Poste Italiane s.p.a.sped.in A.P.-D.L.353/03(conv.in legge 27/02/04 n.46)art.1comma 1-DCB Roma - Austria - Belgio - Francia - Germania - Grecia - Lussemburgo - Olanda - Portogallo - Principato di Monaco - Slovenia - Spagna € 5,50 - C.T. Sfr 6,60 - Svizzera Sfr. 6,80 - Inghilterra £ 4,70 Settimanale di politica cultura economia - www.espressonline.it N. 19 anno LX 15 maggio 2014 i baroni rampanti inchiesta raccomandazioni, scambi di favori, meriti ignorati. il concorsone voluto dalla gelmini per scegliere i professori, sommerso dai ricorsi, è un flop. e il ministro giannini annuncia: cambierà tutto, finirà la logica delle tribù e taglierò i fondi a chi non li merita CANTON PUTIN IN SVIZZERA IL TESORO DEGLI UOMINI LEGATI ALLO ZAR p. 44 dIVOrzIO BErLUSCONI VERONICA ChIEDE A SILVIO PIù DI MEZZO MILIARDO p. 56 VIAGGI TUTTE LE METE PER L’ESTATE. IN ITALIA E ALL’ ESTERO p. 122 Altan il sommario di questo numero è a pagina 31 15 maggio 2014 | |9 Roberto Saviano L’antitaliano Quel poliziotto dimenticato L Roberto Mancini aveva indagato sui rifiuti tossici nella Terra dei Fuochi. Pochi giorni fa è morto di tumore, “malattia professionale”. Ma tra i suoi colleghi che difendono i loro compagni accusati di violenze, nessuno si ricorda di lui a realtà è sempre complessa e lo è ancor di più se si prova a renderla facile, a semplificarla per guadagnare il consenso. O quando si tenta di appiattirla al servizio di comode logiche di appartenenza. Nonostante io sia scortato dai Carabinieri, e conosca talento e abnegazione degli uomini dell’Arma, non posso ignorare che i casi di Stefano Cucchi e Riccardo Magherini gettano ombre sulle forze dell’ordine, e le gettano tanto più perché la prima reazione delle autorità è stata tentare di minimizzare. Di fronte ai sospetti dell’opinione pubblica chi dovrebbe rendere conto con chiarezza ai cittadini tende a rispondere derubricando i comportamenti violenti dei poliziotti in eccessi colposi. Lo fanno per difendersi meglio sul piano giuridico, ma questo determina la sostanza, e finisce per erodere la credibilità delle istituzioni. C’è un’altra strategia poi, sempre la stessa, intollerabile. Si scava nella vita del morto per dimostrare che era un poco di buono. Che era un drogato. Che era un disadattato, un marginale. E così l’attenzione si concentra su vizi presunti o reali del morto senza chiedere conto a chi lo ha visto vivo per l’ultima volta come quel corpo si sia procurato ferite e contusioni mortali. Ci sono poi fatti che non possono passare sotto silenzio e che non è possibile non stigmatizzare. L’applauso ai poliziotti condannati per l’omicidio di Federico Aldrovandi durante il congresso del Sindacato autonomo di Polizia (Sap) è un atto vergognoso, ma l’indignazione non basta più. La strategia ormai è chiara: garantire ai poliziotti la serenità che qualunque cosa accada - possono sbagliare, finanche uccidere ed essere condannati - quel sindacato sarà sempre al loro fianco. Il segretario generale del Sap, Gianni Tonelli, trova spazio sulla peggiore stampa italiana, e da quei pulpiti arriva ad affermare una cosa che fa accapponare la pelle, ovvero che la polizia è stanca di stare sulla difensiva.Affermazione gravissima, che varrà la pena di ricordare quando il prossimo poliziotto calpesterà un essere umano credendolo uno zaino. C’è poi il meccanismo per disinnescare Se ne parla su www.espressonline.it le critiche che fa leva sull’eroismo e sull’onestà della stragrande maggioranza di poliziotti e carabinieri. Se un poliziotto sbaglia, si ricorda la scorta di Giovanni Falcone morta durante il servizio, senza farsi scrupoli nell’accostare persone oneste morte da eroi ad assassini in divisa. Spacciano l’appartenenza al corpo per garanzia, ma le azioni e le volontà sono individuali. Un uomo salvato da un poliziotto non giustifica un uomo ammazzato o maltrattato da un altro poliziotto: è una banalità, ma deve essere chiara, altrimenti non sarà mai possibile raccontare un’altra polizia. Una polizia che non riceve applausi, che lavora in silenzio, che vive e muore in silenzio. roberto mancini è stato un poliziotto vero. È morto lo scorso 30 aprile, ucciso da un tumore sviluppato per aver fatto bene il proprio lavoro. Da commissario della Criminalpol, negli anni Novanta, Mancini aveva indagato sul traffico di rifiuti tossici in Campania e compiuto continui sopralluoghi nella Terra dei fuochi. Già nel 1996 aveva denunciato un consistente e pericoloso traffico di rifiuti, facendo nomi e cognomi. Uno dei protagonisti assoluti di quel traffico, l’avvocato Cipriano Chianese, oggi è agli arresti domiciliari dopo che - secondo le accuse - avrebbe smaltito illegalmente rifiuti provenienti dal Nord, costruendo un impero economico. A Chianese sono stati confiscati beni per 82 milioni di euro; Mancini ha ricevuto dallo Stato solo 5mila euro come indennizzo per il cancro che alla fine l’ha portato alla morte. Ho cercato ovunque una dichiarazione di Gianni Tonelli su Roberto Mancini, ma non ho trovato nulla. Dopo Genova, dopo i casi Cucchi, Uva, Aldrovandi, non possiamo più solo indignarci. C’è bisogno di una riforma legislativa a tutela della stragrande maggioranza di poliziotti e carabinieri che svolgono il proprio lavoro con senso di responsabilità. È il momento di introdurre il reato di tortura. Solo in questo modo si darà la possibilità effettiva al cittadino di sentirsi tutelato. E ai corpi di polizia di non vedere sviliti il loro lavoro e la loro credibilità a causa di chi non merita di vestire alcuna divisa. 15 maggio 2014 | | 11 Michele Serra Satira preventiva E Iva stravince il Premio Neuro È Foto: P. Bossi / AGF La Zanicchi superfavorita per il popolare riconoscimento assegnato ogni anno alla dichiarazione più delirante. Il suo “ti vomiterei in bocca” non teme confronti: né con Gasparri, né con gli energumeni della rete quasi pronta la cinquina dei finalisti del Premio Neuro, che incorona l’italiano/a che si è distinto per la dichiarazione pubblica più delirante dell’anno. Secondo i bene informati Silvio Berlusconi (vincitore con largo margine nel 2010 per la dichiarazione «Entro tre anni sconfiggerò il cancro» e nel 2009 per «Mi dicono che Eluana Englaro può avere dei figli») potrebbe non fare parte della cinquina: e sarebbe la prima volta nella storia del premio, che ha sempre visto Berlusconi puntare con decisione alla vittoria finale. La sua dichiarazione in concorso quest’anno («Sono un perseguitato dalla giustizia») risponde certamente a quei requisiti di sfrontatezza, illogicità e inverosimiglianza che hanno fatto la storia del Neuro; ma ha il difetto di essere già edita da parecchi anni. Questi gli altri probabili candidati. Iva ZanIcchI «Vomiterei in bocca alla professoressa di liceo che ha consigliato ai suoi studenti di leggere il libro di Melania Mazzucco». Con questa dichiarazione resa a Radio 24 la popolare eurodeputata è favoritissima per il Neuro 2014. La critica apprezza in particolare la formula davvero molto fantasiosa della minaccia (“vomiterei in bocca”), che avrebbe un solo precedente, molto remoto, in un verbale di interrogatorio custodito negli archivi del manicomio criminale di Minneapolis. Gli organizzatori della cerimonia di premiazione, che si terrà come ogni anno a Roma nella suggestiva cornice del Colosseo, sono entusiasti di Iva, ma hanno chiesto che venga sedata almeno durante la diretta televisiva. Laura casteLLI Commentando l’assalto al Pd torinese durante il corteo del Primo Maggio, la deputata delle Cinque Stelle ha accusato il Pd di essere responsabile delle aggressioni contro se stesso perché «il popolo non accetta più di vedere certe facce in strada». È una variante molto interessante della vecchia battuta “non sono io che sono razzista, sei tu che sei negro”. I giurati sono rimasi favo- Se ne parla su www.espressonline.it revolmente colpiti dalla faziosità cristallina della Castelli, ma è difficile che possa competere, in un duello tutto al femminile, con la Zanicchi, perché le sue parole, pur avendo i necessari requisiti di arroganza intimidatoria, non hanno quella carica di tenebrosa perversione che rende irraggiungibile la rivale. Secondo la critica una certa piattezza verbale impedisce ai grillini, almeno per adesso, di competere ad armi pari con la dialettica deragliante alla quale ci ha abituato l’Italia berlusconiana. Lo dimostra il prossimo candidato. MaurIZIo GasparrI «Fossi il padre della Littizzetto mi butterei dalla finestra. È una lustrascarpe dei comunisti». Basteranno queste efficaci ma incomplete espressioni di odio a fare entrare Gasparri nella cinquina dei finalisti del Neuro? Secondo la critica più attenta, si tratterebbe solo dell’inizio di un’invettiva molto più articolata, che prevedeva anche maledizioni bibliche, urla rituali e l’esplosione di alcuni colpi di revolver in aria. Il popolare uomo politico non sarebbe riuscito a completarla perché sopraffatto da uno sbalzo di pressione: ma la giuria, nel valutare la prestazione di Gasparri, saprà tenere conto di questo sfortunato incidente? IL sap La standing ovation ai colleghi condannati per l’uccisione di Aldrovandi potrebbe portare a una candidatura collettiva degli iscritti a quel sindacato. Si dice che molti giurati siano rimasti incantati dalla capacità di esprimere, senza bisogno di pronunciare una sola parola, una violenza così ferina e così malposta, perfetta per meritare il Neuro 2014. IL web Nella relazione della giuria si può leggere che «per quanto efferati, per quanto virulenti, le migliaia di insulti nevrastenici rintracciabili sul web non riescono a eguagliare il “ti vomiterei in bocca” della Zanicchi. Si è pertanto deciso, almeno per quest’anno, di non selezionare alcuno degli energumeni, pur promettenti, che agiscono in rete: devono ancora crescere». 15 maggio 2014 | | 13 Piero Ignazi Potere&poteri Caro Pd, sbagli a demonizzare Grillo I Partiti e osservatori sottovalutano e vedono con fastidio il Movimento 5Stelle. Come già accaduto con la Lega e Forza Italia. Invece il fenomeno è destinato a crescere, finché non si prosciugano le fonti del nostro malessere l Movimento 5 stelle viene comunemente trattato da politici e mass media con un misto di sufficienza e fastidio, come fosse un impiccio transitorio. Non è la prima volta che fenomeni nuovi della politica italiana vengono guardati dall’alto in basso dalla classe politica tradizionale: basti ricordare l’ostilità con cui i partiti storici (socialisti esclusi) accolsero i radicali negli anni Settanta, o le irrisioni al sorgere della Lega e della prima Forza Italia. Nel caso del M5S si ripetono gli stessi errori di valutazione, o meglio, di sottovalutazione. Con una aggravante in più: la dimensione del fenomeno. Si dimentica che sul territorio nazionale i grillini sono stati i più votati di tutti (il Pd ha riguadagnato il primo posto solo grazie al voto degli italiani all’estero). Un quarto degli italiani residenti gli ha dato fiducia; e, ad eccezione delle province lombarde e di alcune in Campania, il M5S è sempre il primo o il secondo partito. Non solo: il movimento di Grillo si è rivelato l’unico partito “nazionale” in quanto i suoi consensi sono distribuiti uniformemente su tutto il territorio con variazioni limitate da regione a regione. Dopo un anno il M5S ha mantenuto, grosso modo, il suo bacino di consensi. E questo nonostante una serie di handicap, dalla qualità mediamente scarsa della sua classe parlamentare (disastrosa la scelta dei primi due capigruppo Vito Crimi e Roberta Lombardi), al vortice delle espulsioni per lesa maestà, dalla girandola delle dichiarazioni improvvide del leader, al rapporto conflittuale con tutte le altre forze politiche e con i media. La sua resistenza e forse anche la sua espansione è frutto di una precisa scelta strategica, quella dell’autoemarginazione. A seguito del clamoroso successo delle politiche il Movimento 5 Stelle ha alzato ponti levatoi e sbarrato porte per paura di contaminarsi con la politica tradizionale. Un comportamento, questo, comprensibile in una nuova formazione