Subject: N. 00153/2013 REG.RIC. N. 00909/2014 REG.PROV.COLL. N. 00153/2013 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 153 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: omissis tutti rappresentati e difesi dagli avv. Alberto Ettore Marullo, Angelo Piazza e Anna Leone, con domicilio eletto presso il primo, con studio in Bologna, piazza della Mercanzia n. 2; contro Comune di Monterenzio, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Christian Giangrande, con domicilio eletto presso la Segreteria T.A.R., in Bologna, Strada Maggiore n. 53; per l'annullamento A) della Deliberazione n. 54 del 29 novembre 2012 del Consiglio Comunale di Monterenzio, avente ad oggetto "riconoscimento debiti fuori bilancio, ai sensi dell'art. 194 del D. L.gs.n. 267/2000, derivanti dalle sentenze della Corte di Appello di Bologna nn. 1250/12 e 1288/12", nella parte in cui ha deliberato "che il debito fuori bilancio riconosciuto, è posto interamente a carico degli attuali proprietari degli immobili siti in via Luna - Area Peep per l'importo sub 1 di Euro 2.094.046,94; - ove occorra: B) della nota in data 12/12/2012 del Comune di Monterenzio,-nella parte in cui si afferma la sussistenza di una "rivalsa nei confronti degli attuali proprietari degli immobili PEEP di Via Luna"; - ancora ove occorra: C) delle note del Comune di Monterenzio del 3/1/2013, inviate agli odierni ricorrenti, nella parte in cui si afferma the "la legge in materia impone al Comune un'azione di rivalsa di questo importo, maggiorato di tutte le spese tecniche e legali, nei confronti degli attuali proprietari degli immobili PEEP di Via Luna". E, per l'annullamento con ricorso per motivi aggiunti, previa sospensiva: D) della deliberazione della Giunta Comunale di Monterenzio del 11/4/2013, avente ad oggetto "Ripartizione del debito fuori bilancio afferente il comparto PEEP di via Luna"; E) della relazione tecnico —valutativa e della tabella di ripartizione del conguaglio, ivi allegate e facenti parte integrante e sostanziale di tale atto; F) della deliberazione del Consiglio Comunale del 2/5/2013 avente ad oggetto Modifiche al Regolamento Comunale attuative della L. n. 448 del 1998, relativamente alle aree PEEP e dei relativi allegati; G) del documento informativo predisposto e condiviso dalla Giunta Comunale di Monterenzio in data 26 marzo 2013; H) delle note datate 12/4/2013, con le quali il Sindaco del comune di Monterenzio ha richiesto ai ricorrenti il pagamento degli importi indicati nella deliberazione della Giunta Comunale n. 23 del 11/4/2013. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Monterenzio; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2014, il dott. Umberto Giovannini e uditi, per le parti, i difensori, come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO Oggetto della presente controversia é l’impugnativa della deliberazione n. 54 del 29 novembre 2012 del Consiglio Comunale di Monterenzio, avente ad oggetto "riconoscimento debiti fuori bilancio, ai sensi dell'art. 194 del D. L.gs.n. 267/2000, derivanti dalle sentenze della Corte di Appello di Bologna nn. 1250/12 e 1288/12", nella parte in cui la Giunta ha deliberato "che il debito fuori bilancio riconosciuto, è posto interamente a carico degli attuali proprietari degli immobili siti in via Luna - Area PEEP per l'importo complessivo di Euro 2.094.046,94, nonché l’impugnativa degli ulteriori atti comunali relativi al suindicato procedimento. Ricorrono dinanzi a questo T.A.R. mediante ricorso principale e motivi aggiunti, gli attuali proprietari dei fabbricati PEEP destinatari dell’addebito comunale, come elencati in epigrafe. A sostegno dell’impugnativa principale, i ricorrenti deducono motivi in diritto rilevanti violazione dell’art. 35 L. n. 865 del 1971; violazione dell’art. 2946 cod. civ. in quanto i diritti vantati dal Comune nei confronti dei ricorrenti sono prescritti; violazione art. 1227 cod. civ. perché il comune non ha formulato un’offerta commisurata al criterio di calcolo dell’indennizzo, come individuato a seguito della sent. Corte Cost. n. 