LUNEDÌ 2 GIUGNO 2014 ANNO 53 - N. 21 In Italia EURO 1,40 www.corriere.it italia: 51575551575557 Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821 Roma, Piazza Venezia 5 - Tel. 06 688281 Servizio Clienti - Tel 02 63797510 mail: [email protected] Del lunedì Alleanze Sul set di «Perez» Zingaretti avvocato noir «Dimentico Montalbano» Alitalia, 560 milioni da Etihad L’offerta per chiudere entro metà giugno di Valerio Cappelli a pagina 27 di Giuliana Ferraino a pagina 7 SENATO, UN ASSURDO BALLETTO DI IDEE Il premier da Trento attacca l’agitazione: se l’annunciavano prima prendevo il 42 per cento LA RIFORMA NON È IN FORMA Lo sciopero che divide la Rai 9 771120 498008 40 6 0 2> Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano denti del Pd. Eppure nella proposta del governo figura una pattuglia di 21 cittadini illustri, nominati dal capo dello Stato. Ma il governo stesso parrebbe averla abbandonata alla deriva, dopo le critiche piovute da destra e da sinistra. Non senza fondamento, quanto alla nomina affidata al presidente: perché lo renderebbe signore d’un partito, trasformando perciò l’arbitro in un partigiano. Ma il principio no, il principio è sacrosanto. Sui banchi del nuovo Senato occorrerà uno sguardo lungo, anziché incollato sulla prossima campagna elettorale. Beni culturali, clima, energia, bioetica, innovazione tecnologica: sono queste le sfide che ci attendono. E per affrontarle serve il contributo della scienza, fianco a fianco alla politica. Dopotutto, un tempo succedeva. Fra i 2.362 senatori di nomina regia s’incontrano i nomi di Marconi (che inventò la radio), Ferraris (padre del motore elettrico), Forlanini (cui si deve lo pneumotorace). Oltre ad artisti e intellettuali come Manzoni, Verdi, Carducci, Verga, Croce, Einaudi. E il loro apporto fu spesso decisivo, per esempio durante la malaria, nelle leggi per il chinino di Stato approvate fra il 1900 e il 1907. Viceversa, in questi settant’anni di Repubblica sono stati appena 4 (su 37 nomine) gli scienziati designati dai nostri presidenti. Curioso, proprio nell’epoca marcata dal predominio della scienza. Sicché pensiamoci, prima di gettare quest’idea nel cestino dei rifiuti. In fondo, basterebbe spostare la scelta sui Lincei (la più antica accademia scientifica del mondo), come suggerisce Elena Cattaneo. Perché la rappresentanza non può divorziare dalla competenza. Altrimenti ci terremo perennemente sul groppone competenti impolitici e politici incompetenti. [email protected] Prime defezioni nel fronte anti-tagli. Renzi: protesta umiliante di PAOLO CONTI di VIVIANA MAZZA C omincia a sfaldarsi il fronte dello sciopero Rai proclamato per l’11 giugno. Al Tg3 aumenta l’insoddisfazione nella base dei redattori che lamentano una scelta verticistica dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti, e chiedono un confronto aperto. Da parte sua il premier Renzi insiste sui tagli: «Sciopero umiliante, facciano pure». Giannelli In primo piano P Il partito della tv perde i pezzi ed è sotto assedio di DARIO DI VICO A PAGINA 5 A PAGINA 3 Il messaggio Napolitano incalza: basta inconcludenze Al governo piace lo «storytelling» Addio narrazione di MARZIO BREDA di LUCA MASTRANTONIO A PAGINA 3 A PAGINA 2 adre Frans Van Der Lugt, gesuita, missionario, non è risuscito a vedere la fine dell’assedio. «Un giorno, un miliziano con il volto coperto è arrivato, lo ha fatto sedere su quella sedia e gli ha sparato alla testa». Lo racconta Nazim Qanawati, 50 anni, ingegnere civile. È uno dei 24 cristiani rimasti fino all’ultimo giorno, insieme a 200-500 civili musulmani e 2.000 miliziani ribelli. Viaggio tra le macerie di Homs, la città simbolo della guerra in Siria. Domani si vota in un Paese sconvolto. ALLE PAGINE 12 E 13 con gli articoli di Montefiori e Olimpio La lista di Prandelli per il Mondiale in Brasile Oggi il giudizio dell’Europa sui conti pubblici Fisco, cambia il Catasto Il piano «sblocca Italia» per far ripartire le opere di ENRICO MARRO V Nei 23 non c’è Rossi. Ci mancherà di MARIO SCONCERTI I l ct della nazionale di calcio Cesare Prandelli ha scelto i 23 azzurri per il campionato del mondo: fuori Giuseppe Rossi, che non offre sufficienti garanzie di ripresa dopo l’infortunio, e Destro. Dentro Insigne. Ranocchia riserva in attesa di valutare le condizioni di Barzagli e Paletta. (Nella foto, Giuseppe Rossi e Prandelli) ALLE PAGINE 28 E 29 Bocci, F. Monti, Ravelli © RIPRODUZIONE RISERVATA ia libera alla riforma del Fisco e al piano «sblocca Italia» per far ripartire le opere. Domani è in programma un vertice tra Renzi e il ministro dell’Economia, Padoan. Si partirà con il Catasto e con le semplificazioni, al centro delle quali c’è l’invio della dichiarazione dei redditi precompilata che dovrebbe arrivare a casa dei pensionati e dei lavoratori dipendenti nel 2015. Nei prossimi giorni dovrebbe intanto essere approvato il primo schema di decreto legislativo, quello sul Catasto. Alla drastica semplificazione degli adempimenti fiscali sarà dedicato il secondo decreto. Oggi il giudizio dell’Europa sui conti pubblici italiani. T A PAGINA 11 Oggi nel supplemento con il Corriere Fenici, Pagliuca, Poggi Longostrevi Con loro una suora L’ex deputato latitante Tornano liberi i due preti veneti rapiti in Camerun due mesi fa Parla Matacena: resto a Dubai Scajola? Chiara non mi ha tradito di CLAUDIO DEL FRATE di FABRIZIO CACCIA A PAGINA 16 Tasse e casa, come orientarsi tra calcoli e scadenze. Prima i tormenti dell’Imu, ora quelli per la Tasi, la nuova tassa sui servizi. A due settimane dalla scadenza, l’unica certezza riguarda l’Imu: si paga entro il 16 giugno ed è confermata l’esenzione per l’abitazione principale. Per la maggior parte degli italiani, invece, la Tasi slitterà a ottobre. ALLE PAGINE 2, 3 E 4 E i militari si affidano ai metronotte occa ai metronotte. Oggi, alla parata militare per la festa della Repubblica, a fare la guardia alle tribune destinate a ospitare le massime autorità dello Stato non saranno soldati bensì guardie giurate private. Perché, pur avendo la responsabilità di gestire la parata, l’esercito non disporrebbe delle attrezzature per le tribune. Di conseguenza, il ministero della Difesa deve ricorrere a un appalto esterno. Costo totale: un milione 800 mila euro. Nel labirinto Tasi e Imu Ecco come orientarsi Ducci, Galluzzo, Offeddu Festa della Repubblica La Difesa appalta la sicurezza per le tribune della parata di SERGIO RIZZO CorrierEconomia ROBERTO PIROLA S e con un piede acceleri, mentre con l’altro schiacci il freno, il testacoda è inevitabile. Attenzione: sta per succedere al nuovo Senato, archetipo di tutte le riforme. Dopo il successo alle Europee, il governo ha fretta, il Parlamento ha sonno. Il termine per la presentazione degli emendamenti era già slittato dal 28 al 30 maggio, poi al 3 giugno: il rinvio del rinvio. Ma intanto il partito di Alfano ne ha depositati 13, quello di Berlusconi 37. Piccoli numeri, rispetto al diluvio universale minacciato da Calderoli: 3.550 emendamenti. Senza dire dei grillini, dei mal di pancia all’interno del Pd, delle febbriciattole accusate dai partiti minori. Conclusione: nonostante le vitamine dispensate da Napolitano (l’ultima proprio ieri), la riforma non è in forma, anzi è proprio acciaccata. Per rimetterla in sesto, urge un passaggio in farmacia. D’altronde la ricetta è chiara: o il Senato continuerà a svolgere qualche utile funzione, oppure tanto vale sbarazzarsene. Non avrebbe senso trasformarlo in un orpello delle nostre istituzioni, dopo averle alleggerite del Cnel. Qui tuttavia diventa indispensabile il bilancino del farmacista. Se la Camera esprime la volontà legislativa, il Senato dovrà bilanciarla con poteri di controllo. Se la prima regge il cordone ombelicale con il governo nazionale, il secondo potrà ben reggerlo con i governi locali. E se i deputati incarnano il primato della politica sulle cose terrene, ai senatori toccherà rappresentare un altro spazio, un’altra esperienza umana. In sintesi: di qua le appartenenze, di là le competenze. Sennonché questo punto è finito sotto un cono d’ombra, nel dibattito che si trascina stancamente attorno alla riforma del Senato. Tutti i contrasti vertono sull’elezione diretta dei nuovi senatori, caldeggiata dai dissi- HOMS, FALLISCE TRA LE MACERIE LA RIVOLUZIONE CONTRO ASSAD IPP / CARLO FERRARO di MICHELE AINIS Il reportage A PAGINA 18 2 Primo Piano italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera Il governo Le scelte «Sblocca Italia» e Fisco, l’agenda di Renzi: la Ue? Non temo pagelle Le soprintendenze nel mirino del premier «Trovo umiliante lo sciopero a viale Mazzini» DAL NOSTRO INVIATO Le scadenze Il nuovo Senato e la legge elettorale Il premier Renzi ieri ha stilato un elenco di misure nell’agenda di governo per il breve periodo: prime fra tutti le riforme istituzionali, «la prossima settimana riparte la discussione sul Senato e poi torniamo a quella sulla legge elettorale», ha detto ieri a Trento Uffici pubblici e giustizia civile A seguire la riforma della Pubblica amministrazione, in parte per decreto in parte per ddl delega, che per il premier arriverà in porto il 13 giugno. Entro il primo luglio, poi, secondo la road map, il ddl delega sulla giustizia civile, con l’introduzione delle tecnologie telematiche I ritardi con il fisco e lo «sblocca Italia» Ammettendo ritardi con la riforma del fisco, il premier ha annunciato una novità in arrivo: lo «sblocca Italia», un provvedimento per liberare «interventi fermi da 40 anni» e per «rendere il fisco semplice e rovesciare il rapporto esistente tra Stato e pubblica amministrazione» TRENTO — La fase due della rottamazione di Matteo Renzi è rivolta a 360 gradi dentro e fuori il Paese. L’Europa, quella attuale, quella che «ci dice tutto di come un pescatore dell’Adriatico deve fare il suo mestiere» è anche quella dei «tecnocrati», che «girano la faccia dall’altra parte quando un bambino muore» nel canale di Sicilia, in quelli che sono anche mari europei, ma evidentemente più per la tipologia delle lenze e le tecniche di pesca, che per i principi morali, quelli «latitano», accusa e insieme ironizza il capo del governo. Ma accanto a questo tipo di Ue c’è anche una questione interna, con altri due tipi di potere da riformare. Quello politico, la classe che «per anni è stata campione mondiale di alibi, quella che non si è mai presa una responsabilità», quella che il giorno dopo le elezioni «non avevano mai perso». E quello meno appariscente, che in parte era seduto ieri mattina all’Auditorium di Santa Chiara, nel centro storico di Trento, che lo applaudiva, ma che ha avuto un attimo di sussulto quando il premier l’ha messa giù senza perifrasi, perché «dopo le riforme del Senato e della legge elettorale» ci occuperemo anche «della classe dirigente di questo Paese, che per anni ci ha fatto la morale». Al Festival dell’Economia Renzi arriva in jeans sdruciti, scoloriti, come gli capita sempre più spesso. In prima fila ex ministri come Fabrizio Saccomanni, l’ad di Fiat Chrysler, Sergio Marchionne, un simbolo della sinistra come Franco Marini (in realtà la fila è la settima). L’economista Tito Boeri gli gira una serie lunga di domande, Enrico Mentana sviluppa i temi di Boeri e conduce l’intervista pubblica. Alla fine, proprio Marchion- ne dirà: «Mi è piaciuto, è l’unica agenda che in questo momento ha l’Italia e anche l’Europa, condivido tutto». Agenda dice Marchionne, quasi un manifesto dicono in sala, sicuramente c’è un elogio del ruolo migliore della politica, una rivendicazione impostata su parametri a tratti drammatici. Se negli Stati Uniti, in Asia, in Giappone, spiega Renzi, «hanno tutti dato una risposta alla crisi economica, risposte diverse ma efficaci, qui in Europa ancora cerchiamo la formula giusta». Conseguenza: delle raccomandazioni in arrivo dalla Ue «terremo conto, ma non sono il problema, non ho timori», come non è un problema il nome del futuro vertice dell’Unione, piuttosto «la Ue ha bisogno di cambiare linea economica o la politica torna a fare il suo mestiere e riprende il suo potere di indirizzo sulla burocrazia o non ci salviamo». Una politica diversa a Bruxelles come a Roma. Se lì manca fra gli altri «una politica estera», qui da noi occorre una «rivoluzione pacifica del buon senso», che può significare tante cose, tutte finora difficilissime. Per esempio occorre smetterla di fare calcoli e cominciare a pensare che «il risultato elettorale dimostra che possiamo andare verso due schieramenti, che mettono la residenza al 40%». Occorre Tra la folla Il presidente del Consiglio Matteo Renzi si ferma in strada a salutare la folla al suo arrivo al Festival dell’Economia di Trento, organizzato da Tito Boeri: tra sorrisi e strette di mano, il premier ha posato anche per alcune foto ricordo (Afp/Pierre Teyssot) cambiare mentalità, che ci sia «uno che abbia responsabilità, il ballottaggio serve a dire questo, a dire chiaramente chi ha vinto e che deve fare delle cose che se non gli riescono, anche per colpe non sue, gli verranno attribuite». Occorre ancora diminuire il numero dei politici, anche con un Senato senza compensi, perché viceversa i posti si molti- ❜❜ A me piace la tv pubblica dei professionisti sganciata dalle ansie dei partiti plicano, «i politici sono come le ciliege, uno tira l’altro». Uno schema che ha anche ricadute personali: «Siamo i teorici della rottamazione, un governo di 30enni o 40enni, fra dieci anni dovremo noi essere rottamati, andare a fare un altro lavoro, perché così accade negli altri Paesi». Se questo è il manifesto dei ❜❜ Dopo la riforma del Senato ci occuperemo anche della classe dirigente prossimi anni ci sono anche altri tabù della sinistra da abbattere: dopo i magistrati, dopo la Costituzione che non è la più bella del mondo («lo sapete che per i padri costituenti il bicameralismo perfetto fu un ripiego?»), dopo i sindacati da snobbare, entrano nel mirino le Soprintendenze, mentre annuncia un provvedimento che chiame- ❜❜ La rottamazione vale anche per noi, tra dieci anni dovremo fare un altro lavoro rà sblocca Italia: anche i custodi del bello del Paese impediscono gli investimenti, bloccano il Paese. Una volta, poco tempo fa, erano uno dei feticci della sinistra. E invece ora «faremo entro luglio un provvedimento che si chiamerà sblocca Italia, chiederemo ai sindaci di dirci tutte le opere bloccate dalla mancanza di concerto, dai vincoli e dai divieti delle Soprintendenze. La regia sarà a Palazzo Chigi, vi abbineremo il massimo dell’open government, trasparenza assoluta, dobbiamo essere più trasparenti degli anglosassoni». E figuriamoci se in questo schema le polemiche sulla Rai, la minaccia di uno sciopero di fronte ai tagli chiesti dal governo, trovano il capo del governo in posizione di difesa: «Abbiamo dato alla Rai due chance, vendere Rai Way o riorganizzare le sedi regionali, non mi sembra L’analisi La tecnica di comunicazione sperimentata da Reagan negli anni 80 ha in Berlusconi, Veltroni e Vendola i suoi epigoni Dal marketing alla politica, ascesa dello storytelling Promuovere l’Italia attraverso la narrazione Ecco la ricetta (americana) del premier MILANO — La misura economica per far ripartire l’Italia, per Matteo Renzi, è lo «storytelling». Cioè, una «narrazione» che migliori la capacità di promuovere le eccellenze del Paese, contagiando positivamente mezzi e destinatari (una «narrazione virale»). Lo storytelling nasce nel marketing Usa, come capacità di vendere un prodotto o un marchio attraverso il racconto della sua storia, reale o fittizia. Per questo Renzi non l’ha dovuto spiegare al Festival dell’economia di Trento, dove ha parlato ieri. Fu quasi necessario, invece, alla conferenza del programma delle riforme, dove c’era una slide con un pesce rosso, a indicare — fu poi detto — di cosa non avreb- be parlato. I pesci, infatti, sono muti. Lo storytelling fu sperimentato in politica negli anni 80 in America con Ronald Reagan, ma se ne servì anche Bill Clinton, a dimostrazione della natura post-ideologica dello strumento. Venuti meno i Grandi Racconti delle ideologie novecentesche, saper raccontare è vitale per imporsi, soprattutto se non si è proprietari, o molto legati ai proprietari dei mezzi di comunicazione: qualità intrinseca dello storytelling è la predominanza del «messaggio» (reso narrativo) rispetto al «medium»: una narrazione virale incrocia diversi media e pubblici. Non tutte le narrazioni politiche fanno storytelling (se suonano false, fredde o respingenti). Quella di Nichi Vendola è immaginifica, poetica, ma retorica, pasoliniana, da erede di Fausto Bertinotti, il parolaio rosso. Anche la narrazione «proverbiale» di Pier Luigi Bersani era ricca, tra giaguari da smacchiare e bambole da pettinare, ma da cultore di lessicografia rurale. A sinistra, un vero storyteller è stato Walter Veltroni, che racconta Enrico Berlinguer con stile hollywoodiano. Ma il re, prima di Renzi, è stato Silvio Berlusconi: con la videocassetta della discesa in campo, l’opuscolo Storia di un italiano e immagini virali tipo le «toghe rosse», con cui è riuscito, grazie anche ai capelli fulvi di Ilda Boccassini e lo storytelling resistenziale di Saverio Borrelli con la linea del Piave, a convincere gli italiani che nonostante la fine dell’Urss i comunisti Protagonisti Borrelli Ex pm, 84 anni, nel 2002 coniò lo slogan «Resistere, resistere, resistere» contro Berlusconi Baricco Scrittore, 56 anni, tra le presenze al Big Bang, convention voluta da Renzi alla Leopolda di Firenze Farinetti Dirigente d’azienda, 59 anni, fondatore di Eataly, catena di alimentari d’eccellenza fossero ovunque, persino nella magistratura. Renzi, a differenza di Silvio e della vecchia classe politica molto forte in Rai, e similmente a Beppe Grillo che però ha un’altra storia, ha puntato sui nuovi media e un’etica a loro associabile: accesso e partecipazione. Qualcosa di simile allo storytelling aperto, liquido, descritto da Frank Rose in Immersi nelle storie (Codice). Con i voti di primarie ed europee, tra rottamazione e governo, ha reso partecipi alla vita politica e al potere nuove persone. Così Renzi ha reso più potente sul piano narrativo la sua storia di vita e di successo, suo e delle persone intorno, come Alessandro Baricco e Oscar Farinetti, proprietari di fabbriche di storie: la scuola Holden, dove si insegna storytelling aziendale, e Eataly, dove non si vendono prodotti alimentari, ma la cultura che c’è dietro, facendo credere al consumatore di farne parte. Luca Mastrantonio criticalmastra © RIPRODUZIONE RISERVATA Primo Piano italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 3 Il Quirinale Il messaggio: ora il nostro Paese può parlare a voce alta in Europa Spinta di Napolitano per le riforme: c’è più fiducia, basta inconcludenze Il capo dello Stato: gli italiani lo hanno capito, serve stabilità tanto. Se poi uno dei luoghi più politicizzati del Paese, dove ancora c’è chi scambia la carriera con la vicinanza ad un partito, luogo dal quale io voglio stare il più lontano possibile, se vogliono fare lo sciopero lo facciano, è umiliante, poi faremo due conti sulle sedi regionali, siamo l’azionista, a me piace la Rai dei professionisti, con una governance sganciata dalle ansie dei partiti, non una polemica incredibile fatta dal sindacato interno». L’unico argomento che non si può aggredire è quello del fisco: «La riforma l’ho un po’ bloccata io, è un tema molto complesso. Abbiamo 271 forme di deducibilità, dobbiamo tornare ad essere un Paese come gli altri, dove si pagano le tasse una volta l’anno. Ma ci vorrà del tempo». 80 10 Marco Galluzzo © RIPRODUZIONE RISERVATA euro Il bonus Irpef per dipendenti, disoccupati in cassa integrazione o in mobilità con un reddito fino a 24 mila euro annui anni L’orizzonte che si è dato Renzi in politica: «Noi teorici della rottamazione diamo il buon esempio» ROMA — I toni non sono né ansiogeni né, com’è ovvio, trionfalistici. Sono piuttosto ispirati a una condizionata, ma ragionevole, speranza. Ed è la prima volta, dopo anni di crisi devastante e di terapie penitenziali, che gli italiani sentono parlare di «fiducia» in una chiave alla quale si può credere. È Giorgio Napolitano a evocarla, e lo fa «guardando obiettivamente all’insieme delle posizioni politiche che si sono confrontate nella recente consultazione elettorale». Voto che — non ha bisogno di dirlo — ha visto arretrare la retorica populista e nichilista e affermarsi invece un’esplicita voglia di riconciliazione con la politica. Purché seria e credibile. Un giro di boa che va oltre l’exploit di Matteo Renzi e le aspettative concentrate su di lui. Infatti, è quasi un passaggio d’epoca e offre indicazioni precise, che il presidente mette in fila nel suo messaggio per la festa della Repubblica. Con l’ansia di dare in prima persona una spinta per la stabilità, le riforme, il lavoro, la questione morale, il nostro stesso ruolo a Bruxelles. I «fatti che devono rendere tutti noi più fiduciosi», per il capo dello Stato si riassumono nella «necessità di forti cambiamenti in campi fondamentali». Ecco quel che gli italiani chiedono. Le urne lo hanno sancito con un’evidenza tale da consentire all’Italia — unica nazione, assieme alla Germania, dove gli euroscettici non abbiano umiliato i governi in carica — di «parlare a voce alta in Europa e contribuire a cambiarne le istituzioni e le politiche». Questo il primo punto, ma non basta. «Si sono moltiplicate nella società, e specialmente tra i giovani, le manifestazioni di volontà costruttiva e di spirito d’iniziativa». C’è insomma una nuova voglia di farla, la politica. Reazioni impensabili solo pochi mesi fa, quando il Paese veniva descritto come depresso, esausto e impaurito dopo una «pesante crisi» (sfociata in stagnazione) che ha portato «la realtà sociale a conoscere ✒ Il male ereditario e i dubbi legittimi dell’Europa di LUIGI OFFEDDU «N Al Colle Il capo dello Stato Giorgio Napolitano durante la registrazione del discorso per il 2 Giugno (Ansa) I temi La riforme Nel tradizionale intervento televisivo per il 2 Giugno, il capo dello Stato Giorgio Napolitano (foto Ansa) ieri ha richiamato Parlamento e governo alle proprie responsabilità, commentando l’esito delle Europee: «Gli taliani hanno detto con chiarezza che vogliono stabilità e riforme strutturali. Questa necessità di stabilità, che ho sempre richiamato, è stata largamente compresa dagli italiani» La ripresa Dai risultati delle elezioni, ha detto il presidente, non si può non capire che gli italiani «vogliono lasciarsi alle spalle il buio della crisi economica e vivere in un’Italia diversa. Il problema è ora quello di passare rapidamente alle decisioni e alle azioni per aprire la prospettiva di un nuovo sviluppo per l’Italia. Niente scuse o ritardi: il da farsi è ormai delineato» gravi passi indietro, come dice il livello insopportabile cui è giunta la disoccupazione, specie quella giovanile». Ora, spiega il presidente, «se questa deriva si è fermata, se registriamo sia pur deboli segnali di ripresa, il problema è passare rapidamente alle decisioni e alle azioni che possono migliorare le condizioni di quanti hanno sofferto di più per la crisi, e aprire la prospettiva di un nuovo sviluppo per l’Italia». Dunque, ciò che bisogna fare «è ormai delineato». Su tutto, ripete, senza mostrarsi spazientito per aver visto troppe volte inevasi i propri appelli, «determinanti sono le riforme strutturali, tra le quali già in cantiere quelle per le istituzioni e per la pubblica amministrazione, per il lavoro e per un’economia più competitiva». Chiaro che per imprimere davvero uno scatto, per «cambiare verso» come giura di saper fare il premier, serve «un confronto civile in Parlamento». Anzi, questa è la precondizione. Napolitano la «auspica», perché «una ricerca di intese è dovuta per ogni modifica costituzionale». Però, avverte con severità (e mutuando espressioni usate nel giorno del suo secondo insediamento al Quirinale), «è tempo di soluzioni, non di nuove inconcludenze». Di più: «La strada del cambiamento passa per molte altre innovazioni», su altri versanti. E, «proprio perché essa è lunga e complessa, si richiede continuità, non instabilità; tenacia, non ricorrente incertezza». Del resto, la «necessità» di dare un orizzonte adeguato all’esecutivo «è stata largamente compresa dagli italiani» e il responso del voto europeo resta un inequivocabile memorandum. Per tutti i partiti, non soltanto per quelli che formano la maggioranza, Pd in testa. I giovani «Nella società, specialmente tra i giovani, c’è più volontà costruttiva» Infine, ma certo non ultima nell’agenda delle priorità indicate da Napolitano nel suo messaggio, «il cammino del nostro Paese verso un futuro migliore passa egualmente attraverso una lotta senza quartiere alla corruzione, alla criminalità, all’evasione fiscale». Un cammino al quale «tutte le forze vitali dello Stato e della società sono chiamate a cooperare» e che «non può essere inquinato e deviato da violenze, intimidazioni, illegalismi di nessun genere». Marzio Breda © RIPRODUZIONE RISERVATA Il commento Se il premier assedia i fortini della sinistra che fu di DARIO DI VICO S e lo sciopero dei dipendenti Rai contro il governo fosse stato indetto qualche giorno prima delle elezioni europee, ha assicurato Matteo Renzi dal palco del Festival dell’Economia di Trento, sarebbe stato meglio perché «avrei preso il 42,8 e non solo il 40,8%». La battuta è spietata ed è diretta contro quello che resta del glorioso «partito Rai», rimasto a lungo una delle constituency più influenti del centrosinistra. I sondaggisti raccontano addirittura che negli anni che vanno dalla metà dei 90 al 2004 per connotare gli elettori di centrodestra e centrosinistra non si usassero più i vecchi parametri identitari come imprenditore vs tuta blu oppure la frequenza alla Santa Messa ma «la fiducia in Mediaset» contrapposta «alla fiducia nella Rai». Per tutta la fase iniziale della Seconda Repubblica, se eri di sinistra confidavi nelle magnifiche sorti dell’azienda televisiva di Stato. In parallelo all’interno di Viale Mazzini si andava creando una situazione singolare: dal 2001 fino al 2012 i vertici aziendali sono stati scelti dai governi a guida berlusconiana ma «la pancia della Rai» è rimasta sempre e comunque affezionata alle bandiere del centrosinistra. I segretari via via succedutisi a Botteghe Oscure e al Nazareno hanno guardato con grande attenzione a questa membership e hanno pescato a piene mani dal vivaio Rai per intercettare il voto romano (con Piero Badaloni, Piero Marrazzo, David Sassoli). Il primo leader che non si è appassionato al tema ma vuole addirittura emanciparsene è pro- prio Renzi, conscio forse che nei sondaggi di opinione la popolarità di Rai e Mediaset è scesa drasticamente al livello dei partiti e delle banche e che alla domanda «chi fa, secondo lei, servizio pubblico televisivo» molti intervistati rispondono indicando Sky o La7. In sostanza come la sfida portata alle alte burocrazie dello Stato e alla dirigenza della Cgil è servita a Renzi per fare il pieno di voti al Nord e in particolare in Veneto, così l’opposizione frontale al partito Rai dovrebbe aiutarlo a liberarsi di un’altra di quelle «catene della sinistra» (come recita il titolo del libro di Claudio Cerasa) che sono state azioniste occulte del progressismo italiano. Come ha ribadito anche nel suo show di Trento il premier punta a «mettere la residenza» a quota 40% e per questo ha in mente un posiziona- mento del suo partito che alla fine produca un interclassismo dell’epoca di Internet. Per ottenere questo risultato Renzi deve far guerra alle piccole caste rosse senza rompere con la base sociale del centrosinistra e con i suoi valori tipici come l’attenzione alla scuola o la solidarietà verso gli immigrati. Non ripudia il voto di pensionati, operai, dipendenti pubblici e ceti urbani intellettuali — «la società bersaniana» — punta invece ad aggiungere al voto di sempre il consenso di fette La metamorfosi All’inizio della Seconda repubblica l’area progressista si identificava nella Rai e nei sindacati. Ora non più consistenti dell’imprenditoria autonoma e del lavoro precario. Due segmenti del mercato elettorale che non amano lo Stato e tutto ciò, compresa la Rai, che rimanda ad esso. La manovra sugli 80 euro in più in busta paga è stata da questo punto di vista esemplare, porterà ristoro economico ai lavoratori dipendenti ma ha anche generato una querelle con la Cgil dimostrando così all’elettorato chi è pragmatico (lui) e chi è invece ideologico (Susanna Camusso). Idem con il tetto agli stipendi degli alti burocrati presentato come una norma desunta addirittura dalla lezione di Adriano Olivetti, un’icona della sinistra, e nei fatti una sforbiciata destinata a far capire agli elettori che l’inciucio tra il centrosinistra e i grand commis di Stato deve considerarsi archiviato. © RIPRODUZIONE RISERVATA on ho particolari timori sulle valutazioni che deve fare la Commissione europea», dice Matteo Renzi. Non è una riflessione comune fra gli altri leader, e tuttavia è probabilmente giustificata. Renzi pensa alle raccomandazioni economiche che la Commissione diffonderà oggi, per i prossimi 12-18 mesi e per tutte le nazioni Ue, e al giudizio che esprimerà sulle loro politiche di bilancio. Il governo italiano è quello uscito più rafforzato dal voto popolare alle elezioni europee, annuncia varie riforme vicine a quelle invocate da Bruxelles, promette la stabilità. Nella riflessione di Renzi, non merita dunque grandi reprimende. E poi, ragionando con un altro metro, è difficile che la Commissione — fra l’altro alla fine del suo mandato — voglia metterlo troppo in difficoltà: non per compiacenza, ma perché non sarebbe nell’interesse dell’eurozona. Tuttavia, accanto ai complimenti, qualche strigliata anche severa è da mettere in bilancio, perché l’Italia, insieme con Croazia e Slovenia, è uno degli unici 3 Stati Ue, su 28, messi sotto osservazione per «squilibri macroeconomici eccessivi» (per altri 10, si parla «solo» di «squilibri macroeconomici»). Il suo peccato mortale ed ereditario si chiama come sempre debito pubblico eccessivo, il secondo più alto in Europa dopo quello greco. Quel debito, per la Commissione, è direttamente legato alla «debole competitività esterna»: ed entrambi «alla fine affondano le loro radici nella protratta crescita abulica della produttività». E che la preoccupazione accesa a Roma riguardi tutta l’eurozona, Bruxelles lo ripete da mesi: «La necessità di un’azione decisa per ridurre il rischio di effetti negativi sul funzionamento dell’economia italiana e della zona euro, è particolarmente importante viste le dimensioni dell’economia italiana». Oggi l’Ue dirà se Roma, a suo giudizio, ha recuperato e recupererà nella sua battaglia contro il debito pubblico. Diversamente, per lei come per gli altri Stati «indiziati» dell’eurozona, sono già previste pesanti sanzioni che potranno arrivare allo 0,1% del prodotto interno lordo nazionale. I «particolari timori», in questo caso, ci sono, o dovrebbero esserci. © RIPRODUZIONE RISERVATA 4 Primo Piano italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera » Approfondimenti I provvedimenti allo studio NUOVO CATASTO E 730 PRECOMPILATO PARTE LA RIFORMA DELLE TASSE Valori della casa, semplificazione dei tributi e accise sui tabacchi tra le prime misure da tradurre in decreto ROMA — Vertice domani tra il presidente del Consiglio e il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, per mettere a punto i primi decreti di attuazione della riforma del Fisco, la legge delega approvata il 28 febbraio dal Parlamento. È stato lo stesso Matteo Renzi ad annunciarlo, spiegando che finora ha tenuto lui ferma l’attuazione della riforma per decidere su quali aspetti puntare. Si partirà con il catasto e con le semplificazioni, al centro delle quali c’è l’invio della dichiarazione dei redditi precompilata che dovrebbe arrivare a casa dei pensionati e dei lavoratori dipendenti nel 2015, secondo i piani del premier. Che proprio su questo sta chiedendo ai tecnici di accelerare, per varare l’operazione nel giro di qualche settimana. Nei prossimi giorni dovrebbe intanto essere approvato il primo schema di decreto legislativo (che poi andrà alle Camere per i pareri delle commissioni parlamentari e poi tornerà in Consiglio dei ministri per il varo definitivo), quello sul catasto. Il provvedimento darà il via alle nuove commissioni censuarie, che dovranno fare la revisione delle rendite secondo le direttive della legge delega. Il criterio guida per l’attribuzione del valore catastale delle case non sarà più il numero dei vani ma i Il vertice In calendario per domani un incontro tra il premier e il ministro dell’Economia Padoan sulla legge delega di riforma Agevolazioni fiscali e rendite catastali Immobili Persone fisiche Casa Famiglia I valori delle rendite in base ai metri quadrati Il primo decreto legislativo di attuazione della riforma fiscale potrebbe essere varato già questa settimana dal Consiglio dei ministri. Conterrà le regole per le nuove commissioni censuarie che dovranno revisionare le rendite catastali di 62 milioni di immobili. Si procederà valutando non più i vani ma i metri quadrati e le zone di ubicazione. L’operazione richiederà anni: 5 secondo l’Agenzia del demanio, ma il governo vorrebbe stabilire tempi più rapidi. Contro le nuove rendite catastali il cittadino potrà presentare ricorso. Dalla riforma del catasto, promette il governo, non deriverà un aumento delle imposte sulla casa, ma una distribuzione del prelievo più rispettosa del valore reale degli immobili. © RIPRODUZIONE RISERVATA Dichiarazioni L’invio a casa dal 2015 per pensionati e dipendenti Un altro decreto legislativo conterrà le misure di semplificazione all’insegna del «Fisco amico» che potrebbero comprendere anche l’invio della dichiarazione dei redditi precompilata a casa di pensionati e lavoratori dipendenti, dal 2015. Il modulo conterrà i dati già in possesso del fisco (stipendio, pensione, immobili) e il cittadino dovrà aggiungere le detrazioni per spese mediche, mutui, eccetera. Una serie di semplificazioni riguarderanno le imprese. Per incentivare la fatturazione elettronica si stabilirà la possibilità di riscuotere subito i crediti Iva e compensare crediti e debiti fiscali. Ci sarà un servizio di consulenza online per risolvere i problemi con interpelli telematici. © RIPRODUZIONE RISERVATA Riordino sgravi A settembre la revisione di detrazioni e deduzioni È uno dei capitoli più attesi della riforma del Fisco. Se ne parla dal 2011, quando il rapporto Vieri Ceriani censì più di 700 agevolazioni fiscali tra detrazioni (si sottraggono all’imposta lorda) e deduzioni (si sottraggono all’imponibile). Una giungla dove, accanto ai capitoli principali (detrazioni lavoro dipendente, carichi familiari, spese sanitarie) convivono numerose duplicazioni e sprechi. Il riordino degli sgravi, dai quali potrebbe derivare un maggior gettito di qualche miliardo, verrà probabilmente affrontato a settembre, insieme con la predisposizione della legge di Stabilità per il 2015. © RIPRODUZIONE RISERVATA 9,49 0,13 Imprese Imposte dirette Risparmi e investimenti 15,88 Altre imposte indirette TOTALE AGEVOLAZIONI 720 253,75 pari a Crediti di imposta Irap 6,90 23,67 63,96 58,10 0,22 In miliardi di euro Consumi, imposte indirette e immobili Imposte Rendite catastali Iva su assicurazioni private e vitalizi Lavoro e pensioni 21,06 Erogazioni Altre liberali misure e terzo settore metri quadrati. E si terrà conto delle zone dove si trovano le stesse, per correggere gli squilibri attuali, con gli immobili nelle zone centrali di pregio che spesso godono di vecchie rendite, inferiori a quelle di appartamenti costruiti nelle periferie. Dall’operazione, che richiederà qualche anno, perché ci sono 62 milioni di immobili censiti, non deriverà un aumento del gettito ma solo una sua distribuzione più equa, assicurano i tecnici. E del resto anche il capogruppo di Ncd al Senato, Maurizio Sacconi, pone questa come una delle condizioni fondamentali della riforma, insieme con una drastica semplificazione degli adempimen- miliardi di euro 4,02 40,94 1,23 Accise 2,37 Tributi locali 4,03 ti fiscali. E proprio a questo sarà dedicato il secondo decreto legislativo. Tra le misure in cantiere: incentivi all’uso della fatturazione elettronica, forte semplificazione della contabilità per le imprese, servizio di consulenza fiscale online. In arrivo anche la revisione delle accise sui tabacchi, necessaria dopo una recente pronuncia del Tar, che potrebbe portare a un lieve aumento di prezzo per le sigarette del segmento più basso. La revisione della giungla delle oltre 700 deduzioni e detrazioni fiscali slitta invece a settembre con la legge di Stabilità 2015. Enrico Marro © RIPRODUZIONE RISERVATA La differenza tra valori effettivi e valori catastali ai fini di Imu, Tasi e imposte per l’acquisto Valori vendita in euro/mq Imponibili Media Valori Valori per acquisto valori imponibili reali/ prima casa reali per Imu valori di vendita e Tasi fiscali Valori reali/ valori fiscali Bologna 3.384 1.410 2,4 969 3,5 Firenze 3.261 1.254 2,6 862 3,8 Genova 2.701 1.286 2,1 884 3,1 Milano 3.016 1.371 2,2 943 3,2 Napoli 2.471 988 2,5 680 3,6 Enti non commerciali Palermo 1.543 532 2,9 366 4,2 0,39 Roma 3.370 1.685 2 1.158 2,9 Torino 2.778 1.462 1,9 1.005 2,8 ITALIA 1.626 678 2,4 466 3,5 1,39 Fonte: Elaborazione Corriere della Sera su dati Agenzia delle Entrate Infrastrutture Da oggi le lettere ai sindaci che in 15 giorni dovranno segnalare le opere non avviate Edilizia, ex aree industriali, cantieri fermi entro luglio il grimaldello «sblocca Italia» ROMA — Il modello è simile a quello adottato per gli interventi nell’edilizia scolastica. Se non fosse che l’annuncio di ieri del premier, Matteo Renzi, punta ad andare molto oltre le indicazioni ricevute nelle settimane scorse da 5.200 Comuni interessati al recupero o alla realizzazione di scuole. Questa volta Palazzo Chigi, come spiegato da Renzi a Trento dal Festival dell’economia, invierà a tutti i Comuni italiani una richiesta dove indicare le criticità e i vincoli che ostacolano gli investimenti in opere ferme o in cantieri bloccati nei rispettivi territori. Tanto che i sindaci, tramite il presidente dell’Anci (Associazione Comuni italiani) Piero Fassino, hanno subito fatto sapere di essere allineati. «Io e tutti i sindaci italiani siamo pronti a raccogliere le richieste del presidente del Consiglio. In ogni città e Comune ci sono progetti che, se finanziati, possono decollare in breve tempo contribuendo così al rilancio della crescita e alla creazione di lavoro». L’Auditorium di Perugia A Perugia il sindaco uscente, Wladimiro Galbiati, ha colto l’invito chiedendo il completamento della superstrada Perugia-Ancona, la realizzazione dell’Auditorium e la riconversione di un’area «immensa» come quella dell’ex carcere. Stessa musica, per esempio, ad Ascoli, dove Guido Castelli, rieletto lo scorso 25 maggio, chiede il recupero e la valorizzazione di un’area di 27 ettari, finora ricoperta di materiali ferrosi e di amianto. I casi di scuola, insomma, abbondano. Ciò che resta da capire è come sarà strutturato in dettaglio il provvedimento che Renzi ieri ha ribattezzato sblocca Italia. L’idea del premier è ottenere nell’arco di 15 giorni le indicazioni da parte degli enti locali con gli elenchi delle opere bloccate, piuttosto che la lista degli immobili abbandonati a causa di ostacoli burocratici e inefficienze della macchina amministrativa. Il presidente del Consiglio, da tempo critico nei confronti delle sovrintendenze, vuole un provvedimento ad hoc che renda possibile l’intervento sui singoli beni, riattivando così i cantieri impantanati da anni. Il decreto sblocca Italia, secondo il premier, dovrebbe essere emanato entro la fine di luglio e «sarà operativo da subito». L’annuncio è la consueta fuga in avanti di Renzi, che, peraltro, fa seguito ai colloqui della settimana scorsa con i ministri Pier Carlo Padoan (Economia), Maurizio Lupi (Infrastrutture) e Federica Guidi (Sviluppo economico). Il ruolo di Cdp A Palazzo Chigi durante gli incontri con i titolari dei dicasteri e con Cassa depositi e prestiti si è discusso delle possibili aree e degli strumenti di intervento. Va però stabilito se le misure contenute nel decreto sblocca Italia accoglieranno anche gli interventi in materia di competitività a cui sta lavorando il ministero dello Sviluppo economico. Tutto potrebbe confluire in un unico maxiprovvedimento. Di certo come spiega il sottosegretario all’Economia, Giovanni Legnini, «si sta già operando per mettere insieme un intervento che coinvolge più ministeri. Il tema è come fare ripartire subito le opere dotandole, dove necessario, di risorse spendibili». La cabina di regia Ad agevolare l’elaborazione del decreto dovrebbe contribuire il fatto che le competenze sulla coesione territoriale nel governo Renzi sono rimaste in capo alla pre- sidenza del Consiglio. Non a caso, una volta ricevute le indicazioni da parte dei sindaci, sarà istituita una cabina di regia proprio a Palazzo Chigi per svolgere un ruolo di supervisione prima e dopo il varo del decreto. Il provvedimento costituirà dunque uno dei cardini della politica di governo in materia di rilancio dell’economia e del lavoro. Il tutto transita per un La bonifica del sito a Bagnoli L’abbattimento nel 2003 delle torri Italsider, prima tappa della bonifica del sito L’autostrada Napoli-Bari Il viadotto dell’autostrada Napoli-Bari è in attesa di lavori di ristrutturazione piano di alleggerimento e accorciamento degli obblighi burocratici e amministrativi, avvicinando così l’Italia alla media degli altri Paesi Ue. «Sarà un procedimento — dice il premier — chiaro sotto il segno della trasparenza totale, per dare un messaggio diverso. L’Italia dovrà essere il Paese della trasparenza, più degli anglosassoni, più efficiente della Germania, più fantasioso di prima». Uno degli obiettivi, del resto, è cercare di attrarre investimenti stranieri. Renzi anticipando il dl sblocca Italia ha anche suggerito quali siano le opere o le aree che richiedono interventi immediati. Le urgenze di Roma Tra gli esempi citati sono finiti la bonifica di Bagnoli: «non possiamo permetterci un posto così bello ridotto in quelle condizioni» e le interminabili lungaggini della tratta alta velocità sulla linea Napoli-Bari. Intanto tra le città con una lunga lista di opere in stand by figura da tempo Roma. Nella capitale sembrano intenzionati a sottoporre velocemente al governo l’elenco delle opere bloccate e delle urgenze da risolvere. Il sindaco Ignazio Marino da mesi è in attesa di un parere del Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, per completare i lavori della metro linea C. Un’altra pagina nera è quella relativa alla Città dello sport con il progetto le Vele dell’archistar spagnolo Santiago Calatrava. Il cantiere è partito nel 2005 ma oggi servirebbero ancora 70 milioni di euro per completare la struttura. Destino di incertezze e ritardi anche per la Nuvola, ossia il nuovo centro congressi disegnato dall’architetto Massimiliano Fuksas, in attesa di un finanziamento da 100 milioni, previsto dalla legge di Stabilità del 2013, ma non ancora erogato. Andrea Ducci © RIPRODUZIONE RISERVATA Primo Piano italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 5 # Conti pubblici Il caso Viale Mazzini, il fronte dello sciopero si spacca La discussione interna al sindacato Rai. Insoddisfazione anche nella redazione del Tg3 ROMA — Comincia a sfaldarsi il fronte dello sciopero Rai proclamato per l’11 giugno. Al Tg3 aumenta l’insoddisfazione nella base dei redattori che lamentano una scelta verticistica dell’Usigrai, il sindacato dei giornalisti, e chiedono un confronto aperto sullo sciopero lamentando di non aver mai affidato all’organismo sindacale alcun mandato per un’astensione così importante e significativa. Lo stesso direttore Bianca Berlinguer, con i suoi vice, sarebbero ostili allo sciopero. E parliamo dell’ex Telekabul. Anche un volto noto come Massimo Giletti prende le distanze: «Sono convinto che chiudersi, non accettando un’analisi su una inevitabile ristrutturazione di un’azienda come la Rai, sia un atto di conservatorismo che va contro un’opportunità importante che invece c’è da cogliere. Possiamo difendere una sede come Sassari, di 900 metri quadri con 7 dipendenti? Possiamo non pensare che si possano rivedere l’organizzazione e le strutture delle sedi regionali?». Corradino Mineo, senatore del Pd ed ex direttore di Rainews, ricorda: «Non si è scioperato nemmeno