco, il mondo
aveva un sovvertimento: scomparivano le discriminazioni tra
liberi e schiavi, cadevano i divieti soliti, si sospendevano le
guerre, si usufruiva di libertà impensabili in altro periodo, come, ad esempio, poter giocare a
dadi per tentare la sorte. Si ritornava all’aurea aetas, la mitica età dell’oro.
Ma perché il mondo, una volta
l’anno, subiva questo ribaltamento e tornava in un così remoto passato?
Questa domanda apre l’affascinante argomento dell’Eterno
ritorno. Presente in tutta l’area
mediterranea e paleorientale,
l’Eterno ritorno era sempre preceduto da una fase di dissoluzione dell’ordinamento precedente, quindi era un ritorno al
caos, preludio indispensabile
alla nascita dell’anno nuovo, il
nostro Capodanno, nel quale,
non a caso, la speranza e l’augurio sono di un anno nuovo e
una vita nuova !
Non è importante il periodo nel
quale iniziava il nuovo anno,
poteva essere, variando i fattori climatici e culturali, novembre, dicembre, marzo, aprile,
luglio per gli Egizi. Ciò che era
costante e che ritroviamo anche nei Saturnali, era il bisogno
di fare coincidere la fine di un
periodo con la nascita di un altro. Era il bisogno di rigenerare
il tempo, di ricongiungersi a
quell’illo tempore nel quale era
avvenuta la creazione del cosmo, “quando gli uomini in
un’eterna giovinezza vivevano
insieme agli dei, si nutrivano di
ghiande e di miele, non c’era
dolore né affanno alcuno, la terra senza lavoro dava il suo frutto e si moriva come vinti dal
sonno”(Esiodo).
Questo Grande Tempo, il tempo
delle origini, poteva essere segnalato dal solstizio e abbinato
alla luce, poteva essere collegato alla comparsa della vegetazione, poteva avere un cerimoniale diverso, ma ciò che non
cambiava era la possibilità di
reinserirsi nel ritmo cosmico, in
un cosmo ancora libero da tutto ciò che potesse riferirsi al male. Era il ritorno del sole e della
luce che segnalavano la nascita
della vita dopo il loro lento declino iniziato con l’equinozio
d’autunno. Questa sintesi dei
Saturnalia, incita ad una domanda: cosa è rimasto di questo
rito e di tanti altri analoghi nella nostra cultura del XXI secolo?
Soprattutto se l’anno giunto al
suo compimento è stato negativo, c’è l’aspettativa che si chiuda un periodo e se ne apra un altro migliore e gli auguri che ci
scambiamo a mezzanotte, brindando al nuovo anno, ne fanno
fede. Anno nuovo e vita nuova,
è la frase che aleggia nell’aria, e
la vita nuova non è altro che
l’eredità di quel lontanissimo
passato nel quale veniva festeggiato il nuovo sole che dall’emisfero australe risaliva in quello
boreale. E i fuochi d’artifizio che,
scoccata l’ora fatidica, illuminano il cielo, non sono altro che
una metafora del sole e della luce che torneranno a risplendere. Ed è sempre un omaggio al
sole l’usanza di rimanere alzati
fino all’alba per vederlo sorgere. Come pure altre due consuetudini rimandano, in modo
inequivocabile, al nuovo che
verrà: gettare dalla finestra roba
vecchia (gesto per fortuna in disuso) e indossare qualcosa di
nuovo e di rosso, il colore, ossia,
che richiamando quello del
sangue, è simbolo di vita parimenti al sole.
[email protected]
LE CARTE DEL DESTINO
Il Bagatto
IL PAPA LEGA
TERRA E CIELO
Un Pontefice sembra benedire le due figure di discepoli
ai suoi piedi. È il Papa:
costruisce ponti (da pontis e
ficere), ovvero istituisce un
collegamento tra due mondi
separati.
In origine, nella Roma repubblicana, molto prima
dell’avvento del Cristianesimo, il Collegio Pontificio si
occupava proprio delle
attività di mediazione necessarie fra la comunità e le
divinità della religione. Il
consesso era formato da
cinque componenti e proprio al quinto, chiamato
Pontefice Massimo, erano
affidati i poteri di rappresentanza. Nel tempo la carica fu
assunta dagli imperatori, a
indicare il carattere essenziale di questo ruolo. Trasmettere è, dunque, la sua
funzione che può essere
nobile, se intesa come partecipazione dei misteri, oppure spregevole se, come falso
messaggero, corrisponde
all’intento di separare ulteriormente quei mondi. Ma
cosa è necessario mettere in
comunicazione?
Di seguito alla coppia terrestre - Imperatrice/Imperatore- troviamo l’arcano del
Papa che, nello schema
duale ricorrente nel Tarot, da
un lato rappresenta l’anima
del Maschile (la personalità,
come si è detto, risiede
nell’Imperatore), dall’altro
lato individua il maschio
della Coppia Celeste, formata da: Iside/Papessa - Osiride/Papa.
Papa e Papessa si danno
naturalmente le spalle a
segnare un sostegno reciproco nello svolgere le
proprie azioni che sono
sempre condivise con altri:
la prima è in ricezione
passiva (studia il libro della
vita e feconda l’uovo cosmico), dunque accumula
conoscenza e la mostra (il
libro aperto); il secondo è in
ricezione attiva, attraverso la
croce a tre braccia, simbolo
della gerarchia ecclesiastica
e del potere, riceve messaggi
dall’alto e li trasmette ai
discepoli.
Non è un caso che sia l’arcano numero V. Questo numero è da sempre collegato
all’essenza dell’uomo e
corrisponde al centro della
croce, uno dei quattro
simboli fondamentali di
tutte le principali culture del
pianeta (gli altri tre sarebbero il centro, il cerchio e il
quadrato).
La croce, diretta verso i
quattro punti cardinali, è la
base di tutti i simboli di
orientamento: quello spaziale est-ovest (nascita e tramonto del sole); quello
temporale, nord-sud in
riferimento all’asse di rotazione del mondo e di conseguenza ai punti cardinali
celesti. L’incrocio dei due
bracci è il punto di congiunzione e di comunicazione fra
la Terra e il Cielo ovvero
l’Uomo-divino, il centro,
contraddistinto proprio dal
numero cinque, cifra delle
ierogamie: il matrimonio del
principio celeste (il tre) e del
principio terrestre (il due).
Quindi, il Papa mette in
comunicazione il Cielo e la
Terra e questo ri-legare,
questo fare religioso, lo si
può intendere sia come
attività rivolta all’esterno
(sarà un padre, un capo
carismatico, una guida che
sostiene e orienta nel proprio cammino), sia come
attività rivolta all’interno:
sarà, dunque, il nostro Sé
che coordina e tenta di
integrare le nostre parti
disperse.
Può, però, essere diabolico
nella misura in cui l’istanza
paterna del potere si identifichi con gli aspetti cruenti
del maschile e, come Urano
o Saturno, divori simbolicamente i propri figli. Collegare è difficile, più semplice
dividere e confondere. La
carta simboleggia anche la
possibilità di un inganno (o
auto-inganno), tanto che,
non è chiaro quanti e quali
siano i personaggi ai piedi
del Papa .
[email protected]
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STORIE&IMPRESE
QUALITA` E PREZZI COMPETITIVI: LA FILOSOFIA DI FRANCESCO MUCCIARDI
Condotti sartoria, la stoffa del successo
La crisi affossa lavoro, smonta speranze. Ma c’è chi, nonostante le stangate, il salto nel
vuoto decide di farlo comunque. Pochi mesi fa Nino De Nicola aveva abbassato la saracinesca dello storico negozio di
piazza dei Martiri, abbandonando l’attività che conduceva
da 25 anni. Oggi la sua eredità la
raccoglie Francesco Mucciardi,
40 anni, imprenditore napoletano, veterano del settore moda. Presente da quattordici anni nel quartiere di Chiaia, importa l’eleganza del suo brand
“Condotti sartoria” in un nuovo store, che si affianca all’attività del primo, aperto nel 2000
in via dei Mille.
Il passaggio di testimone tra i
due businessman viene accompagnato da un restyling,
che è radicale nell’aspetto e nella sostanza. Nuova la filosofia
aziendale che Mucciardi impianta nello storico punto vendita, nuovo l’appeal della location. Una freschezza che si rifà
alla tradizione costruita dal suo
predecessore, basata su ideali
di gusto, stile e raffinatezza, ma
che tiene conto dell’autunno
del commercio e si avvicina alla gente, ammortizzando i costi.
«Visto il periodo negativo bisogna riuscire a creare capi di
buona qualità, di valore, ma a
(22)
prezzi competitivi. Solo così si
accresce l’attrazione del prodotto», dice. Altro che imprenditori senza scrupoli. E infatti
per descrivere Mucciardi bastano pochi, preziosi elementi.
Venti anni di matrimonio con
Patrizia, due figlie, una ventenne l’altra sedicenne, viaggi in
lungo e in largo per il mondo
che però lo hanno riportato
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
sempre lì, sotto al Vesuvio, dove ha lasciato cuore e radici. E,
soprattutto, la propensione ad
“accudire” con le sue mani il
business messo in piedi.
Come nasce Mucciardi imprenditore?
«È stato un passaggio ereditario.
Mio nonno era sarto, mio padre
ha seguito le sue orme, e io ho
fatto lo stesso dopo di lui, ini-
ziando subito a realizzare total
look. Con il brand “Condotti
sartoria” la mia filosofia è coniugare qualità e prezzo, per
consegnare al cliente un prodotto buono e soprattutto made in Italy. Il segreto è nell’acquisto della materia prima.
Scelgo e compro personalmente i tessuti con cui realizzo i capi e devo dire che il mio impegno viene apprezzato. La materia prima pregiata, unita ai tagli studiati e accurati, danno
qualità al prodotto. Per questo
riusciamo a confezionare abiti
su misura a prezzi giusti, anticrisi. E adatti non solo all’uomo
classico, ma anche ai più giovani, abbracciando lo sportswear. “Condotti sartoria” ha
vestito anche personaggi televisivi come Sal Da Vinci e Walter Di Maggio. E oggi debutta a
teatro cucendo i vestiti per lo
spettacolo “L’amico del cuore”
diretto da Vincenzo Salemme,
in scena insieme a Biagio Izzo e
ad altri noti attori».
Qual è il tuo ideale di eleganza?
«Viene ispirato dalle grandi case di moda italiane. Credo fortemente nel made in Italy. Ritornerà ad essere il futuro. Ho
girato tanto, sono stato nelle capitali europee, brand come
“Condotti” a Londra o a Parigi
sbancherebbero. Gli stranieri
apprezzano il gusto italiano. A
livello di rifiniture, il made in
Italy non lo batte ancora nessuno».
Obiettivi per il futuro?
«Nei miei sogni c’è l’estero. Prima radicarmi sul territorio,
sbarcare a Roma e nella capitale della moda, Milano. Da lì
puntare all’estero. Esportare il
made in Naples nel mondo.
Proprio perché credo nelle sue
potenzialità, fatto di veri artigiani, che lavorano con precisione e cura dei dettagli. Non
c’è industrializzazione, non ci
sono capi tutti uguali».
Napoli è una città elegante?
«Napoli è sinonimo di eleganza.
Sono stati i napoletani ad
esportare la buona sartoria nel
mondo. È la mia vita, la mia
musa ispiratrice, sono nato e
cresciuto qua e non mi allontano. Non è un caso se i grandi
del passato, principi e sovrani,
venivano a vestirsi a Napoli».
Un messaggio ai neo-imprenditori?
«Crederci. Mai cambiare la tua
filosofia, la tua linea imprenditoriale, il tuo brand. Mettendo a
frutto perseveranza e tenacia
prima o poi i risultati si raccolgono. Niente scorciatoie o cambi di direzione, è la passione il
motore propulsore. Giovani,
non vi arrendete».
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STORIE&IMPRESE
MASSIMILIANO CAMPANILE, COIFFEUR VIP
L’imprenditore che conosce lo charme
Il coiffeur Vip Massimiliano
Campanile, per gli amici Max,
(nella foto - by massimo medda photography), unico referente per la Campania di Aldo
Coppola - massima griffe
italiana della capelleria titolare di ben tre saloni in cui
si alterna al comando, affiancato al Vomero da Francesca
Fierro e a Caserta da Sal
Paesano, suoi storici collaboratori, è un giovane imprenditore napoletano che - con
sacrifici immensi e incredibile
forza di volontà - ha raggiunto
il duplice obiettivo di sfondare
brillantemente nel mondo del
lavoro e di non abbandonare
la sua città, le sue origini, le
radici territoriali a cui è profondamente affezionato: il
successo della sua carriera gli
ha portato in dote l’ammirazione e il consenso delle
signore della Napoli bene (tra
cui manager, imprenditrici,
giornaliste, capitane d’industria) che frequentano i suoi
saloni e che non si farebbero
mai tentare da altre sirene
della coiffure, quantunque
valide e affermate. Effettivamente il clima che si respira
nella boutique Aldo Coppola
by Massimiliano è amicale, di
grande sintonia, perché le
clienti sono in massima parte
amiche intime di Max che le
accompagna nei momenti più
belli, in occasioni speciali tra
cui feste chic, ricevimenti,
anniversari e matrimoni
personali e di figli, regalando
il suo tocco glamour alle
mises più importanti. Per
scalare la faticosa vetta del
successo l’instancabile Max si
è sottoposto sin da giovanissimo a un lungo iter fatto di
preparazione, di alterni riconoscimenti e delusioni, dubbi
e determinazione, cadute e
risalite, intrecciati con la
costruzione di un futuro
anche sentimentale, che ha
richiesto un massiccio investimento di energie fisiche e
mentali, per lavorare, vivere
una vita ricca di soddisfazioni
individuali e, contemporaneamente, curare la propria
formazione ad altissimo
livello: i migliori anni della sua
vita sono questi in cui, circondato dall’affetto dei familiari
(tra cui le sue due mamme
“entrambe di nome Nunzia,
una che vive fra le stelle e
l’altra che mi accompagna
nella vita”) e dei visi più cari,
Max può raccogliere i frutti
dei suoi sforzi e ritenersi con
certezza al top della sua
professione, pronto comunque a progredire, sperimentare, innovare, come solo i
grandi sanno fare mantenendosi ancorati alla realtà.
