Attività Parlamentare Raccolta delle interrogazioni presentate alla Camera e al Senato n. 24/2014 2014 INDICE CAMERA ............................................................................................................................................ 5 Interrogazione a risposta in Commissione sul rilascio della valutazione di impatto ambientale positiva per lo stoccaggio di gas nel sottosuolo, da parte della società Gas Plus Storage s.r.l. a Poggiofiorito, in provincia di Chieti .......................................................................................... 5 Interrogazione a risposta scritta sulle bonifiche e sui ripristini successivi alle attività estrattive della Sardinia Gold Mining ........................................................................................................... 6 Interrogazione a risposta scritta sulle perforazioni marine in aree protette, sulla costa iglesiente della Sardegna ................................................................................................................ 7 Interrogazione a risposta scritta sui black-out elettrici nella provincia di Pordenone e sul Piano industriale di Enel distribuzione per il Friuli Venezia Giulia .................................................... 9 Interpellanza sul rilancio economico delle aree portuali ed ex industriali del porto di Augusta, in Sicilia e sulla bonifica integrale del sito ................................................................. 10 Interrogazione a risposta in Commissione sul rilascio della valutazione di impatto ambientale positiva per lo stoccaggio di gas nel sottosuolo, da parte della società Gas Plus Storage s.r.l. a Poggiofiorito, in provincia di Chieti ........................................................................................ 11 Interrogazione a risposta in Commissione sui chiarimenti circa le misurazioni dei consumi elettrici privati e industriali, con particolare riferimento ad Enel .......................................... 13 Interrogazione a risposta scritta sulla cancellazione dal Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), e sul diritto al rimborso delle quote versate negli anni 2010 e 2011 da imprese che non hanno mai usufruito del SISTRI .................................................................... 14 Interrogazione a risposta in Commissione sulle strategie industriali dell'Eni, con particolare riferimento alla possibile chiusura delle raffinerie di Porto Marghera .................................. 16 Mozione sull'istituzione in via sperimentale e temporanea, nella Regione Friuli Venezia Giulia, di una disciplina normativa analoga a quella delle zone franche urbane, con particolare riferimento alle agevolazioni fiscali sulle tariffe dei carburanti e dei generi di monopolio ...................................................................................................................................... 17 Interrogazione a risposta scritta sull’interruzione del servizio merci pericolose nella stazione di Bergamo .................................................................................................................................... 20 2 Interrogazione a risposta scritta sulla decisione di Eni di revocare il piano d'investimenti per la riconversione in bioraffineria del sito siciliano di Gela ....................................................... 21 Risoluzione in VI Commissione sulla normativa circa la rendita catastale dell'immobile in caso di installazione di un impianto fotovoltaico ....................................................................... 22 Interrogazione a risposta in Commissione sul blocco totale dei sistemi di rilevazione ambientale nella cokeria Ilva....................................................................................................... 24 Interrogazione a risposta scritta sulla realizzazione di un elettrodotto di Terna nelle province di Benevento, Avellino e Foggia .................................................................................................. 25 Interpellanza sui costi a carico delle imprese per l'installazione e la gestione dei Pos e sugli oneri relativi alla diffusione della moneta elettronica ............................................................... 27 Interrogazione a risposta in Commissione sulle problematiche in merito alla trasmissione e al pagamento delle fatture elettroniche .......................................................................................... 28 Risposta del Sottosegretario di Stato per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare Silvia Velo alle interrogazioni sui chiarimenti in merito all'affidamento, alla progettazione e alla realizzazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri) ............................ 29 SENATO ............................................................................................................................................ 41 Interrogazione a risposta in 10a Commissione permanente sulle relazioni commerciali instaurate da Enel con la Drummond e la Glencore-Prodeco, aziende minerarie della Colombia, accusate di problemi ambientali e violazione dei diritti umani, sui chiarimenti circa i partner commerciali di Enel e sulle modalità con cui entrano in relazione con l'utility energetica ...................................................................................................................................... 41 Interrogazione a risposta orale sui procedimenti di valutazione di impatto ambientale sui progetti di centrali solari termodinamiche in Sardegna .......................................................... 42 Interrogazione a risposta scritta sulla mancata emanazione dei decreti attuativi in materia di pagamento tramite Pos per commercianti, artigiani e liberi professionisti ............................ 52 Interrogazione a risposta scritta sulla bonifica delle aree del territorio del vulcano Vesuvio, interessate sullo sversamento di rifiuti speciali ......................................................................... 54 Interrogazione a risposta scritta sul progetto della centrale termoelettrica alimentata a carbone, di potenza elettrica di 1320 megawatt, nel Comune di Montebello Jonico (Reggio Calabria) ......................................................................................................................... 56 3 Interrogazione a risposta scritta: sull’accesso alla tariffa incentivante da parte dei produttori di agro energie, anche in riferimento ai controlli documentali affidati al Gse ....................... 58 4 CAMERA Interrogazione a risposta in Commissione: sul rilascio della valutazione di impatto ambientale positiva per lo stoccaggio di gas nel sottosuolo, da parte della società Gas Plus Storage s.r.l. a Poggiofiorito, in provincia di Chieti COLLETTI, VACCA e DEL GROSSO (M5S) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: il 19 giugno 2014 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha firmato il decreto ministeriale n. 165 con il quale ha rilasciato la valutazione di impatto ambientale positiva per lo stoccaggio di gas nel sottosuolo da parte della società Gas Plus Storage s.r.l. a Poggiofiorito in provincia di Chieti. In profondità saranno stoccati fino a 157 milioni di metri cubi di gas che verrà immesso nel sottosuolo in pressione in estate e pompato in superficie in inverno; il territorio in questione è classificato dallo stesso decreto del Ministero «a massimo rischio sismico»; l'8 luglio 2014 il Forum abruzzese dei movimenti per l'acqua pubblica ha denunciato, con un comunicato stampa, una delle prescrizioni nella quale si legittima che decine di migliaia di cittadini abruzzesi debbano convivere, per i prossimi decenni, con il rischio sismico derivante dallo stoccaggio di gas a Poggiofiorito. In particolare, nel decreto del Ministero si legge: «qualora la microsismicità riconducibile alle attività di esercizio dello stoccaggio eguagli o superi la Magnitudo Locale 3.0 (Richter, n.d.r.), dovranno essere adottati dal soggetto gestore responsabile tutti gli accorgimenti opportuni atti a riportare la Magnitudo Locale massima dei sismi a valori inferiori a 2.0»; non sono assolutamente chiari quali possano essere gli accorgimenti per controllare «a posteriori» un terremoto; il Forum abruzzese dei movimenti per l'acqua pubblica ha calcolato che nel raggio di 10 chilometri dal punto di re-iniezione (una distanza relativamente piccola nel campo dei terremoti) ricadono ben 19 comuni e 44.000 abitanti (i comuni in questione sono: Guardiagrele, Casacanditella, Fara Filiorum Petri, S. Martino sulla Marrucina, Filetto, Orsogna, Bucchianico, Arielli, Ari, Canosa Sannita, Poggiofiorito, Villamagna, Giuliano Teatino, Vacri, Crecchio, Roccamontepiano, Rapino, Pretoro, Casalincontrada). Il risultato sarebbe ancora più preoccupante considerando non già il punto in cui saranno scavati i pozzi, ma i confini dell'area di concessione che è vasta circa 1.050 ettari. Se si tenesse conto di questo aspetto, i cittadini residenti in tutta quest'area sarebbero quasi 100.000; la regione Emilia Romagna, proprio per i timori connessi al rischio sismico, è riuscita ad ottenere a febbraio 2014 il diniego per lo stoccaggio gas di Rivara da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare –: 5 se il Ministro interrogato intenda riconsiderare – così come già giustamente fatto per lo stoccaggio gas di Rivara – la valutazione positiva per lo stoccaggio di gas da parte della società Gas Plus Storage s.r.l. a Poggiofiorito, in quanto ad avviso degli interroganti appare evidente come tale decisione sia in grado di mettere gravemente in pericolo l'incolumità di decine di migliaia di cittadini abruzzesi. (5-03203) Interrogazione a risposta scritta: sulle bonifiche e sui ripristini successivi alle attività estrattive della Sardinia Gold Mining PELLEGRINO e ZARATTI (SEL) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: nel 1997 la società Sardinia Gold Mining ha realizzato quattro miniere a cielo aperto nel comune di Furtei, con un investimento di oltre 13 milioni di dollari, nel sud della Sardegna, a circa 40 chilometri da Cagliari; lo sventramento della collina di Santu Miali è valso, in dieci anni di lavoro, appena 5 tonnellate d'oro, 6 d'argento e 15 mila di rame ma ha lasciato un'eredità ben più pesante: ben 300 ettari di fanghi tossici e acque acide che a ogni acquazzone fanno temere il peggio; una fuoriuscita dagli invasi sarebbe uno «tsunami ecologico» (come ha spiegato il direttore della bonifica dell’ex miniera, Attilio Usai) in grado di contaminare non soltanto i terreni circostanti, ma anche i fiumi e tutti i bacini da cui dipendono l'agricoltura, la pastorizia e la vita del medio Campidano; nel 1997, nel momento dell'avvio dei lavori, i dipendenti della Sardinia Gold Mining erano 110, quando, nel 2008, l'attività è stata interrotta, i dipendenti erano solamente 42. Decretato il fallimento, nel 2009 i libri contabili sono stati portati in tribunale e delle bonifiche dei laghi al cianuro nessuno si è più preoccupato; l'Igea, la società controllata dalla regione Sardegna che si occupa delle miniere dismesse, ha il compito di monitorare la situazione, ma, intanto, il lago acido dell'agro di Furtei diventa sempre più grande. Dal 2001 al 2003 la Sardinia Gold Mining è stata controllata dall'ex governatore sardo Ugo Cappellacci, recentemente sconfitto alle regionali da Antonio Pigliaru. La giunta regionale uscente aveva stanziato 11 milioni di euro per la messa in sicurezza del bacino idrico contaminato da cianuro e altri metalli, ma dall'Igea, la società pubblica regionale incaricata della dismissione delle ex miniere, ha stimato che la bonifica arriverà a costare decine di milioni di euro; nel 2002 Cappellacci affermava che sarebbero stati i privati della Sardinia Gold Mining a provvedere alle bonifiche e ai ripristini successivi alle attività estrattive. In uno slancio a lungo termine si ipotizzò addirittura la costruzione di un eco-parco. Nonostante gli 80 milioni di euro fatturati dalla miniera nel decennio di attività, le promesse sono rimaste disattese –: quali iniziative intenda intraprendere per intervenire a tutela della popolazione minacciata da un 6 danno ambientale che incide sulla salute della stessa e prevenire l'estendersi della contaminazione nelle aree circostanti determinando così un vero disastro ecologico di natura irreversibile. (4-05485) Interrogazione a risposta scritta: sulle perforazioni marine in aree protette, sulla costa iglesiente della Sardegna PILI (MISTO) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: da settimane, in mare aperto, proprio davanti agli splendidi faraglioni del Pan di Zucchero di Nebida, nella splendida costa iglesiente, Sardegna si effettuano perforazioni marine; una nave battente bandiera italiana, la Grecale Primo con il pontone Geo1, trivella i fondali marini davanti a Porto Flavia; un'ordinanza della capitaneria di porto autorizza una campagna di carotaggi; le società interessate hanno un curriculum variegato, dall'eolico agli armamenti bellici, dall'inquinamento petrolifero a quello oceonografico, per non indurre più di un sospetto sulla reale funzione e obiettivo di queste indagini; si tratta di trivellazioni nel bel mezzo di un sito di interesse comunitario, dove tutto è vietato; la fattispecie di perforazioni in area protetta pone il problema di capire se fosse sufficiente l'autorizzazione della capitaneria o se, invece, fosse necessaria qualche valutazione ulteriore da parte di altri soggetti; si tratta di un'attività anomala, in una zona studiata ripetutamente e dove l'attività estrattiva mineraria è cessata da decenni; in quell'area di presunto studio non è mai stato speso un euro per l'effettuazione di bonifica a terra; si tratta di fondi utilizzati in modo del tutto inefficiente considerato che in quell'area le caratterizzazioni erano state già fatte da tempo e a più riprese; a firmare le precedenti indagini, come si rileva da curriculum pubblici, è stato un professionista indagato per mancate bonifiche nell'area di La Maddalena; a disporre queste nuove caratterizzazioni nell'area marina del Sulcis Iglesiente sarebbe proprio l'Ispra, l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale; lo stesso Istituto per il quale ha lavorato il professionista che dopo aver fatto le prime caratterizzazioni nella zona a mare, nel Sulcis Iglesiente, nel 2006 fu coinvolto nelle mancate bonifiche nell'isola di La Maddalena in occasione del G8; la dichiarata esecuzione di attività di caratterizzazione dell'area marinocostiera prospiciente il sito di interesse nazionale Sulcis Iglesiente e Guspinese per conto dell'ISPRA non solo non è chiara ma lascia aperti molti interrogativi; appare sconosciuto all'interrogante il motivo per il quale il Ministero dispone questo tipo di costose attività e non stanzia nemmeno un euro per la bonifica di quelle aree; appare difficile spiegare questo impiego di fondi su un'attività di carotaggio marino di questa portata; il Ministero in questo intervento attraverso l'Ispra pare abbia coinvolto società variegate dalla ditta 7 Geo Polaris s.r.l. con sede a Livorno che ha chiesto l'emissione di un'ordinanza di polizia marittima per regolare la navigazione negli specchi acquei di mare territoriale, all'impresa Sub Service s.r.l. con sede a Mogoro (OR) con riferimento alla bonifica da ordigni esplosivi residuati bellici per l'esecuzione delle attività di caratterizzazione dell'area marino-costiera prospiciente il sito di interesse nazionale del Sulcis Iglesiente e Guspinese; infine c’è il nulla-osta rilasciato alla ditta C.R.S.A. Med Ingegneria con sede Marina di Ravenna. Si tratta di società che vanno dalla ricerca di residui bellici a scarichi petroliferi per arrivare all'installazione di pale eoliche; si pone il tema dell'utilizzo da parte di terzi di queste eventuali caratterizzazioni e soprattutto della reale funzione delle informazioni che si stanno acquisendo; non si possono continuare a dilapidare risorse spendendo fondi pubblici magari per finalità che non appaiono neppure in linea con gli obbiettivi prefissati; appare grave che con un'autorizzazione marittima dal 6 maggio 2014 al 30 giugno 2014 si sia proseguito ad avviso dell'interrogante impunemente anche in questi ultimi giorni, e soprattutto come tutto questo sia avvenuto in mezzo ai natanti come testimoniano le immagini e i tracciati delle rotte; si tratta secondo i documenti in possesso dell'interrogante di carotaggi con vibro carotiere subacquee e campionamenti superficiali con benna attraverso il GRECALE PRIMO ed il pontone modulare GEO1 LI10154; lavori che dovevano essere eseguiti fuori dagli orari di balneazione (tra le ore 08,30 e le ore 19,30) e che invece non hanno in alcun modo rispettato queste disposizioni; bisogna interrompere quello che l'interrogante appare un continuo dissennato utilizzo di denaro pubblico senza un piano organico di intervento e soprattutto senza aver mai destinato risorse concrete per le bonifiche di queste zone; si corre il rischio a giudizio dell'interrogante che tali studi non finalizzati a reali interventi di bonifica servano ad alimentare un sistema senza affrontare minimamente il cuore del problema: la bonifica ambientale –: se non ritenga il Governo di dare puntuali spiegazioni su questo tipo di perforazioni davanti ad un monumento naturale e in area protetta; se non ritenga di chiarire le modalità di individuazione delle società prescelte per l'esecuzione delle opere di sondaggio in quell'area; se risultino coinvolte società o soggetti che hanno operato nelle mancate bonifiche dell'isola de La Maddalena; se risultino effettuati nella stessa area analoghi studi e se ad eseguirli sia stato qualche tecnico professionista coinvolto nelle mancate bonifiche dell'isola de La Maddalena; se intenda far conoscere il costo delle indagini; se esistano stanziamenti adeguati da parte del Governo per dar seguito ad eventuali interventi di bonifica a mare; 8 se esistano stanziamenti adeguati da parte del Governo per dar seguito ad eventuali interventi di bonifica a terra, ipotizzando a terra, le eventuali cause di inquinamento a mare. (4-05488) Interrogazione a risposta scritta: sui black-out elettrici nella provincia di Pordenone e sul Piano industriale di Enel distribuzione per il Friuli Venezia Giulia ZANIN, COPPOLA e BLAZINA (PD) — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: recentemente, in alcune località della provincia di Pordenone, si sono manifestati diversi black-out; alcuni anche in contemporanea, comportando un disagio, inusuale per il territorio provinciale, per i clienti di Enel Distribuzione. Analoghi guasti si sono manifestati anche in provincia di Udine. La distribuzione di energia elettrica, la cui concessionaria per tutta la provincia di Pordenone è Enel distribuzione, è un bene pubblico essenziale e come tale va monitorato, tutelato e mantenuto. L'Autorità garante per l'energia elettrica ed il gas (AEEG) ha stabilito, con proprie delibere, quali debbano essere gli standard per la qualità tecnica e commerciale per i concessionari della distribuzione di energia elettrica. A fronte dei risultati qualitativi, alle aziende distributrici viene erogato un premio o trattenuta una penale; in Friuli Venezia Giulia da anni vengono erogati dei premi per l'ottima qualità del servizio tecnico e commerciale raggiunta. Tali premialità dovrebbero essere reinvestite nella rete dal concessionario per permettere un loro ammodernamento: le nevicate invernali nel territorio della montagna pordenonese e della Carnia, e i recenti guasti verificatisi a maggio e giugno, dimostrano che una delle cause dei black-out è la vetustà delle reti elettriche, il cui rifacimento risalgono ai primi anni ’80, come conseguenza del tragico terremoto del 1976 (le reti quindi hanno circa 40 anni di vita) –: se il Ministro dell'economia e delle finanze, quale azionista di riferimento di Enel, sia a conoscenza: a) del valore economico dei premi dell'Autorità garante per l'energia elettrica ed il gas erogati a Enel distribuzione in Friuli Venezia Giulia nell'ultimo triennio e suddivisi per anno; b) dell'entità degli investimenti per rifacimento delle linee di media tensione, su conduttori aerei e sotterranei, che sono stati realizzati da Enel