TAR Basilicata 11.10.2014 n. 728

N. 00728/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00171/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 171 del 2003, proposto dagli Avv.ti Maurizio Roberto
Brancati, Maddalena Bruno, Faustina Demuro, Valerio Di Giacomo, Nicola Panetta, Nicoletta
Pisani e Anna Carmen Possidente, tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Francesca Chietera, come da
mandato a margine del ricorso, con domicilio eletto in Potenza Via IV Novembre n. 38 presso lo
studio dell’Avv. Salvatore Paolo Guarino;
contro
Regione Basilicata, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., rappresentata e difesa
dall’Avv. Gennaro Terracciano, come da mandato a margine della memoria di costituzione ed in
virtù della Del. G.R. n. 534 del 24.3.2003, con domicilio eletto in Potenza presso la sede
dell’Avvocatura Regionale;
per l'annullamento:
-degli artt. 1, comma 1, 2, lett. d), 3, commi 3, 5, 6 e 8, e 4, comma 3, del Regolamento di
“Disciplina organizzativa delle attività dell’Ufficio Legale della Regione”, approvato con Del. G.R.
n. 2408 del 23.12.2002 (pubblicata nel BUR del 16.1.2003);
-della Del. G.R. n. 209 del 17.2.2003, nella parte in cui veniva confermato che l’attività di
consulenza doveva essere svolta anche “in favore degli Enti dipendenti della Regione” e nella parte
in cui veniva stabilito che, tra i 12 Avvocati dell’Ufficio Legale della Regione, 2 avevano la
qualifica dirigenziale, con preposizione alla direzione di ognuno dei due Settori di cui si compone
l’Ufficio, e 10 la Categoria D;
Visti il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Basilicata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2014 il dott. Pasquale Mastrantuono e uditi per
le parti gli Avv.ti Valerio Di Giacomo, per delega dell'Avv. Francesca Chietera, e Fernando Russo,
per delega dell'Avv. Gennaro Terracciano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con Del. G.R. n. 2408 del 23.12.2002 (pubblicata nel BUR del 16.1.2003) la Regione Basilicata
approvava Regolamento di “Disciplina organizzativa delle attività dell’Ufficio Legale della
Regione”.
Con il presente ricorso (notificato il 17.3.2003 e depositato il 9.4.2003) sono state impugnate le
seguenti disposizioni del Regolamento:
1) art. 1, comma 1, laddove precisando che il Regolamento era stato emanato “nel rispetto del
Contratto Collettivo Nazionale dei Dirigenti”, perché non garantiva l’autonomia professionale dei
ricorrenti;
2) art. 2, lett. d), recante l’obbligo degli Avvocati della Regione di svolgere l’attività di consulenza
anche in favore degli Enti dipendenti della Regione, così violando l’art. 3, comma 4, lett. b), R.D. n.
1578/1933, in quanto i ricorrenti non avrebbero potuto svolgere l’attività professionale per Enti terzi
rispetto all’Amministrazione datrice di lavoro;
3) art. 3, comma 3, di previsione della prestazione dell’attività degli Avvocati “anche presso gli
Uffici dei Dipartimenti regionali in funzione di supporto specialistico al Dirigente titolare del
Dipartimento, secondo modalità stabilite di concerto tra gli Avvocati Dirigenti dell’Ufficio Legale
ed i Dirigenti Generali dei Dipartimenti interessati”, così determinando una scomposizione
dell’Ufficio Legale e, conseguentemente, una subordinazione gerarchica degli Avvocati ai Dirigenti
dei Dipartimenti regionali, con ulteriore violazione del citato art. 3, comma 4, lett. b), R.D. n.