Non a caso Max si è sempre
ispirato agli esempi migliori,
non montandosi la testa per
le prime affermazioni ma
mettendosi continuamente in
discussione, scontrandosi a
volte con realtà difficili ma
senza arrendersi, nutrendosi
della luce e del carisma dei
vincenti, accettando le critiche costruttive per fare quei
salti di livello nel valore personale che fanno la differenza e
decretano la riuscita finale:
“Non mi sono improvvisato
parrucchiere” - confida Massimiliano - che candidamente
ammette: “Sin da piccolo
pettinavo a modo mio le
bambole di mia sorella Susy e
di mia cugina, suscitando
proteste furibonde per i tagli
drastici delle chiome, a mio
giudizio necessari, e i repentini cambi di acconciatura delle
loro beniamine che, secondo
me, le modernizzava. Amo
studiare le geometrie dei volti
e le loro proporzioni, per
consigliare alle clienti la
pettinatura adatta, poiché
considero un pessimo servizio
accontentare delle richieste
che rischiano non solo di non
valorizzarle ma addirittura di
imbruttirle: prediligo lo stile
raffinato, la classe, gli chignons, per esaltare la femminilità come impone il trendy
di stagione che si incentra sui
mitici anni ‘60 con tagli e
scalature piene che mettono
in risalto il viso, con onde
naturali, movimenti di luce e
colore, ciocche raccolte,
soluzioni eleganti, per fare di
ogni donna una protagonista
di charme».
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CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
STORIE&IMPRESE
GIORGIO-NAPOLI, IL CUORE RAFFINATO DI PASSEGGIATA COLONNA
Ricciardi, il gentleman dell’eleganza
Un menu incorniciato e appeso alla parete rievoca una cena sotto le luci e i grattacieli di
New York, al “21 Club”, in compagnia di Mr Ralph Lauren, icona di stile a stelle e strisce. È là
che cade l’occhio curiosando
in giro, immediatamente. La
boutique di Giorgio Ricciardi
(nella foto), patron del marchio
“GIORGIO - Napoli”, parla da
sola. E quello che suggerisce è
l’idea di un salotto. Fatto di sciccherie, buon gusto, raffinatezza. Te lo dicono l’arredamento
un po’ dandy e un po’ retrò, la
musica in sottofondo, la greca
di fotografie in cui pezzi da novanta della politica e dello spettacolo fanno sfoggio di sorrisi
insieme a lui, al padrone di casa. «Sono nato tra stoffe e sete.
Mio padre aveva un negozio di
tessuti a via Chiaia. È nata così
la mia passione», racconta
mentre snocciola i dettagli di
un business che si è irrobustito
tramite un passaparola sussurrato tra gentiluomini e mostra
orgoglioso ritagli di riviste internazionali che a lui hanno dedicato spazio ed elogi. Tra queste “Town & Country”, magazine del lusso americano, che in
un pezzo sulla Napoli fashion
osanna l’esclusività di “GIORGIO - Napoli”: nomi celebri del
settore è possibile trovarli
ovunque - scrive - le cravatte e
i foulard di Giorgio, invece, solo «in the petite Chiaia district
boutique». La storia di Giorgio
Ricciardi inizia negli anni ’70,
con l’apertura del primo negozio in via Calabritto. Una boutique da donna, con esclusiva
Giorgio Armani: «Era appena
alla sua seconda collezione e
ancora poco conosciuto. Per tre
anni, a Napoli, sono stato l’unico a vendere i suoi capi». Ma è
negli anni ’80 che vede la luce
il marchio personale, “GIORGIO - Napoli”, che accosta il
suo nome alla sua città. Inaugura allora un secondo store di
abbigliamento sia maschile che
femminile, sempre a via Calabritto, con esclusiva Ralph Lauren e approda a Capri con la
boutique di via Camerelle. Poi,
sei anni fa, la svolta. «Mi innamorai di Passeggiata Colonna,
questa stradina è un incanto racconta - Francesca e Renato
Bruno, i proprietari, mi chiesero di fare da apripista con una
mia attività, e io accettai ben
volentieri. Per otto mesi sono
stato l’unico punto vendita
qui». Ma la classica boutique
viene rinnovata. Giorgio Ricciardi decide di affiancarle un
laboratorio artigianale di cravatte, facendo del made in Napoli e del pregio dei tessuti, reperiti a Como e a Londra, i suoi
punti forti. «Volevo fare in modo che il cliente potesse scegliere il tessuto, il modello e il
giorno dopo avesse la cravatta
rifinita e pronta», dice. Nascono così piccoli gioielli di stoffa
su misura realizzati a mano,
personalizzati anche nel packaging, e impreziositi dalla caratteristica “frizione”: un filo di
cotone che attraversa in lunghezza il tessuto, testimonia la
realizzazione a mano ed evita la
deformazione. In Italia Ricciardi è tra i pochi a realizzarla. Fiori all’occhiello della maison
GIORGIO - Napoli sono cravatte a tre o sette pieghe (ma su richiesta anche a quattro o dodici pieghe, e con loghi personalizzati), pochette con pat-
chwork di fantasie, bandane in
seta, foulard a tinte accese e
pois. Ma l’impronta del vulcanico ideatore si nota soprattutto nel guizzo di originalità di alcuni lavori, come la “cravatta
dopocena” con ricami di limoni, quella portafortuna con
quadrifogli, o ancora l’omaggio
all’avvocato Agnelli con fantasia pied de poule. Tra le novità
di questo Natale, poi, il foulard
“a protezione totale”, così battezzato dal vicepresidente del
Csm Michele Vietti (tra i tanti
frequentatori di razza della
boutique GIORGIO - Napoli),
che quest’anno si rinnova pur
restando fedele alla sua vocazione “apotropaica”. E la cravatta “Golden tie”, un prodotto fine ed elegante, quasi principesco, con corone tessute in
oro. L’ultima trovata di Ricciardi è stata quella di fare della sua
boutique una matrioska, creando un negozio nel negozio. È
di fresca inaugurazione infatti il
reparto di abbigliamento donna. Un corner di lusso gestito
dalla sua dolce metà Veronica
Panza, già direttrice di importanti brand di lusso. E se gli
chiedi il perché di questa sterzata, la risposta secca è: «Non
potevo stare senza le donne».
Come pochi, un imprenditore
gentiluomo. (l.i.)
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
(25)
STORIE&IMPRESE
LIDEA FOOD AND DRINK DI MARIANO CECI E ANTONIO CAPASSO
Harmony, il fascino della cucina creativa
Harmony significa armonia,
equilibrio, simmetria. Ma anche amore. Ed è proprio la passione ad aver spinto due giovanissimi napoletani, Mariano
Ceci e Antonio Capasso (nella
foto), a lanciarsi in una nuova
sfida imprenditoriale. Ventisei
anni il primo, ventitré l’altro,
due “navigati” della ristorazione nonostante l’età, da maggio
gestiscono il ristorante “Harmony food and drink” di via Posillipo 268 (www.harmonyrestaurantnapoli.it). Un locale
frizzante, nel design e nel food,
aperto tutti i giorni dal martedì
al sabato a cena e la domenica
a pranzo. «Abbiamo scelto il nome Harmony per la nostra età,
il nostro modo di fare, i nostri
caratteri, per la presentazione
dei piatti a cui dedichiamo
grandissima attenzione, per
l’atmosfera del locale - spiega
Mariano Ceci, direttore responsabile - Quando vengono da
noi, anche solo per una serata,
i clienti devono sentirsi a casa,
circondati da un clima di armonia». Forti delle esperienze maturate in precedenza (Mariano
Ceci ha gestito un ristorante al
centro di Barcellona, Antonio
Capasso è stato ristoratore in un
locale a Casoria), i due titolari
hanno messo le proprie competenze e l’energia tipica dei
ventenni al servizio di un concept fresco e innovativo. A chiu-
(26)
dere il team, Rosario Consalvo,
poco più di trent’anni, chef internazionale con passato a Bruxelles, formatosi alla scuola del
Gambero Rosso di Roma. Insieme hanno ideato un menu che
costruisce la giusta fusione tra
tradizione e sperimentazione.
«Il nostro punto di forza - sottolinea Mariano Ceci - è riuscire
ad esaltare i sapori della cucina
mediterranea tramite l’uso di
spezie e tecniche di preparazione innovative. Ci piace giocare
con i sapori e con i colori per
dare ai nostri piatti una nota “rivoluzionaria”, che reinventi la
tradizione». Quello che i clienti, anche i più esigenti, possono
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
trovare da Harmony sono ricette ricercate, a prova di gourmet,
con l’unico obiettivo di sorprendere il palato. Un’armonia
di gusto e raffinatezza. Lo dimostrano i prodotti, tutti di primissima qualità e scelti tramite
una selezione scrupolosa. Tra
questi un prosciutto iberico
d’eccellenza difficile da reperire, tanto che in Campania sono
solo quattro ristoranti a proporlo, e vari tipi di formaggi, tra
cui uno ai frutti di bosco e miele. Ma è soprattutto nei primi
piatti che la creatività dello chef
vola alto. Sul menu spiccano risotto con zucca, polipo e cozze,
risotto con caviale di melanza-
ne e astice, linguine con riccio di
mare, raviolo alle nocciole con
ricotta e pera e salsa di salmone
e tartufi. Tra i secondi, invece,
un’ampia scelta di carne e pesce
(tra le specialità della stagione
un ottimo gambero in crosta di
mandorla con pastella dolce).
Harmony vanta anche una cantina ben fornita di vini regionali e non solo, tra cui Marisa Cuomo e Quintodecimo, fiori all’occhiello delle case vinicole
campane, Savignon, Chardonnay, Cannonau. «Non c’è un
menu fisso - continua Ceci - Oltre ai piatti base che offriamo,
per garantire la freschezza del
prodotto proponiamo solo il pe-
scato del giorno. Sempre per restare fedeli a questa filosofia, la
nostra cucina è interamente
espressa, compresi i dolci, dato
che il nostro chef ha esperienza
anche nel campo della pasticceria». Qualità, piatti realizzati
“in house”, prezzi competitivi e
coccole al cliente: un mix perfetto. «Cerchiamo di realizzare i
desideri di chi viene a cena da
noi. Se ha qualche preferenza e
ce la comunica con un piccolo
anticipo, possiamo accontentarlo con piacere». Ogni quindici giorni, poi, largo al “venerdì Harmony”: serata che prevede, su ordinazione, la degustazione dei prodotti di prima scelta del locale (dagli assaggi di
crudo al dolce) con intrattenimento musicale soft e, per chi
non ha voglia di mettere un
punto alla serata, un dopocena
per sorseggiare cocktail e ascoltare musica deep-house. Il locale inoltre può essere affittato
per piccoli eventi, job meeting,
feste di compleanno, che contino fino a un massimo di 50 invitati. E per il futuro? «Il nostro
sogno - confessano - è vedere il
ristorante pieno di gente che
apprezzi la nostra cucina. Puntiamo a consolidarci sul territorio, facendo dell’esclusività dei
piatti un must. E devo dire che
per il momento le soddisfazioni ci sono: chi si è fermato da
noi è sempre ritornato».
saper vivere
CULTURA • COSTUME • RELAX • MOVIDA • EVENTI • CURIOSITÀ
Amarcord della bella giornata
Livia Iannotta
L
a bella giornata splende tra mare, ozi e
pesca subacquea. Teatrino del nulla,
come le chiacchiere intavolate al
Circolo nautico e al bar Middleton.