distribuzione in Friuli Venezia Giulia, nel corso dell'ultimo triennio e suddivisi per anno; quale sia il tasso di sostituzione annuale degli impianti vetusti per la regione Friuli Venezia Giulia ed in particolare per la provincia di Pordenone; 9 se si prevedano, nel Piano industriale di Enel distribuzione in Friuli Venezia Giulia, ed in particolare per il pordenonese, investimenti tesi a ripristinare l'elevato standard qualitativo che questi disservizi rischiano di inficiare e quale sia l'entità di tali investimenti; se nel Piano industriale di Enel distribuzione per il Friuli Venezia Giulia si prevedano investimenti destinati al passaggio delle reti di distribuzione verso il sistema «smart grid» e l'entità di tali investimenti. (4-05474) Interpellanza: sul rilancio economico delle aree portuali ed ex industriali del porto di Augusta, in Sicilia e sulla bonifica integrale del sito ZAPPULLA (PD) Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che: il porto di Augusta è il più grande porto naturale del basso Mediterraneo, nella costa orientale della Sicilia, e al suo interno si trovano un'importante porto commerciale, un polo industriale, una base militare ed un porto/città con due darsena in pieno centro storico. La baia si divide in due parti: rada esterna e rada interna o porto megarese; ad esso si accede attraverso due imboccature che interrompono i complessivi 6,5 chilometri circa di diga foranea che lo proteggono, che è una regione assistita ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera a) del Trattato; al momento, il porto di Augusta è specializzato principalmente nel traffico di rinfuse liquide (petrolchimici) e, in misura minore, di rinfuse solide. Attualmente il porto gestisce un traffico di circa 33 milioni di tonnellate di merci e ed è il primo porto in Italia per traffico merci di prodotti industriali; la Decisione n. 661/2010/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 luglio 2010 sugli Orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete trans europea dei trasporti include il porto di Augusta tra i porti marittimi dell'Unione europea classificati come «categoria A» in termini di importanza, in base ai volumi di traffico e al collegamento alle reti trans europee dei trasporti terrestri. Lo stesso documento definisce come progetto d'interesse comune l'adattamento delle infrastrutture al trasporto intermodale in porti di categoria A, e in particolare i porti periferici e quelli situati sulle isole; l'obiettivo del progetto notificato consiste nell'espandere e adattare l'infrastruttura esistente del porto per consentire anche il traffico di container di grandi dimensioni nelle modalità mare-mare, mare-strada e mare-ferrovia, nonché per consentire al porto di partecipare al trasporto lungo le autostrade del mare, portando lo scalo di Augusta ad una capacità massima totale di 800 000 TEU/anno entro il 2025 e un volume di traffico pari a 500 000 TEU/anno 10 dal 2015, con interventi programmati per 145,33 milioni di euro, destinati a finanziare quattro parti principali o «interventi» finalizzati alla realizzazione di nuove banchine e piazzali di manovra o per l'ampliamento di parte di banchine esistenti; uno sforzo finanziario e infrastrutturale che richiede il massimo coordinamento di tutti i livelli istituzionali, nel comune obiettivo di consolidare le potenzialità portuali e imprenditoriali della Sicilia orientale secondo un progetto strategico coerente con gli indirizzi comunitari; in tale contesto va inquadrata la riflessione dell'eventuale riforma e razionalizzazione del sistema delle autorità portuali nazionali e siciliane in particolare, salvaguardando le potenzialità della piattaforma industriale, commerciale (merci e passeggeri) e logistica nel Mediterraneo dello scalo di Augusta, quale polo centrale del sistema dell'area vasta della Sicilia orientale; le forze sociali, economiche e istituzionali del territorio sostengono la scelta strategica del sistema integrato portuale-marittimo della Sicilia orientale con al centro il porto di Augusta, anche come naturale sede della autorità portuale futura; va scongiurata una visione campanilistica che prescinda dalle caratteristiche e dalle potenzialità degli scali portuali dell'area, compromettendo le prospettive di sviluppo e occupazione che potranno discendere da una gestione integrata e moderna –: quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di assicurare che gli investimenti nello scalo di Augusta siano portati avanti secondo i tempi programmati, anche in vista della definizione dell'obiettivo di bonifica integrale del sito, quale precondizione per il definitivo rilancio economico delle aree portuali ed ex industriali; quali siano gli intendimenti del Governo in materia di riordino del sistema delle autorità portuali della Sicilia orientale, tenendo conto delle linee guida generali dell'Unione europea e delle peculiarità dei territori e delle infrastrutture interessate. (2-00625) Interrogazione a risposta in Commissione: sul rilascio della valutazione di impatto ambientale positiva per lo stoccaggio di gas nel sottosuolo, da parte della società Gas Plus Storage s.r.l. a Poggiofiorito, in provincia di Chieti VACCA e altri (M5S) — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: in data 21 giugno 2011 è stata presentata, dalla società Gas Plus Storage srl una istanza di pronuncia di compatibilità ambientale relativa al progetto riguardante lo «Stoccaggio di gas naturale in giacimento di idrocarburi da denominarsi Poggiofiorito Stoccaggio» con attività da realizzarsi nel comune di San Martino sulla Maruccina (Chieti) a meno di 20 chilometri dalla città di Chieti; il progetto prevede anche la costruzione di una nuova unità di compressione per consentire lo stoccaggio di gas naturale prelevato dalla rete nazionale di capacità di working gas 11 pari a 157 MSm3 e portata di punta in erogazione ed in iniezione pari a 1,7 MSm3/g mediante la costruzione di una unità di compressione e di una unità di trattamento del gas, la perforazione di 2 nuovi pozzi ed il work-over del pozzo esistente «Poggiofiorito 1-bis dir A»; in data 4 agosto 2010 è stata presentata, dalla società Gas Plus Storage srl una istanza di pronuncia di compatibilità ambientale relativa al progetto riguardante lo «Stoccaggio gas naturale in strato denominato San Benedetto Stoccaggio» con attività da realizzarsi nel comune di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), al confine tra la regione Marche e la regione Abruzzo; il progetto prevede la realizzazione della centrale di stoccaggio gas di capacità di working gas pari a 522 MSm3 e portata di punta in erogazione ed in iniezione pari a 5,94 MSm3/g, mediante la costruzione di una unità di compressione e di una unità di trattamento, la perforazione di 6 pozzi per lo stoccaggio del gas e la posa in opera di un metanodotto per la connessione della Centrale di stoccaggio alla rete di alta pressione; lo stoccaggio consiste nel deposito, attraverso l'immissione a elevate pressioni, in strutture del sottosuolo del gas naturale prelevato dalla rete di trasporto nazionale e successivamente reimmesso nella rete in funzione delle richieste del mercato; con il decreto di valutazione di impatto ambientale del 19 giugno 2014 n. DM-0000165 è stata emanata una risposta positiva, con prescrizioni, all'istanza Poggiofiorito stoccaggio; con il decreto di valutazione di impatto ambientale del 19 giugno 2014 n. DM-0000165 è stata emanata una risposta positiva, con prescrizioni, all'istanza San Benedetto stoccaggio; una delle prescrizioni dei decreti di valutazione di impatto ambientale citati, prevede il progetto di una rete di monitoraggio microsismico a spese del proponente in grado di determinare la massima accelerazione del suolo provocata da un terremoto riconducibile all'attività di stoccaggio; tra le prescrizioni dei decreti si specifica che, qualora la micro sismicità riconducibile alle attività di esercizio dello stoccaggio eguagli o superi la magnitudo locale di 3.0, dovranno essere adottati dal soggetto gestore responsabile tutti gli accorgimenti opportuni atti a riportare la magnitudo locale massima dei sismi a valori inferiori a 2.0; non si può escludere che l'attività di estrazione e immissione del gas nel serbatoio non possa influire sulla stabilità delle faglie presenti nell'area interessata; la sismicità indotta e innescata dalle attività umane è un campo di studio in rapido sviluppo, ma lo stato attuale delle conoscenze, e in particolare la mancanza di esperienza in Italia, non premette la elaborazione di protocolli di azione che possano essere di uso immediato per la gestione del rischio sismico; non risulta esistente una rete di monitoraggio micro-sismico che può fornire indicazioni sulla attività delle faglie e la deformazione del suolo, sui meccanismi di sorgente e sulle pressioni di poro che possono essere utili alla caratterizzazione delle zone sismo geniche; le prescrizioni prevedono un monitoraggio sismico della durata di almeno un anno consecutivo 12 prima dell'avvio delle attività di stoccaggio al fine di determinare la micro sismicità locale anteoperam ma non prevede alcuno studio che possa dare indicazioni sulla attività delle faglie e sui meccanismi di sorgente che possono essere utili alla caratterizzazione delle zone sismo geniche; il comune di San Martino sulla Marruccina è classificato in zona sismica 1, cioè quella più pericolosa, mentre il comune di Chieti (52 mila abitanti) è classificata in zona sismica 2 –: sulla base di quali presupposti il Ministro possa emanare un decreto che consente attività produttive fortemente impattanti sul territorio, in assenza di dati scientifici che consentono la valutazione completa del rischio, ad avviso degli interroganti, ignorando, di fatto, il principio di precauzione nei confronti della salute umana, animale e per la protezione dell'ambiente; quali siano, secondo il Ministro, «gli accorgimenti opportuni atti a riportare la magnitudo locale massima dei sismi a valori inferiori a 2.0», qualora la magnitudo locale superi il valore di 3,0. (5-03206) Interrogazione a risposta in Commissione: sui chiarimenti circa le misurazioni dei consumi elettrici privati e industriali, con particolare riferimento ad Enel CRIPPA e VALLASCAS (M5S) — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: durante la seduta n. 98 della Commissione attività produttive della Camera dei deputati, in data 16 ottobre 2013, il sottoscritto ha presentato un'interrogazione a risposta immediata, sottoscritta anche dai deputati Fantinati, Vallascas, Prodani, Petraroli, Mucci, Da Villa e Della Valle, in cui veniva richiesto al Ministro interrogato quali iniziative intendesse adottare affinché venisse colmata la lacuna normativa riguardante i controlli metrologici dei contatori elettrici; sempre in data 16 ottobre 2013 è intervenuto per rispondere alla interrogazione il sottosegretario pro tempore Claudio De Vincenti, in rappresentanza del Ministero dello sviluppo economico (MISE); nella risposta alla citata interrogazione si può leggere, fra le altre cose, che «[...] per i contatori elettrici, il tavolo deputato ad effettuare la relativa valutazione dell'impatto della regolamentazione, ha già effettuato l'esame della prima stesura del decreto relativo»; da conversazioni avute con alcuni soggetti interessati, si è venuti a conoscenza che diversi mesi fa sono stati convocati per partecipare al sopracitato tavolo i maggiori stakeholder del settore e che i lavori siano nel frattempo arrivati alla conclusione; in merito si riporta che in data 4 febbraio 2014 l'associazione CODICI – CENTRO PER I DIRITTI DEL CITTADINO ha ricevuto dal Ministero 13 dello sviluppo economico una prima bozza del decreto attuativo sopracitato, accompagnato da un'invito a far pervenire al Ministero le osservazioni del caso sullo stesso; risulterebbe agli interrogati che lo schema interministeriale relativo ai controlli metrologici nei contatori sarebbe stato predisposto dalla direzione generale competente e sarebbe attualmente al vaglio dell'ufficio di gabinetto; parrebbe inoltre che al momento il già citato schema di decreto interministeriale (frutto dei lavori del tavolo sopracitato) di adozione del regolamento concernente i criteri per l'esecuzione dei controlli metrologici successivi sui contatori di energia elettrica attiva, ai sensi del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 22, attuativo della direttiva 2004/22/CE (MID) sia al vaglio della Commissione europea –: se il Ministro interrogato possa confermare tali indiscrezioni; se possa fornire alla Camera copia dello schema di decreto inviato alla Commissione europea; se possa fornire le tempistiche o perlomeno aggiornare gli interroganti circa la data entro cui tale decreto entrerà in vigore. (5-03209) Interrogazione a risposta scritta: sulla cancellazione dal Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), e sul diritto al rimborso delle quote versate negli anni 2010 e 2011 da imprese che non hanno mai usufruito del SISTRI CERA (PI) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: l'articolo 188-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (norme in materia ambientale) prevede che la tracciabilità dei rifiuti debba essere garantita dalla loro produzione sino alla loro destinazione finale; a tal fine viene istituito, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), ai sensi dell'articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 102 del 2009; il SISTRI ha il duplice obiettivo di semplificare l’iter di certificazione e tracciabilità dei rifiuti e di rendere trasparente il ciclo di distruzione dei rifiuti abbattendo i costi sostenuti dalle imprese del settore; destinatari dell'obbligo di iscrizione al sistema erano inizialmente 640 mila aziende, coinvolte nel SISTRI secondo il contratto iniziale tra la Selex e il ministero dell'ambiente; il Sistema è stato soggetto a notevole stratificazione normativa, cui sono stati destinatari soprattutto i soggetti tenuti ad aderire; in particolare, si segnala che l'articolo 11 del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, novella I commi 1, 2 e 3 14 dell'articolo 188-ter delle norme in materia ambientale; tale novella comporta l'esclusione dall'obbligo di iscrizione al SISTRI di tutti coloro che non trasportano rifiuti non pericolosi: il comma 2 novellato difatti recita «Possono aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lettera a), su base volontaria i produttori, i gestori e gli intermediari e i commercianti dei rifiuti diversi da quelli di cui al comma 1»; successivamente, con il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 27 aprile 2014 la platea iniziale si è ristretta di altre 150 mila aziende, dal momento che è stato eliminato l'obbligo di iscrizione al SISTRI delle imprese con meno di dieci dipendenti; già in precedenza, con l'articolo 52 del decreto-legge n. 83 del 2012 è stata disposta la sospensione del SISTRI per l'anno 2012, fino al 30 giugno 2013: «per consentire i necessari accertamenti sul funzionamento» del sistema, vengono sospesi il termine di entrata in operatività del sistema per un massimo di 12 mesi e i conseguenti adempimenti delle imprese; in seguito alle progressive restrizioni della platea iniziale, sono stati aperti numerosi contenziosi in merito al pagamento delle quote del 2010 e 2011, ma come riportano autorevoli fonti di stampa, l'esito dei giudizi cambia sensibilmente a seconda della composizione del collegio giudicante; molte imprese ad oggi escluse dall'obbligo di iscrizione al SISTRI hanno provato a cancellarsi dal sistema, al fine di evitare di dover pagare il contributo, senza esito; al fine di evitare questa criticità, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha pubblicato in data 24 giugno 2014 un Comunicato di chiarimento riguardante il pagamento del contributo annuale e la cancellazione dell'iscrizione da SISTRI dei soggetti non obbligati ai sensi del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125 e che non aderiscono volontariamente al sistema; il direttore generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche, avvocato Maurizio Pernice, ha chiarito che «I soggetti già iscritti al Sistri, che ai sensi dell'articolo 11, del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101 non sono più tenuti ad aderire né aderiscono volontariamente al Sistema, non devono versare il contributo annuale alla scadenza del 30 giugno 2014, anche se a tale data la procedura di cancellazione dell'iscrizione non è stata avviata o non è conclusa. Le modalità semplificate per la cancellazione dal Sistri dei soggetti iscritti che non sono tenuti ad aderire al sistema medesimo, nonché per la restituzione dei dispositivi, saranno definite con ulteriore comunicazione» –: quali urgenti iniziative, anche di natura normativa, intenda il Ministro porre in essere al fine di salvaguardare il diritto al rimborso delle quote versate negli anni 2010 e 2011 da imprese che non hanno mai usufruito del SISTRI, vista la mancata messa in funzione e le continue sospensioni, e che sono peraltro state successivamente esentate dall'obbligo di adesione, ai sensi degli atti con forza di legge e di natura secondaria indicati in premessa; quali iniziative siano state predisposte al fine di garantire la definitiva cancellazione dal sistema per 15 quelle imprese il cui obbligo di iscrizione sia venuto meno, ai sensi degli atti con forza di legge e di natura secondaria indicati in premessa. (4-05493) Interrogazione a risposta in Commissione: sulle strategie industriali dell'Eni, con particolare riferimento alla possibile chiusura delle raffinerie di Porto Marghera MARTELLA e MOGNATO (PD) — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: nel corso dell'incontro che si è svolto nella giornata del 9 luglio 2014 tra Eni e organizzazioni sindacali si sono rotte le trattative per quanto concerne il nuovo piano industriale in particolar mondo nell'ambito del settore della raffinazione; l'amministratore delegato dell'Eni, Claudio Descalzi ha evidenziato gravi perdite nel settore a causa di un surplus europeo di raffinato garantendo una prospettiva produttiva solo al sito di Sannazzaro provincia di Pavia e di Milazzo per la quota che riguarda il gruppo; a rischio sono le raffinerie di gela, Taranto, Livorno e Porto Marghera oltre al sito petrolchimico di Priolo; a Porto Marghera sono operative due raffinerie, Versailes e Raffinazione ed occupano complessivamente 600 unità lavorative; solo pochi mesi fa l'ex amministratore delegato Scaroni aveva assicurato la continuità produttiva di Marghera attraverso un piano di riconversione, con 100 milioni di euro di investimenti, per produrre olio vegetale da miscelare con il diesel in grado di salvare i due terzi dei posti di lavoro in essere; per la controllata Versailes ex Polimeri Europa era invece in essere il progetto del cracking della virginafta oltre alla previsione di realizzare un impianto di chimica verde finalizzato a produrre biolubrificanti mediante brevetto di una multinazionale americana; a seguito di queste notizie i lavoratori degli impianti di Porto Marghera hanno già incrociato le braccia per due giorni il 7 e 8 luglio 2014 bloccando la pipe line e le navi cisterna che forniscono gli impianti industriali emiliani minacciando ulteriori proteste; un cambio così repentino di strategie industriali a distanza di pochi mesi rischia di pregiudicare quegli importanti segnali di rilancio dell'area di Porto Marghera ponendo a rischio centinaia di posti di lavoro diretti nonché dell'indotto –: se e quali iniziative il Governo intenda assumere per scongiurare la chiusura dei due impianti di Porto Marghera, Versailes e Raffinazione, assicurando invece il prosieguo degli investimenti che erano stati annunciati solo pochi mesi fa e che assicuravano un futuro produttivo agli impianti di raffinazione anche attraverso politiche di riconversione e investimenti nella chimica verde. (5-03212) 16 Mozione: sull'istituzione in via sperimentale e temporanea, nella Regione Friuli Venezia Giulia, di una disciplina normativa analoga a quella delle zone franche urbane, con particolare riferimento alle agevolazioni fiscali sulle tariffe dei carburanti e dei generi di monopolio SAVINO e PALESE (FI – PdL) La Camera, premesso che: l'istituzione delle