1578/1933;
4) art. 3, commi 5 e 6, laddove si contemplava la possibilità di incarico di direzione dei Settori
dell’Ufficio Legale ed anche di trasferimento presso l’Avvocatura Regionale di qualsiasi dipendente
della Regione in possesso della Laurea in Giurisprudenza e dell’abilitazione all’esercizio della
professione forense, anzicchè regolare siffatti accessi esclusivamente mediante concorso esterno,
anche qui per lesione dell’autonomia professionale sancita dal suddetto art. 3, comma 4, lett. b),
R.D. n. 1578/1933;
5) art. 3, comma 8, sia nella parte in cui statuiva che “l’individuazione dell’Avvocato o degli
Avvocati, ai quali rilasciare la procura alla singola lite o revocarla”, era “operata, su proposta degli
Avvocati titolari dell’incarico di direzione, dalla Giunta Regionale”, sia nella parte in cui prevedeva
la facoltà della Giunta Regionale “di nominare Avvocati esterni all’Ufficio Legale, qualora ciò si
renda opportuno e necessario in ragione dell’oggetto del contenzioso”, con ulteriore lesione dei
principi dell’autonomia e deontologia professionale, tutelati dall’ordinamento giuridico;
6) art. 4, comma 3, lesivo dei principi di eguaglianza e/o non discriminazione ed in contrasto con la
normativa di contrattazione collettiva nello stabilire che i compensi professionali delle “cause vinte
con liquidazione delle spese giudiziali a carico della parte soccombente” e delle “cause vinte con
spese giudiziali compensate limitatamente al 50%” dovevano essere ripartiti per il 60%
all’Avvocato o agli Avvocati che avevano “il patrocinio del singolo contenzioso da cui derivano gli
importi” e per il restante 40% “in parti uguali tra tutti gli Avvocati effettivamente in servizio”.
Con successiva Del. G.R. n. 209 del 17.2.2003 la Regione suddivideva l’Ufficio Legale in due
Settori (precisamente Settore “Presidenza Giunta Regionale-Consiglio Regionale-Dipartimento
Ambiente e Territorio-Dipartimento AA.PP.” e Settore “Dipartimento Sicurezza e Solidarietà
Sociale-Dipartimento Formazione, Lavoro, Cultura e Sport-Dipartimento Agricoltura e Sviluppo
Rurale-Dipartimento Infrastrutture e Mobilità”), confermando che l’attività di consulenza deve
essere svolta anche “in favore degli Enti dipendenti della Regione” e stabilendo che, tra i 12
Avvocati dell’Ufficio Legale della Regione, 2 avevano la qualifica dirigenziale, con preposizione
alla direzione di ognuno dei due predetti Settori, e 10 la Categoria D.
Anche questo seconda delibera è stata impugnata con il ricorso in esame, sia nella parte in cui
veniva confermata la consulenza in favore degli Enti dipendenti della Regione (per le ragioni sopra
indicate in relazione all’art. 2, lett. d), del Regolamento approvato con Del. G.R. n. 2408 del
23.12.2002), sia nella parte del citato organigramma, in quanto nel rispetto del principio
dell’autonomia professionale vi potevano essere Avvocati Coordinatori, ma non Avvocati Dirigenti.
Si è costituita la Regione, la quale, oltre a sostenere l’infondatezza del ricorso, ha eccepito il difetto
di giurisdizione, l’inammissibilità per difetto di interesse perché le lesioni dell’autonomia
professionale erano eventuali e/o ipotetiche (e perciò non attuali e concrete) e l’inammissibilità per
l’omessa notifica ai dipendenti, nominati Dirigenti dei due Settori dell’Ufficio Legale, da
qualificarsi come controinteressati in relazione all’impugnazione del suindicato art. 3, comma 5, del
Regolamento ex Del. G.R. n. 2408 del 23.12.2002.
Con memoria conclusionale del 2.5.2014 la Regione ha eccepito anche l’improcedibilità per
sopravvenuta carenza di interesse, in relazione alle Sentenze di questo Tribunale n. 265/2008, n.
293/2010, n. 154/2011 e n. 405/2013.
All’Udienza Pubblica del 5.6.2014 il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
Come più volte già statuito da questo Tribunale sia con le Sentenze sopra citate, sia decidendo
analoghe impugnazioni di Regolamenti attinenti la materia del pubblico impiego, nei confronti degli
atti cd. di macro-organizzazione i soggetti interessati possono vantare solo una posizione soggettiva
di interesse legittimo ed infatti ai sensi dell’art. 63, comma 1, D.Lg.vo n. 165/2001 possono essere
soltanto disapplicati dal Giudice Ordinario.
Pertanto, se si vuole ottenere l’annullamento degli atti di macro-organizzazione risulta necessario
adire il giudice Amministrativo.
Nella specie, le impugnate Delibere G.R. n. n. 2408 del 23.12.2002 e n. 209 del 17.2.2003 vanno
sicuramente qualificati come atti di macro-organizzazione, in quanto trattasi di provvedimenti
organizzatori, che si estrinsecano a monte del rapporto di impiego e perciò implicano l’esercizio di
poteri non privatistici o negoziali, ma pubblicistici.