che teme lo snaturamento e il lavorìo per file interne degli avversari; solo che i grillini sono arrivati a sfiorare la paranoia. E adesso non è facile Se ne parla su www.espressonline.it cambiare strada perché se il M5S uscisse da questo suo arroccamento e accettasse di confrontarsi con il mondo esterno, accogliendo l’idea che discutere, trattare e cercare accordi è la normalità della democrazia e non una pratica delittuosa, perderebbe buona parte della sua ragion d’essere. Che è quella di essere “altro”. Di contrapporsi frontalmente a tutti: o noi o loro ripete sempre Beppe Grillo. È Da questa raDicalità che trae il sostegno elettorale. Finché il Movimento si caratterizzava soprattutto per le sue cinque stelle (trasporti, rete, sviluppo e riciclo, acqua pubblica, ambiente) e rappresentava una nuova versione di un partito ecologista e postmaterialista, difficilmente avrebbe sfondato. Solo inondando tutto questo con una critica feroce al sistema dei partiti e alla classe politica ha fatto il salto di qualità. E le sue potenzialità di sviluppo non sono esaurite: perché esiste nel nostro paese un serbatoio di insoddisfazione e di scontento nell’opinione pubblica ben più ampio di quel 25 per cento raccolto l’anno scorso; perché in questo grande serbatoio sono presenti soprattutto i giovani tra i 18-40 anni, quelli che costituiscono l’ossatura dell’elettorato grillino (secondo alcuni sondaggi in quella fascia di età il M5S raggiunge il 40 per cento); perché è in atto uno scongelamento delle fedeltà partitiche, soprattutto a destra, che consente di attrarre ulteriori consensi. Per tutte queste ragioni il fenomeno grillino non è destinato ad esaurirsi subito, ed è meglio “prenderlo sul serio”, cercare di capirlo per quello che è e fa, e per le risorse sulle quali può contare. Grillo oggi da voce al “malessere dell’Italia”, così come, anni or sono, la Lega veicolava quello del Nord. È un malessere generalizzato, ampio e trasversale. Che interroga in primis il Pd, l’unico in grado di rispondere a questa crisi. La sfida lanciata da Grillo - “o noi o loro” - investe il Pd, mentre la destra e Berlusconi sono fuorigioco e non a caso il leader dei M5S non se ne cura più). Per vincere questa sfida non bastano due o tre formulette demonizzanti. Vanno prosciugate le fonti del malessere dell’Italia. 15 maggio 2014 | | 15 Innocenzo Cipolletta Si può fare Tagliare la spesa e crescere lo stesso C Mettere in ordine i conti pubblici non è certo sufficiente a far partire la ripresa economica. Ma le due cose non sono per nulla incompatibili. Ecco qualche ricetta da adottare immediatamente. Rispettando anche l’equità sociale 16 | | 15 maggio 2014 ome rilanciare la crescita riducendo la spesa pubblica? L’Italia e altri paesi europei sono alle prese con questo dilemma che sembra d’impossibile soluzione. La speranza che bastasse mettere in ordine i conti pubblici per vedere la ripresa economica è morta subito, perché essa abitava solo nella mente di qualche dilettante liberista. In effetti i tagli di spesa pubblica hanno generato in tutta l’Europa un clima di deflazione, con il risultato che il reddito è sceso anche in termini di valore. In Italia il Pil è calato dello 0,6 per cento in valore nel 2013, ciò che ha contribuito alla crescita del rapporto Debito/Pil, a significare che le politiche di sola austerità non servono neppure agli scopi per cui esse sono state concepite. Se non Si può aumentare il disavanzo pubblico e bisogna ridurre il debito, allora la strada da percorrere è quella delle modifiche nella composizione della spesa e delle entrate pubbliche. Un po’ quello che ha già fatto Renzi con il bonus di 80 euro in busta paga. Questo bonus è stato finanziato anche con nuove entrate fiscali, tanto che qualcuno sostiene che il suo effetto sui consumi sarà nullo perché le famiglie riceveranno qualche soldo in più ma pagheranno anche qualche tassa in più. Ma non è così. Se si aumentano le tasse su chi ha redditi elevati e si danno soldi a chi ha redditi bassi, aumenta la spesa per consumi, perché i bassi redditi spenderanno tutte le nuove risorse mentre gli alti redditi avrebbero risparmiato parte del reddito assorbito dalle nuove tasse. In effetti, è possibile puntare su una maggiore crescita della domanda anche senza aumentare il disavanzo pubblico, agendo sulla composizione delle spese e delle entrate. Ma qui si tratta di far crescere un po’ anche l’inflazione per avere un Pil che cresca anche in valore. Ecco allora una modalità. Lo Stato trasferisce al settore dei trasporti (treni, autobus, navi e aerei) somme non trascurabili alfine di mantenere basse le tariffe e consentire agli italiani spostamenti accessibili. Questa è una pratica seguita in tutti i paesi, ma nel nostro si è esagerato. Il costo dei biglietti per i trasporti nelle città e fra le città è estremamente basso rispetto a quello di altri paesi. Non solo, ma tale costo basso non è riservato a chi ha bisogno di spostarsi per lavoro o studio e non ha un reddito sufficiente. Il costo è basso per tutti, ricchi e poveri, turisti e lavoratori. Lo Stato potrebbe ridurre significativamente questi trasferimenti e far aumentare di conseguenza le tariffe dei trasporti. Per tutelare le categorie che avrebbero i maggiori danni da questa misura, si potrebbero istituire degli abbonamenti a prezzo ridotto individuali relativi ai soli percorsi (andata e ritorno) per lavoro e studio nei soli giorni lavorativi della settimana. Così facendo, sarebbero tutelate le categorie bisognose, i prezzi del trasporto aumenterebbero generando maggiore gettito per le società di trasporto (in genere pubbliche) e ci sarebbe anche una maggiore inflazione che “aiuterebbe” la crescita del Pil in valore. Un discorso analogo andrebbe fatto per i trasferimenti ai Comuni. Questi trasferimenti andrebbero ridotti o aboliti e andrebbe consentito ai Comuni di aumentare le tasse locali sulla casa fino alla loro compensazione. I soldi risparmiati dallo Stato andrebbero utilizzati per finanziare il sistema d’indennità di disoccupazione universale, che includa anche chi perde un lavoro temporaneo (oggi 3 milioni di disoccupati non hanno alcuna indennità). Così facendo, le indennità per i disoccupati sarebbero pagate dai proprietari delle case con un sistema che distingua chi ha una casa di lusso da chi ha una abitazione modesta. Ci sarebbe più giustizia sociale e maggiore crescita, perché ne beneficerebbe la domanda di consumo. Le vie per aumentare la crescita economica a parità di disavanzo pubblico non sono infinite, ma quelle che esistono vanno imboccate rapidamente. Se ne parla su www.espressonline.it Riservato a cura di Riccardo Bocca / Stefano Livadiotti stragi in senato | fellini senza finanziamenti | a bordo con bergoglio | niente saluti da monti | uffizi per ferragamo Eventi teatrali PaLazzo Chigi Marina B. Show Chi farà la parte di Marina? In gran segreto è scattata l’operazione Evita, cioè la costruzione del personaggio Marina Berlusconi nell’immaginario collettivo, in vista di una sua discesa in campo per raccogliere l’eredità politica del padre. Il modo scelto è originale. Non apparizioni in tv, bagni di folla, servizi su riviste patinate, ma la scena per eccellenza: quella teatrale. Il testo è pronto. La pièce userà l’escamotage drammaturgico dell’intervista-confessione per rappresentare la figura umana e possibilmente anche pubblica di Marina B.. Pronta è anche la cornice, vale a dire l’occasione in cui gli spettatori potranno fondersi, dalla platea, con i conflitti interiori del personaggio, chissà se in versione di autoanalisi alla Strindberg o con l’epica alla Bertolt Brecht. Lo spettacolo aprirà infatti il festival di Todi, che si tiene ogni anno a fine agosto nella cittadina umbra: una volta creatura di Enzo Siciliano e oggi diretto dall’antiquario Silvano Spada. Unico problema, manca l’attrice. La protagonista non è stata ancora individuata, e già qualche candidata ha detto no. C’è da capirle. Con quel ruolo aNTiDRoga E aNTigioRNaLi lA PrESIDENtE DI fININvESt MArINA BErluSCoNI appiccicato addosso, non sarà facile poi interpretare, poniamo, una Maria Stuarda o magari una Ofelia. P. P. La presidenza del Consiglio chiede soldi a undici quotidiani per un’inchiesta sull’uso dei finanziamenti statali per la lotta agli stupefacenti. Un’iniziativa senza precedenti, portata avanti dall’avvocatura dello Stato per conto di Palazzo Chigi e del Dipartimento politiche antidroga: al centro degli articoli sono proprio le iniziative condotte a Verona da Giovanni Serpelloni, che dal luglio 2008 guida la struttura governativa incaricata di contrastare la diffusione degli stupefacenti, e che prima era dirigente della Asl della città veneta. Colpisce soprattutto la decisione presa dall’esecutivo mentre era premier Enrico Letta di procedere con lo strumento della causa civile, chiedendo 800 mila euro ai direttori de “la Repubblica” e di altri dieci testate locali del gruppo l’Espresso, oltre ai giornalisti autori delle inchieste e all’ex eurodeputato Franco Corleone, intervistato negli articoli. T. M. Elezioni a Bari Cnel Il dialetto e la sgrammaticatura entrano nella campagna elettorale dei principali candidati sindaci di Bari. Per il Pd Antonio Decaro, dopo il video “Sciamanin” (che significa “andiamo”) dove ha recitato con la ministra Maria Elena Boschi ottenendo una pioggia di critiche a livello nazionale, arrivano anche i manifesti con lo slogan tra l’italiano e il dialetto «Il mio sindaco non mi acchia la fatica (cioè “trova un impiego”) ma crea lavoro per Bari». Non ha voluto essere da meno il candidato del centrodestra Domenico Di Paola, che dopo aver cambiato agenzia e slogan in corsa, passando da “C’è Di Paola” che faceva un po’ Guevara a “Bari Merita” declinato in «più pulizia”, più turismo, più lavoro» ha lanciato il manifesto 6x3 “Bari merita tu”. A.Cal. Pochi giorni dopo che il premier Matteo Renzi aveva annunciato l’intenzione di chiudere il Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), costoso cimitero degli elefanti per ex sindacalisti, imprenditori e professori rottamati, nel quadro della lotta alla burocrazia, il presidente della Commissione bilancio della Camera Francesco Boccia, lettiano di ferro, ha convocato proprio il vertice del Cnel per un parere sul Def, il Documento di economia e finanza. Ad Antonio Marzano, l’ex ministro dello Sviluppo economico di Silvio Berlusconi, da anni parcheggiato al vertice di Villa Lubin, non è parso vero, dopo mesi di polemiche sull’inutilità del suo ente. Così si è precipitato alla Camera in pompa magna, scortato da una delegazione di quattro funzionari. R.M. foto: Imagoeconomica Campagne sgrammaticate Cimitero, ma sempre utile 15 maggio 2014 | | 19 Riservato Sanità / 1 MAL di TRASPARENZA Liste d’attesa secretate, bilanci non resi pubblici, bandi e concorsi noti solo agli addetti ai lavori, nessun elenco delle strutture sanitarie private accreditate. Il quadro della sanità italiana che emerge da un monitoraggio sulla trasparenza nelle Asl promosso da una rete di associazioni - Libera, Gruppo Abele, Illuminiamo la salute, Sos Sanità, Tribunale per i diritti del malato, Cittadinanzattiva - è, a loro detta, «sconfortante». Appena 18 Aziende sanitarie locali (il 7,4 per cento), infatti, sono risultate in regola con la legge 33 del 2013 sulla traSANITà CALABrESE sparenza. Fanalino di coda le regioni meridionali: due terzi delle Asl calabresi non pubblicano le liste d’attesa (mentre nella vicina e virtuosa Basilicata, al contrario, lo fanno tutte); in Molise la pubblicità di bandi e concorsi è prossima allo zero; mentre in Abruzzo e Campania è quasi impossibile conoscere i bilanci e l’elenco delle strutture private accreditate. Infine, appare quasi una presa in giro la norma che prescrive alle Asl di organizzare almeno una volta all’anno una “giornata della trasparenza”: lo ha fatto l’1,65 per cento delle strutture esistenti. A. Mas. iNTANTo RiSoRgE LA cuRA di bELLA «Può ritenersi attestata una soggettiva utilità del multitrattamento Di Bella, che