5 del 1980. Con i motivi aggiunti gli stessi ricorrenti impugnano gli atti sopravvenuti del procedimento in oggetto, sia per illegittimità in via derivata sia con autonome censure rilevanti eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza di motivazione, contraddittorietà grave e manifesta. Con ricorso aggiuntivo gli interessati hanno impugnato gli ulteriori atti procedimentali posti in essere dal Comune per l’addebito ai proprietari delle unità immobiliare delle predette somme, deducendo illegittimità in via derivata dai motivi del ricorso principale e, autonomamente, eccesso di potere sotto diversi profili, dei nuovi atti impugnati. Il comune di Monterenzio, costituitosi in giudizio, in via pregiudiziale eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto controversia attinente l’indennità di espropriazione delle aree su cui sono stati realizzati i fabbricati PEEP ed i diritti ad essa inerenti, anche in relazione alla rivalsa attivata dalla stessa civica amministrazione. In subordine, nel merito, il Comune chiede la reiezione del ricorso principale e del ricorso aggiuntivo, stante la ritenuta infondatezza delle censure in essi rassegnate. Con ordinanza collegiale n. 318 del 11 luglio 2013, questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare presentata dai ricorrenti con i motivi aggiunti. Tale istanza è stata peraltro accolta dal Consiglio di Stato sez. V, che, con ordinanza n. 4604 del 20/11/2013 resa in sede di appello cautelare, ha riformato la decisione di prime cure. Alla pubblica udienza del 15/5/2014, la causa è stata chiamata ed è stata quindi trattenuta per la decisione come da verbale. Il Collegio ritiene, di dovere vagliare, innanzitutto, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sollevata dal Comune resistente. L’eccezione non merita accoglimento, stante che questa Sezione, melius re perpensa rispetto alla propria precedente valutazione – peraltro effettuata, come prevede l’ordinamento per la fase cautelare del giudizio amministrativo, sulla base di una sommaria delibazione del ricorso - ritiene che l’atto comunale principalmente impugnato dai ricorrenti, non costituisca mera ricognizione e liquidazione di un diritto di credito vantato dall’amministrazione comunale nei confronti degli odierni ricorrenti, quali proprietari dei suddetti immobili, ma integri con ulteriore (ed eventuale) fase, un procedimento pubblicistico di espropriazione delle aree necessarie per la realizzazione dei suddetti fabbricati. La controversia in esame concerne, in concreto, il recupero delle maggiori somme sopportate dal Comune di Monterenzio per l’acquisizione dai privati delle aree occorrenti per la costruzione di alloggi P.E.E.P. (odierni alloggi di edilizia residenziale pubblica), così come sono state determinate dalla Corte di Appello di Bologna con le sentenze indicate in epigrafe. Tale tipologia di cause, come ha avuto modo di rilevare – in un caso sostanzialmente analogo - la Suprema Corte di Cassazione (SS.UU. 30 marzo 2009, n. 7573), deve essere inquadrata nell’ambito della speciale normativa che regola l’espropriazione e la successiva assegnazione delle aree da destinare all’edilizia economica e popolare (art. 10 della L. n. 167 del 1962; art. 35 della L. n. 865 del 1971; art. 3, comma 75 e ss. della L. n. 549 del 1995; art. 3 della L. n.633 del 1996 e art. 7 della L. n. 136 del 1999, secondo cui l’attribuzione del diritto di superficie o la cessione del diritto di proprietà ai privati legittimati a farne richiesta postula la previa deliberazione del Comune di concedere dette aree agli interessati, attribuendo l’uno o trasferendo l’altro dei ricordati diritti per la costruzione degli alloggi di tipo economico e popolare e dei relativi servizi urbani e sociali; sia nel caso di concessione del diritto di superficie, ex art. 35, commi 7 ed 8, della legge 22 ottobre 1971, n. 865, che in quello di cessione del diritto di proprietà. Alla deliberazione dell’ente territoriale fa poi seguito una convenzione, da stipularsi per atto pubblico, i cui contenuti essenziali (corrispettivo