quando Berlusconi proclamò il suo editto bulgaro», ovvero quando chiese nel 2002 l’espulsione dalla Rai di Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi. Le dure parole di Matteo Renzi («uno sciopero umiliante, facciano pure e poi confrontiamo i numeri e quanto costa- no le sedi regionali, un Paese civile deve fare una scommessa culturale con la Rai. Non sfruttiamo appieno la potenzialità dei contenuti») hanno aperto una discussione interna nell’Usigrai. Fino al punto di immaginare una cancellazione dello sciopero nel caso si aprisse un confronto con l’azionista , il ministero dell’Economia, non tanto e non solo sul taglio dei 150 milioni di euro richiesti alla Rai con la spending review quanto sul futuro dell’azienda. Avverte Vittorio Di Trapani, segretario nazionale del sindacato: «Per noi lo sciopero non è certo un obiettivo». Nel senso che sareste disposti a rivedere la vostra posizione? «Tutto si può fare, anche ridiscutere lo sciopero, se la strada indicata da Renzi, quindi dall’azionista, è davvero quella della riforma Rai. Noi siamo pronti da tempo, assolutamente inascoltati, a discuterne con l’azionista e l’azienda. Proponiamo il rinnovo della concessione subito nel 2014, uscita dei partiti e dei governi dal controllo della Rai, lotta all’evasione, canone sociale, riorganizzazione aziendale. Vogliamo combattere gli sprechi e siamo disposti a indi- carli: appalti, consulenze esterne, produzioni esterne, contratti di collaborazione inutili e superpagati, mentre in azienda continuano marginalizzazioni e sottoutilizzazioni». Martedì l’Autorità di garanzia per gli scioperi nei servizi pubblici essenziali valuterà la legittimità dello sciopero proclamato dai sindacati Rai per il prossimo 11 giugno. E sono in molti ad attendere segnali dal vertice Rai. Il direttore generale, Luigi Gubitosi, sta ridefinendo il piano industriale dopo la richiesta dei 150 milioni da parte del governo. Molti pre- mono perché proponga presto anche un ridisegno dell’azienda. E c’è chi ricorda che già nel settembre 2012 il direttore generale manifestava perplessità sul gran numero di tg generalisti Rai (quattro: Tg1, Tg2, Tg3, Rainews 24, più i Tg regionali). Il Tg unico è da tempo un cavallo di battaglia del Consigliere di amministrazione Luisa Todini. Ma c’è chi sussurra che sul tavolo del viceministro dell’Economia, Enrico Morando, ci sarebbe più di qualche appunto sul futuro assetto della Rai. Paolo Conti © RIPRODUZIONE RISERVATA I numeri Ricavi 3.000 Tagli in milioni di euro Utile netto in milioni di euro in milioni di euro -250 2.998 2.950 -189 1.313 2012 +5,3 1.340 2.900 2013 1.151 Costi esterni per beni e servizi 2.850 -38 2.800 2.786 2.750 2.748 -244,6 2.700 2011 2012 2013 Ascolti share medio in prima serata nel 2013 2011 2012 2013 Indebitamento in milioni di euro 40% -441 2013 -366 2012 -272 2011 Fonte: Rai CORRIERE DELLA SERA L’analisi Così i partiti della Prima Repubblica riuscirono a occupare l’azienda. Influendo su programmi e carriere Quelle tv ostaggio di Dc, Psi e Pci «capolavoro» della lottizzazione ROMA — C’era una volta la Rai tripartita. Rai1 e Tg1 alla Dc-area cattolica, Rai2 e Tg2 al Psi-area socialista, Rai3 e Tg3 al Pci e all’area della sinistra. Fu il capolavoro lottizzatorio realizzato, per conto della partitocrazia della Prima Repubblica, dal direttore generale Biagio Agnes nel 1987, quando assegnò al duo Angelo Guglielmi (sulla tolda della nuova Rai3) e a Sandro Curzi (alla guida del Tg3, poco dopo Telekabul) il compito di rappresentare il maggior partito di opposizione. Appunto, il Pci. Era il periodo in Linea chiara Nel 1992 l’allora direttore del Tg1 Bruno Vespa spiegò che l’«azionista di riferimento» era la Democrazia cristiana cui il Tg2 era affidato ad Antonio Ghirelli, da poco uscito da Palazzo Chigi come portavoce di Bettino Craxi premier. Ed era anche la stagione della prima direzione al Tg1 di Albino Longhi, professionista di provata cultura cattolica. Il patto era granitico. Lo confermò nell’aprile 1992, in un’intervista al Corriere della Sera, l’allora direttore del Tg1 Bruno Vespa quando sostenne che l’«azionista di riferimento» del tg ammiraglio Rai era la Dc in quanto partito di maggioranza relativa. Poco dopo Manipulite avrebbe spazzato via un intero mondo politico, ma allora la cultura interna Rai era quella ben descritta da Vespa. Erano gli anni in cui si strutturò il famoso Partito Rai, politicamente trasversale, capace di opporsi graniticamente a qualsiasi progetto di riforma di ciò che allora, in virtù di quella tripartizione, già di per sé appariva irriformabile. I tre partiti principali della scena politica italiana lo sostenevano più o meno esplicitamente, ma comunque nei fatti. E per decenni l’Usigrai, il sindacato interno dei giornalisti Rai, funzionò da intermediario e da camera di compensazione tra le spinte del Palazzo, le controspinte dell’azienda e le ambizioni professionali dei singoli. Non c’era carriera interna (dal top delle vicedirezioni dei tg nazionali alla nomina di un vicecaposervizio dello sport in una sede secondaria di un Tg regionale) che sfuggisse al bilancino Usigrai in parallelo con i partiti. In quel periodo il Partito Rai (ala sinistra) sostenne senza riserve non solo la nascita e il successo di Rai3 (un nome per tutti, Michele Santoro con la sua nuovissima Samarcanda) ma l’affermazione del Tg3 di Curzi. La potenza del Partito Rai si vide anche quando organizzò la mobilitazione «Abbonato alza la voce» nel 1995 per chiedere una riforma dei criteri di nomina del cda. A raccogliere le firme (al potere c’era Silvio Berlusconi) scesero in piazza i volti noti: Lilli Gruber, Carmen Lasorella, Piero Badaloni, Sandro Curzi. E quella volta si toccò con mano quanto la Rai fosse ancora popolare tra la gente comune, soprattutto quella animata da sentimenti (anche) televisivamente antiberlusconiani. Ma parliamo di vent’anni fa. Oggi c’è un’altra Italia politica. Ma il Partito Rai è ancora fortissimo, nonostante il vistoso distacco da una quota crescente di abbonati e con un panorama politico stravolto rispetto a quegli anni. Appena il 15 maggio scorso in Senato c’era la dimostrazione plastica di I volti Tg1 Albino Longhi, area Dc, due volte direttore Tg2 Antonio Ghirelli e Bettino Craxi nel 1985 Tg3 Sandro Curzi l’ha diretto dal 1987 al 1993 come un nuovo Partito Rai si fosse compattato opponendosi alla richiesta avanzata dal governo guidato da Renzi di versare 150 milioni allo Stato nel nome della spending review. Emendamenti contro il taglio erano stati presentati dalla Lega, da sempre coinvolta nella gestione dei centri di potere della sede milanese, che chiedeva direttamente la soppressione dell’articolo senza alcuna alternativa. Segnale non secondario, se si pensa che Roberto Maroni, governatore della Lombardia, ha da tempo chiesto al dg Gubitosi di progettare una nuova sede Rai a Milano: «Riteniamo quella attuale obsoleta. Noi siamo interessati, e lo dico come presidente della Regione in qualità di socio della società Arexpo, a che la Rai in questa sua ricerca di un’area idonea per la sua nuo- Potere trasversale Contro i tagli da 150 milioni di Renzi si è schierato in Aula un fronte che va dalla Lega ai Cinque Stelle va sede guardi anche all’area Expo». No ai tagli, sempre quel 15 maggio scorso, anche da Sel: «Un taglio lineare volto a rendere più debole il servizio pubblico anche in termini di correttezza e oggettività dell’informazione». Un emendamento del Pd, primo firmatario Salvatore Margiotta, proponeva di sostituire il taglio di 150 milioni con il 50% del recupero dell’evasione del canone, valutato intorno ai 500 milioni di euro. Per non parlare dei 5 Stelle. Il presidente della Commissione di vigilanza, Roberto Fico, non ha lasciato spazio a dubbi: «Lo sciopero? Legittimo nel metodo e assolutamente motivato nel merito». I decenni passano, il Partito Rai resta, con una bella plastica facciale politica. P. Co. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il retroscena Il no a Camusso L’altolà dei renziani alla sinistra «antica» e al partito unico ROMA — Che cosa dovrebbe essere il Pd per Matteo Renzi? Un partito «che si apre alla gente, il partito degli elettori, della società, dei cittadini, una comunità di donne e di uomini». Insomma, qualcosa di ben diverso da quello che immaginava ieri in un’intervista al Corriere Susanna Camusso, la quale prefigurava una fusione tra il Pd e Sel in una sola forza politica che prendesse a esempio il modello Cgil. Niente di più lontano dalla mentalità di Renzi e da quel suo atteggiamento che gli ha consentito di oltrepassare l’asticella del 40%. Il premier non arriverebbe mai a dire quello che osservava ieri un renziano della prima ora: «Il Partito unico della sinistra? Vi rendete conto di qual è l’acronimo? Pus. Sì, proprio così, pus, come quella materia purulenta che viene fuori quando avete un’infezione». Però è certo che il Renzi-pensiero sia un altro rispetto a quello di Camusso, il che non vuol dire che abbia problemi con Vendola. Anzi i due si stanno anche simpatici. Peccato però che il governatore della Puglia che voleva portare Sel nel Pse abbia dovuto cambiare linea al congresso del suo partito perché era in minoranza e si sia dovuto accodare a Tsipras. Comunque, il premier non mira affatto a un partito che nasca dall’incontro-assemblaggio di gruppi dirigenti: «Non vogliamo essere autoreferenziali, e non vogliamo adeguarci ai vecchi metodi dei palazzi della politica, questo non accadrà mai, su questo potete stare sicuri, io non cambierò», è il ritornello che i suoi interlocutori si sentono ripetere un giorno sì e l’altro pure. Insomma, per Renzi il Gli scenari Pd «non può essere Il segretario ha ottimi un insieme di correnti rapporti con Vendola culturali, di tradizioni politiche diverse che ma lavora a un partito si uniscono, perché post ideologico così non è spendibile, non è credibile e non vince». «Deve essere una cosa nuova», come ha ripetuto tante volte, «in grado di catturare le persone che hanno votato per Grillo e per il Pdl». Ecco, «un partito delle persone», dove ognuno ha un nome e ognuno viene consultato: e le email sulla Pubblica amministrazione, tanto per fare un esempio, benché riguardino il governo e non direttamente il Pd, vanno proprio in questo senso. Dunque «un partito comunità», che rifiuta «l’idea novecentesca dell’appartenenza». Ma c’è un secondo motivo per cui a Renzi non basterebbe l’unione con Sel. Il partito a vocazione maggioritaria non è un ritorno a un simil-Pci. Al Renzi-pigliatutto interessano per prima cosa gli elettori: ma di ogni forza politica. Ed è grazie a questo che ha ottenuto il risultato che ha ottenuto. Perché il «sogno» del premier «è arrivare a un bipartitismo all’americana». Certo ancora è presto per dirlo in pubblico con troppa schiettezza, né si può lasciar capire che si vorrebbe arrivare a questo traguardo già nel 2018. Perciò ieri, intervistato da Enrico Mentana a Trento, il premier ha affermato: «Il risultato elettorale dimostra che si può andare verso due schieramenti (non dico due partiti, anche se mi piacerebbe) e il centrosinistra si sta attrezzando in questo senso». Il centrosinistra, appunto. Quindi non solo Sel, ma anche Scelta civica, ed ex grillini, e contatti ci sono persino con esponenti del Ncd e di FI. Sì, perché poi Renzi è un uomo pragmatico, e sa che oltre alle elezioni c’è il Parlamento da conquistare. Perciò il vero «test saranno le riforme». Su quel fronte misurerà i comportamenti di Sel, di Scelta civica e di Ncd. E nel frattempo continuerà a lavorare per un Pd «che possa rendere stabile, anzi, aumentare, il risultato europeo». È chiaro che un simile ambizioso obiettivo non sarebbe mai possibile con la proposta di Camusso. Del resto, quel che pensa del mondo della sinistra «conservatrice» Renzi lo ha detto più volte. Anche ieri, quando ha attaccato quelle che per tanto tempo sono state roccaforti rosse, le sovrintendenze: per lui sono stati «fattori di sottosviluppo del Paese». O quando, criticando implicitamente i sindacati e una certa sinistra ha osservato: «In omaggio alla lotta alla precarizzazione in questo Paese è diventato un incubo trovare un lavoro vero». Maria Teresa Meli © RIPRODUZIONE RISERVATA 6 Primo Piano italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera L’industria La Fiat Marchionne lancia la sfida all’auto tedesca E alla Cgil: «Contratto aperto, firmi pure» La stretta di mano con il premier a Trento: lo aspetto volentieri a Detroit ✒ Il dibattito Da sinistra, Giorgio Barba Navaretti, Sergio Marchionne, Roberto Napoletano e Gianmarco Ottaviano DA UNO DEI NOSTRI INVIATI L’asse del pragmatismo dopo le delusioni di RAFFAELLA POLATO F eeling. O almeno: pubblici apprezzamenti da una parte, voglia di conoscere dall’altra. Archiviate la vecchia (e breve) parentesi di polemiche e reciproche battutacce. Finite. Chiuse. Sergio Marchionne e Matteo Renzi non si erano mai incontrati. Di sicuro non da quando l’ex sindaco di Firenze è presidente del Consiglio. Ora l’amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles arriva a Trento con un giorno d’anticipo (sabato) apposta per ascoltare il premier (ieri mattina). E il premier, che non avrà tempo (né sarebbe opportuno) di ricambiare la «cortesia» qui, fa in realtà di più. Dal palco si «prenota» per Auburn Hills: «A settembre, se Sergio Marchionne è d’accordo, nel mio giro negli Stati Uniti voglio andare a Detroit a visitare gli stabilimenti». Ovvio, che Sergio Marchionne è d’accordo. Certo, che «volentieri, lo aspetto». Di diretto, tra i due, a Trento c’è solo una stretta di mano. Ma lo scambio di battute a distanza conferma: il governo, «questo» governo, piace ai vertici Fiat. Non è una novità, l’amministratore delegato e il presidente John Elkann già l’avevano Il premier Matteo Renzi va a stringere la mano a Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles ampiamente dichiarato. Da qui i segnali sono persino più espliciti. Sì, Renzi sta attentissimo a che non si parli di «abbraccio» e l’accenno a Termini Imerese, fabbrica ex Fiat, è studiato: «Io accetto le sfide, ma è evidente che lì, come nel Sulcis o all’Ilva, c’è un tema occupazionale». E però non suona come un’accusa a Fca. Mentre l’autoinvito in Chrysler indica chiara voglia di conoscere e capire. Idem per Marchionne. Che può permettersi di essere diretto, e lo fa come mai prima con un leader politico. Neppure Mario Monti (che l’ha deluso in fretta) si era preso un così netto «mi piace». Ci sono, sì, delle condizioni: «Deve andare avanti, non farsi intimidire». Ma «deve» perché «l’agenda Renzi è l’unica che abbiamo, in Italia e in Europa: il primo tema è il lavoro, e non lo si crea con il calvinismo rigorista tedesco». Dirà, qualcuno: elogi sospetti, la Fiat si prepara a chiedere qualcosa. Sbagliato. Non è di soldi né di aiuti che discuteranno. Sarà di come svecchiare le regole. E dell’unica richiesta già fatta all’epoca Monti: «Eliminare la burocrazia sull’export avrebbe dato un grosso aiuto a far ripartire l’industria e sarebbe costato zero». Bene: «Di fronte avevamo Monti e il ministro Passera. Concordavano. Non si è visto nulla». © RIPRODUZIONE RISERVATA TRENTO — «Immaginatevi tutte le vetture Bmw e, per ciascuna, una sorella Alfa che tra cinque anni le batte». La grande sfida di Sergio Marchionne ai tedeschi – nessuno escluso, nell’alto di gamma: parla di Bmw per non citare per l’ennesima volta Volkswagen, ma Audi è compresa e con Maserati nel mirino c’è la stessa Mercedes – non è il classico proclama da convegno. L’ha lanciata il 6 maggio da Auburn Hills, con il piano industriale 2014-2018. La rilancia ora, dal Festival dell’Economia di Trento, dove risponde alle domande del direttore del Sole 24 Ore, Roberto Napoletano. E ci sono, sì, le battute forti che allargheranno il duello a colpi di sciabola con i costruttori teutonici. Ieri il bersaglio pareva la sola Volkswagen, con le sue mire, provocazioni e sfottò (non sempre esagerati) proprio sull’Alfa Romeo. Oggi nella lista entra ufficialmente Bmw, appunto, di cui il leader di Fca dice: «Ne ho provata una venerdì, non è più ai livelli di quella che avevo da giovane. Per globalizzarsi hanno abbassato gli standard». Ed entra Daimler, dunque Mercedes, dove con superiorità ridevano della Fiat a Detroit: «Non ci siamo riusciti noi, a risanare…». «Già, dicevano così. Però ciò che ho trovato in Chrysler è osceno, se quella è la gestione tedesca non la voglio. Hanno spogliato l’azienda di ogni tecnologia». La concorrenza, ovunque, si fa anche così. Le auto, però, non si progettano e soprattutto non si vendono con le frecciate. Difatti, dal palco sul quale viene intervistato per la presentazione di «Made in Torino?», diario di viaggio dentro la «nuova» Fca scritto da Giorgio Barba Navaretti e Gianmarco Ottaviano, Marchionne qualche dettaglio sulla strategia lo concede. Non ha bisogno di dilungarsi su Jeep, o sui marchi Chrysler in generale. Uno, perché il mercato Usa va benissimo, e anzi «è da lì che arriva la cassa per finanziarci in Europa, dove tutti i costruttori sono in per- Romeo che si finisce. Sul rilancio tante volte annunciato e mai concretizzato. Così, quando Marchionne ripete che «l’obiettivo Alfa è andare ad attaccare i tedeschi», sa che tutti pensano: ok, «ci stiamo lavorando e credo di aver capito come lo faremo», ma perché stavolta dovrebbe essere diverso? La risposta non è solo una richiesta di fiducia: «Ho visto l’ultimo “muletto” venerdì, spero di presentarlo l’anno prossimo, siamo nella direzione giusta». Di concreto ci sono i 5 miliardi che sul Biscione il gruppo investirà e una convinzione: «Ho detto e confermo che l’impegno sarà completamente focalizzato sull’Italia. Motori, architetture, produzione: tutto sarà qui». Non per patriottismo, che nel business non conta. E' che quel che aveva fatto dell’Alfa un mito per automobilisti di tutto il mondo era il suo Il mercato e l’Europa «Il mercato americano va benissimo, è da lì che arriva la cassa per finanziarci in Europa» Alfa Romeo «Tra cinque anni i modelli dell’ Alfa Romeo batteranno quelli della Bmw» dita sui marchi mass market e dove, se non si interverrà sull’eccesso di capacità produttiva, prevedo un’altra grande crisi entro cinque anni». Due, perché nella «rivoluzione premium» che è il cuore della sfida Fca, Jeep è la garanzia: ven- de a ritmi record, ha ogni carta in regola per sfondare pure in quel mercato cinese sul quale Torino ha accumulato solo ritardi – riconosciuti – ma che proprio perciò può offrire i margini di crescita promessi. Morale: è sempre su Alfa Il Festival Manager ed economisti 60 km in bicicletta con Francesco Moser (m.spa.) «Avete voluto la bicicletta? E adesso seguite Francesco». Il Festival dell’Economia di Trento ieri si è trasferito sulle due ruote. L’invito a seguirlo lungo i 60 km attraverso la Val di Cembra, con partenza e arrivo a Trento, è del campione Francesco Moser . Lo hanno colto tra gli altri Vittorio Colao chief executive officer del Gruppo Vodafone (nella foto a sinistra con Moser), Aldo Bisio di Vodafone Italia e Tito Boeri responsabile scientifico del Festival. Un’edizione, quella del Festival, che segna anche il trentennale dal record dell’ora (51,151 km) di Moser a Città del Messico. © RIPRODUZIONE RISERVATA «dna» unicamente e tipicamente italiano, «snaturato dalla gestione Iri». Breve pausa: «E anche durante la mia abbiamo fatto ben poco per recuperarlo» (ammissione non nuova: ma ribadirlo ieri, primo giorno del suo undicesimo anno al Lingotto, forse è stato come sottolineare una sorta di sigillo spartiacque). Ora la differenza non la farà solo la rete Chrysler, 2.400 concessionari negli Usa che mai la Fiat si sarebbe potuta permettere. La fa quel dna irriproducibile altrove e, giura Marchionne, «ritrovato». Se così è, varrà per l’Alfa «quel che vale per l’intera nostra manifattura: essere al pari con i tedeschi sul piano tecnico, e avere stile e finiture italiane, garanzia di successo». C’è, esplicito, il riconoscimento della nostra qualità del lavoro e del ruolo avuto da Cisl, Uil, Fismic e dagli altri sindacati con cui Fiat ha «disingessato» i contratti. Non c’è invece alcuna apertura alle richieste di Susanna Camusso: «Il contratto Fca è stato approvato dalla maggioranza dei lavoratori. È aperto. Fiom e Cgil possono firmarlo quando vogliono». R. Po. © RIPRODUZIONE RISERVATA Primo Piano italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 7 Trasporto aereo Il negoziato Sì di Etihad ad Alitalia, si chiude a metà giugno In arrivo la lettera con l’offerta: subito 500 milioni, 60 l’anno prossimo, 2.200 esuberi MILANO — Abu Dhabi ha detto sì: l’operazione Etihad-Alitalia si farà. Il documento con «le condizioni e i criteri per l’investimento nel capitale», per la verità, non c’è ancora. Ma, dopo due settimane in attesa di un segnale dal Golfo, ieri è arrivata la dichiarazione congiunta da parte delle due compagnie aeree. Etihad Airways ha confermato che invierà la lettera con i dettagli dell’accordo, negoziato in questi ultimi mesi con Alitalia e suoi stakeholder, per chiudere la partita. Verosimilmente entro la metà di giugno. Con la benedizione del governo italiano, che riconosce Venerdì il consiglio Il consiglio di amministrazione di Alitalia è stato convocato per venerdì l’importanza strategica dell’operazione e, quindi, guarda favorevolmente alla collaborazione tra i due vettori. Anzi, ancora una volta è stato proprio il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi (soprannominato «Wolfs» alla Magliana) ad anticipare la notizia che la lettera di Etihad era «arrivata» ed era «positiva», preannunciando che «l’investimento dovrebbe essere intorno ai 600 milioni, con un grande piano industriale di rilancio degli aeroporti italiani come Fiumicino e Malpensa». L’agognata lettera con l’offerta formale da parte della compagnia del Golfo, però, potrebbe arrivare oggi o domani (gli avvocati starebbero limando le ultime clausole). E sarà portata all’esa- Le due compagnie aeree 0,92 Aura Holding 12 Capital spa 0,95 Finanziaria di part. e inv. 1,18 I numeri di Alitalia Fatturato Passeggeri (primi 9 mesi 2013) (2013) 24 mln 2,7 mld G & C. Holding 1,24 Pirelli & Co spa 2,67 Altri 3,4 I SOCI % I numeri di Etihad Intesa Sanpaolo 20,59 Poste spa 19,48 Fatturato Passeggeri (primi 9 mesi 2013) 4,8 mld 212 mln Flotta Dipendenti 89 17 mila Macca srl 3,69 Odissea srl3,90 Flotta Dipendenti Fire spa 4,28 134 12.800 Af/Klm 7,08 me del consiglio di amministrazione di Alitalia già convocato per venerdì 6 giugno. Dopo l’approvazione, con la conferma dell’accettazione delle condizioni da parte del consiglio di Alitalia e dei suoi stakeholder, le compagnie aeree procederanno alla preparazione della documentazione finale per completare l’operazione proposta in linea con le regole dell’Unione europea e gli altri requisiti normativi. Secondo fonti vicine alla trattativa, Etihad investirebbe 500 milioni subito, e altri 60 milioni nel 2015, per entrare con una quota tra il 45 e il 49% del capitale di una newco, in cui saranno conferite le attività operative di Alitalia, ma non i contenziosi passati. In cambio la compagnia degli Emirati ha chiesto 2.200 esuberi secchi, meno dei 2.600-3.000 ipotizzati finora. Quanto al delicato nodo del debito, la soluzione trovata vedrebbe le banche creditrici (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Popolare di Sondrio e Mps, le prime due già Atlantia7,44 azioniste rispettivamente con il 20,59% e il 12,99% del capitale) cancellare un terzo dell’indebitamento a breve (560 milioni) e convertire il resto in azioni. «E’ un' eccellente prospettiva per Alitalia. Questo investimento Immsi 10,19 Unicredit 12,99 assicurerà stabilità finanziaria ed è la conferma del ruolo chiave di Alitalia quale asset infrastrutturale strategico per lo sviluppo del settore viaggi e del turismo nel nostro Paese», commenta l’amministratore delegato, Gabriele CDS-D’ARCO I due manager Dall’alto, Gabriele Del Torchio, amministratore delegato di Alitalia, e James Hogan, numero uno di Etihad Airways Del Torchio, che centra un obiettivo fondamentale per la sopravvivenza della compagnia da anni alla ricerca di un partner internazionale, dopo le nozze fallite con Klm (prima) e con Air FranceKlm più di recente. Ma anche il ceo di Etihad, James Hogan, si dichiara «lieto» e confida in una conclusione positiva, sottolineando che «una partecipazione azionaria in Alitalia sarà utile non solo alle due compagnie, ma darà più scelta e maggiori opportunità di viaggio a chi si muove per affari e per turismo da e per l’Italia». Per il governo Renzi è un altro punto a favore: il matrimonio Etihad-Alitalia potrebbe avviare una nuova fase di importanti investimenti dall’estero, per rilanciare la crescita nel nostro Paese. Giuliana Ferraino @16febbraio © RIPRODUZIONE RISERVATA WELCOME TO OUR WORLD L’Authority A breve la nomina Consob, l’ipotesi di una donna terzo commissario ROMA — «Non volevamo farlo in campagna elettorale, ma lo faremo adesso» dice a Trento il presidente del Consiglio Matteo Renzi parlando della nomina del terzo commissario della Consob. Una settimana fa a palazzo Chigi, nel corso della conferenza stampa per i primi ottanta giorni di governo, aveva dato anche una data per la decisione, «entro il 15 giugno», cioè a sei mesi esatti dall’uscita, per scadenza del mandato, di Michele Pezzinga. Sei mesi non sono pochi soprattutto se si tratta di un’ Autorità con compiti delicati - la vigilanza sulla Borsa, sulle società quotate e sui mercati - che è composta di sole tre persone. Lo snellimento da 5 a 3 commissari lo aveva deciso, dopo 38 anni di vita dell’organismo, il governo di Mario Monti ma la formula ridotta, per essere pienamente operativa, deve essere al completo. Invece la sostituzione di Pezzinga ha tardato: ha rinviato Enrico Letta e ha finora rinviato Matteo Renzi. Dal 16 dicembre del 2013, data dell’uscita di Pezzinga, opera una Consob a due, compoIl premier sta dal presidente Giuseppe Vegas Un errore il ritardo e dall’unico commissario Paolo sul terzo componente, Troiano. Stando al regolamento della commissione, è necessaria lo risolveremo la squadra a tre per molte scelte organizzative e comunque poiché settimana prossima le deliberazioni sono adottate a maggioranza e nel caso di parità prevale il voto del presidente, l’assenza del terzo commissario tramuta di fatto l’Autorità da organismo collegiale a organismo monocratico. Di possibili candidature per la sostituzione di Pezzinga non ne sono state ancora fatte. Alcuni nomi - Marina Brogi, docente della Luiss e Magda Bianco, dirigente di Bankitalia - erano circolati qualche tempo fa quando era il governo Letta a dover decidere. Bisogna vedere su chi punterà Renzi, a cui spetta in via esclusiva il compito di formulare la proposta di nomina, che viene adottata con un decreto del presidente della Repubblica. Alle Commissioni di Camera e Senato viene richiesto un parere consultivo mentre la Corte dei Conti ha conservato il potere di ratifica diventato un passaggio solo formale visto che la Consob non è più finanziata dallo Stato ma dai soggetti regolati. ❜❜ Stefania Tamburello © RIPRODUZIONE RISERVATA Partner privilegiato dell’aeronautica fin dai suoi esordi, Breitling si è imposto come la marca mitica per tutti i piloti del mondo. Il nuovo Chronomat Airborne, serie speciale del Chronomat creato trent’anni or sono per l’élite degli aviatori, unisce una robustezza a tutta prova con tutte le prestazioni di un autentico strumento per professionisti. 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Ci vuole di più per costruire con umiltà e pazienza l’alternativa popolare. E poi questo governo, che noi appoggiamo, è destinato a durare per tutta la legislatura per cui c’è tempo per realizzare questo progetto politico». L’ex ministro della Difesa Mario Mauro (popolari per l’Italia) immagina uno scenario di tipo tedesco in cui i due principali partiti non si alleano, rispettivamente, con la destra e con i post comunisti ma, semmai, collaborano tra di loro. Ma nell’immediato la famiglia dei popolari italiani deve fare ancora i conti con il potere di attrazione che FI ha per i moderati: «Certo — spiega il senatore Mauro — in questo ventennio abbiamo conosciuto un centrodestra totalmente incardinato sulla genialità di Berlusconi, molto esteso, fatto per vincere e non necessariamente per governare, nel quale le parti in causa raramente si parlavano tra di loro perché era il Cavaliere a parlare con ognuno di loro». Dunque, nell’era del Pd di Il modello «In Germania i popolari non si alleerebbero mai con la destra, piuttosto trovano l’intesa con l’Spd» Matteo Renzi al 41%, quello schema di gioco non offre più le garanzie di una volta. «Bisogna cercare una strada diversa», va avanti l’ex ministro: «L’immagine che ho in testa è il confronto che avviene in Germania dove i popolari non si alleerebbero mai con partiti di destra e i socialisti mai con i post comunisti, in modo che, se proprio ci sono problemi, l’intesa è tra Cdu e Spd. Io la vedo esattamente così». In buona sostanza, Mauro dice ai suoi compagni di viaggio (e insieme ad Alfano, Casini e Dellai, ci mette anche Corrado Passera) bisogna avere il coraggio di traghettare il Paese da «un bipolarismo di schieramento a un bipolarismo di contenuti: il primo ci ha fatto perdere venti anni perché ha come conseguenza che si non governa». E Matteo Renzi incarna questo cambiamento: «Per la prima volta, schierando il Pd nel campo dei socialisti europei, si è liberato dall’ossessione dell’avere un nemico a sinistra... E ciò gli ha aperto la prateria dell’elettorato di centro. Ora qualcosa di simile dovrà pur avvenire nella famiglia popolare. Ci vuole un giovane e coraggioso che abbia la forza di dire: “Amici miei, con la Lega non si può governare perché alcune idee sono incompatibili”». Dino Martirano © RIPRODUZIONE RISERVATA ROMA — Restano divisi, la maggioranza e la minoranza di Forza Italia nella domenica di vigilia della festa della Repubblica. La «provocazione» di Raffaele Fitto, dicono i fedelissimi di Silvio Berlusconi, è semplicemente respinta. Non è il momento di parlare di primarie, c’è da ripartire dalla base, dai congressi, dai club, e il Cavaliere resta il capo indiscusso. Altro che «proposta» di primarie al prossimo ufficio di presidenza, con annessa richiesta di diretta streaming per assicurare «trasparenza». Paolo Romani, capogruppo dei senatori di Forza Italia, dopo l’intervista al Corriere, ha rimarcato a Tgcom24 che «le primarie di Forza Italia sono premature: qualcuno ha voluto puntare a discuterne adesso e all’interno del partito si sono aperte le polemiche». Romani ha anche lanciato una nuova frecciatina a Fitto, «mi auguro che rimanga e non faccia come Alfano», che non è Il nodo «Il problema non sono io Dobbiamo riconquistare molti elettori» affatto piaciuta all’ex governatore della Puglia che ha replicato, sul suo blog: «Non rispondo alle parole di Romani che, con sprezzo del ridicolo, ha sentito l’esigenza di andare in tv ad augurarsi che io non faccia come Alfano». E ha poi rilanciato: «Spaccare Forza Italia? Creare nuovi gruppi parlamentari? Contatti con l’attuale maggioranza di governo? Solo veleni, bugie e falsità letteralmente surreali». L’esponente di Forza Italia non torna sulla risposta che aveva dato Berlusconi l’altro ieri alla sua richiesta di primarie («Chiedo a tutti di non proseguire con uno sterile dibattito a mezzo stampa sulle primarie e a non contribuire così all’immagine negativa che i media ostili costruiscono ogni giorno a nostro danno»). Ma non per questo evita di ribadire la sua posi- zione: «Il problema, vorrei fosse chiaro, non sono io, ma il fatto che dobbiamo rimetterci in contatto con milioni di elettori che stavolta si sono astenuti, a cui dobbiamo riformulare una proposta adeguata. Dovranno scegliere noi la prossima volta, non Renzi». Ma sull’altro fronte del partito, Fitto continua a provocare secche repliche. Renato Brunetta sposta l’attenzione sui media: La comunicazione L’escalation di messaggi sul blog Il contrattacco dell’ex governatore Raffaele Fitto, il mister preferenze di Forza Italia, ha deciso di affidarsi al suo blog per proseguire la personale battaglia nel tentativo di emancipare il partito da Berlusconi. Ieri ha pubblicato un post per difendersi dai molti attacchi interni ricevuti per l’idea delle primarie: «Spaccare FI? Creare nuovi gruppi parlamentari? Contatti con partiti della maggioranza di governo? Veleni, bugie e falsità surreali. La discussione può fare solo bene al centrodestra». «Sta accadendo qualcosa di paradossale, i giornaloni proprio mentre si esercitano in una gara di prosternazione a Renzi, ospitano in prima pagina contenuti demolitivi del peronismo fiorentino. E che cosa dicono invece di noi? Che stiamo litigando, che l’unica speranza è Renzi». E Maurizio Gasparri avverte che «le liti interne non servono a costruire il nuovo, urgono invece regole e metodo. Le elezioni politiche non sono domani mattina. C’è tutto il tempo per ricreare una vasta coalizione di centrodestra». Apre giusto uno spiraglio, guardando lontano, quando le alleanze saranno fatte: «Primarie per scegliere il candidato del centrodestra destinato a sfidare Renzi ci dovranno essere a suo tempo. Non ora che una coalizione, necessaria, non si è ancora formata, e si ridurrebbero a una rissa interna al nostro partito». Senza sfumature la risposta a Fitto, con un tweet, di Daniela Santanché: «In un mondo normale le primarie per decidere gli organigrammi di partito si chiamano #congressi». Mariolina Iossa © RIPRODUZIONE RISERVATA L’intervista Il consigliere politico di Berlusconi: Raffaele evidentemente ha cambiato linea Toti: no alla conta brutale dei numeri Le primarie servono ai vecchi potentati «Ncd? Raccolga le firme con noi per l’elezione diretta del presidente» ROMA — «Non devono venire a dire a me se serve o no il cambiamento in Forza Italia: io ho lasciato il mio lavoro e mi sono messo in gioco perché credevo nella necessità di fare entrare aria nuova nel partito...». Giovanni Toti — consigliere politico di Berlusconi — volente o nolente identificato come il «rivale» di Raffaele Fitto che chiede primarie e «scelte dal basso», non ci sta a fare la parte del conservatore. E, nel dire no alle primarie che sono «una scelta sbagliata, non servono a far emergere il nuovo ma a scongelare il vecchio facendolo passare per nuovo», ammette però che molto c’è da fare per rilanciare Forza Italia. Ma «con un percorso in più tappe, graduale, equilibrato, che non preveda l’accetta, e tantomeno la gazzarra che sta venendo fuori». Appunto, che sta succedendo in FI? ❜❜ La base guaggio diverso non avete ottenuto grandi risultati alle Europee... «Ma il percorso è appena cominciato! Se le cose sono andate peggio di come speravamo vogliamo dar la colpa ai nuovi embrioni o a quello che è rimasto? L’unico che ha creduto al 100% nella necessità di dare una scossa è stato Berlusconi». E se il problema fosse proprio Berlusconi? «Tenderei decisamente a escluderlo... Berlusconi non è un tappo ai contributi che vengono dal basso. È lui che chiede di rinnovare, è lui che vuole puntare sul nuovo». E le primarie interne non potrebbero favorire questo percorso? «No, non così, non in questa fase. Farle oggi significherebbe aprire un braccio di ferro tra macchine organizzative di vecchi potentati e dirigenti, amministratori, nuovi volti che pur avendo grandi capacità, in questo quadro verrebbero spiazzati e marginalizzati. La conta brutale dei numeri non garantisce affatto una selezione della migliore classe dirigente». I congressi non porterebbero agli stessi problemi? «Anche i congressi, da soli e con vecchie logiche, non servirebbero. Ma se accompagnati da assemblee aperte sul territorio, da luoghi dove chi vale possa esprimersi e mettersi in luce, da momenti di incontro e crescita, possono contribuire a creare quel rinnovamento di cui abbiamo bisogno. Che sarebbe più facile se la vecchia classe dirigente facesse passi indietro, non avanti... Preferenze e tessere non sono l’ordalia fra bene e male. E attenti alle mere lotte di potere». Chi è Giovanni Toti, 45 anni, ex direttore di Tg4 e Studio Aperto, consigliere politico di Berlusconi, eletto al Parlamento Ue con FI A un mese dalla caduta di Alenka Bratusek Io sul territorio incontro giovani dirigenti che qualcuno vede come disturbatori «La Forza Italia che vedo io è quella che incontro sul territorio mentre giro il Paese per i ballottaggi, quella di due giovani sindaci che ho appena incontrato in Liguria e che hanno espugnato due Comuni rossi, quella di dirigenti locali capaci, di bravi amministratori, di giovani coordinatori che qualcuno vede come disturbatori dei manovratori... C’è un lavoro grandissimo da fare sul territorio, dal basso, e noi ci perdiamo nelle liti». Ma perché contestare come è gestito un partito che esce da una sconfitta è considerato da voi quasi un tabù? «Quale tabù? Il tema si è aperto, ne stiamo già discutendo. Ma due sono i cantieri dai quali ripartire, quello tematico e quello del rinnovamento della classe dirigente. Su quest’ultimo punto, che il partito fosse asfittico lo pensavo io per primo quando ho deciso di entrarvi, condividendo l’idea del presidente Berlusconi che si dovessero creare formule, modelli e una classe dirigente nuova». Però con i club, i nuovi innesti, un lin- Crisi in Slovenia Il 13 luglio elezioni anticipate Il presidente della Slovenia Borut Pahor ieri ha sciolto il Parlamento e ha indetto le elezioni anticipate per il 13 luglio. Il primo Paese dell’Est ad adottare l’euro nel 2007 oggi spaventa l’Europa e rischia di dover chiedere il salvataggio Ue: il mese scorso la premier di centrosinistra Alenka Bratusek (foto) si era dimessa dopo la scissione interna al partito maggiore della coalizione di © RIPRODUZIONE RISERVATA governo, Slovenia positiva, del quale faceva parte. Come giudica l’uscita di Fitto? Lo considera un possibile traditore? «Guardi, io non credo né voglio credere a congiure o veleni, né da una parte né dall’altra. Certo ricordo che si oppose alle primarie quando Alfano le chiedeva, fu lui a chiedere che Berlusconi prendesse nelle sue mani tutti i poteri, fu lui a pretendere gli organi statutari... Ha cambiato idea? Va bene. Ora però il dibattito sugli organigrammi non può oscurare quello che deve occuparci davvero, e sul serio, che è il rilancio dei nostri contenuti. Da qui si deve ripartire, poi penseremo pure alle poltrone...». E ripartiamo da qui: sarete più chiari sulla vostra opposizione a Renzi? «Lo saremo ancor di più. La sua politica economica è non solo timida ma anche sbagliata, sulla Tasi si sta sbagliando tutto, il Jobs Act non decolla e offre pochissimo. Il dibattito si è impantanato sulle riforme, il Paese ha bisogno di ben altro». Ma se questo è il vostro giudizio sul governo, come fate a dialogare — come dite che vorreste fare — con l’Ncd che della maggioranza è parte integrante? «Chiaro che per noi è più semplice e diretto stabilire un rapporto con Lega e Fratelli d’Italia che sono all’opposizione, ma con l’Ncd si può procedere anche a piccoli passi». Come? «Scendendo nel concreto, per cominciare. Cosa faranno loro sulla Tasi, daranno battaglia come faremo noi? E su “Mare Nostrum”, come intendono muoversi? Chiederanno a Renzi, come facciamo noi, di andare ad alzare la voce in Europa, perché altrimenti si fa a modo nostro?». Le riforme possono essere terreno di incontro o di scontro con Alfano? «Così come sono, limitate al Bicameralismo e al Senato, sono oggettivamente poca cosa e servono molte modifiche... E allora, è la mia proposta agli amici dell’Ncd, perché non si uniscono a noi nella richiesta di allargarle a cose più sostanziali, come l’elezione diretta del capo dello Stato, il rafforzamento dei poteri del premier? Noi ci muoveremo concretamente su questi temi nei prossimi giorni. Vediamo se l’Ncd è disposta a fare una raccolta di firme nel Paese assieme a noi. Potrebbe essere una battaglia unificante, un nuovo inizio per un centrodestra che pensa a un rassemblement alla francese. Aspettiamo risposte». Paola Di Caro © RIPRODUZIONE RISERVATA Primo Piano italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 9 I 5 Stelle Il bivio Sul blog nuovi attacchi ai Verdi Grillo richiama all’ordine i suoi Campagna pro Farage per scongiurare i rischi del verdetto della Rete La vicenda Il voto delle Europee delude le aspettative Alle Europee del 25 maggio il M5S ottiene il 21,2%: Grillo perde 2,5 milioni di voti rispetto alle Politiche del 2013. E perde anche il confronto con il Pd (40,8%), a cui aveva lanciato la sfida in campagna elettorale Il nodo alleanze per Strasburgo Si apre la questione delle alleanze per il Movimento a Strasburgo (per formare un gruppo servono 25 europarlamentari). Il 28 maggio Grillo incontra a Bruxelles Nigel Farage dell’Ukip per discutere sull’ingresso nel gruppo euroscettico Efd La base si divide: i Verdi l’alternativa Sul blog cominciano ad apparire commenti contro l’alleanza: no con omofobi e razzisti. Ma anche i parlamentari sono divisi. Spiccano le differenze sulle politiche ambientali. E c’è chi propone l’alternativa del gruppo dei Verdi L’ultima parola spetta alla Rete Dai Verdi arriva un’apertura. Si creano contatti tra esponenti dei due partiti. Ma i leader preferiscono l’alleanza con l’Ukip e la trattativa non decolla. L’ultima parola spetterà agli attivisti con le consultazioni online MILANO — Al dibattito sulle alleanze che divide i Cinque Stelle, sul blog di Beppe Grillo si risponde con una ferma bocciatura dei Verdi: deve essere l’Ukip di Nigel Farage l’alleato del Movimento in Europa. Una linea che ieri, sul blog, è stata ribadita più volte, a stretto giro. Prima con un intervento di Paolo Becchi, professore vicino ai pentastellati, che attacca il partito ecologista («non sono un’opzione credibile e praticabile»). Poi con un post che difende Farage dalle accuse di razzismo e omofobia. Mentre, se non fosse abbastanza chiara la linea su chi possa essere amico del Movimento e chi no, sul blog veniva anche ripresa una frase del copresidente dell’European Green Party, Reinhard Bütikofer: «Grillo? Deve smetterla di prendere in giro le persone». Il leader dei Cinque Stelle prova a serrare le fila, in vista del voto online che deciderà con chi sedere a Strasburgo, e continua la campagna pro Farage. Probabilmente la consultazione sarà subito dopo i ballottaggi nei Comuni, intorno al 10 giugno. E se i post andavano tutti nella stessa direzione, tra i commenti (migliaia) il dibattito era invece sempre aperto: non mancava chi con l’Ukip non vuole avere niente a che fare. Va scongiurato, quindi, il rischio che il voto della Rete bocci la linea dei leader. Ma la campagna suona anche da richiamo all’ordine per quanti, tra deputati e senatori, si sono schierati contro l’alleanza con gli inglesi. E il dissenso dei parlamentari, dopo le parole del leader, si sta facendo meno esplicito. Non che manchino gli scontenti, anzi. Ma si abbassano i toni: «La nostra l’abbiamo det- In bici Il leader del Movimento Cinque Stelle Beppe Grillo, 65 anni, ieri in bicicletta a Marina di Bibbona (Livorno), dove si trova per un periodo di riposo dopo le fatiche della campagna elettorale (foto Ansa/ Riccardo Dalle Luche) 17 i parlamentari eletti con il Movimento 5 Stelle alle elezioni del 25 maggio per il Parlamento europeo. Si ritroveranno a Bruxelles entro il 10 giugno, ma la prima seduta è prevista all’inizio di luglio ta, ora aspettiamo la Rete», si sente ripetere. Giovedì dovrebbe esserci un incontro alla Casaleggio associati tra i fondatori e i parlamentari, anche per un chiarimento dopo le polemiche post voto. Sarebbero stati proprio alcuni parlamentari, nei giorni scorsi, a contattare i Verdi europei. Ma la copresidente dell’European Green Party, Monica Frassoni, nega i contatti con José Bové: «Lui non ne ha avuti». E nega che le trattative stiano facendo passi avanti. C’è stata, invece, la risposta decisa del blog. Becchi ha attaccato il partito ecologista: «Non hanno fatto nulla contro le politiche dell’austerità»; molti di loro hanno «insultato il M5S»; hanno «appoggiato le guerre Nato». E ha respinto le accuse di razzismo e omofobia verso l’Ukip: «Ha un coordinamento Lgbt che prende posizione in materia di omofobia; Amjad Bashir, cittadino musulmano nato in Pakistan, e Steven Woolfe, di origine afroamericana, ebraica e irlandese, sono due nuovi eurodeputati». Renato Benedetto © RIPRODUZIONE RISERVATA L’intervista Corrao, primo capogruppo M5S all’Ue «Diversi dall’Ukip Ma