non risulta in contrasto con il principio della non condivisa validità terapeutica della cura». È con questa motivazione che lo scorso 14 aprile il giudice del lavoro del Tribunale di Brindisi, Maria Cristina Mattei, ha imposto all’Asl di somministrare gratuitamente per un anno i farmaci della terapia Di Bella a una paziente affetta dalla sindrome di Von Hippel-Lindau che aveva presentato ricorso d’urgenza, invocando la tutela del diritto alla salute. Nel settembre del 2012 alla paziente, che aveva già subito vari interventi chirurgici per l’asportazione di neoplasie al cervello e al midollo, erano stati diagnosticati carcinomi a entrambi i reni. Scartata la chirurgia, ritenuta non risolutiva, aveva scelto di ricorrere al trattamento Di Bella, sostenendo che in poco più di un anno - a quanto risulta dalla documentazione prodotta e da una consulenza tecnica - ne avrebbe favorito il contenimento e la regressione. Pi. Fal. 20 | | 15 maggio 2014 PAese % DiPenDenzA energeTicA 1 Malta 100,00% 2 Lussemburgo 97,40% 3 Cipro 97,00% 4 Irlanda 84,80% 5 ItaLIa 80,80% 6 Lituania 80,30% 7 Portogallo 79,50% 8 Belgio 74,00% 9 Spagna 73,30% 10 Grecia 66,60% 53,40% parlaMeNto iN cifre 794 Mtoe (equivalente dell’energia prodotta da un milione di tonnellate di petrolio): è stata questa la produzione interna di energia primaria nell’Unione. Il nucleare ha rappresentato il 29 per cento della torta, seguito dalle rinnovabili (22), dai combustibili solidi (21), dal gas (17) e dal petrolio (11). a cura dell’associazione Openpolis contro Terna Nimby a casa Marcegaglia I Marcegaglia cedono alla sindrome Nimby. Così, almeno, suggerisce l’ultima battaglia della dynasty dell’acciaio, contro lo spostamento dell’elettrodotto che va da La Spezia alle colline pisane. Nel progetto di Terna, pronta a cambiar volto a splendidi paesaggi della Lucchesia, la popolazione vede pericoli tanto per la salute quanto per il valore delle proprietà, compresa quella di Antonio Marcegaglia, timoniere del gruppo di famiglia con la sorella Emma, ex leader di Confindustria. Postisi alla guida del comitato di protesta toscano, i manager del colosso siderurgico, in una recente assemblea pubblica a Lucca, hanno incalzato a suon di domande un malcapitato ingegnere di Terna. Al gestore della rete, ora, serve il via libera del ministero dell’Ambiente retto da Gianluca Galletti. Ovvero il delfino di quel Pierferdinando Casini con cui Emma Marcegaglia coltiva un’antica amicizia. T. W. Foto: F. Mollo - Agf sono passati ormai quasi dieci mesi dalla condanna a quattro anni per concussione, inflittagli dal Tribunale di Pescara, nell’ambito del processo sulla sanitopoli abruzzese. Ma nonostante il codice di comportamento sportivo del coni parli chiaro («i componenti delle federazioni sportive, che sono stati condannati, ancorché con sentenza non definitiva, sono automaticamente sospesi»), l’ex deputato del Pdl sabatino Aracu resta ancora presidente della Fihp, la Federazione italiana di hockey e pattinaggio. il presidente del coni, giovanni Malagò, ha fatto sapere di non poter fare nulla per costringere Aracu a fare un passo indietro «perché il codice di comportamento sportivo, che prevede la sospensione in caso di condanna, deve essere recepito dalle singole federazioni». e la Fihp non lo ha fatto. g. Pagl. La crisi internazionale fra Russia e Ucraina ripropone il tema delle dipendenza energetica europea. a seguire i Paesi Ue che per la propria industria e i propri consumi devono ricorrere maggiormente a importazioni. Media Ue Sanità / 2 Sabatino Aracu condannato ancora in pista dipeNdeNza Molto eNergetica Riservato Marco Damilano Tagliate quelle Camere Arriva la stretta sugli stipendi anche ai vertici delle Camere di commercio italiane. Il ministero dello Sviluppo economico ha infatti IL MInISTRo FEDERICA GuIDI emanato una direttiva che estende a questi enti il divieto di superare, per la remunerazione dei loro vertici, il compenso del primo presidente della Corte di Cassazione (311 mila euro lordi l’anno). Cifra che dovrà ora probabilmente scendere ai 240 mila euro riconosciuti dal presidente della Repubblica. Al dicastero retto da Federica Guidi si sono accorti che molte Camere di commercio, grazie al cumulo delle cariche dei loro vertici, arrotondavano non poco gli emolumenti erogati. Tra i casi più clamorosi, quello del segretario generale (da ben tredici anni) della Camera di Milano, Andrea Chevallard, la cui retribuzione annua lorda risultava di soli 43 mila euro ma che sfiorava invece i 200 mila lordi grazie ai suoi altri incarichi: direttore dell’Unione delle Camere lombarde, consigliere della Fiera di Milano, amministratore delegato di altre due società, presidente dell’Accademia del Teatro alla Scala, presidente del collegio sindacale di Infocamere. Senza parlare della parte variabile fino ad un massimo di quasi 60 mila euro. R.M. Museo Fellini Tante promesse, pochissimi soldi Dal ministero ai Beni culturali solo un assordante silenzio. Da Bruxelles e dalla Regione Emilia Romagna molte promesse ma nessun finanziamento. Il progetto di un museo dedicato a Federico Fellini, con tanto di centro studi internazionale sulla sua opera, rischia a Rimini di rimanere un bel sogno. Dopo la chiusura della fondazione a lui dedicata, oggi in liquidazione, a crederci davvero nella possibilità di realizzare un’area espositiva - 50 sale su due piani nel vecchio ospedale di Rimini - è rimasto solo il Comune della città natale del grande regista. Tra bozzetti, costumi di scena, come quelli di “Casanova” e “Roma”, lettere, scenografie originali e disegni (tra i quali quelli del “Libro dei sogni”, valore 800 mila euro), il museo dovrebbe offrire un affresco della genialità di uno dei più acclamati protagonisti della storia del cinema. Il sindaco Andrea Gnassi lo ha indicato tra gli obiettivi del mandato legislativo, da inaugurare quindi, entro due anni. Ma, almeno per ora, non ha compagni di viaggio. N.R. Stragi nazifasciste al Senato A settant’anni dagli eventi, i sopravvissuti alle stragi nazifasciste sono stati ricevuti con tutti gli onori a Palazzo Madama. Accompagnati dai sindaci dei Comuni di provenienza, lo scorso 24 aprile sono stati ricevuti dal presidente del Senato Pietro Grasso e hanno assistito a un convegno nel quale il procuratore militare Marco de Paolis ha ricostruito i 18 processi seguiti al ritrovamento, nel 1994, del cosiddetto “armadio della vergogna”: 695 fascicoli occultati presso l’archivio della Procura generale di Roma. Le 56 condanne all’ergastolo di nazisti non sono mai state eseguite, e appunto per questo il giornalista Franco Giustolisi (che scoprì il famoso armadio) ha chiesto il rispetto delle sentenze, una conta precisa delle vittime e l’istituzione di una giornata della memoria. Grasso ha assicurato l’impegno a perseguire i crimini nazifascisti, nonostante siano passati decenni, per «inchiodare i responsabili alle proprie colpe, siano essi tedeschi o italiani». A. Mas. 22 | | 15 maggio 2014 MONTI MANGIA E NON SALUTA Probabilmente non ci vedeva più dalla fame. Fatto sta che entrando in un ristorante di Roma, l’ex premier Mario Monti non si è accorto che tra quei tavoli stava cenando anche Andrea Vecchio, deputato di Scelta civica (il partito proprio da Monti fondato). «Ha fatto finta di non conoscermi e non mi ha salutato», ha detto Vecchio. Irritato al punto che ha annunciato l’addio al partito, e poi però ci ha ripensato. G. Pagl. Top e FLop TOP PIERO FASSINO Ma come, non volevate una sinistra vicina al popolo, al passo con i tempi? Eccola! Matteo Renzi sfotte su Twitter i rosiconi (ci manca il gesto dell’ombrello), nella lista Tsipras ostentano il lato B e perfino il compassato sindaco di Torino si adegua sventolando in piazza il dito medio. Al diavolo l’abito istituzionale, lasciamolo agli statisti. Adesso è l’ora dei problem solvers, dei Gennaro ’a Carogna... FLOP LICIO GELLI Il capo della P2, «il più abile pataccaro dei nostri tempi», lo chiamano Massimo Teodori e Massimo Bordin in “Complotto!” (Marsilio), a 94 anni rimbalza da Andreotti a Berlusconi a Renzi, invocato il Primo maggio come burattinaio del premier. Tristissimo il Paese che ha affidato a un massone di provincia qualcosa di più dei segreti di Stato: la sua cattiva coscienza. TOP PHILIPP ACHAMMER A 28 anni è assessore provinciale, recordman di preferenze e ora segretario dell’Svp con il 94 per cento dei voti. Nello spot elettorale, tutto in tedesco, usa lo slogan “Neu starten”. Più che un Renzi del Sud Tirolo, guardatelo, con il riporto ai capelli e i modi felpati, un divo Giulio altoatesino. FLOP EMANUELE SEVERINO «Lei ha fede in Dio?». «Deduco da questa domanda che lei non ha mai letto un mio libro». Strepitoso scambio tra il filosofo dell’Essere e Roberto D’Agostino a “Otto e mezzo”. Sconfitto il pensatore che nega l’esistenza del divenire, perché nel flusso tv tutto scorre, quel che si è scritto e meditato, la verità. Foto: M. L. Antonelli - Agf, F. Cavassi - Agf, I. Moschin - Agf, S. Campanini - Agf Spending review riservato vaticano quanti arGentini con FranceSco Effetto Bergoglio sulla lista dei 73 cronisti ammessi al volo che porterà il Papa in Terra Santa il 24 maggio. Tra i prescelti una giornalista argentina che Bergoglio ha particolarmente a cuore, Alicia Barrios di “Crónica», «la que más sabe del Papa», quella che meglio conosce il pontefice, sua amica di vecchia data, autrice del libro “Mi amigo el padre Jorge” e ormai habitué in Vaticano. Salirà sul volo papale insieme al marito, Hernan Bernasconi, l’ex giudice che fece arrestare il manager di Maradona, avvocato dei desaparecidos, lui stesso sequestrato e torturato. Oltre a loro, ci saranno gli inviati del “Clarín”, de “La Nación”, di “Radio Continental”. Più il cameraman di “Canal 13”. Tanti argentini sul volo del Papa non si erano mai visti. Quattordici invece gli italiani, inviati di “Avvenire” e “Telepace” compresi. Con Ratzinger nel 2009 in Terra Santa erano in 25 su 70. Con l’avvento di Bergoglio i posti “riservati” si sono ristretti. Ma. Ge. uN’IMMAGINE DI PAPA BErGoGLIo Sotto accuSa la riviSta aziendale Aprile 2014: share (in %) delle reti e confronto (indicato dalla freccia) con il mese precedente. Gli ascolti includono il dato in diretta e differito GIoRno MEdIo (02:00-02:00) ToP GEnERALISTE Rai 1 16,67% ▼ Canale 5 15,68% ▼ Rai 3 6,85% = Rai 2 6,83% ▲ Italia 1 5,86% ▼ Rete 4 5,21% = La7 3,58% = ToP CAnALI nATIVI dIGITALI Real Time 1,46% ▲ Dmax 1,43% ▲ Rai Yoyo 1,38% = Iris 1,32% = Cielo 1,23% ▲ Top Crime 1,03% ▲ Boing 1,00% ▲ PRIMA SERATA (20:30-22:30) Rai 1 Canale 5 Rai 3 Rai 2 Italia 1 Rete 4 La7 Premium Calcio/HD Iris Sky Sport 1 Dmax Cielo Top Crime Rai Movie 17,51% 15,05% 7,63% 7,56% 6,70% 5,48% 4,40% ▼ ▼ ▲ ▲ = = = 1,68% 1,52% 1,34% 1,14% 1,13% 1,13% 1,01% ▲ = ▲ ▲ ▲ ▲ ▲ Elaborazioni Studio Frasi su dati Auditel, Nielsen TAM Ammiraglie in crisi: Rai 1 e Canale 5 registrano un meno 9 per cento ciascuna in prime time, pari a circa due punti di share. Cresce Rai 2, ormai a un passo dal sorpassare Rai 3. Un anno fa La7 superava Rete 4 in prime time; oggi la rete segna meno 32 aprile su aprile, un crollo in gran parte dovuto alla crisi dei talk politici. In grande spolvero i canali segmentati e top in movimento. nell’intero giorno Max balza avanti di due posizioni e l’editore, discovery, ha due canali in testa alla top, da dove esce Rai Movie, che resiste in prima serata, ma in ultima posizione, superata da Cielo che sorpassa anche Top Crime. 