Deliberazione n. 16.2014.PAR

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Deliberazione n.16/2014/PAR
REPUBBLICA ITALIANA
Corte dei conti
Sezione di controllo per la Regione siciliana
nella camera di consiglio dell’adunanza generale del 18 dicembre 2013
visto il T.U. delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 e
successive modificazioni ed integrazioni;
visto l’art. 23 del R. D. Lgs. 15 maggio 1946, n.455 (Approvazione dello Statuto della
Regione siciliana);
visto il D. Lgs. 6 maggio 1948, n. 655 (Istituzione di Sezioni della Corte dei conti per la
Regione siciliana);
vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in materia di controllo e giurisdizione
della Corte dei conti);
visto il D. Lgs. 18 giugno 1999, n. 200 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della
Regione siciliana recante integrazioni e modifiche al D. Lgs. n. 655 del 1948);
vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione);
vista la legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della
Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) ed, in particolare, l’art.7, comma 8;
vista la deliberazione n. 32/2013/SS.RR./PAR in data 30 settembre 2013 delle Sezioni
riunite per la Regione siciliana in sede consultiva;
vista la deliberazione n. 354/2013/PAR in data 14 novembre 2013 della Sezione di controllo
per la Regione siciliana;
vista la richiesta di parere inoltrata dal Commissario straordinario della Provincia regionale
di Catania con nota prot. n. 67488 del 30 ottobre 2013 (prot. Cdc n. 125 del 30/10/2013);
vista l’ordinanza n. 522/2013/CONTR del 12 dicembre 2013 con cui il Presidente ha
nominato i magistrati relatori e ha convocato la Sezione in adunanza generale per l’odierna
camera di consiglio;
udito il magistrato relatore dott. Albo Francesco;
ha emesso la seguente
DELIBERAZIONE
Con la nota in epigrafe, il Commissario straordinario della Provincia regionale di Catania chiede
un parere sulla corretta interpretazione dei vincoli posti dalla normativa vigente agli interventi
finanziari delle pubbliche amministrazioni in favore di una società partecipata strumentale in
stato di liquidazione.
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In particolare, l’ente, a seguito delle reiterate perdite d’esercizio della propria società
partecipata “Convention Bureau etneo s.r.l..”, ne ha deliberato lo scioglimento e la messa in
liquidazione.
Poiché il liquidatore, al termine delle operazioni, ha richiesto all’amministrazione, in qualità di
socio unico, il sostegno finanziario per la copertura del disavanzo di liquidazione, l’ente chiede
di sapere se tale intervento, secondo lo schema dell’accollo del debito o con altre modalità, sia
compatibile con il disposto dell’art. 6, comma 19, del DL n. 78/2010, tenuto conto anche dei
rischi di esposizione all’azione di responsabilità di cui all’art. 2497 del
c.c., nonché della
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in tema di responsabilità dello Stato per
omesso soddisfacimento dei crediti del privato cittadino nei confronti degli enti locali in
dissesto.
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Il Collegio, in sede
di scrutinio preliminare, ritiene il quesito ammissibile sotto il profilo
soggettivo, essendo la richiesta di parere sottoscritta – peraltro
tramite firma digitale - dal
legale rappresentante dell’ente.
Il quesito è inoltre ammissibile sotto il profilo oggettivo, nei termini di seguito esposti, in
quanto, innanzitutto, rispondente ai criteri stabiliti dalla giurisprudenza contabile (Sezioni
Riunite per la Regione siciliana in sede consultiva, delibera n. 1/2004, dalla Sezione delle
Autonomie con delibera n. 5 del 17 febbraio 2006 e Sezioni riunite centrali in sede di controllo,
delibera n. 54/CONTR/2010) per quanto concerne la delimitazione del concetto di contabilità
pubblica.
L’istanza di parere in epigrafe, anche se riconducibile ad una questione specifica, verte su un
argomento di ordine generale, riguardante l’applicazione di norme inerenti l’utilizzo dello
strumento societario nel più generale contesto di specifici obiettivi di contenimento della spesa
sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica, con significative refluenze sulla
sana gestione finanziaria dell’ente e sui relativi equilibri di bilancio. Di conseguenza, la Sezione
ritiene di esprimersi limitatamente all’interpretazione delle disposizioni di legge e principi
generali dell’ordinamento attinenti alla materia prospettata dal richiedente.
L’attività consultiva di questa Sezione, inoltre, non può interferire in concreto con competenze
di altri organi giurisdizionali, come diversamente accadrebbe se prendesse posizione sul rischio
di azione di responsabilità di cui all’art. 2497 del
c.c. e sul rischio connesso all’omesso
soddisfacimento dei crediti del privato cittadino nei confronti degli enti in dissesto, alla luce
della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (sentenze in ricorsi n.
43870/2004 De Luca c. Italia e n. 43892/2004 Pennino c. Italia).
Tali riflessioni sono sottratte alla disponibilità del Collegio e non possono che essere rimesse
esclusivamente all’autonoma determinazione dell’organo di amministrazione attiva, in possesso
dei necessari elementi conoscitivi.
Le richieste di parere, pertanto, sono in parte qua inammissibili.
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Nel merito, appare utile ricordare che secondo consolidato orientamento della giurisprudenza
contabile (ex multis, Sezione di controllo per la Regione siciliana n. 394/2013/PAR, Sezione
controllo
Basilicata
n.
28/2011/PAR,
Sezione
controllo
Emilia
Romagna,
delibera
n.33/2011/PAR, Sezione controllo Liguria, delibera n. 82/2013/PAR, Sezione controllo Veneto
n. 980/2012/PAR, ecc.), l’ente non ha, in linea di principio, alcun obbligo di assumere a carico
del proprio bilancio i debiti della propria società partecipata in liquidazione qualora il patrimonio
di quest’ultima non sia in grado di soddisfare le pretese creditorie.