Nelle sue ore “svogliate” strisciano i
gagà di Raffaele La Capria, suppellettili
di una Napoli immobile, avviluppata
ad un passato di crepe e falsi miti. Gli
inetti di “Ferito a morte”, romanzo
dello scrittore 92enne, napoletano
emigrato nella capitale come il protagonista nato dalla sua penna, sono
borghesi senza tempo. Modelli sempreverdi. Libro raffinato, d’élite, quando venne pubblicato, nel 1961, vinse il
premio Strega e conquistò generazioni. Oggi è un documentario a restituirne suggestioni e temperie. Si chiama
“Una bella giornata - Luoghi e miti di
Ferito a morte” ed è diretto da Maurizio Fiume e Giuseppe Grispello, prodotto da Dario Formisano per la Eskimo, con la voce recitante di Roberto
De Francesco e la partecipazione di
Nino Bruno nei panni del protagonista. Un lavoro (presentato il 12 dicembre al Cinema Filangieri e in programmazione per una settimana) che si
allontana dalla “scientificità” del
documentario classico per virare su
una ricostruzione quasi cinematografica di quello che è ricordato come un
capolavoro del Novecento italiano.
«Non si tratta del documentario tradizionale, fatto unicamente di interviste
e apporti colti – spiega Maurizio Fiume – L’obiettivo che ci siamo posti era
più ambizioso: restituire le sensazioni
Raffaele La Capria racconta luoghi
e miti del romanzo “Ferito a morte”
nel documentario diretto da Maurizio
Fiume e Giuseppe Grispello
che le pagine di La Capria trasmettono
al lettore». È lui, regista e sceneggiatore, a raccontarci di più del progetto.
Cosa pensi di “Ferito a morte”?
«L’ho letto quando mi sono trasferito a
Roma, avevo 25 anni. La trama vede il
protagonista Massimo De Luca abbandonare la Napoli degli anni ‘50. Nella
sua vicenda può rispecchiarsi tutta la
generazione che a quell’epoca ha
lasciato la città per trasferirsi altrove.
Per questo mi affascinò subito. Già
allora immaginai un possibile film, ma
sapevo che sarebbe stato complesso
per la materia e l’ambientazione. Ci ha
provato anche Sorrentino, arrivando
ad un primo sviluppo di sceneggiatura, ma il progetto non andò in porto».
La forma documentaristica è forse
più adatta a questo tipo di romanzo ?
«Forse. Io ho sempre pensato di realizzare un documentario in cui si discutesse sul valore e sulla genesi del
romanzo ma che tentasse anche e
soprattutto di restituire le emozioni
che da quel libro trasudano. Avevo
immaginato una consistente parte di
ricostruzioni, che sono più propriamente delle nuances, delle sensazioni
tradotte in immagini. Tutto questo ha
richiesto un grande lavoro. Scene in
costume con ambientazioni storiche,
cura della fotografia, del trucco e
parrucco, che lo hanno reso un lavoro
da vero cinema. Stesso discorso per le
musiche di Paolo Petrella, originali e
composte appositamente per il docu-
mentario. A questo si è aggiunta una
lunga fase di montaggio per la ricerca
di immagini, fotografie, frammenti e la
loro sistemazione e messa a punto».
I temi portanti di “Ferito a morte”
sono molti. Quali vengono affrontati
nel docu-film?
«Ne ho estrapolati alcuni su cui lo
scrittore insiste. Del documentario
esisteva un progetto di partenza dettagliato, su cui ha lavorato Giuseppe
Grispello con la consulenza del critico
letterario Silvio Perrella, massimo
esegeta di La Capria. Quando per varie
ragioni Grispello ha abbandonato il
progetto e io ne ho preso le redini, ho
fatto un’ulteriore selezione. Mi sono
soffermato sugli aspetti cardine, ampliando spesso la visione di fondo. Ad
esempio mettendo in risalto le figure
femminili molto estetizzate, che nell’immaginario del protagonista hanno
un valore centrale e che nel progetto
iniziale non erano presenti».
Nel docu-film, oltre a quelle di Perrella, ci sono preziose riflessioni di La
Capria. Qual è il tuo giudizio su di lui?
«Ho letto quasi tutta la sua produzione
letteraria. Quello che apprezzo di più è
la capacità di restare leggero, pur
essendo profondo. Uno dei miei pezzi
preferiti è tratto da “Lo stile dell’anatra”, quando La Capria paragona la
scrittura a un’anatra che nuota: fa un
grosso lavoro sott’acqua mentre scivola sulla superficie. Scrivere è questo:
un accurato lavoro di scelta dei voca-
boli, costruzione, sintassi che però il
lettore non deve percepire. Nella prosa
italiana La Capria è forse uno dei
pochi a seguire ancora questa filosofia.
Ed è anche l’unico scrittore italiano
vivente ad avere non uno ma ben due
“Meridiani” che raccolgono i suoi
scritti».
In alcuni dei 52 minuti del documentario vengono accostate le parole del
romanzo a immagini della Napoli
contemporanea. C’è un’attualità
nelle parole di La Capria o è la città ad
essere rimasta ferma?
«Lo ammette proprio La Capria. Napoli non è cambiata, quello che accadeva
cinquant’anni fa è cronaca di oggi. È
mutata la forma: dal sacco edilizio di
ieri si è passati al sacco dell’immondizia, ma logiche e personaggi sono
intatti. La parte sociologica del documentario è forse quella meno attinente ai temi classici di “Ferito a morte”,
ma secondo me sensata. Anche Perrella nel suo intervento crea un ponte tra
passato e presente, accostando il Jolly
Hotel di allora al Centro direzionale
moderno. Il romanzo è stato il precursore di eventi che si sono verificati o
ripetuti con le stesse modalità, per le
ragioni che La Capria spiega: una
“classe digerente” che vegeta in una
città non amata. Immobile e decaduta,
affogata in un glorioso passato da cui
non riesce a muoversi, ma in cui anzi
si crogiola».
“Una bella giornata” ha quindi una
finalità didascalica?
«In parte sì. Uno dei miei obiettivi era
raccontare il libro per stuzzicare chi
non l’ha letto o ci si è avvicinato in
passato e ha l’occasione di tornarci su.
Ma anche scuotere le coscienze, sperando che si prenda maggiore consapevolezza dei problemi di Napoli».
(Foto: locandina del film; R. La Capria
durante le riprese. Foto di G. Fasolino)
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
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ARTE
I POERIO
Fuoco
su Napoli
Livia Iannotta
Più di un gigante silenzioso che
guarda dall’alto della sua imponenza
la città. Forse anche più di un simbolo, che di solito nell’immaginario
collettivo viene dopo la pizza e il
mandolino. Il Vesuvio è Napoli. Un
memorandum della sua precarietà,
che ne fa una città sospesa, sull’impercettibile, costante filo del rasoio.
È allo “sterminator Vesevo” che la
galleria Al Blu di Prussia (via Filangieri 42), lo spazio multidisciplinare
di Giuseppe Mannajuolo diretto da
Mario Pellegrino, dedica la sua
stagione espositiva. Fino al 20 dicembre, sarà possibile visitare la
mostra “Fuoco su Napoli”, personale
di Alessandro Busci, pittore e architetto milanese classe 1971. Quarantasette opere, tutti smalti su acciaio
cor-ten, di piccolo e grande formato,
ispirate al romanzo “Fuoco su Napoli” scritto da Ruggero Cappuccio,
vincitore del Premio Napoli 2011, da
cui appunto prende il nome l’esposizione. Un ciclo di lavori che focalizza
l’attenzione su un vulcano per nulla
addormentato, ma che, al contrario,
esplode di luce e colori. Vivissimo ed
energico nella sua primordialità.
Già il re della pop art Andy Warhol
rimase affascinato dal monte custode di Napoli, tanto da realizzare un
intero ciclo di lavori in cui il vulcano
era macchiato di tinte accese e
psichedeliche. Quasi spogliato della
sua carica distruttiva e armonizzato
dalla gioiosità delle tinte. In Busci
(protagonista, inoltre, dal 13 novembre alla Triennale di Milano della
personale “In alto Milano”, dedicata
(28)
allo sviluppo architettonico che la
città ha conosciuto nell’ultimo
secolo) le tele nascono da una «gravidanza di luce». Come scrive Ruggero Cappuccio, autore tra l’altro della
presentazione della mostra, «le
opere di Busci non si classificano
come molteplici inquadrature di
uno stesso oggetto, piuttosto la sua
mano felicissima tratta le facce dello
storico sterminatore come declinazioni di un unico pensiero. È l'idea
platonica dell’energia ad imporsi
allo stupore dello sguardo. La pittura
di Busci fa del Vesuvio un rituale in
cui si celebra l'atto di donare al
mondo, l'atto di esplodere, l’atto di
lanciare energia: l'eruzione come
parto. Nascita della luce, nascita
della potenza, nascita dell'arte a
lungo covata in segreto». E ancora:
«La meravigliosa sequenza di vulcani eruttivi che l’artista milanese
allinea come una solenne ossessione
il cui ripetersi è gradito, racconta di
molti Vesuvi che rimandano all’essenza di un primigenio cratere del
mondo. La perfetta riconoscibilità
del monte napoletano canta nell’aria
cromatismi di fuoco». Luce, getti di
colore, un groviglio di rossi e di
marroni vivissimi illuminano le
opere dell’artista milanese. «Una
pittura che - scrive ancora Cappuccio - esula dal manierismo della
distruttività e della sciagura, per
inventare una naturale, misterica
danza primordiale dell’armonia».
La mostra è aperta dal martedì al
venerdì dalle 16,30 alle 20,00; il
sabato dalle 10,30 alle 13,00 e dalle
16,30 alle 20,00. Ingresso libero.
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
Quindici pannelli
fotografici per
ripercorere le biografie
di Giuseppe,
Alessandro, Carlo e
Carlotta Poerio. Fino al
15 gennaio, a Castel
Nuovo, sarà in
esposizione la mostra
fotografica “I Poerio,
Storia e Poesia”. Per
l’occasione sono stati
realizzati pannelli
fotografici, su cui sono
riportate le notizie
biografiche di questi
prestigiosi personaggi
storici e per ognuno di
essi sono stati
selezionati documenti
che illustrano non solo
la loro attività politica
e culturale, ma anche
il ruolo svolto dalla
famiglia Poerio nel
corso delle lotte
risorgimentali che
portarono alla
liberazione e all'unità
d’Italia. I documenti
selezionati ricoprono
un arco di tempo che
va dall'inizio
dell'Ottocento al 1867,
anno della morte di
Carlo Poerio.
Occhio di riguardo
Gennaro Della Monica
Temi paesaggistici, ricchi di suggestioni
che rinviano all'impressionismo francese e alla "macchia dei toscani". Lavori
“soffici”, nei temi e nei colori. Le sale
espositive di Castel dell’Ovo accolgono,
fino al 10 gennaio 2015, la mostra
“L’Italia intatta di Gennaro Della Monica”, promossa da Comune di Teramo,
Comune di Napoli, Fondazione Marchesa Carla de' Petris e curata da Philippe
Daverio, Paola Di Felice, Cosimo Savastano e Claudio Strinati. Gennaro Della
Monica, artista abruzzese del 1836,
scultore di pregio, oltre che architetto e
direttore dei lavori per la realizzazione
di un borgo medioevale di notevolissime
qualità architettoniche che si intende
restaurare e valorizzare per la sua
connotazione di eccellenza strutturale e
storica, rappresenta la punta di diamante di una serie di espressioni artistiche
della regione che da tempo si è cominciato a valorizzare, sottraendole al cono
d'ombra che le ha oscurate per un
lunghissimo arco di tempo. L'esposizione intende anche sottolineare, oltre al
rapporto rinnovato con la natura e
l'ambiente, il forte legame con l'Accademia napoletana dell'Ottocento dell’artista, uno di quei "napoletani
d'Abruzzo" che apportò linfa vitale allo
sviluppo dell'importante scuola ma che,
soprattutto, aderì alla Scuola di Resina,
chiamata anche Repubblica di Portici,
un movimento innovativo e polemico nei
confronti di ogni compiacimento edonistico e illustrativo e favorevole ad un
continuo approfondimento della conoscenza del "vero poetico".