24 | | 15 maggio 2014 l’ama? produce cartacce Non bastavano Parentopoli e le foto dei maiali tra l’immondizia. Sull’Ama piove un’accusa paradossale: l’azienda romana dei rifiuti sporca. Lo scrive in una interrogazione il deputato Pd Michele Anzaldi, che cita le 20 mila copie mensili di “Amaroma”, rivista gratuita voluta da Gianni Alemanno e che Ignazio Marino non ha cassato. Per Anzaldi, le copie, ignorate dai cittadini, sono «un aggravio di lavoro per gli addetti alla raccolta». E le pagine sul calcio “Appunti biancocelesti” e “Appunti giallorossi” «nulla c’entrano con la mission aziendale». Il direttore di Amaroma, ricorda Anzaldi, è Daniele Petraroli, in Ama dai tempi di Alemanno e redattore fino al 2008 de “L’Italiano”, giornale vicino alla Banda Mokbel. Nella gerenza figurano il docente Saverio Scarpellino, legato all’ex sindaco attraverso la fondazione Nuova Italia, ma anche Eleonora Lucchetti, in azienda dai tempi di Walter Veltroni. P. C. FeStival nelle Scuole emilia vS. ’ndranGheta L’Emilia assediata dalle cosche porta l’antimafia nelle scuole. Gli studenti saranno protagonisti della terza edizione di “Aut Aut”, il festival regionale contro le mafie che si svolgerà dall’8 all’11 maggio nelle province di Modena e Bologna. La manifestazione prende il nome dalla radio del giovane Peppino Impastato, ucciso dalla mafia nel ’78. Tra un dibattito e l’altro, gli oltre 500 giovani coinvolti vedranno anche “Alla luce del sole”, il film su padre Puglisi diretto da Roberto Faenza. Il tutto in una terra dove, secondo l’ultimo rapporto della Procura nazionale antimafia, è cresciuto un mostro che parla padano: la ’ndrangheta emiliana. Che si alimenta di complicità locali, politiche e imprenditoriali. G. Tiz. Foto: A. Dadi - Agf CHI SALE E CHI SCENDE IN TV riservato mecenate Ferragamo I Ferragamo finanziano il restauro di alcune sale degli Uffizi. Si parla di un intervento da 700 mila euro. «Noi dobbiamo tutto a Firenze, dove nel 1927 si stabilì Salvatore, e quindi abbiamo un debito di riconoscenza con la città», ha sottolineato Ferruccio Ferragamo, presidente della maison, presentando il bilancio del 2013 (1.258 milioni di ricavi, con un incremento del 9 per cento rispetto all’anno precedente). E così se i Della Valle sognano la costruzione di un nuovo stadio, anche i Ferragamo scendono in campo per Firenze. «Tra i due grandi brand del lusso c’è una sorta di gara a mostrare attenzione nei confronti della città del giglio», spiega Eugenio Giani, consigliere regionale e futuro delegato del premier Matteo Renzi per lo sport. Che ricorda quando la Fiorentina di Vittorio Cecchi Gori, nel 2002, fallì. Allora solo i Della Valle intervennero a rilevarla. Ora la musica è cambiata. E anche i Ferragamo investono nella Firenze renziana. M. La. a san marino il divorzio è breve Se in Italia resta un sogno, a San Marino il divorzio breve è realtà. Nella Repubblica del Titano le coppie che scoppiano non dovranno più andare in tribunale per porre fine al loro matrimonio: se non hanno figli, basterà semplicemente che si presentino davanti a un notaio e il gioco sarà fatto (nulla cambia, invece, quando ci sono pargoli in ballo). L’innovazione arriva con la legge sul notariato varata a fine aprile dal Consiglio Grande e Generale, il Parlamento sammarinese. E trova tutti d’accordo: anche gli avvocati, che interverranno prima della firma dell’addio per stilare un accordo relativo alle situazioni patrimoniali. A. Be. 26 | | 15 maggio 2014 denise pardo pantheon l’uomo che sussurra a due papi SuLL’oNdA dI uN PAPATo doppio, c’è qualcuno che rappresenta la duplicità del nuovo Vaticano. Nei templi e nei palazzi del potere si parla molto di un prelato in ascesa che sembrava destinato all’ombra. È padre Georg Gänswein, arcivescovo di due Papi, mai nessuno in questa veste nei secoli dei secoli. CASA E CHIESA. Da sempre è il segretario particolare e molto protettivo (una sciarpa per il vento, una mano contro le cadute) di Benedetto XVI, ora Papa emerito. Poi è stato confermato prefetto della Casa Pontificia da Francesco, Papa in carica. Tradotto dal vaticanese, il suo ruolo è di responsabile del cerimoniale, di maestro di casa. Accoglie capi di Stato e teste coronate, ambasciatori e papaveri devoti. Li saluta in cortile, li accompagna per chilometrici saloni, sonda e capta umori spirituali e molto temporali. dA MANE A SERA. Assiste papa Francesco negli incontri, nei viaggi ufficiali, e riempie la sua agenda di udienze speciali e generali e cerimonie pontificie, liturgia a parte. I pasti e le ore pomeridiane, invece, sono dedicate di solito a Papa Benedetto, con il quale vive nel Monastero Mater Ecclesiae. Nella rivoluzione bergogliana rappresenta la continuità, perché è l’unico della vecchia guardia a essere rimasto in piedi. Quando Sua Santità è andato in visita al Quirinale e il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, era indisposto, Giorgio Napolitano aspettando l’arrivo del Papa si è illuminato riconoscendo padre Georg in mezzo a oscuri e ancora sconosciuti monsignori. MISTICo PASSAGGIo. Non si può dire che tutti vadano pazzi per l’arcivescovo- prefetto: c’è un frenetico su e giù di sopracciglia tra indigeni vaticani di peso e vaticanisti di rango. L’ortodossia vacilla sulla sua figura di raccordo, per non parlare del suo doppio incarico. Lui stesso ha faticato nel convivere con il cambiamento e la tradizione; l’ha fatto capire più volte. Ma nel suo andare di qua e di là tra un Pontefice e l’altro c’è il passaggio mistico tra teologia e popolarità, popolo e santità. BELLo E MoNTANo. È parecchio fascinoso per essere un sacerdote. “Vanity fair”, noto settimanale religioso, gli aveva infatti dedicato la copertina dal titolo “Essere bello non è peccato” (“Chi” aveva poi fatto la sua parte con un reportage montano-sciistico). Padre Georg è stato chiamato al servizio del Signore e delle Sacre scritture. Ma è probabile che Hollywood l’avrebbe scritturato volentieri. A 57 anni, tempie grigie e occhi azzurri, un gran sorriso, ha l’estetica di una curia con meno rughe e meno omissis, meno anni e, si spera, meno conti cifrati. CLooNEY IN VIoLA. L’arcivescovo arriva da Friburgo - clima da foche - ma ha pianto come uno di Cerignola nel lasciare, dopo le dimissioni di Benedetto XVI, la Città santa alla volta dell’esilio a Castel Gandolfo (esilio breve; poi sono tornati). Ma senza girarci troppo intorno, guardare Padre Georg fa lo stesso effetto di Brad Pitt, George Clooney o Ben Affleck vestiti con sottana e papalina viola. AZIoNE CoN FIoRE. Il 3 maggio, all’udienza con i soci dell’Azione cattolica, non proprio degli esagitati nonostante il nome, il Pontefice è stato accolto da un diluvio universale di fiori, bigliettini, foto. Dietro a Francesco, a rispettosi metri di distanza, l’arcivescovo, impreparato a parare l’effetto di un tale delirio di entusiasmo, lui più tradizionalista di Ratzinger. Ci vorrebbe Gigi Buffon, ha scherzato uno del seguito. Intanto aspettando Buffon, la Provvidenza ha scelto Padre Georg, l’uomo che sussurra a due Papi. GEORG GäNSwEIN. IN ALTO: IL MUSEO DEGLI UFFIzI se ne parla su www.espressonline.it Foto: A. Imbriaco - Contrasto, S. Carofei - Agf, S. Caleo Finanziamento per gli uFFizi 15 maggio 2014 L’altra copertina Sono molti gli amici del preSidente ruSSo colpiti dalle Sanzioni che, in Seguito alla criSi ucraina, hanno Scelto la Svizzera per mettere al riparo il loro teSoro. ora, dopo le denunce del governo uSa, Si è Scatenata la caccia ai conti naScoSti nella confederazione. ecco chi Sono e a quanto ammontano le loro fortune (a pag. 44). in copertina, invece, raccontiamo lo Scandalo delle cattedre nelle univerSità italiane. Scambi di favori, raccomandazioni, merito negato, titoli ignorati (a pag. 36). e il miniStro giannini Spiega come vuole mandare in Soffitta la riforma gelmini dopo il flop del megaconcorSo nazionale (pag. 42) Settimanale di politica cultura economia - www.espressonline.it N. 19 anno LX 15 maggio 2014 Elaborazione grafica di Daniele Zendroni canton putin dopo Le SaNzIoNI per L’ucraINa, è caccIa aL teSoro NaScoSto NeLLe baNche SvIzzere dagLI oLIgarchI ruSSI amIcI deLLo zar. ecco uomINI e SocIetà che SoNo fINItI NeL mIrINo I baroNI rampaNtI Lo scandaLo deLLe cattedre e iL fLop deLLa geLmini p. 36 Se ne parla su www.espressonline.it dIvorzIo berLuScoNI veronica chiede a siLvio più di mezzo miLiardo p. 56 vIaggI tutte Le mete per L’estate in itaLia e aLL’estero p. 122 15 maggio 2014 | | 29 Sommario 50 86 76 64 66 56 Questa settimana 35 / sì, stiamo fermi ma da vent’anni di Bruno manfellotto Primo Piano 36 / Baroni forever Raccomandazioni, scambi di favori, meriti negati. Il concorsone per scegliere i professori è un flop, sommerso dai ricorsi. Ecco come naufraga l’università italiana di emiliano fittipaldi 39 / così vincono i PeGGiori di salvatore settis 42 / dimenticare GeLmini Tagli dei fondi a chi non pubblica. E abolizione dei concorsi locali. Così si supera la vecchia riforma. Parla il ministro colloquio con stefania Giannini di emiliano fittipaldi Rubriche 9 / Per esempio di Altan 11 / L’antitaliano di Roberto Saviano 13 / satira preventiva di Michele Serra 15 / Potere & poteri di Piero Ignazi 16 / si può fare di Innocenzo Cipolletta 19 / riservato di R. Bocca e S. Livadiotti 22 / top e flop di Marco Damilano 26 / Pantheon di Denise Pardo 83 / senza frontiere di Tahar Ben Jelloun 114 / follow the money di V. Malagutti 170 / il vetro soffiato di Eugenio Scalfari n. 19 - 15 maggio 2014 44 / canton PUtin Dopo le sanzioni per la crisi Ucraina, è caccia al tesoro nascosto in Svizzera dagli oligarchi russi. Ecco chi è finito nel mirino di vittorio malagutti 46 / aLL’eUroPa serve Un Pieno di Gas di Leonardo maugeri Attualità 50 / rosa PoWer Sempre più donne affiancano Renzi. Nel governo e nel partito. La mappa di chi sono. E di chi conta davvero di tommaso cerno e marco damilano 56 / siLvio, voGLio 540 miLioni È la richiesta di Veronica per il divorzio. Che ha fatto saltare le trattative. Ora spetta ai giudici stabilire il valore dell’addio di Paolo Biondani 58 / 1977: L’articoLo Premonitore Camilla Cederna su “l’Espresso” aveva già capito tutto del personaggio Berlusconi di camilla cederna 60 / neLLe cUrve reGna Una mafia Gli ultras sono diventati cosche autonome. Con vertici, picciotti ed eroi. Che istituzioni e società non combattono di Gianfrancesco turano 64 / iL mio raP contro La camorra Rime intelligenti, ritmo che funziona. E Rocco Hunt, 18 anni, è diventato un caso di daniele castellani Perelli Reportage 66 / tra La via emiLia e iL West Rodei, transumanze, corsi di monta, feste country. Dalla pianura padana al Lazio, ecco i cowboy italiani. Che sognano il Texas di alberto dentice Mondo 76 / WiLders, L’aLtro Le Pen Ha scatenato una campagna contro i marocchini e vuole tornare al fiorino. Ritratto del biondo alleato olandese di Marine e della Lega. Che può vincere di claudio Lindner 80 / e a Londra L’incUBo faraGe di davide Lerner Cultura 86 / Un marxista a cannes Critico ma ottimista sul futuro del cinema. Ken Loach al festival di Cannes con quello che annuncia come il suo ultimo film colloquio con Ken Loach di stefano vastano 90 / noi araBi vittime deLLa shoah Non tutti gli arabi furono filonazisti. Lo storico libanese Achcar spiega l’uso politico dell’Olocausto nel conflitto mediorientale colloquio con Gilbert achcar di davide Lerner 92 / iL fascino discreto di monet Capolavori mai visti dei grandi maestri impressionisti in una mostra al museo Marmottan di Parigi di fabio Gambaro 94 / BerLinGUer, eretico mite Episodi inediti nella vita dello storico segretario del Pci nella nuova edizione di una fortunata biografia di chiara valentini 15 maggio 2014 | | 31 Sommario N. 19 l 15 maggio 2014 Speciale Viaggi 122 / sfoGliAMo il MonDo Viaggiare è come leggere. Per riannodare fili, immergersi in storie e culture di Paolo cagnan 125 / Dieci buone iDee Dall’Etiopia al Baltico, tra archeologia e arte. E in Italia: Puglia, Calabria e isola d’Elba di luisa Taliento 110 Dossier 98 / TuTTe le scienze in un libro Dalla fisica alla filosofia della medicina: cosa scegliere in libreria interventi di bruno Arpaia, Paola emilia cicerone, Pietro Greco, Daniela Minerva, Giovanni sabato, Giancarlo sturloni Tecnologia 104 / sei sPiATo e non è un Gioco Arriva il primo videogame che mostra come i nostri dati personali siano ormai facili prede per chiunque. Ed è subito un caso di Marco consoli Economia 110 / sorPresA AfricA Nel Continente Nero gli imprenditori italiani fanno sempre più affari. Perché, a dispetto di povertà e dittatori, il Pil aumenta di Gloria riva e stefano Vergine 