zone franche urbane (Zfu) è stata introdotta dall'articolo 1, comma 340, legge 24 dicembre 2006, n.296 (legge finanziaria 2007), quale strumento di sostegno all'economia in determinate aree del territorio nazionale, particolarmente in ritardo sul versante dello sviluppo e della crescita, che a seguito dell'espletamento di determinate procedure, ed in armonia con il quadro regolatorio comunitario, possono beneficiare di una particolare fiscalità di vantaggio e di una mirata allocazione delle risorse; l'iniziativa s'inserisce all'interno di un panorama nazionale delle politiche di promozione dello sviluppo di una specifica parte geografica, finalizzato al concretizzarsi di una serie di sgravi fiscali e agevolazioni per le piccole e micro imprese, che avviano una nuova attività economica in territori ultraperiferici, con potenzialità di sviluppo inespresse; il riconoscimento dello status giuridico di zona franca, che prevede specifiche condizioni, quali essere territori ultraperiferici, a rischio di spopolamento e con una situazione socio economica di sottosviluppo, deve tener conto delle disposizioni legislative dello Stato, rafforzate dall'articolo 116 della Costituzione, che attribuisce al Friuli Venezia Giulia, alla Sardegna, alla Sicilia, al TrentinoAlto Adige/Südtirolo e alla Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, la disposizione di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale; nell'ambito delle caratteristiche riconducibili all'identificazione, dei presupposti indispensabili per rendere operativa la misura d'aiuto, attraverso un regime di speciali agevolazioni, lo strumento della zona franca urbana, istituito nelle fasce confinarie regionali, che subiscono la concorrenza di sistemi fiscali, previdenziali e forme contrattuali di lavoro particolarmente vantaggiose, costituisce un contributo rilevante e moderno per promuovere il rilancio dell'economia territoriale; la fascia confinaria della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con la Slovenia e con l'Austria, rappresentata dalle città di Trieste, Gorizia, Cividale, Tarvisio, nonché la zona di frontiera italoaustriaca del Brennero, nella provincia autonoma di Bolzano, da diversi anni, sono contraddistinte negativamente dal punto di vista socioeconomico dall'accresciuta concorrenza, essenzialmente di tipo fiscale, messa in atto dai Paesi confinanti; il trattamento fiscale e contributivo più favorevole, attuato oltre la linea di confine, da parte dell'Austria e della Slovenia, si rivela essere infatti, notevolmente vantaggioso rispetto al confine orientale italiano, in considerazione del fatto che i 17 benefici che si riscontrano oltre la fascia confinaria sono soprattutto quelli relativi alle imposte dovute alle accise, al costo del lavoro e ai differenziali nel complesso più favorevoli dei costi della vita e dei servizi; gli effetti negativi e penalizzanti derivanti dall'elevata tassazione italiana che complessivamente raggiunge livelli anche pari al 68 per cento, rispetto ai suesposti Paesi confinanti, i quali raggiungono percentuali d'imposizione fiscale rispettivamente pari al 34 per cento e al 50 per cento, stanno determinando inoltre una progressiva delocalizzazione produttiva e commerciale delle imprese friulane; la vicinanza geografica all'Italia, unitamente ad un sistema in generale più favorevole, rappresentato da procedure amministrative più «snelle», da semplificazioni fiscali e burocratiche vantaggiose e da un tessuto ambientale, che non ha pregiudizi nei confronti della figura imprenditoriale, stimola lo spostamento degli insediamenti produttivi e commerciali oltre le aree confinanti con l'Austria e la Slovenia, entrambi Stati membri dell'Unione europea; ulteriori elementi distintivi che inducono le imprese friulane a delocalizzare la propria attività aziendale, determinando considerevoli vantaggi per i relativi bilanci, derivano dallo spostamento della residenza fiscale oltre confine, in considerazione del fatto che tale decisione, oltre a non richiedere un grande sforzo logistico, eviterebbe la doppia imposizione dei redditi d'impresa; in termini complessivi i benefici che riscontrano gli imprenditori interessati a stabilire la propria attività d'impresa in Austria e Slovenia, sono rivolti, come in precedenza indicato, ad una complessiva imposizione fiscale più favorevole, se si valuta che in Slovenia e in Austria grava sulle società una pressione fiscale in media, rispettivamente, del 20 per cento e del 25 per cento, a differenza del livello di prelievo fiscale in Italia che ha raggiunto il 43,8 per cento del prodotto interno lordo nel 2013, con una base imponibile delle imposte (Irpef pari al 40 per cento, Ires al 27,5 per cento Irap al 3,9 per cento) così elevata, che determina un dimezzamento del risultato economico delle società; i contributi previdenziali e sanitari, il trattamento di fine rapporto, le aliquote delle accise ed una più ampia e generale libertà d'azione, anche dal punto di vista giuridico, nel creare le condizioni ideali per «fare impresa», stanno conseguentemente provocando una vera «migrazione» delle imprese italiane verso le limitrofe Austria e Slovenia, i cui effetti negativi e penalizzanti si ripercuotono evidentemente sull'economia territoriale friulana, nonché su quella nazionale, in particolare dal punto di vista occupazionale; le numerose e articolate criticità suesposte configurano pertanto un quadro complessivo estremamente svantaggioso dal punto di vista concorrenziale per le imprese italiane, le cui zone di frontiera hanno rappresentato per molti anni lo snodo dei traffici via terra verso l'Europa, con innegabili benefici di natura economica per le popolazioni residenti; il successivo allargamento progressivo dell'Unione europea verso est e l'adozione della moneta unica hanno inoltre rappresentato ulteriori elementi distintivi svantaggiosi per il Friuli Venezia Giulia, provocando la perdita di un numero considerevole di opportunità 18 commerciali e di servizi, con evidenti ricadute negative sull'economia locale, causate anche, come in precedenza riportato, dalla competizione degli Stati confinanti aumentata nel corso degli ultimi anni; l'adozione di strumenti in grado di sostenere il tessuto produttivo posizionato lungo le fasce di confine, al fine di favorire le attività industriali, commerciali, artigianali e turistiche, nonché sostenere e promuovere lo sviluppo dell'economia locale, dell'occupazione e l'interscambio economico con i Paesi limitrofi, risulta pertanto urgente ed opportuno, al fine di interrompere il processo di delocalizzazione in corso dalla regione friulana e dare un nuovo impulso alla crescita della fascia confinaria friulana; l'introduzione di misure che possano rappresentare un efficace strumento moderno di politica economica e fiscale, in grado di tutelare in maniera costruttiva una parte consistente della suesposta regione di confine, volte alla semplificazione fiscale e burocratica e sostenere la concorrenza operata dai Paesi esteri confinanti una più ampia libertà di detassazione per le nuove imprese e per le imprese dei giovani, senza gravare sull'amministrazione dello Stato, un regime d'esenzione temporaneo dei dazi extra doganali e l'eliminazione delle imposte sui consumi e sui redditi limitatamente ai redditi prodotti nella zone franche, possono costituire nella totalità, un processo coordinato tra le istituzioni ed i soggetti interessati, impegna il Governo: ad assumere iniziative, per quanto di competenza e in conformità alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato, a favore della regione Friuli Venezia Giulia, al fine di contrastare i fenomeni di disagio sociale ed economico causati dalla concorrenza degli Stati confinanti, di interrompere il processo di delocalizzazione degli impianti produttivi in corso, nelle aree oltre confine, e di favorire il rilancio economico e imprenditoriale friulano attraverso: a) l'istituzione in via sperimentale e temporanea della durata di tre anni di una disciplina normativa analoga a quella delle zone franche urbane (Zfu), di cui all'articolo 1, comma 340, legge 24 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), a favore dei territori dei comuni di Trieste, Gorizia, Cividale, Tarvisio e Brennero finalizzata a prevedere semplificazioni fiscali burocratiche dirette a contrastare la concorrenza dei sistemi più vantaggiosi, dal punto di vista fiscale, dei Paesi confinanti quali Austria e Slovenia; b) la previsione in via sperimentale e temporanea per la durata di cinque anni per i territori dei distretti industriali del Friuli Venezia Giulia dello status di zona franca, ai sensi del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio (UE) n. 952/2013 del 9 ottobre 2013 e del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, quale elemento positivo di connessione tra il rilancio dell'economia locale e l'inversione di tendenza alla delocalizzazione degli insediamenti produttivi; 19 c) la previsione di misure di agevolazione fiscale nei riguardi del settore marittimo al fine di favorire lo sviluppo turistico e l'attività portuale di Trieste, attraverso: l'esenzione da dazi e formalità doganali, prevedendo la libertà di sbarco, imbarco, trasbordo, deposito, manipolazione e lavorazione anche industriale delle merci in regime estero per estero, con mantenimento dell'origine, senza dazi doganali, tasse, aliquote e diritti marittimi; l'esenzione dalle imposte sui consumi e sui redditi limitatamente a quelli prodotti nelle zone franche; la riduzione degli oneri amministrativi per le società estere e la deregulation bancaria e assicurativa; d) l'introduzione di adeguate misure per l'incremento del commercio di determinati prodotti, in particolare riducendo la tariffa dei carburanti e dei generi di monopolio, i cui prezzi negli Stati confinanti sono particolarmente contenuti; e) l'introduzione di misure sperimentali per l'incremento della produttività del lavoro definendo le modalità di detassazione del salario di produttività, con riferimento al settore privato, l'imprenditoria giovanile ed i titolari di reddito da lavoro dipendente. (1-00540) Interrogazione a risposta scritta: sull’interruzione del servizio merci pericolose nella stazione di Bergamo GREGORIO FONTANA (FI) — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che: a partire da aprile 2014 è stato interrotto il servizio merci pericolose nella stazione di Bergamo. Tale servizio risulta fondamentale per importanti realtà produttive di importanza nazionale e locale quali: Polynt, Mapei, Thyssenkrupp, Italcementi, Bayer, Brenntag, 3V Sigma e Schneider Electric, con una movimentazione negli ultimi anni circa 4.500 carri ferroviari per complessivi 300 treni (di cui, circa la metà di merci RID); l'interruzione del servizio ferroviario nello scalo di Bergamo, che attualmente riguarda solo le merci pericolose, da quanto riportato dal quotidiano L'Eco di Bergamo rischia di venire esteso all'intero trasporto merci rendendo di fatto inutilizzabile questo scalo al trasporto cargo con un ulteriore aggravio della situazione, già molto problematica, con centinaia di posti di lavoro a rischio –: quali siano le ragioni della chiusura dello scalo di Bergamo alle merci pericolose e se tale chiusura sia solo temporanea e quindi sia possibile, in tempi brevi, riprendere le attività in attesa che venga predisposto uno scalo alternativo; se sia fondata la preoccupazione che l'interruzione del servizio merci, oltre a quelle pericolose, venga esteso all'intero trasporto merci ferroviario; 20 se si intenda intervenire, e in che modo, per ripristinare il servizio merci pericolose, la cui sospensione sta mettendo a dura prova importanti realtà imprenditoriali della provincia di Bergamo già impegnate a fronteggiare gli effetti della crisi. (4-05508) Interrogazione a risposta scritta: sulla decisione di Eni di revocare il piano d'investimenti per la riconversione in bioraffineria del sito siciliano di Gela GIORGIA MELONI (FdI) — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che: i vertici dell'ENI avrebbero revocato un piano d'investimenti di settecento milioni per la riconversione del sito siciliano di Gela in bioraffineria, ed avrebbero inoltre manifestato l'intenzione di procedere ad un ridimensionamento delle attività del gruppo, soprattutto negli stabilimenti del Sud Italia; le motivazioni della decisione risiederebbero nel fatto che a causa della crisi del settore e di un surplus europeo di 120 milioni di tonnellate di raffinato, la società potrebbe assicurare la continuità operativa solo per la raffineria di Sannazzaro (Pavia) e per la propria quota del 50 per cento di Milazzo, mentre, oltre alla raffineria di Gela, sarebbe incerto il destino anche di quelle di Taranto, Livorno, Porto Marghera, e il petrolchimico di Priolo nel siracusano; le decisioni dell'Eni mettono a rischio, nell'immediato, 3.500 posti di lavoro tra occupati diretti e indotto, ed in seguito alla rottura delle trattative tra i sindacati e l'azienda le prospettive appaiono ulteriormente peggiorare; entro il 20 luglio 2014 avrà luogo una mobilitazione nazionale dei lavoratori, ed alcuni operai vogliono fermare l'attività del metanodotto che porta in Sicilia 10 miliardi di metri cubi di gas, mentre addirittura il governatore della regione avrebbe minacciato di chiudere i pozzi di petrolio; proprio negli scorsi giorni l'agenzia di rating Fitch aveva detto che i deboli margini di raffinazione in Europa potrebbero portare a un eventuale downgrade di Eni se la ristrutturazione del settore non dovesse avere successo; l'eventuale disimpegno dell'Eni dall'isola determinerebbe conseguenze disastrose sulla situazione occupazionale e sui parametri economici e finanziari della stessa regione, che ancora stenta a riprendersi dal recente disimpegno anche della FIAT –: quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di salvaguardare gli stabilimenti ed insediamenti produttivi dell'isola, e al fine di tutelare i lavoratori coinvolti, se del caso attraverso l'immediata convocazione di appositi tavoli di lavoro. (4-05510) 21 Risoluzione in VI Commissione: sulla normativa circa la rendita catastale dell'immobile in caso di installazione di un impianto fotovoltaico ALBERTI e altri (M5S) La VI Commissione, premesso che: con la circolare dell'Agenzia delle entrate 19 dicembre 2013, n. 36/E, si chiariscono le modalità con cui sono rilevati – ai fini delle imposte dirette e dell'IVA – gli incentivi erogati ai titolari di impianti di energia da fonti rinnovabili e si inquadrano in ambito catastale gli impianti di tipo fotovoltaico, ponendo particolare attenzione alla questione della qualificazione mobiliare o immobiliare di tali impianti e alle conseguenze che ne derivano in materia catastale e tributaria; tale circolare prevede che, ai fini del censimento in catasto, non rilevi esclusivamente la facile amovibilità delle componenti degli impianti fotovoltaici, né la circostanza che tali impianti possano essere posizionati in altro luogo mantenendo inalterata la loro originale funzionalità e senza antieconomici interventi di adattamento; la citata circolare n. 36/E stabilisce inoltre che con riferimento alle installazioni fotovoltaiche poste su edifici ed a quelle realizzate su aree di pertinenza, comuni o esclusive, di fabbricati o unità immobiliari censiti al catasto edilizio urbano, non sussiste l'obbligo di accatastamento come unità immobiliari autonome, in quanto possono assimilarsi agli impianti di pertinenza degli immobili e che è necessario procedere, con dichiarazione di variazione da parte del soggetto interessato, alla rideterminazione della rendita dell'unità immobiliare a cui risulta integrato, solo quando l'impianto fotovoltaico ne incrementa il valore capitale (o la relativa redditività ordinaria) di una percentuale pari al 15 per cento o superiore; non hanno, pertanto, autonoma rilevanza catastale, e costituiscono semplici pertinenze delle unità immobiliari, le porzioni di immobili ospitanti gli impianti di produzione di energia di modesta entità, in termini dimensionali e di potenza, come, ad esempio, quelli destinati prevalentemente ai consumi domestici. In particolare, non sussiste alcun obbligo di dichiarazione al catasto, né come unità immobiliare autonoma, né come variazione della stessa (in considerazione della limitata incidenza reddituale dell'impianto) qualora sia soddisfatto almeno uno dei seguenti requisiti: a) la potenza nominale dell'impianto fotovoltaico non è superiore a 3 chilowatt per ogni unità immobiliare servita dall'impianto stesso; b) la potenza nominale complessiva, espressa in chilowatt, non è superiore a tre volte il numero delle unità immobiliari le cui parti comuni sono servite dall'impianto, indipendentemente dalla 22 circostanza che sia installato al suolo oppure sia architettonicamente o parzialmente integrato ad immobili già censiti al catasto edilizio urbano; c) per le installazioni ubicate al suolo, il volume individuato dall'intera area destinata all'intervento (comprensiva, quindi, degli spazi liberi che dividono i pannelli fotovoltaici) e dall'altezza relativa all'asse orizzontale mediano dei pannelli stessi, è inferiore a 150 m3, in coerenza con il limite volumetrico stabilito dall'articolo 3, comma 3, lettera e), del decreto ministeriale 2 gennaio 1998, n. 28; dalle indicazioni riportate nella circolare n. 36/E diventa evidente come gli impianti fotovoltaici con potenza nominale superiore ai 3 kW ed il cui valore superi il 15 per cento della rendita catastale dell'immobile che alimentano, vengano considerati una miglioria dell'immobile stesso e che, in tal modo, i proprietari dei suddetti immobili si vedono obbligati ad aggiornare la rendita catastale con conseguenti aumenti degli importi dovuti per Irpef, IUC; vanno altresì considerate le nuove condizioni relative alla diminuzione della percentuale di ammortamento annuo degli investimenti inerenti la collocazione di impianti fotovoltaici equiparati a beni immobili che passa dal 9 per cento (ammortamento per i beni mobili) al 4 per cento: tale variazione si traduce in una evidente dilatazione dei tempi di recupero dell'investimento per le persone che hanno voluto investire nelle energie rinnovabili; a ciò si aggiunga la considerazione che, come disposto dal decreto ministeriale del 31 dicembre 1988, gli ammortamenti delle macchine legate alla produzione di energia hanno valori percentuali assai superiori al 4 per cento; infine, nella risposta all'interrogazione in Commissione n. 5-02689 del 30 aprile 2014 il Governo ha condiviso l'opportunità di introdurre una previsione normativa che contempli una specifica aliquota di ammortamento per gli impianti fotovoltaici, a prescindere dalla natura mobiliare o immobiliare degli stessi; deve essere evitato il pericolo di penalizzare gli investimenti in energie rinnovabili con aumenti impositivi e decurtazione degli incentivi ad investire, che producono benefici per l'ambiente riducendo il consumo delle risorse naturali, impegna il Governo: ad assumere iniziative dirette a rivedere la normativa recante l'obbligo di variazione della rendita catastale dell'immobile, nel caso in cui l'installazione di un impianto fotovoltaico sia realizzata sulla copertura di edifici al fine di mantenere l'incentivo alla realizzazione di molteplici punti di produzione di energia «pulita» catalogabili come installazioni esenti dall'obbligo di accatastamento; ad assumere un'iniziativa normativa che contempli una specifica aliquota di ammortamento per gli impianti fotovoltaici, prevedendo un unico coefficiente, a prescindere dalla natura mobiliare o immobiliare degli stessi, da valutare a seguito di uno studio specifico da parte dell'ente preposto sentiti anche gli operatori del settore. (7-00416) 23 Interrogazione a risposta in Commissione: sul blocco totale dei sistemi di rilevazione ambientale nella cokeria Ilva DE LORENZIS (M5S) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: nel 2010 in seguito alle valutazione e dati diffusi dell'Arpa Puglia, così come riportato dai comitati cittadini locali, si è compreso che l'ILVA «sarebbe la fonte del 99,74 per cento degli Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), all'interno dei quali il componente più cancerogeno è il benzo(a)pirene» e contestualmente «dai dati dell'Arpa emerge