Va, altresì, precisato che non può condividersi l’eccezione di inammissibilità per carenza di un
interesse attuale e concreto con riferimento all’impugnazione degli artt. 1, comma 1, 2, lett. d), 3,
commi 3, 5, 6 e 8, e 4, comma 3, del Regolamento ex Del. G.R. n. 2408 del 23.12.2002, in quanto le
predette disposizioni risultavano immediatamente operative e perciò il Tribunale deve verificare se
violavano o meno l’autonomia professionale e perciò meritano di essere esaminate nel merito le
relative censure dedotte dai ricorrenti.
E neppure può essere accolta anche l’eccezione di inammissibilità per l’omessa notifica ai
dipendenti, nominati Dirigenti dei due Settori dell’Ufficio Legale, come chiarito da questo TAR
nella Sentenza n. 405 dell’8.7.2013, evidenziando che gli atti di macro-organizzazione vanno
equiparati agli atti amministrativi di tipo generale, con riferimento ai quali non vi sono
controinteressati in senso formale.
Pur prescindendo dalla circostanza che gli Avvocati Dirigenti, allora (cioè al momento della notifica
del ricorso) preposti ai due Settori dell’Avvocatura Regionali, sono stati poi sostituiti da un unico
Avvocato Dirigente, va sottolineato che l’eventuale annullamento dell’art. 3, comma 5, del
Regolamento ex Del. G.R. n. 2408 del 23.12.2002 non avrebbe mai potuto comportare
l’annullamento (e/o la revoca) automatico dei relativi provvedimenti di conferimento di incarico
dirigenziale, che avrebbero dovuto comunque giungere fino al compimento del termine di efficacia
ivi previsto (l’impugnato art. 3, comma 5, stabiliva la temporaneità di tali incarichi, che non poteva
eccedere “la durata della legislatura”).
Ed infatti l’obiettivo del ricorso in commento non era quello di sostituire gli Avvocati Dirigenti,
allora nominati, ma di ottenere una norma regolamentare più coerente con l’autonoma
professionale: cioè, fare in modo che, dopo l’annullamento giurisdizionale, passato in giudicato,
dell’art. 3, comma 5, del Regolamento ex Del. G.R. n. 2408 del 23.12.2002 non fossero più
nominati Avvocati Dirigenti dell’Avvocatura Regionale altri dipendenti interni, in possesso della
Laurea in Giurisprudenza e dell’abilitazione all’esercizio della professione forense.
Parimenti, va disattesa l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, in
quanto gli altri giudizi, conclusosi con le Sentenze TAR Basilicata n. 265/2008, n. 293/2010, n.
154/2011 e n. 405/2013, si riferivano ad altri atti di macro-organizzazione.
E se è vero che nell’ultimo giudizio, conclusosi con la Sent. n. 405/2013, è stato esaminato un
successivo Regolamento dell’Avvocatura Regionale, che aveva sostituito quello impugnato con il
ricorso in epigrafe, va rilevato che la Del. G.R. n. 2408 del 23.12.2002 ha comunque avuto efficacia
per un rilevante arco di tempo di circa 10 anni.
Nel merito, il presente ricorso va accolto nei limiti di seguito indicati.
Vanno respinte le doglianze, relative all’art. 1, comma 1, dell’impugnato Regolamento, nelle parte
in cui viene richiamato il rispetto del Contratto Collettivo Nazionale dei Dirigenti, ed alla parte
della Del. G.R. n. 209 del 17.2.2003, che contempla la qualifica di Avvocato Dirigente.
Infatti, al sogetto preposto alla direzione di un Avvocatura di un Ente Pubblico di rilevanti
dimensioni, composta da più Avvocati, può essere attribuita anche la qualifica dirigenziale (sul
punto cfr. TAR Basilicata Sent. n. 100 del 28.2.2012), fermo restando che il rapporto tra Avvocato
Dirigente ed Avvocato funzionario Categoria D corrisponde ad una relazione di coordinamento
(infatti, risulta più appropriata la qualificazione di Avvocato Coordinatore rispetto a quella di
Avvocato Dirigente), attesocchè l’attività forense è caratterizzata da piena autonomia e perciò non
può essere espletata in una struttura di tipo gerarchico.