116 / un Tycoon Per MeDiAseT Il Biscione vuole vendere una quota della pay-tv. In lizza Canal Plus e l’emiro del Qatar di Maurizio Maggi 118 / silicon HollywooD Los Angeles sta diventando la nuova culla del digitale. Grazie al cinema di Kate Pickert Passioni 146/ cinema 147 / spettacoli 148 / Musica 149 / Arte 151 / libri 155 / beauty 157 / Moda 160 / la Tavola 161 / Viaggi 162 / speciale pesce 164 / Motori 166 / Per posta, per email copertina: foto di Michele D’Ottavio Buenavistaphoto 32 | | 15 maggio 2014 98 Questa settimana su www.lespresso.it Test: scopri il tuo partito per le europee Sul nostro sito, l’applicazione EUandI che consente di capire, rispondendo a trenta domande di attualità, quale partito rispecchia meglio le nostre posizioni politiche scianna, universo sicilia Fino al 18 luglio, a Roma, sono in mostra le fotografie in bianco e nero che Ferdinando Scianna ha dedicato alla sua isola. Scatti che raccontano le tradizioni, la religiosità, le contraddizioni di una terra. Una selezione di immagini nella sezione Visioni Viva la mamma col cappello da chef In Usa ci sono Alice Waters, che ha convertito allo slow food un’intera generazione. E Michelle Obama che si batte per la sana alimentazione di tutti i bambini d’America. In Italia? Chi sono le madri, cuoche o gastronome, opinion leader nel mondo del food? Da Lidia Bastianich a Nadia Santini per festeggiare la festa della mamma 128 / l’oro Di nAPoli L’impronta francese. Le cupole barocche. Itinerario d’autore nella città del golfo di cesare De seta 132 / PArTire è un Po’ ricorDAre Viaggio nei luoghi della Grande Guerra di Paolo cagnan 134 / DoVe cibo è culTurA Bologna capitale del mangiar bene di Andrea rinaldi 138 / sebben cHe siAMo low L’obiettivo di Vueling? Trasformare il trasporto economico di Paola Pilati 139 / frencH ToucH Una campagna pubblicitaria aggressiva. Più servizi e più rotte. Il gioco duro di Air France di emanuele coen 140 / Abu-DHAbi-Doo! Una città ambiziosa. E una compagnia aerea altrettanto ambiziosa. I piani di Etihad di Valeria Palermi Abbonati e abbonamenti “L’Espresso” offre un servizio destinato a fornire ogni informazione agli abbonati vecchi e nuovi e a raccogliere suggerimenti e lamentele. Per abbonarsi, o per saperne di più sul proprio abbonamento, per segnalare disservizi o ritardi basta visitare il sito www.ilmioabbonamento.it o scrivere all’indirizzo mail [email protected] o telefonare al numero 199.78.72.78* (0864.25.62.66 per chi chiama da telefoni pubblici, cellulari o non abilitati), dal lunedì al venerdì ore 9,00 - 18,00. Per chi è già abbonato e vuole consultare on line lo stato del proprio abbonamento, basta registrarsi sul sito ilmioabbonamento.espresso.repubblica.it/ customer/account/create Per acquistare gli arretrati dei prodotti editoriali abbinati a“L’Espresso”, si suggerisce di visitare il sito www.servizioclientiespresso.repubblica.it di scrivere all’indirizzo mail [email protected]; di rivolgersi direttamente al proprio edicolante di fiducia o di telefonare allo stesso numero 199.78.72.78* * Il costo massimo della telefonata da rete fissa è di € 0,1426 al minuto + 6,19 cent di euro alla risposta (IVA inclusa) Bruno Manfellotto Questa settimana Sì, stiamo fermi ma da vent’anni A Foto: Massimo Sestini Circola in Europa un cauto ottimismo sulla ripresa. Che altrove si avverte più che da noi. Dove i guai sono iniziati molto prima della crisi e non si è frenato l’aumento del debito. Perché nessun governo ha osato andare contro le molte Caste ncora pochi giorni e, passate le elezioni, capiremo che cosa hanno in animo di fare i governi di mezza Europa. Se davvero pensano che sia arrivata l’ora di stimolare una crescita finora impedita o nana. Le premesse ci sono. Ormai è diffusa la critica alle politiche di austerity, all’inizio contestate da pochi (come Joseph Stiglitz) e poi sconfessate dall’amministrazione Obama. Tanto che gli stessi - economisti, agenzie di rating, austeri commissari di Bruxelles - che nell’inverno di due anni fa intonavano il de profundis dell’euro, oggi cavalcano un cauto ottimismo. Giurano che la moneta unica sopravviverà. E che il rigore può solo essere di breve durata. Se tutto ciò sia sincero, o solo strategia per raffreddare diffuse tentazioni populiste, lo sapremo presto. Per ora, ciò che emerge dagli ultimi report della Commissione europea è che una ripresa c’è, ma ancora assai debole; che l’inflazione non cresce, anzi; e che l’Europa marcia a tre velocità. In testa c’è la Germania di Angela Merkel, e questa non è una notizia; a sorpresa si muovono Spagna, Portogallo e Grecia che ieri hanno accettato consistenti aiuti europei e ora si sono liberati di ogni patronage; e in coda c’è la povera Italietta, con un Pil minore del 2007 e danni all’economia che si stimano superiori a quelli della Grande Depressione. L’ItaLIa dI MontI, si ricorderà, in uno scatto di orgoglio nazionale rifiutò l’aiuto europeo impegnandosi a un taglio drastico della spesa pubblica che però, nonostante il rigore calvinista di Enrico Bondi, ha portato a poco; né è riuscita ad abbattere barriere antiche e ad avviare la crescita. Non deve sorprendere. È da più di vent’anni basta scorrere la serie storica dell’Istat - che il Pil cresce dello zero virgola o dell’uno virgola, e comunque sempre la metà della media europea, anche quando non c’erano vincoli e fiscal compact; che a dispetto di tagli di spesa annunciati e di aumenti di tasse praticati il debito pubblico non è calato, anzi è cresciuto nell’illusione che servisse a favorire un barlume di crescita. Insomma, non serve sforare i tetti al debito se non si scende in guerra contro burocrazie, Se ne parla su www.espressonline.it corruzione, privilegi, rendite di posizione... E però né Berlusconi imprenditore e non politico; né Mario Monti, bocconiano svincolato dai partiti; né l’enfant prodige Enrico Letta sono riusciti a incidere su caste e mandarini. Ce la può fare Renzi? La battagLIa rIguarda un esercito ben più vasto della casta processata da Stella & Rizzo. Sei anni fa, mentre la crisi incalzava, Edmondo Berselli - mi piace citarlo di nuovo - spiegava che la politica si andava riducendo a format televisivo, audience e talk show: «Il format è dannatamente efficace, perché permette a una maggioranza sociale dispersa, anonima, prima di riconoscersi, poi di autoassolversi (nessuno è colpevole, nella soap in cui tutti i cattivi, pochi, sono immediatamente riconoscibili), e infine a sostenere l’azione delle autorità contro questi imprecisati cattivi soggetti, a cui possono essere assegnate tutte le responsabilità… il pubblico si autointerpreta ogni volta come una moltitudine di bravi e onesti cittadini, stupefatti, e anzi angosciati, di fronte all’impazzimento dei meccanismi della politica, agli sprechi, alle piccole e grandi corruzioni delle strutture pubbliche». E ancora: «Il format è infallibile perché sgrava la coscienza: c’è un’altra Italia, là sullo sfondo, a cui dare la colpa. Un’Italia fortunatamente minoritaria, insignificante anche numericamente rispetto ai sessanta milioni di italiani brava gente, i quali possono deprecare scuotendo la testa il residuo milione di cattivi soggetti. Il contenuto populista del format è fortissimo: in primo luogo perché inibisce qualsiasi distinguo. Sottilizzare è vietato: non vorrete stare dalla parte dei fannulloni, o dei corrotti… bisogna licenziare gli assenteisti, mandare a domicilio le visite fiscali, colpire i fannulloni nel vivo dello stipendio, mettere in galera i corrotti e tenerceli». E, avrebbe forse aggiunto oggi Eddy, uscire dall’euro... Beppe Grillo l’ha capito e mentre spara vaffa, non entra nel cuore dei problemi veri (per esempio l’evasione fiscale). E così continuerà. Finché non gli si leverà l’acqua in cui sguazza. Ricominciando a crescere. Twitter@bmanfellotto 15 maggio 2014 | | 35 Inchiesta università / radiografia di un flop Partecipanti BARONI fOReveR 59.193 ESAME PER PROFESSORE ORDINARIO ESAME PER PROFESSORE ASSOCIATO 18.073 41.123 I professori associati di ruolo che hanno affrontato il concorso per ottenere l'idoneità per accedere al gradino più alto della carriera accademica e diventare professore di prima fascia. Una volta ottenuta l’abilitazione, i docenti potranno partecipare ai concorsi locali indetti dai singoli atenei. E, se promossi, prendere una cattedra. Raccomandazioni, scambi di favori, meriti negati, titoli ignorati. Il concorsone per scegliere i professori è sommerso di ricorsi. Ecco come naufragano gli atenei italiani I ricercatori e altri candidati che hanno partecipato all'abilitazione a professore associato, cioè di seconda fascia. Come per l'abilitazione a ordinario, le commissioni sono state chiamate a valutare i titoli e le competenze dei candidati attraverso l'analisi dei loro curriculum e delle pubblicazioni. Di emiliano fittipalDi 7.363 184 COMMISSIONI HANNO VALUTATO I CANDIDATI RICORSI AL TAR E AL CONSIGLIO DI STATO ISTANZE DI RIESAME AL MINISTERO 1000 7000 16.571 PROMOSSI PROMOSSI Infografica Giacomo De Panfilis A h porci!”, esclamò Perpetua. “Ah baroni!”, esclamò don Abbondio». I lanzichenecchi che distrussero la Lombardia nel 1630 Alessandro Manzoni li chiama proprio così, «baroni». Dal latino “baro - baronis”, termine che, dice la Treccani, indicava “il briccone, il farabutto, il furfante”. I mammasantissima delle nostre facoltà non hanno portato la peste come i soldati tedeschi che assediarono Mantova, ma di certo il loro dominio incontrastato ha contribuito a devastare l’università italiana. Dove, al netto delle eccellenze e dei tanti onesti, è sempre più diffuso il morbo del familismo, della raccomandazione e del corporativismo, a scapito del merito, delle capacità dei più bravi, della fatica dei volenterosi. Per i baroni la strada maestra per mantenere il potere e gestire il reclutamento è, ovviamente, quella di controllare i concorsi. Come dimostra l’inchiesta “Do ut des” della procura di Bari, che sta indagando per associazione a delinquere decine di Totale promossi 23.934 COSTO DELL’OPERAZIONE 126 MILIONI Fonte: elaborazione della Seconda Università di Napoli su database del Miur e del Cineca 36 | | 15 maggio 2014 15 maggio 2014 | | 37 Inchiesta SENZA DIRITTO La riforma Gelmini varata nel 2010 doveva mettere fine agli scandali e modernizzare finalmente gli italici atenei, da tempo in coda a ogni classifica delle eccellenze europee. Ahinoi, non sembra essere andata come si sperava. La nuova abilitazione scientifica nazionale (che ha da poco chiuso la tornata del 2012: i promossi a professori di prima e seconda fascia sono quasi 24 mila, i bocciati circa 35 mila) è stata un flop colossale. Nonostante un costo stimato superiore ai 120 milioni di euro, il concorso ha generato proteste a catena, incredibili favoritismi, migliaia di ricorsi al Tar e - come risulta a “l’Espresso” - anche i primi esposti mandati alle procure. La lista di presunti abusi basta leggere le accuse che arrivano da ricercatori esclusi, docenti e persino premi Nobel - è impressionante: se in qualche caso sono stati promossi candidati che vantano solo dieci citazioni (in articoli e pubblicazioni varie) a discapito di altri che ne hanno oltre seicento, tre commissari di Storia medioevale avrebbero truccato i propri curriculum attribuendosi monografie mai scritte pur di far parte della “giuria”. A Storia economica, invece, sono stati esclusi specialisti apprezzati in tutto il mondo, ma privi evidentemente dei giusti agganci: un gruppo di dodici studiosi stranieri, tra cui un Nobel, hanno così spedito al ministro Stefania Giannini una lettera indignata in cui si dicono «inquietati» dall’esito delle selezioni. I casi sono decine: da archeologia a biochimica, da architettura a chirurgia, passando per storia economica e latino, quasi in ogni settore sono stati denunciati giudizi incoerenti e comportamenti al limite dell’etica. Che spesso nascondono, sussurrano i ricercatori frustrati, la volontà dei baroni di cooptare, al di là 38 | | 15 maggio 2014 delle reali capacità dei singoli, i predestinati