Qualora l’amministrazione decidesse, nella propria discrezionalità politica, di accollarsi i debiti
della società partecipata in liquidazione, la stessa dovrebbe evidenziare, attraverso congrua
motivazione, la sussistenza di un interesse pubblico concreto giustificativo dell’operazione da
intraprendere, valutandone attentamente la sostenibilità finanziaria.
Tale scelta, infatti, finirebbe inevitabilmente per costituire una rinuncia implicita al limite legale
della responsabilità patrimoniale della società di cui all’art. 2325 cc., al di fuori delle ipotesi
derogatorie tassativamente stabilite dal codice civile (e precisamente, in caso di responsabilità
illimitata del socio unico per le obbligazioni sociali, ex art. 2325, c.2, c.c., e in caso di attività
di direzione e coordinamento, ex art. 2497 c.c. e ss.). Queste ultime, ovviamente, restano
ferme ove ne ricorrano effettivamente i presupposti.
Nel delineato contesto, giova rammentare che l’attuale sistema normativo, in attuazione di
precisi divieti di origine comunitaria, pone limiti al “soccorso” da parte degli enti pubblici a
favore di società partecipate che si trovino in situazione di precarietà finanziaria ed afferma
“l’abbandono della logica del “salvataggio a tutti i costi” di strutture ed organismi partecipati o
variamente collegati alla pubblica amministrazione che versano in situazioni di irrimediabile
dissesto”.
Il legislatore ha, in sostanza, limitato in modo drastico la possibilità per gli enti locali di
sostenere finanziariamente gli organismi partecipati, positivizzando pratiche economiche che
avrebbero dovuto orientare la discrezionalità dell’ente e costituire la base di ogni scelta volta
alla sana gestione finanziaria degli organismi societari, stante l’uso di risorse della collettività”
(cfr. Sezione regionale di controllo per la Lombardia, n. 753/2010/PAR del 2010).
Al riguardo, con l’art. 6, comma 19, del DL n. 78/2010, ha imposto alle pubbliche
amministrazioni il divieto di effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture
di credito, nonché di rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate che
abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano
utilizzato riserve disponibili per il ripiano di perdite anche infrannuali, fatte salve le deroghe ivi
espressamente – e tassativamente – specificate.
Tale norma, che mira a scongiurare il rischio di effimere rivitalizzazioni di gestioni
costantemente in perdita, in grado di ripercuotersi negativamente sugli equilibri di bilancio e di
alterare la concorrenza “nel mercato” (art. 106 TFUE, già art. 86 TCE) non sembra, invero,
applicabile all’ipotesi in esame, relativa ad una società ormai disciolta e posta in liquidazione,
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che, avendo esaurito la propria mission istituzionale, non richiede interventi tesi alla
prosecuzione dell’attività societaria.
Cionondimeno, è agevole rilevare come il citato art. 6, comma 19, costituisca pur sempre
eloquente espressione di un disfavore legislativo nei confronti
di interventi tampone che
comportino dispendio di risorse finanziarie a fondo perduto.
Se, infatti, non è ammissibile nell’ottica di una sana gestione finanziaria effettuare “salvataggi”
nei confronti di società in perdita ma ancora presenti sul mercato, non si comprende quale
razionalità economica possa accompagnare l’accollo del debito risultante verso terzi all’esito
della procedura di liquidazione.
Conclusivamente, il Collegio ritiene che non sussista alcun obbligo per il comune di assumere al
proprio bilancio i debiti della società posta in liquidazione il cui patrimonio si sia dimostrato
insufficiente al pagamento degli stessi.
Al più, l’ente, in possesso di un esaustivo quadro conoscitivo, potrà valutare, sotto propria
responsabilità, l’ipotesi di accollo volontario delle passività, tenendo conto di tutti gli aspetti
anche indirettamente connessi all’operazione. Ciò potrà avvenire solo in presenza di adeguata
motivazione che dia conto di un rilevante interesse pubblico giustificativo.
Tale interesse non può essere identificato esclusivamente con la tutela dei creditori sociali che,
nel dare fiducia alla società, avrebbero fatto affidamento sulla natura pubblica della stessa e,
conseguentemente, sulla quasi certezza di ottenere il soddisfacimento integrale del loro
credito, in quanto le società partecipate sono operatori economici che operano al pari degli altri
soggetti, pubblici e privati, connotati da professionalità e capacità tali da consentire loro
un’attenta valutazione del soggetto-società partecipata con cui interagiscono e dei rischi che
corrono nell’instaurare rapporti economici con lo stesso.
La più recente legislazione ha, infatti, accentuato la responsabilizzazione non solo degli enti
pubblici ma anche dei soggetti privati che con gli stessi interagiscono, eliminando retaggi del
passato che vedevano l’ente pubblico come il destinatario finale di ogni avversità finanziaria.
PQM
Nelle suesposte considerazioni è il parere della Sezione.
Copia della presente deliberazione sarà inviata, a cura della Segreteria, all’Amministrazione
richiedente, nonché all’Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione pubblica
– Dipartimento delle Autonomie locali.
Così deliberato in Palermo, nella camera di consiglio del 18 dicembre 2013.
Il Relatore
Il Presidente
(Francesco Albo)
(Maurizio Graffeo)
Depositato in Segreteria il 20 GENNAIO 2014
IL FUNZIONARIO RESPONSABILE
(Fabio Guiducci)
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