E, come già statuito (cfr. TAR Basilicata Sentenze n. 423 del 21.7.2011 e n. 405 dell’8.7.2013),
l’Avvocato Coordinatore è un “primus inter pares” e, per quanto riguarda l’esercizio dell’attività
professionale, risulta equiordinato agli altri Avvocati.
Ed invero questo Tribunale con numerose Sentenze ha statuito che gli Avvocati degli Enti Pubblici
hanno uno status giuridico che li contraddistingue nettamente dagli altri pubblici dipendenti, in
quanto sono iscritti nell’Elenco Speciale, annesso all’Albo degli Avvocati, e sono professionisti che
hanno come unico ed esclusivo cliente l’Ente di appartenenza.
L’assunto trova conferma nella contemporanea appartenenza degli Avvocati degli Enti Pubblici
all’ordinamento burocratico dell’Ente in virtù del rapporto di pubblico impiego, verso il quale
rispondono per la corretta esecuzione del mandato professionale loro affidato, ed all’ordinamento
professionale per l’iscrizione al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, al quale rispondono a titolo
di responsabilità disciplinare per le violazioni ai doveri professionali.
Per le predette peculiarità dello status giuridico degli Avvocati degli Enti Pubblici questo Tribunale
ha aderito al condivisibile e prevalente orientamento giurisprudenziale, secondo cui, ai sensi
dell’art. 3, comma 4, lett. b), R.D. n. 1578/1933, l’iscrizione di un Avvocato di un Ente Pubblico
nell’Elenco Speciale, annesso all’Albo degli Avvocati, può essere effettuata soltanto se presso
l’Ente Pubblico di appartenenza esiste un Ufficio Legale, costituente un’unità organica autonoma ed
indipendente dal potere politico, dotata di un adeguato supporto amministrativo e dei necessari
mezzi strumentali necessari per l’esercizio della professione forense.
Questo TAR ha pure sottolineato che anche per l’attività di consulenza è necessaria una piena
autonomia ed indipendenza, in quanto ogni questione giuridica può essere esaminata, facendo
prevalere considerazioni di opportunità politica e non esclusivamente argomentazioni tecnicogiuridiche, come prescritto dai canoni della deontologia professionale, ed a riprova di ciò, sulla
scorta di quanto già statuito dal pacifico e dominante orientamento giurisprudenziale (sul punto cfr.
Cass. Civ. Sez. Un. Sent. n. 28049 del 25.11.2008; TAR Sardegna Sez. II Sent. n. 7 del 14.1.2008;
Cass. Civ. Sez. Un. Sentenze n. 5559 del 18.4.2002, n. 3735 del 14.3.2002, n. 3733 del 14.3.2002,
n. 10367 del 19.10.1998, n. 5331 del 10.5.1993, n. 12017 dell’11.11.1991 e n. 7945 del 6.8.1990)
ha rilevato che è proprio per questo motivo che l’art. 3, comma 4, lett. b), R.D. n. 1578/1933 non
consente l’iscrizione nell’Elenco Speciale, annesso all’Albo degli Avvocati, ai giuristi di impresa,
dipendenti di Enti privati (anche se partecipati da Enti Pubblici e/o soggetti a controlli
pubblicistici), dal momento che tali lavoratori, essendo sottoposti al potere di subordinazione
gerarchica, non possono svolgere con piena autonomia (e con la necessaria serenità) l’attività
professionale di Avvocato.
Ma, alla luce di quanto sopra esposto, dal mero richiamo dell’art. 1, comma 1, dell’impugnato
Regolamento al rispetto del Contratto Collettivo Nazionale dei Dirigenti e dalla generica previsione
della qualifica di Avvocato Dirigente, contenuta nella Del. G.R. n. 209 del 17.2.2003, non si
desume, neanche in modo indiretto, la violazione dei sopra descritti principi di autonomia
professionale.
Parimenti, va disattesa l’impugnazione dell’obbligo degli Avvocati della Regione di prestare la
consulenza anche “in favore degli Enti dipendenti della Regione”, previsto dall’impugnato art. 2,
lett. d), del Regolamento in esame e poi confermato dalla successiva Del. G.R. n. 209 del
17.2.2003, attesocchè gli Enti strumentali della Regione rientrano comunque nell’ambito della
medesima Amministrazione Regionale, come avviene per le società controllate di uno stesso gruppo
economico.