e gli “insider”, cioè i candidati già strutturati nelle facoltà. Andiamo con ordine, partendo dal concorso di Diritto privato. L’abilitazione è finita sulle pagine di cronaca perché il commissario straniero (il membro Ocse è una delle novità più rilevanti della riforma) parlava solo spagnolo. Come abbia fatto Josè Miguel Embid a leggere e valutare i complessi tomi di diritto prodotti dai candidati è un mistero. “La conoscenza della lingua italiana”, ha spiegato in una nota il ministero dell’Istruzione, “non è prevista dalla legge”. I giudici del Consiglio di Stato si sono però fatti beffe delle giustificazione, hanno accolto un ricorso sul merito e sospeso tutto. Le stranezze non si contano. Se il commissario Maria Rosaria Rossi, ordinaria a Perugia, prima di essere sorteggiata componente della commissione aveva annunciato di voler sabotare la riforma Gelmini («a chi lavora nell’università spetta ora il compito di operare Così vincono i peggiori interstizialmente tra le pieghe della legge e oltre la legge stessa e sperimentare pratiche quotidiane di sabotaggio dell’ideologia che la sostiene», ha ragionato carbonara sul “Manifesto”), il ricercatore napoletano Andrea Lepore è stato promosso anche se il giudizio scritto, inizialmente, sembrava ipotizzare ben altro epilogo: «La qualità della produzione è limitata sotto il profilo dell’originalità e dell’innovatività, nonché per il rigore metodologico... Si rinvengono, tra l’altro, ampie frasi riprodotte alla lettera da lavori di altri autori precedentemente pubblicati». Andrea Lepore, in pratica, è accusato di essere un copione. Da promuovere, però, «all’unanimità». LA RAgNATELA DEI DOcENTI Francesco Gazzoni, professore della Sapienza e maestro indiscusso della materia (è suo il manuale di Diritto privato più venduto d’Italia), all’abilitazione nazionale ha dedicato un saggio, intitolato “Cooptazioni: ieri e oggi”: «Il potere accademico è una vera e propria piovra mafiosa», si leggeva sulla rivista online “Judicium” prima che l’articolo fosse repentinamente rimosso. «Cooptare, in sé, non è un male, lo diventa quando la scelta avviene, come sempre avviene, in Foto: P. Scavuzzo/Agf(2), C.Mantuano/OneShot professori di diritto costituzionale: «Carissimo, consegno un’umile richiesta al pizzino telematico. Ti chiederei il voto per me a Roma... sono poi interessato a due concorsi di fascia due, d’intesa con Giorgio che ha altri interessi. Scusa per la sintesi brutale, ma meglio essere franchi. A buon rendere. Grazie», si legge in una mail che il bocconiano Giuseppe Franco Ferrari ha mandato qualche anno fa a un collega, missiva ora al vaglio della Guardia di Finanza. Sestante Salvatore Settis LA NEOpROmOSSA RISpONDE AL TELEfONO DELLO STuDIO pRIvATO DEL pRESIDENTE DELLA cOmmISSIONE chE L’hA ESAmINATA base a criteri che prescindono dal merito... I professori di università sono novelli Caligola, con in più il fatto di promuovere, all’occorrenza, anche asini patentati in difetto di cavalli». Il luminare fa nomi e cognomi, e se la prende con l’intera commissione di Diritto privato «inidonea a giudicare, essendo priva di autoritas sul piano scientifico». I più bravi, in sintesi, sarebbero stati bocciati perché «non avevano un’adeguata protezione accademica e perché non tutti i commissari erano in grado di leggere e capire i loro titoli». Forse il professore esagera, ma di certo qualche candidato di Diritto privato è stato più fortunato di altri. Come l’avvocato Claudia Irti, che ha scoperto che il presidente della commissione, Salvatore Patti, era stato suo tutor alla tesi di dottorato. Un conflitto di interesse non da poco per il docente, tanto più che è la Irti in persona a rispondere al telefono della sede milanese dello studio Patti: «Sì, sono stata promossa, ma ci tengo a dirle che io non lavoro per il professore. Perché rispondo al telefono del suo studio? È una situazione particolare, a Milano presidio la sede, ma faccio solo da rappresentanza. Il professore si sarebbe dovuto astenere dal giudicarmi? Significa che tutte le persone che collaborano con i membri della commissione non avrebbero dovuto presentare domanda al concorso. Le assicuro che sono tante». È il sistema, dunque, a permettere che possa accadere di tutto: se Patti, oltre alla Irti, ha potuto valutare i titoli di tre magistrati di Cassazione che potenzialmente possono essere giudici delle sue cause (tutti abilitati), il collega Francesco Prosperi dell’Università di Macerata ha promosso a ordinario il giovane Tommaso Febbrajo, un tempo suo allievo, e figlio dell’ex rettore dell’ateneo dove lo stesso Prosperi insegna. Non è un caso che il concorso di diritto privato conti già un centinaio di ricorsi al Tar. Un professore associato dell’università di Tor Vergata, Giovanni Bruno, ha già avuto soddisfazione dal Consiglio di Stato. I magistrati hanno accolto alcune censure decisive, tanto che qualcuno ipotizza che l’intero svolgimento dell’abilitazione nazionale sia a rischio: il regolamento ministeriale pubblicato nel 2011 sarebbe illegittimo, perché avrebbe dato alle commissioni un eccesso di discrezionalità nella valutazione dei candidati. Bruno ha pure mandato un esposto alla procura Assordati dalle litanie dei crociati delle “riforme”, potremmo credere che qualsiasi riforma sia l’abracadabra che “rimette in moto il Paese”. È vero il contrario, basta pensare all’università. La riforma Gelmini, poi legittimata dalla non brillante sequenza di tre ministrirettori, ha aggravato molti problemi senza risolverne alcuno. Sul fronte del reclutamento, ha confermato la sindrome bipolare del sistema: dopo sette anni di paralisi, un’ondata di “abilitazioni” e assunzioni, con decine di migliaia di abilitati ma non assunti. Il processo degenerativo cominciò con gli ope legis del 1980, seguiti da un lungo blocco delle assunzioni, poi dai concorsi localistici del ministro Berlinguer (1998), con assunzioni in massa seguite da un nuovo blocco. In questa deriva, molti dei migliori lasciano l’Italia, i docenti sono sempre più vecchi, e al loro posto spuntano i precari (costano meno). Una serrata del maggior consiglio ha espulso gli associati dalle commissioni giudicatrici, e gli ordinari rimasti padroni del campo ne approfittano spesso per ridisegnare la disciplina a propria immagine e somiglianza esiliando chi non la pensa come loro. La farsesca abolizione delle Facoltà, ribattezzate dipartimenti con nomi fantasiosi che li rendono irriconoscibili oltreconfine, impegna i professori in sorde lotte di micropotere mettendo in sordina la ricerca con enorme svantaggio degli studenti. Il mantra principale di queste riforme è che siano a costo zero. Ma le riforme a costo zero producono molto meno di zero, perché vietano di adeguarsi ai migliori standard internazionali, ma anche perché accrescono il peso lavorativo sui singoli abbassando l’efficienza del sistema. Dobbiamo dunque invocare un’altra riforma? Sì, se imparassimo che nel gioco dell’oca delle riforme una regola c’è: più si affidano a chi non ne sa nulla, più è sicuro che vinceranno i peggiori. E l’Italia perderà. 15 maggio 2014 | | 39 Inchiesta IL CONSIgLIO DI STATO hA ACCOLTO LE prOTESTE DI uN bOCCIATO E pOTrEbbE ANNuLLArE L’INTErA TOrNATA DI NOMINE Un’inutile rissa di tutti contro tutti Francesco rossi rettore della seconda Università di napoli «Si sono create grandi aspettative che poi non si potranno concretizzare completamente. E ci saranno generazioni intere di studiosi che rimarranno fuori dal sistema universitario in maniera più o meno definitiva. Il rischio è che questa sia stata un’occasione mancata. Un piccolo mostro. È partita con propositi positivi, però si è persa. Per questo, io avrei invece applicato un processo di valutazione autonomo, aperto: esaminiamo le università per quello che sono capaci di fare, dando loro autonomia». di Roma, accusando Prosperi di non aver partecipato a una delle riunioni in cui si definivano i giudizi: a leggere un programma accademico dell’Università di Macerata, risulta che il 29 novembre 2013 il sociologo abbia partecipato (almeno fino alle 13) a un convegno nelle Marche. Anche un altro candidato trombato, l’avvocato Giuseppe Palazzolo, ha mandato una denuncia ai pm (stavolta a Napoli) in cui chiede il sequestro della piattaforma elettronica usata dai membri della commissione. Già, alcuni candidati avrebbero voluto controllare se i loro giudici hanno davvero letto i loro titoli (mandati in formato elettronico) o abbiano promosso e bocciato alla cieca, senza nemmeno effettuare il download. Il ministero ha rigettato, però, tutte le richieste d’accesso ai tabulati. «LA CANDIDATA NON È SCEMA» 40 | | 15 maggio 2014 lezione all’università di roma, la sapienza. a destra: francesco rossi e, sotto: ivano dionigi candidato indigeno vince a mani basse), il legislatore sembra aver toppato anche stavolta. La legge 240, quella della riforma Gelmini, ha sì previsto dei parametri oggettivi che gli aspiranti avrebbero dovuto superare per passare l’esame (le cosiddette “mediane”), ma molti professori hanno deciso come sempre: di testa loro. In effetti gli studiosi della “Voce.info” hanno scoperto che per i concorrenti con un profilo scientifico più debole “la conoscenza di un membro della commissione ha migliorato significativamente le chance di successo”. A parità di curriculum, per esempio, in Politica economica “gli insider hanno avuto il 14 per cento di probabilità in più” di passare rispetto a coloro che non frequentano gli atenei, una percentuale che sale al 23 per cento in Scienza delle finanze. Polemiche a go-go anche nella macroarea di Archeologia, dove un gruppo di accademici (tra cui Salvatore Settis, Fausto Zevi ed Ermanno Arslan) hanno scritto una lettera in cui prima attaccano «lo strumento mostruoso delle mediane, ridicolo artifizio blibliometrico che rinuncia alla qualità e fa discendere i giudizi delle quantità», poi se la prendono con i colleghi della commissione, che avrebbero aiutato le scuole più forti «privilegiando alcuni candidati, non sempre di evidente alta qualità, e danneggiato altri, con scelte valutative a dir poco opinabili». «I talenti sono stati bocciati, i “peggiori” sono stati sistematicamente promossi, anche a Latino» ha attaccato l’ordinario perugino Loriano Zurli. Un meccanismo che non solo è amorale ma anche antieconomico, dal momento che il rilancio dell’università e della ricerca sono fondamentali - secondo tutti gli esperti - per la crescita della ricchezza nazionale. Se il professore di Biochimica Andrea Bellelli definisce «una farsa» il concorso del suo settore e ricorda che «uno dei cinque commissari sorteggiati pare non Foto: R.Venturi/Contrasto, AGF, Imagoeconomica Nel 1898, in una cronaca del “Corriere della Sera”, si raccontava che il ministro della Pubblica istruzione del governo Pelloux, Guido Baccelli, “impaurito e seccato dagli scandali occorsi nelle commissioni chiamate a giudicare pe’ i concorrenti alle cattedre vacanti d’università, abbia in animo di abbandonare il sistema adottato quest’anno per l’elezione delle commissioni”. Cos’era successo? “Qualche concorrente” spiegava il cronista “non aveva trovato miglior mezzo per riuscire, di domandare la mano di sposa alla figliola di un commissario: il matrimonio si combinava per il dopo concorso; il fidanzato, manco a dirlo, riusciva primo, e festeggiava in un giorno medesimo la cattedra e la moglie”. Dopo centosedici anni e una quindicina di riforme, dopo gli scandali dell’ultimo ventennio (citiamo quelli che travolsero il concorso nazionale del 1993, le inchieste che hanno svelato le appartenenze militari alle cosiddette “scuole” e le tristi vicende dei concorsi locali, dove spesso e volentieri il avesse le mediane», un gruppo di prof e ricercatori dell’associazione Roars (presieduta da Francesco Sylos Labini) ha sottolineato alcune scellerate scelte dell’Anvur che ha considerato “scientifiche” ben 12.865 riviste tra cui spiccano “Alta Padovana” del Comune di Vigonza, “Delitti di carta” specializzata nella giallistica,“L’annuario del liceo