MICHELE TEMPESTA
ARTE
La stella
di Lucio
Amelio
evento
AL MADRE, FINO AL 9 MARZO
2015, LA MOSTRA DEDICATA
AL GALLERISTA CHE AVEVA
NAPOLI NEL CUORE
Michele Tempesta
Scomparve vent’anni fa Lucio
Amelio. Quel giorno, il 2 luglio del
1994, se ne andò uno degli indiscutibili protagonisti della storia dell’arte
contemporanea, il gallerista che amò
Napoli al punto da renderla uno dei
centri propulsori della produzione e
riflessione artistica a livello nazionale
e internazionale. E’ stata inaugurata
il 22 novembre scorso, al museo
Madre di via Settembrini, e si protrarrà fino al 9 marzo 2015 la mostra
dal titolo “Lucio Amelio. Dalla modern art agency alla genesi di terrae
motus (1965-1982). Documenti,
opere, una storia”. Più che un mero
percorso espositivo, si presenta come
un omaggio alla sua storia e a quella
di tanti artisti e compagni di strada
che con lui hanno condiviso ricerca e
sperimentazione. La mostra focalizza
L’arte
sublime del
collezionista
LA RACCOLTA DI OPERE
DI ERNESTO ESPOSITO «THE GOBETWEEN» A CAPODIMONTE
FINO AL 31 GENNAIO 2015
l’attenzione su un arco temporale
che va dal 1965 al 1982, ovvero gli
anni fondativi di una solida visione
dell’arte che culminerà con la costituzione della Fondazione Amelio e la
genesi di Terrae Motus. In esposizione opere di più di cinquanta artisti,
risultato di una meticolosa ricerca
d’archivio sulle mostre organizzate
da Amelio, insieme a un corredo di
più di cinquecento documenti storici, molti esposti per la prima volta,
provenienti dall’Archivio Amelio e da
lettere autografe, fotografie, schizzi di
allestimento, inviti, manifesti, libri,
cataloghi, brochure, edizioni numerate. La storia artistica di Amelio
inizia nel 1965 con l’apertura, a Parco
Margherita, di una galleria dedicata
ai linguaggi e alle pratiche artistiche
più sperimentali: la Modern Art
Agency. Altra tappa cruciale è il 20
novembre del 1982 in cui vede la luce
la Fondazione Amelio, messa in piedi
da Amelio insieme alle sorelle Anna,
Lina e Giuliana. Quella data segnerà
la genesi di un’altra pietra miliare
della sua storia: il progetto Terrae
Motus. Si tratta di una collezione in
progress (oggi esposta alla Reggia di
Caserta) concepita per stimolare la
reazione da parte di alcuni dei più
importanti artisti dell’epoca ad un
evento drammatico e devastante
quale fu il terremoto che scosse
l’Irpinia il 23 novembre 1980. Ideale
continuazione di questa mostra è un
museo vero e proprio ubicato in
un’ala del convento di Santa Lucia al
Monte e dotato anche di sale espositive, spazi per residenze ed attività
educative, laboratori, una biblioteca.
Ernesto Esposito è
un designer di calzature di fama internazionale. Ma oltre a
scarpe e bozzetti, la
sua vocazione è il
collezionismo. Oltre
trent’anni fa, a Napoli, con artisti del
calibro di Joseph
Beuys, Cy Twombly,
Robert Rauschenberg, Gerhard Richter, Andy Warhol,
inizia una raccolta di
opere di arte contemporanea, oggi ricono-
sciuta come una tra le
più interessanti in
Europa. Fino al 31
gennaio 2015, al Museo
Nazionale di Capodimonte, sarà possibile
visitare “The Go-Between” (l’intermediario,
il messaggero), la mostra dedicata alla sua
prestigiosa collezione,
già esposta in diversi
musei europei e americani. Caratteristica
peculiare della collezione di Esposito è da
sempre l’attenzione
PRESEPI
UNREST
Sarà visitabile fino al 6
gennaio 2015, a Napoli,
presso le antiche carceri di
Castel dell'Ovo, la 3° Mostra
dell’arte Presepiale delle
Proloco di Napoli e della
sua Provincia. Organizzata
dall'Unpli, la
manifestazione ha lo scopo
di evidenziare come l'Arte
Presepiale sia radicata nella
tradizione partenopea e di
far conoscere la suggestiva
atmosfera di cultura dei
capolavori realizzati da
artigiani, maestri
selezionati dalle varie Pro
loco, che imprimono di
passione le loro opere, tutte
di alto livello. La splendida
Si chiama “Unrest” la
personale di Paloma Polo
in esposizione fino all’11
febbraio 2015 alla Galleria
Umberto Di Marino di via
Alabardieri. Realizzata in
partnership con Acción
Cultural Española, la
mostra costituisce
l'anteprima di un progetto
pluriennale di ricerca, che
vede coinvolte più
istituzioni a livello
internazionale. Oggetto di
studio dell’artista da
diversi anni sono le
cosiddette “Special
Economic Zones” dette
anche “Freeports”, regioni
geografiche create per
cornice di Castel dell'Ovo,
poi, rende l'ambiente
ancora più magico. La
Mostra proseguirà fino al 6
gennaio 2015. L'ingresso al
pubblico è gratuito e sarà
consentito nei giorni feriali
dalle ore 9.00 alle 14.00 e
dalle ore 15.00 alle 18.00 e
nei giorni festivi dalle 9.00
alle 13.00.
IGNAZIO SORIANO
Sono proprio i progetti di questo
museo da lui ideato per Napoli ad
aprire e chiudere simbolicamente la
mostra al Madre.
Le prime sale vedono esposte opere
di quattro artisti italiani: Renato
Barisani, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Paolo Scheggi. Seguono poi
ambienti dedicati agli artisti dell’Arte
Povera, tra cui Pierpaolo Calzolari,
Luciano Fabro, Mario e Marisa Merz,
Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio, insieme alla ricostruzione della personale di Jannis
Kounellis con cui, nel 1969, inaugurò
la sede della galleria in Piazza dei
Martiri. Proseguendo il percorso ci si
imbatte nelle opere e nei documenti
dedicati alla “Nuova Creatività nel
Mezzogiorno” e alla ricerca performativa e teatrale con Vito Acconci,
Lea Lublin, Charlemagne Palestine,
Gruppo XX, Falso Movimento e
Teatro Studio di Caserta. Per poi
raggiungere le sale dedicate alla Pop
Art e alla “scultura sociale” beuysiana. La seconda parte del percorso,
invece, vede esposti artisti come
Francesco Clemente, Mimmo Paladino, Nicola De Maria, di Nino Longobardi, Luigi Ontani, Ernesto Tatafiore,
accanto a Tony Cragg, Robert Rauschenberg, Gerard Richter e Cy
Twombly. Chiude la mostra al terzo
piano una selezione di opere fotografiche e filmiche, fra gli altri, di Bernd
e Hilla Becher, Fabio Donato, General
Idea, Gilbert & George, David Hockney, Mimmo Jodice.
rivolta ai giovani artisti, il suo “occhio” e lo scommettere, incondizionatamente, sulle ragioni del nuovo e
dell’insolito. Da qui la selezione delle
opere in mostra - circa novanta incentrata sulle ultimissime acquisizioni di artisti, di generazioni e provenienze diverse, la maggior parte
ancora emergenti, alcuni invece già
riconosciuti nel panorama internazionale. A questi si aggiunge una serie
di contrappunti, accuratamente scelti
tra i “grandi classici” presenti nella
collezione Esposito, chiamati a dialogare con le opere ospitate nella Wunderkammer del museo.
IGNAZIO SORIANO
attrarre investitori esterni
in quanto dotate di
legislazione economica
speciale. Una specifica
prospettiva sugli esiti dei
meccanismi socioeconomici del modello
capitalistico occidentale
viene dunque indagata per
sottolineare le
contraddizioni insite nei
processi di
normalizzazione. L'artista
tenta di assorbire la cultura
indigena, ricavandone
modelli di progresso e
conoscenza da offrire
come alternativa a quelli
neocolonialistici. Ed
ereditando il sapere
"scientifico" della
comunità in merito alla
botanica e ai suoi usi
medicinali, Paloma Polo
costruisce un suo
personale archivio,
cercando di restituire non
solo le proprietà fisiche
delle piante, ma anche
l’apparato cosmologico
che ne accompagna la fase
di raccolta.
ANTONIO BIANCOSPINO
CHIAIA MAGAZINE •DICEMBRE 2014
(29)
LIBRI&LIBRERIE
LIBRIDINE
Aurora Cacopardo
eventi
Una piazza
un racconto,
vince Spinaci
LA RIVINCITA
DI TOMMY
SUCCESSO DELLA XVI EDIZIONE
DEL PREMIO LETTERARIO ORGANIZZATO
DALLA COMUNITÀ LUTERANA
LA CRISI ERA IL TEMA DI QUEST’ANNO
“Anno Mirabilis” è il racconto vincitore della
sedicesima edizione del concorso letterario “Una
piazza, un racconto”, promosso dalla Comunità
Evangelica Luterana di Napoli. L’atto conclusivo
del premio è stato celebrato mercoledì 26
novembre nella Chiesa Luterana di via Carlo
Poerio, con la premiazione dell’autore Alesandro
Spinaci. Con lui sul podio, al secondo posto,
Cristina Giuntini autrice di “Una nipote
d’occasione” e, sul terzo gradino, Maria Adelaide
Rubini per il racconto “Scrittrice di sogni”. La
serata, inserita nell’ambito della rassegna
“Concerti di Autunno”, diretta da Luciana
Renzetti, è stata impreziosita dalle letture di
Andrea de Goyzueta e dalle musiche (eseguite da
Gabriele Pezone al pianoforte e Michele Barbaraci
al flauto) appositamente scelte per accompagnare
la declamazione di ogni racconto. Le tre opere
premiate sono state selezionate, tra le dodici
finaliste, dalla giuria composta da Riccardo
Bachrach, Christiane Goeben, Maurizio Fiume,
Enza Silvestrini e Max De Francesco. I testi,
risultati i migliori tra i cinquantasei pervenuti da
tutta Italia, sono stati raccolti nel libro “Una
piazza, un racconto – Storie in tempo di crisi”
edito da “Iuppiter Edizioni” che, ogni anno,
pubblica i migliori elaborati in una antologia di
racconti brevi che vuole essere un omaggio
assolutamente laico a tutti gli amanti delle buone
letture. Il volume (acquistabile al prezzo di 10 euro
dal sito ww.iuppiteredizioni.it e su Ibs, Amazon e
Deastore) rappresenta la testimonianza cartacea
dell’iniziativa che permette a tanti autori di
confrontarsi, senza alcuna “tassa d’iscrizione”, in
una competizione dall’alto valore culturale.
ARMANDO YARI SIPORSO
Occhio di riguardo
«MEMENTO», LA COLLANA
DEDICATA AL CINEMA
FABRIS PRESENTA AL PAN
«CON LE ZAMPE DI ELEFANTE»
Sarà presentata il prossimo 19 dicembre
dalle ore 20, presso la sede della Run
Comunicazione in via del Parco Margherita 35
(Napoli), la nuova collana della Casa Editrice
Iuppiter Edizioni, “Memento, scritti dal
cinema, per il cinema, sul cinema” diretta dal
regista Maurizio Fiume, curatore, insieme allo
scrittore, sceneggiatore e giornalista
napoletano Angelo Petrella del volume «rosso
perfetto/nero perfetto”, raccolta dei migliori
script realizzati dai partecipanti ai corsi
“Come si scrive un film” e “Scrivere un noir”
che si sono tenuti presso la sede la Iuppiter
Edizioni in via dei Mille a Napoli.
Interverranno alla presentazione l’attore e
scrittore Yari Gugliucci, autore di “Secondo
Billy Sacramento” (primo libro della collana
Memento) e Angelo Petrella.
Per avere ulteriori informazioni o per
acquistare i volumi della nuova collana
editoriale è possibile visitare il sito
www.iuppiteredizioni.it.
Una guida alla pubblicità tra aneddoti e un
pizzico di ironia che può essere considerata un
vademecum non solo per i giovani che si
approcciano alla pubblicità, ma anche per le
aziende che iniziano ad instaurare i primi
rapporti con il marketing o che hanno in
programma di avviarne. Questo è il libro “Con le
zampe di elefante”di Silvio Fabris, per Iuppiter
Edizioni, che sarà presentato il prossimo 19
dicembre alle ore 18 al Pan - Palazzo delle Arti di
Napoli dall’autore insieme all’assessore alla
Cultura del Comune di Napoli Gaetano Daniele e
ai giornalisti Espedito Pistone e Pierpaolo Petino.
Un libro che non può mancare tra le letture di
chi ha in progetto investimenti pubblicitari e
relative campagne dal momento che
l’esperienza di oltre 40 anni nel settore
pubblicitario di Fabris, docente in materia di
comunicazione pubblicitaria, viene condivisa
con il lettore condotto per mano “dal marketing
alla fase creativa”. Il libro è disponibile in libreria
e sul sito internet www.iuppiteredizioni.it
(30)
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
Monica Florio è Press
Office Comunication,
P.R. Manager e giornalista. Si interessa di
emarginazione, disadattamento, handicap
ed omosessualità. Ha
pubblicato saggi e
racconti tra cui “Il
canto stonato della
Sirena”e“Racconti di
una città smarrita”.
Potrebbe chiamarsi a
buon titolo “Maestra”,
in quanto gli ingredienti che usa sono
empatia, disponibilità, tensione etica e
creatività. Attingendo
al suo bagaglio di
conoscenze psicologiche e ad una preparazione letteraria notevole ha saputo dar vita
a “La rivincita di
Tommy” (Medusa
Editrice), una storia di
bullismo omofobico in un momento stoico- quale quello
attuale nella scuola,
nella società e nella
famiglia. Individualizzazione, contestualizzazione, senza forzature od anacronismo,
ma coordinate funzionali di un lavoro teso a
far acquisire una
cultura consapevole e
problematizzante. Il
titolo esprime - con
efficacia - le intenzioni e la sostanza del
libro. L’autrice deve
confrontarsi con
un’epoca complessa,
critica, segnata da una
metamorfosi rapida,
spesso ingestibile. Il
protagonista ed altri
personaggi del libro
sono emblematici di
una scuola specchio
della crisi che attraversa non solo il
nostro Paese, ma forse
tutto il mondo. La
politica inadeguata ed
avvilita da ottusità,
faciloneria e spregiudicatezza ha asservito
la Pedagogia all’ideologia di volta in volta
imperante. L’adolescente Tommy troverà
solidarietà da Gabriele
e Stella, altre due
vittime del bullismo e
dallo sport che gli
consentirà di uscire
dallo stato di sudditanza e prostrazione
in cui era caduto. Chi
scrive ritiene che oggi
la scuola rischia paurose derive. A salvarla
ed a difenderla ci sono
persone come l’autri-
ce ed insegnanti - non
tutti in verità - ma solo
quelli che hanno
avuto ed avranno il
coraggio di opporsi a
chi li vuole belanti
esecutori ed utilizzatori di sola intelligenza strumentale.