Pertanto, deve ritenersi che l’attività consulenziale, prestata nei confronti degli “Enti dipendenti
della Regione”, non viene svolta nei confronti di Diversi Enti Pubblici, ma in favore della
medesima Amministrazione datrice di lavoro.
Non merita di essere accolta anche l’impugnazione dell’art. 3, comma 3, del Regolamento in
commento, in quanto da tale disposizione si evince soltanto che i Dirigenti dei Dipartimenti
regionali possono chiedere l’ausilio degli Avvocati Regionali “secondo modalità stabilite di
concerto tra gli Avvocati Dirigenti dell’Ufficio Legale ed i Dirigenti Generali dei Dipartimenti
interessati”.
Ed infatti, il pericolo paventato dai ricorrenti della scomposizione dell’Avvocatura regionale e della
conseguente subordinazione gerarchica degli Avvocati ai Dirigenti dei Dipartimenti regionali non si
è nella realtà verificato.
Anche se va riconosciuto che, se ciò si fosse verificato, avrebbe costituito una grave lesione
all’autonomia professionale degli Avvocati regionali, perché l’Avvocatura Regionale non sarebbe
stata più un’unità organica autonoma ed indipendente dai Dirigenti regionali e perciò sarebbe
venuto meno uno dei principali presupposti, prescritti dall’art. 3, comma 4, lett. b), R.D. n.
1578/1933.
Va pure evidenziato che, come precisato da questo Tribunale nelle Sentenze n. 265/2008, n.
293/2010 e n. 154/2011, l’apporto consulenziale va limitato alle “questioni più rilevanti e più
complesse”, in quanto l’attività di consulenza legale deve essere normalmente espletata dai
funzionari amministrativi, laureati in Giurisprudenza.
E risulta anche ovvio che il previsto “concerto” non può avvenire tra i singoli Avvocati ed i
Dipartimenti, ma tra i Responsabili delle rispettive strutture regionali.
Invece, vanno annullati i commi 5 e 6 dell’art. 3 del Regolamento ex Del. G.R. n. 248 del
23.12.2002.
Infatti, questo Tribunale con le Sentenze n. 265/2008, n. 293/2010 e n. 154/2011 ha già sancito che
gli Avvocati della Regione Basilicata “possono essere selezionati e/o individuati soltanto mediante
concorso esterno e non anche mediante concorso interno per progressione verticale o con l’adozione
di un qualsiasi atto amministrativo, come per es. l’affidamento di mansioni superiori”, specificando
che al predetto concorso esterno possono partecipare anche i dipendenti regionali, in possesso della
Laurea in Giurisprudenza e dell’abilitazione all’esercizio della professione forense, “senza alcuna
riserva di posti e/o preferenza”.
Come più sopra già evidenziato, tali statuizioni giurisdizionali sono state ritenute necessarie, per
garantire agli Avvocati della Regione “una piena autonomia ed indipendenza, in quanto ogni
questione giuridica può essere esaminata, facendo prevalere considerazioni di opportunità politica e
non esclusivamente argomentazioni tecnico-giuridiche, come prescritto dai canoni della deontologia
professionale”.
Inoltre, con la più recente Sentenza n. 405 dell’8.7.2013 è stato precisato che la “piena
indipendenza ed autonomia” dell’Avvocatura regionale “non risulta garantita dal conferimento
dell’incarico di Avvocato Coordinatore ad un qualsiasi Dirigente della Regione Basilicata, in
possesso della Laurea in Giurisprudenza e dell’abilitazione all’esercizio della professione forense,
in quanto in tal modo, tenuto conto della brevità dell’incarico dirigenziale (3-5 anni), l’organo di
indirizzo politico può condizionare l’operato dell’Avvocatura Regionale”.
Sul punto è stato specificato che, “se giustamente gli Avvocati della Regione non possono essere
utilizzati nell’attività di gestione amministrativa, in modo corrispondente anche i Dirigenti della
Regione non possono essere incardinati presso l’Avvocatura Regionale, in quanto, per tutelare
l’autonomia ed indipendenza di quest’Ufficio, esso deve essere nettamente separato da tutto
l’apparato amministrativo dell’Amministrazione resistente, e tale separazione può essere
efficacemente salvaguardata soltanto con il conferimento dell’incarico di Avvocato Coordinatore ad
uno degli Avvocati dell’Avvocatura Regionale”.