il ruolo emissivo assolutamente prevalente della cokeria che, nell'ambito delle emissioni Ilva, arriva al 98,5 per cento degli IPA»; sul sito dell'Arpa Puglia sono disponibili i dati prodotti dalla rete di monitoraggio della qualità dell'aria interna allo stabilimento siderurgico ILVA di Taranto registrati fino ai primi giorni di aprile 2014; inoltre Arpa precisa che: «tali dati di qualità dell'aria sono pubblicati dopo il processo di validazione giornaliera. Essi sono tuttavia da considerarsi non definitivi e potrebbero subire revisioni nelle successive fasi di validazione»; contestualmente viene precisato che: «Si precisa che sull'analizzatore di IPA della stazione “cokeria” sono in corso ulteriori approfondimenti tecnicoscientifici al fine di verificarne l'accuratezza», il che significa, a detta dell'interrogante, che le rilevazioni degli analizzatori possono essere anche sfalsate; da fonti stampa si apprende che 8 settembre 2013 per oltre due giorni, è avvenuto il blocco totale di tutti i sistemi di rilevazione ambientale nella cokeria Ilva previsti dalle prescrizioni Aia, mettendo in evidenza i limiti di affidabilità del sistema di rivelazione ambientale nella area di riferimento; confrontando i dati dalla rete di monitoraggio della qualità dell'aria in riferimento alle rilevazioni fatte al quartiere Tamburi con quelle provenienti dalla cokeria, risulta che nella maggior parte dei giorni dei mesi di agosto, ottobre, novembre, dicembre 2013 e gennaio, febbraio e marzo e aprile 2014, il livello dell'inquinante IPA al rione Tamburi è superiore a quello della cokeria; secondo la relazione 2013 sui dati della qualità dell'aria di Taranto di Arpa Puglia questo fenomeno è spiegabile anche perché sono «attualmente, spente diverse batterie di forni a coke, con conseguente sostanziale riduzione dell'apporto emissivo degli impianti;» in conclusione, secondo Arpa Puglia «l'ancor più chiara correlazione fra le emissioni industriali del complesso siderurgico e la qualità dell'aria nel Quartiere Tamburi rende di particolare criticità il possibile riavvio di tali impianti, dopo i lavori programmati da ILVA, in relazione al verosimile, nuovo apporto emissivo ed al conseguente, possibile nuovo decremento dei livelli di qualità dell'aria»; come è noto l'area dell'ILVA di Taranto è un sito di interesse nazionale –: 24 se il Ministro sia a conoscenza delle notizie riportate in premessa e a quali cause, fenomeni e processi attribuisca, dal suo punto di vista, la rilevazione del livello di inquinanti IPA inferiore nell'area cokerie rispetto al quartiere Tamburi di Taranto; se, a fronte di quanto sostenuto da Arpa Puglia in merito agli ulteriori approfondimenti tecnicoscientifici sull'analizzatore della stazione «cokeria», il Ministro ritenga pienamente affidabile il sistema di rilevazione ambientale, ovvero quali provvedimenti intenda adottare se riconosce la presenza di margini di errore che rendono inefficace il monitoraggio; alla luce di molteplici rilievi sulla affidabilità delle rilevazioni effettuate presso lo stabilimento dell'Ilva di Taranto, quali siano esattamente le apparecchiature utilizzate, quale sia il loro grado di accuratezza e di sicurezza e quali attività di verifica siano state poste in essere da parte dei soggetti deputati al controllo ambientale con riferimento e ciascuna delle apparecchiature citate e se possa indicare chi siano i soggetti che possono fisicamente avere accesso ai sistemi di rilevazione ambientale; se il Ministro condivida quanto sostenuto da Arpa Puglia in merito alle criticità e al nuovo apporto emissivo aggiuntivo che si avrebbe con la riattivazione delle batterie di forni a coke attualmente fermi e, a fronte di ciò, adoperarsi per quanto di propria competenza, per impedire la riaccensione di tali forni a coke; se, a fronte di quanto scritto in premessa, il Ministro ritenga sufficiente come metro di controllo dell'attività inquinante dell'Ilva, la sola rilevazione della qualità dell'aria attraverso i sistemi di rilevazioni ambientali attualmente utilizzati in Ilva. (5-03237) Interrogazione a risposta scritta: sulla realizzazione di un elettrodotto di Terna nelle province di Benevento, Avellino e Foggia CASTIELLO (FI) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: la TERNA spa è proprietaria della Rete elettrica nazionale ed anche titolare della concessione delle attività di trasmissione e dispacciamento dell'energia elettrica nel territorio nazionale; il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con decreto n. 239/EL-77/146/2011, emanato il 21 giugno 2011 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 100 parte seconda del 30 agosto 2011, ha autorizzato in via definitiva la TERNA alla costruzione e l'esercizio dell'intervento denominato «Elettrodotto a 380 kV Benevento II-Foggia ed opere connesse», nei comuni di Benevento, Castelpoto, Pietrelcina, Paduli, San Giorgio la Molara, Buonalbergo, Ginestra degli Schiavoni, Castelfranco in Miscano, in 25 provincia di Benevento, Casalbore, Montecalvo Irpino, Ariano Irpino, Greci, in provincia di Avellino e Faeto, Celle San Vito, Troia, Lucera e Foggia in provincia di Foggia; il nuovo elettrodotto induce campi elettrici e magnetici, questi ultimi classificati dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) nel gruppo 2B e che costituiscono, pertanto, possibile agente cancerogeno umano, con grado di pericolosità elevata per la salute dell'uomo, soprattutto se si tiene conto che le valutazioni di impatto sulla salute considerate per la concessione delle autorizzazioni di impatto ambientale non tengono nel dovuto conto della sommatoria di induzione elettromagnetica che i nuovi elettrodotti vanno a produrre in alcuni punti del tracciato, dove permangono altri elettrodotti che non verranno eliminati; il citato decreto autorizzativo stabilisce espressamente all'articolo 1 ultima alinea (pagina 11) «Il predetto progetto prevede, inoltre, la demolizione dell'esistente elettrodotto a 380 kV “Benevento II-Foggia” per complessivi km 78,2, nel tratto compreso tra la stazione elettrica Benevento II ed il sostegno n. 80 dell'elettrodotto “Candela-Foggia” come sopra richiamato non appena sarà entrato in esercizio il nuovo collegamento ....»; i lavori di costruzione del nuovo elettrodotto hanno avuto inizio nel luglio 2012; con avviso di TERNA affisso nei comuni interessati è stata data comunicazione dell'energizzazione 2014 del nuovo elettrodotto per il giorno 29 giugno 2014, cosa puntualmente avvenuta; l'attuale assetto dell'elettrodotto, però, è costituito fino alle porte del territorio di Benevento dalla nuova linea, mentre nel territorio comunale di Benevento, in particolare il tratto di collegamento delle nuova linea alla stazione elettrica denominata Benevento II, è costituito dall'attuale elettrodotto, di cui ne è previsto lo smantellamento, su cui si operato un potenziamento, venendosi così a configurare di fatto a giudizio dell'interrogante un assetto della infrastruttura elettrica diverso da quello autorizzato; il potenziamento della linea elettrica esistente atto a sopportare maggiori carichi elettrici, riflette conseguentemente maggiori valori dei campi elettrici e magnetici rispetto a quelli esistenti per cui, come si evince da notizie ripetutamente apparse sulla stampa e trasmesse da enti televisivi locali e nazionali, l'energizzazione della linea ha dato vita a forti proteste da parte di comitati spontanei di cittadini i quali ritengono che l'attuale assetto della linea sia pericoloso per la salute pubblica; l'articolo 4, comma 5 del decreto autorizzativo, stabilisce che prima della messa in esercizio la Terna deve fornire alle amministrazioni autorizzanti apposita certificazione attestante il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 2003; dei suddetti adempimenti TERNA deve fornire apposita dettagliata relazione; il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede alla verifica della conformità delle opere al progetto autorizzato, sulla base delle vigenti normative di settore –: se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti indicati in premessa e se intendano intervenire con 26 urgenza per salvaguardare la salute dei suoi cittadini, verificando, per quanto di competenza, la conformità del nuovo assetto dell'elettrodotto Benevento II-Foggia al decreto autorizzativo. (405543) Interpellanza: sui costi a carico delle imprese per l'installazione e la gestione dei Pos e sugli oneri relativi alla diffusione della moneta elettronica GREGORIO FONTANA e altri (FI) I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che: la norma, recentemente introdotta, sull'obbligatorietà del POS sta creando notevoli disagi a commercianti, artigiani e liberi professionisti, in quanto i costi di installazione e gestione incidono in maniera molto significativa sul fatturato e risultano, in ogni caso, proibitivi per molti piccoli e medi imprenditori, come denunciato anche da molte associazioni di categoria; non è in discussione il diritto del consumatore di pagare come meglio crede i propri acquisti, ma il fatto che sia la legge ad imporre agli imprenditori un costo insostenibile, determinando anche ripercussioni negative nel rapporto fiduciario tra venditore e acquirente; al momento, a causa delle alte commissioni bancarie previste, i costi dell'introduzione della moneta elettronica ricadono in maniera significativa e del tutto sproporzionata sulle spalle degli imprenditori; considerato in una prospettiva internazionale, il caso italiano risulta davvero singolare, in particolare se si tiene presente l'esperienza degli Stati Uniti d'America, dove il Pos è gratuito e rispecchia la preferenza dei consumatori americani verso forme di pagamento alternative alla moneta –: se abbia provveduto ad effettuare una ricognizione dei costi totali a carico delle imprese per l'installazione e la gestione dei Pos e se intenda adottare iniziative volte a evitare che i suddetti costi rappresentino un aggravio eccessivo per i soggetti interessati; se non ritenga che gli oneri relativi alla diffusione della moneta elettronica debbano essere equamente ripartiti tra tutti i soggetti coinvolti e, in caso di risposta affermativa, quali iniziative intenda intraprendere per garantire che ciò avvenga. (2-00635) 27 Interrogazione a risposta in Commissione: sulle problematiche in merito alla trasmissione e al pagamento delle fatture elettroniche BARBANTI e altri (M5S) — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che: la legge 24 dicembre 2007, n. 244, all'articolo 1, commi da 209 a 214, come modificata dalla lettera a) del comma 13-duodecies dell'articolo 10, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201. convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha introdotto nell'ordinamento giuridico italiano l'obbligo della fatturazione elettronica per le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da imprese e professionisti nei confronti delle pubbliche amministrazioni. A tal fine, è stato istituito il Sistema di interscambio (SdI) ovvero un sistema informatico di supporto alla ricezione e controllo delle fatture elettroniche nonché al successivo inoltro alle amministrazioni destinatarie; con il decreto ministeriale del 3 aprile 2013 n. 55, in vigore dal 6 giugno 2013, sono state definite le regole tecniche attuative del regime di fatturazione elettronica nonché individuate le date di decorrenza dell'obbligo di fatturazione distinguendole per classi di pubbliche amministrazioni. Precisamente, l'obbligo di fatturazione elettronica è entrato in vigore lo scorso 6 giugno 2014 per Ministeri, Agenzie fiscali ed Enti nazionali di previdenza e di assistenza sociale. Per le restanti amministrazioni centrali e locali, invece, l'obbligo scatterà dal 31 marzo 2015, così come previsto dall'articolo 25, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89. A decorrere dal 6 giugno 2014, dunque, i Ministeri, le Agenzie fiscali e gli Enti nazionali di previdenza non possono più accettare fatture emesse o trasmesse in forma cartacea. Dai tre mesi successivi a tale data, invece, non potranno nemmeno procedere al pagamento, neppure parziale, di quanto dovuto fino all'invio del documento in formato elettronico. Si è previsto in sostanza un periodo di transizione di tre mesi decorso il quale i fornitori non potranno più emettere ed inoltrare fatture in formato cartaceo e l'amministrazione non sarà tenuta al pagamento; per la regolare trasmissione della fattura elettronica, l'articolo 3 del decreto ministeriale citato prevede l'obbligo per le pubbliche amministrazioni destinatarie di individuare appositi uffici deputati alla ricezione delle fatture. In pratica, ciascuna pubblica amministrazione è tenuta ad inserire i detti uffici nell'indice delle pubbliche amministrazioni (IPA) ai fini dell'assegnazione di un codice univoco di identificazione. Il codice univoco così assegnato, di cui deve essere data adeguata pubblicità, costituisce elemento identificativo della pubblica amministrazione destinataria della fattura elettronica e deve essere obbligatoriamente indicato dal fornitore nella fattura da inviare al 28 Sistema di Interscambio; ad oggi, nonostante l'obbligo della fatturazione elettronica sia in pieno vigore, il sistema di trasmissione delle fatture e di elaborazione dei processi di pagamento non risulta operativo. In particolare, come risulta anche da alcune segnalazioni avanzate alle amministrazioni competenti (tra cui la richiesta di sospensione della fatturazione elettronica, inoltrata il 10 luglio 2014 dall'Unione nazionale italiana magistrati onorari, pubblicata sul sito internet dell'associazione al seguente link: http:// www.unimo.eu/richiesta-avanzata-da-unimo-alministro-on-le-a-orlando-di-sospensione-della-fattura-elettronica/), il sistema di interscambio predisposto per la trasmissione delle fatture elettroniche alla pubblica amministrazione destinataria (nella specie, il Ministero della giustizia) non sarebbe funzionante per carenza delle corrette procedure informatiche e per mancanza di indicazioni agli uffici periferici. Tale circostanza risulta confermata anche dagli uffici preposti alla ricezione delle fatture elettroniche (tra questi, l'Ufficio istituito presso la procura della Repubblica della corte di appello di Bologna, all'uopo contattato): dalle informazioni acquisite, infatti, vi sarebbero difficoltà tecniche per gli uffici periferici nel rilascio all'emittente della ricevuta di consegna della fattura elettronica trasmessa. Allo stato, dunque, il pagamento delle fatture elettroniche risulta bloccato; il Sistema di interscambio, predisposto per la trasmissione delle fatture elettroniche alle amministrazioni destinatarie e per il rilascio delle ricevute di consegna, è gestito e amministrato direttamente dall'Agenzia delle entrate –: se sia a conoscenza delle descritte problematiche in merito alla trasmissione e al pagamento delle fatture elettroniche trasmesse, evidenziandone in particolare le cause, le pubbliche amministrazioni eventualmente interessate nonché le misure adottate o che si intendano adottare al fine di garantire la celere corresponsione del corrispettivo documentato e contrattualmente previsto. (5-03226) Risposta del Sottosegretario di Stato per l’ambiente e la tutela del territorio e del mare Silvia Velo alle interrogazioni sui chiarimenti in merito all'affidamento, alla progettazione e alla realizzazione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri), presentate da TERZONI (M5S), CARRESCIA (PD) e REALACCI (PD). Signor Presidente, come è stato appena detto, per omogeneità di materia provvedo a rispondere in forma congiunta. Sulla risoluzione del contratto si è avuto più volte modo di riferire in risposte precedenti ad atti di sindacato ispettivo: come è stato già risposto, questa ipotesi di risoluzione è stata valutata dall'amministrazione già nel 2012. Infatti, sulla legittimità della complessiva operazione negoziale è stato a suo tempo richiesto un parere specifico all'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la legittimità dell'affidamento diretto, ritenendo così valido e legittimo il 29 contratto con Selex. Invece, con la recente deliberazione del 10 aprile ultimo scorso, n. 10, il consiglio dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ha rilevato che «l'affidamento del Sistri non sia conforme all'articolo 17, comma 1, del Codice dei contratti pubblici nella versione vigente al tempo dell'affidamento stesso e prima della modifica apportata a tale disposizione ad opera dell'articolo 33, comma 3, del decreto legislativo n. 208 del 2011, in vigore dal 15 gennaio 2012, nei limiti e secondo le motivazioni espresse nella parte di diritto». Con nota del 5 giugno scorso, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha pertanto investito della questione il Presidente del Consiglio dei ministri per gli approfondimenti e le valutazioni di competenza. Riguardo alle informazioni tecniche sulla funzionalità e sulla corrispondenza del sistema alle norme e alle specifiche del contratto, queste sono reperibili sul sito del Ministero dell'ambiente. In particolare, il 24 giugno ultimo scorso è stato pubblicato il certificato di collaudo di verifica di conformità, rilasciato il 20 dicembre 2013 dalla commissione appositamente istituita. Si deve ribadire che, in base ai patti negoziali vigenti, il contratto va a scadenza il 30 novembre 2014. La questione, allo stato attuale, vede, da un lato, la preesistenza di un contratto in avanzato stato di esecuzione, dall'altro, l'ineludibile esigenza di avere un sistema di tracciamento dei rifiuti efficace, ma, al tempo stesso, fruibile con maggiore facilità da parte degli utenti. Giova ricordare che, in questo contesto, già l'articolo 11, comma 9, del decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 30 ottobre 2013, ha previsto la possibilità di modificare il contenuto, la durata del contratto ed il relativo piano economicofinanziario anche al fine di inserire misure di semplificazione e di ottimizzazione che tengano conto anche delle segnalazioni delle associazioni rappresentative degli utenti, riducendo, al tempo stesso, i costi di esercizio del sistema. Proprio in questo quadro (un contratto in avanzato stato di avanzamento, che va in scadenza il 30 novembre, una previsione legislativa che consente alcune correzioni e alcuni interventi) e in questa prospettiva di semplificazione, l'articolo 14, comma 2, del decreto legge n. 91 del 24 giugno 2014, attualmente in corso di conversione, come sapete, al Senato, ha disposto come obbiettivo prioritario da conseguire l'applicazione dell'interoperabilità e la sostituzione dei dispositivi token-usb, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica. Contemporaneamente, si è prospettata da più parti l'ipotesi di azzerare radicalmente il Sistri, soluzione che evidentemente non è esente da rilevanti problematiche, perché sulla base del contratto, l'Amministrazione dovrebbe, infatti, in ogni caso, sostenere gli oneri economici delle spese sostenute per realizzare il sistema. Come è noto, infatti, il sistema è autofinanziato dai contributi degli utenti e, ferma restando la disciplina della responsabilità contrattuale per inadempimento prevista dal codice civile, in caso di recesso dal contratto stipulato con la Selex SeMa, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sarebbe comunque tenuto a 30 versare alla Selex un indennizzo corrispondente al valore dell'infrastruttura effettivamente realizzata, laddove il costo non risulti recuperato alla data di anticipata cessazione attraverso il corrispettivo contrattuale. L'entità dell'indennizzo andrebbe notificata dalla società e verificata dal Ministero e, ove non accettata, andrebbe rimessa alla determinazione di un'apposita commissione. Senza considerare, nel quadro complessivo, che con l'azzeramento del Sistri, in assenza di una alternativa da subito operante, verrebbe comunque meno un efficace strumento di controllo e prevenzione nei confronti delle ecomafie. È evidente a tutti che la realtà italiana è connotata da continue e plurime emergenze rifiuti, da continue e comprovate infiltrazioni della criminalità organizzata nel ciclo dei rifiuti. Pertanto, è irrinunciabile che lo Stato si doti di un sistema di tracciamento dei rifiuti di tipo informatico moderno, efficiente, efficace