restare isolati sarebbe un errore» MILANO — «Cerchiamo una soluzione che ci permetta di mantenere la nostra identità, la nostra indipendenza nel gruppo. Lo Ukip è per il nucleare? Io non lo voterò mai». Ma è un loro caposaldo. «Non importa. L’Ukip ci garantisce libertà di manovra. Il Movimento seguirà sempre le sue idee. E comunque sarà la Rete a decidere con chi staremo in Europa». È deciso, ma ancora incredulo Ignazio Corrao, 30 anni, ex assistente all’Assemblea regionale siciliana, mister 71 mila preferenze, eletto primo capogruppo del Movimento 5 Stelle in Europa. Lei non aveva neppure passato il turno alle Parlamentarie, è stato ripescato e ora si ritrova con questo ruolo. «La mia disponibilità a candidarmi era stata richiesta da tanti attivisti e quando sono stato escluso ci sono rimasto un po’ male. E con me chi mi aveva sostenuto. Quando sono rientrato in corsa l’ho visto un po’ come un riequilibrio della giustizia. E poi sono stato molto aiutato sul territorio. Sapevo di avere buone possibilità di essere eletto». E anche di essere il pentastellato più votato in Italia? «Se ci penso mi viene da ridere. Non avevo soldi, avrò speso in tutto 1.500 euro per la mia campagna elettorale». Ora si ritrova a essere il primo ❜❜ Libertà di voto Loro per il nucleare? Io mai. Però ci garantiscono indipendenza capogruppo europeo del Movimento nella sua storia. «I miei colleghi mi hanno votato, cercherò di rappresentare tutti al meglio. Sarà un onere, periodo peggiore non potevo trovare (scherza, ndr). Ho detto che il capogruppo lo faremo insieme». Intanto adesso si discute di alleanze. Lei cosa pensa? «Che sono accordi solo da un punto di vista tecnico». Ma avrà una sua convinzione. «Sì, che non dobbiamo andare tra Chi è Ignazio Corrao, 30 anni, laureato in Giurisprudenza, vive a Palermo. Ha lavorato nell’ufficio legislativo del Movimento Cinque Stelle all’Assemblea regionale siciliana. È stato eletto al Parlamento Ue nella circoscrizione Isole con 71.168 preferenze. Sarà il capogruppo del M5S a Strasburgo i non iscritti perché significa avere meno possibilità di incidere. Cariche e minutaggio superiore nel parlare sono necessari». E sui Verdi? «Non c’è un gruppo che abbia il 100% di affinità con noi. In qualsiasi caso ci sono punti di contrasto. Con i Verdi condividiamo la politica ambientalista, ma non le posizioni sulla troika e sulle politiche economiche, che sono invece punti in comune con gli euroscettici». Ma non le sembra che il M5S stia adottando una strategia differente per Bruxelles? «Sono d’accordo. Ma fare alleanze è necessario, qui non c’è un governo da sostenere, rischiamo di sprecare il mandato. Vogliamo avere il maggiore concerto possibile per farci valere nelle nostre battaglie». Lei su quali si concentrerà? «Dipende da come ci divideremo nelle commissioni. Da siciliano agricoltura e pesca sono argomenti che mi interessano, insieme ovviamente ai grandi temi politici europei». Ma dobbiamo aspettarci lotte e provocazioni come abbiamo visto alla Camera e al Senato? «Sicuramente faremo sentire la nostra voce. Penso di sì». Lei ha viaggiato molto, cosa si aspetta da questa nuova avventura? «Io ho fatto dal lavapiatti all’organizzatore di eventi, sono un factotum (ride). In più sono un appassionato di couchsurfing, sono per la cultura dell’integrazione. Dal Movimento ho imparato a mettere il mio tempo e le mie competenze al servizio della collettività». Emanuele Buzzi © RIPRODUZIONE RISERVATA 10 italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera Primo Piano 11 italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 # La celebrazione ai Fori Imperiali Volano le Frecce tricolori, paga lo sponsor I 68 anni della Repubblica e il ricordo della Grande Guerra. Pinotti: ora un esercito europeo ✒ L E la sicurezza è data in appalto ai metronotte a Repubblica compie oggi 68 anni e ai Fori Imperiali si celebra la ricorrenza con la tradizionale parata. «Non vi partecipano solo i reparti militari — dice il ministro della Difesa Roberta Pinotti —, ma anche le associazioni civili, perché questa è la festa di tutti gli italiani». Una festa con due temi centrali. Uno storico, i 100 anni dallo scoppio della Grande Guerra, e uno attuale, l’Italia che si prepara il 1° luglio a prendere la guida dell’Ue per un semestre. Segna l’esordio alla parata di Matteo Renzi e della prima donna ministro della Difesa. «Donna è anche la mia collega tedesca Von der Leyen — dice Pinotti —. C’è feeling e insieme cerchiamo di accelerare la formazione di un esercito europeo». Come sembra ormai destino, anche quest’anno attorno alla sfilata del 2 Giugno si è accesa qualche polemica. Stavolta è toccato alle Frecce tricolori. Negli ultimi due anni si era preferito evitare il sorvolo dei Fori Imperiali per contenere le spese. Ora i 9 jet della pattuglia acrobatica ritornano nei cieli della capitale e c’è chi grida allo scandalo perché in tempi di crisi si spendono parecchie migliaia di euro. In realtà da mesi i costi delle Frecce non gravano sul bilancio della Difesa. Le loro esibizioni in Italia e all’estero sono pagate da sponsor, in particolare Fastweb. «Abbiamo ricavato utili attraverso il marchio — spiega Pinotti — ci pareva assurdo rinunciare all’esibizione della pattuglia acrobatica migliore al mondo che è uno straordinario biglietto da visita italiano all’estero». Le Frecce faranno due passaggi, a inizio e fine celebrazioni. A parte le Frecce, i costi della manifestazione ammontano a un milione e mezzo di euro. Marco Nese © RIPRODUZIONE RISERVATA di SERGIO RIZZO La parata del 2 Giugno Fanfara dei Bersaglieri Compagnia dei Bersaglieri N CHIUSURA Compagnia commissari Polizia di Stato Compagnia mista Polizia di Stato, ferroviaria, stradale, di frontiera, volanti, gruppi sportivi fiamme oro e Nocs Compagnia Polizia Penitenziaria Compagnia Corpo Forestale dello Stato Compagnia Vigili del Fuoco Compagnia CRI Volontari del Soccorso Compagnia Polizia Roma Capitale Compagnia Servizio Civile Nazionale Blocco Mezzi Protezione Civile Banda Centrale Polizia di Stato Comandante VII Settore della Polizia di Stato VII SETTORE CORPI ARMATI E NON DELLO STATO Accademia della Guardia di Finanza di Bergamo Scuola Ispettori e Sovraintendenti della Finanza Compagnia Centro addestramento e specializzazione della Finanza Compagnia Corpo Militare della Croce Rossa italiana Compagnia II.VV. CRI Compagnia Ordine di Malta Compagnia ASSOARMA Banda Centrale della Guardia di Finanza Comandante VI Settore (GdF) IL SIMBOLO La stella compare come attributo dell’Italia già nel ‘500 VI SETTORE Scuola Ufficiali Compagnia Parà Tuscania e Gis Scuola Marescialli e Brigadieri e Scuola Allievi Carabinieri Compagnia del 13° reggimento Friuli Venezia Giulia Unità cinofile, carabinieri di quartiere, squadrone «Cacciatori» I CORPI MILITARI E AUSILIARI DELLO STATO Fanfara dell’Arma dei Carabinieri L’ARMA DEI CARABINIERI Compagnia Scuola Militare Giulio Douhet Accademia Aeronautica di Pozzuoli Scuola Marescialli di Viterbo Compagnia d’onore del 31° stormo (Ciampino) Compagnia Fucilieri dell’aria 9° e 16° stormo Compagnia Incursori del 17° stormo Compagnia piloti IV SETTORE LA DATA con il referendum nasce la Repubblica italiana Accademia Navale di Livorno Compagnia Scuola Militare Scuola Sottufficiali Scuola Navale Morosini di Venezia Bandiera di guerra del San Marco Compagnia del San Marco Compagnia Incursori Comsubin Compagnia-Forze aeree della Marina Compagnia delle Capitanerie di Porto L’AERONAUTICA MILITARE I partecipanti Banda Centrale Marina Militare Il ramo di quercia indica la forza e la dignità del popolo italiano 2 giugno 1946 Banda Centrale Aeronautica Militare Comandante IV Settore 3.584 Il ramo d’ulivo indica la volontà di pace della nazione La ruota dentata traduce l’articolo 1 della Carta: l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro Comandante V Settore V SETTORE 1,5 milioni Il costo della Parata Comandante III settore III SETTORE 2.375 1.209 militari Compagnia della brigata Alpini Julia LA MARINA MILITARE Fanfara degli Alpini civili LA A MAPPA PPA PA A Comandante II Settore II SETTORE Quirinale Qui Quirin Q uirinale uui iirin ina ina nal a ale L’ESERCITO ITALIANO Pant P aanth ntheo theon th heon onn Altare Alta are ddell del eella lla laa Patria ttr Piazzaa P Ve Venezia V a Piazz P Pia iazza azz az azz zzaa ellaa Repu Re R Repub epubb ubbli bblica bbbli bllica licca le ddella a ion z S azi Sta Staz zio ion one nee Na Term Te Ter rm min ini ni ia Inizio parataa Vi V Ima dei pe Fo ria ri li Foro Fo Roman Romano Arco di Costantinno Bas B asi asilica di Santaa Maria di riaa in TTra rras aste tev evere vere re C Circo Massimo assim si Via le Av en ti no © RIPRODUZIONE RISERVATA Compagnia del 9° reggimento Alpini dell’Aquila Compagnia Scuole Militari Nunziatella e Teuliè Scuola Sottufficiali Esercito di Viterbo Accademia Militare di Modena Compagnia del 1° reggimento Granatieri Parà del Col Moschin con alpini ranger e 185° reggimento acquisizione obiettivi Squadrone del Savoia Cavalleria Banda dei Granatieri di Sardegna S. GrVe. di gorio on fatevi fuorviare dalle divise, dalle fanfare e dal rombo delle Frecce tricolori. Oggi si festeggia la Repubblica, e non le Forze armate. Un particolare che al ministero della Difesa viene sottolineato con decisione, davanti alle osservazioni di chi si mostra sorpreso perché a fare la guardia alle tribune destinate a ospitare le massime autorità dello Stato, che per giorni e giorni vengono minuziosamente montate, per essere poi minuziosamente smontate, non ci sono soldati dell’esercito repubblicano bensì guardie giurate private. Quest’anno il compito tocca ai Metronotte. Il fatto è che, pur avendo la responsabilità di gestire la parata del 2 giugno, l’esercito non disporrebbe delle attrezzature per le tribune (nemmeno il Genio?). Di conseguenza il ministero della Difesa deve ricorrere a un appalto esterno. Costo del tutto, un milione 800 mila euro. Cifra che assicurano decisamente ridimensionata rispetto agli anni scorsi: del resto siamo o non siamo in pieno clima di spending review? L’appalto chiavi in mano comprende anche la fornitura dei servizi di vigilanza, e si torna ai famosi metronotte. Tutto logico, ma certo vedere guardie giurate sorvegliare il luogo dove si dovrà svolgere una parata militare davanti alle più alte cariche del Paese fa un certo effetto. Perché se è comprensibile che l’esercito, non disponendo delle attrezzature per le tribune debba rivolgersi a un appalto esterno, lo è meno il fatto che al posto dei militari ci siano i metronotte. Ma anche per questo c’è una spiegazione: i soldati non possono fare la guardia se non alle aree militari, e via dei Fori imperiali, dove sfilano i militari per la festa della Repubblica (della Repubblica, sia ben chiaro…) non è classificabile come tale. E poi, viene precisato, anche se fosse affidato ai militari il servizio di sorveglianza non sarebbe certamente a costo zero. Prendiamo atto. Anche se ricordiamo che i nostri bravi soldati sono già impiegati comunemente nella sorveglianza di obiettivi civili considerati particolarmente sensibili. Come alcuni tribunali in aree a rischio. O addirittura la sede del Parlamento europeo a Roma, in via IV novembre: che non risulta sia zona militare. Al ministero della Difesa garantiscono che c’è l’impegno a rendere la sfilata del 2 giugno sempre meno caratterizzata dalla presenza militare e sempre più da quella delle istituzioni civili. Benissimo. Ma le perplessità restano intatte. Via di dell Ca e T rac er all me a Coolosseo Colos Coloss ss o ssse Viaa La biiccana ROMA Mezzi storici Uniformi storiche Onu UE ISAF KFOR (Afghanistan) (Kosovo) 16 Missioni internazionali UE Bandiere Comandante I settore Comando Operativo Interforze della Difesa I SETTORE Organismi Internazionali e delle Missioni Ue Labari Associazioni Combattentistiche e d’Arma Bandiere di Gonfaloni delle Regioni, dell’Upi e dell’Anci P le P.le le Nu Nuuma um maa Pompi Pom Po Pomp P ompiilililio omp ioo Ill pe perc erco er cors rso rs soo ddii aavv avvi avvic vici cin iname in nam amen men ennto ntoo nt Nato Organismi Internazionali Esercito Marina Aeronautica Carabinieri Forze Guardia Armate di Finanza Comandante delle truppe Banda dei Carabinieri CORRIERE DELLA SERA 12 italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera Esteri La strage al museo ebraico Arrestato alla stazione dei bus di Marsiglia «Preso il terrorista di Bruxelles» Francese, è tornato dalla Siria Ha 29 anni, era segnalato ai Servizi di Parigi Con sé aveva le armi e la bandiera di Al Qaeda DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — «Sono circa 700, nel nostro Paese. Voglio dire a questi jihadisti che li combatteremo, li combatteremo e li combatteremo», dice François Hollande poco dopo la notizia dell’arresto a Marsiglia di Mehdi Nemmouche, 29 anni, un francese di origine algerina reduce dalla guerra in Siria, che in un video ritrovato nella sua borsa si attribuisce la strage del museo ebraico di Bruxelles. Sabato 24 maggio un uomo ha fatto irruzione nel museo e ha ucciso a colpi di pistola e kalashnikov i due turisti israeliani Emanuel e Miriam Riva (54 e 53 anni), la volontaria francese Dominique Sabrier (66) e il 25enne belga Alexandre Strens, che lavorava all’ingresso. «Mi congratulo con l’efficacia delle nostre forze di polizia, che hanno catturato l’individuo appena ha rimesso piede sul suolo francese», ha esultato Hollande. In realtà, Nemmouche è stato trovato Chi è per puro caso, nella stazione degli autobus di Marsiglia, durante un controllo antidroga di routine, sul pullman Eurolines che unisce Amsterdam a Marsiglia via Bruxelles. Gli agenti si aspettavano di trovare stupefacenti, hanno scoperto armi e munizioni sufficienti per compiere altre azioni. Controllo casuale Il sospetto è stato fermato per caso durante un controllo anti droga Origini Mehdi Nemmouche, 29 anni, francese di origini algerine, era noto ai servizi segreti francesi perché era stato a combattere in Siria con i jihadisti Sospetto Arrestato a Marsiglia, con sé aveva un mitra, una pistola e un video di rivendicazione Non ha fatto molto per rendersi introvabile, Mehdi Nemmouche: le telecamere di sorveglianza del museo avevano inquadrato un uomo in giubbotto e cappellino, che usa due armi, una borsa nera e una piccola videocamera GoPro attaccata alla tracolla. Quando i poliziotti francesi gli hanno chiesto di scendere dall’autobus e di aprire la sua borsa nera, dentro hanno trovato la pi- stola, il kalashnikov, altre munizioni, la videocamera GoPro, il giubbotto, il cappellino, e una bandiera dell’Isis (Stato islamico di Iraq e Siria). In più, in una scheda di memoria, un video dove appaiono le immagini delle armi della strage «accompagnate da una voce che sembra quella del sospetto», ha detto ieri il procuratore di Parigi François Molins. La voce rivendica l’attentato del 24 maggio, e spiega che si vedono solo il kalashnikov e la pistola ma non il massacro «perché la GoPro non ha funzionato». È l’uso della piccola videocamera portatile il più impressionante, ma non l’unico, punto in comune tra l’atte n ta to re d i B r u xe l l es e Mohammed Merah, il 23enne francese di origine algerina che nel marzo di due anni fa uccise sette persone (tra le quali quattro ebrei) a Tolosa, filmando le sue azioni. Mehdi Nemmouche, nato a Roubaix, nel Nord della Francia, dopo soli tre mesi di vita è stato tolto alla custodia della Le indagini Un fermo immagine dell’attacco del 24 maggio (Ansa) madre assieme alle tre sorelle e affidato a una famiglia provvisoria. Non ha mai conosciuto il padre, e nell’adolescenza ha cominciato a frequentare gli ambienti della microcriminalità del Sud della Francia fino a commettere più tardi rapine a mano armata: il suo curriculum giudiziario parla di cinque soggiorni in carcere, il più lungo dei quali dal 2007 al 2012. In questo periodo sarebbe avvenuta la conversione di Nemmouche all’islam radicale, proprio come era capitato a Merah. Uscito dal carcere, Nemmouche è passato da Londra, Istanbul e Beirut per raggiungere la Siria e combattere la guerra santa islamica contro il dittatore Bashar al Assad. Sarebbe tornato in Europa nel marzo scorso dopo brevi tappe in Malaysia, Thailandia e Singapore, forse per rendere meno controllabili i suoi spostamenti. Come Mohammed Merah, Mehdi Nemmouche era conosciuto dai Servizi francesi e tenuto sotto sorveglianza. Ciò nonostante ha potuto tornare in Europa, in Germania, e progettare probabilmente da lì l’attentato di Bruxelles, forse grazie all’aiuto di un gruppo jihadista basato nella capitale belga. Ieri notte erano in corso perquisizioni negli ambienti islamisti radicali di Bruxelles e Tourcoing, dove vive parte della sua famiglia. Gli inquirenti cercano di capire se Nemmouche a Marsiglia stesse cercando di raggiungere l’Algeria, o se si preparasse a compiere altre stragi. Stefano Montefiori @Stef_Montefiori © RIPRODUZIONE RISERVATA Una settimana dopo Un agente di polizia ieri di guardia all’ingresso del Museo ebraico di Bruxelles: sul luogo dell’attentato del 24 maggio costato la vita a quattro persone, sono comparsi fiori, fotografie, le bandiere nazionali di Belgio e Israele (Reuters/ Lenoir) Il fenomeno Il contagio della jihad in Europa WASHINGTON — Un sentiero tortuoso. Un cammino individuale di jihad che però può trasformarsi in un problema internazionale. Questo ci dice la vicenda di Mehdi Nemmouche, il francese ritenuto responsabile della strage al museo ebraico di Bruxelles. I passi percorsi dal killer sono la rappresentazione di un fenomeno non nuovo. Mehdi è nato a Roubaix, la città che fece da scenario alle azioni criminali della celebre gang composta da reduci del conflitto in Bosnia e guidata da un francese, Lionel Dumont. Un impasto di terrorismo e brigantaggio. E Mehdi è anche lui un «ritornato», in questo caso dal conflitto in Siria dove ha trascorso un anno, forse nelle file del gruppo più forte, l’Isis. Come altri, l’assassino si sarebbe accostato al radicalismo in carcere. Studi in Francia e in Gran Bretagna hanno evidenziato la pericolosità delle prigioni, veri incubatori di qaedismo. Un ragazzo con problemi familiari gravi, precedenti per rapina, trova moReduci tivi di rinascita Una volta i terroristi prima nella fede. islamici erano reduci E fin qui nessun problema. Solo dall’Algeria, ora lo che il traghettasono dalla Siria tore incontrato in cella non lo porta solo dall’altra parte del fiume ma lo convince ad andare avanti offrendogli una missione. Una volta erano l’Algeria o l’Afghanistan. Oggi c’è la Siria, dove il grande massacro ha suscitato una reazione spontanea ma anche pilotata da alcuni regimi arabi. Sono così migliaia i volontari partiti, quasi 800 solo dalla Francia. Un movimento costante, con soggiorni sul campo di battaglia e poi, quando è possibile, il rientro a casa. Per raccontare e anche reclutare. L’adesione alla rivolta mette in contatto militanti isolati con personaggi di maggiore esperienza. E se poi la fazione è ben strutturata — come lo è l’Isis — la visione del «mujahid» supera i confini siriani. C’è un’agenda più ampia. Non è per ora chiaro se esista un solido legame tra Mehdi e l’Isis. Strano che se ne andasse in giro con tutte quelle prove nella borsa, compreso il drappo del gruppo e il cappellino che indossava nell’assalto. Particolari da esplorare. L’attacco portato da Nemmouche ha messo la comunità ebraica nella linea di tiro. C’è da chiedersi se sapesse che tra i suoi obiettivi ci fossero due israeliani con un legame (amministrativo) con l’intelligence. Il suo gesto ha poi dato sostanza al timore che una componente della ribellione in Siria è pericolosa. Oggi spara su Assad, il giorno dopo può farlo a Parigi. Un allarme ripetuto in questi mesi. Una situazione ambigua. Alcuni Stati, Usa compresi, pur sostenendo l’opposizione hanno dato aiuti limitati alla resistenza e altri hanno varato un’attività di contrasto anti-terrorismo. Aprire un fronte esterno può apparire una scelta folle per gli insorti. Però è anche vero che la realtà insurrezionale è frammentata. C’è spazio per il gesto del lupo solitario o della micro-cellula. Sullo sfondo scissioni, leader ambiziosi e poi un insieme di individui, legati insieme dall’odio verso il «nemico». Giovani come Nemmouche, un nomade jihadista senza radici, o Moner Abu Salha, l’americano che ha abbandonato la vita tranquilla della Florida per farsi saltare in Siria. Guido Olimpio © RIPRODUZIONE RISERVATA Esteri 13 italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 Il reportage Domani si vota, ma la Siria è un Paese distrutto. I racconti degli scampati all’assedio durato tre anni Macerie, nespole e i sopravvissuti A Homs dove è morta la rivoluzione Viaggio nella città simbolo della guerra. Che Assad ha (quasi) vinto Rovine Un ragazzino davanti a un blindato distrutto dell’esercito siriano a Homs. Un tempo città simbolo della rivolta, Homs è ormai sotto controllo dei lealisti. Le ultime sacche di resistenza sono state fatte evacuare tre settimane fa. Homs è stata il teatro di una delle prime manifestazioni contro Assad, nel marzo del 2011. E’ tra le città siriane che hanno pagato il più alto tributo di sangue, con quasi 20 mila morti. Uccisi nei combattimenti o dai ribelli stessi, negli scontri intestini tra diverse fazioni. E durante l’assedio, con mancanza di cibo, medicine e generi di prima necessità (Reuters) DALLA NOSTRA INVIATA HOMS — Con i suoi nespoli, le palme e i gelsomini il cortile del convento dei gesuiti offre un momentaneo rifugio dal sole, dalla polvere e dalla desolazione della Città Vecchia di Homs, un po’ come lo offrì il padrone di casa Padre Frans a molti, cristiani e musulmani, in questa guerra fratricida. Anche quest’ultimo quartiere della città un tempo nota come la «capitale della rivoluzione» è stato ripreso dal governo tre settimane fa e la gente sta tornando a casa nei quartieri soprattutto cristiani di Bustan Al Diwan, Al Malgaa e Al Hamidiyah. Ma al centro del cortile c’è una sedia vuota, con un ciuffo di fiori rosa di plastica appoggiati allo schienale. Proprio su quella sedia e in quel punto, è stato assassinato quasi due mesi fa Padre Frans Van Der Lugt. Il gesuita 76enne olandese era l’ultimo missionario europeo rimasto nella roccaforte dei ribelli negli oltre due an- L’anziano Abu Rogé, un anziano che si trascina per Al Malgaa, confessa con gli occhi arrossati: «Forse sarebbe stato meglio non tornare, per non vedere queste cose» L’ingegnere Nazim, 50 anni: «L’assassinio di Padre Frans è diventato una grande storia, una specie di luce che ha portato alla riconciliazione. Ce l’ha insegnato lui» ni in cui era stata assediata dai soldati lealisti di Assad. Non ha potuto vedere la fine dell’assedio. «Un giorno, un miliziano con il volto coperto è arrivato, lo ha fatto sedere su quella sedia e gli ha sparato alla testa». Lo racconta Nazim Qanawati, 50 anni, ingegnere civile. È uno dei 24 cristiani rimasti fino all’ultimo giorno, insieme a 200-500 civili musulmani e 2000 miliziani ribelli. Nemmeno a febbraio Padre Frans aveva voluto andarsene con gli ultimi civili evacuati, per non abbandonare i suoi fedeli. In quel cortile ora c’è la sua tomba. Nazim l’ha seppellito nel punto in cui amava prendere il caffè al mattino e ha disposto le pietre a forma di croce. Viene a trovarlo uno stuolo continuo di pellegrini incluse coppiette e scolaresche. Homs, a due ore di auto a nord di Damasco sulla strada segnata dai carri armati, è oggi il simbolo della fine della rivoluzione. Nella piazza dell’Orologio che a lungo ha segnato una linea del fronte tra regime e ribelli, le lancette hanno ripreso a muoversi, ritmando il ritorno della gente alle case. Lo ha sancito un accordo ai primi di maggio: i combattenti hanno lasciato la zona negli autobus forniti dal governo e sotto supervisione dell’Onu verso i villaggi e le campagne a nord, verso la Turchia, dove ancora si combatte. In cambio hanno ceduto degli ostaggi sciiti e un accesso ai villaggi vicino ad Aleppo. In un cortile sporco e pieno di detriti, dove c’era una volta il ristorante Beit Al Agha, Elia Saman mostra il nascondiglio dell’emiro della brigata Abu Leil. Stava nello scantinato per evitare le bombe. «Era un uomo colto». Accanto agli strumenti per preparare bombe, tubi e sostante chimiche, e una foto pasticciata di Assad ci sono due pile di volumi di libri, non solo religiosi. Uno è sulla prevenzione delle malattie. «È fuggito a Al Waer, l’unico altro quartiere di Homs dove stanno ancora i ribelli e c’è una tregua e la speranza di un accordo. Ma l’emiro l’hanno ammazzato». Un papà in bicicletta sfreccia con un bimbo in grembo tra le stradine su cui si affacciano le case sventrate. Sulla soglia di ciascuna ci sono cumuli di detriti. Tutte le chiese riportano danni insieme a recenti segni di affetto. Quella greca-cattolica, la Signora della Pace, è vuota, con la cupola crollata, un affresco annerito dal fuoco e le vetrate in frantumi: eppure le sedie sono in ordine davanti all’altare. Nella chiesa siro-ortodossa si celebra la messa della domenica, e il sacerdote comanda ai fedeli di andare in pace. Ad ogni angolo stanno appostati soldati in mimetica abbastanza tranquilli da posare per le foto. Agli angoli sventolano le bandiere delle milizie cri- 162 9 mila Le vittime di tre anni di guerra civile siriana, scoppiata dopo le rivolte anti-Assad del marzo 2011. Lo stima l’Osservatorio per i diritti umani di Londra: l’Onu ha smesso a luglio di tenere il conto per le difficoltà di verificare i dati milioni Gli sfollati siriani per via del conflitto: oltre il 40% della popolazione è stato costretto a lasciare la propria casa (circa la metà sono bambini). Oltre due milioni e mezzo i siriani che si sono rifugiati all’estero stiane, in cui molti si sono arruolati per combattere contro gli estremisti musulmani. Bari, 21 anni, maronita, che aveva lasciato il quartiere nel 2012, racconta che lui, studente di matematica, non ha voluto combattere. Si sente più portato per la ricostruzione. Molti, come lui, hanno il sorriso sulle labbra ma Abu Rogé, un anziano con un fratello a Como, si trascina senza meta per Al Malgaa, vicino alla piazzetta dove una volta i ragazzi si riunivano la sera nei bar. «Forse sarebbe stato meglio non tornare, per non vedere queste cose», confessa con gli occhi arrossati. Davanti alla tomba di Padre Frans, Nazim non mostra odio. «Quel gesto così atroce è stato compiuto per disperazione, per smuovere i negoziati con il governo. La vita qui era arrivata ad un punto cruciale, TURCHIA mancavano il cibo, l’acqua. Aleppo Negli ultimi 50 giorni manHasaka giavano le nespole di questo Idlib Latakia Deir Zor cortile, mischiandole al granApamea Hamah turco. Il nocciolo lo ammorS I R I A bidivamo nell’acqua: acquista un sapore simile ai funghi. Homs LIBANO L’assassinio di Padre Frans è Damasco IRAQ diventata una storia di portaDaraa ta internazionale, una specie C.D.S. GIORDANIA di luce che ha portato alla riconciliazione. Ce l’ha insegnato lui. Una volta i miliziani vennero a rubare del Urne aperte cibo. Padre Frans li denunciò ai loro capi che li miseDomani in Siria sono ro in prigione. E allora lui andava a trovarli per assipreviste le elezioni curarsi che fossero rimessi in libertà e una volta rilapresidenziali. La sciati li invitò a pranzo». consultazione si La caduta o la liberazione di Homs non cancella la svolgerà soltanto realtà di un Paese ancora in guerra. Nel nord, nella nelle aeree controllate città spaccata di Aleppo, si combatte quella che è dedai lealisti finita la battaglia decisiva. Con assedi e offensive con l’aiuto dell’Hezbollah, il regime ha ripreso il controlEsclusi dal voto lo di buona parte del territorio e sostiene che in poSaranno escluse vaste chi mesi può riportare la stabilità. Secondo uno stuzone nelle mani dei dio pubblicato a maggio dal Brookings Institution, ribelli, tra cui parti di c’è l’opzione americana dell’appoggio alla ribellione Aleppo. Nemmeno i da sud benché la Casa Bianca prometta ma continui circa 2,5 milioni di ad esitare nel fornire nuove armi ai ribelli, tra ansie rifugiati nei Paesi per i qaedisti e timori che il regime sospenda la divicini potranno votare struzione delle armi chimiche. Mentre molti ribelli hanno lamentato la grave Candidati perdita di Homs, il regime l’ha celebrata come una Gli «sfidanti» di Assad vittoria e può fregiarsene mentre si appresta a disono due politici pro sputare domani nuove elezioni presidenziali destiregime: il deputato nate a riconfermare Bashar Assad per 7 anni e preceMaher Hajjar, 46 anni, dute da un lungo blackout che per tutto il giorno ieri di Aleppo e Hassan ha impedito le telefonate all’estero e l’accesso a inNuri, 54 anni, di ternet. Ma forse, in una guerra in cui entrambi i Damasco, ex ministro fronti hanno pensato poco alle vittime collaterali, va dello Sviluppo capito che la gente di Homs come della Siria è stanca. A Homs non ha vinto nessuno, ma il senso che il valore delle vite umane può prevalere sulle pistole offre un barlume di speranza in un conflitto su cui è presto per mettere la parola fine. Le elezioni Il Paese Viviana Mazza © RIPRODUZIONE RISERVATA 14 italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera Esteri 15 italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 Il caso Tangenti per cinque milioni di dollari. «A favore di Doha anche forti pressioni di Francia e Germania» L’annuncio Il re del lusso Pinault vieta gli hotel del sultano A Ginevra il 2 dicembre 2010 il presidente della Fifa, Joseph S. Blatter (a sin.) annuncia che sarà il Qatar a ospitare i Mondiali del 2022 (Epa). A destra l’allora emiro Hamad bin Khalifa al Thani con la moglie, la sceicca Moza, dopo l’annuncio, con la coppa (Reuters) DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Mazzette ai delegati La grande accusa sui Mondiali in Qatar Appelli per riassegnare la Coppa La Fifa: possibile nuova votazione DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — Tutto sommato non ci voleva una mente geniale per pensare che l’unica ragione valida di organizzare i Mondiali di calcio 2022 nei freschissimi deserti del Qatar fosse il profumo delle tangenti. Di altre plausibili motivazioni non ve ne erano. Solo che adesso la ragnatela della corruzione internazionale, per merito del Sunday Times, viene a galla mettendo i signori che governano il football globale con le spalle al muro. Che i grandi eventi dello sport (e non solo dello sport) siano l’occasione buona per chiedere, ottenere e distribuire mazzette di dollari è noto. Ma i disonesti che pagano e i disonesti che intascano hanno sempre quell’abilità criminale di rendere le prove del vizio pressoché impossibili. Questa volta, il domenicale del gruppo Murdoch ha messo mano, o qualcuno ha consentito che mettesse mano, su migliaia di documenti che raccontano la storia del grande inganno. Nelle prossime settimane, promette il Sunday Times, saranno pubblicati i nomi degli ufficiali pagatori del Qatar e i nomi di chi, fra i gentiluomini della Fifa, ha incassato in cambio del voto favorevole all’organizzazione della manifestazione nell’emirato. Gli inglesi sono amici del Qatar che punta alle banche (Barclays), che ha i grattacieli, i grandi magazzini (Harrods), gli alberghi di lusso londinesi. E la Lo scoop La prima pagina del Sunday Times di ieri sui Mondiali in Qatar famiglia Al Thani, che guida il piccolo Stato della penisola arabica, ha con i Windsor un rapporto strettissimo. Ma gli stessi inglesi non hanno mandato giù l’affronto di avere perduto la vetrina più affascinante dello sport che si sono inventati. Li volevano per il 2018 e sono finiti a Mosca. Poi nel 2022, la beffa: addirittura in Qatar. Allora, hanno cominciato a menare fendenti. La Fifa è sotto accusa e la prospettiva di una nuova assegnazione non è più peregrina. Carta canta. Così il vicepresidente del governo del calcio, Jim Boyce, si espone con la Bbc: «Non ho difficoltà a indire una nuova votazione». Dipenderà dal rapporto degli ispettori Fifa. Il Mondiale è stato comperato, dice il Sunday Times. E la storia per ridurla all’osso è che Mohamed bin Hammam, presidente dell’Asian Football Confe- deration fino al luglio 2011 prima della squalifica a vita per corruzione, ha oliato i delegati africani e dell’Oceania per convincerli a regalare «il sogno» al Qatar, che poi è un sogno da 60 miliardi di dollari, tanti ne ha promessi l’emirato per costruire strutture e infrastrutture. Probabilmente molti sapevano e non parlavano. Anche ai vertici. Le tangenti accertate (5 milioni di dollari) sarebbero per ora una briciola 5 milioni le tangenti ai delegati di Africa e Oceania ✒ Trattare con i terroristi? La (criticata) scelta di Obama di GUIDO OLIMPIO S i tratta o meno con i terroristi? In linea di principio la risposta è no, sul piano pratico ogni Stato si arrangia. A seconda del momento e della convenienza. Lo scontro si è riacceso a Washington dopo lo scambio tra il sergente Bowe Bergdahl, catturato nel 2009 in Afghanistan, e 5 alti esponenti talebani. Il presidente Obama ha presentato la liberazione come la prova che «non si lascia nessuno sul campo di battaglia». Ma anche i mullah hanno gioito. Il famigerato Omar ha parlato di grande vittoria. Per nulla contenti i repubblicani Usa. A loro giudizio il baratto è una violazione della legge che proibisce qualsiasi concessione ai terroristi. Perché rappresenta un incentivo al rapimento. La Casa Bianca si è piegata per una serie di motivi. Bowe era l’ultimo soldato Usa ancora in mano al nemico. L’intesa può Sharia nel Brunei aprire altri negoziati sul futuro dell’Afghanistan. Tutte buone ragioni che non tolgono motivi ai critici. Fare patti con chi mette le bombe non è mai una grande idea, ma a volte devi farlo. Un’icona della fermezza come Reagan ha avuto l’Irangate, i contatti segreti con gli ayatollah per il rilascio degli ostaggi in Libano. E Israele, determinato come pochi contro i terroristi, di scambi ne ha fatti di clamorosi. Per un suo soldato ha lasciato andare centinaia di militanti. Viene il momento in cui un governo accetta di fare un passo costoso. Magari pagando un riscatto. Il punto è che non bisogna abusarne e tantomeno farne una prassi. L’avversario non deve conoscere in anticipo la tua reazione. Altrimenti hai già perso la sfida prima ancora di cominciarla. © RIPRODUZIONE RISERVATA nell’oceano di banconote che muove il Mondiale. Ma quel che conta è che il sistema, con le sue appendici di omertà e di complicità, traballa. E non bisogna credere che della combriccola siano stati parte soltanto i delegati più sensibili al richiamo dell’arricchimento facile. La verità, a suo modo, l’ha rivelata qualche settimana fa lo stesso Blatter, presidente della Fifa, che non è uno stinco di santo: «Il campionato del 2022 è andato al Qatar perché sono state fortissime le pressioni di Francia e Germania». Insomma, i delegati africani hanno avuto la parte degli esecutori. I burattinai politici sarebbero in Europa, con buona pace degli inglesi più che mai comprensibilmente euroscettici e che già si agitano. A Westminster, la Commissione parlamentare dello sport chiede a gran voce che la sede del Mondiale 2022 cambi. Come finirà nessuno lo può dire. Le tangenti ci sono state. E si aggiungono allo scandalo dello sfruttamento della mano d’opera che è già costato la vita a 400 operai impegnati nella realizzazione delle opere in Qatar. Il calcio meriterebbe un teatro che non sia caldo torrido, morte e mazzette. Ma non è sicuro che alla Fifa condividano o siano capaci di un sussulto di dignità. PARIGI — Il gruppo francese Kering (che comprende i marchi Gucci e Saint Laurent tra gli altri) boicotta gli hotel di proprietà del sultano del Brunei, Hassanal Bolkiah, da quando nel micro Stato asiatico è stato introdotto un nuovo codice penale islamico che prevede la lapidazione di adultere e omosessuali. Il polo del lusso diretto da François-Henri Pinault precisa che la decisione di boicottare gli alberghi della catena Dorchester Collection «non è una presa di posizione contro la sharia (la legge islamica, ndr) in generale, ma una protesta contro l’applicazione del nuovo codice penale che include misure lesive della dignità umana». Tra i 10 alberghi della Dorchester Collection, che registrano già cancellazioni, ci sono due hotel di lusso parigini (Plaza Athénée e Meurice), il Principe di Savoia di Milano e l’Eden di Roma, oltre al Dorchester di Londra. Alla campagna partecipano anche il miliardario britannico Richard Branson, la caporedattrice di Vogue America Anne Wintour, la star della tv americana Ellen DeGeneres e l’attore inglese Stephen Fry. Il direttore della catena Dorchester, François Delahaye, si dice «stupefatto», parla di «accanimento» e sostiene che «le uniche persone colpite saranno i 3500 dipendenti del gruppo, non certo il sultano del Brunei. Se dovessimo sanzionare tutti gli hotel di prestigio che hanno nel loro azionariato Paesi dove viene applicata la sharia, non rimarrebbero più molti alberghi di lusso dove scendere». Nonostante questa minacciosa prospettiva, il boicottaggio continua. Stefano Montefiori Fabio Cavalera @Stef_Montefiori @fcavalera © RIPRODUZIONE RISERVAT © RIPRODUZIONE RISERVATA 16 italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera Cronache Missionari Don Gianantonio Allegri (sinistra) e don Giampaolo Marta in Africa in una foto d’archivio Camerun Presi il 4 aprile, oggi a Roma. Salva anche una suora Attentato in Nigeria Liberi i preti vicentini rapiti da Boko Haram «Dimagriti e provati» Esplosione con decine di morti Il vescovo: ma i musulmani ci vogliono lì «E pensare che erano per pri- una fonte della France Presse gli mi i capi islamici dei villaggi che ostaggi sono stati ritrovati lunchiedevano ai nostri sacerdoti go una strada poco distante daldi restare laggiù...»: sollievo e la missione di Tcherè, 800 chiloamarezza si mescolano nelle pa- metri a nord della capitale Yarole di monsignor Beniamino oundè e ai confini con la NigePizziol, vescovo di Vicenza. Ieri ria, la stessa località in cui don mattina alle 6 una telefonata Marta e don Allegri erano stati della Farnesina lo ha avvertito che i due suoi sacerdoti rapiti Tcherè all’inizio di aprile in CHAD Camerun da estremisti islamici sono stati liberati e stanno bene. Ma se il dramma dei religioREP. NIGERIA si veneti ha avuto un C A M E R U N CENTRO lieto fine, la situaAFRICANA Yaoundé zione nel nord del Camerun, che ha Golfo di Guinea uno stretto legame con la diocesi di Vicenza, resta molto tesa ed è pos- rapiti il 4 aprile scorso. «Abbiasibile che altri religiosi attivi mo lavorato a lungo e a stretto nella zona debbano fare rientro contatto con le autorità locali, in Italia. riteniamo che la liberazione sia I sacerdoti sani e salvi sono frutto di una trattativa e non di don Gianantonio Allegri, 57 an- un blitz» confermano dalla Farni, e don Giampaolo Marta, die- nesina. Con i missionari veneti è ci anni più giovane. Secondo stata trovata anche Gilberte Bussier, la suora canadese che era stata sequestrata con loro. «Un emissario dei terroristi ci ha avvertiti e siamo andati a prendere i prigionieri. Ci ha colpito la quantità di armi a loro disposizione» è la versione della polizia camerunense. «Gli ostaggi sono tutti dimagriti e molto affaticati ma stanno bene» fanno sapere ancora dal ministero degli Esteri. Trova conferma anche che il sequestro debba essere attribuito ai miliziani di Boko Haram, la formazione fondamentalista islamica che tiene ancora prigioniere 40 ragazze di religione cristiana rapite in Nigeria. Le incursioni armate di Boko Haram anche in territorio camerunense si erano fatte frequenti poco prima del rapimento dei due preti vicentini e pochi giorni fa i terroristi avevano assalito un gruppo di operai cinesi. «La situazione di insicurezza è palpabile, l’esercito è impegnato ad assicurare che non ci siano infiltrazioni dalla Nigeria. Hanno chiesto a noi europei di girare scortati dalla polizia» così aveva scritto don Allegri nel suo diario poco prima del blitz. «I nostri confratelli avevano segnalato la presenza di depositi di armi nella zona» è la testimonianza invece di don Maurizio Bolzon e don Leopoldo Rossi, altri due missionari vicentini attivi nella zona di Tcherè. La liberazione, insomma, non ha fatto cessare la situazione di pericolo e si sta valutando la possibilità di far rientrare tutti gli europei che la- Depositi di armi I missionari avevano segnalato depositi di armi appartenenti ai fondamentalisti vorano nella zona. Una radio locale afferma che nella zona 40 miliziani islamici sono stati uccisi nelle ultime ore. La presenza della diocesi di Vicenza nel nord del Camerun risale ai primi anni 80: sono stati costruiti una scuola, un dispensario «e stavamo dimostrando che la coesistenza pacifica tra religioni diverse è possibile» aggiungono dalla Curia. Don Marta si trovava in Camerun, salvo una breve interruzione, dal 2004 ed era un punto di riferimento per le comunità locali. Don Allegri, invece, era stato a lungo parroco a Magrè di Schio e dal 2013 aveva iniziato la sua missione a Tcherè. «Don Gianantonio e don Giampaolo tornano a casa. Ben- tornati e un abbraccio alle loro comunità» ha scritto il premier Matteo Renzi su Twitter. «Ringrazio il presidente del Camerun Paul Biya e il governo del Canada per l’ottimo lavoro svolto» ha dichiarato dal canto suo il ministro degli Esteri Federica Mogherini. Con un moto di felicità meno formale e più spontaneo ieri le campane delle 354 parrocchie della diocesi di Vicenza hanno suonato a festa per annunciare la liberazione dei missionari. Il rientro dei sacerdoti in Italia è previsto per oggi; il vescovo Pizziol si recherà personalmente a Roma ad abbracciarli. Claudio Del Frate ABUJA (Nigeria) — Sono decine le vittime dell’esplosione di una bomba in un locale in Nigeria dove una piccola folla di persone si era radunata per seguire un incontro di calcio trasmesso in televisione. Lo hanno reso noto ieri sera le forze di polizia del Paese africano. L’episodio è avvenuto a Mubi, un centro nel Nord Est della Nigeria, che in passato era stato preso di mira dal gruppo islamico Boko Haram. I fondamentalisti sono i principali sospettati anche per l’attentato di ieri, visto che l’area in cui è avvenuto è la stessa nella quale ultimamente si sono concentrate le sanguinose azioni del gruppo islamista, che punta alla creazione di uno stato confessionale nel Nord Est del Paese. Alcuni giorni fa un attentatore ha perso la vita nell’esplosione della sua auto carica di tritolo. Secondo le autorità l’uomo era in procinto di compiere un attentato suicida. Anche in quella circostanza l’obiettivo dovevano essere tifosi di una partita di calcio. @cdelfrate © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Il raduno In 52 mila all’Olimpico con il Papa «Nessuno può dire “io sono il capo”, non siate “controllatori” della fede. E portate ancora un Vangelo in tasca?». In questi termini il Papa in un ampio discorso si è rivolto ai circa 52 mila radunati allo stadio Olimpico (foto) da Rinnovamento nello Spirito. Gran Sasso Il progetto europeo a difesa degli animali selvaggi I team di cani addestrati a salvare orsi, volpi e lupi dalle polpette avvelenate L’obiettivo è impedire una morte. Quando ci riescono, loro si fermano, si siedono e aspettano la ricompensa: giocare. «Loro» sono Karma, Dingo, Jonai, Datcia e Maya, cinque cani addestrati a scovare esche avvelenate in parchi e boschi. Finora erano gli unici, adesso non più. Perché ieri è partito il progetto Life Pluto, e cioè la formazione di sei nuove squadre che avranno il compito di salvare dalle polpette avvelenate volpi, gatti, orsi, ricci, lepri, scoiattoli, tassi, grifoni, aquile, cani selvatici... Finanziato dalla Commissione europea e programmato fino al 2019, Life Pluto è l’evoluzione di Life Antidoto, il progetto grazie al quale Karma e i suoi quat- tro «colleghi» arrivarono in Italia nel 2009 (dalla Spagna), voluti dal Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga che, per l’occasione, dichiarò guerra al veleno affiancato dal Corpo forestale dello Stato. Cinque anni di operazioni sul territorio e una certezza: funzionano. Ogni volta che uno di loro esce per un «pattugliamento» attiva 200 milioni di cellule olfattive (noi umani ne abbiamo 5 milioni) che non mancano mai l’obiettivo. Come fanno i cinque cani a resistere alla tentazione di mangiare una di quelle polpette? Merito dell’addestramento che prevede per ogni ritrovamento di un boccone avvelenato un premio speciale: un po’ di tempo da passare giocando con il conduttore o la