Ed è stato anche puntualizzato che la Del. G.R. n. 582 del 29.4.2011, emanata in seguito alle
Sentenze TAR Basilicata n. 265/2008, n. 293/2010 e n. 154/2011, nella parte in cui statuisce che gli
Avvocati della Regione non possono essere selezionati e/o individuati “con l’adozione di un
qualsiasi atto amministrativo”, va interpretata nel senso che per “qualsiasi atto amministrativo” si
intende anche il conferimento dell’incarico di Avvocato Coordinatore.
Pertanto, questo TAR concludeva che: “Più precisamente, è il previo superamento del concorso di
Avvocato regionale e lo svolgimento dell’attività lavorativa di Avvocato della Regione a costituire
indispensabile requisito per la nomina ad Avvocato Coordinatore. Per converso, gli Avvocati della
Regione non possono essere nominati Dirigenti, senza aver superato il relativo concorso e, nominati
Dirigenti, non possono ritornare presso l’Avvocatura regionale presentando una mera domanda in
tal senso. Cioè si tratta di due ruoli dell’organigramma regionale (Dirigenti/Avvocati) non
intercambiabili”.
Conseguentemente, va annullata anche la parte dell’art. 3, comma 8, che prevede “l’individuazione
dell’Avvocato o degli Avvocati, ai quali rilasciare la procura alla singola lite o revocarla”, da parte
Giunta Regionale, “su proposta degli Avvocati titolari dell’incarico di direzione”, attesocchè, per
garantire l’autonomia professionale, risulta necessario prestabilire un criterio individuazione di tipo
oggettivo, idoneo ad assicurare un’equilibrata distribuzione dei carichi di lavoro.
E, comunque, poiché l’Avvocatura Regionale deve essere indipendente dal potere politico e dai
Dirigenti amministrativi, l’assegnazione dei pareri e del contenzioso deve essere effettuata
esclusivamente dall’Avvocato Coordinatore.
Diversamente, il potere di assegnazione di volta in volta, al di fuori di criteri prestabiliti, da parte
della Giunta Regionale, su semplice proposta dell’Avvocato Coordinatore, può essere
strumentalmente utilizzato per condizionare l’autonomia professionale e, pertanto, per finalità
divergenti con i principi di deontologia professionale.
Parimenti, va annullata anche la parte dell’art. 3, comma 8, che prevede la facoltà della Giunta
Regionale “di nominare Avvocati esterni all’Ufficio Legale, qualora ciò si renda opportuno e
necessario in ragione dell’oggetto del contenzioso”, perché tale disposizione risulta molto generica
e perciò si presta ad un suo utilizzo molto discrezionale da parte dell’organo politico.
Invece, se un Ente ha costituito una propria Avvocatura, non può affidare i pareri e la difesa
giudiziaria ad Avvocati esterni, eccetto casi eccezionalissimi di questioni notevolmente complesse
oppure se tutti gli Avvocati della Regione, si trovano in una situazione di incompatibilità, come si è
verificato nella controversia in esame.
Infine, va annullato anche l’art. 4, comma 3, attesocchè, come già statuito da questo TAR nelle
Sentenze n. 423 del 21.7.2011 e n. 405 dell’8.7.2013, i compensi professionali devono essere
ripartiti tra tutti gli Avvocati “in misura eguale”, in quanto tale criterio di riparto risulta più
conforme al principio costituzionale ex art. 97, comma 1, Cost. del buon andamento
dell’Avvocatura Regionale, poiché evita sia evidenti sperequazioni tra gli Avvocati che trattano le
controversie più lucrose e quelli che esaminano le cause meno importanti (fermo restando che la
suddivisione del lavoro deve avvenire in modo equilibrato), sia discordie, invidie e gelosie, a
discapito di un clima di concordia e collaborazione reciproca.
Fermo restando che all’Avvocato Coordinatore spetta anche la più alta retribuzione, prevista per i
Dirigenti, e/o l’apposita indennità per le responsabilità connesse alla gestione dell’Ufficio Legale.
Pertanto, il ricorso in epigrafe va accolto nei limiti sopra indicati.
Poiché il ricorso in esame è stato parzialmente accolto, sussistono giusti motivi per disporre tra le
parti la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata accoglie il ricorso in epigrafe nei limiti
indicati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2014 con l'intervento dei
magistrati:
Michele Perrelli, Presidente
Giancarlo Pennetti, Consigliere
Pasquale Mastrantuono, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)