e meno eludibile di quello cartaceo. Lo scopo del Sistri rimane quello di collaborare con le imprese al fine di porre l'Italia al passo con i più evoluti Paesi europei. Quindi, come ho sopra detto, cercando di elencare tutte le problematiche complesse che sono in campo intorno a questa vicenda, il decreto legge n. 91 del 2014, oltre ad introdurre importanti elementi di novità sotto il profilo della semplificazione del Sistri, può essere, a nostro avviso, anche l'occasione per ulteriori miglioramenti del sistema, soprattutto con riferimento alle esigenze di maggiore facilità nell'utilizzo da parte degli utenti. Proprio nella dialettica della conversione, e senza con ciò voler naturalmente invertire l'onere delle responsabilità istituzionali assegnate all'Esecutivo, si potrà utilmente trovare uno spazio, con un dibattito attento e condiviso sulla sorte del contratto Sistri, nella disponibilità del Governo a recepire le indicazioni, anche puntuali, che il Parlamento vorrà fornire. Di seguito i testi delle interrogazioni. TERZONI e altri (M5S) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: nella relazione seguita alla riunione del 10 aprile 2014 dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che ha avuto per oggetto il Sistri, nel capitolo dedicato allo «Stato di attuazione del progetto» si apprende che quanto realizzato da Selex ad oggi (e cioè: centro operativo primario, centro operativo secondario, dispositivi usb, dispositivi black-box e sistemi di monitoraggio dei siti sensibili) non è ancora stato sottoposto a collaudo; questo, per quanto risulta agli interroganti, contrasta con quanto esposto durante l'ultima riunione del tavolo tecnico di monitoraggio e concertazione del Sistri, tenutasi il 20 febbraio 2014, in occasione del quale sono state illustrate le risultanze della commissione di collaudo del Sistri, istituita in base al comma 8 dell'articolo 11 del decreto-legge n. 101 del 2013 con esito positivo; 31 nella stessa relazione, nel capitolo dedicato alla commissione parlamentare di inchiesta, vengono indicate alcune problematiche che la commissione stessa ha evidenziato a conclusione dei propri lavori avvenuta il 4 marzo 2013. In particolare, si legge chiaramente che il peccato originale del progetto viene individuato nella decisione di secretare il progetto, il che ha comportato l'individuazione del soggetto affidatario del servizio senza alcuna scelta comparativa che poteva avvenire in rispetto dell'articolo 17, comma 4, del decreto legislativo n. 163 del 2006. Questo avrebbe provocato una serie di conseguenze concatenate, che hanno coinvolto tutte le fasi dell'avviamento del progetto, dall'affidamento del servizio al contenuto del contratto, fino alla fase esecutiva dello stesso; viene sottolineato che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sin dalle prime fasi, ha avuto rapporti esclusivamente con la Selex, bypassando qualunque tipo di rapporto con altre imprese che potessero presentare le stesse capacità tecniche, economiche e imprenditoriali; analizzando la correttezza della procedura con la quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha sottratto l'affidamento del progetto Sistri alle ordinarie procedure di gara, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture si esprime dichiarando che la procedura «non rientrava a stretto termine di legge nella fattispecie dei contratti secretati disciplinata dall'articolo 17 nell'assetto normativo vigente al tempo dell'affidamento diretto», richiamando, inoltre, i principi contenuti nell'articolo 27 del codice degli appalti, che presuppongono anche per gli appalti secretati il rispetto dei principi di «imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità»; la conclusione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture è riassunta in poche parole: «(...) discendono dubbi sulla validità del contratto stipulato con Selex»; rispondendo all'interpellanza urgente n. 2-00473, a prima firma Terzoni, e in particolare all'ipotesi avanzata dagli interpellanti di sospendere il contratto con Selex, il Sottosegretario Velo ha risposto come segue: «Circa la possibilità di recedere dal contratto con la Selex e procedere con nuovo procedimento amministrativo, anche con l'applicazione di nuove e più efficienti tecnologie, si richiama quanto approfondito precedentemente ai fatti di questa settimana a cui fa riferimento l'onorevole interpellante. In altre parole, l'ipotesi di risoluzione del contratto è stata valutata dall'amministrazione nel 2012, che, a tal fine, ha chiesto uno specifico parere all'Avvocatura generale dello Stato sulla legittimità della complessiva operazione negoziale. Quest'ultimo ufficio ha, però, ritenuto valido e legittimo il contratto con la Selex. Nel parere a suo tempo reso, l'Avvocatura generale dello Stato concludeva per la legittimità dell'affidamento diretto»; il contratto stipulato tra Selex e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, all'articolo 12, «Durata del contratto e trasferimento della proprietà dell'infrastruttura», prevede che 32 il termine della validità del contratto medesimo è fissata al 30 novembre 2014, con possibilità di rinnovo per una durata quinquennale da determinarsi con 24 mesi di anticipo prima della scadenza–: se il Ministro interrogato, alla luce di quanto emerso e segnalato nella relazione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, non ritenga ci siano nuovi e determinanti elementi per rescindere il contratto con Selex; se il Ministro interrogato, considerato che il contratto è in scadenza al 30 novembre 2014 e ad oggi non risulta essere stato rinnovato nei termini previsti, non ritenga necessario e urgente avviare una nuova procedura di affidamento, rispettando quanto previsto nel codice degli appalti con meccanismi che garantiscano trasparenza e legalità, prevedendo nel contenuto del nuovo assetto contrattuale anche l'applicazione di nuove e più efficienti tecnologie; se il Ministro interrogato sia in grado di fornire chiarimenti riguardo al verbale di collaudo del centro operativo primario, del centro operativo secondario, dei dispositivi usb, dei dispositivi blackbox e dei sistemi di monitoraggio dei siti sensibili. (3-00839) CARRESCIA e altri (PD) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: il Sistri, il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, è lo strumento informativo introdotto nell'ordinamento per monitorare i rifiuti pericolosi tramite la loro tracciabilità mediante il trasferimento in formato digitale degli adempimenti documentali in forma cartacea, costituiti dal mud – modello unico di dichiarazione ambientale – dal registro di carico e scarico dei rifiuti e dal fir – formulario di identificazione dei rifiuti; le numerose criticità del sistema sono state oggetto di diversi atti di sindacato ispettivo in sede parlamentare. Il 3 aprile 2014 il Sottosegretario delegato, in risposta all'interrogazione parlamentare n. 5-02535 (degli onorevoli Gadda, Carrescia e altri) sugli sviluppi in termini di collaudo del Sistri, ha dichiarato che la commissione di verifica, istituita il 20 settembre 2013, ha provveduto ad accertare la funzionalità delle tecnologie predisposte rispetto agli obiettivi che l'amministrazione aveva inteso perseguire mediante il contratto e ha verificato essere perfettamente funzionanti le componenti delle infrastrutture centrale e periferica; la commissione ha concluso i lavori il 20 dicembre 2013, rilasciando certificato di conformità del sistema Sistri, sostenendo «l'assenza di difetti e/o carenze tali da precludere l'erogazione dei servizi, nonché la diretta e immediata utilizzabilità della georeferenziazione degli automezzi»; il Sottosegretario delegato si è, tuttavia, riservato di valutare «in modo rigoroso le conseguenti iniziative da assumere in merito», in base alle conclusioni definitive accertate nella sede giudiziaria 33 penale in relazione alle vicende giudiziarie che hanno riguardato la correttezza delle procedure di affidamento, progettazione e realizzazione del Sistri; l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dopo due anni di indagini e relativa istruttoria finale, ha depositato l'8 maggio 2014 la deliberazione n. 10, con la quale, dopo aver ricostruito gli eventi dal 2006, elenca tutte le violazioni e omissioni di ogni tipo commesse in tutto l’iter amministrativo del sistema di tracciabilità dei rifiuti (Sistri); in particolare, dalla dettagliata ricostruzione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture emerge che il 14 giugno 2012 il presidente del comitato di vigilanza e controllo del Sistri aveva valutato il progetto non congruo economicamente, mentre il 26 settembre 2012 l'Avvocatura generale dello Stato riteneva le valutazioni incomplete, in quanto non avrebbero preso in considerazione l'ulteriore sconto del 15,1 per cento concesso da Selex, sconto che, di fatto, avrebbe ridotto la differenza di prezzi pattuiti rispetto a quelli «congrui» ad appena il 4 per cento; in ogni caso l'Avvocatura generale dello Stato, nel parere del 26 settembre 2012, riteneva opportuno acquisire un nuovo parere sulla congruità economica di DigitPA; dalla ricostruzione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture emerge, inoltre, che sono passati meno di 20 giorni tra la presentazione del progetto di massima del Sistri al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da parte della consociata di Finmeccanica Selex e lo stanziamento nella legge finanziaria per il 2007 di ben 5 milioni di euro per la realizzazione del sistema e soltanto 4 giorni lavorativi sono trascorsi tra la richiesta di bozza di contratto della direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (22 dicembre 2008) a Selex e la presentazione da parte di quest'ultima di uno «schema di contratto per l'integrale esecuzione» al Ministero; l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha dichiarato non conforme al codice dei contratti pubblici l'affidamento di tale progetto, in particolare per quanto riguarda la parte di secretazione posta il 23 febbraio 2007 dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro-tempore con livello di riservatezza «segreto»; l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha evidenziato che l'affidamento del progetto Sistri non è conforme all'articolo 17, comma 1, del codice dei contratti pubblici. «L’iter posto in essere – presentazione del progetto preliminare da parte di Selex, secretazione del Sistri, sviluppo del progetto, stipula del contratto – non trova riscontro in alcun modello normativo che disciplina i contratti pubblici, dove la titolarità dell'iniziativa appartiene di norma al committente pubblico (...) “Inoltre si rinvengono consistenti dubbi sulla stessa configurazione del contratto come appalto; infatti, la circostanza che il costo dell'operazione, di 34 fatto, venga sostenuto dagli utenti registrati induce a ritenere che si sia in presenza di una concessione di servizi”»; l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, sulla base delle valutazioni svolte, ha dato mandato per l'invio del provvedimento alla direzione distrettuale antimafia presso la procura della Repubblica di Napoli, alla procura generale della Corte dei conti e al nucleo di polizia tributaria di Napoli, per i profili di competenza; quindi l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha rilevato: a) che l'affidamento a Selex è avvenuto su di un progetto preliminare senza nessuna richiesta formale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e che, pertanto, sorge il dubbio se e tale contratto possa considerarsi appalto. Considerato che il Sistri è finanziato dagli stessi utenti, si potrebbe ritenere che si sia in presenza non di un appalto, bensì di una concessione di servizi; b) l'affidamento non rientrerebbe nel novero dei «contratti secretati», a norma dell'articolo 17 del codice dei contratti pubblici. La secretazione operata dall'amministrazione è, tuttavia, di fatto servita per l'affidamento diretto della gestione del Sistri a Selex; il suddetto contratto con Selex scadrà il 30 novembre 2014 –: quali provvedimenti intenda assumere il Governo in merito al contratto in essere con Selex e se ritenga opportuno assumere iniziative per attivare, in luogo del Sistri, un sistema di tracciabilità idoneo a garantire il controllo di legalità nella movimentazione dei rifiuti, che sia, nel contempo, meno impattante e oneroso per le imprese. (3-00938) REALACCI (PD) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che: come si evince dalle maggiori agenzie di stampa e da vari forum di operatori in rete, che riportano anche la notizia dell'aggravarsi delle inchieste sul gruppo Finmeccanica nei confronti dell’ex presidente Guarguaglini, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dopo due anni di indagini e relativa istruttoria finale, ha depositato l'8 maggio 2014 la deliberazione n. 10, con la quale, dopo aver ricostruito gli eventi dal 2006, si elencano alcune violazioni e illegittimità in merito all’iter amministrativo del sistema nazionale di tracciabilità dei rifiuti (Sistri). La ricostruzione dei fatti connessi al Sistri conduce l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture a dichiarare «non conforme» al codice dei contratti pubblici l'affidamento di tale progetto, in particolare per quanto riguarda la «secretazione» sul progetto stesso: posta nel febbraio 2007 dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore Pecoraro Scanio; 35 la sopra citata deliberazione così recita: «L’iter posto in essere – presentazione del progetto preliminare da parte di Selex Es, secretazione del Sistri, sviluppo del progetto, stipula del contratto – non trova riscontro in alcun modello normativo che disciplina i contratti pubblici, dove la titolarità dell'iniziativa appartiene di norma al committente pubblico, dall'individuazione delle esigenze alla fattibilità dell'intervento, dalla sua definizione alla ricerca del contraente e successiva gestione e controllo della fase realizzativa. Inoltre, si rinvengono consistenti dubbi sulla stessa configurazione del contratto come appalto; infatti, la circostanza che il costo dell'operazione, di fatto, venga sostenuto dagli utenti registrati induce a ritenere che si sia in presenza di una concessione di servizi»; dalla ricostruzione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture risulta, poi, che sono passati, sorprendentemente, meno di 20 giorni tra la presentazione del progetto di massima del Sistri al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare da parte della consociata di Finmeccanica Selex Es e lo stanziamento nella legge finanziaria per il 2007 di ben 5 milioni di euro per la realizzazione del sistema, e soltanto 4 giorni lavorativi sono trascorsi tra la richiesta di bozza di contratto della direzione generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (22 dicembre 2008) a Selex Es e la presentazione da parte di quest'ultima di uno «schema di contratto per l'integrale esecuzione» al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; il carteggio con i rilievi dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture è stata, peraltro, inviato d'obbligo alla direzione distrettuale antimafia presso la procura della Repubblica di Napoli, alla procura generale della Corte dei conti e al nucleo di polizia tributaria di Napoli, che da marzo 2014 sta indagando sul Sistri in merito a fondi neri all'estero, affidamenti illeciti e false fatturazioni; è plausibile, peraltro, ritenere che la deliberazione ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo avrà il suo peso sulla decisione del Ministro interrogato sul prolungamento del contratto in essere, che scadrà il 30 novembre 2014; il Sistri, ovvero il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, nasce con l'idea di attuare una semplificazione del processo di gestione e tracciabilità dei rifiuti (ospedalieri, urbani, speciali e pericolosi). Il Sistri avrebbe dovuto avere il duplice obiettivo di semplificare l’iter di certificazione e tracciabilità dei rifiuti e di rendere trasparente il ciclo di distruzione dei rifiuti, abbattendo i costi sostenuti dalle imprese del settore, ma nella realtà – tra rinvii, stop e modifiche alla normativa – il Sistri non hai mai centrato le aspettative; l'avvio del sopraddetto Sistri è stato, infatti, più volte rinviato e poi sospeso fino al 30 giugno 2013 per motivi di ordine tecnico, legale e gestionale, per poi andare in vigore dal 1o ottobre 2013 solo per chi tratta rifiuti pericolosi; 36 è utile, altresì, ricordare che per il sistema Sistri non è stata mai effettuato alcun collaudo, sebbene previsto dalla normativa vigente sugli appalti pubblici; come ben descritto dal rapporto «Ecomafia 2014», elaborato annualmente da Legambiente, sono 29.274 le infrazioni nel ciclo dei rifiuti accertate nel 2013, più di 80 al giorno, ovvero più di 3 l'ora. Il 22 per cento delle infrazioni ha interessato la fauna, il 15 per cento i rifiuti e il 14 per cento il ciclo del cemento. Il fatturato, sempre altissimo, nonostante la crisi, ha sfiorato i 15 miliardi di euro grazie al coinvolgimento di numerosi clan, ben 321, appartenenti alla più pericolosa criminalità organizzata –: alla luce di quanto sopra descritto, quali iniziative urgentissime intenda mettere in campo il Ministro interrogato per fare luce sulla vicenda Sistri e dare informazioni sulle autorizzazioni date dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a Selex Es; se non ritenga poi utile avviare una nuova procedura di affidamento, rispettando quanto previsto nel codice degli appalti con meccanismi che garantiscano trasparenza e legalità, ribadito che, a fronte dei gravi dati sulle ecomafie del Paese, la tracciabilità dei rifiuti e il loro smaltimento corretto e senza danni per l'ambiente sono assolutamente necessari. (3-00939) REALACCI e GADDA (PD) — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che: come più volte ricordato, secondo i dati dell'ultimo «Rapporto ecomafie» di Legambiente, il giro illegale di rifiuti in Italia è di almeno 4,1 miliardi di euro l'anno, di cui 3,1 derivano da rifiuti speciali e un miliardo dagli appalti della gestione dei rifiuti solidi urbani nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa; le inchieste per traffico organizzato di rifiuti, ex articolo 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono ad oggi oltre 253, con 1.367 ordinanze di custodia cautelari, oltre 4.000 denunce e 698 aziende coinvolte; il Sistri, ovvero Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, nasce con l'idea di attuare una semplificazione del processo di gestione e tracciabilità dei rifiuti (ospedalieri, urbani, speciali e pericolosi). Il Sistri dovrebbe avere il duplice obiettivo di semplificare l’iter di certificazione e tracciabilità dei rifiuti e di rendere trasparente il ciclo di distruzione dei rifiuti, abbattendo i costi sostenuti dalle imprese del settore, ma nella realtà – tra rinvii, stop e modifiche alla normativa – il Sistri non hai mai centrato le aspettative; il predetto sistema si basa sull'utilizzo di due apparecchiature elettroniche: una cosiddetta black box, ovvero un transponder, da montare sui mezzi adibiti al trasporto dei rifiuti per tracciarne i movimenti e un token usb da 4 gigabyte, equipaggiato con un software per autenticazione forte e 37 firma elettronica che viaggia assieme ai rifiuti, su cui sono salvati tutti i dati ad essi relativi; sono obbligati ad aderire a tale sistema di tracciabilità: tutti i produttori iniziali di rifiuti pericolosi; tutti i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, da lavorazioni artigianali, da trattamenti effettuati sulle acque, da trattamento di rifiuti e costituiti da fanghi da abbattimento delle emissioni in atmosfera con più di 10 dipendenti; tutti i trasportatori di rifiuti speciali prodotti da terzi; i trasportatori di propri rifiuti speciali pericolosi; i gestori di impianti di recupero e smaltimento, gli intermediari e i commercianti di rifiuti senza detenzione degli stessi; i comuni e gli enti e le imprese che gestiscono i rifiuti urbani nel territorio della regione Campania; l'avvio del sopraddetto Sistri è stato, infatti, più volte rinviato e poi sospeso fino al 30 giugno 2013 per motivi di ordine tecnico, legale e gestionale, per poi andare in