della cessione del diritto di superficie o prezzo de trasferimento del diritto di proprietà) sono anch’essi oggetto di previa deliberazione dell’ente. Si è pertanto in presenza di una fattispecie complessa di concessione amministrativa costituita da una deliberazione, con cui l’ente manifesta la volontà di concedere l’area, a titolo di diritto di superficie o di proprietà, cui accede necessariamente una convenzione, che dà vita ad un rapporto unitario ed unificato che appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, indipendentemente dalle singole e specifiche posizioni giuridiche in capo al concessionario. Infatti, le predette convenzioni, stipulate ai sensi della normativa sull’edilizia economica e popolare, hanno natura di contratti di diritto pubblico che, accessivi alle determinazioni autoritative della P.A., danno luogo a rapporti qualificabili come concessioni amministrative complesse”, con la conseguenza che “…le controversie che abbiano ad oggetto principale l’accertamento sulla legittimità della determinazione del contenuto della convenzione – quale previamente deliberato dalla P.A., contestualmente alla concessione o di seguito ad essa stessa e nella convenzione medesima trasfuso, ivi compreso il quantum della controprestazione pecuniaria richiesta al privato concessionario – necessariamente rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, dacché rappresentano cause pregiudiziali rispetto a quelle riguardanti il mero pagamento dei corrispettivi…”. Rimangono invece devolute alla cognizione del giudice ordinario le controversie relative al mero pagamento delle somme dovute in ragione dei titoli indicati, cioè quelle nelle quali si discuta dell’effettiva sussistenza o persistenza del diritto di pretendere l’adempimento dell’obbligazione pecuniaria e del dovere di eseguirlo, senza alcuna indagine sul contenuto del rapporto e sugli atti posti in essere dalla P.A. nel momento della sua costituzione o nel corso del suo svolgimento. Nel caso di specie, pertanto, come si evince dalla documentazione in atti, oggetto della controversia non è soltanto la sussistenza o meno del diritto dell’amministrazione comunale di pretendere il pagamento del conguaglio delle somme occorse per l’acquisizione delle aree da utilizzare dai soggetti interessati per la realizzazione degli alloggi di edilizia economica e popolare, riguardando essa anche e soprattutto il potere/dovere dell’amministrazione di provvedere alla quantificazione delle spese effettivamente sostenute, comprensive delle ulteriori indennità poste a carico del Comune dalle suddette sentenze del giudice ordinario - facendole quindi rientrare tra quelle di cui alla originaria convenzione e riversandole poi sull’originario concessionario e sui successivi acquirenti di quegli alloggi. In conclusione, la cognizione della presente controversia appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Peraltro non può dimenticarsi che, sempre secondo Cass. SS.UU., 30 marzo 2009, n. 7573, mentre ai sensi dell'art. 35, commi 8, sub a), e 12, della legge 22 ottobre 1971, n. 865 del 1971, nel testo anteriore alle modifiche apportate dall'art. 3, comma 63, lett. d), della legge 23 dicembre 1996, n. 663, l'importo del corrispettivo della concessione in proprietà o superficie delle aree p.e.e.p. aveva carattere vincolato, dovendo essere determinato dal Comune in misura pari al costo di acquisizione delle aree nonché al costo delle relative opere di urbanizzazione, se già realizzate, e dovendo queste ultime essere ripartite tra i concessionari in proporzione al volume edificabile, successivamente, proprio a seguito delle ricordate modifiche legislative, il corrispettivo della concessione in proprietà o superficie delle aree p.e.e.p. può essere determinato discrezionalmente dal Comune, purché esso sia tale da assicurare la copertura delle spese sostenute dall'ente per l'acquisizione ed urbanizzazione delle aree del piano per l'edilizia economica e popolare. Pertanto, anche alla luce di tali considerazioni, in nessun caso potrebbe sostenersi