PHLEGRAIOS
Il lavoro di Marco
Perillo, Phlegraios
(Rogiosi Editore),
non è solo un racconto storico che
indaga su una lettera
perduta di San Paolo
indirizzata alla
comunità Laoedica,
ma nasce dall’amore
dell’autore per la sua
terra - i Campi Flegrei - luogo battuto
dai venti, dal fuoco,
terra di Storie e di
Mito, ove passato e
presente sembrano
fondersi in un abbraccio di fede e di
martirio. E’ la storia
di un archeologo
dalla vita tormentata
da continue domande sul senso del
cammino da percorrere per intravedere forse - la trama della
Provvidenza. In una
necropoli vicino
Pozzuoli trova, per
caso, un frammento
di pergamena sulla
quale si intravede un
incipit di San Paolo
rivolto alla comunità
Laodicea.
Da qui una serie di
scoperte che lo
porteranno ad affrontare pericoli
mortali per la sua
vita e quella di amici
cari. L’autore sa
suscitare tensione ed
interesse; paesaggi e
figure. Scenari emblematici scorrono
davanti al lettore,
situazioni costruite
con abilità di vero e
verosimile. La storia
è narrata con lessico
adatto ad essere
compreso da tutti, in
particolare da un
pubblico giovane
che sempre necessita di un viatico che
ne illumini la strada.
L’ultimo capitolo del
romanzo che porta il
titolo: “La missione”
è rivolto ad una
visione escatologica
aperta alle speranze
ed alla luce, frutto di
un credo costruito
sul campo giorno
dopo giorno, in una
perenne ricerca di
certezze che diano
senso e dignità
all’umano cammino.
IUPPITER i libri di Natale
DIVERSI AMORI
Viaggio illustrato contro l’omofobia
HO SCRITTO IL MIO NOME NEL SANGUE
La vita e il genio di Caravaggio
Autore: E. Silvestrini - B. Balbi
Costo: 14 euro
Pagine: 70
Autore: Mariano Marmo
Costo: 12 euro
Pagine: 124
Mettere a punto la propria identità, nel periodo adolescenziale, è esercizio difficile e spesso doloroso, perché risente dell’approvazione degli altri. E la sessualità è uno dei cardini per il riconoscimento di sé. Quando l’adolescente
scopre di avere un orientamento sessuale diverso dal consueto, può sentirsi
emarginato, aver paura di essere rifiutato dalla società e spesso anche dalla
famiglia. Un libro illustrato contro l’omofobia e per la parità dei sentimenti.
Da Roma a Napoli, poi a Malta e in Sicilia, tra taverne, liti, chiese, prostitute, prelati, cavalieri dell’Ordine di Malta, l’autore racconta la vita di Michelangelo Merisi detto “Caravaggio”. Una vita che appare come un turbinio di eventi, in cui creazione artistica, morte, senso di colpa e voglia di
riposo si sovrappongono, avvolgendo la storia dell’uomo in un’inestricabile ombra, la stessa che ha reso immortale le sue tele.
SECONDO BILLY SACRAMENTO
Tutta colpa del fato
L’IMPRENDITORE SCUGNIZZO
La mia Napoli, le mie sfide
Autore: Yari Gugliucci
Costo: 10 euro
Pagine: 124
Autore: Gianni Lettieri
Costo: 18 euro
Pagine: 300
Ritorna Billy Sacramento, il personaggio surreale attraverso cui Yari Gugliucci ha raccontato ciò che può accadere ad un attore italiano che lavora a Los Angeles. Questa volta è alle prese col suo funerale. Ma non è il funerale di un comune mortale: c’è la folla di amici e curiosi riservata ai divi. In un lungo “memento”, apprendiamo l’avventurosa storia di Sacramento e i suoi tentativi di trovare un posto nel caotico mondo di oggi. Sarà il fato a travolgere e stravolgere la vita del nostro eroe/antieroe.
«Gianni Lettieri è ciò che in America chiamerebbero un self-made man. Un
uomo che si è fatto da solo. Uno che ha cominciato da ragazzo, nel ramo
commerciale in cui lavorava il padre, e con l'ingegno e anche la furbizia tipica di un napoletano, si è trasformato in imprenditore, capace di uscire
dall'ambito geografico e settoriale di partenza, e di aver successo. Questa
attitudine, questo tipo di carriera, non è molto ben vista nel nostro Paese,
e forse neanche a Napoli» (Dalla prefazione di Antonio Polito).
CON LE ZAMPE DI ELEFANTE
Guida ironica alla pubblicità
IO VI VOGLIO BENE ASSAI
Sport, amori e giornalismo
Autore: Silvio Fabris
Costo: 12 euro
Pagine: 236
Autore: Franco Esposito
Costo: 18 euro
Pagine: 480
Gli “argomenti” sulla pubblicità presentati in questo libro sono stati scritti
non solo con l’obiettivo di fornire un supporto ai giovani che incominciano ad entrare nel mondo della pubblicità ma, in particolare, per quelle
aziende, medie e piccole, che iniziano ad instaurare i primi rapporti con esso o che hanno in programma di avviarne. Il volume, ricco d’immagini e curiosità, è da considerarsi il primo libro sulla pubblicità «made in Naples».
Sport, giornalismo e amori: il romanzo di un intreccio. Personaggi, episodi,
e curiosità lungo un percorso scandito da brani di storia napoletana e del costume italiano. Il Napoli, la nazionale di calcio, il nuoto e la pallanuoto, la pallacanestro dei pionieri, il rugby degli scudetti di Napoli, il pugilato e il ciclismo fornitori infiniti di storie, le Olimpiadi e i viaggi in tutto il mondo. Pagine che si leggono d’un fiato e conquistano per stile e forza della passione.
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POESIA
Versi e mare
a Città della
Scienza
INCONTRO CON MARIA TERESA
GIAVERI E IL POETA UNGHERESE
GÉZA SZOCS NELL’AMBITO
DI “FUTURO REMOTO 2014”
Enza Silvestrini
Il fuoco e l’acqua, distruzione e ricostruzione, poesia e scienza. Con “Futuro
Remoto”, dopo la devastazione provocata dall’incendio del 4 marzo del 2013,
Città della Scienza riparte dai contrari
reali o apparenti per rifondare il nucleo
della Città. Attraversando ciò che ne
resta si respirano una tenacia, una
determinazione contagiosa. Le buone
idee, quando sono davvero tali, hanno
una pervicace capacità di resistenza.
Forse per questo il tema del 2014 è il
mare.
Ripartire dalla radice, lasciata intatta
dal fuoco distruttore. Ripartire dall’identità mediterranea di Napoli
perché il mare in presenza o in assenza
(e penso al libro di Anna Maria Ortese
«Il mare non bagna Napoli») ha determinato la storia, la stessa costruzione
della città. Un’identità fatta di porti,
navi, di uomini e merci che si incontrano o si scontrano sulle rive di un
mare che è da sempre percepito come
nostrum, come un lago salato sulle cui
sponde si affacciano popoli e tradizioni diverse eppure profondamente
uniti. È da questa identità che l’Europa
ha tratto linfa. È questa identità che
Napoli deve riscoprire.
Come in un mare nella Città si intrecciano scienza, economia, spettacolo,
laboratori, turismo e cultura nei numerosi eventi previsti. E in questo
fecondo dialogo tra saperi diversi, la
poesia trova dimora per cantare il
mare e la libertà nei due incontri del 5
e 6 novembre curati della Fondazione
IDIS-Città della Scienza in collaborazione con Pen Club Italia Onlus e con
l’Associazione Culturale Neapolesia.
È significativo pensare come due
aspetti fondamentali della conoscenza
e dell’espressione che, per effetto di
una pesante eredità culturale ci ostiniamo a considerare separati e opposti, nel mare della Città trovino coerenza e volontà dialettica.
ge Brassens si apre la conferenza che,
saggiamente calibrata sull’età degli
studenti delle superiori che affollano la
sala del teatro Galilei, propone un
viaggio intorno all’idea del mare, del
Mediterraneo. Prima tappa è proprio il
testo della canzone di Brassens, un
cantautore poeta (ma lui si definiva
faiseur de chansons) degli anni Sessanta, nato a Sète (in Provenza) come
Valéry. Musica cantabile e sapienti
giochi di parole per dire di un naufragio, anche metaforico per indicare la
vita, dove gli amici (les copains) vengono d’abord, prima di tutto (ma
abord significa anche la prua di una
nave). Seconda tappa: la musicalità
straordinaria e disperata della poesia
«Le coeur vol»e di Artur Rimbaud. Il
giovane poeta diciassettenne scappa
di casa, ha sete di vita, ma si trova a
Parigi durante la Comune, perso in
una caserma tra soldati ubriachi che lo
violentano e lo dileggiano. Il trauma
diventa in poesia farsa grottesca dove
si può essere nel contempo vittima e
carnefice. Un ritmo visionario, insistente, parole inventate, canagliesche
trovate. Ci sono ancora flutti e timoni e
battelli come nella canzone, ma qui la
Ispirazioni mediterranee: Paul Valéry
è il titolo dell’incontro di mercoledì 5
novembre condotto da Maria Teresa
Giaveri, professore ordinario di Letterature Comparate all'Università di
Torino, specialista di Paul Valéry di cui
ha pubblicato vari inediti (con la sua
cura e traduzione a fine ottobre 2014
sono apparse in libreria le Opere scelte
di Valéry nella collezione "I Meridiani”
Mondadori).
Dopo un saluto iniziale di Carmine De
Falco (Associazione Neapolesia), sulle
note di «Les copains d’abord» di Geor-
(32)
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
musica non ha più bisogno di strumenti perché è nel ritmo incalzante
della parola poetica. Ed ancora (è la
nostra terza tappa) il mare vive musicalmente nei versi perfetti di uno dei
più perfetti poemi della letteratura:
«Cimitero marino» di Paul Valéry. Il
mare, divinità incontestabile, il Mediterraneo culla della nostra cultura
scientifica, filosofica e letteraria nonché esempio della genesi multiculturale del pensiero europeo. È l'idea proposta da Valéry in un saggio intitolato
appunto «Ispirazioni mediterranee».
Circolarità perfetta. Il nostro viaggio si
compie.
Il 6 novembre, la sala del teatro Galilei
è di nuovo gremita da studenti. Sono
qui per ascoltare parole di libertà, per
riflettere su un diritto fondamentale, la
libertà d’espressione, attraverso l’incontro con il poeta ungherese Géza
Szőcs (nella foto in alto). L’incontro è
promosso dal PEN Club italiano e il
PEN (acronimo di Poets, Essayists,
Novelists) è la più antica associazione
di scrittori d’Europa (oggi conta più di
145 sedi nel mondo) che da quasi
cento anni promuove la letteratura,
Si chiama «Più librerie e meno pensiero fritto», la campagna di sensibilizzazione alla lettura e alla difesa dei centri culturali che Iuppiter
Edizioni ha lanciato in questi mesi. L’iniziativa prevede video virali
per la promozione del libro, adesivi «di pensiero» distribuiti nei luoghi
di aggregazione, incontri sull’evoluzione dell’editoria e un docufilm dal
titolo «La rivolta dei libri».
intesa come ponte capace di unire
popoli e culture, e difende, seguendo
ogni anno centinaia di casi, scrittori
perseguitati per i loro scritti, per le loro
idee. Di questa libertà, della capacità
della parola di andare oltre il filo spinato Géza Szőcs (poeta, traduttore,
saggista, scrittore, presidente del Pen
Club ungherese, tra i maggiori intellettuali romeno-ungheresi viventi) è un
simbolo. Il suo destino è iscritto già nel
luogo natale. La Transilvania resta un
nodo geo-storico complesso: etnicamente ungherese, politicamente
rumena dal primo dopoguerra. Un
confine non solo geografico che segna
la storia collettiva e personale della
fiera minoranza magiara cui Szőcs
appartiene. Gli anni del regime di
Ceausescu (dal 1967 al 1989) furono
durissimi. Per i suoi scritti clandestini
la polizia segreta lo perseguita. Durante le frequenti perquisizioni viene
arrestato, le sue opere distrutte, gli
vengono spezzate le gambe ed infine
viene condannato a morte. Una delegazione di scrittori americani in visita
in Romania conosce il caso Szőcs, ma
sono qui in pace e hanno avuto disposizione di non creare problemi. Ma di
questa delegazione fa parte un poeta
americano di origine pellerossa: William Least Heat Moon che non riesce a
tacere, vuole e ottiene la parola e la sua
parola diffusa via radio diventa la
salvezza, diventa per Szőcs l’esilio che
vale la vita. In bilico tra passato e
divenire la sua poesia racconta l’orrore
delle perquisizioni, di audiocassette
gettate nel fiume nell’attesa della
polizia, dei balzi compiuti dal cuore e
del fratello indiano che diversamente
da altri non ci lascia nei guai e a cui si
può confessare che neppure la riserva
noi abbiamo. Molte volte un ghetto,
una riserva, se ci fosse, ci servirebbe.
