IL PRESEPE DELLA CARITAS DIOCESANA È da qualche anno che

IL PRESEPE DELLA CARITAS DIOCESANA
È da qualche anno che, ogni volta che ho
davanti un presepe, mi faccio una ripassata
della mia vita… come in un video, mi parla del
mio passato, mi illumina su alcune scelte
importanti, mi incoraggia per il domani!
Anche quest’anno non posso fare a meno di
prepararmi a cogliere, in ogni piccolo o grande
presepe che vedo, qualche nuova luce che
possa aiutarmi a leggere e interpretare il mio
vissuto, a dare volto alle mie paure o a
rafforzare le mie speranze e il mio servizio in
Caritas Diocesana. Voglio provare a condividere con voi queste “luci”.
Betlemme… diventa la città dove vivo, alcune (o tante?) case mi pare di riconoscerle una per una…
dietro alcune porte conosciamo la famiglia e cosa si vive dentro quelle mura; quante lacrime e sospiri
possiamo ancora ascoltare e raccogliere, quante gioie e dolori condivisi, oppure vissuti nel dramma della
solitudine. Quante “case” in più riconosciamo rispetto a l’anno scorso?
La Capanna della natività è… la nostra sede Caritas, con la gente di ogni età ed estrazione sociale che gli
ruota attorno: chi entra e chi resta sulla soglia, chi accompagna o chi viene direttamente a bussare.
In alto, luminosa, vedo la Stella Cometa, che indica che la strada… e penso a tutti quelli ci arrivano
perché qualcuno gli ha detto: “Vai alla Caritas”; e anche se tanti non dicono “mi manda…”, intuisci che
dietro c’è comunque il “tam tam”, il passaparola tra poveri.
Ecco sulle montagne, e in prossimità della Santa Capanna, gli Angeli… che assomigliano tanto agli
operatori caritas, dall’equipe a tutti i volontari del Centro di Ascolto, alle associazioni, centri e gruppi dove
abbiamo tessuto una sottile, ma indispensabile rete; “angeli” sono quei numeri telefonici e quegli agganci
che ci permettono di risolvere alcune situazioni, o comunque a dare una speranza in più dove noi non
potremmo arrivare.
Aiuto! Il mio sguardo si blocca… come faccio ora ad andare avanti? Ogni Pastore mi ricorda qualcuno
incontrato in questi anni di servizio:
1. I pastori semplici, vestiti con gli abiti popolari e del loro mestiere, mi pare di scorgere quelle persone
sensibili, che bussando alla nostra sede ci affidano con sincerità tutta la loro fragilità; quelli che vedi già
negli occhi il disagio di “dover chiedere”… e poi escono con gratitudine, anche perché almeno sono stati
considerati, accolti e ascoltati; come i pastori di Betlemme, considerati lontani da Dio eppure gli angeli,
proprio a loro, hanno portato l’annuncio della nascita del Salvatore.
2. Nel vedere i pastori “commercianti”, quelli che nel presepe non si muovono verso la capanna, ma sono
tutti presi dai loro affari, mi ricordano invece quelli che bussano in sede, ma che dopo aver ascoltato i loro
bisogni e le loro richieste, a volte petulanti e martellanti, senti che c’è qualcosa che ti hanno nascosto… ti
senti “manipolato” e usato; calcolano e “vendono” le loro… bollette scadute.
3. Oh, ci sono anche i pastori che sono rimasti “incantati a contemplare le nuvole”, fermi nei loro sogni,
persi nelle loro illusioni e deliri, in droghe e dipendenze di ogni tipo (alcool, azzardo ecc. ecc.); offri a loro
nuove strade, percorsi di recupero. ma non si smuovono dalle loro schiavitù.
4. Sul pastore che “dorme” come non ricordare il volto di coloro che bussano in Caritas con in volto la loro
nera disperazione, che hanno chiuso gli occhi alla vita e si sono arresi, persi nel tunnel della depressione e
di una irreversibile situazione di povertà (debiti enormi, malattie, separazioni e abbandoni…). Ci troviamo
spesso impotenti di fronte a tanto disagio, incapaci di dare spiragli di speranza…
Adesso una strana sensazione mi pare di cogliere nell’aria, giro lo sguardo, sembra che non si vede…ma
c’è, purtroppo! Mi consola il fatto che questa terribile presenza “invisibile” ha accompagnato Gesù fin dal
suo nascere, e proprio questa “compagnia” mi rende forte e fiducioso: se a questa terribile presenza ha
resistito la S. Famiglia, perché non noi? Sì, avete capito che penso proprio ad Erode, il pastore che “c’è ma
non si vede”… e mi viene da pensare subito a tutti coloro che fanno del loro potere uno strumento di
arroganza e di violenza, a quelli che “usano” gli altri e che sembrano impuniti; nei colloqui con i poveri,
quanti di questi intoccabili e insospettabili tizi ne veniamo a conoscenza!…
Ancora un giro di ricognizione ed ecco ancora lontani, all’orizzonte, i Re Magi, preziose presenze che
scopriamo nel faticoso lavoro di “rete”; sono le persone che a sorpresa, dove meno lo immaginiamo (negli
uffici pubblici come nelle associazioni laiche o in particolari occasioni), ritroviamo accanto nel “cercare”
insieme di dare dignità e riscatto ai poveri che bussano… e questi “magi” sono lì a farti arrossire per la loro
“disponibilità” a fare qualcosa.
Dopo una panoramica generale, in genere si ritorna con gli occhi sulla Capanna della Natività: come
somiglia di più alla nostra sede Caritas! Tutta questa gente viene, bussa e ci cerca… ci troverà fedeli e
accoglienti? Aiutooo, forse spesso siamo tentati a scappare? … da ogni persona della Capanna imparo
qualcosa: S. Giuseppe, con il suo fare “silenzioso ed essenziale” mi richiama ad accogliere i miei timori e il
peso delle responsabilità, che vorrò portare fino in fondo, promettendo che quando sarà il momento di
mettersi da parte, lascerò che altri continuino la missione. Maria mi dice che il “si” al Signore va detto con
costanza, volta per volta, tra “gioie e dolori” ma radicato nello stesso “si” di partenza. Il suo Magnificat mi
dà speranza di fronte alle impotenze vecchie e nuove; si, cantiamo con lei che “grandi cose ha fatto il
Signore… ha spiegato la potenza del suo braccio… i potenti cadranno dai troni, innalza gli umili… i ricchi
sono rimandati a mani vuoti e ricolmati di beni saranno gli affamati…”. E infine La Mangiatoia, non certo
profumata, mi dice che il “letame e il fango” dei
miei limiti non ostacolano la presenza del
Signore, e che se c’è l’Amore di Dio tutto
diventa bello e luminoso… la gente sa
perdonare la nostra povera umanità, ma a
condizione che riesca a cogliere la presenza di
Dio nel nostro operare; non sarà dalle bollette
che pagheremo, ma dallo stile del nostro
linguaggio, dal nostro modo di accogliere e
ascoltare, che tornandosene a casa questi
“pastori” potranno dire: “anche oggi ho
incontrato il Signore, è rinata in me la forza di
sperare, è… OGGI NATALE!”
Auguri per 365 giorni di Natale.
17.12.2014