vigore dal 1o ottobre 2013 solo per chi tratta rifiuti pericolosi. Per i produttori di rifiuti, comuni e imprese campane la partenza prevista è il 3 marzo 2014. Per questa serie di piccoli artigiani il Sistri viaggerà in parallelo ai classici adempimenti cartacei costituiti da registri di carico/scarico e formulario di trasporto rifiuti fino al 1o agosto 2014, dopo di che il tracciamento telematico diventerà esclusivo. Mentre per il via al terzo scaglione, costituito da operatori del trasporto intermodale e dagli altri gestori di rifiuti urbani, bisognerà attendere l'adozione degli specifici decreti ministeriali; l'obbligo del Sistri varrà, perciò, anche per diverse categorie di piccoli artigiani, al pari degli altri produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi già obbligati ad utilizzare il sistema informatico per la tracciabilità dei rifiuti pericolosi. Si tratta di carrozzieri, elettrauto, parrucchieri, orafi, se utilizzano acidi, tintorie, lavanderie, impiantisti, fabbri e falegnami, che effettuano anche verniciature, odontotecnici, metalmeccanici, autofficine, tipografie, estetiste; i ripetuti appelli da parte delle associazioni di rappresentanza imprenditoriale volti a modificare la necessità di dotarsi di apparecchiature elettroniche – sul cui numero si basa il corrispettivo riconosciuto al concessionario dal contratto di servizio – non sono stati adeguatamente considerati, nonostante la fattibilità tecnica di semplici modifiche di sistema, ad esempio collegamento in remoto, uso di password e altro; le associazioni di categorie imprenditoriali interessate lamentano il fatto che dalla penultima data di entrata in operatività (quindi dal giugno 2012 al marzo 2014) nulla è stato fatto in termini di diffusione delle apparecchiature, riallineamento del funzionamento delle stesse, approntamento della formazione degli operatori. Il Sistri presenta, pertanto, gli stessi deficit strutturali e conoscitivi che suscitarono tanto allarme nel maggio 2011, quando, con il famoso click day, si appalesò l'impreparazione dell'apparato di assistenza e l'approssimazione dell'intero sistema; dal 1o ottobre 2013 l'entrata in vigore del Sistri ha comportato pesanti rallentamenti nel lavoro di gestori e trasportatori, e, nella peggiore delle ipotesi, un vero e proprio blocco delle attività. Tale 38 situazione, oltre a ripercuotersi sull'attività delle imprese, rischia, soprattutto, di favorire la gestione illegale dei rifiuti, come dimostra il calo dei quantitativi di rifiuti raccolti già riscontrato a seguito dell'operatività di ottobre 2013: nell'ultimo trimestre del 2013 i dati sulla raccolta dei rifiuti mostrano un calo di circa il 20/25 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012; le rilevazioni effettuate nella filiera dalle maggiori associazioni di categoria, dopo la partenza del Sistri il 1o ottobre 2013, indicano che i tempi per tracciare i rifiuti sono aumentati, rispetto al sistema cartaceo, del 1.500 per cento, cui corrispondono costi 20 volte superiori; nella risposta del 17 settembre 2013 all'interrogazione n. 5/00913 presentata dal primo firmatario della presente interrogazione, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pro tempore Andrea Orlando precisava: «In particolare, attraverso una normativa secondaria, verranno individuate ulteriori semplificazioni tese a razionalizzare il sistema di tracciabilità per la gestione e la movimentazione dei rifiuti, in modo da renderlo semplice, efficace e trasparente e senza sovraccarichi organizzativi da parte delle aziende, anche al fine di eliminare gli strumenti più contestati dagli utenti, vale a dire la cosiddetta black box e la chiavetta usb. La semplificazione si pone anche in una prospettiva di progressiva riduzione dei costi a carico degli utenti e di aumento dei servizi ad essi offerti, anche mediante la possibilità che la piattaforma informatica del Sistri confluisca in un sistema informativo più ampio a servizio della pubblica amministrazione. Nella consapevolezza che un sistema informatico non è mai perfetto ab initio, ma senz'altro perfettibile alla luce della sua applicazione pratica, non solo è stata prevista una prima semplificazione in fase transitoria, ma dopo questa sono previste semplificazioni periodiche, previa consultazione degli utenti, al fine di adeguare il sistema all'evoluzione tecnologica e alle esigenze via via manifestate dagli utenti, con una logica di work in progress (...). Una particolare attenzione è stata posta al sistema sanzionatorio in fase di prima applicazione del Sistri, al fine di attenuare gli effetti derivanti dall'operatività di un nuovo sistema da parte degli operatori, prevedendo una soglia di tre violazioni consentite, oltre la quale verrà applicata la sanzione stessa. Alla luce delle osservazioni già pervenute da parte delle associazioni, vi è la disponibilità del Ministro dell'ambiente a ampliare ulteriormente, in sede di emendamenti al decreto-legge, la soglia di non punibilità, purché si tratti di illeciti colposi, mentre non possono consentirsi deroghe alla punibilità di illeciti dolosi (quale ad esempio la consapevole e voluta non iscrizione al sistema)»; la motivazione con la quale i Ministri interrogati continuano a giustificare l'ineluttabilità del Sistri è quella del danno erariale per violazione del contratto con Selex spa, che si determinerebbe qualora il Sistri venisse superato a favore di un sistema più agile per le imprese operatrici. Tale condizione non solleva le importanti responsabilità del decisore pubblico sui costi e le difficoltà del sistema verso le imprese obbligate all'adesione al Sistri –: 39 se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano valutare una rapida iniziativa normativa per il superamento del Sistri, sostituendolo con nuovi criteri da affidare poi a normativa secondaria, e, pur mantenendo, nel frattempo, il sistema esistente, se non ritengano utile intervenire da subito affinché si garantisca una maggiore efficacia del Sistri, considerata anche l'urgenza di dare una soluzione efficace al problema del contrasto allo smaltimento illegale di rifiuti; se non ritengano utile censire e integrare i vari sistemi già esistenti al livello regionale; se essi intendano poi adottare per il nuovo sistema di tracciabilità informatizzata gli indirizzi indicati unanimemente dalle 31 organizzazioni delle imprese interessate e se non sia, altresì, utile che nella progettazione, sperimentazione e miglioramento del nuovo sistema siano coinvolte le organizzazioni delle imprese e ugualmente che si prevedano misure di semplificazione, per determinate categorie, sulla base dell'individuazione di esigenze obiettive di tutela ambientale; se i Ministri interrogati non ritengano più utile che il nuovo sistema di tracciabilità entri completamente in funzione solo dopo essere stato efficacemente collaudato. (3-00940) 40 SENATO Interrogazione a risposta in 10a Commissione permanente (Industria, commercio, turismo): sulle relazioni commerciali instaurate da Enel con la Drummond e la Glencore-Prodeco, aziende minerarie della Colombia, accusate di problemi ambientali e violazione dei diritti umani, sui chiarimenti circa i partner commerciali di Enel e sulle modalità con cui entrano in relazione con l'utility energetica PUPPATO e altri (PD) - Ai Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico - Premesso che: da un rapporto dell'istituto di ricerca olandese SOMO "Colombian Coal in Europe - Imports by Enel as a case study" commissionato dall'organizzazione non governativa Greenpeace e ripreso da "il Fatto Quotidiano" risulta che Enel acquisti importanti quantitativi di carbone colombiano dalla statunitense Drummond e dalla svizzera Prodeco, di proprietà di Glencore; sul punto Enel ha risposto con una nota in cui non ha smentito l'esistenza di rapporti commerciali con le suddette società garantendo una verifica delle accuse mosse nel rapporto SOMO; considerato che: Enel SpA è un ente di diritto privato, controllato al 31 per cento dal Governo che ne detiene il potere di nomina del management e ricopre pertanto un importante ruolo anche di rappresentanza del nostro Paese; l'esistenza di contratti in essere tra Enel, Drummond e Prodesco (rilevati dall'istituto olandese constatando le rotte di navi mercantili partite dai porti colombiani a Civitavecchia (Roma), La Spezia e Venezia con carichi di centinaia di migliaia di tonnellate di carbone ascrivibili alle 2 multinazionali estrattive) sono ritracciabili sul sito istituzionale di ENEL solo a seguito del rapporto SOMO; ciò contrasta con quanto contenuto nel codice etico di Enel che prevede la totale trasparenza nei confronti degli stakeholder, quindi, in primis, del Governo e dei consumatori; sia Drummond che Prodeco sono al centro, almeno dal 2001, di indagini giudiziarie e giornalistiche, sia in Colombia che negli Stati Uniti per il loro atteggiamento "spregiudicato" nei confronti della tutela ambientale e per aver violato diverse volte i diritti sindacali ed umani, sottoponendo i rappresentanti dei lavoratori e gli abitanti delle zone di confine con le miniere a torture, arrivando fino all'assassinio ripetuto di quanti si opponessero alle condizioni di lavoro nelle miniere o facessero emergere le crisi ambientali di tali siti; 41 in particolare, secondo fonti quali BBC e Reuters, entrambe le compagnie si sarebbero macchiate di crimini ambientali particolarmente gravi e intratterrebbero rapporti di reciproco scambio con l'United self defence force of Colombia e altre milizie paramilitari colombiane; considerato, inoltre, che: nel giugno 2011 Enel ha fondato, assieme ad altre 10 grandi compagnie europee, il Bettercoal, organo di autocontrollo che dovrebbe perseguire un orientamento di tutela dell'ambiente e dei lavoratori in tutte le fasi della lavorazione del carbone, con precise indicazioni anche per quanto riguarda i fornitori e i clienti delle compagnie energetiche stesse; Enel, come le altre utility europee, ha un ritorno di immagine ed acquisisce un valore aggiunto dalla partecipazione a Bettercoal e dall'approvazione di codici etici interni che si riversano sull'immagine dell'Italia all'estero in modo positivo o negativo a seconda che i parametri scelti siano effettivamente rispettati o meno, si chiede di sapere: se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto contenuto nel rapporto "Colombian Coal in Europe - Imports by Enel as a case study" redatto da SOMO e diffuso da Greenpeace e quali siano le loro valutazioni in merito; se siano a conoscenza di quali siano tutti i partner commerciali di Enel e sulle modalità con cui entrano in relazione con l'utility energetica; tenuto conto del recente cambio di governance interna ad Enel, se non si ritenga di dover monitorare l'effettivo e rapido svolgimento delle verifiche che ENEL si è impegnata a svolgere, riferendo in Parlamento sui risultati raggiunti e sulle decisioni conseguentemente adottate. (3-01098) Interrogazione a risposta orale: sui procedimenti di valutazione di impatto ambientale sui progetti di centrali solari termodinamiche in Sardegna SERRA e altri (M5S) - Ai Ministri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Premesso che: lo scopo dell'energia rinnovabile è quello di rendere autonomi e autosufficienti i territori, le famiglie e le piccole e medie imprese dai gestori nazionali più o meno unici; per questi motivi il Movimento 5 Stelle propugna una forma di distribuzione orizzontale e non verticistica dell'energia elettrica. Una centrale da 50 megawatt, sebbene termodinamica, produce energia centralizzata che, 42 successivamente, un unico gestore/proprietario dovrà distribuire e vendere in maniera verticistica, anche a migliaia di chilometri rispetto al luogo di produzione; a parere degli interroganti si tratta, a ben vedere, di operazioni, ragionevolmente, di carattere speculativo. Sarebbe preferibile, in un'ottica realmente lungimirante, promuovere piccoli impianti necessari e sufficienti a soddisfare le esigenze dei territori, in luogo dei grandi distributori di energia, scongiurando, altresì, il consumo del suolo, da impiegare preferibilmente in attività rurali. L'energia prodotta, peraltro, spesso al di sopra del fabbisogno nazionale, viene "buttata a mare" in quanto non accumulata, ciò, evidentemente, a vantaggio della produzione di energia derivante da fonti fossili; con istanza pubblicizzata sul quotidiano regionale "La Nuova Sardegna" del 29 novembre 2013, è stato avviato il procedimento di Valutazione di impatto ambientale (VIA) relativo al progetto di centrale solare termodinamica a concentrazione denominato "Flumini Mannu e opere connesse", presentato dalla società Flumini Mannu ltd, avente sede legale a Londra e sede fiscale a Macomer, nelle località Riu Porcus, Su Pranu, nei Comuni di Decimoputzu e Villasor (Cagliari), che interessa 269 ettari per una potenza complessiva lorda pari a 55 megawatt elettrici. In particolare il progetto prevede la realizzazione di una centrale solare termodinamica (Concentrating Solar Power) costituita da un campo solare formato da collettori parabolici lineari, di un impianto pilota di desalinizzazione e della connessione elettrica in alta tensione (150 chilowatt) fra la centrale e la cabina primaria Villasor 2; un analogo progetto ubicato nel medesimo sito, denominato Impianto solare termodinamico da 50 MWe - Flumini Mannu, nel Comune di Villasor (Cagliari) in località Riu Porcus e Su Pranu (Società proponente Energo Green Renewables Srl), era stato sottoposto a verifica di assoggettabilità con deliberazione della Giunta regionale n. 5/25 del 29 gennaio 2013 e tale procedimento di screening si era concluso con la Deliberazione n. 5/23 del 29 gennaio 2013, con decisione di svolgere il successivo e vincolante procedimento di VIA di competenza regionale; con la pubblicizzazione di cui sopra, si è data comunicazione che il progetto relativo alla centrale solare termodinamica a concentrazione "Flumini Mannu" viene sostanzialmente sottratto alla procedura di competenza regionale, prevista dalla Legge regionale n. 9 del 12 giugno 2006, art. 48 della Regione autonoma della Sardegna e successiva Deliberazione n. 34/33 del 7 agosto 2012, ed assoggettato a procedimento di VIA di competenza nazionale in quanto ricadente nell'ipotesi di "Installazioni relative a centrali termiche e ad altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW termici" (decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, Allegato II alla parte seconda, punto 2); considerato che, a parere degli interroganti: 43 il sopra indicato inquadramento appare evidentemente errato nell'ambito di numerosi presupposti procedimentali di seguito descritti; gli articoli pubblicati sul quotidiano "II Sole-24 Ore", nelle edizioni del 27 novembre 2013 ("Sardegna, il futuro in 24 scatoloni") e del 2 ottobre 2013 ("Un miliardo bloccato nei cassettì") evidenziano che il progetto rientrerebbe in un più ampio programma artatamente considerato quale unico intervento. Il Gruppo Angelantoni in sinergia con la giapponese Chivoda Corporation avrebbe avviato il progetto Archimede Solar Energy (ASE). La società si propone la realizzazione di ben 4 centrali solari termodinamiche a concentrazione per complessivi 389 megawatt termici a Flumini Mannu, fra Villasor e Decimoputzu (55 megawatt elettrici di potenza, 269 ettari interessati); a Campu Giavesu, in Comune di Cossoine (50 megawatt elettrici di potenza, 160 ettari interessati); nei terreni agricoli fra Giave e Bonorva (50 megawatt elettrici di potenza, 235 ettari interessati); in località Pauli Cungiau agro di Gonnosfanadiga (50 megawatt elettrici, 211 ettari interessati). Gli articoli riferiscono di un miliardo di euro di investimenti e 5.000 posti di lavoro diretti e indiretti calcolati in base a criteri non specificati; tali progetti di centrali solari termodinamiche a concentrazione sono già stati sottoposti singolarmente a rispettiva procedura di verifica di assoggettabilità (direttiva n. 2011/92/UE, art. 20 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni, art. 31 della Legge regionale n. 1 del 1999 e successive modificazioni e integrazioni, deliberazione Giunta Regionale n. 34/33 del 7 agosto 2012, allegato B) di competenza regionale, su proposta di soggetti imprenditoriali diversi (in particolare la EnerqoGreen Renewables Srl, controllata dalla Fintel Energia Group SpA). Tutte le rispettive procedure di verifica di assoggettabilità, ad eccezione del progetto Gonnosfanadiga Guspini archiviato per mancati adempimenti della proponente, si sono concluse con la decisione di far svolgere, con i dovuti approfondimenti, la successiva e vincolante procedura di VIA, sempre di competenza regionale, proprio per il pesante impatto sull'ambiente e le risorse del territorio interessato; appare del tutto palese che trattasi di progetti relativi a siti distanti centinaia di chilometri l'uno dall'altro, risultando concretamente impossibile considerarli un "progetto unico" per evidenti ragioni di carattere fisico. Inoltre, nel procedimento di VIA in questione sarebbe preso in considerazione l'unico sito di Villasor-Decimoputzu, per cui, anche a voler accettare l'ipotesi del "progetto unico", ci si troverebbe di fronte alla mancata considerazione unitaria dei 4 siti individuati al fine di verificarne gli impatti cumulativi, come da giurisprudenza costante (Corte di Giustizia CE, Sez. III, 25 luglio 2008, n. 142; Corte di Giustizia CE, Sez. II, 28 febbraio 2008, causa C-2/07; Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 giugno 2004, n. 4163; T.A.R. Sardegna, sez. II, 30 marzo 2010, n. 412); 44 inoltre, valutando l'ipotesi del "programma o piano" unitario concernente 4 progetti di centrali solari termodinamiche a concentrazione, questo dovrebbe essere sottoposto a preventivo e vincolante procedimento di Valutazione ambientale strategica (VAS), in quanto la VAS, prevista dalla direttiva n. 2001/42/CE, interessa piani e programmi aventi effetti sensibili diretti ed indiretti sull'ambiente e le varie componenti ambientali (T.A.R Marche, sez. I, 4 marzo 2010, n. 100; T.A.R. Campania, NA, sez. I, 14 aprile 2008, n. 2135) ed è disciplinata nell'ordinamento nazionale dagli artt. 12 e seguenti del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni. Inoltre tale procedura di VAS si renderebbe comunque necessaria per ciascun singolo intervento, essendo essenziale procedere ad una contestuale variante, sostanziale, allo strumento urbanistico (legge n. 4 del 2009); la conclusione del procedimento di VAS è precedente e vincolante all'approvazione definitiva e all'efficacia dei piani e programmi ad essa assoggettati. Difatti, "la valutazione ambientale strategica è avviata dall'autorità procedente contestualmente al processo di formazione del piano o programma" (art. 11, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006). Per di più "la fase di valutazione è effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua approvazione o all'avvio della relativa procedura legislativa. Essa è preordinata a garantire che gli impatti significativi sull'ambiente derivanti dall'attuazione di detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione" (art. 11. comma 3, del decreto legislativo n. 152 del 2006), come da giurisprudenza (T.A.R. Lombardia, BS, sez. I, 14 dicembre 2009, n. 2568). Fondamentale è la fase della consultazione del pubblico con le specifiche modalità definite dall'art. 14 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni; l'art. 11, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, recita "la VAS costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge"; se si ricade nell'ipotesi che lo specifico impianto debba considerarsi dotato di una potenza superiore ai 300 megawatt termici, e pari a 440 megawatt termici, secondo quanto riportato nella Relazione tecnica-descrittiva del progetto, vi è da osservare che gli elementi di calcolo assunti a base di tale classificazione appaiono del tutto incongruenti con le disposizioni normative. Infatti la potenza termica citata nel progetto costituisce la potenza termica del campo solare in quanto a fondamento del relativo calcolo sono stati posti il fattore di irraggiamento (DNl) e il rendimento dei collettori e degli specchi. Di fatto solo una parte ridotta dell'energia termica raccolta dal campo solare