Alla poesia e alla parola Szőcs affida il
suo messaggio che viene da una distanza così remota eppure così prossima che è quasi appartenenza. La
libertà della parola, ci insegna Szőcs
con voce sommessa ma salda, ha
resistito per migliaia di anni ad ogni
coercizione. Quando l’emozione si
scioglie in applauso anche le generazioni nuove che non hanno vissuto il
dramma dei regimi sanno che la libertà d’espressione non si misura solo
dalle condizioni e che anche in presenza di libertà politica la nostra
espressione può essere schiava e che,
al contrario, anche in condizioni di
soggezione, il nostro pensiero può
essere libero se nutriamo la fiamma
della nostra dignità umana. Che ciascuno possa alimentare la sua.
SOCIETÀ&COSTUME
«Queen e.»
la moda è
versatile
Laura Cocozza
«No size, no age» è l’innovativa idea che fa da filo
conduttore alla collezione di
abbigliamento femminile
«Queen e.» ideata da Elisabetta Reale e presentata
recentemente a Napoli
presso il negozio d’arredamento «Les Etoiles», in via
Vittoria Colonna.
Abiti, casacche, bluse, camicie, pantaloni, capispalla,
gonne e top dal taglio semplice, quasi essenziale,
realizzati in tessuti elastici e
confortevoli. Pezzi multiuso
facilmente abbinabili con
accessori o altri capi dell’armadio, e che si adattano a
tutte le fisionomie, evitando
così alle donne lo stress del
numero di taglia o la preoccupazione che l’indumento
scelto non sia adatto alla
propria età. Insomma, una
collezione pensata da una
donna per le donne. E non
solo per l’idea di eliminare lo
stress di taglie e fogge improbabili, ma anche perchè i
capi sono tutti lavabili in
casa e non hanno bisogno di
essere stirati.
Inoltre, la palette di colori è
vastissima: quasi 500 quelli
che caratterizzano la linea di
abbigliamento, cosicchè
ciascuna cliente, dopo aver
visto il capo basic, può
decidere e scegliere il colore
che meglio si addice al suo
gusto. Si direbbe, insomma,
un approccio quasi scientifico alla moda, quello della
Reale. E in effetti se si considera che stiamo parlando di
una donna che fino a poco
tempo fa faceva a tempo
pieno l’ingegnere edile, non
c’è poi tanto da stupirsi se le
sue creazioni sono “costruite” addosso alle donne e
architettate in modo da
adattarsi ad ogni esigenza.
A dimostrazione della fondatezza del principio ispiratore
della sua collezione, la Reale
ha voluto che a sfilare non
fossero modelle professioniste ma quelle che lei stessa
Scatti dal fashion
happening
organizzato presso
il negozio Les
Etoiles in via
Vittoria Colonna per
la presentazione
della linea di
abbigliamento
«Queen e.» di
Elisabetta Reale
ha definito “fotomonelle”:
amiche, mamme, figlie,
nonne, nipoti. Donne giovani e meno giovani, magre e
rotondette, di altezza medio
alta e medio bassa. Insomma
donne “normali” per età e
fisicità che si sono prestate,
per amicizia e divertimento,
a fare le indossatrici per una
sera. A sfilare nel negozio
stracolmo di gente c’erano:
Francesca Frendo, Rossella
Liotti, Mariacarmen Vitobello, Paola Regine, Francesca
di Gennaro, Caterina Villari,
Carla varriale, Giovanna
Spena, Giovanna Brunese,
Rosy Numeroso, Mariangela
Credendino, Annalisa Tirri,
Manuela Spera, Silvana
Mohamed, Eleonora Marini,
Claudia de Biasio, Daniela
Altiero, Francesca Di Gennaro. E le "giovani" Lucilla
Boccalatte, Francesca Blasi,
Elisabetta Mezzino, Federica
Altiero, Carolina De Rosa,
Ludovica Blasi, Lorenza e
Brunella Villari, Ludovica
Liotti, Giorgia Marini, Giuppy e Camilla de Blasio, Giulia
D'orta.
Ad impreziosire i capi ed
esaltarne la versatilità, c’erano anche i gioielli di Gisella
Gallotta (Jewels)e gli accessori di Chicca Sbordone e
Flavia Palombo (We Two).
Per saperne di più l’infoline
è 0815738011.
Bruno&Pisano, tempo di Heritage
Il raffinato “club dell’orologio” Bruno & Pisano 1948
creato dalle sorelle Barbara e
Domitilla Pisano in via Calabritto, si è arricchito di un
nuovo marchio, la maison
Mont Blanc. Al nuovo arrivo è
stata riservata una serata
dedicata alla collezione di
orologi Heritage, presentati ai
clienti intervenuti, tra curiosità e spiegazioni tecniche, da
Salvatore Ferrara della Montblanc Italia. Trattandosi di un
marchio che deve la sua fama
soprattutto alla scrittura, non
poteva mancare un omaggio
alla penna, di cui si presentava
in anteprima la special edition
John F. Kennedy che commemora il più amato presidente
degli States con resina blu a
ricordo del periodo da lui
trascorso in Marina Militare, le
sue iniziali sulla clip e i tre
anelli del cappuccio a simboleggiare i fratelli.
l.c.
Iuppiter Movie, «corto»
sulle morti bianche
È terminata la fase di
post-produzione del cortometraggio “I frutti del lavoro”, l’opera targata Iuppiter
Movie del regista e sceneggiatore salernitano Andrea
D’Ambrosio, già autore di
documentari di denuncia tra
cui Biùtiful Cauntri. Il tour
promozionale partirà a
gennaio e avrà come prime
tappe Vibonati, Salerno e
Napoli. Protagonista della
storia è Carlo, insegnante
tornato al proprio paese per
lavorare in una scuola elementare, che si affezionerà al
piccolo Dario, vivace e sensibile bambino al cui padre
accade un grave incidente
sul lavoro. Nel ruolo del
protagonista Enzo Decaro
(nella foto), il famoso attore
porticese con una carriera
spesa tra cinema, teatro e
televisione, mentre la vera
novità del corto è l’esordio
cinematografico nel ruolo di
Dario del napoletano Gabriele D’Aquino, che a nove
anni può vantarne già quattro di esperienza in teatro
oltre ad una partecipazione
al Napoli Teatro Festival. Un
cast di qualità dal quale
citiamo gli attori Alberto
Franco, Umberto Iervolino
ed Eva Immediato. Prodotta
dalla società Iuppiter Group
che, dopo il campo dell’editoria e della comunicazione,
esordisce in quello cinema-
tografico con il marchio
Iuppiter Movie, l’opera si
pone un doppio fine: quello
di sensibilizzare istituzioni e
opinione pubblica sul delicato tema delle morti bianche e
della sicurezza sul lavoro ma
anche di mostrare le bellezze
e i tesori del Golfo di Policastro. Avvalendosi del sostegno dell’INAIL e dell’Università di Salerno, dei contributi
del Parco Nazionale del
Cilento, Vallo di Diano e
Alburni, della Banca di Credito Cooperativo del Cilento
e Lucania Sud, della Consac
Gestioni Idriche, e del patrocinio del Comune di Vibonati, la produzione, che ha già
in cantiere un docufilm sui
beni confiscati, e il regista
D’Ambrosio, che ha da poco
terminato le riprese del film
“Due euro l’ora”, hanno
scelto come location il borgo
salernitano di Vibonati sia
per l’innato “talento” paesaggistico sia per le caratteristiche di un territorio che è
stato set ideale per la riprese.
E, grazie all’interessamento
di enti pubblici e a sinergie
con associazioni e centri di
aggregazione, il cortometraggio avrà un respiro nazionale
con la partecipazione a
festival dedicati a tematiche
sociali, con l’obiettivo di
promuovere il lavoro sicuro,
per goderne i frutti.
IGNAZIO SORIANO
CHIAIA MAGAZINE •DICEMBRE 2014 (33)
MODE&MOVIDA
NIGHT STORM
Fabio Tempesta
SOHO ROOMS
IL CLUB A
TUTTO OSCAR
Il divertimento non ha
confini, la vita
notturna impazza in
tutte le grandi
metropoli. Questa
volta esploriamo il
mondo del jet set
russo. Mosca, dopo la
caduta del muro di
Berlino, è diventata la
capitale del lusso,
dell’eleganza,
dell’Entertainment e
dello Show Business.
Sono tanti i turisti
italiani (tra cui molti
imprenditori e
studenti napoletani)
che vanno a Mosca alla
ricerca di nuovi stimoli
per sognare ad occhi
aperti. Ed è il Soho
Room di Mosca il club,
anzi il Tempio
indiscusso del
divertimento, che
richiama il popolo
della notte e le star di
tutto il mondo. Il Soho
Rooms rappresenta
l’eccellenza mondiale
del clubbing per lo
stile e per i suoi
fantastici party.
Inaugurato nel 2008, il
club in pochi anni si è
affermato come meta
dei personaggi più noti
del mondo dello
spettacolo, della moda,
della politica e del
business. Tra le Guest
Star di fama
internazionale, il Soho
Rooms vanta celebrità
del calibro di Giorgio
Armani, Johnny Depp,
Kelly Rowland, Silvio
Berlusconi, Demi
Moore, e tanti altri.
Il Soho Rooms è anche
un Brand, un vero e
proprio marchio, con
una linea di
abbigliamento e
accessori,
pubblicizzata da molte
star di Hollywood, tra
cui l’attore Vin Diesel
di “Fast and Furious”,
che ha prestato la
propria immagine.
Grazie a moltissime
Star del cinema e
personaggi famosi, il
brand Soho Rooms
acquisisce giorno per
giorno popolarità in
tutto il mondo. Il Club
moscovita è il gioiello
dell’imprenditoreproprietario Dmitry
Braude, un veterano
della scena Nightlife di
Mosca. Progettato con
gusto e perfettamente
organizzato, il locale di
Braude si presenta in
maniera originale:
diverso dagli altri e
luogo d’élite, in grado
di soddisfare l’esigenze
di ogni cliente.
Bella gente
Calendario 2015,
Facenight da favola
Solidarietà e movida, con un pizzico di magia,
sono gli ingredienti principali del calendario
Facenight 2015: tema ricorrente delle pagine
dedicate al nuovo anno sono infatti le favole.
Il premio dedicato a tutti coloro che lavorano
nel mondo dei club, che con la loro attività
allietano il tempo libero dei napoletani,
propone 13 scatti ispirati alle storie di fantasia
che ci hanno fatto sognare da piccoli
interpretandole, con ironia, attraverso i volti dei
vincitori dell’edizione 2014 di Facenight. Sarà
cappuccetto rosso ad aprire il 2015 che sarà
invece chiuso dalla quarta di copertina ispirata
alla “Carica dei 101”. Ideatore e realizzatore del
progetto è il giornalista napoletano Tommy
Totaro che ha affidato la macchina fotografica a
Pasquale Arcopinto (vincitore del premio
Facenight 2013), la realizzazione dei costumi a
Fulvia Rosi Gagliardi e l’impaginazione a Guido
di Bonito. Presentato lo scorso 6 dicembre allo
Smove, in vico dei sospiri a Chiaia, il calendario
di Tommy Totaro
VIKY
PARKER
per cui apriti cielo…
Ovunque andrà, si porterà
dietro una marea di fan,
innamorati persi o meno
non conta, fatto sta che con
lei mantenere l’ordine
pubblico sarà davvero un
problema.
Gli eventi di un certo
spessore sono, si fa per dire,
il suo pane quotidiano, ma
quello a Villa Vittoria il
mese scorso è stato il suo
vero Diadema, anche per il
coinvolgimento di Adriano
Marmorino from Ibiza e di
quell’Umberto Martinez
che è sempre più richiesto
in tutta la Campania, chissà
perché….