conduttrice. Un bastoncino da recuperare, una corda da addentare e tirare, una corsa o qualunque altra cosa suoni divertente... Ed è soltanto a quello che puntano, Karma e gli altri, quando riescono ad annusare un’esca. Mangiarla non è contemplato. Sanno che un pezzo di carne velenoso va soltanto segnalato rimanendoci seduti accanto. E così fanno. «Rabbrividisco a pensare a un animale che muore fra sofferenze atroci dopo aver mandato giù uno di quei bocconi» commenta Luciano Sammarone, comandante provinciale della Forestale di Isernia. «Ci sono rapaci come i grifoni che si muovono Cronache 17 italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 Pisa Lei era medico della Asl. La coppia era in crisi da tempo e si stava separando Uccide la moglie a coltellate poi avverte il figlio sedicenne «Abbiamo litigato, l’ho colpita cinque o sei volte» PISA — Un ultimo litigio mentre il figlio più piccolo, 16 anni, stava ascoltando musica con le cuffie nella sua camera. Poi, Roberto Barbieri, 55 anni, dipendente dell’Enel ed esponente politico del Pd locale, ha afferrato due coltelli da cucina e ha massacrato la moglie, Sandra Fillini, 53 anni, medico. La donna non ha avuto scampo. Ha gridato aiuto ma nessuno l’ha sentita, ha tentato di raggiungere la porta di casa, una villetta nelle campagna toscana, ma è stata finita con terribili colpi al torace e alla gola. L’omicida, sempre con i coltelli in mano e i vestiti sporchi di sangue, ha telefonato a una vicina di casa: «Ho colpito mia moglie con cinque, sei coltellate. L’ho uccisa, chiamate i carabinieri». Poi è entrato nella camera dal letto del figlio che ancora non si era accorto di niente. «Vieni, andiamo fuori che ti spiego» e insieme al ragazzo, disperato e sotto choc, ha aspettato che arrivassero i militari ad arrestarlo. È accaduto nel pomeriggio di ieri a Podere il Sorbo, una frazione di Castelnuovo Valdicecina, comune pisano di 2.300 abitanti ai confini con le province di Pisa e di Siena. Ma stavolta, questa cronaca dell’ennesima violenza contro le donne, nessuno avrebbe potuto prevederla perché in passato mai vi erano stati segnali premonitori. «Sono sconvolto, Roberto era un uomo tranquillo, una persone perbene e assolutamente non violenta — racconta Massimiliano Benini, assessore ai Lavori pubblici del piccolo comune e collega di lavoro dell’omicida —. All’Enel si è sempre occupato di informatica e telefonia con grande professionalità. So che aveva avuto problemi con la moglie, un anno fa si erano separati per alcuni mesi, ma poi tutto sembrava essersi ricomposto. Si era candidato come consigliere alle ultime elezioni, ma non era stato eletto. In ogni caso non aveva mai dato segni di squilibrio». Sandra Fillini, «la dottoressa», come tutti la chiamavano in paese, era una donna solare ed estroversa. Anche lei appassionata di politica. «L’avevo vista durante le elezioni autenticare le firme come sempre con grande entusiasmo — ricorda il sindaco Alberto Ferrini —, era un medico stimato. Non riesco a rendermi conto che sia stata uccisa dal marito. Nessuno qui riesce a darsi una spiegazione. È una cosa assurda». in gruppo. Se mangiano la carcassa di un animale morto avvelenato da sostanze come la stricnina si crea una catena mortale e capita di trovare fino a 12-15 grifoni morti in una volta». Anche a questo servono i cani anti-veleno: a trovare le carcasse di chi è incappato in un boccone fatale. «I cinque di Antidoto si sono rivelati uno strumento indispensabile per le bonifiche e contro l’uso del veleno» valuta Anna Cenerini, biologa e coordinatrice del vecchio progetto. «Dovevano essere usati per il solo Parco del Gran Sasso e invece hanno girato in lungo e in largo nelle aree limitrofe, dal Parco nazionale d’Abruzzo a quello della Maiella o ai monti Sibillini. Il problema del veleno nel nostro Paese è sottovalutato e purtroppo molto diffuso». «Ora Life Pluto cercherà di mettere a sistema la buona pratica di Antidoto per fare prevenzione e controlli» dice la biologa In paese da tempo si sapeva della crisi che stava attraversando la coppia. Lo scorso anno c’era stata una prima separazione. I due figli di 21 e 16 anni erano rimasti con Roberto nella villetta di famiglia, un antico podere ristrutturato alle porte del La casa e i ragazzi Dovevano separarsi e vendere la casa Lui era preoccupato di perdere i ragazzi Sbarchi in Sicilia I migranti trasferiti in Lazio e Veneto Sono state 3.517 le persone portate in salvo nel weekend nel Canale di Sicilia nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum. Mobilitata anche l’Aeronautica Militare per il trasferimento dei migranti verso Lazio e Veneto. Fermati diversi scafisti Torino In arresto un 18enne e un minore comune, e lui aveva deciso di rallentare l’attività politica che lo occupava molto. Era diventato segretario del Pd locale, ma aveva scelto di dimettersi. Poi, un paio di mesi fa, il tentativo di riappacificazione con la moglie. Sembrava che la crisi fosse finita e quella famiglia avesse riacquistato un po’ di serenità. Roberto era tornato a fare attività politica candidandosi alle ultime elezioni per il consiglio comunale. Sandra cercava di fare la mamma e il medico dell’Asl 5 di Pisa con un incarico al distretto di Volterra. Tutti giorni doveva macinare decine di chilometri, ma era abituata dagli anni trascorsi sulle ambulanze del 118. «Era una dottoressa che amava il suo lavoro — racconta un collega —, molto amata dai pazienti. Grazie alla professionalità che aveva acquisito in anni di gavetta, ma anche a un’ enorme empatia verso gli altri. Era una donna eccezionale». Negli ultimi giorni le cose in famiglia erano precipitate. E dopo molti litigi la coppia aveva deciso una nuova separazione, quella definitiva. Ieri pomeriggio erano a casa per discutere di questo. Pare che Roberto fosse preoccupato di perdere i figli. Poi c’era da prendere decisioni sulla casa da vendere. Il figlio più grande era andato al mare con gli amici, il più piccolo aveva preferito stare in casa, con i genitori. L’omicida è stato interrogato sino a tarda sera dal pm Lydia Pagnini. Ha confessato tutto, alternando momenti di lucidità ad altri di grande disperazione. «E adesso ai miei figli chi ci pensa?», sono state le ultime parole mentre i carabinieri lo accompagnavano in carcere. Marco Gasperetti © RIPRODUZIONE RISERVATA L’ordinanza L’omicidio di Mozzate Arresti alla donna del killer RIMINI — Duplice omicidio premeditato pluriaggravato e occultamento di cadavere, le pesanti accuse con le quali il gip del Tribunale di Rimini, Fiorella Casadei, ha ordinato che Monica Sanchi resti nel carcere di Forlì. La donna avrebbe avuto un ruolo attivo negli omicidi commessi dal fidanzato Dritan Demiraj, il fornaio albanese di 29 anni che il primo marzo ha ucciso l’ex compagna Lidia Nusdorfi alla stazione di Mozzate (Como) e, il 28 febbraio, a Santarcangelo (Rimini), il fidanzato della donna, Silvio Mannina, 30 anni, residente a Bologna in una casa famiglia. La Sanchi oggi sarebbe potuta tornare in libertà ma resta in carcere soprattutto perché c’è ancora il rischio di inquinamento delle prove. © RIPRODUZIONE RISERVATA del parco del Gran Sasso, Monica Di Francesco. I cani dei futuri team (all’inizio ogni squadra ne avrà due) saranno selezionati in parte da cuccioli (da addestrare in Italia), in parte da adulti (già addestrati in Spagna). Requisiti richiesti: un olfatto perfettamente funzionante, buon carattere, buona resistenza fisica e attitudine al gioco. Anche le razze saranno criterio di scelta; incideranno, per esempio, sulla capacità di lavorare in condizioni di freddo o di caldo estremo. I cinque «vecchi» sono un border collie (Datcia), un labrador (Jonai)e tre pastori belga Malinois (Karma, Dingo e Maya). Hanno salvato molte vite messe a repentaglio, nella maggior parte dei casi, da allevatori che pensano di eliminare con un’esca al veleno i predatori delle loro greggi o da cercatori di tartufi che puntano a uccidere i cani dei concorrenti. Karma e gli altri sono arrivati prima della morte e si sono seduti ad aspettare la vita: il gioco. Giusi Fasano @GiusiFasano Pastore belga Maya è uno dei cinque cani addestrati © RIPRODUZIONE RISERVATA SHOP ONLINE WWW.SUNDEK.IT Un giovane di 27 anni ferito al petto nel metrò La pista della politica TORINO — La vittima indossava pantaloni larghi e una felpa di un paio di taglie più grossa. I suoi aggressori avevano tutti un giubbotto nero e le teste rasate o con la cresta. È quello che i testimoni del tentato omicidio avvenuto ieri notte nella metropolitana di Torino, hanno raccontato alla polizia identificando immediatamente come un antagonista di sinistra il primo e militanti di estrema destra i secondi. Proprio il movente politico, infatti, è una delle ipotesi al vaglio de- giovane è scoppiata una lite, sono volati paroloni e insulti poi il gruppo lo ha aggredito a calci e pugni. A un certo punto è saltato fuori un coltello a serramanico e il giovane è stato colpito al petto. Tutti, sia la vittima che i suoi aggressori, sono quindi usciti dalla metro, alla fermata Massaua, appena fuori dal centro di Torino. Durante la fuga il coltello è stato buttato in un cestino fuori dalla metropolitana. La banda però non è andata lontano, raggiunta quasi subito dalle volanti della polizia che hanno soccorso il ferito e fermato i sei Il racconto dei testimoni giovani. Soltanto due di loro, Alberto GelChi ha assistito alla scena mi, 18 anni, e R.M., parla di un ragazzo dell’area minorenne, sono staantagonista aggredito ti arrestati per tentato da un gruppo di estrema destra omicidio. Gli altri quattro sono stati rilasciati con una degli investigatori che stanno nuncia per lesioni perché, seindagando sull’aggressione di condo gli investigatori, solo i un giovane di 27 anni, ora ri- primi due hanno agito con coverato in prognosi riservata l’intenzione di uccidere. con un polmone perforato da La polizia è al lavoro per riuna coltellata. Nonostante le costruire il movente dell’agferite non è in pericolo di vita. gressione. L’ipotesi che il fatto Il giovane, che milita nel- sia nato per ragioni politiche, l’area antagonista torinese, infatti, trova riscontro, per sabato sera intorno all’una ora, solo nella descrizione dei aveva preso l’ultima metro in testimoni che hanno raccondirezione della periferia occi- tato la scena e l’abbigliamento dentale della città. Un gruppo dei protagonisti. Nessuno dei composto da sei persone, tre ragazzi coinvolti, però, nemdei quali minorenni e due ra- meno il ferito, confermano gazze, lo hanno notato subito, questa ipotesi. Davide Petrizzelli forse proprio per il suo abbi© RIPRODUZIONE RISERVATA gliamento. Tra il gruppo e il 18 Cronache italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera Milano L’attesa per l’arrivo di Cantone. Sergio Santoro, Authority sui contratti pubblici: troppe gare in deroga alle leggi La sentenza Expo, il nodo delle società sotto inchiesta È stallo sulla revoca degli incarichi. Il premier: i tempi saranno rispettati La scheda Autorità Raffaele Cantone guida l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) MILANO — «Nelle prossime ore e nei prossimi giorni dovremo mettere a posto alcune cose, perché i cantieri dell’Expo finiscano in tempo». Il presidente del Consiglio Matteo Renzi torna a parlare dell’evento che comincerà a Milano, ormai fra soli 11 mesi. E lo fa nel giorno in cui l’Authority per la vigilanza dei contratti pubblici, presieduta da Sergio Santoro, getta un’altra ombra rendendo noto un dossier nel quale emerge che la società avrebbe affidato in questi anni appalti per quasi mezzo miliardo di euro, usando procedure abbreviate ed eccezionali che hanno escluso le autorità competenti, compresa la Corte dei Conti, dalla possibilità di controlli. «L’Italia — ha spie- gato Santoro ai microfoni della Rai — avrebbe potuto spendere meno soldi pubblici per gli appalti di Expo se si fossero rispettate le leggi invece di consentire le gare in deroga». La vicenda si lega inevitabilmente all’indagine che l’8 maggio scorso aveva portato in carcere anche uno dei top manager di Expo, Angelo Paris, accusato di aver fatto parte di una sorta di «cupola» per pilotare appalti pubblici guidata da Gianstefano Frigerio e Primo Greganti, due politici (ex dc il primo, ex pci il secondo) già protagonisti della prima Tangentopoli. All’indomani degli arresti e delle rivelazioni, il premier Renzi aveva deciso di «mettere la faccia» su Expo ed era venuto a Milano a rilanciare l’azio- 147 I Paesi che prenderanno parte all’Esposizione Universale Milano 2015 333 I giorni che mancano all’inizio della manifestazione, il primo maggio dell’anno prossimo Commissario È stato indicato dal premier Renzi come commissario anti tangenti per Expo 2015. Il governo pensa a un decreto legge per dargli più poteri ne della società promettendo fra l’altro di affiancare al commissario unico Giuseppe Sala il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone. Un mese dopo, l’incarico di Cantone non è ancora stato formalizzato con l’atteso decreto del Consiglio dei Ministri, malgrado le ripetute pressioni della società, del sindaco Giuliano Pisapia e del governatore lombardo Roberto Maroni. Il problema non è da poco, anche perché ad esempio, c’è ancora da decidere se revocare gli incarichi alla società Maltauro (finita nel mirino dell’indagine: Enrico Maltauro è ancora agli arresti) come recentemente chiesto anche dal sindaco. Su questo Sala è stato chiaro: «Serve che qualcuno che ne ha autorità formalizzi l’atto di revoca». La prefettura, consultata a suo tempo, ha spiegato che non ci sono gli estremi per muovere questo passo e Sala aveva spiegato di voler affrontare la questione proprio con Cantone. Il magistrato, però, non ha ancora avuto l’incarico: il tempo passa e servono certezze per poter rispettare i tempi previsti ed evitare la figuraccia internazionale con un flop della manifestazione che vede già prenotati 147 Paesi di tutto il mondo. E Cantone? Chi gli ha parlato racconta dello sconcerto del magistrato di fronte alla notizia uscita oggi che in parte lo riguarda: l’Autorità, si dice, gli avrebbe consegnato il dossier. In realtà a Cantone poche ore prima dell’uscita del presidente Santoro era arrivata solo una mail con un allegato di una pagina excel e con l’impegno a vedersi di lì a pochi giorni per fare il punto della situazione. Chi pensa che l’Autorithy abbia cercato di marcare il proprio terreno e il proprio ruolo («non serve un superman» è stato ieri il commento di Santoro a proposito dei poteri straordinari che avrà Cantone) ha fatto notare che in questi anni la stessa Authority non ha mai segnalato nulla, malgrado per ogni gara e per ogni affidamento la società Expo avesse caricato i dati sulla piattaforma dell’Authority. Elisabetta Soglio © RIPRODUZIONE RISERVATA Il referendum fallito Courmayeur non avrà un nuovo nome Courmayeur non cambia nome. Non è stato raggiunto il quorum al referendum per decidere se modificare il nome della celebre località in Courmayeur-Mont Blanc. Solo 921 elettori, il 39,46% degli aventi diritto, si è presentato alle urne, respingendo così la proposta dell’amministrazione comunale. Perché la consultazione fosse valida avrebbero dovuto partecipare almeno il 50% più uno degli aventi diritto, vale a dire 1.168 residenti. Chi ha scelto di votare si è trovato in mano la scheda con il quesito: «Volete che la denominazione del Comune di Courmayeur sia modificata in CourmayeurMont-Blanc?». «Quest’iniziativa — ha spiegato il sindaco, Fabrizia Derriard — aveva una duplice valenza: la prima culturale, come riconoscimento a una montagna che ha dato tanto al paese; la seconda è più promozionale, ovvero per dare una riconoscibilità immediata alla località, visto che il Mont Blanc è noto in tutto il mondo». Come ha fatto Chamonix, a 20 chilometri di distanza, dalla parte francese del massiccio, che ha abbinato il suo nome al colosso di granito in mezzo alle Alpi nel 1921. © RIPRODUZIONE RISERVATA La separazione di Pirlo da 55 mila euro al mese Se 55 mila euro al mese vi sembran tanti, beh, in realtà sono molti di più. «Quella è la base, cui va aggiunto il resto: la casa a Torino, le scuole, le visite mediche, le vacanze, le spese extra. A Pirlo è stato rinnovato il contratto con la Juve: l’avvocato della moglie (Annamaria Bernardini de Pace, ndr) come avrebbe potuto chiedere di meno?», così dice un’amica di Deborah Roversi, per dodici anni Signora Pirlo (sopra, insieme al calciatore), madre premurosa dei suoi due figli Niccolò e Angela, di 11 e 8 anni. Non è per cattiveria, per carità, è la legge a stabilire che il tenore di vita dopo la separazione deve restare simile a quello precedente: se la consorte abitava in un attico in centro, dopo non può spostarsi in una capanna in periferia; se era abituata a spendere tot euro a settimana, poi non può scendere sotto quella soglia. Tutto questo non ha nulla a che vedere con la relazione del centrocampista della Juve e della Nazionale con Valentina Baldini, pierre torinese, già fidanzata con l’avvocato Riccardo Grande Stevens il quale in un’intervista a Chi ha fatto intuire con scarsa eleganza come lei abbia un debole per lo shopping compulsivo («certe patologie possono obbligarci ad allontanare alcune persone anche dopo anni di relazione»). La separazione consensuale tra i coniugi Pirlo si è appena consumata davanti ai giudici bresciani con sguardi bassi e musi lunghi. Ma in fondo, poteva andare peggio: siamo ben lontani dai tre miliardi di euro che sta costando al magnate Dmitrij Rybolovlev il divorzio dalla moglie Elena. Quelli sì che son dolori. El. Ser. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il colloquio L’ex deputato latitante: la mia famiglia ce l’ha con me perché sono fuggito Matacena: «Non ho voglia di tornare Scajola? Chiara mi è rimasta fedele» Per la pubblicità legale e finanziaria rivolgersi a: RCS MediaGroup S.p.A. 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Perciò le ho scritto che lei è una donna magnifica e sebbene provi rancore nei miei confronti e per questo ha chiesto il divorzio, perché all’improvviso un anno fa la lasciai sola con i nostri due figli per rifugiarmi a Dubai, io prego ogni giorno che cessi la sua sofferenza patita per colpa mia e non cambi mai la sua anima, così testuale le ho scritto, perché questo no, non me lo potrei mai perdonare...». Matacena dice pure che ha letto l’appello di sua madre, Raffaella De Carolis, scarcerata 48 ore fa, affinché lui si costituisca. Ma non lo farà, almeno per il momento: «Resto a Dubai, non ho alcuna voglia di tornare in Italia, anche se so che per questo motivo tutta la mia famiglia ce l’ha con me. Mi consegnerò alla giustizia italiana solo se la Cassazione eppoi la Corte Europea di Strasburgo dovessero respingere in via definitiva i miei ricorsi contro la condanna passata in giudicato per concorso esterno in associazione mafiosa. Allora sì, mi arrenderò e accetterò il carcere, ma solo perché l’ho promesso a mia moglie, perché spero così di poter riunire un giorno la mia famiglia». Matacena, da un anno in attesa di estradizione, legge su internet gli articoli dei giornali italiani. E vuole rispondere colpo su colpo: «Ho letto dei biglietti per Sanremo che Scajola avrebbe regalato a mia moglie perché si era invaghito totalmente di lei. Se è per questo, i biglietti per il Festival della Canzone l’ex ministro ce li diede anche in un’altra occasione e all’epoca c’ero io, perciò non ci vedo niente di male. Ho letto pure che la nostra figlia più grande, Francesca, 20 anni, lavorerebbe all’ambasciata italiana di Montecarlo. Non è vero, ha fatto lì un po’ di apprendistato, ma senza essere retribuita e neppure segnalata all’ambasciatore Morabito da me o mia moglie. Semplicemente, Francesca è brava, si è laureata in business e management e l’ambasciata l’ha chiamata dopo una selezione fatta nelle scuole. Io anzi ero pure contrario e le consigliavo di non perdere tempo visto che non era manco retribuita. Comunque adesso non ci lavora più». L’ex deputato di Forza Italia, dunque, rimarrà a Dubai («Io lo sapevo che è molto più ❜❜ La scelta degli Emirati Resto a Dubai, è più sicura di Beirut: visto cosa è successo a Dell’Utri? Amedeo Matacena sicura di Beirut, visto Dell’Utri?, perché qui negli Emirati non esiste un accordo bilaterale con l’Italia per l’estradizione...») e tutti i giorni così può parlare via Skype con i figli a Montecarlo. Con sua madre Raffaella, invece, non l’ha ancora fatto («Gli avvocati dicono che non sono autorizzato...») ma gli preme comunque sottolineare che i rapporti tra suocera e nuora, malgrado i tanti pettegolezzi, sono «sempre stati buoni», «loro due si assomigliano», «due donne nate per la famiglia», anche dopo che lui, nel 2005, trasferì a Chiara tutti i beni del patrimonio, circa 50 milioni di euro, ora sotto sequestro giudiziario. Infine, Matacena torna a parlare della sua condanna definitiva per mafia: «Io vicino alla ‘ndrangheta? Allora mi dovete spiegare perché fino a quando avevo 20 anni la mia famiglia pagava 68 milioni di lire al mese più Iva per stipendiare quattro guardie del corpo armate, due per me e due per mio fratello, al fine di scongiurare il rischio sequestri a Reggio Calabria. E nel ’95, non l’ho mai rivelato finora, anche Chiara sfuggì per un soffio a un tentativo di rapimento: fu ritrovata sul letto, chiusa con le mani legate dentro a un sacco di juta: i carabinieri scrissero nel verbale che lei si era legata e chiusa nel sacco da sola. Questa è la verità. Ma sono contento perché ora Chiara, dal carcere, ha scritto a nostro figlio più piccolo per dirgli di non avercela con suo padre. Forse, chissà, un giorno torneremo a vivere tutti insieme. Anche se temo resterà un’illusione». Fabrizio Caccia © RIPRODUZIONE RISERVATA Cronache 19 italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 Tecnologia Simkhai: «Ho iniziato nel 2009 con cinquemila dollari. In molti si sono conosciuti così e poi sposati» Latitante da 2 anni ILLUSTRAZIONE DI ANGELO SIVIGLIA Arrestato in Svezia il fondatore di Pirate Bay I creatori delle app per incontrarsi: «Eravamo timidi, servivano a noi» Gli ideatori di Grindr e Tinder: facciamo sentire meno soli tanti ragazzi No, la popstar Katy Perry non gli ha ancora risposto. Né sul telefonino. Né su Twitter. Ma il ragazzo non dispera. Anche perché la cantante ha fatto sapere di essere una grande fan di Tinder. E lui, Justin Mateen, di Tinder è il fondatore. Ha 28 anni, ebreo, di origini iraniane («persiane», precisa). Fino a venti mesi fa era un perfetto sconosciuto. Ora, oltre ad andarsene in giro per Sunset Boulevard, a Los Angeles, con un bolide da 150 mila euro, è diventato un oggetto di studio. O meglio: la sua app. Tinder appunto. Secondo molti sociologi sta rivoluzionando il modo di approcciare. Insieme con Grindr, destinato però a un pubblico gay. Entrambi i programmi funzionano allo stesso modo: si installano sul telefonino, sfruttano la geolocalizzazione degli smartphone e indicano a quanti metri ci sono donne e uomini che vogliono conoscere altre persone. Su Grindr si connettono in dieci milioni. In Italia — ottavo mercato della società — gli utenti sono 175.529. Milano è al primo posto con 45.678 iscritti, Roma subito dopo con 39.216. Dietro a tutto questo c’è Joel Simkhai, 36 anni, nato a Tel Aviv, ma a New York da quando ne aveva tre. «Ho avviato Grindr nel 2009 con cinquemila dollari pagati di tasca mia», racconta al Corriere. Laureato in Relazioni internazionali ed Economia, Simkhai è l’amministratore delegato della società. «L’idea dell’app è il risultato di una necessità: volevo conoscere altri co- Grindr Tinder Joel Simkhai Ha 36 anni, è nato a Tel Aviv, ma risiede a New York da quando ne aveva tre. È l’inventore di Grindr, la app destinata a un’utenza gay. La schermata del programma consiste in una griglia di foto formata da un insieme di profili disposti in ordine di vicinanza, grazie alla geolocalizzazione, rispetto alla posizione dell’utente. In Italia — Paese che rappresenta l’ottavo mercato della società — gli utenti sono 175.529 me me. Può sembrare strano, ma anche a New York non è sempre facile essere gay. Quello che mi soddisfa di più è l’aver fatto sentire meno soli milioni di ragazzi», ammette. Se l’aspettava? «Direi proprio di no. Fino a Justin Mateen È il fondatore di Tinder. Ventotto anni, ebreo di origini iraniane, fino a un anno e mezzo fa era un perfetto sconosciuto. Oggi la sua app è diventata oggetto di studio: secondo molti sociologi sta rivoluzionando il modo di approcciare. Attraverso la geolocalizzazione, permette di individuare persone disponibili a conoscersi. È stata lanciata in un party di un Collegge californiano, oggi è disponibile in 24 lingue quando, un giorno, appena atterrato a Londra, ho visto che molti ragazzi erano su Grindr». Del programma si parla un po’ ovunque. Da Saturday Night Live a Top Gear, dal telefilm Silicon Valley a The Office. È anche Premi giornalistici Il Montanelli su giovani e lavoro È dedicato a «Giovani: lavoro, innovazione, mobilità» il premio «Indro Montanelli» 2015 . Il riconoscimento biennale della Fondazione Montanelli Bassi andrà ad articoli pubblicati tra 1 gennaio 2013 e 31 dicembre 2014 su quotidiani e periodici, anche online, o raccolti in volume. Il premio alla carriera — in passato andato, tra gli altri, a Ettore Mo, Miriam Mafai, Gian Antonio Stella e Domenico Quirico — è una medaglia d’argento, mentre è di 7.500 euro il premio giovani. per questo che i cloni non mancano. L’utente medio «ha tra i 20 e i 29 anni, si connette soprattutto sabato e domenica e il momento di picco è tra le 2 e le 3 del pomeriggio». I ricavi, mai resi pubblici, sono a sette zeri. «Tre quarti dei guadagni arrivano dalla versione a pagamento, il resto dalla pubblicità che compare in quella gratuita». Sull’altro versante c’è Tinder. Funziona come Grindr. Ma a differenza del programma di Simkhai perché due persone possano parlare c’è bisogno che entrambi dicano «sì» ai rispettivi profili che si agganciano a quelli su Facebook. «È un modo per evitare scocciatori», spiega Justin Mateen. «L’idea è semplice: offriamo il modo per superare l’imbarazzo che uno può prova- 750 Milioni Sono le foto viste con Tinder ogni 24 ore nel mondo. Gli utenti aumentano tra 1 e 5% al giorno 10 Milioni Sono gli utenti che si connettono su Grindr. In Italia Milano è al primo posto con 45.678 iscritti re nel momento dell’approccio». Quando si accede all’applicazione compaiono le altre persone attorno. Se c’è un interesse si preme sì o si scorre a destra. Se l’altro ricambia si apre la chat. In Italia gli utenti aumentano tra l’1 e il 5% ogni ventiquattro ore e si collegano in media 11 volte al giorno. Nello stesso periodo di tempo le foto viste nel mondo sono 750 milioni. Se Mateen è l’anima commerciale — è chief marketing officer — Sean Rad, 27 anni, amico d’infanzia di Justin, è l’altro fondatore e l’ad. Di origini persiane ed ebreo pure lui, Rad è fidanzato con Alexa Dell, figlia di Michael, il numero uno del colosso dei pc. Il terzo protagonista è lo sviluppatore Jonathan Badeen, 32 anni. «Io sono single. O meglio: ho una relazione con la mia app», scherza Mateen. La storia inizia nel più «classico» dei modi: un campus universitario — la University of Southern California — e tanti giovani che cercano di conoscersi. Per lanciare il programmino Mateen organizza una festa dove per entrare bisogna aver installato Tinder. Nel giro di poche settimane arriva il botto. Grazie anche all’idea di «nominare» in ogni ateneo americano un «ambasciatore di Tinder». Ai giochi olimpici invernali di Sochi, in Russia, decine di atleti hanno detto di usarla. Così come i personaggi famosi, da Katy Perry a Lindsay Lohan. «Ma non ci fermiamo qui. La collaborazione con Facebook va avanti». Finiranno per dirsi «sì» anche Tinder e il social network di Mark Zuckerberg? Mateen risponde con un sorriso. Ma promette: «Risentiamoci tra sei mesi. Ci saranno grandi novità». Leonard Berberi @leonard_berberi © RIPRODUZIONE RISERVATA Peter Sunde, uomo immagine di Pirate Bay (baia dei pirati ndr), la più famosa piattaforma al mondo per la condivisione di musica, film e giochi, è stato arrestato nel sud della Svezia dopo due anni di latitanza. L’Interpol era da tempo sulle tracce di Sunde, 35 anni, nome di battaglia «brokep», condannato a otto mesi di reclusione nel 2010 in appello per aver violato le leggi sul copyright. Dopo la notizia dell’arresto di Sunde — candidato nella lista del partito Pirata finlandese alle Europee — sui social network è partito l’hashtag #FreeBrokep. The Pirate Bay, che ha toccato punte di 20 milioni di visitatori al mese, è stato creato nel 2003 in Svezia, da Sunde, con Fredrik Neij (latitante in Asia) e Gottfrid Svartholme (fuggito in Cambogia ed estradato in Svezia due anni fa) e finanziato da Carl Lundstrm. Nel 2009 il tribunale di Sul web Peter Sunde, 35 anni, co-fondatore di Pirate Bay (foto Afp) Stoccolma ha condannato in primo grado i fondatori a un anno di carcere e a una multa di 2,7 milioni, per «complicità in violazione della legge sul diritto d’autore». Nel novembre 2010, un tribunale d’appello ha confermato il verdetto, diminuendo le pene ma aumentando la multa a 4,6 milioni. E nel 2013 la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha rigettato il ricorso di Fredrik Neij e Sunde, che sostenevano di non poter essere ritenuti responsabili dell’uso fatto da altri di Pirate Bay, il cui scopo era solo facilitare lo scambio di file su Internet. Nonostante la continua chiusura in diversi Paesi del mondo tra cui l’Italia, il sito ha continuato a riapparire con un sistema di server «a specchio». Dopo aver chiesto all’Islanda di ospitare i suoi server, Pirate Bay ha progettato nel 2013 un trasferimento ai Caraibi. E un anno fa è tornato il primo sito pirata al mondo e il 75° più visitato della Rete. © RIPRODUZIONE RISERVATA 20 italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera Cultura A confronto L’autore americano illustra i temi del suo nuovo romanzo Arbasino vince il premio «Il Vittoriale» Alberto Arbasino è il vincitore del V premio «Il Vittoriale», che gli verrà consegnato oggi (alle 16) presso il Laghetto delle Danze, nel Parco del Vittoriale di Gardone Riviera (Brescia) dal presidente della Fondazione Giordano Bruno Guerri. Arbasino, primo scrittore insignito del riconoscimento dedicato a Gabriele d’Annunzio, «riceverà il premio non perché — ha spiegato Guerri — si è occupato di d’Annunzio ma perché è Arbasino e tutti gli dobbiamo molto». Il personaggio Protagonista assoluto è il tormentato dottor Paul O’Rourke La parabola del dentista alla ricerca dell’infinito Ferris: sono ateo, ma affascinato dalla religiosità di PAOLO GIORDANO Giovedì 5 giugno O dontoiatria e religione: un binomio poco esplorato in letteratura (e anche in generale, scommetteremmo), un accostamento bizzarro e dissacrante, perfetto per uno scrittore scalmanato come Joshua Ferris, che fin dal suo fulgido esordio — E poi siamo arrivati alla fine (Neri Pozza, 2006) — ha messo al centro della sua produzione un miscuglio esplosivo di umorismo, disperazione, genialità e monomanie. Narratore e protagonista incontenibile del suo terzo romanzo, Svegliamoci pure, ma a un’ora decente (Neri Pozza), è il dentista Paul O’Rourke, scapolo, stacanovista, in lotta perenne con tutto ciò che riguarda la modernità, scettico verso ogni forma di fede, ma sotto sotto alla ricerca di qualcosa di più grande e nobile a cui appartenere. L’Ebraismo, il Cattolicesimo e l’Amore, tentativi di adesione che ha fatto in passato ma che sono tutti falliti, hanno lasciato un cratere insoddisfatto nel suo cuore, che lui ha riempito con la dedizione alla pratica ambulatoriale. «Quando curavo una carie o un canale radicolare o estraevo un dente insanabile, mi capitava di pensare: questo si sarebbe potuto evitare. Ricadevo nella mia visione cinica della natura umana: non si lavano i denti, non usano il filo interdentale, non hanno cura di sé. (…) Ma se si lavavano i denti e usavano il filo interdentale e perdevano lo stesso un dente, allora dovevo dare la colpa a qualcos’altro, e com’era prevedibile puntavo il dito contro la natura crudele o un Dio indifferente». Guardando la vita attraverso gli occhi straordinariamente vivaci di Paul O’Rourke, non si nota troppa differenza fra il credere in un salvatore ultraterreno e il credere nell’odontoiatria: entrambi sono sistemi di dogmi e riti, ma una corretta igiene orale ha almeno il pregio inequivocabile di prevenire l’infarto. E tu, Ferris? Usi il filo interdentale con regolarità? «Ogni giorno, dal 1996. Ho delle gengive molto difficili e senza filo sarei già morto». Com’è nata l’idea di uno studio dentistico e come hai raccolto l’infinità di dettagli tecnici sparpagliati per il libro? «Mi piacciono gli strumenti luccicanti e le macchine da tortura degli studi dentistici. Volevo un personaggio che potesse tenerli in mano e L’incontro a Roma Esce in libreria giovedì 5 giugno il romanzo di Joshua Ferris Svegliamoci pure, ma a un’ora decente (pagine 368, 17), edito da Neri Pozza. Lo stesso 5 giugno Ferris sarà in Italia per partecipare con Paolo Giordano al Festival delle Letterature di Roma, ideato e diretto da Maria Ida Gaeta. Nella piazza del Campidoglio, alle ore 21, i due romanzieri leggeranno loro testi inediti ispirati al tema del festival: «Ognuno, ma proprio ognuno, è il centro del mondo». Con loro partecipa all’incontro lo scrittore americano Benjamin Alire Sáenz. Joshua Ferris, nato nel 1974 a Danville, nello Stato americano dell’Illinois, ha esordito con E poi siamo arrivati alla fine (Neri Pozza, 2006). giocarci, e volevo capire il loro funzionamento. Sono stato anche ispirato dal documentario Best Worst Movie (che racconta il destino degli attori di uno dei film considerati più brutti della storia, ndr), dove compare un dentista adorabile. La ricerca, poi, è stata semplice. Ho guardato filmati di procedure odontoiatriche su YouTube e preso appunti ogni volta che andavo dal dentista». Mi sembra che tu abbia una predilezione per gli ambienti chiusi: l’ufficio di «E poi siamo arrivati alla fine», la casa di «Non conosco il tuo nome» e lo studio dentistico qui. «Quando scrivo “studio dentistico” oppure “cubicolo dell’ufficio”, quasi ogni lettore capisce immediatamente dove si trova. In luoghi così familiari posso far muovere qualunque cosa e il lettore riesce a figurarsela senza fatica. È un modo efficace per rappresentare l’inusuale o l’incredibile». Il libro è diviso in due parti. La prima è dominata dalla lunga invettiva del dottor Paul O’Rourke. Odia quasi tutto ciò che caratterizza la vita contemporanea, dai teatri di Broadway alla «nuova religione» del cibo a New York, dalla religione in generale alle passeggiate notturne, e poi la sensazione umida della crema idratante sulla pelle... «Odia veramente tutte queste cose? O piutto- sto le desidera, ma non riesce a capire che, per ottenerle, dovrebbe lamentarsi di meno e dimostrare maggiore iniziativa? Paul doveva essere molto alienato perché io potessi raccontare con forza il suo risveglio religioso e renderlo qualcosa di più assoluto di una noiosa esperienza mistica». D’altra parte, Paul ama luoghi che la maggior parte degli adulti del suo ceto detestano, come i centri commerciali. «Questi spazi morti, questi terribili luoghi di mezzo dove non accade nulla e tutti appaiono disperati e persi sono un test efficace del proprio carattere. Se riesci a essere felice in quei purgatori, allora puoi esserlo ovunque». Il padre di Paul si è suicidato e lui sembra avere ereditato la sua tendenza alla depressione. Mi sembra che anche «Non conosco il tuo nome», il tuo romanzo precedente, potesse essere letto come una metafora sulla depressione, o più in generale sul disagio psichico. «No, il punto centrale per me è sempre il piacere. La lingua, l’umorismo, i personaggi, le immagini, la stranezza della storia... voglio che diano il maggior piacere possibile. Soltanto dopo il piacere mi preoccupo del tema, che è così importante per gli insegnanti e i club di lettura, ma Dopo l’invettiva di Paul comincia la secondi poco conto per me. Credo ci siano tante cose da parte, che ruota attorno alla fede. Paul riedeprimenti che dobbiamo superare se vogliamo voca le sue due importanti storie d’amore, enraggiungere una certa misura di soddisfazione, trambe finite male, e viene fuori che si fondao di pace, e voglio mostrare come possiamo far- vano soprattutto sul bisogno di una famiglia, lo». di un’appartenenza a qualcosa, proPaul bambino, dopo il suicidio del prio come accade per la religione. padre, non riesce a dormire, passa le Eppure, la religione nel romanzo notti a domandare alla madre se è esclude molto più facilmente di sveglia anche lei. È un passaggio molquanto non includa. to commovente del libro, che ricorda «Le Religioni con la R maiuscola sol’inizio della «Recherche». no state uno spettacolo di orrore, la «Quella parte della storia è complecausa di guerre, oppressione, pregiuditamente autobiografica. Dopo il divorzio e crudeltà. Coloro che non volevano zio dei miei genitori non riuscivo a dorconvertirsi alle religioni predominanti Lo scrittomire e chiamavo ripetutamente mia venivano prima puniti sulla terra e poi re Joshua madre durante la notte. Non era piacecondannati all’inferno. Tuttavia, a un Ferris vole per nessuno». livello più locale, quello di un uomo (1974) Descrivi sempre le figure femminiche si confronta con l’infinito, o di un li — anche nei libri precedenti — cogruppo di credenti riuniti in una funme più forti, più determinate e solide delle lo- zione, a quel livello trovo la religione attraente, ro controparti maschili. Addirittura, a volte piena di mistero e di amore. Come ateo, ho una sembrano esistere proprio per contenere tut- tensione verso questa sorta di comunione intite le inadeguatezze e le ansie degli uomini. ma». «Gli uomini forti sono più forti delle donne Il sapore biblico che si ritrova spesso nel lideboli, ma le donne forti sono molto più forti bro è anticipato dal titolo originale, «To Rise degli uomini forti. Ed è una fortuna per me che Again at a Decent Hour». le donne forti abbiano un debole per le inade«L’hai detto tu. Un sapore biblico». guatezze degli uomini forti». Nel romanzo compare anche una nuova re- ligione, quella degli ulm, che professano la necessità del dubbio. Dio stesso ha raccomandato loro di dubitare della propria esistenza, così hanno fondato una religione basata, paradossalmente, sull’ateismo. Ciò che è molto interessante è come questo dogma non sia né più né meno coerente di quelli delle Religioni-con-la-R-maiuscola («Mio caro amico, fin dall’inizio dei tempi la gente ha creduto con tutto il cuore e tutta l’anima alle affermazioni più inverosimili»). «Gli ulm sono un’invenzione. Sono comparsi per confortare gli atei, il cui scetticismo ha privato del calore della comunità. L’ateismo è la meno compresa fra le religioni. Per esempio, io non sono un ateo praticante. Che cosa significa questo? Dobbiamo ampliare la definizione, «ateo», a significati più ampi, alle contraddizioni, alle sottigliezze. Camus scrisse che il segreto dell’universo era immaginare Dio senza l’immortalità dell’anima. Quando gli chiesero di spiegarsi meglio, disse: “Ho un senso del sacro e non credo in una vita futura, tutto qui”». Gli ulm sono descritti come «gli Ebrei degli Ebrei». E il romanzo si avventura spesso in riflessioni dettagliate e controverse sulla Shoah, sul modo che abbiamo di farci i conti, riflessioni spesso venate di ironia. «Ho inventato “gli Ebrei degli Ebrei” da non- Balcani A un secolo dall’attentato di Sarajevo che causò la Prima guerra mondiale, resta istruttiva la vicenda del letterato scomparso di recente a 92 anni La tragedia della Serbia e il suo cantore Cosic, un’eredità ambigua di MARA GERGOLET T ra tutto ciò che lo scrittore Dobrica Cosic (nella foto) ha fatto nella sua vita, una vita che copre l’arco di un secolo di tragedie serbe, il suo nome sarà per sempre legato a una macchia. Ossia, a quel memorandum che forse non scrisse mai o solo in minima parte, e che però uscì quando lui era alla guida dell’Accademia delle Scienze di Belgrado. Un testo che denunciava la condizione d’inferiorità dei serbi in Jugoslavia, chiedendo la riscossa: quel memorandum diventerà la piattaforma ideologica delle guerre di Slobodan Milosevic. Cosic è morto il 19 maggio a Belgrado, a 92 anni, meritandosi, quando la notizia è uscita dei confini nazionali — questo grande autore che raccoglieva l’essenza e le contraddizioni del popolo serbo —, un necrologio-omaggio sul «New York Times». Eppure, prima di quel famigerato atto — che lo portò a diventare presidente di ciò che rimaneva della Jugoslavia nel 1992 —, Cosic era stato il perfetto intellettuale dell’Est (organico, spesso libero). Giovane comunista, nella cerchia strettissima di Ti- to; direttore della propaganda partigiana durante la guerra; federalista contro chi voleva una Jugoslavia più nazionale; dissidente ed «emarginato» quando si schierò contro l’autonomia del Kosovo (e contro Tito). Nazionalista infine, perfino l’«ideologo» dei due partiti serbi nati in Croazia e in Bosnia, tra cui quello di Radovan Karadzic. In Occidente non ebbe mai la fama o il fascino contagioso di un Danilo Kis (e dei grandi scrittori cechi), però forse come nessun altro raccontò l’epica della sconfitta serba, che si nutre delle leggende dei tempi dei turchi. Fu anche molto amato. Il tempo della morte, la serie di racconti sulle disgrazie serbe durante la Prima guerra mondiale da cui il popolo però trasse forza per la rinascita, è stato letto nelle scuole per decenni. E oggi, a cento anni esatti dall’inizio del conflitto con l’attentato di Sarajevo, ha ancora molto da dire. Quando diventò presidente e pronunciò il discorso d’investitura, molti serbi anti-Milosevic, indignati, gli rispedirono indietro per posta i suoi libri. Lui provò a staccarsi dal regime, accettò un primo, inutile, accordo di pace nel 1993, fu silurato da Milosevic quasi subito. Poi nel 2000 aderì a Otpor, il movimento di studenti che chiedeva la caduta di Milosevic. L’ultimo trasformismo: e infatti il grande vignettista Corax lo ritrasse nella vasca da bagno, mentre cerca di darsi una ripulita, con il pugno chiuso, ma era il pugno di uno scheletro. In una delle ultime interviste disse che nel futuro dei serbi non ci sono più guerre, perché il popolo «non ne ha più ne la forza demografica né patriotica». Molti omaggi in Serbia. Tra questi, a nome del governo, il ministro Ivica Dacic (scritto probabilmente da qualche nuovo intellettuale di riferimento): «Era un partigiano e un serbo, un comunista e un democratico, un uomo comune e uno statista. Ci ha spiegato che il Sole è lontano (uno dei suoi libri più celebri, ndr) ha descritto la morte e il male. Era un peccatore, un rinnegato, un credente». © RIPRODUZIONE RISERVATA La palude degli scrittori Su Corriere.it Alessandro Beretta risponde a Franco Cordelli Continua il dibattito nato intorno all’articolo di Franco Cordelli su «la Lettura» #131 di domenica 25 maggio. Il critico ha accostato il panorama della letteratura contemporanea a una palude, dividendo gli scrittori in diverse categorie, dai «novisti» ai «conservatori». Hanno risposto in tanti, da Gilda Policastro a Paolo Sortino, i quali hanno rimproverato a Cordelli di non confrontarsi con il presente; Raffaella Silvestri e Andrea Di Consoli hanno invece sottolineato una certa «stasi culturale». Sabato è intervenuto il critico e scrittore Gabriele Pedullà, che ha preso le difese di Cordelli. Oggi, sempre su Corriere.it, tocca ad Alessandro Beretta, collaboratore del «Corriere della Sera» e de «la Lettura». IN PAGINA ✒ Cultura 21 italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 L’aquila e la croce di Dante di ARMANDO TORNO Nell’opera di Luigi Valli (1878-1931) e della sua scuola trovò spazio un tema inattuale e denso di fascino: l’esoterismo di Dante e di buona parte della poesia italiana delle origini. Tema che si riallacciava,tra l’altro, alla tradizione dei Fedeli d’Amore; argomento di cui dovette occuparsi anche Pascoli, professore di latino dello stesso Valli. Ora uno studio documentatissimo di Stefano Salzani (École pratiques des hautes études), dal titolo Luigi Valli. L’esoterismo di Dante (Il Cerchio, pp. 416, 34), ricostruisce la lettura dell’opera del sommo fiorentino con la prospettiva ermetica. La simbologia (basti pensare alla croce e all’aquila), i rapporti con Pascoli, il linguaggio segreto dantesco e gli studi dello