di Rovereto”, il mensile della parrocchia di San Domenico, “Cineforum” e “Stalle da latte”. Ma è capitato di peggio. A Progettazione architettonica i commissari hanno fatto letteralmente a pezzi alcuni candidati pubblicando online giudizi (leggibili da tutti) in bilico tra ironia e insulto. Il professor Giuseppe Ciorra, ordinario all’università di Camerino, bocciando una ricercatrice a Torino scrive, letteralmente, che «la candidata non è scema, ha dimestichezza con la scena internazionale e rivela curiosità in tutte le direzioni... Incoraggiabile ma non recuperabile, temo». Il collega Benedetto Todaro ha definito una collega associata di Napoli, Emma Buon- ivano Dionigi rettore dell’Università di Bologna «Ci dovrebbe essere un limite al masochismo e all’autolesionismo. Nel mondo accademico si è creata una psicosi tale per cui tutti hanno avuto l’impressione di essere soggetti al giudizio universale. In realtà, gli hanno dato la patente, ma non la macchina. Adesso ci sono 18 mila abilitati circa. Vogliamo essere ottimisti? Ne piazzeremo, se va bene, tra i 5 e i 7 mila. Questo è l’inganno. Si è creata una massa di frustrati e nei dipartimenti si sta diffondendo un clima da mors tua vita mea. La delusione sarà un contraccolpo fortissimo. L’onda è lunga. Impariamo da questa esperienza, che ha lasciato sul campo troppi feriti e illusi». giUseppe capUto membro del consiglio Universitario nazionale «È stata un’elefantiaca operazione burocratica che ha paralizzato gli Atenei e sperperato risorse pubbliche. Sono stati usati metodi meramente quantitativi, che tendono a favorire chi si trova già in posizioni di forza accademica. La valutazione si è così rivelata uno strumento di natura politica, per ottenere una ridistribuzione delle risorse (economiche e umane). Siamo ancora molto lontani dall’obiettivo che dovrebbe avere un sistema di valutazione». testi raccolti da Fabio Lepore donno, una «candidata sconcertante, che si impegna volenterosamente in lavori completamente privi del necessario acume critico». Ciorra (che arriva a liquidare un esaminando con un definitivo «sparisca, per favore»), sembra assai più gentile quando si tratta di valutare candidati che conosce di persona. Quando è costretto a bocciare la sua ex dottoranda Rita Giovanna Elmo spiega che lo fa «con dolore umano», mentre non si fa specie nel promuovere (il suo sarà l’unico “sì”) Anna Rita Emili, ricercatore in forza alla sua stessa università poi bocciata da tutti gli altri colleghi. La Emili si può consolare, è in ottima compagnia: la commissione ha fatto fuori i migliori progettisti italiani. Anche stavolta qualcuno si è lagnato con la Giannini: l’Associazione italiana di Architettura e critica «manifesta un totale dissenso contro qualsiasi atteggiamento sessista e maschilista della commissione d’esame volto a schernire le ricercatrici. Suggeriamo ai membri della commissione di mostrare anche più rispetto, in futuro, per la grammatica italiana». Il barone che sbaglia le congiunzioni, in effetti, è davvero troppo. n 15 maggio 2014 | | 41 Inchiesta università / il piano del governo Percentuale di professori che sono stati promossi al concorsone e numero di ricorsi accettati dal Tar regione per regione Trentino Alto Adige Dimenticare Gelmini Lombardia Valle d’Aosta Tagli dei fondi a chi non pubblica. E abolizione dei concorsi locali. Così si supera la vecchia riforma. Parola di ministro 15,8 Piemonte Liguria I «No, ma cambieremo molte cose. I meccanismi di selezione dei nostri docenti negli ultimi vent’anni sono stati modificati ben quattro volte. Se le regole del gioco sono state corrette ad ogni lustro, i risultati sono sempre uguali: proteste, ricorsi al Tar, giudizi discutibili. Ricordo, però, che l’etica individuale e la correttezza comportamentale non si possono imporre per decreto: c’è un mondo universitario, da cui io provengo, che si deve interrogare nel profondo, in modo da evitare continui scandali e fare reclutamenti all’altezza». Sperare che i baroni si autoriformino sembra un’utopia, ministro. Voi che farete nel concreto? «Le regole dell’abilitazione nazionale sono troppo complicate, il marasma nor42 | | 15 maggio 2014 2 42,1 35,7 Friuli Venezia Giulia 35,8 34,5 1 Emilia Romagna 1 8 28 32 34 Umbria 39,5 36,5 27,9 27,8 Marche 3 34,1 25,9 Toscana 30,5 28,6 2 Abruzzo 38,9 33,5 31,2 31,6 1 Molise 12 29,6 29,7 7 15,8 4 33,3 Campania Sardegna 23,6 22,1 Calabria % di promossi al ruolo di professore associato % di promossi al ruolo di professore ordinario Sicilia 30,9 28,3 Puglia 27,9 24,2 Basilicata 23,6 23,3 numero di ricorsi accettati dal Tar 26,3 22,4 28,5 25,7 3 Fonte: elaborazione della Seconda Università di Napoli su database del Miur e del Cineca Italia in cattedra mativo ha lasciato spazio all’opacità e declinazione impropria del sistema. È questo il principale difetto della riforma Gelmini, bisogna semplificare l’impianto generale. Guarda caso sono arrivati già mille ricorsi. In futuro, per migliorare la qualità dei lavori delle commissioni e permettere carriere più rapide, dobbiamo evitare che le abilitazioni vengano fatte ogni quattro-cinque anni». Con che cadenza saranno banditi i nuovi concorsi nazionali? «Vorrei creare commissioni permanenti per le varie discipline. I blocchi, come si è visto, producono fiumane di candidati e decine di migliaia di domande, gli esami diventano difficili e poco controllabili. Alcune commissioni dovevano giudicare oltre mille persone, 15 mila i libri che ognuno dei cinque membri avrebbe dovuto leggere in pochi mesi. Un’enormità. In altri Paesi la valutazione continuativa esiste da decenni: anche in Italia bisogna passare dalle “tornate concorsuali” a giudizi “a sportello”. Le commissioni, naturalmente, devono essere innovate dopo un certo periodo. Poi, dopo aver ottenuto l’abilitazione da parte della comunità scientifica di riferimento, il candidato potrà essere assunto». prenderemo altri 6-7 mila ragazzi, già idonei perché hanno superato il concorso, molto selettivo, istituito da mio predecessore Francesco Profumo». Non c’è il rischio che con un’autonomia assoluta i dipartimenti assumano, ancor di più, chi vogliono a discapito del merito? Oggi nei concorso locale i baroni dettano legge. Vincono quasi sempre i candidati interni. «Credo che i concorsi locali vadano aboliti per decreto. Sono convinta che le singole università debbano poter chiamare in totale autonomia chi vogliono, rispettando ovviamente standard internazionali. Bisogna che capacità, numero e importanza di pubblicazioni siano premianti. Spero che riuscirò a fare proposte concrete prima delle vacanze estive. Finora al governo ci stiamo muovendo velocemente: abbiamo iniziato le procedure per il concorso per la scuola 2015. Ci saranno 17 mila nuove assunzioni entro il 2016. Circa la metà saranno giovani, gli altri saranno presi dalle graduatorie. Ma già l’anno prossimo Foto: A. Scattolon/FotoA3 Farete un’altra riforma? 37,6 35,9 Lazio COllOquiO COn SteFania giannini di emilianO Fittipaldi l ministro dell’Istruzione e dell’Università Stefania Giannini ha appena terminato il suo intervento al convegno della Cgil a Rimini. «Li ho quasi sorpassati a sinistra, e la cosa mi preoccupa», dice sorridendo a “l’Espresso”. Il segretario di Scelta Civica la riforma Gelmini l’ha ereditata, e i risultati della nuova abilitazione scientifica nazionale la fanno ridere assai meno. «Cambierò tutto. Il sistema dell’abilitazione nazionale va trasformato, e i concorsi locali vanno aboliti tout court. Ogni università deve poter assumere i docenti che vuole. Chi assumerà parenti e ricercatori incapaci lo farà a proprio rischio e pericolo: gli atenei che produrranno poco subiranno ripercussioni economiche, gli taglieremo i fondi». Veneto 41,3 42 «Il sistema funzionerà solo se riusciremo a garantire la continuità e la trasparenza nelle abilitazioni nazionali (la seconda tornata non verrà modificata, la Giannini intende solo prorogarla fino a settembre, ndr). E, in secundis, se le università saranno sottoposte a un meccanismo di valutazione da parte del ministero e dell’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario. Se qualcuno decide di assumere al posto di uno scienziato capace un candidato meno bravo ma raccomandato, l’ateneo sarà duramente penalizzato sotto il profilo economico. A chi non raggiunge risultati sul profilo della ricerca e delle pubblicazioni, per dirla brutalmente, taglierò i soldi. Una cosa che non ha mai fatto mai nessuno. Gli strumenti normativi già esistono, ma finora non c’è stata la volontà politica di usarli». Lei è stata a capo dell’Università degli Stranieri di Perugia, e la riforma Gelmini è stata applaudita anche dalla Conferenza dei rettori di cui lei faceva parte. Non usa mai, nelle interviste, il termine “baroni”. È un caso o non vuole dispiacere i suoi colleghi? «Non la uso volutamente. Ma non per paura di urtare la suscettibilità dei docenti. Semplicemente, io credo che le università abbiano le loro magagne, ma che la patologia non sia così diffusa come la descrive la stampa. Esistono casi come quello di Bari o le inchieste sulla Sapienza, ma la parte sana è ampiamente maggioritaria. Quello che considero davvero infausta è la mentalità tribale di molti professori, che spesso si pongono come primo obiettivo la conservazione e lo sviluppo della propria specie. Ogni settore scientifico tira acqua al suo mulino, e a volte capita che il reclutamento ne sia condizionato. Le raccomandazioni esistono, ma quello che va combattuto è innanzitutto il corporativismo. Bisogna abbandonare la logica tribale e abbracciarne una industriale». In che senso? «I dipartimenti devono lavorare per dare il meglio ai loro studenti, in modo da competere con altre realtà italiane e straniere. Dal rettore fino al ricercatore, tutti devono essere responsabilizzati. Le norme che voglio introdurre faranno sì che sarà molto più difficile che qualche barone assuma il figlio, la fidanzata o l’allievo asino. Sarà costretto, dalle leggi di mercato, a chiamare chi saprà dare lustro al gruppo di ricerca, chi permetterà di accedere ai finanziamenti. Se riusciremo a compiere questa rivoluzione, staneremo i professori che non pubblicano da 10 anni, quelli che cofirmano gli articoli ma non hanno più idee innovative. Alzeremo muri di vetro in una casa da sempre protetta dal cemento armato». n 15 maggio 2014 | | 43 Primo Piano ucraina / le conseguenze della crisi Canton Putin Dopo le sanzioni per Kiev, è caccia al tesoro nascosto dagli oligarchi russi nelle banche svizzere. Anche in Ticino. Ecco chi è nel mirino Di vittorio malagutti Foto: S. Magnabosco, S. Chirikov - AP / Lapresse P 44 | | 15 maggio 2014 restanome di Putin a chi? Gennady Timchenko, imprenditore giramondo di origini russe, residenza svizzera e un paio di altri passaporti perché nella vita non si sa mai, da anni convive con la marea montante dei pettegolezzi che lo vogliono socio in affari del presidente russo. Timchenko ha sempre smentito, fino a quando, un mese fa, anche il governo americano non ha messo nero su bianco i suoi sospetti. «Putin ha investito in Gunvor e può avere accesso alla cassa del gruppo», si legge nel provvedimento del dipartimento del Tesoro Usa che a fine marzo ha disposto sanzioni economiche nei confronti di un manipolo di manager e politici legati a doppio filo all’uomo forte di Mosca. In quegli stessi giorni un comunicato di poche righe ha reso noto cheTimchenko aveva appena ceduto il suo 44 per cento di Gunvor al socio Tornbjorn Tornquist, che è così diventato il principale azionista del colosso del trading petrolifero che l’anno scorso ha chiuso contratti per oltre 90 miliardi di dollari. La mossa serve a mettere al riparo la multinazionale dalle prevedibili ricadute negative del siluro partito da Washington, anche se si stenta a credere che il manager russo con residenza a Ginevra abbia davvero tagliato i ponti con la sua creatura. Al momento gli scettici sono in netta prevalenza, ma importa poco, adesso, sapere chi davvero controlla Gunvor. Il fatto è che il caso