GIULIANA
GALASSO
Brava lo è già, eccome, ma
con il Premio Facenight
(34)
mostrerà i protagonisti del “by-night”
partenopeo sotto una nuova veste. Le vesti, per
la precisione, di principi e principesse delle
fiabe più note. Da Biancaneve a Cenerentola, da
Pinocchio ad Alice nel paese delle meraviglie,
passando per La bella addormentata nel bosco
e Peter Pan, senza dimenticare Aladin e La
sirenetta. Ci sono tutte le favole più note
interpretate dai re e dalle regine della movida
per una buona causa: il ricavato della vendita
dei calendari con i protagonisti degli Oscar del
by night sarà infatti in parte devoluto, per
avvicinare i giovani alla musica, alla Fondazione
“‘A Voce d’’e creature Onlus”, l’organizzazione
di don Luigi Merola, con sede nella storica “Villa
di Bambù”, confiscata alla criminalità
organizzata e data in comodato d’uso gratuito
dal Comune alla Onlus, per aiutare i circa 150
ragazzi dai 6 ai 18 anni, che vengono seguiti da
educatori volontari tra insegnanti, studenti
universitari e liberi professionisti.
fatto di non riuscirla a
vedere più se non in tv con
number two…
ANTONELLA
AVALLONE
KATHRINE
ADDAMS
2014, come miglior speaker
radiofonico dimostrerà di
essere anche bella, ragion
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
Per il clubbing partenopeo
è considerata “la venere
nera”. Kathrine Addams.
modella, due occhi intensi
e dolcissimi, una grande
bocca sensuale. Una massa
di capelli neri lunghissimi
che le incorniciano il viso,
sottolineando le sue origini
statunitensi.. Bellissima!!!
Cosa aggiungere se non il
Napoletana purosangue,
Antonella è la regina dei
balli latini all’ombra del
Vesuvio. L’eleganza e la
sensualità dei movimenti
che piu’hanno conquistato
i salseri doc. Vederla ballare
è un vero piacere. E’
proprio vero che quando si
ha la musica nel sangue si
riesce a ballare anche sul
suono di un violino stonato,
ve lo posso assicurare.
TEATRI
SGUARDI LONTANI
Francesco Iodice
DOMENICO CIRILLO,
MEDICO PATRIOTA
IL CARTELLONE DI NATALE
Nel segno
di Eduardo
Ricco il carnet di
spettacoli teatrali a
Napoli nel periodo
delle feste.
Due le commedie
di Eduardo che
verranno proposte in
città: «Il sindaco del
rione Sanità» al
teatro San
Ferdinando, con
Eros Pagni e la
regia di Marco
Sciaccaluga; «Le
voci di dentro» al
teatro Bellini con
Toni e Peppe
Servillo (nella foto).
Teresa Mori
Napoli si abbiglia per il
Natale…e lo fa in grande
stile. In effetti quando parliamo di Natale a Napoli si
pensa immediatamente ai
presepi e alla strada dei
pastori, San Gregorio Armeno, quell’anfratto conosciuto in tutto il mondo.
Ma Natale a Napoli, per
fortuna, non significa solo
luminarie e mercatini di
chincaglierie e dolciumi, ma
anche mostre, eventi culturali e serate in grande stile.
Cartelloni teatrali zeppi di
eventi meravigliosi, programmazioni create ad hoc
per queste sere di festa: dalla
musica da camera alla grande opera lirica, dal teatro
napoletano della tradizione
all’innovativa prosa.
Il teatro per tutti con un
offerta variegata adatta ad
ogni pubblico, anche ai più
piccoli. Iniziamo col lirico
più importante e più antico
d’Europa: il teatro di San
Carlo venerdì 12 dicembre
inaugura la sua stagione
lirica. In scena «Il trovatore»
di Giuseppe Verdi con repliche fino al 20 dicembre.
Dirige Nicola Luisotti. La
regia è di Michal Znaniecki
con la partecipazione esclusiva dell’artista Michal Rovner che ha creato un impianto unico per questa
importante occasione.
Si continua con la grande
danza: dal 30 dicembre al 5
gennaio, la più bella fra
favole di Natale. In scena «Lo
Schiaccianoci» di Pyotr
Il'yich Tchaikovsky per le
coreografie di Alessandra
Panzavolta riprese da Marius
Petipa e Lev Ivanov.
Passiamo al Mercadante,
San Ferdinando e Ridotto
che assieme formano il
Teatro Stabile di Napoli.
Dal 26 dicembre al 11 gennaio, al San Ferdinando,
sala di proprietà della famiglia De Filippo dal 1946, va
in scena «Il sindaco del rione
Sanità» di Eduardo de Filippo per la regia di Marco
Sciaccaluga. Eros Pagni
torna allo Stabile di Napoli
come protagonista de Il
sindaco del rione Sanità,
recitando per la prima volta
in napoletano. Un incontro
importante, per l’attore così
come lo fu per Marco Sciaccaluga. Nella sala invece del
Mercadante dal 10 al 21
dicembre vedremo «La
Alzi la mano chi non ha abitato, o
non ha attraversato in vita sua
una piazza o una via intitolata a
Domenico Cirillo. Non vediamo
mani alzate. E ciò perché in Campania (e non solo) ogni città, ogni
paese - sia pur piccolo - ha voluto
ricordare il grande medico patriota. Visitando la bellissima Farmacia Antica degli Incurabili - di cui
sarà d’obbligo trattare quanto
prima - inevitabilmente la mente
corre a Cirillo che, tra l’altro, fu
medico dell’ospedale nel quale
portò avanti i suoi studi sugli
insetti («Fu la prima persona che
studiò insetti in questa città»,
scriverà da Napoli O. G. Costa”) e
sulla sifilide. Laureatosi giovanissimo in Medicina ventesimo
medico della sua casata, a 21 anni
già insegnava patologia medica e
botanica, nell’Università di Napoli
e agli Incurabili. Cirillo era cresciuto in un giardino botanico
coltivato dallo zio Santolo presso
Villa Bisignano a Barra. Egli raccoglieva insetti, annotava le località
in cui vivevano, accompagnava le
sue ricerche con disegni di alta
professione, ché l’amore per l’arte
gli veniva dal suddetto zio, anche
famoso pittore. Domenico Cirillo
fu medico della famiglia reale,
direttore del museo di storia
naturale, fervente illuminista,
diede la precedenza ai poveri nel
somministrare cure e scrisse
numerose opere scientifiche.
Oltre che medico di valore, applicò la Clinica terapeutica alla
professione della signora
Warren» di George Bernard
Shaw per la regia di Giancarlo Sepe. Con Giuliana Lojodice, Pino Tufillaro, Fabrizio
Nevola, Federica Stefanelli e
Roberto Tesconi e con la
partecipazione di Giuseppe
Pambieri. La produzione è
del Teatro Eliseo.
Più intrigante e leziosa è la
programmazione del teatro
Bellini. Dal 10 al 28 dicembre «SOME GIRL(S)» una
commedia seducente e
acuta, nata dalla penna di
uno degli autori americani
più acclamati della generazione post-Mamet, Neil
LaBute. Un giovane uomo,
insegnante e aspirante
scrittore, prima di sposarsi
decide di fare un viaggio a
ritroso nella propria vita,
mettendosi in cerca delle
proprie ex, per sistemare,
come dice lo stesso autore,
“il casino che ha combinato
nella sua vita sentimentale
lungo la strada verso la
propria maturità”. Ne emerge il tragicomico ritratto, in
bilico tra Rohmer e Voltaire,
di un uomo-bambino: un
adolescente che barcolla tra
paura di impegnarsi, senso
di colpa e una spietata am-
sifilide e la Semeiotica principalmente allo studio del polso.
Si dedicò - raro esempio di scienza integrata - alla medicina pratica, alla didattica e alla ricerca,
approfondendo gli studi sulle
malattie veneree e comprese
l'importanza sociale della scienza
medica opponendosi al degrado
della classe medica e delle strutture ospedaliere. Durante la Repubblica Napoletana inizialmente si
dedico più che mai alla sua attività di medico: si racconta che se
veniva chiamato da un ricco e da
un povero preferiva visitare prima
il povero e poi il ricco, dicendo
che: «l'arte salutare deve esercitarsi a sollievo della misera umanità
e non come strumento per procacciarsi ricchezze».
La sua rivoluzione fu anche essere
ogni giorno al capezzale dei malati - ricchi o poveri: tutti uguali.
Pare che lord e lady Hamilton,
d’accordo con lord Nelson avessero invitato Cirillo a chiedere la
domanda di grazia al re, ma che
egli rifiutò. Avrebbe detto Viviani:
«Guarda dove è finito l’onore di
un grande medico e patriota: nelle
mani di immorali stranieri!».
Venne giustiziato il 27 ottobre
1799 con Eleonora Pimentel
Fonseca e Mario Pagano. Con lui
spariva anche il prezioso orto di
Barra, ma il seme del futuro Orto
Botanico ormai era stato gettato.
Una lode merita il comune di
Grumo Nevano, in cui Cirillo era
nato, perché ha dedicato al suo
figlio migliore una scuola media,
una statua nella piazza centrale,
uno dei corsi principali del paese,
e la biblioteca comunale.
bizione che lo spinge, un po’
per cinismo, un po’ per
incoscienza, a consumare e
manipolare le donne della
sua vita. La regia è di Marcello Cotugno. Anche al Bellini
il clima natalizio porta una
bella favola d’amore: 26, 27 e
28 dicembre, «La bella addormentata» è portata in
scena dalla compagnia
Balletto del Sud con le coreografie di Fredy Franzutti.
Ed infine si chiude in “grande bellezza”, dal 2 al 18
gennaio, ritornano a Napoli i
fratelli Toni e Peppe Servillo
con «Le voci di dentro» di
Eduardo De Filippo. Toni
Servillo torna a lavoro sulla
drammaturgia napoletana e
in particolare all’amato
Eduardo, a dieci anni di
distanza dal successo di
«Sabato domenica e lunedì».
Passiamo al piccolo ma
sempre pieno teatro Diana
che propone dal 17 dicembre all’11 gennaio lo spettacolo scritto e diretto da
Carlo Buccirosso «Una
famiglia quasi perfetta». Una
coppia normale, come tante.
Si innamora e subito è desiderosa di mettere al mondo
un figlio. Esami, controlli
tutto in regola. Ma il bambi-
no tarda ad arrivare. Spermatozoi pigri, allora, si
rivolgono al guru dell’inseminazione artificiale. E
infatti arriva il giorno, il
bambino tanto atteso nasce.
Ma…Una commedia esilarante a quanto pare con un
finale a sorpresa!
Anche al Diana la grande
musica è protagonista:
lunedì 12 gennaio va in
scena «Pianoforte a 5 stelle»,
suonano Luis Bacalov, Danilo Rea ed Albero Pizzo.
Al teatro Augusteo, infine,
da venerdì 12 dicembre a
giovedì primo gennaio
andrà in scena il nuovo e
super atteso lavoro teatrale
diretto ed ideato da Alessandro Siani: «Stelle a metà»
interpretato da Sal Da Vinci
e da un gruppo di attori/ballerini giovanissimi. Due
grandi nomi. Molto amati a
Napoli. Due giovani artisti
che vogliono tentare con
questo spettacolo di recuperare e tramandare la tradizione musicale e culturale di
Napoli. Si preannuncia un
Musical molto attuale. Talento, giovani, musica, speranza ed amore con Stelle a
metà per questo Natale al
teatro Augusteo.
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
(35)
LAPILLI
Terni&Favole. Alla Tabaccheria Postiglione
di Largo Ferrandina a Chiaia il clima del Natale si
respira ovunque. Tra carta-regalo, pacchetti e
pacchettini, gingilli natalizi e gratta&vinci, il via
vai della clientela è inarrestabile. Nella sua
postazione delle favole, assediato da numeri al
lotto e “turista per sempre”, Alberto Postiglione
snocciola le combinazioni delle feste: «Anche per
queste festività voglio riproporre i numeri della
Meraviglia: 58 - 72 - 90. Questo terno va inseguito
sulle ruote di Bari, Milano e Napoli almeno per 12
estrazioni. Per chi, invece, ama gli ambi ecco una
sfilza di “coppie” in cui credere: 28-32; 46-48, 81-
90, 24-31, 26-16. Ambi da giocare sulle ruote di
Napoli, Roma e Milano almeno fino al 10 gennaio.
Intanto, una signora, dopo aver evitato una buca
sul marciapiede, entrando nel negozio si sfoga:
«Napoli è bucata e noi siamo le cavie. Chissà per
quanto lo saremo ancora...». Postiglione,
ascoltando la signora, sgranando gli occhi chiari,
sforna il terno della buca: «Signora, si giochi
questi numeri: 56 la caduta, 34 la buca e 90 la
paura. Insegua questa combinazione almeno fino
a metà gennaio sulle ruote di Napoli e Roma». La
signora sorride e segue il consiglio. Il via vai
continua tra regali e speranze.
Supersud, opera scritta e cantata
SUCCESSO DELLA «CANTATA» DEL MAESTRO
AMORELLI ISPIRATA AL SAGGIO DI DELLA CORTE
Armando Yari Siporso
E’ stata eseguita lo
scorso 29 novembre, nel
suggestivo scenario
della Cripta della Chiesa
dello Spirito Santo di
Tore Annunziata “La
Cantata di Supersud”,
l’opera lirica ispirata al
saggio storico “Supersud - Quando eravamo
primi” del giornalista ed
economista Mimmo
della Corte, per Iuppiter
Edizioni. Alla presenza
di un pubblico numerosissimo, il tenore Saverio
Stornaiuolo, supportato
dal Coro Polifonico
Salesiani di Torre An-
nunziata, ha eseguito
l’opera composta dal
maestro Giancarlo Amorelli. L’evento, che si è
avvalso della collaborazione del Forum Giovani
di Torre Annunziata, del
gruppo Scout Agesci e
del periodico Il Gazzettino Vesuviano, si è poi
concluso con un intervento del giornalistaeditore Pietro Golia.
