Carbone sentenza stupefacenti

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“Declaratoria di incostituzionalità e processo penale: l’imputato non può fruire del
trattamento sanzionatorio derivante da una normativa dichiarata incostituzionale, ove
esso non sia già stato applicato da un giudice”
(Cass. pen. Sez. VI, Sent. 6 marzo - 10 giugno 2014 numero 24376)
Stupefacenti – declaratoria di incostituzionalità - trattamento sanzionatorio
Il principio del favor rei opera nel senso di rendere intangibile un trattamento
sanzionatorio in bonam partem che sia già stato applicato dal giudice, come, ad
esempio, laddove sia stata irrogata, in applicazione della normativa poi dichiarata
costituzionalmente illegittima, una pena più mite. In tal caso il predetto trattamento
sanzionatorio rimane fermo, nonostante la pronuncia di incostituzionalità, non
essendo certamente possibile infliggere una pena più grave in applicazione di una
normativa conforme a costituzione ma comportante conseguenze in malam partem.
Tuttavia, la sola circostanza che la norma incostituzionale produca effetti più
favorevoli al reo non può valere a sovvertire il principio per cui essa, una volta
intervenuta la sentenza di accoglimento, si estingue ab origine e pertanto non può più
disciplinare alcuna fattispecie concreta
Per tanto, ove il trattamento sanzionatorio in bonam partem, derivante dalla
normativa poi dichiarata costituzionalmente illegittima, non sia stato applicato dal
giudice, di esso l'imputato non può fruire successivamente alla pronuncia di
incostituzionalità.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO' Antonio S. - Presidente -
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Dott. LANZA Luigi - Consigliere Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere Dott. DI SALVO Emanuele - rel. Consigliere Dott. BASSI Alessandra - Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.A. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 9411/2013 TRIBUNALE di ROMA, del 10/05/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMANUELE DI SALVO;
lette le conclusioni del PG Dott. Paolo Canevelli, annullamento senza rinvio.
Svolgimento del processo
1. C.A. ricorre per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Roma, in
data 10-5-13, con la quale è stata applicata al ricorrente, ex art. 444 c.p.p., la
pena di anni 2 e mesi 10 di reclusione ed Euro 14000 di multa, in ordine al
delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.
2. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, che il giudice abbia erroneamente
applicato l'aumento di pena ex art. 81 cpv. c.p., ritenendo la continuazione di
reato in relazione alla detenzione di cocaina ed hashish. La contestuale
detenzione di droghe di diversa tipologia da luogo infatti ad un unico reato e
non ad una pluralità di reati in continuazione tra loro. La pena applicata è
dunque illegale, onde si chiede annullamento della sentenza impugnata.
Le predette argomentazioni sono state ribadite con atto del 3-12-13.
3. Il P.G. presso questa Corte, con requisitoria depositata il 27-1- 14, ha chiesto
annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
4. Il ricorso è infondato. Correttamente infatti il ricorrente sostiene che,
secondo la legge in vigore sia nel momento in cui il reato è stato commesso sia
nel momento in cui la sentenza è stata emessa, la detenzione di droghe c.d.
"pesanti" e di droghe c.d. "leggere" integrava gli estremi di un unico reato (Sez.
6^ 14-1-2008, n. 1735; Sez. 4^ 5-11-2009, n. 42485). Successivamente però la
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Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, per violazione
dell'art. 77 Cost., comma 2, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, artt. 4 bis e 4
vicies ter, conv. con modif. dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, art. 1, così
rimuovendo le modifiche apportate al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, e
determinando il ripristino della normativa abrogata, in forza della quale le
condotte inerenti alle sostanze stupefacenti di cui alla tabelle I e III e quelle
relative alle sostanze di cui alla tabella II e IV configurano reati distinti,
eventualmente in continuazione o in concorso formale fra loro (C. Cost. 12-214 n 32). Pertanto, secondo la normativa attuale, è corretto applicare l'aumento
ex art. 81 c.p., laddove, come nel caso in disamina, si tratti di detenzione di
cocaina ed hashish.
Eliminare il predetto aumento significherebbe applicare la norma dichiarata
incostituzionale, contrariamente al disposto dell'art. 136 Cost., e L. 11 marzo
1953, n. 87, art. 30, che ne sanciscono l'inefficacia dal giorno successivo alla
pubblicazione della decisione. Quest'ultima espressione designa infatti
soltanto il dies a quo dell'operatività della declaratoria di illegittimità
costituzionale e non anche l'ambito dei suoi effetti. Questi ultimi infatti si
esplicano non ex nunc ma ex tunc poichè la pronuncia di incostituzionalità
produce la caducazione retroattiva della norma dichiarata illegittima, in
quanto quest'ultima, infirmata da una invalidità originaria, è, per così
dire,nata morta, essendo affetta da un vizio genetico, che impone la proiezione
della declaratoria di illegittimità costituzionale sui rapporti giuridici pregressi,
disciplinati dalla norma espunta dall'ordinamento (Sez. Un. 27-2-2001 n. 4,
Cass. pen. 2002, 2664; Sez. 6^ 16-2-2007 n. 9270, Cass. pen. 2007, 1957).
Dunque, ove, sia pure sulla base di una determinazione che, alla stregua della
normativa vigente all'epoca della sentenza, era erronea, sia stato applicato un
trattamento sanzionatorio conforme al regime giuridico derivante dalla
pronuncia di illegittimità costituzionale, questo trattamento sanzionatorio non
può essere modificato. Nè potrebbe opinarsi diversamente sulla base del
rilievo che l'applicazione della disposizione dichiarata incostituzionale
produrrebbe, nel caso di specie, effetti più favorevoli al reo. Il principio del
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favor rei opera infatti nel senso di rendere intangibile un trattamento
sanzionatorio in bonam partem che sia già stato applicato dal giudice, come,
ad esempio, laddove sia stata irrogata, in applicazione della normativa poi
dichiarata costituzionalmente illegittima, una pena più mite. In tal caso il
predetto trattamento sanzionatorio rimane fermo, nonostante la pronuncia di
incostituzionalità, non essendo certamente possibile infliggere una pena più
grave in applicazione di una normativa conforme a costituzione ma
comportante conseguenze in malam partem.
Ma, ove il trattamento sanzionatorio in bonam partem, derivante dalla
normativa poi dichiarata costituzionalmente illegittima, non sia stato
applicato dal giudice, di esso l'imputato non può fruire successivamente alla
pronuncia di incostituzionalità, in violazione dell'art. 136 Cost., e L. n. 87 del
1953, art. 30. Infatti la sola circostanza che la norma incostituzionale produca,
nel caso sub iudice, effetti più favorevoli al reo non può valere a sovvertire il
principio per cui essa, una volta intervenuta la sentenza di accoglimento, si
estingue ab origine e pertanto non può più disciplinare alcuna fattispecie
concreta.
Il ricorso va dunque rigettato, poichè basato su motivi infondati, con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
RIGETTA IL RICORSO E CONDANNA IL RICORRENTE AL PAGAMENTO
DELLE SPESE PROCESSUALI. Così deciso in Roma, il 6 marzo 2014.
Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2014.
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