stesso Valli (i più importanti sono riproposti da Luni) e altro ancora entrano in queste pagine per mettere a punto un’interpretazione antica e antiaccademica. Salzani ha interrogato anche quegli ambiti religiosi che rientrano in codesta interpretazione, soprattutto ha compulsato l’archivio di Valli (è alla Casa di Dante a Roma) e gli epistolari. Segnala i siti internet utili e credibili. © RIPRODUZIONE RISERVATA Biografie Giuseppe Sangiorgi racconta il leader democristiano a 60 anni dalla morte De Gasperi senza piedistallo Il lato discreto di uno statista CLIFFORD MORRIS BODEL (1954), «IL DUBBIO DEL DENTISTA» (2013, TECNICA MISTA), ISPIRATO ALL’«INCREDULITÀ DI SAN TOMMASO» (1601-1602) DEL CARAVAGGIO di GIOVANNI RUSSO ebreo, come qualcuno che vede una ricchezza nella tradizione ebraica e ammira diversi ebrei, sia osservanti che no. È la prospettiva di un outsider che guarda l’invidiabile comunità di chi condivide un pensiero». Non avevi paura di spingerti in quel territorio? «Certo che ne avevo. Ero spaventato a morte». Credi che oggi un profeta si manifesterebbe sul serio via Internet? «Molti profeti minori lo fanno già. Veicolano il loro messaggio con più efficacia di un tempo. Se penso che questo possa accadere su larga scala? Sono ancora stupito che sia successo altre volte su larga scala, perciò ne sarei sorpreso ancora. Sorpreso ma non sconvolto». Scrivi: «Un uomo è pieno di cose che semplicemente non si possono twittare». Includere Internet e la tecnologia in generale nella narrativa è una delle sfide più difficili. Tu riesci a farlo qui in modo molto naturale e consistente. «Rassegnazione. Se vogliamo parlare del mondo reale nei nostri libri, dobbiamo usare i termini del mondo reale. Altrimenti le nostre finzioni saranno soltanto posate sulla superficie delle cose, non diventeranno mai qualcosa di più di parabole e allegorie, e verranno presto dimenticate». Paul sostiene che al giorno d’oggi «i connessi diventano più connessi mentre i disconnessi diventano più disconnessi». «Internet, in quanto prodotto umano, è ovviamente pieno di persone tristi e miserevoli, che si sentono disconnesse nonostante l’inclusività della piattaforma. Per fortuna io sono fra i connessi. Ma non utilizzo i social media per sentirmi connesso. Uso la mia grande bocca e le mie braccia spalancate». Ci elenchi alcune cose che ti sono piaciute nell’ultimo anno, in libreria, al cinema, in televisione? «Mi è piaciuto un romanzo di Zachary Lazar intitolato I Pity the Poor Immigrant, sul gangster ebreo Meyer Lansky. Mi è piaciuta La grande bellezza. Mi è piaciuta House of Cards. Mi sono piaciuti l’album Lost in the Dream di The War on Drugs, quello di St. Vincent chiamato St. Vincent e Trouble Will Find Me di National». Come vivi la trasformazione rapida nel mondo dell’editoria? «L’umore è turbato negli Stati Uniti. Anche fra gli scrittori c’è la convinzione che i romanzi stiano seguendo il destino della poesia. Avremo presto un pubblico molto ristretto e specializzato, si dice. Scriveremo l’uno per l’altro. E se anche fosse vero? Bene così». © RIPRODUZIONE RISERVATA «D e Gasperi va fatto scendere dal piedistallo di marmo sul quale è stato posto e va calato tra noi», scrive Giuseppe Sangiorgi, giornalista, saggista, già presidente dell’Istituto Luce, in De Gasperi, uno studio (Rubbettino, pagine 230, € 15): una biografia quanto mai avvincente dello statista trentino, di cui il prossimo 19 agosto ricorre il sessantesimo anniversario della scomparsa. Sangiorgi riesce infatti a ricostruire una serie di episodi che colgono De Gasperi sia nell’intimità familiare, sia sul grande palcoscenico nel quale si muovono i personaggi politici. Lo stile scorrevole e la prosa essenziale contribuiscono a restituire al lettore quei tratti personalissimi che contraddistinsero uno dei padri della Repubblica, nonché iniziatore dell’integrazione europea. Ciò che distingue il saggio di Sangiorgi dalle altre biografie dello statista è la ricerca minuziosa del dettaglio dimenticato, della testimonianza trascurata, del documento inedito, il che ha permesso all’autore di raccontare la vita di un De Gasperi sconosciuto a partire dall’infanzia in Trentino ancora sotto il dominio austriaco. Nota è la sua aspirazione a diventare cittadino italiano anche quando nel 1911, come suddito austriaco, è eletto deputato al Parlamento di Vienna. Curioso il parallelismo tracciato da Sangiorgi fra la vita di De Gasperi e quella di Togliatti, due personalità che non potevano essere più diverse, ma che il destino fece incontrare. «Tutti e due erano appassionati dei cori di montagna, ma la tradizione trentina dell’uno non si accordava con quella piemontese dell’altro». Non solo: il nome Alcide deriva dal greco alceis, che significa robusto ed è sinonimo di Ercole, ed Ercole Ercoli fu proprio lo pseudonimo adottato da Togliatti, scrive Sangiorgi, nel raccontare come il mite e religioso De Gasperi si trasformò in astuto e agguerrito combattente per fronteggiare l’avversario politico. Nonostante la fede dichiarata e indiscussa, il rapporto con il papa Pio XII non si trasformò mai in amicizia, il loro restò un dialogo a distanza, perché, scrive Sangiorgi, la Santa Sede giudicava l’atteggiamento del governo italiano e della Democrazia cristiana troppo debole nei confronti del comunismo. Eppure De Gasperi non si stancava di ripetere a monsignor Pavan, della Pontificia Università Lateranense: «Si immagini monsignore se non mi impegno a fondo: qualora dovesse avere il sopravvento il comunismo, anche per brevissimo tempo, il primo ad essere impiccato sarei io!». Combatté il Partito comunista, ma non venne mai a patti né si alleò con la destra, neppure nel 1952 in occasione delle elezioni per il Comune di Roma. Alcide De Gasperi nel 1951 con il generale e futuro presidente Usa Dwight Eisenhower Molto materiale inedito l’autore ha ricavato dagli appunti che De Gasperi soleva vergare su dei foglietti per fissare un giudizio o un ricordo. Proprio dai foglietti si ricava non solo il suo giudizio sul ruolo che avrebbe dovuto svolgere la Democrazia cristiana, da lui definita un partito di centro orientato a sinistra, ma anche l’idea che aveva del rapporto fra politica, Chiesa e gerarchia ecclesiastica: «I cattolici dovrebbero apprendere a stare in ginocchio, ma anche a stare in piedi». Fu l’artefice della ricostruzione, a partire Raccolte in volume Dieci conferenze sul grande trentino S’intitola Su De Gasperi. Dieci lezioni di storia e di politica il volume, a cura di Giuseppe Tognon (Fbk Press, pagine 255, 18), in cui sono raccolti gli interventi dei relatori agli incontri che la Fondazione Trentina Alcide De Gasperi organizza ogni anno a Pieve Tesino, paese natale dello statista, nell’anniversario della sua morte. Il libro contiene testi di Pietro Scoppola, Leopoldo Elia, Ugo De Siervo, JeanDominique Durand, Sergio Romano, Iginio Rogger, Francesco Traniello, Giuseppe Vacca, Vera e Stefano Zamagni, Pierluigi Castagnetti. dalla Costituente. Le sue idee sull’economia di mercato, ispirate in parte alla dottrina sociale della Chiesa, le espresse per l’ultima volta nel giugno del 1954 nel congresso della Dc a Napoli: «Né capitalismo, né comunismo, ma solidarismo di popolo in cui lavoro e capitale si associno, con crescente prevalenza del lavoro sotto il controllo o con la propulsione dello Stato democratico». Per aiutare la ricostruzione del Paese, De Gasperi fece sì che venisse approvata la Cassa per il Mezzogiorno, per poi recarsi nel luglio del 1950 in visita ai «Sassi» di Matera: visita che gli confermò in modo drammatico la giusta politica della Democrazia cristiana contro la povertà e l’arretratezza strutturale del Sud. Fu molto attivo anche in politica estera: nel gennaio 1947 si recò negli Stati Uniti, un passo che preparò l’adesione al piano Marshall. Aveva fatto il suo esordio in un convegno internazionale il 10 agosto 1946, alla Conferenza di pace di Parigi. In qualità di capo del governo aveva l’onere di rappresentare il proprio Paese, reduce da vent’anni di dittatura, uscito sconfitto dalla guerra più atroce del secolo, economicamente in ginocchio. In mano aveva due sole carte: il proprio passato — non aveva mai chinato la testa sotto il fascismo — e il ruolo svolto dalla Resistenza. «Prendendo la parola in questo consesso mondiale — disse — sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me…». Il suo discorso, per la dignità e la credibilità, riuscì a fare dell’Italia un interlocutore ascoltato. © RIPRODUZIONE RISERVATA Delitti Gemma Beretta ha ricostruito la vita, le idee e la fine orribile di una straordinaria «caposcuola» del pensiero neoplatonico nella tarda antichità Ipazia d’Alessandria, filosofa e scienziata martirizzata dal fanatismo di MASSIMILIANO CHIAVARONE U na donna su un carro percorre le strade di Alessandria d’Egitto per fare ritorno a casa. Un gruppo di monaci cristiani la sorprende, la tira giù dal mezzo, la trascina fino a una chiesa, fa del suo corpo macelleria, uccidendola con bastoni e cocci e poi smembrandola. Infine quegli stessi uomini, sulla carta di fede, prendono i miseri resti sanguinolenti e li bruciano per cancellare ogni traccia. È la sorte toccata a Ipazia, la filosofa e scienziata vissuta tra il IV e il V secolo. Il suo caso costituisce uno dei più efferati femminicidi di matrice cristiana della storia. La vicenda è raccontata da Gemma Beretta in Ipazia d’Alessandria (Editori Riuniti/University Press, pp. 320, 20). Questo bel libro è una scrupolosa ricostruzione storica della vita e delle idee della martire del paganesimo e della libertà di pensiero, supportata da un uso approfondito delle fonti antiche. Beretta sottolinea che l’omicidio maturò nell’ambito della lotta per la suprema- Charles William Mitchell, La morte di Ipazia (1885) zia tra pagani e cristiani da un lato e del prevalere del potere cosiddetto «spirituale» su quello temporale dall’altro, inteso come «scontro senza mediazioni tra il potere ecclesiastico locale e il potere civile cittadino». Il fulcro del conflitto nel V secolo fu Alessandria, centro della cultura pagana e dunque «laica», cioè un barile di polvere da sparo in cui bisognava solo innescare la miccia. In corso epocali cambiamenti geopolitici che porteranno alla caduta dell’Impero romano d’Occidente, alle invasioni barbariche che riguardavano anche l’Impero romano d’Oriente (come la sconfitta di Adrianopoli, nell’odierna Turchia, del 378) e alla supremazia del Cristianesimo. Il primo evento che ne sancì l’affermazione fu l’Editto di Milano del 313, dell’imperatore Costantino I: stabiliva la libertà di culto, interrompendo le persecuzioni contro i cristiani, ma di fatto privilegiava la loro religione a scapito delle altre. Poi il Concilio di Nicea del 325 formulò i fondamenti dell’ortodossia cristiana. L’Editto di Tessalonica del 380 dichiarò il Cri- stianesimo religione ufficiale dello Stato nella forma definita «cattolica». Inoltre riconosceva il primato delle sedi episcopali di Roma e di Alessandria in materia di teologia. E questo atto inaugurò una specie di «soluzione finale» per il paganesimo con i decreti teodosiani emessi tra il 391 e il 392 (il primo dei quali firmato da Teodosio a Milano) e ispirati da Ambrogio. Infatti, scrive la Beretta, «rientravano nella politica di scambio tra Chiesa e Impero» inaugurata proprio dai due. Cominciò la distruzione dei templi pagani insieme alle persecuzioni e prese slancio la filosofia cristiana con Agostino. Qui si inserisce la storia di Ipazia, nata ad Il profilo intellettuale Vissuta a cavallo tra il IV e il V secolo, figlia di un matematico, è stata figura di spicco anche nell’astronomia Alessandria e figlia di Teone, uno dei più grandi matematici dell’antichità. Lei stessa, educata dal padre, divenne un punto di riferimento non solo nella filosofia, ma anche nell’astronomia, assurgendo a terza grande caposcuola del platonismo dopo Platone e Plotino. Ma il suo insegnamento rivolto a tutti, la sua cultura, il fatto che a lei chiedesse consiglio il prefetto romano Oreste, la fecero emblema di un ideale di vita e di politica antitetico alla visione degli episcopi, basato «piuttosto che sul potere che viene dall’essere anello di una scala gerarchica, sull’autorità che viene dall’intelligenza sul mondo e dal coraggio nell’esporsi». La prese di mira il vescovo Cirillo, che la riteneva responsabile della sua mancata riconciliazione con Oreste. E di fatto ispirò lo scempio che nel 415 di lei fecero i monaci, in realtà «corpo di polizia degli episcopi». Un delitto atroce, rimasto impunito, e di cui sarebbe il caso ora, anche se a secoli di distanza, di riconoscere le responsabilità morali. © RIPRODUZIONE RISERVATA 22 italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera Cultura 23 italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 Romanzi d’Europa Le iniziative del Corriere Maestri Lo scrittore scozzese indaga il rapporto tra apparenza e realtà nell’aristocrazia, che esplode attraverso il duello tra due fratelli Il piano dell’opera 1 14 aprile Milan Kundera L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’ESSERE Intervista di Paolo Di Stefano a Roberto Calasso 2 22 aprile José Saramago MEMORIALE DEL CONVENTO Prefazione di Massimo Raffaeli 3 28 aprile Claudio Magris DANUBIO Prefazione di Corrado Stajano 4 5 maggio Thomas Mann I BUDDENBROOK Prefazione di Paola Capriolo 5 12 maggio Marguerite Yourcenar MEMORIE DI ADRIANO Prefazione di Mario Andrea Rigoni 6 19 maggio Primo Levi LA TREGUA Prefazione di Frediano Sessi 7 26 maggio Ivo Andric IL PONTE SULLA DRINA Prefazione di Giorgio Montefoschi 8 Oggi Robert Louis Stevenson IL SIGNORE DI BALLANTRAE Prefazione di Franco Cordelli 9 9 giugno Nikos Kazantzakis ZORBA IL GRECO Prefazione di Paolo Mereghetti di PIETRO CITATI C ome tutte le intelligenze vaste, nitide e vertiginose, quella di Robert Louis Stevenson era attratta dal male assoluto. «Mi sembra — scrisse negli ultimi anni di vita — di essere nato col sentimento di qualcosa di inquietante nascosto nel cuore delle cose, di un male e di un orrore egualmente senza limiti». Con una violenza estrema, egli affrontò il male soprattutto in due libri: scrivendo Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde (1886) e Il signore di Ballantrae (1889). Nel primo caso guardò la tenebra del male: quello che esso ha di deforme, abietto, orribile, odioso, al punto da sottrarsi all’espressione e alla parola, superando qualsiasi limite negativo. Hyde destava una «curiosità piena di ripugnanza»: c’era, in lui, qualcosa di anormale e di contraffatto; qualcosa che colpiva, sorprendeva e rivoltava. Il caso del Signore di Ballantrae era opposto. Il grande aristocratico scozzese emanava una specie di luce radiosa e abbacinante: emanava un fascino senza limiti; affetto, amore, venerazione, adorazione. Era — racconta l’onesto Mackellar, la voce narrante del libro — «un alto e snello gentiluomo vestito di nero, con la spada al fianco, una mazza da passeggio allacciata al polso. Agitò la mazza verso il capitano Crail L’eroe satanico di Stevenson in segno di saluto, con un misto di grazia e di beffardaggine, che impresse profondamente quel gesto nella mia memoria… Aveva il viso olivastro, asciutto, ovale, con neri occhi, vigili e penetranti, da uomo combattivo e avvezzo al comando. Un grosso diamante gli brillava all’anulare… Le sue maniere erano di un’affabile garbatezza. Ogni suo atto era così piacevole e di aspetto così nobile che io non riuscivo a meravigliarmi vedendo suo padre e sua cognata sedere attorno alla tavola insieme a lui, con facce radiose. Era un meraviglioso attore, che parlava all’orecchio della signora, con una grazia diabolicamente insinuante». Ed ecco il tocco definitivo. «Vi era in lui tutta la gravità e qualcosa dello splendore di Satana nel Paradiso perduto di Milton». Questo fascino era soltanto una scintillante facciata. James, signore di Ballantrae, pretendeva di essere un cavaliere, un eroe, il fiore dell’aristocrazia europea del Settecento. Ma chi lo conosceva bene, chi ne seguiva le azioni e ne vedeva il volto segreto, sapeva che egli era avidissimo di denaro e di menzogne. Spargeva sangue attorno a sé con cinica indifferenza: torturava; ed era così intimamente brutale e volgare che rivelò la sua natura profonda quando venne nominato capitano da una banda di corsari. Fingeva di essere un nobile protettore degli afflitti e dei perseguitati: mentre era una spia, che per denaro denunciava i suoi compagni di sventura. James aveva un fratello minore: Henry, che sembrava modesto e mediocre, quanto egli era demoniacamente accorto ed astuto. Henry aveva il senso del dovere mentre egli ne era privo: leggeva poco, parlava poco, mentre egli era un re della conversazione e della lettura: non aveva finezza: era goffo, quasi brutto, inelegante; soprattutto incapace di ispirare amore e dedizione. Tutti lo sfuggivano: le comari del villaggio lo insultavano per strada: al massimo i buoni avevano pietà di lui, che al contrario avrebbe voluto ricevere amore e tenerezza — la tenerezza quotidiana, che rende lieta la vita. James odiava ferocemente, selvaggiamente Henry: senza nessuna ragione, perché il fratello lo adorava e venerava come gli altri; lo odiava appunto perché non possedeva né eleganza né fascino; e lo considerava colpevole di tutte le sue sventure, delle quali egli era invece il solo responsabile. Lo scherniva, lo chiamava Giacobbe (mentre lui si paragonava a Esaù): gli dava dell’avaro, dell’idiota, del goffo, del contadino, del marinaio alla taverna, dello zotico, della mignatta; non sopportava la sua ingenuità e la sua innocenza, e la sua bontà premurosa e affettuosa. Nel torturare il fratello, James possedeva un’astuzia diabolica, sempre più raffinata e sottile, che lo colpiva al cuore, e faceva affondare la sua vita in una infelicità senza misura. Quando viveva insieme a lui con il padre e la Il signore di Ballantrae è un nobile dall’animo oscuro Incarna in una figura sola le psicologie di Jekyll e Hyde cognata, James si rivolgeva al fratello nel modo più gentile e squisito se qualcuno lo ascoltava, ma crudelissimo quando lo incontrava a quattr’occhi. Il vecchio Lord e la Signora erano quotidianamente testimoni di ciò che avveniva: avrebbero potuto giurare in corte di giustizia che Mr. James era un modello di tolleranza e di bonomia, e che invece Mr. Henry era un esempio di gelosia e di ingratitudine. Quando James venne dato per morto, nemmeno allora Mr. Henry poté avere sollievo. Il padre e la moglie si riunivano insieme in segreto, per compiangere lo scomparso, e tenevano lontano il malvagio, l’insensibile Mr. Henry, come se fosse un crudele impostore. Il grande romanzo precipita all’improvviso verso il suo culmine: la notte del 27 febbraio 1757. È il cuore del freddo, al quale Stevenson si avvicina con lievi tocchi successivi. «Al sopravvenire della notte la caligine si rinchiuse nell’alto; il buio calò da un cielo senz’aria, in un’atmosfera immobile e gelida: notte inclementissima e adatta a strani casi». «Non tirava un alito: un gelo senza vento aveva fermato l’aria; e, mentre avanzavamo al lume delle candele, la tenebra pendeva come una volta sul nostro capo. Non proferimmo parola; né udimmo altro suono tranne lo scricchiolio delle nostre scarpe sul viottolo ghiacciato. Il fremito della notte mi si ghiacciò addosso come un secchio d’acqua, accrescendo nelle mie vene il tremito provocato dal terrore». La prossima uscita Qui sopra, l’autore greco Nikos Kazantzakis (1883-1957). Il 9 giugno uscirà con il «Corriere», nella serie Romanzi d’Europa, il suo capolavoro «Zorba il greco» (1946). L’illustrazione in alto è di Camilla Guerra In edicola Il nuovo volume con prefazione di Franco Cordelli Le radici del Vecchio Continente Con Il signore di Ballantrae, romanzo di Robert Louis Stevenson (1850-1894) prefato da Franco Cordelli, prosegue la collana del «Corriere della Sera» curata da Paolo Di Stefano dal titolo «Romanzi d’Europa», dedicata alle opere che hanno contribuito a fertilizzare le radici culturali del Vecchio Continente (in edicola a € 9,90 più il costo del quotidiano), con prefazioni inedite. È un romanzo costruito intorno ai conflitti di una famiglia scozzese alla metà del XVIII secolo. Conflitti privati che sconfinano nelle lotte per il potere, con il tentativo della dinastia Stuart di riappropriarsi del trono di Scozia e poi di quello di Gran Bretagna. La prossima settimana ci sarà Zorba il greco di Nikos Kazantzakis (prefato da Paolo Mereghetti), affresco di un ritorno alla purezza del pensiero che in Grecia trovò i suoi semi. R. Sco. © RIPRODUZIONE RISERVATA Avvicinandosi al cuore del freddo, Henry si trasformò: dopo aver udito una terribile offesa di James, diventò calmo, lucido, determinato, sicuro. Si alzò in piedi lentamente, molto lentamente, avendo l’aria di essere immerso in profondi pensieri. «Che vigliacco!» — disse piano come parlando a sé stesso. Poi, senza fretta e senza speciale violenza, diede un rovescio sulla bocca di James. Mr. James balzò in piedi, come trasfigurato: «Non mi parve mai tanto bello», commentò Mackellar. «Le mani addosso a me, esclamò. Non lo sopporterei da Dio onnipotente». Poi, nel gelo, la rapidissima scena del duello. Henry, completamente trasformato, incalzò il fratello con una furia contenuta e trionfante: finché James, menando il colpo a vuoto, inciampò nel ginocchio del fratello e, prima di potersi riprendere, venne trafitto dalla spada di lui, guizzò per un momento come un verme calpestato e poi giacque immobile al suolo. Mackellar e Henry lo credettero morto. *** Questa scena è il meraviglioso culmine tragico del libro. Poi tutto crolla, sebbene il racconto conservi la sua straordinaria bellezza. Henry ha un lungo e terribile incubo, dal quale esce cambiato, abbandonandosi all’odio per il fratello. Sopporta un «grave scadimento»: subisce la pietà di se stesso, piagnucola, beve; la faccia appare invecchiata, la bocca malinconica, la dentatura scoperta in un perpetuo rictus, l’iride dilatata in un campo bianco iniettato di sangue. Intanto Mackellar si avvicina al genio del male sconfitto: fa un viaggio con lui attraverso l’Atlantico; talora prova nausea come davanti a un essere immondo, talora ribrezzo, talora una strana ammirazione piena di complicità e di odio. Anche la Geenna, conclude Mackellar, «può avere nobili ardori». Nell’ultima pagina del romanzo, due lapidi. La prima: «James Durie,/ erede di un titolo scozzese,/ signore delle arti e delle grazie,/ ammirato in Europa, in Asia, in America,/ in guerra e in pace,/ nelle tende dei cacciatori selvaggi/ e nelle cittadelle dei re,/ nonostante i grandi meriti,/ le molte imprese e le dure privazioni,/ qui giace obliato». La seconda: «Henry Durie,/ fratello di lui,/ dopo una vita di immeritati affanni/ coraggiosamente sopportati,/ morì quasi al tempo stesso;/ e dorme nella stessa tomba/ del suo fraterno avversario./ La pietà della moglie/ e di un vecchio servo/ pose questa memoria/ad entrambi». © RIPRODUZIONE RISERVATA 10 16 giugno Stendhal LA CERTOSA DI PARMA Prefazione di Alessandro Piperno 11 23 giugno Charles Dickens TEMPI DIFFICILI Prefazione di Sergio Romano 12 30 giugno Albert Camus LO STRANIERO Prefazione di Dacia Maraini 13 7 luglio Miguel de Unamuno NEBBIA Prefazione di Emanuele Trevi 14 14 luglio James Joyce GENTE DI DUBLINO Prefazione di Sandro Veronesi 15 21 luglio Italo Svevo LA COSCIENZA DI ZENO Prefazione di Giorgio Pressburger 16 28 luglio Knut Hamsun FAME Prefazione di Franco Brevini 17 4 agosto Javier Cercas SOLDATI DI SALAMINA Prefazione di Pierluigi Battista 18 11 agosto Hermann Hesse NARCISO E BOCCADORO Prefazione di Isabella Bossi Fedrigotti C.D.S. 24 italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera Idee&opinioni Corriere della Sera SMS Le news più importanti in anteprima sul tuo cellulare. Invia un sms con la parola CORRIERE al 4898984 Servizio in abbonamento (4 euro a settimana). Per disattivarlo invia RCSMOBILE OFF al 4898984 Maggiori informazioni su www.corriere.it/mobile RENZI & MERKEL ✒ «Mi raccomando l’eloquenza dei gesti» aveva detto Francesco ai vescovi italiani il 19 maggio: ed eccolo ieri all’Olimpico che s’inginocchia per «ricevere» la preghiera dei cinquantamila su di lui. Qui l’eloquenza sta nella capacità di quel gesto di dare un’evidenza plastica alla sua costante richiesta «pregate per me». Quello di ieri non è un gesto pacifico nella Chiesa, perché tra la folla che pregava per lui c’erano anche i «carismatici» appartenenti a Chiese protestanti; così come non sarà senza risonanze polemiche l’incontro di preghiera di domenica prossima, al quale ha chiamato i presidenti Shimon Peres e Abu Mazen. Papa Bergoglio sa bene che i gesti non sono eloquenti se sono innocui, ma parlano quando smuovono. Il gesto di inchinarsi per ricevere la preghiera del popolo Francesco lo compì al primo affaccio alla loggia di San Pietro la sera dell’elezione. Quell’inchino è nuovo nella tradizione papale, ma non era nuovo nella biografia di Bergoglio che già l’aveva sperimentarlo da arcivescovo di Buenos Aires in un’occasione per la quale i tradizionalisti l’accusarono di «apostasia», cioè di rinne- gamento della fede, dal momento che allora — come di nuovo ieri — si era inginocchiato per ricevere la preghiera di un’assemblea composta anche da «eretici». Era il 19 giugno 2006 e il cardinale Bergoglio partecipava a un raduno ecumenico allo stadio Luna Park di Buenos Aires. «A un certo punto il pastore evangelico chiese che tutti pregassero per me» racconterà il futuro Papa a pagina 197 del volume Il Cielo e la terra che è del 2010. Mentre tutti pregavano, dirà ancora, «la prima cosa che mi venne in mente fu di inginocchiarmi per ricevere la preghiera e la benedizione delle settemila persone che si trovavano lì». Per l’accoglienza di quella «benedizione» ecumenica come — e ancora di più — per le sue iniziative di incontri di preghiera con ebrei e musulmani, egli era contestato in patria e forse tornerà a esserlo ora da Papa, dopo il gesto di ieri e in vista di quello di domenica prossima. Unire le preghiere è impresa ardua sulla terra. Luigi Accattoli www.luigiaccattoli.it © RIPRODUZIONE RISERVATA LA «SCIENZA DEI CITTADINI», MOVIMENTO CHE COMPENSA IL TRAMONTO DEI VERDI ✒ In Italia, i partiti verdi e i loro programmi di politica ambientale non hanno raccolto consenso da parte dell’elettorato. Questo risultato se da un lato sorprende, soprattutto pensando a come l’emergenza ambientale sia nota a tutti e riguardi l’intero pianeta, dall’altro può, almeno in parte, spiegarsi con la forte preoccupazione presente nel Paese per i temi dell’economia, della stabilità finanziaria, dell’occupazione. In questa fase difficile, il problema ambientale è colto, erroneamente, come meno rilevante e così, forse, anche la politica verde nazionale ha perso vigore e forza di convincimento. Tuttavia c’è qualcosa che non funziona in questo risultato e che contrasta con quanto in realtà avviene nel Paese dove si assiste ormai da tempo a una accresciuta, consapevole e acculturata attenzione per i temi dell’ambiente. E non mi riferisco soltanto a quelle benemerite azioni dei cittadini che la domenica vanno a ripulire spiagge o luoghi archeologici. Penso a quel fenomeno più recente ma diffuso di partecipazione attiva alla raccolta di dati scien- tifici a supporto della ricerca, ambientale e non . È quella citizen science praticata da gente comune, non professionisti, che semplicemente contribuisce spontaneamente alla conoscenza, al sapere, fianco a fianco con i ricercatori. Cittadini che con cura e disciplina fanno censimenti di fauna e di vegetali o che forniti di appositi strumenti dai ricercatori rilevano dati di qualità dell’aria e dell’acqua. Riportano tutto su file excel e inoltrano i dati ai ricercatori in scienze ambientali. È una pratica che sta crescendo, fondata sull’impegno costante e quotidiano di cittadini che hanno capito che vivere in un contesto ecologicamente sano è un bene ed un diritto. E allora hanno deciso di rimboccarsi le maniche, di partecipare in prima persona, al di fuori di ogni linea e dettame politico. Si va creando così un sistema di controllo forte e consapevole, sentito come una vera e personale conquista. È, forse, una realtà come questa fatta di conoscenza e passione che la politica verde ha perso di vista. Danilo Mainardi © RIPRODUZIONE RISERVATA ✒ di MAURO MAGATTI I bene informati dicono che, quando era cardinale di Buenos Aires, Bergoglio fosse un attento lettore della «teologia del popolo», secondo cui la salvezza è un cammino non solo individuale ma anche storico e collettivo. No, dunque, alle fughe in avanti e agli intellettualismi: il popolo, per definizione rumoroso, contraddittorio e variopinto, avanza col suo passo e, soprattutto, deve avanzare insieme. Sarà un caso, ma le vicende politiche di questa primavera possono essere utilmente rilette proprio a partire dall’idea di popolo, termine che etimologicamente viene fatto risalire a due radici, «mettere insieme» e «riempire». In effetti, oggi si deve mettere insieme ciò che è andato in pezzi: oltre un certo livello, la frammentazione sociale diventa un problema, disgregando le istituzioni e l’economia. E, d’altro canto, si deve riempire ciò che si è andato sempre più svuotando: di fronte alle tempeste degli ultimi anni, i singoli individui oggi si sentono sempre più soli e chiedono che le istituzioni tornino dalla loro parte. I recenti risultati elettorali confermano il punto: in Europa la cancelliere tedesca e il primo ministro italiano si sono riconosciuti come i soli leader capaci di parlare al loro popolo, sulla base di un discorso — la prima da destra, il secondo da sinistra — di ispirazione neo-popolarista, l’unico oggi in grado di battere le pulsioni populistiche sprigionate dalla crisi. Per «neo-popolarismo» intendo una concezione politica che non è né statalista né liberista, né collettivista né individualista. E dire questo è già dire tantissimo, perché significa porsi alla ricerca di un punto di equilibrio tra l’iniziativa personale e la responsabilità sociale, tra i compiti della politica e dello Stato e la valorizzazione delle forze diffuse nella società, tra l’obiettivo di raggiungere un livello accettabile di integrazione sociale e la necessità di garantire un’adeguata efficienza sistemica. Per superare la crisi, tanto a livello italiano quanto a quello europeo, avere in mente il popolo è oggi fondamentale: la pura mobilitazione individualistica, che ha segnato il trentennio neoliberista, non basta più. È quello che ha cercato di fare Obama; è quello che certamente ha fatto la Merkel; è ciò che ha intuito Renzi, il quale vince non perché è un socialista (pur avendo aderito al Pse), ma perché è un neo-popolare. stessi proposti dagli esibizionisti in cerca di pubblicità, oppure già risolti in sede giudiziaria. A sostegno della nuova inchiesta si invoca anche la recente desecretazione dei documenti coperti da segreto di Stato, ignorando, però, che nei processi per terrorismo e strage, come quelli Moro, per legge non è stato mai opposto alcun segreto. Pare proprio che i parlamentari favorevoli all’inchiesta — Pd, Fi, Gal, Sel, Popolari e Lega Nord — siano rimasti impigliati in quel conformismo fondato sui cosiddetti «misteri d’Italia» che a lungo ha condizionato la nostra politica. Temiamo che anche questa inchiesta possa essere utilizzata per sollevare polveroni. Dopo tanto tempo, sarebbe perciò opportuno lasciare agli storici il compito di inquadrare la tragedia Moro nella giusta prospettiva. Spesso le verità storiche in tutte le loro sfumature risultano più attendibili delle verità giudiziarie e delle inchieste parlamentari. Massimo Teodori © RIPRODUZIONE RISERVATA E perché ha cambiato il Pd (a differenza di quanto è accaduto in Francia) in questa direzione. Sapendo così porsi in sintonia con le esigenze concrete della popolazione (con la mossa degli 80 euro e la centralità data ai tagli della politica). Che poi la sinistra italiana sia disposta a metabolizzare questa metamorfosi è tutto da dimostrare. Anche se, per il momento, il dividendo derivante da vittorie elettorali così ampie tacita qualsiasi malumore. E che poi Renzi sia davvero all’altezza di una leadership coerente con la sua proposta neo-popolare deve essere, anche questo, verificato. Di sicuro, egli ne porta addosso — nella sua provenienza e storia personale — alcuni tratti distintivi. Non a caso, quando era ancora sindaco, amava citare La Pira. Il problema è che il neo-popolarismo mantiene un pericoloso punto di tangenza col populismo che gli deriva dalla possibilità del leader di gestire direttamente il proprio rapporto con il popolo. Tutte le mediazioni (dal parlamento ai sindacati, dai partiti ai territori) tendono a venire svilite dal contatto tra il popolo e il suo leader (qualcosa che si verifica, ad esempio, anche con il Papato). In una spirale comunicativa che può portare al tradimento delle promesse e delle aspettative. Il neo-popolarismo, allora, è tale solo se rispetta alcuni canoni: non separare la sofferenza della gente comune — in nome di un astratto dover essere — dallo sguardo di medio-lungo periodo; far seguire alle promesse la risoluzione concreta dei problemi; trasformare il risentimento diffuso in spinta per una nuova giustizia sociale; combinare le esigenze della crescita dell’economia con lo sviluppo delle comunità e delle persone; usare l’autorevolezza della leadership non per accentrare ma per riformare le istituzioni e riorganizzare le autonomie sociali; affermare la centralità dell’investimento (in ricerca, ambiente, infrastrutture) e dell’innovazione rispetto al consumo e alla rendita. Si profila dunque una nuova fase in cui, in prima battuta, la contrapposizione è tra neo-popolarismo e populismo. Ma, guardando avanti, la vera partita sarà tra diverse interpretazioni della spinta neopopolare che si fa strada un po dappertutto: a fare la differenza saranno gli accenti che si sarà capaci di dare e soprattutto la capacità di avviare una vera stagione di innovazione economica, sociale e istituzionale. © RIPRODUZIONE RISERVATA INTERNET E LA PRIVACY Una via italiana per il diritto all’oblio di CATERINA MALAVENDA C IL VECCHIO VIZIO DEL COMPLOTTO NELL’INCHIESTA SUL CASO MORO La nuova commissione parlamentare d’inchiesta sul «caso Moro» che impegna 60 deputati e senatori è l’ultimo capitolo dell’uso strumentale del Parlamento nel momento in cui occorrerebbe convogliare tutte le energie politiche sui problemi del Paese. Da quel tragico 16 marzo 1978 si sono svolti cinque processi Moro che hanno individuato gran parte degli assassini, una commissione d’inchiesta specifica e cinque commissioni su «stragi e terrorismo» che, dopo anni di lavoro, hanno prodotto un nulla di fatto. È allora lecito chiedersi perché mai continuare la ginnastica inchiestistica utile solo a soddisfare la folta schiera dei complottomani appassionati di quelle rivelazioni fasulle che hanno inquinato l’aria per un terzo di secolo. L’anno scorso, perfino un magistrato ha preso sul serio un imbroglione finto «gladiatore» che ha dato la sua versione dei fatti, rivelatasi pura fantasia. Ora, molti degli interrogativi posti alla base dell’inchiesta parlamentare sono gli I neo-popolari argine ai demagoghi Ma stiano attenti ai personalismi CHIARA DATTOLA IL GESTO ECUMENICO DI PAPA FRANCESCO IN GINOCCHIO DAVANTI AI NON CATTOLICI aro direttore, il diritto all’oblio è l’argomento del giorno, ne parla anche chi ne sa poco, al punto che si sono formate due fazioni contrapposte, una che vorrebbe cancellare tutto, al grido «i dati sono miei e me li gestisco io»; l’altra che la Rete è la sola vera forma di libertà d’espressione e, quindi, non si tocca. Posizioni ideologiche, radicali e inconciliabili, al punto che il professor Luciano Floridi ha auspicato un novello Dick Fosbury, l’inventore del «salto dorsale», perché serve un’innovazione vera, per tenere insieme il diritto all’oblio e il diritto all’informazione. Senza avere la pretesa di dare il colpo di reni decisivo, qualche idea è possibile avanzarla, intanto escludendo che l’oblio possa essere invocato, per cancellare notizie attuali, perché diffamatorie: è quello che sostengono, invece, quanti hanno scritto, in questi ultimi mesi — sono moltissimi — alle redazioni e agli editori, per chiedere la rimozione di articoli dell’altro ieri, invece di rivolgersi al giudice perché accerti l’eventuale lesione della reputazione. Sì, perché il problema riguarda soprattutto i giornali online o la versione online di giornali cartacei e, comunque, i siti che diffondono notizie, seriamente controllate, che sono l’obiettivo privilegiato di richieste, spesso ingiustificate e la cui funzione informativa verrebbe assai penalizzata dalla ri- mozione indiscriminata dei link di riferimento, da parte dei motori di ricerca. Le notizie «antiche» devono, poi, riguardare vicende oramai definite: un’assoluzione in primo grado, impugnata dal pubblico ministero, presuppone almeno un altro grado di giudizio, il che esclude la facoltà di intervenire per oscurare tutti gli articoli, che si sono occupati del processo, fino a quel momento. E anche i dati risalenti nel tempo possono conservare una loro valenza informativa, la cui valutazione non può essere rimessa a un motore di ricerca, interessato piuttosto a sopire i conflitti. Lo strumento per ovviare a tutti questi inconvenienti esiste già, si chiama diritto all’aggiornamento dei dati, è garantito dalla «legge sulla privacy» e tutela sia l’interessato, sia chi fornisce o cerca un’informazione completa. Il vero scandalo, infatti, non è visualizzare la notizia di un arresto, anche datato, che sia stato davvero eseguito, ma non trovare, anche cercandole, quelle successive, sul processo e sull’eventuale assoluzione dell’imputato. Un rimedio che, peraltro, non avendo i giudici italiani nulla da farsi insegnare da quelli transnazionali, è già stato individuato dalla Cassazione e progressivamente utilizzato, con l’inserimento, a richiesta dell’interessato, nella stessa pagina web, dei neces- sari aggiornamenti. Rimedio che, ove massicciamente adottato, consentirebbe anche di sfuggire all’ipocrisia di cancellare il link, conservando nell’archivio del sito la notizia non aggiornata, comunque reperibile, con qualche sforzo in più. Quel che residua, notizie spicciole su persone comuni, che nuocciono loro, senza aggiungere nulla alla completezza dell’informazione, potrà senza rimpianti essere sottratto ai motori di ricerca, con un clic. Infine, una domanda: quanto tempo occorre sia trascorso, per poter invocare il diritto all’oblio? Qui non c’è alcuno scontro, ma solo, da un lato, la pretesa comprensibile dell’interessato che la notizia sgradita sparisca dal video il più presto possibile; e, dall’altro, l’assenza di una norma di riferimento che, come accade per la prescrizione o per l’usucapione o per la riscossione di un credito, stabilisca un termine minimo, prima del quale, pur sussistendone gli altri presupposti, non si possa chiedere che cali l’oblio. Utile sarebbe colmare il vuoto, in sede legislativa, disegnando anche qualche regola in più. In mancanza e ancora una volta, il tempo potrebbe non esser galantuomo, ma piegarsi alle sollecitazioni dei più potenti o di chi si rivolgerà all’avvocato giusto. Avvocato, esperta in Diritto dell’informazione © RIPRODUZIONE RISERVATA 25 italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 Lettere al Corriere Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a: «Lettere al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79 LA DEMOCRAZIA DIRETTA DAI SANCULOTTI A BEPPE GRILLO Risponde Sergio Romano Beppe Grillo mi ricorda lo storico leader degli Arrabbiati (Enragés), Jacques Roux del periodo rivoluzionario francese 1793-1794. Emanuele Romagna-Manoja [email protected] sovrintendere personalmente alla carcerazione della famiglia reale nella prigione del Tempio. Il re aveva un forte mal di denti e chiese che gli fosse mandato un dentista. «Non vale la pena — disse Roux, facendo un gesto che simulava il taglio della gola — in breve i vostri denti saranno accomodati». Ebbe l’incarico di portare il re al patibolo e di scrivere un rapporto sulle sue ultime ore che lesse di fronte alla Convenzione. Ma le sue intemperanze e certi saccheggi fatti sotto la sua autorità finirono per infastidire e irritare gli stessi Sanculotti di cui Roux fu per qualche tempo uno dei maggiori esponenti. Accusato di delitti contro l’etica rivoluzionaria, fu processa- Caro Romagna-Manoja, rima di rispondere alla sua domanda devo ricordare ai lettori che Jacques Roux (un prete spretato, come parecchi altri rivoluzionari) fu un personaggio iracondo, brutale, sempre pronto ad accendere gli animi e a scatenare moti rivoluzionari. Fra gli episodi della sua vita passati alla storia vi è un breve dialogo con Luigi XVI quando a Roux fu affidato l’incarico di P SISTEMA ELETTORALE to il 25 gennaio 1794 e venne condannato a morte. Non appena udì la sentenza si dette cinque colpi di coltello e fu trasportato morente all’ospedale di Bicêtre. Quanto alla parentela ideologica che legherebbe Grillo agli Arrabbiati e più generalmente al gruppo dei Sanculotti, il confronto è stato fatto da uno studioso, Cesare Vetter, in un articolo apparso sulla Rivista di politica, diretta da Alessandro Campi, nel numero dell’ottobre-dicembre 2013. La somiglianza è nel concetto egiziani residenti in Italia, recatisi al voto la scorsa settimana presso uno dei loro consolati. Si sono presentati al seggio presentando un documento con codice elettronico e, dopo aver votato, essi figuravano automaticamente depennati dagli archivi elettorali esistenti in Egitto, escludendo in tal modo la possibilità di votare per la seconda volta. Quando potremo finalmente abbandonare la farraginosa modalità cartacea? Calcolo dei quorum Caro Romano, l’attuale sistema elettorale per le Europee contiene evidenti disparità nel trattamento dei prescelti. Così se Simona Bonafé (Pd) e Raffaele Fitto (FI) con meno di 300.000 preferenze ciascuno vengono eletti, Giorgia Meloni ( Fd’I) con ben 345.000 rimane a casa. Sarebbe giusto dare comunque un premio di elezione a chi supera un certo quorum personale a prescindere dal raggiungimento del 4 per cento della sua lista. dal Popolo delle LibertàForza Italia non aveva forse come obiettivo quello di evitare una crisi di governo al buio? Aldo Sgro [email protected] SINDACATI Sciopero alla Rai Sacrosanta la battaglia dei dipendenti della Rai a difesa dei loro posti lavoro. Sarebbe tuttavia gradito un impegno più forte dei sindacati — che hanno proclamato lo sciopero anti-tagli del governo — contro gli sprechi dell’azienda di viale Mazzini e contro certi incredibili mega-stipendi. NUOVO CENTRODESTRA Appello di Alfano Il suo suggerimento merita una riflessione. La preferenza è una specie di sotto-voto, espresso nell’ambito di una competizione fra partiti, ma è pur sempre una scelta di cui occorrerebbe forse tenere conto. L’appello di Angelino Alfano per ricompattare il centro destra comporterà una possibile crisi di governo. Ma la scissione del neonato Ncd La tua opinione su sonar.corriere.it VOTO ELETTRONICO Confronto con l’Egitto Alfano apre a Lega e Berlusconi: rimettiamoci tutti in gioco per un nuovo centrodestra. Ci riusciranno? Dobbiamo rilevare che forse siamo già ultimi in tema di voto elettronico. Basta un semplice raffronto con gli riana si sbarazzò di Robespierre e Saint-Just. Termidoro non seppellì la rivoluzione, ma dimostrò che i francesi erano stanchi degli eccessi degli anni precedenti. Grillo e Casaleggio non predicano la violenza, ma hanno in materia di rappresentanza parlamentare e di potere popolare idee che ricordano effettivamente quelle degli Arrabbiati. Anzi, pensano probabilmente che la rete consenta al popolo di fare oggi, con i suoi «mi piace» e «non mi piace», quello che in altri tempi sarebbe stato molto più difficile. Forse Grillo ha visto nel risultato delle elezioni europee il fantasma di Termidoro. DIPENDENTI PUBBLICI del suo stesso partito che lo avevano pesantemente e volgarmente attaccato. Sarebbe il caso di non esagerare con le critiche personali: le parole sono macigni e non si dovrebbe mai entrare nella sfera personale altrimenti si corre il rischio di smentire se stessi. E ora qualcuno, forse, dovrebbe scusarsi ! Diritti e doveri Carlo Radollovich [email protected] Vittorio Zanuso vzanuso@ libero.it di democrazia diretta. Come Grillo oggi, anche se con argomenti ancora più radicali, i Sanculotti proponevano che le