Timchenko ha finito per proiettare una luce sinistra sulla Svizzera. Negli ultimi anni la Confederazione è diventata un porto ospitale per i miliardari russi, molto spesso legati a doppio filo a Putin. E adesso che tra l’Oc- IL PreSIdente ruSSo VLAdIMIr PutIn. neLL’ALtrA PAgInA, PIAzzA rIForMA In Centro A LugAno cidente e la Russia, causa Ucraina, è tornata la Guerra Fredda a suon di accuse e sanzioni, la caccia al tesoro degli oligarchi non poteva che approdare nei santuari bancari di Ginevra, Zurigo e anche Lugano. L’ex patron di Gunvor, che conosce Putin sin dagli anni Novanta, quando fondarono insieme una scuola di judo, è solo il primo di una lunga lista di graditi ospiti dei cantoni elvetici. Imprenditori come Dmitrij Rybolovlev, che ha fatto fortuna con i fertilizzanti, il finanziere Victor Vekselberg di Renova group, Oleg Deripaska, re dell’alluminio con la sua Rusal, hanno comprato case principesche, creato aziende e holding finanziarie, aperto conti bancari negli istituti della Confederazione. E così, mentre Londra è diventata il buen retiro di un gran numero di magnati, attratti soprattutto dal trattamento fiscale a dir poco favorevole garantito dalle autorità britanniche, le città svizzere sono il crocevia di affari miliardari. Dalle parti di Westminster vivono alla grande i ricconi da jet set, tipo quel Roman Abramovich famoso per il Chelsea e i super yacht. All’ombra delle cime alpine, invece, gli uomini d’oro russi trovano discrezione ed efficienza. Ovvero le condizioni ideali per gestire enormi fortune, nell’ordine dei miliardi di euro, spesso costruite nell’arco di pochi anni anche grazie al rapporto privilegiato con il Cremlino. Secondo i dati pubblicati di recente dal quotidiano zurighese “Tages Anzeiger”, in Svizzera ci sono oltre 1.800 società (per la precisione 1.826) gestite e (probabilmente) controllate da cittadini russi. Il 15 maggio 2014 | | 45 Primo Piano All’Europa serve il pieno di gas Mentre russia e ucraina rimangono sul piede di una guerra strisciante, l’Europa cerca di esorcizzare il rischio di un futuro blackout delle forniture di gas russe evitando una riflessione critica sulla sua sicurezza energetica. Una riflessione che sarebbe necessaria, perché le politiche europee in tema di energia - fino a oggi sono state un fallimento. Per oltre un decennio, l’Unione Europea ha concentrato i suoi sforzi e le sue iniziative per la sicurezza energetica sulla liberalizzazione del mercato a valle, spingendo più concorrenti a entrare nella distribuzione di gas e nella produzione di energia elettrica. Ha anche imposto criteri stringenti per la riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2020, favorendo lo sviluppo di energie rinnovabili. Tutto ciò ha creato un eccesso di capacità nella distribuzione di gas e nella produzione di energia elettrica (in particolare, da gas gruppo più numeroso ha scelto Ginevra come sede. Nella città di Calvino si trovano 339 ditte che battono bandiera di Mosca, contro le 301 di Zurigo e le 293 di Zug, cittadina piccola e grigia che in compenso può contare sull’irresistibile richiamo di una tassazione prossima allo zero. Ai primi posti della classifica troviamo anche il Ticino con un centinaio di aziende (vedi box a pag. 49). Buon clima e un esercito di banche tengono alte le quotazioni del cantone di lingua italiana. Manager e imprenditori russi usano la Svizzera come una sorta di piattaforma off shore per il trading di materie prime. E infatti, secondo le statistiche più aggiornate, sono oltre 300 le società che dichiarano di lavorare nel settore del commercio all’ingrosso. Sono moltissime anche le holding, 256 in totale. E non poteva essere altrimenti in un Paese consacrato alla finanza. Dietro questa miriade di sigle si muove un’umanità varia di piccoli imprenditori e commercianti, con l’immancabile contorno di manager d’assalto e avventurieri. A tirare le fila dei business più impor46 | | 15 maggio 2014 o da rinnovabili) che ha messo in ginocchio quanti avevano investito nei settori in questione, lasciando inalterato il problema di fondo: in assenza di un’ampia fornitura a monte, il mercato lo fa chi controlla le materie prime, non chi le distribuisce o le trasforma (come nel caso degli elettrici). Nel caso delle rinnovabili, poi, il mercato lo hanno fatto i cinesi, grazie a prezzi stracciati dei pannelli solari che hanno messo in crisi perfino le società tedesche del solare, un tempo convinte di poter dominare lo sviluppo del settore, oggi sull’orlo della bancarotta. Oltre al danno, l’ipocrisia: a dispetto dell’enfasi sulle rinnovabili, la Ue ha visto crescere esponenzialmente le importazioni di carbone, passate dalle 13,6 milioni di tonnellate del 2003 a oltre 47 milioni nel 2013. E proprio la Germania, il Paese che più ha insistito sulle rinnovabili, produce oggi circa la metà della sua elettricità da carbone. tanti sono però pochi pezzi da novanta, gente in grado di combinare affari colossali da un capo all’altro del mondo. Personaggi come Vekselberg e Deripaska guidano imperi su scala globale, ma hanno scelto un indirizzo svizzero per alcune delle loro società più importanti. Succede pure che gli oligarchi si buttino in politica, anche lì con grande successo. È il caso di Andrei Klishas, pure lui finito nella lista nera delle sanzioni stilata da Washington. Klishas adesso siede alla camera alta del Parlamento di Mosca e di recente si è distinto per le sue dichiarazioni particolarmente bellicose nei confronti di Kiev e degli americani. Fosse stato per lui si sarebbe dovuto rispondere colpo su colpo bloccando i beni di qualche gruppo statunitense in Russia. A Klishas vengono attribuiti rilevanti interessi finanziari a Cipro, un altro paradiso off shore caro ai russi, ma il parlamentare del partito “Russia Unita” (quello di Putin) è di casa anche nella Confederazione. Tempo fa un giornale svizzero, la “Nue Zurcher Zeitung” ha raccontato che nel 2011 risultavano intestate a Kli- Incapace di trovare una soluzione razionale all’invasione cinese (visto il potere di ricatto di Pechino su molti altri fronti), l’Europa non ha trovato la benché minima soluzione nemmeno al problema della sua dipendenza da pochi fornitori di gas. Per anni ha cavalcato lo slogan ormai retorico della “diversificazione degli approvvigionamenti” affidandone la realizzazione al mercato, cioè a società che - operando in regime privatistico hanno avuto difficoltà a trovare opzioni economicamente sostenibili. Da quasi quindici anni si continua a parlare di molti progetti di nuovi gasdotti da nuovi Paesi fornitori, ma gran parte di essi rimarranno solo sulla carta perché troppo costosi. Peggio è andata a chi ha puntato molto sui rigassificatori come strumento di diversificazione, altro cavallo di battaglia di Bruxelles: in Spagna, il Paese che ne ha costruito il maggior numero, arriva pochissimo gas liquefatto, cosicché i rigassificatori marciano al 30 o al 40 per cento della loro capacità. Nel frattempo, anche altri importanti fornitori europei di gas appaiono molto meno affidabili che in passato. La Libia ha visto crollare le sue produzioni di idrocarburi a causa della lotta delle varie milizie per il controllo di pezzi del territorio. L’Algeria attraversa un delicato periodo di stabilizzazione che è ancora lontano dal consolidarsi. Stretti nella morsa di politiche energetiche fallimentari, Bruxelles e molti governi europei oggi ricorrono all’estrema appendice della teoria della diversificazione, sperando nel gas americano, quello prodotto in grandi quantità dalla rivoluzione del fracking. Tuttavia, l’America non arriverà mai a esportare grandi quantitativi di gas nel prossimo decennio, per una ragione semplice: più gas esporta, più cresce il suo prezzo all’interno degli Stati Uniti. Cosa che la maggioranza degli americani vuole evitare. Non dobbiamo scordare, infatti, che oggi il basso costo dell’energia negli Stati Uniti è forse il fattore più potente di rinascita industriale e di creazione di posti di lavoro. Per questo non solo lobby potentissime, ma gli stessi elettori si oppongono a esportazioni troppo rilevanti. E il governo americano, titolare delle autorizzazioni all’esportazione, le concede con il contagocce. In tutto questo agitarsi nel nulla, l’Unione Europea non fa quanto potrebbe. Non è riuscita a imporre l’interconnessione delle reti elettriche e del gas europee, sconfitta dalle resistenze degli Stati nazionali. Ma soprattutto, non ha mai considerato l’opzione più risolutiva e radicale in termini di sicurezza del gas: quella di sviluppare in proprio una riserva strategica europea del metano. Anche in questo caso, le riserve cosiddette strategiche (utilizzabili solo in caso di crisi) sono state affidate all’iniziativa di società private in un regime di regolazione che garantisce una remunerazione troppo bassa; pertanto, le scorte strategiche risultano del tutto insufficienti a fronteggiare momenti di vera crisi. Dopo lo shock petrolifero del 1973, il mondo occidentale decise di sviluppare riserve strategiche di petrolio sotto il controllo diretto degli Stati e la supervisione dell’Agenzia Internazionale dell’Energia; negli anni Novanta, l’obbligo fu in gran parte delegato alle società petrolifere, essendo venuto meno il rischio di nuovi shock. Ma ancora oggi, per esempio, il governo degli Stati Uniti detiene direttamente una riserva strategica di petrolio (circa 700 milioni di barili) da utilizzare in caso di emergenza. La Cina fa lo stesso, anche se la vera dimensione delle sue scorte è sconosciuta. Una revisione del bilancio di Bruxelles consentirebbe di affrontare la creazione di una simile riserva per il gas, sfruttando giacimenti esauriti (magari nel Mare del Nord) o altre opzioni (il gas può essere stoccato anche in cavità saline o formazioni acquifere, anche se il costo aumenta) largamente disponibili in Europa. Il gas potrebbe essere comperato nei momenti in cui il suo costo si abbassa (lontano dai picchi di domanda invernali o estivi) e rivenduto - in caso di crisi - alle società europee che lo distribuiscono, alle quali andrebbe imposto l’obbligo di acquistarlo in ragione della loro quota di mercato. In tal modo, Bruxelles abbatterebbe il rischio che nei mesi più critici - quelli invernali - gli europei possano rimanere al freddo a causa delle tensioni che attraversano il ristretto club dei suoi fornitori. Ma invece di concentrarsi su opzioni concrete, Bruxelles e gli Stati che ne sono gli azionisti di controllo continuano a evitare l’imbarazzo di fare qualcosa di davvero utile in campo energetico, dando l’impressione che non ne comprendano affatto la complessità e le leggi. [email protected] secondo il governo Usa il presidente rUsso È socio del grUppo gUnvor con base a ginevra Foto: D. Astakhov - Afp / Getty Images, Godong - Robert Harding / Corbis Leonardo Maugeri shas due grandi proprietà immobiliari nel centro di Zurigo e un’altra villa nella località ticinese di Brione di Minusio. Difficile, molto difficile, distinguere affari e politica, se è vero che il fedelissimo di Putin ha cominciato la sua straordinaria carriera come presidente del gruppo Norilsk Nichel dell’oligarca Vladimir Potanin. Un incarico poi abbandonato per passare sui banchi del Parlamento di Mosca. Risultato: a soli 41 anni, con un reddito annuo dichiarato di oltre 6 milioni di euro, Klishas si trova al ventinovesimo posto nella graduatoria dei più ricchi politici e funzionari di stato russi compilata dai giornali locali. Il più ricco di tutti resta peròTimchenko, UNA vEDUTA DI GINEvRA, DovE RISIEDE DA MoLTI ANNI IL MAGNATE RUSSo GENNADy TIMCHENko accreditato, secondo le stime del periodico americano Forbes, di un patrimonio personale vicino a 14 miliardi di dollari. Il governo americano adesso lo accusa di essere socio di Putin, ma queste afferma- zioni non vengono accompagnate dall’esibizione di prove concrete. Prove che, in effetti, nonostante anni di sospetti, non sono mai saltate fuori. Difficile negare però che le fortune 15 maggio 2014 | | 47
© Copyright 2025 ExpyDoc