la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario nel caso di specie. Ciò premesso in rito, il Collegio osserva che, nel merito, il ricorso risulta infondato. L’indirizzo della prevalente giurisprudenza amministrativa – al quale il tribunale aderisce - ha ritenuto che la disposizione di cui all’art. 35, comma 12, della legge 22 ottobre 1971, n. 865, a mente della quale “i corrispettivi della concessione in superficie…ed i prezzi delle aree cedute in proprietà devono, nel loro insieme, assicurare la copertura delle spese sostenute dal comune o dal consorzio per l’acquisizione delle aree comprese in ciascun piano approvato a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167”, ha natura di norma inderogabile e pertanto essa, per effetto di quanto stabilito dall’art. 1339 c.c., integra il contenuto della convenzione (C.d.S., sez. V, 28/3/2012 n. 1863; 14/2/2005, n. 453; 1/12/2003, n. 7820), quand’anche questa non avesse espressamente previsto l’evenienza del conguaglio (sempre che la acquisizione delle aree sia avvenuta – fatto non contestato nel caso in trattazione - nel rispetto della procedura espropriativa prevista dalla legge. Al riguardo, ulteriormente si rileva che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale (anch’esso condiviso dalla Sezione), il corrispettivo della concessione del diritto di superficie, previsto nella più volte ricordata convenzione, comprende anche i costi sostenuti dal comune per l'esproprio di aree non oggetto della concessione, ma destinate a contenere opere di urbanizzazione previste dal p.e.e.p. (atteso che la norma fa riferimento ai "costi" o "corrispettivi" delle opere di urbanizzazione realizzate o realizzande a cura del comune e "relative" alle aree oggetto della concessione, tra i quali ben possono rientrare quelli sostenuti o sostenendi per l'esproprio delle aree su cui tali opere devono sorgere, tanto più che non vi è ragione di escludere il concessionario di un determinato lotto dall'onere dei costi delle opere di urbanizzazione funzionali alla edificabilità del suo lotto, salva ovviamente l’esistenza del necessario legame funzionale tra opere di urbanizzazione ed aree date in concessione che costituisce giustificazione e limite dell'addebito dei costi (Cass. Civ., sez. I, 7 febbraio 2007, n. 2706; 14 settembre 2004, 18440). Sulla base, pertanto, delle suesposte considerazioni, il Collegio rileva l’infondatezza del primo motivo del ricorso principale, con il quale è dedotta falsa applicazione dell’art. 35 della L. n. 865 del 1971 e del principio, in tale disposizione espresso, del c.d. “pareggio di bilancio”. Così delineato e individuato il fondamento della pretesa dell’amministrazione comunale, la stessa non può essere considerarsi prescritta. Al riguardo si osserva che, nei casi di contestazione dell’indennità di espropriazione da parte dei proprietari dinanzi al giudice ordinario, il dies a quo dal quale calcolare il termine di prescrizione del credito vantato dal Comune in relazione alle maggiori somme per indennità di espropriazione poste a carico dell’ente, coincide con la data di conclusione della suddetta controversia e con il definitivo accertamento della indennità di espropriazione spettante ai proprietari delle aree P.E.E.P.. E’ solo da tale data, infatti, che l’amministrazione ha effettivamente appreso il costo definitivo per l’acquisizione delle aree espropriate ed ha potuto correttamente ed utilmente avviare le operazioni necessarie per il calcolo dei costi sostenuti, accertando con esattezza e puntualità, nel rispetto anche dei fondamentali principi di imparzialità e buon andamento prescritti dall’articolo 97 della Costituzione, le eventuali somme a conguaglio da richiedere ai soggetti interessati, precedentemente non essendo in grado di far valere il proprio diritto ex art. 2935 c.c., in quanto neppure effettivamente esistente (C.d.S., sez. V, 8 luglio 2003, n. 3981; 23 giugno 2008, n. 3123). Pertanto, nel caso di specie, poiché rispetto alla data di pubblicazione delle sentenze della Corte di appello di Bologna (2012), le richieste