leggi venissero ratificate da tutti i cittadini riuniti nelle assemblee primarie, che il mandato parlamentare fosse imperativo, che il parlamentare fosse soltanto un mandatario e che il popolo avesse sempre il diritto di revocarlo, che i cittadini avessero un diritto di petizione individuale e collettivo, che il voto fosse sempre palese. I Sanculotti erano figli o nipoti di Jean-Jacques Rousseau, a cui dovevano una buona parte delle loro tesi. Ebbero una considerevole influenza sulla vita pubblica francese sino al 1794 e uscirono di scena quando la reazione termido- Pietro Mancini, Cosenza La signora Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, auspica che i dipendenti pubblici siano equiparati ai dipendenti privati: intende per i diritti o i doveri? E non mi risultano nemmeno dipendenti pubblici in cassa integrazione e/o in mobilità a causa del patto di Stabilità e/o per carenze di fondi per investimenti! Alberto Borghi, Varese RENZI E IL PD Quegli attacchi Tra i tanti vizi di noi italiani, vi è quello di salire sul carro del vincitore. Ultimamente abbiamo assistito alla santificazione del presidente del Consiglio da parte di molti personaggi all’interno SUL WEB Risposte alle 19 di ieri Sì 26 No 74 La domanda di oggi Il Commissario tecnico Prandelli ha escluso Giuseppe Rossi dai Mondiali di calcio. Siete d’accordo? In merito all’articolo «Morbillo, picco di infezioni, in troppi non si vaccinano» (Corriere di ieri), perché, allora, si verificano ancora tutti questi casi di morbillo, se le vaccinazioni di massa dovrebbero mettere in assoluta sicurezza i già vaccinati ? O la vaccinazione mette realmente in sicurezza dalla malattia infettiva, o non vi è prova che abbia effetti certi e duraturi. Ciò ne delegittima, conseguentemente, la prescrizione imposta come un dogma. Simonetta De’ Negri, Perugia Semplicemente perché la vaccinazione non è di massa. E di massa si intende globale. Nel 2000 gli Stati Uniti non avevano più morbillo, ma siamo in un’epoca in cui i via vai da un Paese all’altro sono continui e il virus viaggia tramite chi non si è vaccinato e non è detto che si ammali. Detto questo, il picco è in California dove prevale il movimento della non vaccinazione. La poliomielite in Italia non c’è più, ma è ancora endemica in alcuni Paesi dove la vaccinazione non si fa e, quindi, in Italia può tornare. Mario Pappagallo Il crocifisso contestato A Noale (Ve), un signore ha preteso che fosse rimosso altrimenti non avrebbe votato (Corriere, 26 maggio) . È stato accontentato non senza disagio e tutto è DEL LUNEDÌ CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DIRETTORE RESPONSABILE PRESIDENTE Angelo Provasoli Ferruccio de Bortoli VICE PRESIDENTE Roland Berger CONDIRETTORE AMMINISTRATORE DELEGATO Pietro Scott Jovane VICEDIRETTORI Antonio Macaluso Daniele Manca Giangiacomo Schiavi Barbara Stefanelli andato a buon fine. Essere laici o professarsi atei non significa esibire alcun credo, ma semplicemente affermare uno status come, ad esempio, essere animalista, ambientalista, vegetariano o vegano. Essere ateo o laico è una condizione personale che attiene solo all’individuo e al suo modo di vedere le cose. I luoghi di culto non sono vietati a chi non crede, anzi sono aperti a tutti e nessuno chiede una credenziale per accedervi. Gli edifici pubblici, invece, sono di pertinenza dello Stato e allo stesso modo aperti a tutti i cittadini, sia a chi crede (di qualsiasi religione) sia a chi non crede. Tanti edifici espongono il simbolo della cristianità (professata dalla maggioranza degli Sede legale: Via Angelo Rizzoli, 8 - Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 5825 del 3 febbraio 1962 Responsabile del trattamento dei dati (D. Lgs. 196/2003): Ferruccio de Bortoli [email protected] - fax 02-6205.8011 © COPYRIGHT RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo quotidiano può essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge. CONSIGLIERI DIREZIONE, REDAZIONE E TIPOGRAFIA 20121 Milano - Via Solferino, 28 Tel. 02-62821 Fulvio Conti, Teresa Cremisi, Luca Garavoglia, Attilio Guarneri, Piergaetano Marchetti, Laura Mengoni DISTRIBUZIONE m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Cazzaniga, 19 - 20132 Milano - Tel. 02-2582.1 - Fax 02-2582.5306 DIRETTORE GENERALE DIVISIONE MEDIA Alessandro Bompieri di Pierluigi Battista Incapaci di vedere il nuovo antisemitismo V Converrà ricordare che la festa della Repubblica di oggi è soprattutto una conquista delle donne d’Italia che appunto quel 2 giugno 1946 votarono per la prima volta nella storia del Paese decretando la vittoria della forma di governo repubblicana su quella monarchica. Dunque la ricorrenza odierna è il segno e insieme il simbolo di quanto determinante sia stato l’apporto femminile nella vita d’Italia, e rappresenta un insostituibile valore di autentica convivenza civile e democratica. Vittorio Gennarini , Napoli © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Sergio Guadagnolo. [email protected] 2 GIUGNO 1946 Primo voto delle donne ❜❜ Bozzetto © 2014 RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI Luciano Fontana Particelle elementari edremo se a compiere la strage al Museo ebraico di Bruxelles è stato davvero il francese jihadista fermato ieri, il quale peraltro rivendica l’attentato a colpi di Kalashnikov in un video-confessione sequestrato dalla polizia. Ancora una volta si confermerebbe la testarda incapacità di capire in che cosa consiste il nuovo feroce antisemitismo che sta insanguinando l’Europa. O la voglia di raffigurare gli assassini antisemiti come spettri di un orrendo passato e non come portabandiera di un nuovo odio fondamentalista in cui l’«ebreo» rappresenta un’incarnazione satanica, l’«oppressore» più crudele e dunque degno di essere sterminato. In fondo sarebbe più rassicurante pensare agli antisemiti dei nostri giorni come dei mostri orribili ma conosciuti e ben collocati nelle nostre categorie mentali. Una banda di teste rasate e vuote con le svastiche tatuate, energumeni invasati da un’ideologia mai sepolta, epigoni di un orrore che allunga i suoi tentacoli anche nel nuovo secolo, sempre lugubremente uguale a se stesso. Ci fa invece più paura il nuovo antisemitismo globale perché mette in discussione le nostre certezze e sconvolge i nostri paradigmi. Perché ci costringerebbe a riconoscere che la guerra santa contro Israele è il vero esplosivo che arma nel mondo gli assassini degli ebrei. Per questo non vogliamo vedere, e facciamo finta che i fatti non esistano. Anche due anni fa, quando tre bambini e un adulto furono massacrati in un attentato alla scuola ebraica di Tolosa, per qualche giorno facemmo finta di non vedere, ci accodammo alla teoria preconfezionata secondo Preferiamo la quale a uccidere bambini raffigurare gli ebrei sarebbero stati i soliti «razzisti», i soliti «neo-nazi», la soliassassini degli «internazionale nera». Non ci ebrei come spettro tapiaceva, anche in quella occasione, riconoscere che si stava saldel passato dando una perversa alleanza tra antisemiti di vecchio e nuovo stampo. E che l’odio per Israele era diventato il nuovo materiale incendiario capace di accomunare in un’unica crociata di terrore i seguaci di un efferato neo-nazismo e i guerrieri di un antisionismo stragista e nutrito di un’avversione totale per gli ebrei. Volevamo tracciare una linea di demarcazione in cui il Male fosse localizzato in piccoli gruppi di mostri, non nel campo di chi dice di lottare contro l’«oppressione sionista». E anche nel 2006, quando il giovane ebreo Ian Halimi venne rapito a Parigi, torturato in un appartamento della banlieue a maggioranza musulmana, arso vivo e gettato lungo la ferrovia, gli investigatori francesi non vollero dar credito alla pista antisemita, salvo poi sentire la banda dei rapitori assassini gridare durante il processo: «Allah Akbar, gli ebrei sono nemici da combattere per il bene dell’umanità». Non vogliamo mai vedere, nemmeno l’esodo silenzioso di tanti ebrei francesi, catturati dalla paura. E continuiamo a costruire bersagli di comodo, mostri più facili da identificare per non capire mai perché gli ebrei continuino a essere uccisi, come ebrei, nel cuore dell’Europa. Interventi & Repliche Vaccinazioni contro il morbillo @ E-mail: [email protected] oppure: www.corriere.it oppure: [email protected] PUBBLICITÀ RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano - Tel. 02-25846543 - www.rcspubblicita.it PREZZI DI VENDITA ALL’ESTERO: Albania € 2,00; Argentina $ 12,50 (recargo envio al interior $ 1,00); Austria € 2,00; Belgio € 2,00; Canada CAD 3,50; CH Fr. 3,00; CH Tic. Fr. 3,00 (quando pubblicato con Style Magazine Fr. 3,50); Cipro € 2,00; Croazia Hrk 15; CZ Czk. 64; Francia € 2,00; Germania € 2,00; Grecia € 2,00; Irlanda € 2,00; Lux € 2,00; Malta € 2,00; Monaco P. € 2,00; Olanda € 2,00; Portogallo/Isole € 2,50; SK Slov. € 2,20; Slovenia € 2,00; Spagna/Isole € 2,50; Hong Kong HK$ 45; italiani) appendendolo alle pareti come si fa con i quadri, le cartine geografiche i dipinti degli alunni ecc. La questione del crocifisso è annosa e spinosa. Molti ritengono che un simbolo della cristianità come il crocefisso o l‘effigie della Madonna non possano recare alcun disturbo a chi non è cristiano o è ateo. Essendo dei simboli, hanno infatti un valore intrinseco molto elevato solo per chi ci crede; per tutti gli altri dovrebbero essere considerati alla stregua di qualsiasi altra immagine. Come può essere in qualche modo offensivo per chi non crede o professa altre religioni vedere un crocifisso appeso ad una parete? Mariagrazia Gazzato, Mirano (Ve) EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago - Via R. Luxemburg - Tel. 02-95.74.35.85 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma - Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • Seregni Padova s.r.l. 35100 Padova - Corso Stati Uniti 23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana S.p.A. 95030 Catania - Strada 5ª n. 35 - Tel. 095-59.13.03 • L’Unione Sarda S.p.A. 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Il personaggio Un anno dopo l’esclusione da «Quelli che...il calcio» l’ingresso nella squadra del talent. «Ho sempre paura di deludere» 39 anni Victoria Cabello. A sinistra tra gli altri giudici Mika, Morgan e Fedez L Victoria ricomincia da X Factor: mi preparo con il mio analista «Sono la stalker di Simona Ventura, la inseguo nei suoi show» L’idea sembrava funzionare. Per me sono stati anni di grande crescita professionale. Ma poi il direttore è cambiato, ha scelto Savino e io ho scelto di non fare le altre cose che mi aveva proposto perché non le sentivo in linea con me». Proposte interessanti: si dice la conduzione di «The Voice» e una seconda serata. «Sì, è vero. Ho rifiutato perché presentare “The Voice” non mi avrebbe né aggiunto né tolto niente mentre fare il giudice a “X Factor” è per me una nuova sfida. I programmi che scelgo, compreso Sanremo, devono farmi crescere, questo è il mio criterio per decidere». E così oggi la conduttrice si dice «contenta che le cose siano andate in questo modo. Ringrazio la Rai perché mi ha portato esattamente dove dovevo arrivare. Un tempo ci sarei rimasta malissimo ma ora so che le cose che non ti aspetti non sono A Milano tutte negative: anni fa Linus mi licenziò da Radio Deejay. Ci sono stata male ma aveva ragione: facevo schifo in radio e alla fine gli devo dire grazie perché la sua scelta mi ha preservata. Un calcio nel sedere a volte ti può portare a esplorare posti che non immaginavi». Prima di arrivare a «X Factor» Dice di loro a sua entrata in Rai era stata piuttosto rocambolesca. «E diciamo che anche l’uscita non è stata da meno», commenta divertita Victoria Cabello. Due anni su Rai2, alla guida di «Quelli che... il calcio». Poi, alla fine della seconda edizione, la rete le comunica piuttosto inaspettatamente il cambio di conduzione. Era lo scorso maggio e da allora alla presentatrice non è scappata neanche una parola. «I fatti si commentano da soli», dice adesso che un nuovo progetto impone di rompere il silenzio. Da settembre sarà dietro il tavolone di «X Factor», vicino a Mika, Morgan e all’altro nuovo acquisto del programma di Sky Uno, Fedez. Il lavoro è già iniziato: a Bologna, dal 7 al 9 giugno, ci sarà la prima tappa delle audizioni. Come era già successo con il programma di Rai2, la conduttrice ancora una volta subentra a Simona Ventura: «Sia nel caso di “Quelli che... il calcio” che adesso con “X Factor”, è stata sempre una scelta di Simona quella di fare altro... per il resto che dire? Di sicuro ha buon gusto in materia di programmi. Io facendo tv ho sempre sognato di fare la carriera di Simona Ventura... certo, non avrei mai pensato di seguirla passo passo tipo stalker. Ho paura anche di andare alle feste ormai e pensare che magari c’è lei, mi vede e dice: pure qui». Oltre all’entusiasmo per la nuova avventura, c’è però anche qualche timore: «Soprattutto di non saper dire di no in modo diplomatico. Non so farlo, ho sempre paura di deludere. Ci sto lavorando con il mio analista. “X Factor” in questo senso sarà anche terapeutico per me». Eppure qualche no, anche piuttosto impegnativo, nell’ultimo anno lo ha detto: «Avrei fatto un anno in più a “Quelli che il calcio”. I risultati c’erano e sentivo di avercela messa tutta: avevo puntato su una formula precisa, l’intrattenimento con al centro il calcio. Del resto è difficile parlare da puristi di calcio quando il calcio non ce l’hai. «mi sono concessa il lusso di stare un anno a casa. Fondamentalmente ho fatto fare la pipì a Silvano, il mio cane. Era questa la risposta che davo quando mi chiedevano cosa stessi facendo». In realtà... «Ho prodotto un film sulla Siria, “Border”: un bel progetto, sono entrata in corsa per portarlo a Ventura «Di sicuro ha buon gusto in materia di programmi», dice Victoria Cabello. «Certo, non avrei mai pensato di seguirla passo passo tipo stalker» termine. È il primo lungometraggio di un esordiente, Alessio Cremonini. È stato selezionato dal festival di Toronto e dalla Festa del Cinema di Roma». Anche in qui, un talento su cui ha creduto: «Mi piace farlo. Sono una curiosa, giro parecchio, vado al cinema, teatro, concerti, leggo. Annuso quello Linus «Anni fa mi licenziò da Radio Deejay. Ci sono stata male, ma aveva ragione: facevo schifo in radio e la sua scelta mi ha preservata» Arisa «Le proposi “Victor Victoria”: rispose che non voleva diventare un pupazzo tv. È genuina e questo spiega lo sbotto finale a “X Factor”» ❜❜ Licenziata La Rai mi ha tolto la conduzione ma non tutte le cose inaspettate sono negative. Linus mi licenziò dalla radio e quell’esperienza fu utile che c’è in giro». E se c’è qualche qualità innata, in genere, la riconosce: l’ha fatto tra gli altri con Virginia Raffaele e Arisa («Quando le avevo proposto “Victor Victoria” mi ha risposto che non voleva diventare un pupazzo televisivo. È una vera e bisogna vedere in quell’ottica anche lo sbotto finale con cui è uscita da “X Factor”»). «X Factor mi piace molto perché ritrovo la dinamica del talent scout, un lavoro che in futuro mi piacerebbe fare con più continuità: non mi ci vedo a sgambettare in tv a 60 anni. In fondo vorrei diventare come Caterina Caselli ma senza saper cantare». Intanto l’obbiettivo con “X Factor” è chiaro: «Partecipo al programma per vincere». Ma nonostante la premessa è rimasta sorpresa dalla competitività che c’è tra i suoi colleghi: «Ci sono in ballo sogni che possono diventare carriere concrete come quella di Mengoni o Chiara. Sto studiando i miei avversari per capire come non prendere troppi schiaffoni a destra e a manca». Primo bilancio: «Mika mi piace da pazzi: ha appena vinto l’edizione francese di “The Voice” ed è agguerritissimo. Con Morgan spero di non litigare, nella vita andiamo d’accordo e mi piacciono molto i suoi gusti musicali: è il giudice che a livello mondiale ha vinto più edizioni, una specie di highlander. Fedez è stato una bella sorpresa: giovane ma super grintoso». Lei è l’unica donna... «Però so cambiare le gomme dell’auto da sola: vale lo stesso?». Ad ogni modo «sono contenta di tornare con una cosa nuova che tratta l’ambito musicale, quasi come ai tempi di Mtv, il che, dopo il calcio, mi rasserena molto». Anche se un’idea ce l’ha già: «Non sempre ha vinto il migliore». «X Factor» non sarà l’unico pensiero della conduttrice nei prossimi mesi: «Sto finalmente lavorando a un programma nuovo ma che in realtà ho nel cassetto da anni. Ora ho potuto dedicarmici. Un’altra conferma che a volte dire no fa proprio bene». Chiara Maffioletti © RIPRODUZIONE RISERVATA Nuovo spettacolo Contro «intellettuali e moderati» che criticano Bergoglio. Le lacrime ricordando Franca Monologo di Fo in tv, elogio di Papa Francesco L’ J-Ax apre il concerto di Radio Italia Rap e pop: ieri sera in piazza Duomo a Milano i due mondi della musica italiana si sono incontrati al concerto di Radio Italia. Apertura dedicata al rap con J-Ax (a destra nella foto, con Emis Killa al centro e Fedez ), Club Dogo, Rocco Hunt e Mondo Marcio. «Qui sotto non vedo cappellini o tatuaggi: il rap piace alle persone normali», ha gridato Ax ai 70 mila. Quindi, con la conduzione di Luca e Paolo, le pop-rockstar: Pausini, Negramaro, Antonacci, Baglioni, Emma, Bennato e Britti. Ateo e il Papa. Il seguace di Darwin e il vicario di Cristo. Dario e Francesco. Un connubio che sembra un ossimoro, eppure ieri sera è stato proprio Dario Fo a lanciarsi in un elogio laico di papa Bergoglio, vittima di «linciaggio» perché in più occasioni si è schierato contro il mondo degli affari e del business, contro le banche e i poteri forti. La cornice è quella dell’Arena di Verona, il quadro è popolato da personaggi diversi, dalla pop Anastacia al dolente urlatore Cocciante, maestra di cerimonie Antonella Clerici che conduce Arena di Verona 2014. Lo spettacolo sta per iniziare, in diretta su Rai1. Qui Dario Fo ha recitato un’anteprima di Papa Francesco, il suo nuovo lavoro teatrale che verrà trasmesso sempre da Rai1 il 22 giugno (ospite anche Mika). Fo — Intellettuale con la I maiuscola — attacca i suoi consimili: «Alcuni spietati commenti che ho sentito fare su papa Francesco recentemente da intellettuali con la I maiuscola mi hanno indignato fortemente. Notate bene, è risaputo, io sono ateo, marxista, leninista e seguace di Darwin. E ora, qui, mi trovo paradossalmente a difendere il rappresentante massimo della Chiesa cattolica, apostolica e romana nel mondo». Il Premio Nobel se la prende con chi accusa Bergoglio di essere «un furbacchione» dedito al marketing per il suo modo di porsi: «Il suo abbigliarsi quasi sciattamente con le scarpe nere e la tunica bianca, sempre la stessa; il rifiu- tare il sontuoso palazzo in Vaticano che gli è stato offerto e l’andare a vivere in una comunità di preti di rango comune; il rifiutare la pomposa macchina di rappresentanza; l’andarsene in giro senza scorta e invitare a tavola con sé i barboni e le prostitute». Fo dà la sua spiegazione del perché di tanta acredine: «Perché troppe volte in questo primo anno egli ha preso posizione contro il mondo degli affari e del grande business internazio- Premiato nel ‘97 Dario Fo è nato a Sangiano, in provincia di Varese, il 24 marzo 1926. Ha vinto il Nobel per la letteratura nel 1997 nale... Ecco le ragioni del linciaggio, perché è un uomo che tenta di migliorare questo mondo». Fo tesse le lodi del Bergoglio che dà fastidio ai politici corrotti e sferza vescovi e cardinali tentati dalla mediocrità. Cita le parole del Papa — «Quanto è vuoto il cielo di chi è ossessionato da se stesso» — e le ricorda di nuovo per chiudere il suo intervento: «Quanto è sbagliato il ripiegamento di chi vorrebbe che un triste passato divenisse il nostro futuro». Un monologo appassionato. Come il ricordo di sua moglie Franca Rame sulle note di «Casta Diva» che Fo ha ascoltato commosso fino alla fine e fino alle lacrime. Renato Franco © RIPRODUZIONE RISERVATA Set a Napoli Spettacoli 27 italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 «L’aria che tira» su La7 L’attore gira «Perez», storia di un professionista costretto a scontrarsi con la criminalità organizzata Zingaretti fa l’antieroe noir: così dimentico Montalbano «Le ambiguità di un avvocato, il ruolo più difficile» ra» su Sky). Si presenta come un bravo ragazzo, suo padre sconta il 41 bis in carcere, lui si pone in modo diverso, ha studiato nelle migliori università. De Angelis: «Quando la verità si fa strada, è come se in Tea avvenisse la perdita dell’innocenza, deve decidere da che parte stare. E comincia a diventare donna». Il rapporto tra i due uomini è una partita di poker, dopo che il criminale entra nel territorio affettivo di Perez si rovesceranno i ruoli, Corvino vuole conquistare la testa dell’avvocato, non gli basta l’amore della ragazza: «Tea è il pomo della discordia, è Elena di Troia». C’è un impianto realistico con punte grottesche (un bottino da recuperare, frutto di una rapina, 800 grammi di diamanti nascosti nella pancia di un toro). Il film (prodotto da Pierpaolo Vigna e Attilio De Razza con il regista e Zingaretti, collaborazione di Medusa) è stato girato in sequenza in una Napoli poco riconoscibile, astratta tra i grattacieli a specchi, «il male qui rischia sempre di essere luogo comune». Luca Zingaretti ha seguito gli avvocati d’ufficio nei brulicanti corridoi di varia umanità al Tribunale di Napoli, «vivono come se andassero a caccia, cercano di rubarsi il ladruncolo e l’extracomunitario nei guai, spesso non li distingui dall’imputato». Perez ha perso le redini della sua vita: «Il tempo dell’azione arriva in lui in modo insolito». Anche Luca ha lottato per liberarsi di Montalbano, un’ombra ingombrante, a cui è grato e deve molto. Però: «Sono un attore che interpreta ruoli, ho combattuto per essere riconosciuto per mie qualità. Se ci pensate, in dodici anni ho fatto Montalbano soltanto in 26 film, non è molto, se poi vengono replicati all’infinito...». Dicono che lei abbia un carattere scontroso, mentre da piccolo era un compagnone. «Casomai è vero il contrario». E ci saluta affabilmente. Deve rientrare nei panni dell’avvocato «più invisibile» di Napoli», fino a quando il cervello fa clic. Il film Il protagonista Luca Zingaretti (52 anni, nella foto in una scena di «Perez») interpreta un avvocato che DAL NOSTRO INVIATO NAPOLI — Dietro la stazione il Centro Direzionale con i suoi grattacieli algidi, tutti uffici, alcuni dei quali vuoti, è una delle «promesse mancate» di Napoli. È lo sfondo urbanistico ideale per questo avvocato che poteva essere un principe del Foro, e invece... Il film che ha finito di girare Edoardo De Angelis (candidato alla Mostra di Venezia) si intitola come il suo protagonista, Perez. Luca Zingaretti presta corpo e voce al «ruolo più difficile che abbia mai fatto, un avvocato che conduce «una vita mediocre al riparo dall’infelicità. È uno che tende a subire, che ha tirato i remi in barca». Niente lo turba fino a quando Tea, sua figlia, s’innamora di Corvino, un criminale che diventa latitante in casa sua. Il regista (35 anni, alla sua seconda opera dopo Mozzarella Stories) non ha pensato ad altri film se non a Un borghese piccolo piccolo, che però non è un noir: «I modelli esistenziali mi ispirano più di quelli cinematografici, mi chiedo cosa avrei fatto io al posto di Perez, se il male entra in casa mia». «Questo non è un Paese per gente onesta — dice Zingaretti —, a volte ci sono questioni che dovrebbe dirimere lo Stato, e non lo fa». Incalzato dagli eventi, Perez reagisce. L’avvocato aveva sempre vissuto secondo le regole, «una condotta che l’ha portato a essere sopraffatto. Tante persone faticano a avere una vita normale, la contrazione economica non spiega del tutto questo sentimento, è come se il nostro patto sociale non fosse sufficiente». Un giorno scocca la scintilla: tutto quello che Perez ha, la figlia (Simona Tabasco), si innamora della persona sbagliata, senza sospettare nulla della sua doppia vita, cerca in lui la protezione che il padre non riesce a darle. Perez esce dalla legge, che per mestiere dovrebbe incarnare, ricorrerà alla violenza per liberarsi di lui, Corvino. Il criminale è Marco D’Amore (è nella serie «Gomor- COMMERCIALE Gli annunci si ricevono tutti i giorni su: www.piccoliannunci.rcs.it [email protected] oppure nei giorni feriali presso l’agenzia: Milano Via Solferino, 36 tel.02/6282.7555 - 02/6282.7422, fax 02/6552.436 Si precisa che ai sensi dell’Art. 1, Legge 903 del 9/12/1977 le inserzioni di ricerca di personale inserite in queste pagine devono sempre intendersi rivolte ad entrambi i sessi ed in osservanza della Legge sulla privacy (L.196/03). ABILE esperta referenziata impiegata ufficio commerciale customer care with problem solving ordini offerte inglese francese windows mac offresi 331.12.23.422 ABILE impiegata tecnico-commerciale offresi part-time. Pluriennale esperienza settore illuminazione, arredamento e allestimenti. Offerte commerciali; ufficio acquisti, gestione fornitori, Autocad. 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Cellulare: 338.58.66.669 Myrta Merlino: talk in prima serata D a mattina a sera, nel vero senso della parola. Perché Myrta Merlino, tra i volti rivelazione dell’informazione di La7, è partita in sordina nella fascia mattutina di tre anni fa e oggi approda alla prima serata (tra gli ospiti, Bersani, Bonafé, De Girolamo e Feltri). Il suo «L’aria che tira» è ormai un riferimento per chi vuole restare aggiornato: dalle 11 alle 13.30 Merlino, con numerosi ospiti in studio, politici, esperti, collegamenti, servizi, commenta in diretta le notizie. Un programma che è cresciuto moltissimo e gode di grande prestigio, tanto da tentare l’esperimento. Per quattro lunedì «L’aria che tira stasera» su La 7 alle 21.10 proverà a catturare nuovi telespettatori e a mantenere i propri fan. «La verità è che io faccio tutte le mattine un talk show di prima serata — spiega Merlino, un curriculum di tutto rispetto che comincia con “Mixer” —. Tutti mi dicevano che la mattina c’è un pubblico diverso, distratto, e che quindi non si poteva fare nulla di impegnativo. Io invece ho dimostrato che non è così, che, se offri argomenti interessanti, la gente ti segue. Ho un patto di fiducia con i miei telespettatori e loro hanno capito che faccio sul serio». Dunque il linguaggio non è poi così diverso tra la mattina e la sera? «No. Io continuo a raccontare il Paese in presa diretta». Aspettative? «Se l’esperienza funziona ho fatto bingo. Altrimenti continuo con la mattina che è andata benissimo». Valerio Cappelli SAN SIRO Milano - vendo appartamento signorile 300 mq con piscina, parco, box quadruplo. Euro 2.100.000,00. CE: D - IPE: 109 kWh/mqa. 02.33.90.195. Temporaneamente affittato. 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Nel caso di immobili esenti dall’indicazione, riportare la dicitura “Immobile non soggetto all’obbligo di certificazione energetica”. 28 italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera Portieri Difensori Sportlunedì Ignazio ABATE (Milan) Andrea BARZAGLI (Juventus) Leonardo BONUCCI (Juventus) Giorgio CHIELLINI (Juventus) Matteo DARMIAN (Torino) Mattia DE SCIGLIO (Milan) Christian MAGGIO (Napoli) Gabriel PALETTA (Parma) Alberto AQUILANI (Fiorentina) Antonio CANDREVA (Lazio) Daniele DE ROSSI (Roma) Claudio MARCHISIO (Juventus) Riccardo MONTOLIVO (Milan) THIAGO MOTTA (Psg) Marco PAROLO (Parma) Andrea PIRLO (Juventus) Centrocampisti Gianluigi BUFFON (Juventus) Attaccanti Mattia PERIN (Genoa) Salvatore SIRIGU (Psg) Pronti a partire Cesare Prandelli, 56 anni, mostra la direzione ai suoi: ieri ha scelto i 23 per il Brasile, con rinunce dolorose e conferme attese (Liverani) Mario BALOTELLI (Milan) Antonio CASSANO (Parma) Alessio CERCI (Torino) Mattia DESTRO (Roma) Ciro IMMOBILE (Torino) Verso Rio Le scelte di Prandelli: promossi Verratti e Insigne. Ranocchia è il 24°. L’amarezza della punta viola Senza signor Rossi Pepito resta a casa: non è pronto. Destro tagliato: non voleva fare la riserva ✒ DAL NOSTRO INVIATO L'analisi SAREBBE STATO L’UOMO IN PIÙ di MARIO SCONCERTI è che l’esclusione di Rossi L’ impressione sia dipesa molto dall’infortunio di Montolivo. Rossi è ancora un calciatore a metà, non è mai stato un problema di talento. Probabilmente sarebbe stato accettato il suo rischio in una nazionale normale. Rossi sarebbe stato il numero 23, l’uomo in più. L’infortunio di Montolivo non ha tolto solo uno dei giocatori più importanti, ha quasi cancellato un intero modulo, il più classico di Prandelli, il così detto centrocampo ruotante, dove i tanti registi dell’Italia si scambiano a turno il dovere di cominciare l’azione di attacco. Montolivo era l’uomo più tattico, quello che interpretava meglio un ruolo flessibile. Senza Montolivo questo schema ha sempre fatto più fatica. Verratti ha grande talento, ma è un regista puro e un debuttante. Può sostituire la qualità di Montolivo, non il suo senso tattico. L’unico che gli assomiglia è Aquilani, un normalizzatore, mai determinante ma anche di pochi errori e buon ordine in campo. Ma basterà? Prandelli si è trovato in sostanza a pensare un’Italia molto diversa. Come si arriva da Montolivo all’esclusione di Rossi? Attraverso la ricerca di nuovi moduli. Insigne è un fantasista esterno, aggiunge un’ala a Cerci e Candreva, permette cioè di rafforzare l’ipotesi di un 4-3-3 o di un 3-5-2. Rossi è solo un grande attaccante, per di più nelle condizioni che sappiamo. Se si dovesse capire che Montolivo non è davvero sostituibile, bisognerà prepararsi a cambiare gli schemi. Questo è il senso vero delle scelte. Per la prima volta andiamo ai Mondiali con una squadra inedita e molto giovane: Verratti, Insigne, Immobile, De Sciglio abbassano molto l’età media e l’esperienza. Ma si fa un gran parlare di fatica in Brasile, i giovani saranno utili. E soprattutto sono quelli che hanno dimostrato di star meglio. Insigne era partito due settimane fa come trentesimo su trenta, i test fisici hanno detto che sta meglio di tutti. Se si è scelto la scienza, bisogna poi anche seguirla. Dispiace per Romulo, uno che meritava il Mondiale e sa giocare in quasi tutto il campo. Lo sostituisce Parolo, altro corridore, molto interessante, ideale per un torneo intenso. Normale e prevista l’esclusione di Maggio a favore di Abate. Aumenta la qualità media, sono diventati addirittura tre i fantasisti (Cerci, Cassano, Insigne). Senza la differenza di Rossi, sarà questa qualità a decidere il nostro posto in Brasile. © RIPRODUZIONE RISERVATA FIRENZE — Ha rivisto la partita con gli occhi puntati su Giuseppe Rossi. E insieme al suo staff, riunito in una specie di conclave, Cesare Prandelli ha deciso: Pepito rimane a casa. Una scelta dolorosa, sofferta, ma non sorprendente dopo aver osservato l’attaccante della Fiorentina contro l’Irlanda. Rossi a Craven Cottage si è impegnato, ma nei 75’ in cui è rimasto in campo non ha mai tirato in porta e, soprattutto, ha evitato i contrasti duri. Segno che, dal punto di vista psicologico, non è ancora pronto. Per uno che aveva già perso il Mondiale in Sudafrica quattro anni fa, è un duro colpo. C’è rimasto male (come la Firenze viola): ora andrà a casa negli Usa e tiferà per gli azzurri. Rossi ci aveva messo l’anima in ritiro e aveva quasi convinto Prandelli. Sabato, prima dell’amichevole, lo scenario era diverso da quello che si è materializzato ieri sera all’ora di cena: Rossi tra i 23 e Destro e Insigne in ballottaggio per un ruolo da riserva. Il test con l’Irlanda ha ribaltato le gerarchie. Il 23° azzurro è quello che non ti aspetti: Insigne ha superato Destro e partirà per il Brasile, buono come esterno alto e come seconda punta accanto a Balotelli. Lorenzo, quando si è presentato a Coverciano, sembrava l’ultimo della fila e a Londra non ha giocato neppure un minuto, ma i suoi test sono eccellenti e in allenamento si è mosso bene. Destro, invece, bocciato per la seconda volta dopo l’Europeo, ha vissuto giorni difficili. La squalifica di 4 giornate nella fase cruciale del campionato ha lasciato il segno. Il giallorosso non ha più ritrovato la condizione che gli aveva permesso di segnare 13 gol in 18 partite e a Coverciano ha mostrato di essere in flessione. Neppure sul piano dei comportamenti è stato esemplare: di fronte all’idea di volare a Rio come attaccante di scorta, fuori dai 23, ha fatto la faccia di uno pronto al gran rifiuto. Gli altri attaccanti sono quelli annunciati: Cassano, Cerci, Immobile. Soprattutto Balotelli, per il quale è scattato un piccolo allarme: «Problemi ai flessori e agli adduttori», ha spiegato il professor Castellacci. Muscoli intossicati dalla dura preparazione: bisognerà vedere se Mario mercoledì sarà un grado di giocare l’amichevole di Perugia oppure se sarà tenuto a riposo. Le altre scelte sono quelle previste. In difesa Abate ha vinto la corsa su Maggio, frenato dal pneumotorace e il rampante Darmian ha messo all’angolo Pasqual. Paletta ha conservato il vantaggio su Ranocchia, bocciato per la terza volta di fila e destinato a seguire la squadra come riserva, 24° giocatore, fuori lista. L’interista andrà in Brasile e resterà sino alla vigilia della prima partita, un po’ perché l’argentino del Parma è reduce da un problema al polpaccio, molto perché Barzagli convive da sempre con la tendinopatia. Dentro, come previsto, Bonucci, Chiellini e De Sciglio. A centrocampo, al di là dei sicuri Pirlo, De Rossi, Marchisio, Candreva e Thiago Motta, gli infortuni hanno causato scelte obbligate: quello di Montolivo ha spalancato le porte a Aquilani, gli acciacchi di Romulo hanno rilanciato Parolo. «Prandelli mi aveva inserito tra i 23. Gli ho risposto che ero al 70 per cento: non mi sembrava giusto che un compagno restasse fuori stando bene», ha spiegato il brasiliano. Verratti, invece, il Mondiale se l’è conquistato sul campo. E ora ha chance di diventare un titolare. Alessandro Bocci © RIPRODUZIONE RISERVATA Sport 29 italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 # La carica De Rossi «Siamo maestri in questi tornei» FIRENZE — (a.b.) Daniele De Rossi, già colpito 4 volte dal codice etico, sta dalla parte di Chiellini che invece l’ha schivato. «Sono contento che Giorgio sia qui. Sarebbe stato assurdo perdere un Mondiale così. Non è facile giudicare cosa sia violento e cosa no. Ma questo è un lavoro per Prandelli. Io devo pensare ai miei falli e quando sono stato fermato, me lo meritavo». Arrivato al suo terzo Mondiale, il romanista non fa questione di ruoli: «Gioco dove servo, ho già fatto sia il difensore sia il centrocampista in partite importanti. Quello che conta è il gruppo. Siamo tra le squadre che possono vincere o, perlomeno, arrivare sino in fondo. Siamo maestri in queste competizioni. L’importante è non porsi troppi limiti. Si deve giocare per vincere, altrimenti diventa difficile riuscirci. Per quanto mi riguarda vorrei lasciare il segno. Cassano? Regala alla squadra estro e personalità. Arrivato a 32 anni deve metterci qualcosa in più e lo sta facendo». © RIPRODUZIONE RISERVATA Oggi l’operazione Montolivo: «È stata una batosta». Starà fuori 4-5 mesi Manuel PASQUAL (Fiorentina) Andrea RANOCCHIA (Inter) MILANO — «Ho sentito crac, credo di essermi fatto molto male». L’sms della conferma arriva dritto dall’interessato nel pieno della cena di Arcore, dove Silvio Berlusconi, Adriano Galliani e l’allenatore in pectore Filippo Inzaghi stavano mettendo a punto il Milan del futuro. Riccardo Montolivo ha capito subito tutto: che aveva perso il Mondiale a un passo dal via e che si trovava ad affrontare l’infortunio più brutto della carriera, frattura I precedenti ROMULO Souza (Verona) Marco VERRATTI (Psg) alla tibia sinistra, «un incidente drammatico per lui e per la nazionale», come lo ha definito il dottor Castellacci che lo ha accompagnato a Milano su un aereo ambulanza. Oggi, dopo l’operazione (prevista per le 10), si capirà quanto dovrà stare fermo, ma ci vorranno almeno 4-5 mesi. Assistito dallo staff medico del Milan (il professor Tavana è rientrato dalle vacanze) è stato ricoverato alla clinica Madonnina, Rotto Riccardo Montolivo (Epa) dove ha ricevuto la visita di Galliani: «È un infortunio che non ci voleva assolutamente, siamo tutti vicini a Montolivo a partire dal presidente Berlusconi». Riccardo, nei limiti del possibile, appare sereno e positivo, mostra insomma tutte le qualità che lo hanno fatto diventare capitano del Milan e fedelissimo di Prandelli. In serata ha twittato: «È stata una batosta, ma il vostro affetto mi ha fatto tornare il sorriso! Ora farò il tifo Giuseppe ROSSI (Fiorentina) Costa d’Avorio Touré in Brasile con la malaria Problemi per Kolo Touré. Il difensore della Costa d’Avorio ha contratto la malaria, ma ciò non gli impedirà di scendere in campo a Brasile 2014. Touré aveva saltato l’amichevole con la Bosnia a causa di questo problema, e tornerà ad allenarsi soltanto la prossima settimana. «È in cura da mercoledì scorso — ha spiegato il medico della Costa d’Avorio, Cyrille Dah — e gli abbiamo detto che in questi giorni deve pensare solo a riposarsi. Per riprendere ad allenarsi c’è tempo». Arianna Ravelli © RIPRODUZIONE RISERVATA Quello di Montolivo a Londra è il più grave infortunio prima della partenza per un Mondiale, ma non l’unico La maledizione del 31 maggio Nel 1998 era toccato a Peruzzi Il portiere costretto a saltare la Francia per uno stiramento Lorenzo INSIGNE (Napoli) con tutti voi per i miei compagni». Quando in ospedale però sono arrivati i genitori e la neomoglie Cristina De Pin qualche lacrima è scesa. Tantissime le parole di incoraggiamento, da Zanetti a De Rossi: «Non c’è cosa più brutta che perdere un Mondiale così». Lo opererà il medico della nazionale di sci Schoenhuber, e assisterà anche il padre Marcello, ex anestesista. Il c.t. che guiderà l’Italia al Mondiale 2018, Prandelli o chi verrà dopo di lui, farà bene a sciogliere il gruppo il 31 maggio: 24 ore di riposo, con divieto assoluto anche di andare al campo, perché per l’Italia è questo il giorno dei gatti neri. Nel 2014, la frattura alla tibia di Montolivo; nel 1998, a Coverciano, Angelo Peruzzi viene portato nello spogliatoio a braccia dai massaggiatori: stiramento al gemello interno della gamba sinistra, una lesione muscolare fra il secondo e il terzo grado. Il Mondiale del portiere della Juve finisce prima di cominciare; Pagliuca viene promosso titolare e, come terzo portiere, viene precettato Toldo. Siccome l’infortunio è serio, ma non della gravità di quello di Montolivo, Peruzzi riesce anche a scherzare: «Per un attimo ho creduto che qualcuno mi avesse tirato un sasso; ho pensato ad uno scherzo di Di Livio». Il 10 giugno 1998, Ravanelli era stato costretto a tornare a casa da Parigi, mentre la squadra partiva per Bordeaux, a meno di 24 ore dall’esordio mondiale degli azzurri contro il Cile: broncopolmonite di natura batterica e non virale. Al suo posto promosso Enrico Chiesa. Gli infortuni degli ultimi giorni sono i più amari, perché arrivano nel momento in cui uno pensa alla partenza e si rende conto che dovrà vede- re il Mondiale degli altri. È un’esperienza che ha vissuto Pietro Anastasi nel 1970, alla vigilia della partenza per il Messico: «La notte precedente avevo accusato forti dolori al basso ventre ed ero stato operato d’urgenza. È una sensazione di grande amarezza che resta addosso per sempre». Lo sa bene Giovanni Lodetti, perché al posto di Anastasi, Valcareggi aveva convocato non uno, ma due attaccanti: Boninsegna e Prati (mezzo infortunato). Una volta in Messico, uno doveva tornare a casa. La scelta era caduta su Lodetti, che peraltro era un centrocampista e che nei test era apparso il più resistente alle insidie dell’altura. Ma a volte la ragion di Stato conta più di tutto. Il primo caso di infortunio vicino al Mondiale risale al 1950, quando Benito Lorenzi si era bloccato poco prima della partenza per il Brasile: era salito ugualmente sulla nave, ma non aveva mai giocato. Sedici anni dopo, William Negri, portiere del Bologna campione d’Italia nel 1964 e in corsa con Albertosi per il posto da titolare azzurro, era stato costretto a rinunciare al Mondiale inglese (e alla Corea) per un grave infortunio al ginocchio (sarebbe rimasto fermo anche per quasi tutta la stagione successiva). Nel 1978 era stato Giacinto Facchetti a saltare il Mondiale in Argentina, per una frattura al- Dolori pre Mondiali 1970 Pietro Anastasi fu operato d’urgenza poco prima della partenza per il Messico 1982 Roberto Bettega si rompe il ginocchio il 4 novembre ‘81: Bearzot spera nel recupero fino all’ultimo (Siccardi) 1998 Angelo Peruzzi si fa male il 31 maggio, durante il ritiro a Coverciano: lesione muscolare (Newpress) le costole. Era stato lui ad annunciare l’addio all’azzurro e anche l’addio al calcio, dopo l’ultima partita: InterFoggia 2-1 (7 maggio 1975). Ma Bearzot l’aveva voluto in Argentina come «capitano non giocatore». Quattro anni dopo, Bearzot aveva aspettato fino a lunedì 24 maggio 1982, a tre settimane dall’esordio mondiale con la Polonia, prima di rinunciare a Bettega, che aveva subito un gravissimo infortunio al ginocchio destro il 4 novembre 1981 in uno scontro con il portiere dell’Anderlecht, Munaron. Alla fine c.t. e allenatore avevano concordato la rinuncia di fronte ad un recupero complicato, ma è stata una delusione che Bettega non ha mai metabolizzato, anche perché in quel gruppo azzurro era un giocatore fondamentale, come si era visto anche in Argentina nel 1978. Pessotto aveva perso il Mondiale 2002 un mese prima della partenza per il Giappone: dopo sette minuti di Italia-Uruguay a Milano (17 aprile, 1-1), lo juventino aveva accusato la rottura del legamento crociato anteriore e la distrazione del collaterale esterno: operato, sarebbe rientrato otto mesi dopo. Quattro anni fa, 8 giugno 2010, Andrea Cossu era partito come riserva per il Sudafrica, pronto a sostituire Pirlo, che aveva accusato uno stiramento al polpaccio sinistro, rimediato nella ripresa dell’amichevole di Bruxelles con il Messico. Alla fine, Lippi aveva deciso di puntare su Pirlo, sapendo che lo avrebbe avuto a disposizione soltanto nella terza partita, quella con la Slovacchia. Il ragionamento era giusto, il calcolo no, perché Pirlo, entrato all’11’ della ripresa, non era riuscito a ribaltare una partita che l’Italia stava già perdendo. Fabio Monti © RIPRODUZIONE RISERVATA 30 Sport italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera I favoriti Scolari punta sulla strategia dell’ottimismo e dà fiducia alla squadra che ha conquistato la Confederations Ex portiere Il Brasile senza dubbi: «Vinciamo noi» Riciclaggio, condannato a 33 anni il figlio di Pelé Allenamenti tra pioggia, nebbia e freddo. E nel Paese sale la febbre Mondiale RIO DE JANEIRO — Muscoli al fresco e testa al caldo. A dieci giorni dall’esordio contro la Croazia, Felipão Scolari sceglie per il Brasile una preparazione alla sua maniera. Porta i 23 sulle colline di Teresopolis — dove ci si allena tra nebbia, pioggia e 10-15 gradi di temperatura — ma apre al calore della torcida e alla curiosità dei media. Lunghe dirette degli allenamenti, molte interviste e persino i palleggi di Neymar con i bambini del pubblico a bordo campo: la programmazione della tv nel Paese è già stata sconvolta, la Seleção è ovunque. Tutto il contrario di quella che sarà l’opzione bunker tropicale di Prandelli, per fare un paragone. L’idea del c.t. verdeoro — che dedica buona parte del suo lavoro alla psicologia dei suoi e della tifoseria — è riavvicinare tutti attorno alla squadra di casa, far sì che si cominci finalmente a parlare di calcio e vengano meno le tensioni «politiche» che hanno accompagnato finora questo difficile Mondiale. Caso mai qualcuno teme l’eccesso di fiducia. Felipão continua a dirsi sicuro della vittoria finale, il suo vice Parreira ha addirittura affermato di «sentir già una mano sulla Coppa». E dire che anche i brasiliani sono abbastanza superstiziosi. I meno giovani ricordano che grandi trionfi come quelli del 1970 e del 2002 arrivarono dopo vigilie travagliate: cambi di tecnici all’ultimo momento, qualificazioni conquistate per un soffio, polemiche sui convocati. Per ora la strategia dell’ottimismo sembra funzionare. Dopo un avvio assai lento, le strade delle città brasiliane cominciano a prendere le sembianze del «mes da Copa», Il personaggio Rovesciata Neymar, 22 anni, dà spettacolo in allenamento (Action Images) Condanna Edinho,43 anni (Epa) -9 quella specie di lungo ponte che ogni quattro anni paralizza il Paese e lo tinge di giallo e verde. Gli ultimi sondaggi confermano quello che molti prevedono. Appena il pallone