viene utilizzata per il funzionamento del generatore di vapore e quindi successivamente trasformata in 45 energia elettrica. Qualora si voglia procedere ad un confronto coerente tra dati numerici normativi e progettuali, dovrebbe farsi riferimento alla potenza disponibile alla bocca del generatore di vapore affinché possa essere istituito un confronto tecnicamente congruente tra la soglia di potenza termica quale quella definita in 300 megawatt termici dal decreto legislativo n. 152 del 2006 (allegato II alla parte seconda, punto 2) per l'accesso alla VIA di competenza nazionale con quella dispiegabile dalla Centrale termodinamica in oggetto, atteso che il citato disposto normativo fa riferimento esplicito a Centrali termoelettriche. Ne consegue che qualora si assuma a base del calcolo la potenza di 55 megawatt elettrici, dichiarata dalla proponente per l'impianto TDS/CSP (Termodinamico Solare a Concentrazione) e un rendimento del ciclo termodinamico pari a 0,4, ordinariamente assunto a base dei calcoli delle centrali termoelettriche, se ne ricava che a monte del generatore di vapore si rende disponibile una potenza termica pari a circa 140 megawatt termici, valore che singolarmente coincide con la potenza termica dichiarata in alcune delle relazioni tecniche allegate ai progetti di Centrali termodinamiche in Sardegna depositati dal gruppo Energogreen per la procedura di Verifica di assoggettabilità regionale; non essendo riscontrata la condizione che la singola centrale di Flumini Mannu abbia una potenza superiore a 300 megawatt termici, se ne deve dedurre che il procedimento di VIA debba essere di competenza della Regione Sardegna così come disposto dal decreto legislativo n. 152 del 2006, secondo la procedura correttamente avviata dalla proponente con l'accesso alla Verifica di assoggettabilità, procedura da cui senza fondati motivi giuridici si intende discostarsi, indirizzando la stessa sul binario della VIA nazionale. Diversamente, qualora si volesse considerare l'intervento unitario con gli altri progetti esso dovrebbe essere, ope legis, sottoposto nella sua intrinseca cumulabilità con i rimanenti a procedura di VAS e successivamente per ciascun impianto dovrà comunque essere attivata la procedura di VIA; si rileva la mancata pubblicazione dell'avviso di deposito del progetto, del progetto medesimo e del relativo Studio di impatto ambientale (SIA) sul sito internet istituzionale del Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del Mare ancora alla data del 24 gennaio 2014, in violazione dell'art. 24, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, inficiando conseguentemente la corretta possibilità di visione, esame, elaborazione di atti di "osservazioni" da parte del pubblico per il periodo di tempo di 60 giorni decorrenti dalla pubblicazione dell'avviso di avvio del procedimento di VIA sui prescritti quotidiani; per quanto riguarda il profilo della pianificazione, con delibera del 5 settembre 2006, n. 37/6 "LR. n. 8 del 25 novembre 2004. art. 2, comma 1, Approvazione del Piano Paesaggistico - Primo Ambito Omogeneo", la Giunta regionale della Sardegna ha adottato il Piano paesaggistico regionale (PPR) relativo al primo ambito omogeneo - Area Costiera. Le aree interessate dalle opere in progetto 46 insistono su ambiti cartografati definiti "Aree ad utilizzazione agro-forestale" e interessati dalla presenza di Colture erbacee specializzate, aree agroforestali, aree incolte. Pur non ricadendo le aree all'interno di alcun Ambito specifico per i quali sono stati forniti dal PPR precisi indirizzi, essendo gli Ambiti del PPR definiti nella sola fascia costiera, per tali Aree gli artt. 28, 29 e 30 delle Norme tecniche di Attuazione (NTA) prescrivono quanto segue: "Art. 28 - Aree ad utilizzazione agroforestale. Definizione. 1. Sono aree con utilizzazioni agro-silvo pastorali intensive, con apporto di fertilizzanti, pesticidi, acqua e comuni pratiche agrarie che le rendono dipendenti da energia suppletiva per il loro mantenimento e per ottenere le produzioni quantitative desiderate. 2. In particolare tali aree comprendono rimboschimenti artificiali a scopi produttivi, oliveti, vigneti, mandorleti, agrumeti e frutteti in genere, coltivazioni miste in aree perturbane, coltivazioni orticole, colture erbacee incluse le risaie, prati sfaldabili irrigui, aree per l'acquicoltura intensiva e semiintensiva ed altre aree i cui caratteri produttivi dipendono da apporti significativi di energia esterna. 3. Rientrano tra le aree ad utilizzazione agro-forestale le seguenti categorie: a. colture arboree specializzate; b. impianti boschivi artificiali; e. colture erbacee specializzate; art. 29- Aree ad utilizzazione agro-forestale. Prescrizioni 1. La pianificazione settoriale e locale si conforma alle seguenti prescrizioni: a) vietare trasformazioni per destinazioni e utilizzazioni diverse da quelle agricole di cui non sia dimostrata la rilevanza pubblica economica e sociale e l'impossibilità di localizzazione alternativa, o che interessino suoli ad elevata capacità d'uso, o paesaggi agrari di particolare pregio o habitat di interesse naturalistico, fatti salvi gli interventi di trasformazione delle attrezzature, degli impianti e delle infrastrutture destinate alla gestione agroforestale o necessarie per l'organizzazione complessiva del territorio, con le cautele e le limitazioni conseguenti e fatto salvo quanto previsto per l'edificato in zona agricola di cui agli articoli 79 e successivi, b) promuovere il recupero delle biodiversità delle specie locali di interesse agrario e delle produzioni agricole tradizionali, nonché il mantenimento degli agrosistemi autoctoni e dell'identità scenica delle trame di appoderamento e dei percorsi interpoderali, particolarmente nelle aree perturbane e nei terrazzamenti storici; e) preservare e tutelare gli impianti di colture arboree specializzate; Art. 30 - Aree ad utilizzazione agro-forestale. Indirizzi 1. La pianificazione settoriale e locale si conforma ai seguenti indirizzi: armonizzazione e recupero, volti a: migliorare le produzioni e i servizi ambientali dell'attività agricola; riqualificare i paesaggi agrari; ridurre le emissioni dannose e la dipendenza energetica; mitigare o rimuovere i fattori di criticità e di degrado. 2. Il rispetto degli indirizzi di cui al comma 1 va verificato in sede di formazione dei piani settoriali o locali, con adeguata valutazione delle alternative concretamente praticabili e particolare riguardo per le capacità di carico degli ecosistemi e delle risorse interessate."; 47 la realizzazione di un impianto TDS (Termodinamico Solare) in area agricola appare in evidente contrasto anche con le disposizioni (articoli 1 e 15) e la Disciplina transitoria di cui all'art 69 delle Norme tecniche di attuazione del nuovo Piano paesaggistico regionale della Sardegna approvato con delibera della Giunta Regionale n. 45/2 del 25 ottobre 2013. Il Piano "riconosce infatti meritevole di tutela il paesaggio rurale e persegue il primario obiettivo di salvaguardarlo, di preservarne l'identità e le peculiarità", garantisce inoltre "l'introduzione di norme volte al conseguimento di tali finalità, con obiettivo di coniugare l'utilizzo razionale del territorio agricolo con la salvaguardia e la tutela dei paesaggi agrari". 'Il Piano Paesaggistico Regionale si propone come strumento finalizzato anche ad orientare le trasformazioni verso forme compatibili con il principio del minimo consumo di suolo e il rispetto della vocazione dei suoli; il PPR nella sua revisione e aggiornamento, pone particolare attenzione al bene paesaggistico fascia costiera, all'interno della quale le azioni di trasformazione vengono disciplinate contemperando il fatto che costituisce sia una risorsa da salvaguardare sia una risorsa strategica per lo sviluppo sostenibile del territorio regionale [...] Inoltre, il PPR tutela il paesaggio rurale perseguendo il primario obiettivo di salvaguardarlo, di preservarne l'identità e le peculiarità..."; dalla lettura delle NTA risulta evidente che la destinazione e l'intervento previsti dal progetto sono in aperto contrasto con le previsioni del PPR; gli elementi vincolanti sopra citati, imposti da uno strumento di pianificazione territoriale di coordinamento, quale il Piano Paesaggistico risulta essere ai sensi dei vigente Codice dei Beni culturali, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, sono del tutto ignorati e sottaciuti nell'ambito della Relazione paesaggistica, la quale elude anche la citazione di specifici vincoli paesaggistici. Nell'area è presente infatti il Rio Gora Manna, rientrante nell'elenco delle acque pubbliche (regio decreto n. 1775 del 1933 e successive modificazioni e integrazioni), quindi le relative fasce spondali dei 150 metri sono tutelate con vincolo paesaggistico (art. 142, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni), analogamente alle sponde dei corsi d'acqua Canale Riu Nou, Gora S'Acqua Frisca, Riu Porcus, tutelate dall'art. 143 del decreto legislativo n. 42 del 2004 e s.m.i. per effetto dell'art. 17, comma 3, lettera h), delle norme tecniche di attuazione del piano paesaggistico regionale (P.P.R. - 1° stralcio costiero), esecutivo con decreto del Presidente della Repubblica del 7 settembre 2006, n. 82; relativamente al Piano urbanistico comunale il Comune di Villasor dispone di un Programma di fabbricazione comunale, secondo il quale i mappali su cui ricade l'impianto si trovano, per tutta la loro superficie, in un'area classificata come "Zona E". In base a quanto riportato nelle NTA del Piano, all'art. 20, le zone omogenee "E" (agricole-pastorali) sono costituite dalle parti di territorio destinate ad uso agricolo ed agro-pastorale, ivi compresi gli edifici, le attrezzature e gli impianti ad 48 essi connessi e per la valorizzazione dei prodotti di tali attività. Il Comune di Decimoputzu dispone di un Piano urbanistico comunale (PUC), secondo il quale i mappali su cui ricade l'impianto si trovano, per tutta la loro superficie, in un'area classificata come "Zona E", e più precisamente nella "Sottozona E5". In base a quanto riportato nelle NTA, all'art. 13, le zone omogenee "E" sono destinate all'agricoltura, alla pastorizia, alla zootecnia, all'itticoltura, alle attività di conservazione e di trasformazione dei prodotti aziendali, all'agriturismo, alla silvicoltura e alla coltivazione industriale del legno. Inoltre ai sensi del decreto del presidente della Giunta regionale della Regione autonoma della Sardegna n. 228 del 3 agosto 1994 (Direttive per le zone Agricole), le zone "E" del territorio comunale sono suddivise in sottozone. La sottozona E5 viene identificata come "aree marginali per l'attività agricola nelle quali viene ravvisata l'esigenza di garantire condizioni adeguate di stabilità ambientale"; la centrale TDS risulta in palese contrasto con gli strumenti di pianificazione comunale dei Comuni di Villasor e Decimoputzu. In merito a quanto sostenuto nella Relazione paesaggistica allegata al progetto secondo la quale "L'opera proposta appare coerente con quanto descritto in quanto, ai sensi del comma 7, art. 12 del decreto legislativo 387 del 2003, la costruzione delle centrali solari termodinamiche, impianti a fonte rinnovabile, è ammessa nelle zone classificate agricole dai piani comunali vigenti" si ritiene che la stessa non abbia alcun fondamento giuridico. La citata normativa stabilisce infatti che "gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c) [ovvero gli impianti a "fonte rinnovabile"] possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti strumenti urbanistici", tale formulazione di potenzialità non può intendersi come norma atta a legittimare aperte violazioni di strumenti di pianificazione preesistenti, ma potrebbe condurre ad una eventuale adozione di Variante agli strumenti di pianificazione in iure, secondo le procedure previste dalle leggi esistenti e non costituendo la norma stessa una variante de facto. Inoltre, alla Regione Sardegna, godendo la stessa di uno Statuto speciale, competono poteri legislativi esclusivi in materia urbanistica che non possono trovare contrazioni anche in forza di norme nazionali e in merito a tale materia la Regione Sardegna ha legiferato con legge n. 4 del 2009. In proposito secondo l'art. 13-bis della legge Regionale n. 4 del 2009 e successive modificazioni e integrazioni, l'art. 3 del decreto del Presidente della Giunta regionale del 3 agosto 1994, n. 228 (Direttive per le zone agricole, criteri per l'edificazione nelle zone agricole) e un indirizzo giurisprudenziale costante, nelle zone agricole "E" degli strumenti urbanistici comunali, possono essere autorizzati soltanto interventi relativi ad attività agricole e/o strettamente connesse (Cass. Pen. sez. III, 9 marzo 2012, n. 9369), non per attività di produzione energetica di tipo industriale come quella in progetto, slegata da attività agricole in esercizio nel sito; 49 per quanto riguarda il Piano energetico ambientale regionale approvato dalla Giunta regionale con Deliberazione n. 34/13 de 12 agosto 2006, e la successiva direttiva n. 31/43 del 20 novembre 2011 di indirizzo politico per la redazione di un nuovo PEARS (Piano Energetico Ambientale Regione Sardegna), si conferma che gli impianti con tecnologia solare termodinamica, ancorché antieconomici, debbano essere localizzati in ambiti già interessati da insediamenti industriali e individua come possibili siti le località di Cagliari-Macchiareddu ed Ottana. Tale indirizzo viene confermato al paragrafo 1.2 (Principali obiettivi): c) La tutela ambientale. La Regione, in armonia con il contesto dell'Europa e dell'Italia, ritiene di particolare importanza la tutela ambientale, territoriale e paesaggistica della Sardegna, pertanto gli interventi e le azioni del Sistema Energetico Regionale devono essere concepite in modo da minimizzare l'alterazione ambientale; in coerenza con questa impostazione tutti gli impianti di conversione di energia, inclusi gli impianti di captazione di energia eolica, fotovoltaica e solare aventi estensione considerevole per la produzione di potenza elettrica a scala industriale, devono essere localizzati in siti compromessi preferibilmente in aree industriali esistenti e comunque in coerenza con il Piano paesaggistico regionale; delle condizioni suddette nessuna è soddisfatta dall'impianto di Flumini Mannu che risulta concepito nell'esclusiva ottica del perseguimento dell'obiettivo dello sfruttamento della risorsa energetica e quindi indirizzato al raggiungimento del massimo profitto, prescindendo da ogni considerazione in merito all'impatto con i valori naturalistici e ambientali; limitatamente al profilo ambientale il progetto prevede il radicale stravolgimento del paesaggio e del suolo agricolo interessati, come già evidenziato dalla deliberazione Giunta regionale n. 5/25 del 29 gennaio 2013 conclusiva del procedimento di verifica di assoggettabilità relativo ad analogo progetto sul medesimo sito, che nello specifico osserva che "la distribuzione spaziale del complesso di specchi costituisce di fatto una sostituzione totale dell'attuale paesaggio agrario, con una notevole modifica degli elementi geografici caratteristici, come le sponde dei corsi d'acqua vincolati e i compluvi presenti all'interno del lotto" e che "le colture agrarie di tipo estensivo, prive di barriere visuali, rendono ampia distesa di specchi notevolmente impattante da numerosi campi visuali; non si tiene conto dell'andamento plano-altimetrico dei sito, dove si prevede di installare gli specchi, generando una modificazione orografica su una estensione notevole di territorio". Nonché si evidenziano "alterazione della morfologia naturale dei luoghi e irreversibili interferenze con gli elementi caratteristici dell'area agricola interessata; notevole impatto sull'uso del suolo e di natura paesaggistica, considerati anche gli effetti cumulativi con altri impianti similari proposti nelle aree circostanti, non presi peraltro in considerazione nella documentazione presentata; necessità di opere di sistemazione altimetrica, che per quanto definite 'non ingentì, non sono state definite con un 50 rilievo morfologico adeguato che consenta dì stimare con sufficiente precisione i quantitativi di terre e rocce da scavo da movimentare; rilevanti impatti sulla risorsa suolo, peraltro non presi in considerazione. Si fa presente a questo proposito che l'area d'intervento ha storicamente una forte attitudine all'uso agricolo, e che gli impatti su tale risorsa necessitano di una valutazione approfondita, supportata da analisi in situ, che il proponente non ha affrontato"; nel progetto gli impatti ambientali vengono genericamente descritti in modo elusivo e del tutto sottostimati, in particolare non vengono presi in considerazioni gli effetti di seguito esposti sulle matrici ambientali quali: a) l'alterazione del microclima dell'ecosistema connesso all'inevitabile innalzamento della temperatura dell'aria conseguente all'adozione del sistema di raffreddamento diretto a torri, i cui effetti termici andrebbero a cumularsi a quelli derivanti dall'irraggiamento solare sugli specchi parabolici del campo solare; b) l'incremento del consumo idrico, che stimato pari a 150.000 metri cubi annui appare del tutto insufficiente per i fabbisogni previsti per le centrali solari termodinamiche aventi potenza complessiva di 55 megawatt elettrici. Per quanto concerne la disponibilità della risorsa idrica necessaria la Relazione formula esclusivamente ipotesi di approvvigionamento dalla rete idrica esistente, ma nel contempo vi si asserisce che il Consorzio di Bonifica della Sardegna meridionale non è in grado di assicurare la fornitura richiesta (pag. 187 della Relazione tecnica). Tale criticità lascia supporre che in fase esecutiva si dovrà necessariamente procedere alla realizzazione di bacini di raccolta idrica di notevole dimensioni e all'ipotizzabile ricorso alle risorse idriche di falda mediante la trivellazione di pozzi, essendo peraltro la quantità di acqua fornita dal dissalatore irrisoria e il sistema di approvvigionamento non sostenibile e antieconomico; c) il consumo di suolo con l'occupazione di una vasta superficie sottratta all'uso agricolo, che intensifica il processo di soil sealing con una perdita di servizi ecosistemici e il conseguente depauperamento di un territorio con infrastrutture tipiche di aree industriali e con compromissione irreversibile delle peculiarità pedomorfologiche essenziali allo sviluppo dell'economia agropastorale isolana. Va in proposito evidenziato che il territorio sardo per le specifiche caratteristiche geomorfologiche e pedologiche limita alle zone dei due Campidani la possibilità di pratiche agricole estensive. Ne consegue che l'occupazione di una così cospicua parte di territorio da parte di opifici industriali verrebbe a pregiudicare ogni possibilità di poter nel futuro conseguire un'autonomia alimentare a scala regionale; in un areale di limitata estensione quale quello del Medio Campidano sono stati realizzati e proposti un rilevante numero di impianti ad energie rinnovabili nonché richieste di ricerca per un futuro sfruttamento delle risorse derivanti da fonti geotermiche e da idrocarburi. Al momento attuale non esiste uno studio che prenda in esame la cumulabilità degli effetti derivanti da tali interventi, i cui progetti vengono individualmente indirizzati ed esaminati solo nell'ambito delle procedure di VIA, 51 mentre in forza di quanto disposto dal decreto legislativo n. 152 del 2006 tale aspetto dovrebbe preliminarmente essere preso in esame nell'ambito della procedura di VAS considerato infine che, risulta agli interroganti; al fine di tutelare e salvaguardare quanto resta del patrimonio paesaggistico e ambientale della Sardegna e per impedire che vengano pregiudicate per sempre risorse ambientali da destinarsi al turismo responsabile e alla produzione agricola, il 3 maggio 2013 le associazioni ambientaliste Italia Nostra e WWF Sardegna hanno presentato un articolato documento alla Regione autonoma della Sardegna chiedendo l'avvio di una moratoria immediata delle installazioni di tutte le centrali per la produzione di energie rinnovabili, ad esclusione degli impianti che producono l'energia per il proprio fabbisogno aziendale o domestico, almeno fino a quando non sia operativo un