di pagamento del conguaglio di cui alla determinazione impugnata sono intervenute nel corso dell’anno 2013, cioè largamente entro il termine decennale, la prescrizione non si è compiuta, con conseguente infondatezza della censura. Identiche argomentazioni valgono per ritenere infondato anche il terzo motivo del ricorso principale, posto che, nella specie, alcuna violazione dell’art. 1227 cod. civ. si è verificata, a causa dell’operato del Comune all’epoca della quantificazione dell’indennità di espropriazione, in seguito non accettata dai proprietari, posto che in tale fase non vi poteva essere alcuna certezza riguardo all’esatta somma da liquidare, essendo diverse ed interagenti tra loro le variabili (notoria assoluta incertezza del quadro normativo di riferimento, controversa destinazione delle aree da espropriare etc.), che contribuivano e contribuiscono a determinare l’indennità. Come si è detto, in caso di contestazione dell’indennità, tale certezza si acquisise solo alla conclusione della relativa controversia civile instaurata dai proprietari delle aree. Né può valere, nella specie, l’argomentazione dei ricorrenti facente leva sulla ritenuta illiceità del comportamento dell’amministrazione comunale, stante che la somma di cui il Comune chiede ai medesimi la ripetizione non è dovuta ad un fatto illecito dell’ente, ma è conseguenza – giova ribadirlo - della contestazione in sede giudiziale della correttezza della quantificazione dell’indennità di espropriazione a suo tempo operata. Di qui, pertanto, il diritto del Comune a richiedere ai proprietari delle unità immobiliari tali somme (ivi incluse le spese legali per resistere nel giudizio ordinario), in quanto esse risultano in pieno rientranti nella nozione di “costo di acquisizione delle aree” (v. in termini: Cons. Stato, sez. IV, 22/7/2010 n. 4813). Con ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti hanno impugnato il successivo atto comunale di definizione e ripartizione, per ciascun proprietario delle unità immobiliari, delle maggiori somme oggetto di causa, nonché della deliberazione consiliare n. 27 del 2/5/2013 e del documento informativo predisposto dalla Giunta comunale in merito allo stato e misure di attuazione della deliberazione consiliare n. 54 del 2012 e, infine, delle note del Comune in data 12/4/2013 con cui è richiesto il pagamento delle maggiori somme entro il termine di 15 giorni. A sostegno di tale più recente ricorso i ricorrenti deducono motivi rilevanti l’illegittimità dei nuovi atti in via derivata da quelli opposti in via principale, nonché eccesso di potere per difetto dei presupposti e di motivazione. Quanto al primo ordine di censure, il Collegio non può che rilevarne l’infondatezza, quale diretta conseguenza della reiezione del ricorso principale. L’ulteriore autonoma censura risulta, invece, inconferente oltre che infondata, dal momento che la definitività delle più volte citate sentenze della Corte di appello e la conseguente iscrizione delle maggiori somme dovute dal Comune quale debito fuori bilancio dell’ente territoriale, costituiscono elementi del tutto sufficienti e congrui per ritenere che il credito vantato dai proprietari vittoriosi in giudizio sia certo ed esigibile, con la conseguenza che – dalla pubblicazione delle citate sentenze - il Comune poteva esercitare in concreto i poteri di cui all’art. 35 della L. n. 865 del 1971. Per le suesposte ragioni il ricorso principale e i motivi aggiunti sono respinti. La peculiarità della vicenda controversa ed il diverso esito, nei due gradi, dell’incidente cautelare integrano, ad avviso del Collegio, la sussistenza di giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia – Romagna, Bologna (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2014, con l'intervento dei magistrati: Giancarlo Mozzarelli, Presidente Sergio Fina, Consigliere Umberto Giovannini, Consigliere, Estensore L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 26/09/2014 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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