comincerà a correre, i mugugni contro le spese eccessive e il governo passeranno in secondo piano. Nove brasiliani su dieci assisteranno alle partite in tv e appena uno ha voglia di scendere in strada a protestare. I dubbi sull’organizzazione persistono, probabilmente il Paese non arriva preparato all’evento, ma è giunto il momento di tifare, organizzare bar, maxischermi e salotti in casa, far scorte di birra. D’altronde, attorno alla squadra grandi discussioni non ce ne sono. Scolari è talmente convinto delle scelte effettuate un anno fa che la for- mazione della prima fase sarà identica a quello che ha sconfitto in finale la Spagna alla Confederations Cup dell’anno scorso. Opinioni diverse non se ne sentono. I 23 hanno passato con successo i test medici e le partitelle in ritiro sono le La mano sul trofeo Il vicetecnico Parreira ha affermato di «sentire già una mano sulla Coppa del Mondo» La scaramanzia I tifosi più superstiziosi ricordano che i trionfi del 1970 e 2002 arrivarono dopo vigilie travagliate più classiche possibili: titolari contro riserve. Il Brasile 2014 è convinto di avere la miglior difesa del mondo — contro antichi stereotipi e qualche legittimo dubbio su Julio Cesar in porta — e un buon mix di atleti e fantasisti a centrocampo. Quanto all’attacco è innegabile che serva il miglior Neymar. Grandi alternative al giovane fuoriclasse non se ne vedono in questa generazione di esordienti in un Mondiale (ben 17 su 23). Sabato sera a Parigi Jonny ha chiuso la sua straordinaria carriera guidando il Tolone alla vittoria in campionato «Troppi ringraziamenti, ho solo giocato: mi sento un impostore» A volte succedono cose che nessuno si aspetta. Sabato sera allo Stade de France, per esempio, è successo che il Tolone abbia battuto il Castres conquistando il titolo di Francia che aspettava dal ‘92, ed è successo che Jonny Wilkinson, alla sua ultima partita, abbia messo in mezzo ai pali tutti i calci tentati, quattro punizioni e un drop. Ma questo rientra nella normalità, seppur speciale, di una finale. Nessuno, invece, poteva aspettarsi che, finita Infortuni e record Ha superato infortuni terribili e segnato più di 5000 punti A 35 anni ha detto basta la partita, mentre Wilkinson si aggirava per il prato con la testa tra le mani, quasi spaesato, come avesse appena iniziato a realizzare che la sua vita di rugbista era giunta al capolinea, gli 82mila che riempivano lo stadio di St. Denis, dove batte il cuore della grandeur sportiva francese, intonassero — seppur a mezza voce — God Save the Queen per quell’inglese biondo, nato a Frimley, nel Surrey, 35 anni fa. Trentacinque anni nei quali Wilkinson ha vissuto almeno tre vi- te. Gli inizi col Newcastle e l’esordio con la maglia bianca dell’Inghilterra che guidò alla vittoria in Coppa del Mondo nel 2003 (drop decisivo nell’overtime); i tre anni successivi spesi tra una sala operatoria e l’altra, tra un centro di riabilitazione e l’altro a curare un infortunio dopo l’altro e finalmente il ritorno in campo; infine la terza vita, iniziata nel 2009, quando si trasferì in Costa Azzurra, per indossare il rosso e nero del Tolone di Mourad Boudjellal, il re dei fumetti, mezzo algerino e mezzo armeno, che ama ingaggiare campionissimi quasi quanto litigare con Marine Le Pen. Una terza vita felice, impreziosita da due Coppe Europa e dal titolo di Francia di sabato, chiusa senza rimpianti. Un bacio a Shelley, la moglie, e giusto un paio di birre perché solo una volta Jonny ha bevuto per davvero, dopo la finale del Mondiale 2007, persa contro il Sudafrica. Il compagno di libagioni, quella notte, era William, duca di Cambridge, e Wilko non poteva permettersi di dire «no, grazie» al suo futuro re. Jonny, che ha segnato più di 5000 punti, ha inciso profondamente nelle fortune del rugby inglese (74% di vittorie con lui in campo per i bianchi, 47% senza), ha fatto impazzire di felicità la gente di Tolone, era molto imbarazzato il giorno prima Solo tre squadre Jonny Wilkinson è nato a Frimley, in Inghilterra, il 25 maggio ‘79. Ha iniziato col rugby a 6 anni e ha giocato solo con tre squadre: Newcastle, Tolone e Inghilterra (91 presenze e 1425 punti) Trofei Mediano d’apertura e calciatore infallibile, alto 178 cm per 85 kg, ha vinto con l’Inghilterra la Coppa del Mondo 2003 e con il Tolone due Coppe Europa e un campionato francese Addio Wilkinson saluta, a destra la festa a Tolone © RIPRODUZIONE RISERVATA Addio all’ex terzino Rocco Cotroneo © RIPRODUZIONE RISERVATA L’ultima magia di Wilkinson, re del rugby far cantare ai francesi l’inno d’Inghilterra Il figlio di Pelé è stato condannato a 33 anni di reclusione per riciclaggio di denaro sporco proveniente dal narcotraffico. Edson Cholby do Nascimento, 43 anni, attuale allenatore dei portieri del Santos (il club dove il padre è diventato famoso), è stato riconosciuto colpevole dal tribunale di Campo Grande, nello Stato brasiliano di San Paolo, per avere avuto vincoli con un gruppo narco guidato da Ronaldo Duarte Barsotti, detto Naldinho, latitante da cinque anni. Edinho, ex portiere del Santos negli anni Novanta, è secondogenito e unico maschio legittimo tra i sette figli di Pelè. Trattandosi di una pronuncia di primo grado, in attesa del processo d’appello, Edinho non dovrà comunque andare in carcere. della finale. Tante dimostrazioni d’affetto, una teoria infinita di «merci». Troppe secondo il numero 10. «Sono colpito — ha spiegato —, contento, però, in fondo, ho solo giocato a rugby, ho fatto la cosa che amo. Sono stato in grandi squadre, ho conosciuto campioni e persone eccezionali. C’è gente che nella vita ha dato molto più di me, ha fatto cose molto più importanti. Sono sincero, mi sento un impostore». Una definizione sorprendente, quasi come i francesi che cantano l’inno di Sua Maestà, ma in linea con il personaggio. In tutta la sua carriera Wilkinson non ha mai fatto nulla di discutibile, nessuna invasione di campo, nessuna parola fuori posto. Solo tanto lavoro, tanta dedizione. Si potrebbe discutere su quanto sia stato grande, se davvero è stato il miglior giocatore di sempre. Di sicuro è quello che si è allenato di più, perché tutti i risultati di Jonny, le sue statistiche da fantascienza sono frutto di ore e ore passate sul campo, con i compagni e da solo, col sole e con la neve. Spinto da una forza interiore straordinaria e dal terrore di mettere in difficoltà la sua squadra, i suoi compagni. «Non posso sbagliare i calci, è il mio compito, il mio dovere. Non posso deludere chi lotta sul campo con me. Sarebbe un tradimento verso chi, in fondo, ha fatto tutto il lavoro duro, sporco, pesante». Vero, gli altri facevano il lavoro duro, ma Wilkinson ha fatto la cosa più importante: li ha fatti vincere. Domenico Calcagno © RIPRODUZIONE RISERVATA A 62 anni è morto Francisco Marinho Lutto Francisco Marinho A dieci giorni dal Mondiale, il Brasile piange Francisco Marinho, morto ieri a 62 anni per un’emorragia interna. Negli anni Settanta è stato uno dei difensori più rappresentativi del calcio brasiliano, arrivando a giocare 27 partite nella nazionale verdeoro e partecipando al Mondiale del 1974 in Germania. Soprannominato «Diablo louro» (diavolo biondo) per il colore dei capelli, Marinho ha militato dal 1972 al 1976 nel Botafogo e fino al 1978 nella Fluminense. Si era poi trasferito negli Stati Uniti, per giocare con i Cosmos di New York, i Lauderdale Strikers e Los Angeles Heat, prima di concludere la carriera nella squadra tedesca Harlekin di Augusta nel 1988. Francisco Marinho ha avuto problemi di dipendenza da alcol e già l’anno scorso aveva rischiato di morire. © RIPRODUZIONE RISERVATA Sport 31 italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 Mercato Inzaghi chiede a Berlusconi un difensore centrale e un attaccante Maxi scambio Juve-Real Ecco Marcelo e Coentrao I campioni d’Europa interessati a Pogba e Vidal Entrate e uscite Portoghese Anche Fabio Coentrao piace alla Juve (Afp) Corteggiato Tutti vogliono Paul Pogba: anche il Real (Ap) Stella Arturo Vidal, 27 anni, nazionale cileno (Afp) MILANO — Il Milan non tornerà sul mercato per rimpiazzare Montolivo. Al momento i piani prevedono di trattenere a Milanello il giovane Cristante e aspettare il pieno recupero del capitano rossonero. La buona notizia per il popolo milanista è l’entusiasmo del presidente Berlusconi che nelle tre ore e 40 di vertice tenutosi sabato sera ad Arcore con Adriano Galliani e Filippo Inzaghi ha mostrato grande voglia di tornare a occuparsi in prima persona del Milan. Superpippo ha illustrato al presidente il Milan che vorrebbe allestire: i punti fermi sono i terzini della nazionale Abate e De Sciglio. Nella lista dei desideri del futuro tecnico sono segnati con l’evidenziatore un difensore centrale e un attaccante, circostanza che lascia presagire che con ogni probabilità Mario Balotelli lascerà il Milan a Mondiale concluso (non è un mistero che il presidente non abbia mai stravisto per lui). Appuntamento a cena, intanto, questa sera tra Juventus e Real Madrid, dopo la sfida tra le «Leggende» delle due squadre. Piatto forte per i dirigenti (non ci sarà il presidente dei merengues, Perez; presente invece il mediatore Ernesto Bronzetti), il mercato. A cominciare da Morata: il Real non vuole cedere l’attaccante a titolo definitivo, ma punta a guadagnare attraverso un prestito oneroso e vorrebbe inserire una clausola per poter riacquistare il giocatore. La Juve intende invece imbastire l’affare sulla base di un prestito con diritto di riscatto, con un contro-riscatto in fa- vore degli spagnoli. Ma i nomi in ballo sono anche altri: Marcelo e Coentrao per la Juve, Pogba e Vidal per il Real. Sembra che, per ora, il cileno non sia una priorità di Carlo Ancelotti, che attenderebbe il Mondiale per scegliere il nome giusto per rinforzare il centrocampo dei campioni d’Europa. Andrea Agnelli, intanto, guarda al prossimo futuro. «Non possiamo eliminare il dogma che vincere è l’unica cosa che conta ma dobbiamo sempre essere realisti e fare i conti con gli altri. Nei prossimi tre anni sarà impossibile colmare il gap con le grandi d’Europa. L’obiettivo è arrivare a fine del triennio 2015-18 con 300 milioni di fatturato, esclusi i proventi Uefa, per essere più vicini. In Champions i fatturati incidono ma noi, società e tecnico, siamo convinti che possiamo giocarcela con tutti. Non ho aggettivi per valutare quanto fatto negli ultimi tre anni: dobbiamo essere grati ai giocatori che suonano gli strumenti, al direttore d’orchestra, Antonio Conte, alla dire- Nel mirino Il brasiliano del Real Madrid Marcelo (nella foto durante l’allenamento con la nazionale verdeoro) piace alla Juventus: il terzino sinistro, 26 anni, potrebbe rientrare in un maxi scambio con la squadra allenata da Carlo Ancelotti (Epa) zione sportiva e a chi ogni giorno ha lavorato dietro le quinte. È qui che emerge il vero valore aggiunto di questa squadra: l’umiltà. La stessa che abbiamo nel valutare serenamente il nostro percorso di crescita». La Juve è sempre interessata a Guarin (che l’Inter valuta 18 milioni senza Isla come contropartita tecnica). Questa settimana è previsto un incontro fra la dirigenza nerazzurra e quella del Borussia Mönchengladbach per trattare l’acquisto del ce n t ro ca m p i s ta s v i z z e ro Playoff Prima Divisione Pro Vercelli più vicina alla serie B La Pro Vercelli è più vicina alla serie B dopo la vittoria a Bolzano, sul campo del Sudtirol Alto Adige, nell’andata dei playoff di Prima Divisione. Decisiva la rete di Cosenza al 6’ del secondo tempo, pronto a deviare in rete dopo un’uscita a vuoto del portiere Facchin su cross da sinistra di Scaglia. La gara di ritorno si disputerà sabato prossimo (ore 18) a Vercelli. Alla Pro basterà un pareggio per sancire l’immediato ritorno in serie B. L’Alto Adige è arrivato ai playoff dopo aver battuto il Como e la Cremonese, mentre la Pro Vercelli ha eliminato Feralpi Salò e Savona. Nell’altra sfida, Lecce, senza lo squalificato Miccoli, e Frosinone hanno pareggiato 1-1 (padroni di casa in vantaggio con Papini al 15’, pari di Gori al 31’). Tutto rimandato alla gara di ritorno in programma a Frosinone sabato prossimo. Sassari è sempre l’incubo di Milano Drake Diener e l’ex Green firmano l’1-1 Semifinali Così ieri Milano-Sassari 83-90 (1-1 nella serie) Prossime gare: domani, 5, 7, ev. 9, ev. 11/6 Così oggi ore 20.30 Siena-Roma (1-0 nella serie) Tv: diretta RaiSport1 Prossime gare: 4, 6, ev. 8, ev. 10, ev. 12/6 © RIPRODUZIONE RISERVATA Xhaka. Il Toro si prepara all’Europa League: ha messo nel mirino Gaston Ramirez, l’ex uruguaiano del Bologna ora al Southampton. Si tratta sulla base del prestito. Reja ieri ha precisato: «Non ho mai detto che me ne vado, con Lotito ho un ottimo rapporto. Ci vedremo fra qualche giorno». Sempre caldi i nomi di Pioli e Simone Inzaghi. Fra oggi e domani l’Udinese sceglierà il tecnico su cui puntare: Stramaccioni (che sta trattando la rescissione del contratto con l’Inter con una buonuscita) in questo momento è in netto vantaggio su Maran. David Villa lascia l’Atletico Madrid per la Major League statunitense: giocherà nel New York City Fc. Filippo Bonsignore Monica Colombo © RIPRODUZIONE RISERVATA Atletica A Eugene 100 metri in 9’’76 per l’americano Basket I sardi passano al Forum in gara 2 della semifinale. Stasera Siena-Roma MILANO — C’è un posto, a oriente del sole e a occidente della luna, dopo il tramonto e prima della notte buia, dove soffiano i venti che determinano i destini. In quel posto strano, prima di dominio, poi di rovinoso crollo, si è persa Milano, e anche gara 2 di semifinale (8390), così che la serie si porta sul 1-1. Sassari torna a casa, con le prossime due partite tra le mura amiche, con il massimo risultato sperato. Milano, invece, che avrebbe, non uno, ma molti peccati originali da scontare, si può aggrappare solo alla scaramanzia: finora ha sempre vinto in Sardegna (6-0). E anche questo potrebbe essere pericolo, più che conforto. Sassari accende subito un fuoco di paglia, il fumo fa lacrimare Milano (0-7), ma inizia il sentiero dei carboni ardenti per la Dinamo che ha Marques Green, 20 centimetri abbondanti sotto il livello di guardia, contro Daniel Hackett, che non ha nemmeno bisogno di portarsi in stack basso per far valere il miss-match, tanto anche se il folletto lo fronteggia Danni Boy sa di poter tirare praticamente libero, come dire? dalla cintola in su, libero di infilare 7 punti consecutivi che valgono il 9-0 e il primo sorpasso milanese (9-7). L’inquadratura successiva della pellicola vede l’ingresso in scena di Alessandro Gentile, e il suo impatto è ancora devastante, non solo di punti ma anche di Morata e Guarin I bianconeri sono vicini a Morata, resta sempre aperta la trattativa con l’Inter per Guarin lettura di gioco. Semplice: ormai tutti hanno eletto Ale, il figlio di Nandokan, come pericolo pubblico numero uno, lo accerchiano, gli puntano la difesa alla testa, e lui punta il suo cannone caricato ad assist. Anche Drake Diener, il pirata sardo, prova la manovra a sorpresa, tutti lo aspettano alle mura temendo la sua feroce colubrina e lui tenta l’abbordaggio con il rampino delle penetrazioni, infilzando in controtempo le difese che escono alte. Sassari sente la marea milanese che cresce, tenta allora di alzare la diga foranea con la difesa a zona 3-2, ma è Kangur a Battuti da 3 punti L’EA7 domina nei primi due quarti, grazie ai canestri di Hackett e Gentile, poi nella ripresa i sardi si scatenano da 3 punti Con gli Spurs Belinelli primo italiano alle finali Nba San Antonio raggiunge Miami nelle Finali Nba, che per la prima volta vedranno anche un italiano: Marco Belinelli (nella foto contro Westbrook). Gli Spurs hanno vinto gara 6 a Oklahoma City (112-107 dopo 1 supplementare) e hanno chiuso sul 4-2. Da giovedì rivincita con gli Heat, stavolta con il fattore campo a favore. sconsigliarla, e quando Gentile riprende il filo del gioco Milano arriva due volte a +13 (32-19 e 38-25). Sembra che sia la EA7 ad avere saldamente tra le mani anche il filo d’Arianna, per uscire dal labirinto della partita, mentre Sassari può soltanto raschiare il barile dei tiri liberi (9/10 per la Dinamo e nessuno per l’Armani nel corso del primo tempo). Eppure, tutto questo si era visto, prima che rivelasse un miraggio nel deserto della ripresa milanese. Cancellate tutto. Sassari aveva scaltramente nascosto la cassetta dei fuochi d’artificio, per spararli tutti nella ripresa, abbagliando il cielo di Milano, avvelenando l’Armani con la tempesta di pioggia acida da 3 punti che la Dinamo ha scatenato nella ripresa: 2/9 da 3 all’intervallo per i sardi, e 11/16 nel secondo tempo, ben distribuiti tra Drake Diener (20 alla fine), suo cugino Travis, e Marques Green (16), che costituivano un fronte d’attacco troppo ampio per essere adeguatamente coperto. Pauroso soprattutto il bombardamento nel terzo quarto con 6 siluri praticamente consecutivi che mandavano Milano sotto le prime macerie (57-66 al 30’). Dalle quali l’Armani non riusciva a ricostruire nulla, anche perché Cerella si mangiava 6 punti già fatti e soprattutto per l’esplosione nell’ultimo quarto dell’ultima mina che sassari aveva tenuta in serbo, con i 12 punti di Drew Gordon, ultimo crudele lanciere che colpiva il cuore (ma c’è?) di Milano. Werther Pedrazzi © RIPRODUZIONE RISERVATA Gatlin torna a volare Giamaica non pervenuta Quest’anno Gatlin non si è riL’atletica senza il suo Re si riappropria del proprio regno, sparmiato, detiene la miglior inventa gare e duelli spettacola- prestazione (9”87) stagionale ri, sfida spazio e tempo per por- ottenuta a Pechino, seguita dal tare alla ribalta volti noti e stuz- 9”92 di Shanghai e dal 10”02 di zicanti novità negli ultimi tempi Tokyo che in valore assoluto nascosti dall’ombra di Usain sembra merce dozzinale, ma che Bolt. Il Fulmine di Giamaica corsa con 3,5 metri di tormenta quest’anno non si è ancora fatto in faccia assume ben altra rilevivo, dovrebbe presentarsi in vanza. Il ponentino romano e la Europa il 17 giugno a Ostrava per poi monopolizzare la tappa della Diamond League di Parigi (5 luglio) e allora è festa grande per gli altri. Spettacolo e risultati in dosi industriali (10 migliori prestazioni stagionali) sabato notte a Eugene, terzo appuntamento con la Lega dei Diamanti che giovedì farà brillare la pista dell’Olimpico di Roma con il Golden Gala Pietro Mennea. Riscatto Justin Gatlin, 32 anni, fermaScintille sui 100 meto per doping dal 2005 al 2010 (Ap) tri, con Justin Gatlin che a 32 anni ci ha preso gusto a riprendere a volare: 9”76 nel vento (+2,7 m/ gomma reattiva dello stadio s), un tempo che non finirà nelle Olimpico potrebbero aiutarlo a statistiche, ma che ripropone perlustrare nuovi orizzonti. È un’atletica in fermento l’ex primatista mondiale come una delle attrazioni del momen- quella andata in scena oltre Oceto. Nel 2013 a Roma Bolt conob- ano, con un solo, grande, dubbe l’unica amarezza delle sue 11 bio: che fine hanno fatto le stelle volate stagionali sui 100 metri e filanti di Giamaica? Il ciclone a fargli ingoiare fiele fu proprio doping dello scorso anno forse il ragazzone di Brooklyn, torna- ha lasciato una scomoda traccia to ad alti livelli dopo aver espia- nel Paese delle frecce nere. Valerio Vecchiarelli to la colpa doping per 5 (2005© RIPRODUZIONE RISERVATA 2010), lunghissime, stagioni. 32 Sport italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera Canottaggio: 3 medaglie agli Europei World League, l’Italia fa poker Conclusi a Belgrado gli Europei di canottaggio. L’Italia ha concluso con tre medaglie: un oro nel doppio p.l. femminile (foto) con la Milani e la Sancassani, titolo confermato per il terzo anno di fila; un argento nel singolo p.l. maschile con Miani; un bronzo con il 4 senza senior maschile (Gabbia, Abbagnale, Perino, Vicino). VELA — A Viareggio è morto Valentin Mankin, 75 anni, triolimpionico con l’Urss. La nazionale di Mauro Berruto continua la sua marcia senza intoppi nella prima fase della World League: a Verona, gli azzurri hanno battuto di nuovo l’Iran per 3-0 (27-25, 25-18, 25-22), bissando il successo di venerdì a Trieste. In evidenza Zaytsev (18 punti) e Kovar (15 punti; nella foto un suo attacco vincente). L’Italia nel prossimo weekend è attesa dal doppio confronto con la Polonia. MotoGp Al Mugello sesto centro dell’iridato e rimonta di Rossi Marquez-Lorenzo show e Valentino ritorna sul suo podio preferito «Prima o poi riuscirò a battere Marc» gli errori della vigilia, Rossi ieri ha fatto il massimo possibile: SCARPERIA — Valentino sul «Sabato sera ci avrei messo la podio del Mugello è l’ordine firma e alla fine sono soddiricomposto dopo il caos. L’ul- sfatto: mi sono piaciuti i sortima volta era stata il 31 mag- passi davanti alla mia gente, gio 2009, la stagione del suo ma quando sono arrivato vicinono titolo mondiale. Da allo- no a Marquez ormai avevo perra solo infortuni (nel 2010), so un secondo decisivo e loro sbagli e fallimenti (il biennio davanti erano troppo forti. Ducati), sfortune (il k.o. subito Avrebbero dovuto fare qualche Imbattibile Marc Marquez in azione con Valentino Rossi nella sua scia. Nella foto in basso il Dottore in ginocchio davanti a Romano Fenati (Afp, Ansa) errore, ci ho tista Dovizioso. Marquez e Losperato, non è grande stagione: sono elemenrenzo, invece, non hanno avua r r i v a t o . . . ti importanti per sperare di to cedimenti, viaggiando su un Peccato. Sono battere Marquez prima o poi. Anni di delusioni altro pianeta. Un duello rusticonvinto che Certo, non è facile, e magari Rossi, al Mugello, non cano, molto mugelliano, tra se fossi parti- sarebbe meglio che lo squalifisaliva sul podio dal 2009 sorpassi, contatti, attacchi e to in seconda cassero per qualche gara, però contrattacchi, staccate thrilfila sarei stato siamo lì... E contro giovani che da Bautista nel 2013), la paura con Marc e Jorge, perché avrei fanno la metà della mia fatica ling in fondo al rettilineo più di non sporgersi più da quel sfruttato la loro scia in rettili- per stare in forma, questo è un eccitante del mondo, cazzotti magico terrazzo, «la più gran- neo». motivo di orgoglio». leciti in pista e abbracci sinceri de emozione che possono dare Già, i giovani. Ieri hanno daquando tutto è finito. Jorge, Il periodo ipotetico non è le corse». Ieri, finalmente e mai quello dei campioni, ma to spettacolo. Iannone, tanto forse fuori dalla crisi finalnon per caso, cinque anni poco Valentino lo usa per trasfor- atteso, ha sgomitato finché la mente, è stato superbo: ha imvalentiniani sono stati cancel- marlo in carburante per il fu- gomma morbida (scelta erraposto il ritmo, ha resistito lati con il terzo posto, il saluto turo: «Tre podi di fila, il secon- ta) ha retto, finendo poi settiquando Marc lo ha passato la dall’alto al suo popolo che in- do posto nel Mondiale, una mo dietro anche al capo ducaprima volta, ha risposto, lottavade la pista, la sensazione, a to, sperato. All’ultimo giro, pe35 anni, di averne qualcuno di rò, il campione del mondo ha Terzo trionfo in Moto3 meno sulle spalle e ancora colpito ancora, dimostrando di qualcuno davanti per fare altre potere vincere in ogni condicose belle: «L’ho voluto fortezione (fuga o corpo a corpo), mente, era passata una vita. E contro chiunque e anche se la gente mi ama così non è quando le Yamaha rendono solo per i risultati, ma per la come, se non meglio, della cinghialotto, con quel fisico e la guida un po’ maniera in cui corro, li diverto Honda. Arrivato a sei vittorie DAL NOSTRO INVIATO mai primi dall’ultima curva, a meno che tu non abbia un grande vantaggio») e, alla Marquez. Ha un grande futuro davanti, e mi diverto». su sei, e con la corsa di casa a SCARPERIA — Così bravo che il maestro — e soprattutto, poco prima, alle due Arrabbiate, anche in MotoGp». Fenati, in tutto questo, Esaurite le autopacche sulle Barcellona nel mirino, MM team principal della Sky-VR46 — gli si è un clamoroso doppio sorpasso — all’esterno sembra quello più calmo di tutti. Orgoglioso spalle, al campione resta però galleggia ormai in un Empireo inginocchiato davanti a fine gara. Comunque su Rins, all’interno su Vinales — che a Rossi, della tuta e della livrea tricolori, ha dedicato il rimpianto perché nella batpersonale, anche se invita «a vada la sua carriera, Romano Fenati un estasiato, «ha fatto venire in mente cose a il trionfo agli amici di Ascoli presenti in taglia sulle colline — epica, stare calmi». Lui forse ci riesce, giorno potrà raccontare anche questa: «Sì, sfondo sessuale». Esagerato? I motociclisti si collina e al nonno Romano, il suo vero bellissima, da togliere il fiato chi lo guarda no, ammirato e Valentino che si inginocchia davanti a me è eccitano anche così. Però Fenati è uno di ispiratore di vita, che lo ha visto vincere per — tra Marquez, il vincitore, e esaltato di fronte a tanta belstata una grande emozione, ma quelli che sanno abbinare sostanza a la prima volta dal vivo, e ora aspetta di Lorenzo, lo sconfitto per 121 lezza. Non sarà un caso se il sinceramente dovrebbe essere il spettacolo e la sua «Arrabbiata made in sostenere gli esami, da bravo studente di millesimi, poteva esserci anpopolo del Mugello ha regalato contrario...». Il ragazzo fa il modesto, e dopo Italy», come l’ha definita lui, lo ha liceo linguistico. Quanto al Mondiale (è che lui. «Purtroppo però mi un boato anche a lui, l’avversal’incredibile vittoria di ieri è un’impresa dimostrato. Non per caso Rossi lo ha scelto secondo a meno 5 da Miller), «non ci penso. sono giocato tutto sabato porio del suo idolo Valentino. anche questa: Romano è stato eccezionale per il suo team, mettendolo poi sotto l’ala Questa è stata la mia gara più bella e sentire meriggio». Una qualifica sbaNon è accaduto spesso nella non solo per il successo, il terzo in stagione, protettiva del suo capotecnico di 16 anni fa, l’inno di Mameli in Italia è un sogno. Ma non gliata, la quarta fila, la rimonta storia. E anche questo racconta ma per il modo in cui l’ha raggiunto. Rossano Brazzi, e del suo vecchio amico e mi monto la testa e vado avanti gara dopo possibile solo fino a un certo bene che cosa sta diventando Conduzione di gara perfetta, lucidità da team manager Vittoriano Guareschi. Un gara». Però, adesso, da favorito. punto perché in questa MotoMarquez, l’aspirante leggenda, veterano in una volata che ha portato 4 piloti gruppo che funziona. «Romano ci fa godere al.p. Gp spaziale bisogna essere a soli 21 anni. in 121 millesimi («Al Mugello non si esce © RIPRODUZIONE RISERVATA Alessandro Pasini ogni volta — dice Rossi —. È un perfetti, e spesso anche questo © RIPRODUZIONE RISERVATA non basta. Così, zavorrato daDAL NOSTRO INVIATO Le classifiche MotoGp 1. Marquez (Spa) Honda in 41’38’’254 2. Lorenzo (Spa) Yamaha a 0’’121 3. Rossi (Ita) Yamaha a 2’’688 4. Pedrosa (Spa) Honda a 0’’314 5. P. Espargaro (Spa) Yamaha a 14’’046 6. Dovizioso (Ita) Ducati a 15’’603 7. Iannone (Ita) Ducati a 17’’042 8. Bautista (Spa) Honda a 17’’129 9. A. Espargaro (Spa) Yamaha a 27’’407 10. Hernandez (Col) Ducati a 41’’886 Classifica mondiale 1. Marquez (Spa) 150 2. Rossi (Ita) 97 3. Pedrosa (Spa) 96 4. Lorenzo (Spa) 65 5. Dovizioso (Ita) 63 6. P. Espargaro (Spa) 49 Moto2 1. Rabat (Spa) Kalex in 39’45’’660 2. Salom (Spa) Kalex a 0’’248 3. Folger (Ger) Kalex a 3’’600 4. Corsi (Ita) Kalex a 8’’117 10. Morbidelli (Ita) Kalex a 16’251 Mondiale piloti 1. Rabat (Spa) 124 2. Kallio (Fin) 102 3. M. Viñales (Spa) 69 5. Corsi (Ita) 66 Moto3 1. Fenati (Ita) Ktm in 39’46’’256 2. I. Viñales (Spa) Ktm a 0’’010 3. Rins (Spa) Honda a 0’’011 7. Tonucci (Ita) Mahindra a 0’’597 Mondiale piloti 1. Miller (Aus) 104 2. Fenati (Ita) 99 3. Rins (Spa) 87 9. Bagnaia (Ita) 36 Prossima gara 15/6: Gp di Catalunya (a Barcellona) 5 Il Dottore si inginocchia davanti al «suo» Fenati Tennis Continuano le sorprese al Roland Garros: l’ex numero 1 spreca troppe occasioni e si offre al lettone con la lingua sciolta Gulbis, il figlio di papà che trova Federer noiosetto Se sul punteggio di 7-6, 5-3, con due set point a disposizione, Ruggero avesse piazzato meglio lo smash e blindato il passaggio ai quarti di finale del Roland Garros, ora non staremmo qui ad arrovellarci sull’importanza di chiamarsi Ernesto e a Mirka non sarebbe andata di traverso la baguette, insieme al mancato guadagno del suo Federer fuori dal torneo. Ma Parigi quest’anno è così, volubile nel meteo e nei risultati, ragioni storiche indurrebbero a parlare di rivoluzione se non fosse che — oltre a Raonic, classe ‘90, alla Muguruza (‘93) e alla Bouchard (‘94) — sono vivi e lottano insieme a noi Nadal e Murray (in campo oggi negli ottavi), Djokovic (che ieri ha mortificato Monsieur Testosterone, Jo-Wil- fried Tsonga, lasciandogli 6 game di mancia) e Maria Sharapova, la vecchia guardia che resiste alla nouvelle vague, sempre che Ernest Gulbis, Ernesto per gli amici (e i genitori amanti di Hemingway) possa essere considerato una novità. Bon vivant, lettone della capitale (Riga), figlio di uno degli uomini più ricchi del Paese e di una famosa attrice teatrale, nipote di quell’Alvils Gulbis nel quintetto base che vinse l’Europeo di basket ‘58-’59-’60, Ernesto fin qui era popolare nel circuito per le sue stravaganze, l’essere apertamente favorevole alla legalizzazione della marjuana («Non per fumarla, ma mi piace questo modo di pensare...» sì vabbé), un fermo in Svezia per aver adescato una prostituta, qualche Da Riga con furore Ernest Gulbis, 25 anni, lettone (Ap) uscita un po’ sui generis, come quando ha definito Federer noiosetto («Mi cascano le braccia quando lo sento parlare») o ha consigliato alla sorella, aspirante tennista, di restare a casa a fare altro, «perché per le donne è meglio». Tipo non convenzionale, insomma, già capace di battere lo svizzero a Roma nel 2010 al settimo match point («Mi sono ca..to nei pantaloni»), sotto i riccetti sufficientemente disinteressato ai soldi («Vengo da una famiglia facoltosa: per me è normale averne») da potersi permettere pause lunghissime dal tennis, tanto è vero che questa è solo la seconda volta in carriera che Gulbis sbuca nei quarti di uno Slam. A 25 anni, conquistati i tornei di Marsiglia e Nizza giusto alla Oggi Errani-Jankovic Ottavi di finale Singolare maschile: Gulbis (Lat) b. Federer (Sui) 6-7, 7-6, 6-2, 4-6, 6-3; Djokovic (Ser) b. Tsonga (Fra) 6-1, 6-4, 6-1 Singolare femminile: Sharapova (Rus) b. Stosur (Aus) 3-6, 6-4, 6-0; Bouchard (Can) b. Kerber (Ger) 6-1, 6-2 Doppio femminile: Errani/Vinci (Ita) b. Petkovic/Rybarikova (Ger/Svk) 7-5, 3-6, 6-3 Così oggi negli ottavi Errani-Jankovic, Nadal-Lajovic, Murray-Verdasco, MonfilsGarcia Lopez, Ferrer-Anderson Così in tv ore 11: Eurosport, RaiSport 1 vigilia del Roland Garros, Ernesto ha deciso di darsi un’ultima chance: «In passato ho fatto scelte sbagliate e un sacco di cavolate. Ho trattato male il mio corpo e trascurato gli allenamenti. Troppa vacanza e poco lavoro... Questo è il mio ultimo treno, lo so, e io voglio salirci sopra». A rimanere giù, in un pomeriggio di scarsa concretezza e ispirazione altalenante (59 errori gratuiti, 63% di prime palle a segno), è stato l’ex numero 1 del mondo, mai fuori così presto da uno Slam negli ultimi dieci anni, anche se la terra di Parigi, storicamente (una vittoria, nel 2009, su 17 titoli), resiste al suo fascino. La restaurazione è in mano a Rafa Nadal, che ha il mal di schiena ma un avversario (il serbo Lajovic) disposto a sacrificarsi per il blasone del torneo. Questa è Parigi, parbleau. Gaia Piccardi © RIPRODUZIONE RISERVATA Sport 33 italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 Ciclismo Si chiude sotto il segno di un cambio generazionale e l’inquietudine sollevata da un nuovo doping Ultimi controlli La nuova frontiera del doping Voto 9 Quintana (Ansa) Voto 8 Aru (Ansa) Passerella finale Lo sloveno Mezger, a sinistra, beffa Nizzolo e Farrar sul traguardo di Trieste: è l’ultimo arrivo del Giro, dopo 3.449,9 km sui pedali (Ansa) Giro, i giovani sono diventati grandi Quintana e Aru, scommesse vincenti Nairo: «Ho realizzato un’impresa». Fabio: «Ho la giusta fame» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Le classifiche Ordine d’arrivo 21a tappa, Gemona del FriuliTrieste, di 172 km 1. Mezgec (Slo) in 4.23’58’’ 2. Nizzolo (Ita) s.t. 3. Farrar (Usa) s.t. 4. Bouhanni (Fra) s.t. 5. Ferrari (Ita) s.t. 6. Duque (Col) s.t. 7. Paolini (Ita) s.t. 8. Van der Sande (Bel) s.t. 9. Bozic (Slo) s.t. 10. Keisse (Bel) s.t. 155. Quintero (Col) a 4’17’’ Classifica finale 1. Quintana (Col) in 88.14’32’’ 2. Uran (Col) a 2’58’’ 3. Aru (Ita) a 4’04’’ 4. Rolland (Fra) a 5’46’’ 5. Pozzovivo (Ita) a 6’32’’ 6. Majka (Pol) a 7’04’’ 7. Welderman (Ola) a 11’ 8. Evans (Aus) a 11’51’’ 9. Hesjedal (Can) a 13’35’’ 10. Kiserlovski (Cro) a 15’49’’ 12. Pellizotti (Ita) a 26’13’’ 15. Basso (Ita) a 32’08’’ 17. Rabottini (Ita) a 46’35’’ 19. Cunego (Ita) a 49’22’’ 26. Cataldo (Ita) a 1.04’46’’ 155. Bol (Ola) a 5.15’19’’ Classifica scalatori 1. Arredondo (Col) 173 2. Cataldo (Ita) 132 3. Quintana (Col) 88 Classifica a punti 1. Bouhanni (Fra) 291 2. Nizzolo (Ita) 265 3. Ferrari (Ita) 186 Albo d’oro 2014 Quintana (Col) 2013 NIBALI (Ita) 2012 Hesjedal (Can) 2011 SCARPONI (Ita) 2010 BASSO (Ita) 2009 Menchov (Rus) 2008 Contador (Spa) 2007 DI LUCA (Ita) 2006 BASSO (Ita) 2005 SAVOLDELLI (Ita) 2004 CUNEGO (Ita) 2003 SIMONI (Ita) 2002 SAVOLDELLI (Ita) 2001 SIMONI (Ita) 2000 GARZELLI (Ita) 1999 GOTTI (Ita) 1998 PANTANI (Ita) 1997 GOTTI (Ita) 1996 Tonkov (Rus) 1995 Rominger (Svi) TRIESTE — Il primo Giro del mondo è finito. La scommessa lanciata sul suolo inglese è stata vinta: i giovani sono diventati grandi, rispettando le attese di un cambio generazionale sempre più evidente nelle persone e magari anche nei fatti, nonostante l’inquietudine per il nuovo doping che avanza non abbandoni mai questo sport bello e dannato. Nairo Quintana (voto 9) è il primo sudamericano a conquistare la maglia rosa, che prima di lui ha avuto come leader un canadese (Tuft), due australiani (Matthews ed Evans) e un altro colombiano (Uran). «Dentro di me provo una felicità enorme e difficile da spiegare — dice Nairo con il suo sorriso bianchissimo — ho realizzato un sogno, ho vinto il mio primo Giro a 24 anni, davanti ai miei genitori, a mia moglie e a mia figlia. Lo dedico a loro, a tutta la squadra e a tutti i colombiani, che anche qui a Trieste erano tantissimi come mai avrei immaginato. La Colombia non è sinonimo di guerra, è migliorata tanto e deve continuare a farlo, perché tutti i sogni si possono realizzare». Questo figlio di campesinos può sembrare inespressivo o quasi fuori posto mentre saltella ingobbito sul palco di Piazza dell’Unità. In pubblico Nairo è timido e la sua maschera di cuoio non fa trasparire nulla. «Ma è un leader naturale — spiega il suo procuratore, il biellese Giuseppe Acquadro — esigentissimo con se stesso». E quindi molto ambizioso, anche a parole («Dopo il secondo posto al debutto al Tour l’anno scorso sognavo subito qualcosa di grande e ora l’ho realizzato») come tutti quelli che negli ultimi cinquant’anni hanno vinto il Giro al primo tentativo: Pollentier, Hinault, Indurain, Contador. Ma il giovane-vecchio che a 12 anni ha scoperto la bici per portare a pascolare le vacche di famiglia non sembra l’unico predestinato di questo Giro. Nel giorno in cui Luka Mezgec in volata diventa il primo sloveno a conquistare una tappa, Fabio Aru (voto 8) è il primo sardo a salire sul podio finale, al terzo posto dietro a Rigoberto Uran (7). Anche Aru è un emigrante della bicicletta (a Bergamo): «E anch’io sono orgoglioso di tutte le bandiere sarde che ho visto e del mio Giro. So che adesso aumentano le aspettative, ma non mi spaventa: penso già al futuro, perché in questo sport bisogna sempre avere fame». Anche Uran guarda avanti: «Quello che è successo sullo Stelvio l’ho dimenticato. Nairo merita questa vittoria. Ma Nibali, dietro al quale sono arrivato secondo un anno fa, era stato più forte». Sembra un dispetto Patriottismo «Ho vinto a 24 anni, dedico il successo alla mia famiglia e alla Colombia, un Paese migliorato» Aru senza paura Penso al futuro, aumentano le attese, ma non sono spaventato» Voto 7 Bouhanni (LaPresse) tra amici-rivali, ma è la verità. Quintana, alle prese con catarro e mal di gola fino all’ultima settimana, ha vinto in rimonta, facendo l’impresa, dimezzata dalle polemiche, a Val Martello e legittimando il successo nella cronoscalata del Grappa. Non è comunque poco. Il vecchio Evans (voto 5) ha tenuto la maglia rosa dagli Appennini alle Langhe, perdendola nel primo corpo a corpo, nella cronometro. Quel giorno l’ha presa Uran che ha ragione a lamentarsi per gli errori di comunicazione sullo Stelvio, ma doveva marcare a uomo Quintana e non l’ha fatto. Rolland (6,5) è stato uno dei più creativi in salita ed è sceso dal podio dopo la magnifica cronoscalata di Aru. Pozzovivo (6) chiude quinto e non si può lamentare, in mezzo a tanti giovani rampanti. I vari Bouhanni (7) tre volate vinte e maglia rossa; il fedifrago Kittel (6) e i nostri Battaglin (7) e soprattutto Diego Ulissi (8) con le sue due vittorie, vanno decisamente di fretta, sulla scia di Aru. Rimettere l’Italia al centro del mappamondo rosa sarà la prossima scommessa. Paolo Tomaselli TRIESTE — Schivate imbarazzanti positività in corso d’opera (del genere Di Luca, 2013), il Giro d’Italia attende l’esito degli ultimi controlli antidoping. Se non si ripeterà un caso Santambrogio (ancora 2013), potremmo parlare di una corsa rosa pulita. Ma l’attenzione degli osservatori resta comunque alta e concentrata su due fronti. Il primo è quello dell’Epo Theta, il doping dei disperati. Costa 150 euro a fiala e si prende a colazione, assieme al tè e alle fette biscottate, o la notte prima di dormire. Il secondo è quello del doping dei ricchi: il Sotatercept o ACE-0011, prodotto senza prezzo che arriva direttamente dai laboratori farmaceutici. L’Epo Theta è la versione rivista e corretta della famigerata eritropoietina. Concepita per gli anemici gravi, ha un vantaggio decisivo per un atleta truffaldino: iniettata in vena viene smaltita nell’arco di una tappa, tra le quattro e le sei ore. Se, come pare, i controlli sull’Epo vengono fatti solo la sera o la mattina presto, il trucco può riuscire. Per capire se la burocrazia dell’antidoping ne va realmente a caccia bisognerebbe conoscere orari e tipologia dei controlli del Giro, che l’Uci si guarda bene dal rendere pubblici. Il Sotatercept, invece, è una «proteina chimerica» rivoluzionaria che cura le anemie gravi senza gli effetti collaterali dell’Epo, stimolando direttamente la produzione di globuli rossi. Quanto di più simile al doping genetico prodotto fino a oggi in laboratorio è, per l’antidoping, un autentico fantasma. Marco Bonarrigo © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Bilancio Morabito conquista i cuori, Nizzolo i secondi posti, Moser la delusione. E il bello e impossibile Kittel prima brucia poi se la fila Pedalate, stranezze e storie (nascoste) nel segno del più Le dieci sfumature di rosa sulle strade da Belfast a Trieste DA UNO DEI NOSTRI INVIATI TRIESTE — Alla fine gli chiedono: Uran, che cosa ti porti a casa da questo Giro? «La bici!». Mica vero. In carovana si sta tutti per caricare in sella una maglia, un gran premio, un più. Ecco quelli che la giuria non ha assegnato, ma la memoria sì. IL PIÙ IN FUGA Dicono a Marcel Kittel che la tv tedesca lo trascura, lui non se ne cura: ci pensano le miss a mangiarselo con gli occhi. Bello e impossibile. Brucia le prime tappe (due), arde d’una misteriosa febbre a 39. Comincia col numero 171, finisce in pigiama nella camera 106 d’un albergo fuori Bari. Chiuso a chiave, la bocca tappata: (brodo di) pollo, insalatina, una tazzina di perché. Prima se la tira, poi se la fila. IL PIÙ TIFATO Da Foligno ad Agliè, ma «sto Morabito chi è?» «Voglio una vita come Steve», «Morabito nei cuori». Il gregario di Evans conquista più cuori che gare, gli striscioni l’aspettano dappertutto. La torcida colombiana, roba da dilettanti. «Tutti pazzi per Pirazzi» è l’unico, fino al gesto dell’ombrello, che fa piovere tanta stima. I PIÙ (RI)CICLABILI La maglia verde una volta andava al re della montagna: oggi, della Montagnetta. C’è la buona abitudine di Lotto Belisol: le borracce, le recupera a fine gara. C’è l’erba buona di Tjallingi, vegetariano che sembra mangi bistecche di tigre. Ci sono i buoni pasto di Tuft che ha sempre la sua scorta bio. EcoloGiro. Il PIÙ SECONDO Il tenero Giacomo, nel senso di Nizzolo, è l’argento semprevivo: secondo a Bari, a Foligno, a Salsomaggiore e secondo anche ieri a Trieste. Volere è volata. Medaglia d’oro all’impegno. IL PIÙ ROTTO Dolori e Malori. Per la maglia crocerossa è una bella lotta. Le cadute di Montecasino (con una esse, come dice Evans) e un po’ ovunque spezzano molte ossa. Ma su tutti risorge e arriva in fondo il giovane Malori: una soglia del male che nemmeno il vecchio Scarponi. IL PIÙ ANIMALESCO Yukiya Arashiro, in Giappone un campione, si fa notare per la mascotte: Ritirato Marcel Kittel, 26 anni (Ansa) Anonimo Moreno Moser, 23 anni (Bettini) una pincher nana d’un anno e di nome Corinne, il cappottino rosa Giro per proteggerla sulle nevi dello Stelvio, affidata tra le partenze e gli arrivi a una fotografa amica. Prima di farla viaggiare sul pullman Europcar, alla cagnolina hanno spiegato che Malacarne non è una marca di bocconcini. Si rifiuta di far pipì con l’antidoping. IL PIÙ NOMEN OMEN (E AMEN) Se l’omonimo Battaglin («smettetela di chiedermi se sono parente!») ha onorato tanto cognome con un’eroico sprint in salita, il nipote vero Moreno Moser è partito outsider e ha finito out e basta: la sola fuga di Savona non è all’altezza del blasone. Però sa parlare meglio e sorridere più dello zio. IL PIÙ SUDAMERICANO Non è Quintana, non è Uran. È Gianni Savio che comanda l’Androni: scoprì i colombiani quando non se li filava nessuno, ora ci prova coi venezolanos. Il passo, la parlata con la erre ne fanno «il Principe». A Savona, Evans l’ha accusato di lesa maestà australiana? Lui ha risposto «non siamo vassalli di nessuno!». E un applauso l’ha accolto in sala stampa: «Viva Savio Bolivar!». IL PIÙ PUTINIANO Al raduno di protesta delle squadre, dopo lo strappo di Quintana, Oleg l’oligarca s’è presentato al solito: in bici, caschetto e divisa gialla della Tinkoff, il suo nome. Il milionario siberiano ha l’età di Cipollini, insulta i suoi ciclisti via tweet, dice che l’arrivo di Alonso sarebbe un bene perché il ciclismo deve imparare dalla F1, divide il figliolo tra gli studi a Oxford e le gare amatoriali in Toscana. Le sanzioni a Mosca? «Non mi sfiorano. Ma davanti agli americani, voi europei dovete imparare a essere meno servi». Arashiro e Corinne Il giapponese Yukiya Arashiro si presenta con la mascotte Corinne: una pincher nana che veste un cappottino rosa IL PIÙ BUCATO L’asfalto italiano, terra impossibile di pozzangherone e rotonde. Bandiera rossa la trionfa (si fa per dire) sullo Stelvio innevato e pericoloso, più che uno stop un brutto spot. A Bari bagnata si slittava e il gruppo alzava bandiera bianca: velocità minima, prudenza massima. La protesta è servita: il manto stradale lo rifaranno, ma per i baresi. IL PIÙ VIE EN ROSE Il sindaco di Belfast. Si presenta sul palco coi capelli tinti di rosa. Con le strade a posto, però. Francesco Battistini © RIPRODUZIONE RISERVATA 34 italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera CorriereMotori Design La capacità di progettare belle vetture ha creato un vero e proprio mercato globale delle firme tricolore Progetti ROMA — Una start-up chiamata tradizione. Senza neppure la necessità di inventarsi un marchio: made in Italy, è più che sufficiente. È l’Italia del design dell’auto. Indebolita da inutili guerre commerciali e dall’incapacità di fare sistema, rappresenta ancora, per dirla con l’hashtag del nostro giornale, l’#Italiachecelafa. La vittoria di Flavio Manzoni, a capo dello stile di Ferrari, del premio Compasso d’oro con la F12 Berlinetta è l’esempio fin troppo facile. La ripresa di Pininfarina (per la Bertone purtroppo le speranze sono al minimo) è invece il segnale atteso da tempo: nel primo trimestre ha ridotto le perdite del 56%, il margine operativo (lordo) è tornato in positivo e le sue Ferrari T e Bmw Gran Lusso Coupé, da sole valgono il prezzo del biglietto di un qualsiasi show. Il futuro è delineato: «C’è una crescente richiesta di vetture esclusive e serie limitate. Vogliamo esplorare questa opportunità perché è un ritorno alle nostre origini e alla nostra storia: abbiamo allo studio la produzione di vetture in serie limitata, al massimo 6 - 8 unità, per costruttori