PEARS che tenga conto delle installazioni realizzate, del reale fabbisogno energetico dell'isola e della avvenuta sostituzione degli impianti alimentati da fonti con combustibili fossili con quelli a fonti rinnovabili, si chiede di sapere: se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative di competenza intendano assumere affinché vengano considerate e valutate nell'ambito del suddetto procedimento di valutazione di impatto ambientale le criticità esposte relativamente ai dettati dell'art. 24, commi 4 e 5 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'art. 3 della legge n. 241 del 1990; quali urgenti iniziative, nei limiti delle proprie attribuzioni, intendano adottare perché il provvedimento conclusivo del procedimento di VIA dichiari l'improcedibilità dell'istanza ai sensi dell'art. 24 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive integrazioni a causa dell'incompetenza dell'Amministrazione preposta al procedimento di VIA, nonché della mancata pubblicazione contestuale all'avviso al pubblico del progetto e dello studio di impatto ambientale sul sito istituzionale web previsto; se intendano, infine, adoperarsi nelle sedi di competenza affinché venga comunicato al domicilio eletto il nominativo del responsabile del procedimento secondo quanto regolato dall'art. 4 e seguenti della legge n. 241 del 1990 e successive modifiche ed integrazioni e dall'art. 8 e seguenti della Legge regionale n. 40 del 1990. (3-01101) Interrogazione a risposta scritta: sulla mancata emanazione dei decreti attuativi in materia di pagamento tramite Pos per commercianti, artigiani e liberi professionisti BUEMI (Aut) - Al Ministro dell'economia e delle finanze - Premesso che: 52 la stampa riporta la polemica relativa alla mancata emanazione di varie centinaia di atti normativi secondari, di natura spesso regolamentare, per i quali il Governo ha chiesto ed ottenuto la delega dal Parlamento, salvo poi dimostrarsi incapace di emanarli; tra gli atti in questione vi sono diversi decreti attuativi del decreto-legge n. 179 del 2012, il quale ha previsto l'introduzione dell'obbligo del pagamento tramite Pos per commercianti, artigiani e liberi professionisti, a partire dal 30 giugno 2014. È ben vero che il decreto-legge (nella parte che introduceva un obbligo rivolto ai soggetti che effettuano sia l'attività di vendita che la prestazione di servizi anche professionali, vincolandoli all'accettazione della carta di debito) non prevedeva una sanzione per chi non accettasse di essere pagato elettronicamente per importi superiori a 30 euro; ma è altrettanto vero che la legge di conversione prevedeva già da 2 anni un decreto interministeriale (Ministero dello sviluppo economico e Ministero dell'economia e delle finanze) cui era demandata, sentita la Banca d'Italia, l'eventualità di far scattare l'obbligo al superamento di determinati importi minimi. Si prevedeva poi, sebbene come mera possibilità, che con il medesimo tipo di decreto interministeriale fosse disposta l'estensione degli obblighi (gravanti sui citati privati venditori di beni e servizi) a ulteriori strumenti di pagamento elettronici anche con tecnologie mobili; con il decreto interministeriale (del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell'economia, della pubblica amministrazione e del delegato all'innovazione tecnologica) doveva essere disciplinata l'estensione delle modalità di pagamento anche attraverso tecnologie mobili, entro un termine indicato in 90 giorni dalla conversione del decreto-legge. Anche il fatto che tale disciplina fosse elaborata avvalendosi dell'ausilio dell'Agenzia per l'Italia digitale appare sostanzialmente inadempiuto; allo stesso modo, non si ha notizia del fatto che la conformità del sistema e degli strumenti di autenticazione (utilizzati dal titolare delle chiavi di firma) sia stata garantita dall'Agenzia per l'Italia digitale in conformità ad apposite linee guida da questa emanate, acquisito il parere obbligatorio dell'Organismo di certificazione della sicurezza informatica; in ordine ai disincentivi all'utilizzo del contante, nemmeno si ha notizia di alcun tipo di adempimento dell'ordine del giorno G9.200, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del Senato del 4 febbraio 2014, n. 181, in cui si impegnava il Governo stesso a dare seguito alla proposta - contenuta nell'emendamento 9.200 a firma Buemi, Nencini, Fausto Guilherme Longo, Fravezzi, al disegno di legge n. 1058 di delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita - di potenziare e razionalizzare i sistemi di tracciabilità dei pagamenti, si chiede di sapere: 53 se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei tempi di attuazione della proposta contenuta nel citato ordine del giorno G9.200 (già em. 9.200), accolto dal Governo, che prevede, espressamente, l'incentivazione dell'uso dei sistemi di tracciabilità dei pagamenti per la fornitura di beni e servizi, da parte del cliente e del fornitore, ai quali va riconosciuto un bonus fiscale su base annua corrispondente a quota parte del capitale movimentato nell'anno con metodi di pagamento fondati sulla moneta elettronica; una corrispondente riduzione dei relativi oneri bancari, anche mediante il riconoscimento, all'intermediario finanziario delle transazioni suddette, di un bonus fiscale su base annua corrispondente a quota parte del capitale movimentato nell'anno con mezzi di pagamento per il riconoscimento, ai fini fiscali, di costi, oneri e spese sostenuti; se ritenga legittimo considerare pratica commerciale scorretta, ai fini del codice del consumo di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005, quella di chi richieda un sovrapprezzo dei costi per il completamento di una transazione elettronica con un fornitore di beni o servizi, o se non sia invece il caso, per le amministrazioni pubbliche interessate, di procedere con la massima urgenza a dare seguito alla normativa attuativa ancora carente e, solo dopo, far scattare rigorose sanzioni per gli inadempienti.(4-02470) Interrogazione a risposta scritta: sulla bonifica delle aree del territorio del vulcano Vesuvio, interessate sullo sversamento di rifiuti speciali PUGLIA e altri (M5S) - Ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute - Premesso che: il Parco nazionale del Vesuvio è stato istituito con decreto del Presidente della Repubblica del 5 giugno 1995 a seguito del grande interesse geologico, biologico e storico che il suo territorio rappresenta e particolarmente per: conservare i valori del territorio e dell'ambiente, e la loro integrazione con l'uomo; salvaguardare le specie animali e vegetali, nonché le singolarità geologiche; promuovere attività di educazione ambientale, di formazione e di ricerca scientifica; il parco si sviluppa attorno al vulcano Vesuvio e i comuni ricadenti nel parco sono Boscoreale, Boscotrecase, Ercolano, Massa di Somma, Ottaviano, Pollena Trocchia, San Giuseppe Vesuviano, San Sebastiano al Vesuvio, Sant'Anastasia, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre del Greco, Trecase (tutti in provincia di Napoli); considerato che: 54 da notizie di stampa ("Il Mattino" del 13 giugno 2014) si apprende che nel Comune di Ercolano 2 famiglie su 3, residenti nella zona alta di Ercolano, hanno, o hanno avuto, congiunti colpiti da gravi patologie (in prevalenza, leucemia e tumori dell'apparato respiratorio); il dato inquietante emerge dall'indagine realizzata dal gruppo Salute Ambiente Vesuvio, coordinata dal professor Gerardo Ciannella, direttore dell'unità di Medicina preventiva dell'ospedale "Monaldi" di Napoli e docente di tisiologia e medicina del lavoro; negli anni '80 e '90, le cave situate nella zona di San Vito sarebbero state utilizzate (più o meno legalmente) come discarica. Oltre ai compattatori della nettezza urbana, in molti all'epoca denunciarono la presenza di camion, con targhe provenienti anche dal Nord Italia, che sversavano rifiuti speciali; a fine 2013, furono somministrati a 314 famiglie della zona di San Vito, in pieno Parco nazionale del Vesuvio, alcuni questionari in cui segnalare la presenza di malattie importanti tra i componenti della famiglia. Il quadro emerso fu tutt'altro che rassicurante: in 203 casi su 314 sono state segnalate gravi patologie. Per la precisione 50 casi di leucemia, 62 neoplasie respiratorie (di cui solo 28 a carico di fumatori), 27 dell'apparato digerente, 23 urinarie, 17 cerebrali, 14 mammarie, 4 casi di Sla e 6 tumori che hanno colpito altri apparati; considerato inoltre che: nella zona risiedono poco più di 5.000 abitanti e i menzionati questionari hanno raggiunto 1.100 persone. L'indagine ha coinvolto il 20 per cento della popolazione ed il professor Ciannella, coordinatore dell'indagine, ha specificato che "Il dato non è esaustivo, ma significativo: più della metà del territorio è ammalato. In un campione del genere, la concentrazione di leucemie e neoplasie è preoccupante: in 62 famiglie sulle 314 interpellate, sono stati registrati casi di mesotelioma, un tumore incurabile dell'apparato respiratorio correlato all'esposizione all'amianto. Si tratta di persone non sottoposte a rischi professionali, ma che hanno inconsapevolmente respirato le fibrille provocate dalla rottura o dalla combustione delle lastre di ethernit" ("Il Mattino" del 13 giugno 2014); risulta agli interroganti che i dati relativi alla zona di San Vito, verranno resi noti nei prossimi mesi in una pubblicazione scientifica curata dal professor Ciannella che recentemente ha raccomandato il monitoraggio immediato e meticoloso di acqua, aria e terreni evidenziando che "ci sono tumori che non si possono curare, ma si possono prevenire eliminandone le cause"; la ricerca coordinata dal professor Ciannella ad Ercolano venne richiesta 3 anni fa quando don Marco Ricci e padre Giorgio Pisano si recarono dal professore denunciando la grave situazione rilevata a San Vito e dichiarando di non aver "mai celebrato tanti funerali di bambini" come da quando risiedevano nella zona, 55 si chiede di sapere: se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza dei fatti esposti; quali urgenti iniziative di competenza intendano assumere al fine di procedere alla rapida e completa bonifica delle aree, a salvaguardia della salute dei cittadini e degli abitanti delle zone limitrofe nonché a tutela della salubrità dell'acqua, del terreno e dell'aria; se non considerino urgente dover predisporre uno screening epidemiologico nonché le conseguenti misure di prevenzione e di assistenza sanitaria a favore della popolazione residente nell'area del Parco del Vesuvio, anche al fine di garantire ai cittadini il ripristino delle più ottimali condizioni di salubrità e vivibilità nel rispetto del diritto alla tutela della salute pubblica. (4-02474) Interrogazione a risposta scritta: sul progetto della centrale termoelettrica alimentata a carbone, di potenza elettrica di 1320 megawatt, nel Comune di Montebello Jonico (Reggio Calabria) MORRA e altri (M5S) - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per gli affari regionali e le autonomie e dell'interno Premesso che: in data 23 giugno 2008 la società SEI SpA ha presentato domanda di pronuncia di compatibilità ambientale e di autorizzazione integrata ambientale ai sensi del decreto legislativo n.152 del 2006, come modificato e integrato dal decreto legislativo 16 gennaio 2008 n. 4, relativamente al progetto di centrale termoelettrica alimentata a carbone, di potenza elettrica di 1320 megawatt e localizzata nel Comune di Montebello Jonico (Reggio Calabria), all'interno dell'agglomerato industriale di Saline Joniche e relativo elettrodotto di interconnessione alla rete localizzato nei comuni di Montebello Jonico, Motta San Giovanni (Reggio Calabria), Melito di Porto Salvo (Reggio Calabria), Badalaghi (Reggio Calabria), Roghudi (Reggio Calabria), Condofuri (Reggio Calabria), San Lorenzo (Reggio Calabria) Calanna (Reggio Calabria) e Reggio Calabria; in data 29 aprile 2013 è stato presentato alla Camera l'atto di sindacato ispettivo 4-00312, con cui si chiedeva al Governo, relativamente al suddetto progetto, se si ritenessero superati, allo stato della procedura, i rilievi mossi dalla Corte dei conti con nota n. 32169 del 19 settembre 2012, e se il Governo disponesse di informazioni sull'interesse della 'ndrangheta al progetto, alla luce delle dichiarazioni, citate nell'interrogazione, del procuratore aggiunto della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria Nicola Gratteri; 56 la Corte dei conti calabrese ha evidenziato che la procedura in parola mancava del presupposto, quanto necessario, accordo tra Stato e Regione, ritenuto accordo "forte", perché si potesse procedere nei lavori di installazione di qualunque manufatto interessasse la costruenda centrale a carbone; a parere degli interroganti l'interpretazione della Corte dei conti trova le sue radici nel dettato normativo di cui al decreto-legge n. 7 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 55 del 2002, art. 1 comma 1, secondo cui per ottenere l'autorizzazione è comunque necessario acquisire l'intesa con la Regione, mentre l'esaurimento dell'istruttoria relativa alla VIA (Valutazione impatto ambientale) non sostituisce tale elemento ma ne costituisce solo il presupposto, così chiarendo che l'assenso regionale è elemento postumo alla già svolta istruttoria; è recente la notizia secondo cui il proponente SEI SpA ha richiesto ai vari Comuni interessati la pubblicazione di avviso comprendente opere connesse e collegate alla centrale e di un vincolo preordinato all'esproprio di terreni finalizzato alla loro realizzazione; considerato che, a giudizio degli interroganti: tale avviso sarebbe radicalmente nullo e assolutamente intempestivo, poiché nel medesimo si discute di opere ritenute di pubblica utilità senza che sia pervenuta l'autorizzazione che necessariamente deve precedere e che sola conferisce all'opera la sua pubblica utilità ai fini e per gli effetti di cui all'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001; tale autorizzazione dovrebbe essere concessa a seguito dell'accordo tra Stato e Regione Calabria, ente che da sempre si è dichiarato contrario alla realizzazione del progetto; sarebbe opportuno che la Regione si pronunciasse con l'evidenza degli atti, dunque emanando un decreto di non disponibilità all'esecuzione dell'opera, mentre nel caso di specie la stessa si è espressa verbalmente e solo in sede di istruttoria di VIA; nell'avviso pubblicato presso i vari Comuni si evidenzia un dato quantomeno inquietante e cioè che il controllo e la direzione delle opere viene affidato alla società Repower. La società Repower è controllata dal cantone svizzero dei Grigioni, proprietario, che ha inibito la realizzazione dell'opera deliberando l'uscita da ogni attività nell'ambito del progetto a partire dal 2015, e pertanto dal 2015 dovrà essere sostituita da altro operatore al momento non conosciuto; Repower, a parere degli interroganti, è da considerarsi partner consapevole, esperto e preparato in questo settore; innanzi all'impatto dell'impianto nel tessuto territoriale, imponente, se non devastante, la presenza di un operatore competente avrebbe potuto costituire motivo di conforto e di garanzia, si chiede di sapere: se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e, in particolare, delle caratteristiche della società che sostituirà Repower; 57 quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, relativamente alla mancata intesa fra Stato e Regione Calabria; quali iniziative, anche di carattere ispettivo, intenda promuovere in ordine alla suddetta pubblicazione di avviso comprendente opere connesse e collegate alla centrale e di un vincolo preordinato all'esproprio di terreni finalizzato alla loro realizzazione, in mancanza della suindicata autorizzazione che necessariamente deve precedere e che sola conferisce all'opera la sua pubblica utilità; se risulti che si siano manifestati interessi di 'ndrangheta in merito al progetto in questione. (4-02478) Interrogazione a risposta scritta: sull’accesso alla tariffa incentivante da parte dei produttori di agro energie, anche in riferimento ai controlli documentali affidati al Gse PANIZZA (Aut) - Ai Ministri dello sviluppo economico e delle politiche agricole alimentari e forestali - Premesso che: alcune aziende agricole, con prevalente attività di allevamento da latte e da carne (bovini e suini), in questi ultimi mesi si sono ritrovate inaspettatamente in gravi difficoltà finanziarie, ma non a causa dei prezzi di mercato troppo bassi, né a causa della grande distribuzione organizzata, che con le sue condizioni commerciali spesso danneggia i singoli produttori, bensì per colpa di una legislazione che non riesce a rendere snelle le procedure amministrative; nel settore della produzione di agroenergie, infatti, molti imprenditori dopo aver realizzato investimenti per milioni di euro si sono visti negare la possibilità di accedere al sistema delle tariffe incentivanti; le aziende agricole, ormai da mesi, producono e immettono nella rete nazionale energia elettrica, ma nessuno le paga. Per ora gli agricoltori attingono dai loro risparmi per far fronte ai costi di gestione degli impianti e alle rate dei mutui accesi con gli istituti di credito; non si sa, ovviamente, per quanto tempo potranno resistere e che cosa accadrà a queste imprese se il gestore dei servizi elettrici (Gse), peraltro seguendo alla lettera le leggi vigenti, non consentirà loro di incassare la tariffa onnicomprensiva. Probabilmente, anzi, sicuramente saranno costrette a chiudere; la questione è preoccupante, visti i numerosi dinieghi che colpiscono gli impianti a biogas e syngas costruiti nel corso del 2013 e del 2014, e rischia di spezzare la vita delle imprese; 58 la rivista "L'informatore agrario" ha raccolto da impiantisti e tecnici, liberi professionisti, molti casi di rigetto della richiesta di riconoscimento della tariffa onnicomprensiva e, analizzando le motivazioni, spiega l'articolo di stampa, pare proprio che ogni cavillo sia buono pur di negare a imprenditori, che hanno già investito i loro denari, la possibilità di accedere agli incentivi; vi è una normativa ancora troppo farraginosa e la burocrazia continua a scoraggiare gli investimenti; già di per sé la procedura per la costruzione di un impianto di produzione di energia rinnovabile è complessa perché prevede, tra le altre cose, l'iscrizione al registro per ottenere la quale è necessario avere un progetto definitivo ed essere in possesso di una serie di documenti, quali autorizzazioni regionali, comunali, provinciali e così via da presentare al Gse. Inoltre, la tariffa incentivante viene concessa solo in un momento successivo, ovvero quando l'impianto è già entrato in funzione. Ciò significa che l'imprenditore deve anticipare a volte anche milioni di euro, per un'incerta concessione dell'incentivo; la normativa sui controlli documentali affidati al Gse in fase di rilascio della tariffa, infatti, è talmente articolata da determinare, spesso, sovrapposizioni con la procedura autorizzativa. Accade così che un impianto autorizzato dalla Regione o dal Comune non passi l'esame del Gse; considerato che: con questi dinieghi certamente non si recuperano soldi pubblici ma si penalizzano gli imprenditori che hanno effettuato un investimento lecito, stimolati dallo Stato attraverso la concessione normativa di un incentivo; il percorso verso le rinnovabili, dunque, risulta talmente accidentato da dissuadere chiunque a proseguirlo. Infatti il plafond di 130 MW annui riservato alle biomasse, al biogas e ai bioliquidi non è stato raggiunto nel 2013 e le previsioni per il 2014 sono ancora più nefaste; il settore è davvero in crisi e la responsabilità, ancora una volta, ricade su una burocrazia, a giudizio dell'interrogante assurda, che acuisce le difficoltà nell'acquisizione della tariffa incentivante e mina la determinazione degli imprenditori a investire sulle agroenergie, si chiede di sapere se e quali urgenti iniziative i Ministri in indirizzo, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, intendano assumere al fine di snellire le procedure burocratiche per usufruire più agevolmente della tariffa incentivante e consentire così agli imprenditori di investire sulle agroenergie. (4-02502) 59
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