Il saggio “Supersud”
propone una dettagliata
ricostruzione della
storia dell'Unità d'Italia
e rappresenta, come ha
scritto nella prefazione
Marcello Veneziani,
«una ragionata difesa
del Meridione e delle
sue ragioni storiche, non
solo ripercorrendo i
primati del Sud ma
anche dedicando la
seconda parte del saggio
ai giornali meridionali
pro e contro il processo
risorgimentale che
mostrano un fervore e
una presenza attiva di
una borghesia intellettuale e civile nel sud
tutt'altro che marginale». Il maestro Amorelli e
il tenore Stornaiuolo,
affermati artisti e tra gli
esperti più apprezzati
della musica del Settecento napoletano, hanno avuto l’idea di interpretare musicalmente il
saggio di Della Corte per
«ricreare sonorità e
sensazioni dell’epoca
attraverso un intreccio
di parole e note pensato
soprattutto per far rivivere al pubblico le passioni, le attese e le speranze del popolo del
Sud». Dopo il successo
editoriale, che ha visto
anche diverse scuole
adottare il testo di Mimmo Della Corte, la storia
del Meridione, diventata
musica di qualità, ha
riscosso notevole interesse di pubblico e
critica sia alla presentazione presso il Circolo
Ufficiali dell’Esercito di
Napoli, sia in questa
seconda tappa nella
Chiesa dello Spirito
Santo di Torre Annunziata.
Valeria Golino e «Il meglio di te» per Nisida
Grande successo per il galà di
beneficenza della Fondazione “Il
meglio di te – ONLUS”. Nella splendida cornice del Circolo Ufficiali dell’Esercito Italiano, tra le storiche e
prestigiose sale di Palazzo Salerno, in
Piazza Plebiscito a Napoli, si è svolto
l’evento organizzato dalla ONLUS
napoletana per finanziare i progetti
filantropici che, dal 2005, porta avanti
per i giovani che versano in condizioni
di difficoltà a Napoli, in Italia e nel
mondo. Ospite d’onore della serata è
stata l’attrice Valeria Golino che ha
incantato con il suo fascino i tantissimi ospiti che hanno gremito le sale del
Circolo. Insieme a lei si sono alternati
sul palco l’attore Alessandro Bolide
che, reduce dai successi della trasmissione Made in Sud, ha portato la sua
comicità tra le sale di Palazzo Salerno
e Brunello Canessa e i “Fiori Rosa Lucio Battisti Rock Tribute” che,
insieme al DJ Aldo Cappelli, hanno
dato vita ad una splendida serata
danzante. Ha condotto la serata la
giornalista Serena Albano. La presidente della Fondazione Il meglio di te
– Fulvia Russo – insieme agli altri
fondatori della ONLUS - Dino Gravina
(36)
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
e Gino Turino, ha tracciato, dal palco,
un bilancio delle attività filantropiche
che, negli ultimi anni, hanno permesso di sostenere tanti giovani in difficoltà. L’avv. Russo ha poi offerto a tutti gli
artisti alcuni speciali manufatti marchiati “ ‘Nciarmato a Nisida”, realizzati dai ragazzi dell’Istituto Penale Minorile dell’isola nell’ambito delle attività
di laboratorio che la ONLUS gestisce
presso la struttura detentiva. Le stesse
opere che possono essere richieste
alla Fondazione, a fonte di una donazione, come bomboniera o dono
solidale per sostenerne i progetti
benefici. Opere che la stessa Valeria
Golino si è soffermata ad ammirare
nel corso della serata, esprimendo il
proprio compiacimento per l’attività
della Fondazione e per il talento dei
ragazzi che Il meglio di te supporta. La
grande partecipazione di pubblico e
l’affettuoso coinvolgimento dei tanti
ospiti intervenuti hanno dimostrato,
ancora una volta, la crescita esponenziale che questa organizzazione benefica partenopea sta registrando negli
ultimi anni, riuscendo ad aiutare un
numero sempre crescente di giovani
contesti difficili del mondo. Per conoscere tutti i progetti della ONLUS si
può visitare il sito www.ilmegliodite.it
A. YARI SIPORSO
LAPILLI
Di Mare,
poeta
e tassista
PUBBLICHIAMO
DUE COMPONIMENTI
DELL’AUTORE
NAPOLETANO
Maurizio Di Mare (nella
foto) nasce a Napoli nel
1958. Poeta e tassista, autore
di poesie in italiano e in
napoletano. Della sua produzione pubblichiamo due
componimenti: “‘O ‘gnurante” e “Natale 2014 - Spera”.
Si m’addimanasse ched ‘ è
chella cosa ca cchiù me fa
paura, / te rispunnesse mmo
mmo,e contrariamente a ‘o
penziero ‘e tanta ggente, /
can un è ‘a vicchiaia, pecchè
vene chianu chiano ca
manco te n’adduone.../ nun
è ‘a miseria, pecchè nun
songo maje stato nu tipo
pretenzioso…/ nun è ‘a
morte, pecchè qanno cala ‘o
sipario,nzierre ll’uocchie e
tutto fernesce. / A mme ‘a
cosa d ‘ a vita ca cchiù me fa
paura è ‘o ‘gnurante. / ‘O
‘gnurante è n’albero senza
foglie…è nu deserto ‘e sale…è na rosa tutta spina…/ è
nu vascello mmiez’ ‘o mare
senza vele e senza timone…/
‘A relatà a vede sempe rivolta o’ ppeggio ‘o mmale ca
pare tene a ll’uocchie lente /
cu diottria cchiù diciotto. / ‘E
ggiudizzie e ll’opinione da
isso espresse sso’ sultanto
frase fatte rubacchiate ‘a /
chisto o ‘a chillo ca sulo pe
nu caso furtuito cascano a
penniello, ma troppi vvote
nun c’acceccano pe nniente. /
‘A cosa però ca cchiù me fa
mpazzi’, è quanno guardannete rint’a ll’uocchie te
dice / “Nun songo comme a
te”... “ Songo nu sempliciotto” “songo nu superficiale”
…/ e ppo’ strignennete e
‘mmani… “Siente a mme…
Fa comme faccio io… e vide
ca / certamente nun te truvarrje male”.
Non voglio ricchezze, lodi,
plausi, / cerco disperatamente il profumo del / muschio
selvatico, il tepore del ceppo /
al fuoco, lo scintillio degli
alternanti / baci di luci
colorate sugli addobbati
abeti. / Una espressione di
note, i versi di poeta / errante, che soave melodia conquisti il cuore, / e, come come
voce dolce e penetrante,
liberi / l’animo. Che viaggiando in lungo e / largo
doni alle lacrime il sorriso,
all’essere la / voce e l’umanità da tempo colpevolmente /
relegate nell’oblio, e, la
ragionevolezza agli intenti.
L’ORA LEGALE
Adelaide Caravaglios
IL VESTITO
DELLO SCANDALO
Non sempre criticare l’altrui modo di vestire,
magari anche con qualche apprezzamento
volgare sull’aspetto fisico, trova – come si dice
– “il tempo che trova”: infatti, se tali
commenti vengono postati sulla pagina
Facebook di qualche utente si rischia
addirittura una condanna per molestie ex art.
660 del codice penale. È successo ad una
giornalista del livornese, la quale per diverso
tempo si è vista importunare “con ripetuti e
continui apprezzamenti volgari e a sfondo
sessuale sul fisico e sul seno” che, alla fine,
l’hanno costretta a modificare il proprio modo
di vestire. Responsabile di questa focosa
corrispondenza il suo caporedattore, assolto
in primo grado “perché “il fatto non sussiste”;
colpevole, invece, in secondo e condannato
alla pena di un mese di arresto. Ricorso in
Cassazione (sentenza n. 37596/2014) l’uomo,
però, ha avuto ragione ma non perché non
colpevole, bensì perché il reato si era estinto
per prescrizione. Nelle motivazioni della
sentenza, gli ermellini hanno evidenziato
come i due diversi esiti della controversia (e,
cioè, l’assoluzione in primo e la condanna in
secondo grado) erano legati ad una discorde
interpretazione del concetto di “luogo aperto
al pubblico”, requisito richiesto dall’art. 660
c.p. per la configurazione del relativo reato:
per i giudici del tribunale, infatti, il fatto non
era previsto dalla legge come reato in quanto
era stato commesso “utilizzando l’indirizzo di
posta elettronica” che non può considerarsi
tale; viceversa, per quelli di secondo, il
messaggio, inviato sulla pagina facebook della
vittima, era entrato in una community aperta
“evidentemente accessibile a chiunque”: ergo
il reato andava punito. Fatto sta che alla fine la
condanna non c’è stata.
Wow,
le rughe
sono
un ricordo
NASCE LA CREMA
DI BELLEZZA CREATA
DAI NEOLAUREATI DELLA
FEDERICO II DI NAPOLI
Cucitalia, spazio alla tradizione
Si ritorna ai vecchi aggiusti di un tempo. Quelli in cui
si cimentavano le nonne se c’era bisogno di fare un
orlo al volo, di sostituire un colletto o di applicare un
bottone caduto dalla camicia. In tutto questo è
specializzata Cucitalia, una tradizionale sartoria
napoletana, nata nel 2005 e situata in via dei Mille 82,
qualificata in aggiusti sartoriali, sia per negozi che per
privati. E non solo. Cucitalia è anche esperta nella
realizzazione di capi su richiesta per uomo, donna e
bambino. Abiti su misura (camicie, tailleur, vestiti
ecc), realizzati appositamente per il cliente in base ai
suoi gusti e alle sue esigenze, avvalendosi delle
migliori competenze e tecniche sartoriali ereditate
dalla tradizione napoletana e non perdendo mai di
vista un ottimo rapporto qualità prezzo.
Una crema antirughe
rivoluzionaria, efficace in
venti minuti e totalmente
priva di additivi. Nasce in
una start-up tutta napoletana, Aqma, un prodotto
che ha già conquistato le
simpatie della clientela
americana e che si appresta a debuttare in Italia,
partendo proprio da
Napoli. Si chiama “Wow
Effect” e, prodotto alle
pendici del Vesuvio, ha
richiesto il lavoro di oltre
cinquanta laureati, tutti
neo assunti, selezionati
tra le specializzazioni
farmaceutiche della
“Federico II” di Napoli.
Un modo per frenare la
“fuga” di cervelli al Nord
o all'estero, valorizzando
l'innegabile preparazione
di tanti ragazzi del Sud. In
questo modo Salvatore
Ruggiero, fondatore del
Gruppo Merqurio, di cui
fa parte Aqma, anch'esso
napoletano ma con ramificazioni a Milano e Londra, sta sfidando i colossi
ovvero le grandi multinazionali del settore bellezza. Non a caso per il
debutto della crema
antirughe made in Naples
sono stati scelti gli Stati
Uniti: «Le donne d'Oltreoceano, si sa, non sono
di palato facile – spiega
Ruggiero -. Convincerle
ad usare un prodotto dal
nome invitante ma sco-
nosciuto è stata una
scommessa, un azzardo
diceva qualcuno. E invece
il responso della platea di
Amazon.com, il sito dov'è
stata commercializzata la
crema, non ha dato dubbi: massima valutazione
cinque stelle». Adesso è la
volta di Napoli, grazie ad
un temporary store sara
aperto fino al 15 febbraio
2015 nel cuore del salotto
cittadino a piazza dei
Martiri: «Tanti negozi
chiudono, noi, anche se
per il momento si tratta di
una vendita temporanea,
programmata fino a metà
febbraio, vogliamo andare controcorrente», commenta Ruggiero.
CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
(37)
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CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
EXIT
Diamo i numeri
Minori e povertà
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155
mila i minori
campani che vivono
in povertà assoluta
secondo Save
the Children.
Un aumento del 2,4%
rispetto al 2012 e
sopra la media
nazionale del 13,8%.
Luminarie
600
mila euro stanziati dal
Comune per le
luminarie di
strade e piazze. A
Chiaia le luci delle vie
secondarie sono state
realizzate con il
contributo del
Consorzio Chiaia.
!#
#!#
Cardellini maltrattati
200
circa i cardellini
trovati rinchiusi in
gabbiette e al buio in
un garage nella
periferia della città e
liberati nel parco
di Capodimonte
da agenti della
Polizia di Napoli.
Furto al liceo
24
i computer rubati,
insieme a due
proiettori, al liceo
Galileo Galilei del
quartiere Soccavo.
I ladri sono entrati
da una finestra e
hanno forzato una
grata in ferro.
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la BACHECA
le tonnellate di
fuochi pirotecnici
illegali sequestrati
dalla Guardia
di Finanza a
Marcianise, in
provincia di Caserta,
in un’autorimessa di
mezzi pesanti.
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AI NOSTRI LETTORI. CI RIVEDIAMO A FEBBRAIO
& AUGURI
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CHIAIA MAGAZINE • DICEMBRE 2014
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