premium», spiega Silvio Pietro Angori, ad di Pininfarina. La prima? «La futura Ferrari Sergio», disegnata con Flavio Manzoni. Un’Italia della quale il mondo dell’auto sembra non poter fare a meno: «Senza il gran lavoro sugli interni del centro stile di Como, i nostri nuovi modelli non avrebbero il gran successo che hanno», ha ammesso qualche giorno fa Dieter Zetsche, presidente Daimler-Mercedes. La stessa idea di Martin Winterkorn, a capo di Volkswagen, che ha pensato bene di tenersi stretto quel Flavio Manzoni, 49 anni, capo del Centro Stile Ferrari, ha ricevuto il Compasso d’Oro 2014 per la F12 berlinetta (a sinistra, la vettura nei suoi disegni). A destra, dall’alto: la Clipper, concept di Giugiaro; il posteriore della PassoCorto, sportiva realizzata dagli studenti del Master in Transportation Design dello Ied di Torino, in collaborazione con la Hyundai; la Maserati Alfieri, nata nel centro stile del Tridente per ricordare i 100 anni del marchio di Modena L’auto? È griffata Italia Momento magico in tutto il mondo per i nostri stilisti nonostante la crisi Walter de Silva, cresciuto «a pane e Alfa», l’unico, si dice, autorizzato a contraddirlo nelle lunghe riunioni di Wolfsburg. Non è un caso neppure che Ferdinand Piech, padre padrone dello stesso gruppo tedesco, abbia voluto rilevare l’Italdesign di Giugiaro, dal quale negli anni 70 imparò i segreti dell’ingegnerizzazione del prodotto (punto forte della Volkswagen di oggi), diventata ormai a tutti gli effetti, il centro stile del gruppo. Razio- nalità tedesca e cuore italiano. Una risorsa di stile alla quale non si sottraggono neppure i francesi con Carlo Bonzanigo, designer della Citroën C1. Il segreto di questa Italia che corre? Lo spiega Lorenzo Ramaciotti, responsabile del design FCA, Fiat–Chrysler: «Le nostre proporzioni classiche rendono le auto belle fuori dal tempo, oggetti che piacciono perché rappresentano una bellezza destinata a durare nel tempo». Il riferimento è alla Maserati Alfieri (dietro c’è la mano di Marco Tencone), il concept del centenario della Casa modenese, vincitore nei giorni scorsi di uno dei premi del Concorso d’Eleganza di Villa d’Este. Le stesse proporzioni classiche delle Alfa degli anni 30 di cui è innamorato Shiro Nakamura, a capo dello stile Nissan: le sue idee e quelle dell’allievo Alfonso Albaisa, si plasmano in clay (una sorta di creta sintetica) diventando concept nelle officine torinesi del G-Studio (vedi Infiniti Q30). La nuova frontiera si chiama Cina. Se Fioravanti ha ripercorso la via della Seta verso la Baic, ora l’industria cinese apre centri stile in Italia. La Jac a Torino ha tra le sue file un gruppo di ex Fiat e Bertone: il capo è il cinese Lou Tik, il chief designer è però un ex Alfa come Daniele Gaglione e il responsabile dell’interior design è Giancarlo Concilio, ex Maserati e Fiat. Oggi tocca a Chan- gan: dopo aver arruolato come consulente Chris Bangle, americano di nascita piemontese d’adozione, con esperienze in Fiat e Bmw, ora (come la stessa Jac) è alla ricerca di giovani designer. Aspiranti Giugiaro cercasi. Segno che un lavoro nel mondo dell’auto è ancora possibile. Lo dimostrano anche i coreani di Hyundai: il concept PassoCorto mostrato a Ginevra, è nato grazie all’idea degli studenti del corso Transportation Design dello Ied di Torino. Perché alla fine il segreto è sempre lo stesso: se qualcuno si gira a guardare un’auto, vuol dire che è stato conquistato. E gli italiani, questo, sembrano ancora farlo meglio degli altri. Alessandro Marchetti Tricamo © RIPRODUZIONE RISERVATA Anniversari «Quei doppi seni della Fiat Coupé che fecero scandalo» MILANO — Oggi vive nelle Langhe e fa vino. La sua casa in collina è un’amichevole accademia del gusto (arte e design compresi), a cui bussano studenti di ogni parte del mondo. Chris Bangle, 57 anni, da q Ravenna, ma quella americana,, na e progetta p g ancora, a Ohio, insegna tutto campo. È lui il «papà» della Fiat Coupé, uno dei modelli più sognati del Lingotto. L’auto venivaa lanciata vent’anni fa e il designer oggi le dedica due poster provocatori, nel suo stile. «Il progetto — ricorda — cominciò quando l’ingegner Piergiorgio Tronville, il padre della Uno, mi spiegò che alla Pininfarina era uscita di p C produzione la Cadillac Allanté e nuo linea. c’era spazio per una nuova co Volevano una coupé su base Tipo e il centro stile Fiat, Fi dove lav lavoravo, era iin gara con la stessa Pinifarina »». Chris si L’esperimento Già operativo in un piccolo centro della Bassa Sassonia, potrebbe nei prossimi anni circolare per le strade di Savona e di Palermo Sull’autobus elettrico che al capolinea si ricarica senza fili BRAUNSCHWEIG (Germania) — Potrebbe arrivare a breve in Italia. Nel frattempo, mentre da noi ancora si discute, l’autobus elettrico che si ricarica senza fili, presentato per la prima volta lo scorso anno allo Uitp di Ginevra (il congresso internazionale del trasporto pubblico), è diventato da pochi mesi una realtà in Germania. A fine marzo, grazie a un finanziamento del governo federale, è entrato in servizio su una linea urbana lunga dodici chilometri di Braunschweig, 250 mila abitanti nella Bassa Sassonia. I vantaggi? È ecologico come altri mezzi al cento per cento elettrici. Senza avere, di questi, i principali handicap: invece di scaricarsi rapidamente e di aver bisogno di un filo per ricaricarsi a una colonnina elettrica, questo autobus, prodotto dalla Solaris, non perde mai energia del tutto perché è in grado di recuperarne un poco, quel tanto che basta, durante il suo percorso. Il segreto sta nella sua tecnologia, detta Primove, sviluppata dalla Bombardier, la multinazionale canadese che si occupa prevalentemente di treni. «Perché siamo sbarcati nel settore degli autobus? I trasporti pubblici locali devono affrontare nuove sfide —, dice Luigi Corradi, amministratore delegato di Bombardier Transportation Italia —. C’è la necessità di ridurre l’inquinamento nelle città e i costi di gestione dei mezzi. La tecnologia Primove risponde bene a que- ste esigenze». Ecco le sue caratteristiche: ha una batteria ultraleggera, che occupa poco spazio sull’autobus lasciandone parecchio ai passeggeri ed è in gra- do di ricaricarsi tre volte più velocemente di un’elettrica tradizionale; ha un tipo di propulsione e controllo che ottimizza l’efficienza energetica; e, infine, un sistema di ricarica per induzione magnetica. Al capolinea del tragitto, cioè, una piastra magnetica installata sotto il veicolo scende dall’autobus e attinge energia per induzione da una seconda pia- L’autobus elettrico che sfrutta la tecnologia Primove, sviluppata dalla Bombardier, per ricaricarsi senza fili stra posizionata sotto l’asfalto. Dal momento che le due piastre non si toccano ma si avvicinano, il trasferimento di energia è possibile anche quando piove o nevica. Durante l’intero percorso a Braunschweig, la batteria consuma in media il 25% della ricarica. Poi, al capolinea, recupera tutta l’energia in circa undici minuti. In questo modo l’autobus equipaggiato con Primove resta sempre carico nel corso della giornata. In Germania i lavori per installare al capolinea le piastre magnetiche sono stati completati in tre settimane. Nei prossimi mesi, invece, saranno sistemate altre piastre anche in corrispondenza di alcune fermate: qui la batteria è in grado di ricaricarsi un poco anche in trenta secondi, il tempo di fare salire e scendere i passeggeri. A proposito di costi, per ora Bombardier non ha parlato di cifre precise. «All’inizio l’investimento è significativo — ha detto Luigi Corradi —. In compenso, però, Primove consente di risparmiare sui costi di manutenzione e di gasolio. In dieci anni, perciò, l’investimento iniziale è ripagato». Altro vantaggio: «Mentre gli e-bus tradizionali sono molto grandi, questa tecnologia, poco spaziosa, si applica a qualunque mezzo. Significa che gli autobus elettrici potrebbero finalmente circolare anche nei centri più piccoli come quelli italiani. Savona e Palermo potrebbero essere i primi. Isabella Fantigrossi © RIPRODUZIONE RISERVATA L’intervista L’ottimismo dell’amministratore delegato di GL Events Italia Il riconoscimento Dalla 500 alla Ferrari L’eccellenza premiata col Compasso d’oro MILANO — Nel campo del design il Compasso d’Oro è uno dei riconoscimenti più ambiti e sicuramente tra i primi ad essere stati assegnati da quando, nel lontano 1954, l’architetto Gio’ Ponti si fece promotore dell’iniziativa presso i grandi magazzini La Rinascente. Il Compasso d’Oro ha appena celebrato la sua ventitreesima edizione e sessant’anni di attività con una rassegna presso gli Spazi Ansaldo di via Bergognone a Milano (aperta sino al 15 giugno) dove si è anche tenuta nei giorni scorsi la cerimonia di premiazione. Al di là dei numeri — 418 oggetti individuati come candidati su 2.290 segnalazioni raccolte — significativi del lavoro svolto nell’ultimo triennio dall’Osservatorio Permanente dell’ADI, l’Associazione per il Disegno Industriale che dal 1964 ne gestisce l’organizzazione, è evidente come intere generazioni di progettisti ma anche di tecnici e imprenditori abbiano contribuito ad affermare una tradizione italiana ancora internazionalmente apprezzata e riconosciuta quale modello di riferimento. In questo contesto l’automobile costituisce uno degli ambiti più rappresentativi oltre che di una evoluzione tecnologica costante, per la funzione che riveste come mette al lavoro pensando alla Ford GT40 e ai carrozzieri italiani degli anni 70 e 80: «Avevo in testa la Chevy Ramarro di Bertone e la Lamborghini Athon, volevo combinare quei mondi». Ambizione premiata: il centro stile interno vince. Tra i dettagli curiosi dell’auto c’è il tappo del serbatoio. «Una sera — racconta — stavo guardando Zozza Mary, pazzo Gary, di John Hough. Nel film si vede spesso il tappo della Dodge Charger da corsa: era così bello che decisi di far rivivere quel concetto nella Coupé». E la forma «a doppio seno» dei fanali? La Motori 35 italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 emblema della civiltà contemporanea, indispensabile strumento di mobilità e irrinunciabile presenza, persino simbolica ed estetica, nella nostra vita. Tuttavia non sempre l’automobile è stata annoverata fra le altre produzioni del design, un dato questo al quale è possibile oggi contrapporre l’attenzione che essa richiama presso gli stessi adepti e cultori delle più tradizionali tipologie, dal mondo dell’arredo a quello illuminotecnico e in generale degli oggetti d’uso, attratti dall’universo di applica- Capolavori Dall’alto, la Pininfarina Cambiano e l’Aston Martin V12 Zagato: questi progetti hanno ricevuto la menzione d’onore al Compasso d’Oro 2014 zioni, tecnologie e processi produttivi, dalla ricerca e sperimentazione di nuovi materiali e soprattutto dalle relazioni sempre più strette che con l’automobile intratteniamo sotto il profilo ergonomico ed emozionale. E così, dopo il Compasso d’Oro conferito alla Fiat 500 (nel 1959), all’Abarth 1000 Zagato (’60), al prototipo di vettura aerodinamica CNR Pininfarina (’79), agli interni della Fiat 131 Supermirafiori (’79), alle Fiat Panda (’81), Punto (’94) e nuova Panda (2004), all’Alfa Romeo Brera (2004), alla Pininfarina Nido (2008) e alla nuova Fiat 500 (2011), l’edizione 2014 ha visto l’assegnazione del massimo riconoscimento alla Ferrari F12 Berlinetta, progettata dal Centro Stile Ferrari di Maranello diretto da Flavio Manzoni in collaborazione con Pininfarina, e di tre Menzioni d’Onore: all’Alfa Romeo Giulietta, all’Aston Martin V12 Zagato (99 esemplari) e alla Pininfarina Cambiano, concept per una berlina a propulsione elettrica. La giuria internazionale li ha scelti su una rosa che comprendeva anche l’Alfa Romeo TZ3 Stradale Zagato e il prototipo Brivido di Italdesign-Giugiaro, tutti rappresentativi di un percorso parallelo, quello del design italiano dell’automobile, nel quale è possibile rintracciare vere e proprie icone-manifesto della capacità inventiva, creativa e tecnica del nostro Paese. Un asse riconoscibile negli apporti di personalità come Dante Giacosa, Elio e Gianni Zagato, Sergio Pininfarina, Giorgetto Giugiaro, Lorenzo Ramaciotti, Roberto Giolito, Fabio Filippini, Alessandro Maccolini, Flavio Manzoni e Norihiko Harada, giapponese da molti anni in Italia e legato a Zagato, storica firma milanese che proprio nel 2014 compie novantacinque anni di attività. Enrico Leonardo Fagone © RIPRODUZIONE RISERVATA spiegazione è in un vincolo tecnico: «La linea delle luci continuava a salire a causa della meccanica e il volume stava diventando troppo massiccio. I fari retrattili costavano troppo. Così disegnai questi doppi volumi: per alleggerire la linea». Alla presentazione dell’auto un dirigente storce il naso: «“Come pensate di pulire quei fari?”, chiede perplesso. Il mio capo, Ermanno Cressoni, accarezza le luci e risponde: “Con amore ingegnere, con amore...”». Roberto Iasoni Uno dei poster disegnati da Bangle © RIPRODUZIONE RISERVATA «Ancora nessun contratto ma il Motor Show rinascerà» Michetti: «Costi più bassi e stand personalizzati» MILANO — Si fa? «Si fa» Quando? «Dal 6 al 14 dicembre». Mancano appena otto mesi «Siamo nei tempi, è sempre stato così». Giada Michetti non molla. L’amministratore delegato della costola italiana di GL Events è decisa a rilanciare il Motor Show di Bologna. E la concorrenza di Alfredo Cazzola, altrettanto determinato a far diventare l’Auto Show di Milano (sempre a dicembre) «il più bel salone del mondo» sembra non preoccuparla. Entrambi sono convinti delle proprie ragioni. E le Case automobilistiche ora si trovano nell’imbarazzo di dover scegliere a quale salone partecipare. Chi ci sarà a Bologna? «Non è questo il momento di parlare di contratti. Diciamo che arriveranno entro fine luglio». Nel 2013 lei aveva decretato la fine del Motor Show. Come mai ora avete cambiato idea? «L’anno scorso è stato annullato, è vero. Ma ora abbiamo trovato una soluzione, una joint venture, con la fiera di Bologna che ci consente di andare avanti. Ed è giusto provarci perché abbiamo una responsabilità nei confronti di GL Events, una multinazionale che proprio da Cazzola, nel 2007, aveva comprato questo marchio pagandolo moltissimo». Ma le ultime edizioni non erano state certo esaltanti. È stata solo colpa della crisi? Oppure siete stati voi a non saper proporre qualcosa di più innovativo? «La crisi è stata e in parte è ancora profonda. Ma diciamo che in questo tipo di manifestazioni molto dipende dai contenuti che portano le case automobilistiche. Però per la prossi- ma edizione abbiamo in mente una vera e propria rivoluzione». Cioè? «Stiamo presentando alle case automobilistiche un Salone taylor made, fatto su misura come un vestito. Abbiamo studiato i marchi uno per uno. Capito verso quali contaminazioni tendono di più. Dal life style alla moda, dal design alla tecnologia, dal vintage al wellness fino al food: non dimentichiamoci che nel 2015 Bologna ospiterà l’Eataly Word. Per ciascuno verrà formulata una proposta ad hoc». Sa che cosa si dice nell’ambiente? «Sentiamo». Partecipare al Motor Show costava troppo negli ultimi anni, un’esagerazione. «In realtà il costo per fiera e allestimento ammontava circa al 20 per cento rispetto al totale. Ma abbiamo pensato anche a questo e trovato la risposta. Ogni spazio sarà personalizzato in partenza da noi. Creeremo vere e proprie scenografie di base che consentiranno ai costruttori di risparmiare moltissimo sugli allestimenti». Milano ha due aeroporti, un grande rilancio in corso dovuto all’Expo, una Fiera moderna, in tema ❜❜ Contaminazioni Abbiamo studiato i marchi uno ad uno per presentarci con proposte su misura di contaminazioni con moda e design è decisamente imbattibile... Perché le case dovrebbero preferire Bologna? «Per la centralità geografica, molto del nostro pubblico tradizionalmente arriva dal sud. Per la vocazione motoristica della regione Emilia Romagna. Perché la nostra è l’unica fiera con un’uscita autostradale. Perché abbiamo un’area esterna perfetta per i test drive e perché quest’anno su quest’area organizzeremo il più bel Memorial Bettega che si sia mai visto» . Che notizie avete da Fiat? Sarà presente a Bologna? «C’è un dialogo, ovviamente auGiada Michetti, 56 anni, è l’amministratore delegato di GL Events Italia, la società che dal 2007 organizza il Motor Show di Bologna spico la loro presenza. Ma è anche vero che il gruppo ha già preso posizione dichiarando di non ritenere necessario che nascano altri saloni europei oltre a quelli di Ginevra, Parigi e Francoforte». Dica la verità, Fiat a parte che sensazioni ha? Come hanno recepito i costruttori le vostre proposte? «Percepisco un sentiment positivo, sono fiduciosa. Capisco anche che nel dover scegliere, la doppia proposta che hanno sul tavolo crea solo confusione e imbarazzo». Pensa che due saloni, peraltro a distanza di una settimana l’uno dall’altro, possano coesistere? «No, assolutamente. Ma io resto ottimista». Maurizio Donelli © RIPRODUZIONE RISERVATA Prova Realizzata sulla piattaforma della X3, ha un carattere più stradale e sportivo. Molte funzioni in più nell’evoluzione del sistema Connected Drive Bmw X4, dalla suv-coupé si può prenotare anche il ristorante BILBAO — Questione di design e di stile. Gli italiani hanno buon gusto, pensano i tedeschi: per questo i coupé hanno tanta fortuna da noi. Lo pensa e lo dice anche Hildegard Wortmann, vicepresidente Bmw, al lancio della X4, un inedito suv sportivo di medie dimensioni. Meglio: un suv-coupé. Che in Italia potrebbe fare proseliti come la sorella maggiore X6, che all’apice del successo contese i favori del mercato perfino alla X5. «La X4 si venderà soprattutto in Germania, Cina, Stati Uniti e Italia. Nel vostro Paese il design è molto importate», ribadisce frau Wortmann. Forme a parte, la nuova arrivata ha buone carte da giocare anche nei contenuti. Rispetto alla X3, di cui riprende l’impostazione tecnica, ha un comportamento su strada più sportivo e una reattività insospettabile sui percorsi tortuosi. L’aiuto arriva anche dal cambio sportivo Steptronic a 8 rapporti, che asseconda bene quando si spinge. È montato di serie (tranne che sulla versione X420d con il sei marce manuale), insieme allo sterzo variabile sportivo, sempre preciso, e al volante in pelle con le «palette». Accessori che arricchiscono una dotazione standard di cui fa parte il portellone ad apertura automatica Grintosa Il nuovo suv sportivo Bmw X4: motori potenti (fino a 313 cavalli), trazione integrale xDrive, sterzo variabile sportivo, volante con «paddles» e Performance Control (basta allungare il piede sotto il paraurti posteriore) e la trazione integrale, abbinata al Performance Controller, che differenzia elettronicamente la coppia sui semiassi posteriori. Da richiedere a parte, invece, il nuovo «touch pad» che consente di comandare con un dito le varie funzioni. Non mancano il controllo del cambio di corsia involontario, l’allarme pedoni e il «surround view», che mostra l’auto dall’alto, per agevolare le manovre. Sulla X4 c’è pure l’evoluzione del sistema Bmw Connected Drive, che include (di serie) la chiamata d’emergenza automatica in caso d’incidente e consente (optional) di attivare altre funzioni tra cui il Concierge Service, per chi La scheda DIMENSIONI Lunghezza: 467 cm; larghezza: 188 cm; altezza:162 cm; passo: 281 cm. Peso: da 1.815 a 1.890 kg. MOTORI Diesel e benzina, 4 e 6 cilindri, da 184 a 313 cv. Prestazioni: da 212 a 247 km/h. Trazione integrale, cambio automatico Steptronic (manuale sulla X420d). PREZZI Da 50 mila euro a 67 mila euro vuole togliersi lo sfizio di prenotare il ristorante o cercare la più vicina farmacia. L’abbondante dotazione della X4 è condivisa con la nuova Serie 4 Gran Coupé, evoluzione a quattro porte della coupé dell’anno scorso. Stessa base, ma con un padiglione rialzato di 12 mm, 35 litri di volume in più per i bagagli e sedute più comode per i passeggeri. In sostanza la GC aggiunge funzionalità alla due porte senza rinunciare a un ottimo comportamento dinamico e un’ampia scelta di motori: 4 e 6 cilindri, 2 o 3 litri di cilindrata, diesel e benzina, potenze comprese tra 143 e 306 cv. Cambio Steptronic e trazione integrale sono però a parte. Il prezzo va da 38 mila a 57 mila euro. Paolo Lorenzi © RIPRODUZIONE RISERVATA 36 italia: 51575551575557 "Camminiamo con allegria per i sentieri del Signore, con la pace nel cuore e con la forza della fede". (San Giovanni Paolo II) Dopo una vita dedicata alla famiglia è serenamente mancato, circondato dallaffetto dei suoi cari Arnaldo Barlocco Ti stringono in un grande abbraccio tua moglie Gilda, i tuoi figli Valeria con Marco e Matteo, Luigi con Silvia e Federico, Roberto.- Si ringraziano la Dottoressa Emanuela Grimi e tutto il personale del Reparto Cure Palliative dellOpsedale di Cuggiono per lamorevole assistenza prestata.- Le esequie si svolgeranno a Parabiago martedì 3 giugno alle 11 nella parrocchia dei Santi Gervaso e Protaso. - Parabiago, 1 giugno 2014. Partecipano al lutto: Angela Bongini Travaglia e figli. Margherita Barlocco Sormani e figli. Maurizio e Patrizia Berra con Andrea. Maria Gabriella e Federico Baldeschi Oddi. Gian Giuseppe e Isabella Cornaggia Medici. Ciao nonno Tato mi mancherai.- Il tuo adorato nipote Federico. - Parabiago, 1 giugno 2014. Ciao, carissimo zio Arnaldo Si è spenta Angioletta Morenghi Castellett moglie, mamma e nonna meravigliosa.- La piangono il marito Amerigo, la figlia Daniela, le nipoti Stefania con Giuseppe e Valentina con Andrea ed il piccolo Niccolò.- Lultimo saluto glielo daremo martedì 3 giugno alle ore 14.30 nella parrocchia di Cassina de Pecchi. - Milano, 31 maggio 2014. Federica Cerami amica perfetta sia nei momenti di sole che di buio.- Ci mancherai.- Jennifer e famiglia. - Carimate, 31 maggio 2014. Cara Federica ricorderemo sempre il tuo entusiasmo e la tua allegria e siamo vicini con affetto a tutta la tua famiglia.- Paolo e Antonella Benedini con Alice e Matilde. - Milano, 1 giugno 2014. La famiglia Liberali è particolarmente vicina al dottor Eligio Macchi ed alla sua famiglia per la perdita del papà - Pavia, 1 giugno 2014. Il Presidente, il Consiglio dAmministrazione, la Dirigenza e le maestranze di Luve S.p.A. partecipano al lutto del Direttore dottor Eligio Macchi per la morte del papà geom. Gianpiero Macchi - Uboldo, 1 giugno 2014. Giorgio, Angela e Roberta Maranzana partecipano al dolore delle famiglie Cerami e Restelli per la perdita della cara È mancato allaffetto dei suoi cari Marino Mochi Federica - Cassina Rizzardi, 31 maggio 2014. Il Presidente, il Consiglio Direttivo e tutti i soci del Lions Club Legnano Host partecipano commossi al lutto dei famigliari per la scomparsa del socio fondatore, vice governatore distrettuale past presidente Alberto Sesler Ne danno il triste annuncio la moglie Maria, i figli Alessandro e Andrea con le nuore e le nipoti.- I funerali avranno luogo martedì 3 giugno nella chiesa di Cristo Re, via Galeno 32, Milano.- Per lorario contattare il n. 800910473 attivo 24 ore su 24. - Milano, 31 maggio 2014. la Alberto 2 giugno 2007 - 2 giugno 2014 Giorgio Polo Antonio Redaelli Ti penso sempre con tanta tanta nostalgia e rimpianto.- Giovanna. - Parma, 2 giugno 2014. 1999 - 2014 Gli amici ricordano con rimpianto - Milano, 1 giugno 2014. Giuseppe Zanaglia Partecipano al lutto: Le famiglie Fanelli. - Milano, 2 giugno 2014. Ciao nonnina Angioletta ci mancherai tantissimo.- Dai un bacio al nostro papà, adesso che sei con lui avremo due stelle in cielo a proteggerci.- Valentina e Stefania. - Milano, 31 maggio 2014. RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli,8 - 20132 Milano Elena Piontelli con Maria Grazia e Gianni, Laura e Marco si unisce con affetto al grande dolore di tutta la famiglia Giacosa nel caro ricordo di SERVIZIO ACQUISIZIONE NECROLOGIE Anna Giacosa - Cassina Rizzardi, 1 giugno 2014. Dal 8 maggio al 8 giugno 2 014 sig.ra Silvana Grani per loccasione si terrà una Messa in suffragio presso la parrocchia SS. Redentore via Palestrina, Milano il giorno 3 giugno 2014 ore 9.30.- Ne da notizia il fratello Roberto. - Milano, 2 giugno 2014. - Varese, 1 giugno 2014. Xenia e Luciano Invernizzi con Annalisa, Pietro e Davide partecipano con tristezza al dolore di Mari e Andrea per la perdita dellamatissimo papà a cura di: Nicola Braghieri Rosa Chiesa Serena Maffioletti Sofia Meda Si ricorda nel secondo anniversario della morte esemplare figura del lionismo italiano. - Legnano, 1 giugno 2014. Elide, Alberto e famiglia partecipano commossi al dolore di Renato, Paola e Michela per la scomparsa del caro La mostra è stata prodotta dalla Triennale di Milano e dal Triennale Design Museum con l’Università Iuav di Venezia Archivio Prgetti, Molteni & C, Dada, Unifor geom. Gianpiero Macchi ATTIVO DA LUNEDI A DOMENICA 13.30-19.30 CON SUPPLEMENTO 20% SULLA TARIFFA BASE Tel. 02 50984519 - Fax 02 25846003 www.necrologi.corriere.it e-mail: [email protected] SI ACCETTANO RICHIESTE VIA WEB, E-MAIL E CHIAMATE DA CELLULARI SOLO DIETRO PAGAMENTO CON CARTA DI CREDITO L’INVIO DI UN FAX DEVE ESSERE ACCOMPAGNATO DA COPIA DI UN DOCUMENTO DI IDENTITA’ TARIFFE BASE IVA ESCLUSA: Gazzetta dello Sport PER PAROLA: Necrologie: € 5,00 Adesioni al lutto: € 10,00 A MODULO: Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti: € 540,00 Necrologie: € 1,90 Adesioni al lutto: € 3,70 Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti: € 258,00 Diritto di trasmissione: pagamento anticipato € 1,67 - pagamento differito € 5,00 L’accettazione delle adesioni è subordinata al pagamento con carta di credito Servizio fatturazione necrologie: tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 giovedì/venerdì 14/17.30 fax 02 25886632 - e-mail: [email protected] Servizio sportello da lunedì a venerdì Milano: Via Solferino 36 orario continuato dalle 9 alle 17.45 Informativa ai sensi dell’art. 13 D.Lgs. 196/2003 (“Codice in materia di protezione dei dati personali”). Conformemente all’impegno e alla cura che la nostra società dedica alla tutela dei dati personali, La informiamo sulle modalità, finalità e ambito di comunicazione e diffusione dei Suoi dati personali e sui Suoi diritti, in conformità all’art. 13 del D. Lgs. 196/2003. Per permetterle di usufruire dei servizi offerti da RCS MediaGroup S.p.A., la stessa deve trattare alcuni Suoi dati. I dati personali che Lei fornirà al Titolare, verranno registrati e conservati su supporti elettronici protetti e trattati con adeguate misure di sicurezza. I dati saranno trattati da RCS MediaGroup S.p.A. esclusivamente con modalità e procedure necessarie per fornirLe il servizio da Lei richiesto. I dati non saranno diffusi ma potranno essere comunicati, sempre per la predetta finalità, a RCS MediaGroup S.p.A., oltre che a società che svolgono per nostro conto compiti di natura tecnica od organizzativa strumentali alla fornitura del servizio richiesto, e che sono stati nominati Responsabili del Trattamento. Lei ha diritto di conoscere, in ogni momento, quali sono i Suoi dati e come essi sono utilizzati. Ha anche il diritto di farli aggiornare, integrare, rettificare o cancellare, chiederne il blocco ed opporsi al loro trattamento. Ricordiamo che questi diritti sono previsti dal Art.7 del D. Lgs 196/2003. Per ogni informazione riguardo ai diritti può rivolgersi, a tal fine, al Responsabile del trattamento dei dati personali di RCS MediaGroup S.p.A. scrivendo allo stesso c/o RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità - Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano. G r a f i c a d i Fe l i x H u m m Corriere della Sera Luca Meda_ La felicità del progetto. ora vi ritroverete tutti e tre assieme.- Un forte abbraccio alla zia Gilda, a Valeria, Luigi e Roby.Maurizio, Patrizia e Andrea. - San Donato Milanese, 1 giugno 2014. Carissima Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera Triennale di Milano Viale Alemagna 6, Milano www.triennale.org Main Partner Partner istituzionale Partner di Triennale Architettura 37 italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 Il Tempo Ogni giorno le PREVISIONI della tua città sempre con te Digita: mobile.corriere.it nel browser del telefonino Il servizio è gratuito salvo i costi di connessione internet previsti dal piano tariffario del proprio operatore Maggiori informazioni su www.corriere.it/mobile "::>-+ "## :>:9 "## :->+ "9: :>: "96 "95 :-># "#: :->: ":# :>": "9:>": "9# :>"> :>9+ -&2( -".2 (.2 &:" "$&( (-"&( ($(& &(6 "-&: &(& -5" )., *,3 )38)*8 '*48'( 4;' 3'('<' (.'*' .3(.'*' ,* .,44''('8 ' 48*4',* ' !*,)*' !'* <34, ( (8 .'*;3 ( ,3/ ;(& '48;3, .,44''( *& 4;$(' ..**'*' 4.' *83('/ '8;=',* .344,& 48=',*3' *& *' .3,44')' $',3*' ,* !30;*8' 8).,3(' .,)3''*' ( 88*83',*/ **= $*3( ;)*8, (( .344',* 8),4!3' 8;88<' <34, '( !'* 488')* ,* 8*8, 4,( (, ,<;*0;/ ,+5"$ %*(..( -" (2&: *($" 2&:-( $"-" ,48 ,3'*, *,< ,(,$* ,) ).,44, / (3' 8*' '(*, 3*8, *=' 3'48 '3*= 3;$' *,* 10;'( .,(' 3' ,8*= 8 $-%( (3), ($&3, $('3' ;3 ' (' ,( ;<,(, ,.38, ',$$' ,<4' ).,3(' < ,38, ,38 ,(8, !,38 (), *,* ,48 3' ,(,$* ,(=*, 34' $('3' 3*, )4 )4 ) )) ' )) )3 %"& %8 4; )' 4) 43 4 43 43 ',$$' ).,44, 8*' 3,8,* ;*, '3*= *,< ).3' ;<,(,4, %"& )0 4 4; 4) 4 44 4 10;'( 44'* '(*, .,(' (' (3), ).,3( 0 ) ) )4 ) )4 )0 %"& %8 ) 44 4 43 4 43 4 ,.38, 3) 3;$' 43 '4 ,8*= / (3' ')'*' < )4 ); ); ) )4 ,<4' %"& %8 43 4; 4) 44 )0 4 44 ,) ,3'*, 3*8, 3'48 '* *=' 3,* )) ) ' ) )4 )4 ); ' Sudoku Difficile 4 6 Puzzles by Pappocom 7 6 3 9 1 2 3 4 7 6 1 8 4 6 8 2 7 4 3 8 7 5 9 2 Altri giochi su www.corriere.it 3 2 LA SOLUZIONE DI IERI 4 5 9 3 6 7 1 2 8 2 1 3 5 4 8 6 7 9 7 6 8 4 2 3 9 5 1 5 2 4 1 8 9 7 3 6 3 9 1 7 5 6 2 8 4 6 8 2 9 7 4 5 1 3 9 3 5 8 1 2 4 6 7 -$"&( 5$"&( %.2-% "6 -.6" - (&- 2(($% (*&!& "%5-( -"" "$&( "&& $-( &#- 5-.2 ".(& (% -$$(& -" "-& 2& 5&"." $-" 1 4 7 6 3 5 8 9 2 %8 4 44 4 44 43 43 4 !"&( $!" !&!" a 9,90 euro più il prezzo del quotidiano (#9( & -&".( (. &$. 9&9 !"( &2"( 7 (-# $ "-( "-2 .$& "% &(56- In edicola con il Corriere il secondo di sei dvd dela fiction «Braccialetti rossi» dedicata ai piccoli grandi eroi che affrontano la malattia ogni giorno con coraggio e voglia di sorridere. &#(# -. ((2 5$ In edicola con il Corriere Il secondo dvd della fiction Braccialetti rossi Come si gioca Bisogna riempire la griglia in modo che ogni riga, colonna e riquadro contengano una sola volta i numeri da 1 a 9 8 7 6 2 9 1 3 4 5 .$( $'88, %8 / )4 ) )4 ' ) ) ,44, %"& $."&#" ,( ' ,*8'*; '( (,, ,.38, ((2*8''(,* (( ==,33 ) 8**= '*,(')*8, ( 4;, ,3, ,'*8( ,* ;* .38;3=',* 8(*8' & 4' .,38 3',44, (( 3* 38$*/ 48 (( 483;88;3 *8''(,*' 88'< '* .38',(3 ;* '3,(=',* .344',*3' 4;(( 3 (8'&/ 30;*8' !*,)*' 8).,3(4&' 4;' (*' 4;(( .$* ,3'*8(/ "( &"-( 5&(. "-. 5& "22 $ .."( "-(" (. "22 $ *( Oggi su www.corriere.it I più letti Messaggio Napolitano Festa della Repubblica Subito le riforme: video del presidente per la Festa della Repubblica. Sfilata ai Fori Afghanistan si separa: alla moglie 1 Pirlo 55 mila euro al mese della politica: 2 Dipendenti quelli che non smettono e pranzi», Scajola: 3 «Fiori ossessione lady Matacena «Io 4 FI,leale,Fittoc’èachiBerlusconi: dice il falso» «Io, prof trans, 5 Trieste: e i sorrisini dei ragazzi» I volti dei 5 talebani I detenuti rilasciati da Guantanamo in cambio del soldato Usa. Guarda. Animali Orso che riposa In Florida trova un’amaca in giardino e decide di usarla. Guarda. Alle 10 iniziano le celebrazioni per la Festa della Repubblica con la sfilata di 3.500 militari ai Fori Imperiali Schierati 9 reggimenti e sorvolo delle Frecce Tricolori 38 italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera Tv in chiaro Teleraccomando di Maria Volpe PER SORRIDERE PER DISTRARSI Alessia regala Il western quattro «sogni» diventa seriale Al via la seconda edizione del programma condotto da Alessia Marcuzzi (foto) che «regala» sogni, ovvero prova a cambiare la vita di 4 famiglie (una per puntata) che vivono forti disagi, costruendo o ristrutturando la loro casa. Insieme alla Marcuzzi ci sono il garden designer Luca Pirani, l’architetto Nicola Saraceno, e l’interior designer Fabrizio Vilardo. Stasera è di scena la famiglia Tognon: Maria Grazia e Marco vivono in una casa comunale a Hone, in provincia di Aosta, con 4 figli. Il programma ha ristrutturato per loro una vecchia casa dove finalmente possono viverci tutti assieme. Debutta stasera la serie inedita che segue l’avventurosa costruzione della ferrovia attraverso il continente americano, raccontando con toni realistici e spesso crudi la comunità itinerante di avventurieri, operai, capomastri, prostitute, che viveva, sognava e moriva seguendo l’eterno cantiere lanciato verso l’Ovest. Andranno in onda le prime tre stagioni inedite, appositamente doppiate in italiano. Tra gli interpreti della serie, alcuni volti noti della cinematografia e della serialità americana: Colm Meaney, Anson Mount (foto) e Dominique McElligott. Extreme Makeover Home Edition... - Canale 5, ore 21.10 Hell on wheels Rai Movie, ore 21.15 # 94AA 4 99;(&9 941A 4 99;(&9 94=A 14 94)( 4 99;(&91 ,*; *99 &*(& /4)( > 4 9&$ 4 991 114AA 4 991 1141( 4 99;(&9 114=A 4 &*&32& 1=4=A 4 1)4AA 1 4 991 1)4A( 4 ,. .2 1(4AA 4 /2))1 2)1 :@--01 194=( 4 99;(&9 1&4(A 4 2&9 >A4AA 4 "$!$ " &4)A 4 2& /4AA 4 ( &() 1A4>A > 4 991 114>A 4 ( &() 1>41A 4 ( &() 1=4AA > 4 1=4=A > 4 99;(&9 1=4(A ==4 ;2& 1)4AA 4 991 1(4=A 4 ( &() 194(( 4 ( &() 184)( > 444 184(A 4 1&41( >4 1&4)( 4 ( &() >A4=A > >A4=A4 &4(A 4 /2))1 91 -+!!0 1A4>A 5 4 /2))1 2*&7&9(& -+6-0 114(( =4 1>4AA =4 1>4>( = 4 991 1>4)( 4 99;(&9 1=41A 4 99;(&9 1)4AA 4 4 1)4>A =4 =4 1)4(A 4 99;(&9 1)4(( = 4 1(4AA >4 ( &() 1(4(A 5 >4 /?&,* 91 -+0 1841( >A1)4 ,;)*92&, 1/4AA =4 1/4=A 4 4 >A4AA 4 99;(&9 94(A 4 ( &() 84>A 4 ( &() &41( 4 ( &()1 ,* 2 2>2 /4)A 4 ( &() 1A4)( 54 991 114=A )4 1>4AA 4 2&9 1>41A 4 ( &() 1>4(( 4 ( &() 1)4AA 4 99;(&9 1(4=A 4 2&9 1(4=( 4 ;3&( 1941A 4 /<<1 9(& -+560 1&4(( )4 1/4=( 4 (*,<( &4AA ( 4 &4)( + + 54 99;(&9 &4(( 4 /*91 3 :@@-0 1A4AA ( 1A4 114AA 4 99;(&9 1=4AA (4 1=4)A 4 ,. 1)41A 4 ,. 1(41( " + 4 991 1(4=A 4 /2))9&, 9(& :@@@0 1&4)( + " 4 99;(&9 1&4(A ' ;&? >A4AA (4 94(( 4 2& 84>( 4 2&9 &4>A 4 2&9 /4>A 4 2&9 1A4A( 4 + 4 ( &() 1>4A( + 4 99;(&9 1>4>( 4 1=4AA 4 1)4A( 4 29,*& 1)4=( 4 2&91 1(4>( 4 29,*& 1(4(A 4 2&91 194(A 4 2& 184)A 4 2&91 1&4=A 4 1&4(( ;<*9;3 % ( 2&1 (&, 94AA 84 84(A 4 99;(&9 84(( 4 99;(&9 /4)( 4 99;(&91 114AA 4 991 114)A 5 + 4 99;(&91 1=4=A 84 1)4AA 8 + 4 1)4)A 4 ( &() 194)A 4 ( &()1 ,* &22 ,*> 2;*, &*&2 *9,*(( ;(& 1&41A 5 4 ( &()1 ,* ,$* 99(3 * >)2' 22> '3,* >A4AA 84 >A4=A 4 99;(&91 ,*; &((& 2;2 $*&. 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Io vi troverò Rete 4, ore 21.15 Amici e colleghi raccontano Troisi Repubblica italiana ecco come è nata A 20 anni dalla morte, lo speciale realizzato da Giorgio Verdelli racconta Massimo Troisi, con i contributi di amici e colleghi dell’attore e regista napoletano. Unici - Non ci resta che Massimo; Rai2, ore 21.10 2 giugno 1946. Gli italiani devono scegliere tra Monarchia e Repubblica ed eleggere i membri dell’Assemblea Costituente: nello speciale le fasi salienti di quelle votazioni. 2 giugno 1946: nascita della Repubblica; Rai Storia, ore 20.30 6,4,< 6,4,< 84AA 4 2& 84)( 4 2& &4=( 4 2& /4>A 4 2& 1A4A( 4 2& 114A( 4 2& 114(A 4 2& 1=4>A 4 2& 1)41A 4 ( &() 1)4(( 4 2& 1(4=( /A>1A4 2& 194>A 4 2& 184(A + 4 184(( 4 2& 1&4)( 4 2& 1/4=A 4 2& >A4>( 4 ( &() >141A 4 /?&,*01 "& & , &*', 1 >>4(A 4 2& >=4)A 4 2& 184(A 4 (' 3$,= 1&41( + 4 1&4=( 4 ;3& 1/4>A 4 ;3& >A4=( 4 99;(&9 >141( ( 4 92, >14>A 4 92, >>4(( 4 ,;)*92&, 6,4,< 184)A + 4 184)( 4 (*,<( 1&4=A 4 (*,<( 1/41( 4 2& >A41A 4 2& >141A 4 2&9 A4(A 4 &*&32& 6,4,< 1/4(( 4 ,;)*9& >A4A( 4 ,;)*9& >A4=A 4 ,;)*9& >141( + 4 ,;)*9& >14>A + 4 ,;)*9& >=4AA + 4 ,;)*9& 6,4,< 184=( + 4 184)A 4 1/4=A 4 >141( 54 2& >>4A( 4 2& 6,4,< 6%-<,.%<?4,< #.@4,< -774,< -84,< 184=A 4 29,*& 184(( 4 29,*& 1&4>A >A1=:>A1)4 99;(&9 1&4)( 4 ( &() 1/4=A 4 ( &() >A4>A 4 ( &() >141A 4 29,*& 184)A ! 4 99;(&9 1&4)A 4 99;(&9 >A41A ! 4 99;(&9 >>41A 4 99;(&9 /4A( 4 99;(&9 1A4=A 4 99;(&9 1(4AA /=4 194(A >4 2& >A4)A 54 >=4AA 4 ( &() 1)41( 4 99;(&9 194AA 4 99;(&9 184)( 4 ,;)*92&, 1/4=A 4 99;(&9 >>4(A .,29 194(( 1&4(( 1/4AA 1/41A 6,4,< 1/4=A 5 5 4 29,*& 1/4(A 54 29,*& >A41A 4 29,*& >14>A 4 29,*& >14=A 4 29,*& ,6,74.%#,7%<4,< 184>= 4 2&9 184=A 4 1/4>& +4 ( &() >A41= 4 ( &() >14A= 4 >>4(8 4 141/ 4 ,%-0<?4,< .%#,7%<4,< >A41A 4 2&9 >141A 4 /2))1 .;(& 73 :@@601 ,* =2 ,29,*1 >=41( 5 4 ,;)*92&, 1/4>A 4 ( &() >A41( 4 2& >A4>A 4 ( &() >1411 4 ( .2,"2)) " ,)4 9,19 >=41( 4 2& >=4)( ' 2&9 444 4 (&9> 84 4 991 4 99;(&9 >141A 4 ( &() >=41A + 4 ( &() <?>AAA4,< 1/4(( 4 >A4AA + 4 (&"&,* >A4=A 4 991 >A4(( 4 >14>A 4 >=41( 4 ( &() 39 italia: 51575551575557 Corriere della Sera Lunedì 2 Giugno 2014 Pay Tv Film e programmi Maratona di film con l’eroe Tom Cruise Tre kolossal celebrano Tom Cruise: «La guerra dei mondi» (foto), «Mission: Impossible 3» e «Jack Reacher-La prova decisiva». Gran finale con uno speciale sul nuovo film della star, «Edge of Tomorrow». In viaggio con Tom Cruise Sky Cinema 1 HD, dalle ore 14.35 Burton riporta in vita il cagnolino Sparky -Þ i> -«ÀÌ £Î°Óx 7 -/,/ ° Õ}>Ã] `ÀiÌÌ `> "° -Ìi i £nÇ] ÌiÀ«ÀiÌ> > «>ÀÌi `i ëÀi}Õ`V>Ì >vv>ÀÃÌ> ` 7> -ÌÀiiÌ i° -Þ i> ÕÌ £{°Îx 1,, " > «iV> V>Ì>ÃÌÀvV> ` -° -«iLiÀ}] V /° ÀÕÃi i ÀÕ ` Õ «>`Ài V i ViÀV> ` Ã>Û>Ài v}] ÌÌii ÌÀi V>``>ÌÕÀi >} "ÃV>À° -Þ i> £ £x°Îä "" ,- " 1 1 ½", Ã> `i iÜ }>`] iÃÌ>Ìi £Èx° Õi }Û> à >À> i `iV` ` vÕ}}Ài Ãii Ãi}Õi` Õ >ÌV ÃiÌiÀ i LÃV ° -Þ i> ÕÌ £È°£ä -6 / -/ Ài ÌiÀVÕÌÕÀ>i > ÀÌ ` « «° } ÌÛ Ûi Ü>À` µÕi ÌÀ> ° -Ìià i -° *>ÌÀV / >à m ÃÌ>Ì }Õ`V>Ì }À L>V° -Þ i> >Þ £È°Îx --" \ *"-- Î ½>}iÌi ëiV>i ÕÌ /° ÀÕÃi® ÌÀ> >âi] «>ÃÃ>` `> Õ V>« >½>ÌÀ `i `° V i > ,>° -Þ i> £ £Ç°xä - , Î , , / 1,"* iÝ] >ÀÌÞ] À> i i> à `iÌiÀ>Ì > ÌÀ>Ài i À < ` iÌÀ> *>À° >ÃV>Ì> ½vÀV> à ÀÌÀÛ> «iÀ¢ ÕÀ«>t -Þ i> Ìà £n°äx , "" 1 "// 6, " ½Àv> >à Ûii VÀiÃVÕÌ `>} >LÌ>Ì `i Û>}} i «>ÃÃ> } >Ì>i Õ> V>Ã> `ÛiÀÃ>° +Õ>` m ëÌi `i v>i}>i°°° -Þ i> >Þ £°£ä /,"**" > à Ài`i VÌ ` `ÛiÀ v>Ài VÌ V > v>}> `i> }i° > Ài}ÃÌ ` º+Õ>à >V»] µÕiÃÌ m À v «ÀiVi`iÌi° -Þ i> *>Ãà £°Îä -/1,/ // 1 /"*" " LÃ} ` >vviÌÌ ` Õ Ì«] ë}i ½>>i >` iÌÀ>Ài Vi iLÀ ivviÌÌÛ ` Õ> v>}> ` Õ>° ° >Ûð -Þ i> >Þ Ó£°ää " / -6,' > «iV> Ãi}> vÀÌÕ>Ì VÌÀ ÌÀ> ° ÌV VV i ° iÀ}>° *iÀ > ÃiµÕiâ> `i Ã}] V>LÀ¢ ->Û>`À >° 1 "ÃV>À° -Þ i> >ÃÃVà *, / -,* / ° Vi `iÃVÀÛi i £Ó Ãiâ> >VÕ vÌÀ] À>««ÀÌ ÌÀ> }iÌÀ i v}° -Þ i> ÕÌ ,/ 1", ½ "-/," /À>ÌÌ `>½ À>â ` Ài> Õi] i>ÀÌ m `ÀiÌÌ `> ° -vÌiÞ] V ° ÀÀi] ° «i iiÌÌ i *° iÌÌ>Þ° -Þ i> >Þ ," /9 *iÀ Ãi}ÕÀi Õ V>Ã] `iÌiVÌÛi Þ />}}>ÀÌ Ã ÌÀÛ> VÛÌ Õ ÃV>`> VÕ m «V>Ì >V i Ã`>V ` iÜ 9À° -Þ i> >Ý -iÀi /Û ÌÀ>ÌÌiiÌ ,>}>ââ VÕiÌ>À £{°£ä " - Ý vi £x°£ä 1 1" <<" Ý - E / Vi`i £È°£ä -- ÃiÞ >i £Ç°ää " 7/ " ÃiÞ >i £n°Óä 1-/ E 9 ÃiÞ >i £°äx "1- " 1- ,> Õ« Óä°ää /1 , Vi`i Óä°Óä / ,1- ,> Õ« Ó£°ää °-°° 7 9", Ý Ài 6 ½- " - Ý ,9½- /"9 Ý vi Ó£°äx /1//" ,/" ÃiÞ >i Ó£°£x ,9 Vi`i Ó£°Îä ° °/° , ÃiÞ >i Ó£°{x ,9 Vi`i Ó£°xx /- ÃiÞ >i ÓÓ°£ä <"9 £ä£ Vi`i £{°Óä 1,, ", -Þ 1 £x°£x , / ", 1 -Þ 1 £È°£ä -/, 1- -Þ 1 £Ç°äx 6-/ -*"- " /," -1" , £n°Îx "/ " - " -Þ 1 £°{ä 1 " "<, " Ý vi Óä°£x 1,, ", -Þ 1 Óä°Îä , *, *-- ½-" *,1/ i`à ӣ°£ä 1 ", -/, -* -Þ 1 ÓÓ°xä 1 1" Ó Ý vi Óΰäx /"1, ÃiÞ >i Óΰ£ä /"1, ÃiÞ >i ÓΰÓä ½- / / -Þ 1 ä°Óä /"* -Þ 1 £{°ää 9 // *" 9\ ½ < iÀ>} £x°äx /" i`à £x°Óx / // - "t >ÀÌ iÌÜÀ £È°ää "9 // - , i`à £Ç°ää 9 // *" 9\ ½ < iÀ>} £n°£x ½" "-/, -/ /", "°°° i`à £°äx ,9 Ó Óä°ää 1 , * >ÀÌ iÌÜÀ Ó£°äx - ""9"" 9-/,9 ° iÀ>} Ó£°£ä "9 // - , Ó 7 8 1 ,> Õ« £{°ää - *"--\ 7 ÃVÛiÀÞ >i £x°£ä " //" ÃVÛiÀÞ -ViVi £È°äx // -,/ ÃÌÀÞ >i £Ç°ää -/", ½1 6,-" ÃÌÀÞ >i £n°ää ÃÌÀÞ >i £°äx /"* , ÃVÛiÀÞ >i Óä°ää , +1//," ,1"/ ÃVÛiÀÞ >i Ó£°ää " //" ÃVÛiÀÞ >i " *5 *"/ / " " ÃÌÀÞ >i *,/",,' /1" " Ó£°£ä " //" ÃVÛiÀÞ -ViVi Ó£°Óx -/1* +1,/" >Ì> i}À>« V (/) 6 ) 14"' %"5,-# (.)62 ! ) (.)(2 ) (.)(. ) ,$"4$ "%$ (.)3 +) ,$"4$ "%$ (.)3& ) (.)/ ) ()2 ) 14"' %"5,-# () 6 )) +) 14"' %"5,-# () 3 ) (&)( ) ,$"4$ "%$ (&)23 ) (&)2/ ) 36)33 ) 36)3 ) 36) 6 ) 14"' %"5,-# 3()( ) ,$"4$ "%$ 3()( ) 3()( ) 3()( . ) 14"' %"5,-# Ó£°£ä ÓÓ°xä Óΰää Óΰ£ä ÓΰÓx 1 -*", ,1 "-- ½VÌÀ ÌÀ> ] À>}>ââ «>`Ài i LÝiÕÀ V>`iÃÌ] i -Ìj« >i] >``iÃÌÀ>ÌÀVi ` ÀV i À>ÃÌ> Ãiâ> }>Li `« Õ½V`iÌi° -Þ i> *>Ãà -"//" --" 7/ "1- "7 -Þ i> £ *," 6, ° "À` ÛiÃÌi «> ` iÛÀ>] VÕ VÕÀi m `Ûà ÌÀ> ,i ÀÌÙ -° iÀÞ® i V>Û>iÀi >VÌÌ ,° iÀi®° -Þ i> Ìà , " 1 ë>VV>ÌÀi ` ÓÓ > }>}}> i «iÀ] «âÌÌÉiÀ] «iÀ ÕVV`iÀi ÃÕ> >`Ài i V>ÃÃ>Ài ½>ÃÃVÕÀ>âi ÃÕ> ÛÌ>° -Þ i> ÕÌ ½1"" " " 1 Õ >>Ì `>> ÛÌ> >ÃÃ`> Õ ÃV>À «iÀ v>Àà ÕVV`iÀi° °*° i` i 1° `ÀiÃð ,i}> ` *° i ÀV>° -Þ i> >ÃÃVà / "" , *iÀ Õ> }Û>i ViÃÃ> ° ÃÌ®] > Ì> `i> ÛÌ> ` «ÀÛV> m à >««>ÀiÌi° i`> `i ÓääÓ° -Þ i> *>Ãà / *--, VÕ «>ÃÃi}}iÀ ` Õ Û >`À` ÌÌD `i iÃÃV à ÀÌÀÛ> > ÛÛiÀi iÌ ` «>V «iÀ Õ½«ÀÛÛÃ> ÃÌÕ>âi ` «iÀV° -Þ i> £ £{°ää -/\ *>Þvv -Þ -«ÀÌ Ó £x°ää / -\ /, <" , Óä£{ ," ,,",>-«ÀÌ £ £È°Îä ,19\ /"" -/,"9*+1 /« £{ -Þ -«ÀÌ Ó £Ç°{x "\ , , // " , 1 >«Ã i>}Õi -Þ -«ÀÌ £ £n°{x 6\ 8/, - Óä£Î 9>V Ì E -> Óä°£x ,19\ /,"" /"*" " -Þ -«ÀÌ Ó Óä°{x "\ 9 ,- 9>V Ì E -> Ó£°ää 7,-/ \ /- 7 " 77 ÕÀëÀÌ Ó£°Îä 7,-/ \ 6 / " /" ÕÀëÀÌ -/\ *>Þvv -Þ -«ÀÌ Ó ÓÓ°Îä "\ <<1,," , ", "\ / , £{ "6, Óä£Ó ,>-«ÀÌ £ ÓÓ°{x / -\ /- Õi v Ì i >Þ ÕÀëÀÌ ÓΰÎä 7,-/ \ 77 8/ -Þ -«ÀÌ Ó Óΰ{x / -\ "//6 ,>` >ÀÀà ÕÀëÀÌ ä°{x "\ <<1,," , ", "\ / , £È "//", Óä£Ó ,>-«ÀÌ £ Tim Burton, gotico e commovente, realizza un film in stop motion in cui un ragazzino fa rivivere l’amatissimo cagnolino Sparky (nell’immagine) con un elettrochoc e un fulmine. Frankenweenie Sky Family, ore 22.55 Cotillard prova a riconquistare la vita La complicata storia d’amore tra un pugile spiantato e Stéphanie (Marion Cotillard, foto con Matthias Schoenaerts), una istruttrice di orche che ha perso le gambe per un incidente durante uno spettacolo. Un sapore di ruggine e ossa Sky Cinema Passion, ore 21 A fil di rete di Aldo Grasso Il Giro è come la vita: una miniera di storie I l Giro d’Italia è una festa, almeno per me. Non saprei neanche spiegarne il motivo, so solo che la corsa in sé è più importante dei corridori. Mi spiego meglio: quelli che ho amato, quelli in cui mi sono identificato non ci sono più, vengono intervistati come vecchie glorie, a volte appaiono al «Processo alla tappa». Bisogna prendere confidenza con nomi nuovi: Quintana, Uran, Aru... Eppure, per tre settimane, l’appuntamento del pomeriggio è quasi un dovere, un rito. Il Giro resta pur sempre una Vincitori e vinti miniera di storie, di emozioni, di fatiche, di speranze, è un Cesare surrogato della vita in forma Prandelli sportivo-spettacolare. Cesare Il mio destino, però, non è Prandelli quello di partecipare alla festa, batte Nicole ma stendere rilievi tecnici. ParKidman. Prima serata tiamo dalle riprese. Ho l’imper Rai1, che manda pressione che la regia, mentalin onda la partita mente, non sia ancora passata amichevole «Italia all’HD. Sta troppo sulla corsa, Irlanda»: gli spettatori come le vecchie riprese calciper Prandelli e soci stiche stavano troppo sulla palsono 6.977.000, la. Salvo gli ultimi venti km, biper una share sognerebbe fare come al Tour: del 30,9% dare più spazio al paesaggio, farlo entrare, narrativamente, Nicole come un personaggio della Kidman corsa. La Rai ha affidato la teleNicole cronaca a Francesco Pancani e Kidman a Silvio Martinello che ha sostisuperata tuito Davide Cassani, diventato da Cesare Prandelli. nel frattempo ct della NazionaGioca in difesa, le. Diciamo che la coppia ha pensando a un ancora bisogno di rodaggio. pubblico femminile, Non è il caso invece di Salvo Canale 5, che manda in Aiello e Riccardo Magrini che onda «Australia», con raccontano bene da Eurosport. la Kidman: per L’aspetto più deludente, e mi 2.424.000 spettatori, spiace dirlo, è il «Processo alla e una share del 13,1% tappa». Da Alessandra De Stefano mi aspettavo molto di più. Il giochino di chi sta con Beppe Conti o con Stefano Garzelli (con adolescenziale cambiamento di posti, a seconda delle opinioni) è fragile. Bisognerebbe volare un po’ più in alto, visto che molti corridori hanno ormai superato in eloquio certi commentatori. Mai dimenticare che il Giro intreccia destini, di chi corre e di chi guarda, dando vita a una cerimonia passionale e fragile come il Paese che percorre. © RIPRODUZIONE RISERVATA Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv Il tenente Wayne si innamora di Marlene Un uomo senza scrupoli coinvolge nelle sue losche attività una cantante (Marlene Dietrich) di cui si innamora un ufficiale americano (John Wayne). Tutto si chiarirà con un’epica rissa. La taverna dei sette peccati Studio Universal, ore 21.15 ( )23 ) ( ) ) ! ) ( ) ) 14"' %"5,-# ()2 ) ! ) () 6 ) ,$"4$ "%$ (/)( ) 33)6 ) 33)(/ ) 33) . ) 33)6 + (3 ) 14"' %"5,-# 33) + ) 32)3 ) ,$"4$ "%$ 32) ) 6)23 ) ! ) 6) / ) ()66 * ! ) 14"' %"5,-# ()32 ) ! ) ()3. ) ,$"4$ "%$ ()2. ) 40 italia: 51575551575557 Lunedì 2 Giugno 2014 Corriere della Sera
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