Inchiesta - Taxi Cattolica

Poste Italiane s.p.a.sped.in A.P.-D.L.353/03(conv.in legge 27/02/04 n.46)art.1comma 1-DCB Roma - Austria - Belgio - Francia - Germania - Grecia - Lussemburgo - Olanda - Portogallo - Principato di Monaco - Slovenia - Spagna € 5,50 - C.T. Sfr 6,60 - Svizzera Sfr. 6,80 - Inghilterra £ 4,70
Settimanale di politica cultura economia - www.espressonline.it
N. 19 anno LX 15 maggio 2014
i baroni
rampanti
inchiesta
raccomandazioni, scambi
di favori, meriti ignorati.
il concorsone voluto
dalla gelmini per scegliere
i professori, sommerso
dai ricorsi, è un flop.
e il ministro giannini
annuncia: cambierà tutto,
finirà la logica
delle tribù e taglierò
i fondi a chi non li merita
CANTON PUTIN
IN SVIZZERA IL TESORO DEGLI
UOMINI LEGATI ALLO ZAR p. 44
dIVOrzIO BErLUSCONI
VERONICA ChIEDE A SILVIO
PIù DI MEZZO MILIARDO p. 56
VIAGGI
TUTTE LE METE PER L’ESTATE.
IN ITALIA E ALL’ ESTERO p. 122
Altan
il sommario di questo numero è a pagina 31
15 maggio 2014 |
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Roberto Saviano L’antitaliano
Quel poliziotto
dimenticato
L
Roberto Mancini
aveva indagato sui
rifiuti tossici nella
Terra dei Fuochi.
Pochi giorni fa è
morto di tumore,
“malattia
professionale”. Ma
tra i suoi colleghi
che difendono i loro
compagni accusati
di violenze, nessuno
si ricorda di lui
a realtà è sempre complessa e lo
è ancor di più se si prova a renderla facile, a semplificarla per
guadagnare il consenso. O
quando si tenta di appiattirla al
servizio di comode logiche di appartenenza.
Nonostante io sia scortato dai Carabinieri,
e conosca talento e abnegazione degli uomini dell’Arma, non posso ignorare che i
casi di Stefano Cucchi e Riccardo Magherini gettano ombre sulle forze dell’ordine, e
le gettano tanto più perché la prima reazione delle autorità è stata tentare di minimizzare. Di fronte ai sospetti dell’opinione
pubblica chi dovrebbe rendere conto con
chiarezza ai cittadini tende a rispondere
derubricando i comportamenti violenti dei
poliziotti in eccessi colposi. Lo fanno per
difendersi meglio sul piano giuridico, ma
questo determina la sostanza, e finisce per
erodere la credibilità delle istituzioni.
C’è un’altra strategia poi, sempre la
stessa, intollerabile. Si scava nella vita del
morto per dimostrare che era un poco di
buono. Che era un drogato. Che era un
disadattato, un marginale. E così l’attenzione si concentra su vizi presunti o reali del
morto senza chiedere conto a chi lo ha visto
vivo per l’ultima volta come quel corpo si
sia procurato ferite e contusioni mortali.
Ci sono poi fatti che non possono passare sotto silenzio e che non è possibile non
stigmatizzare. L’applauso ai poliziotti condannati per l’omicidio di Federico Aldrovandi durante il congresso del Sindacato
autonomo di Polizia (Sap) è un atto vergognoso, ma l’indignazione non basta più.
La strategia ormai è chiara: garantire ai poliziotti la serenità che qualunque
cosa accada - possono sbagliare, finanche
uccidere ed essere condannati - quel sindacato sarà sempre al loro fianco. Il segretario
generale del Sap, Gianni Tonelli, trova spazio sulla peggiore stampa italiana, e da quei
pulpiti arriva ad affermare una cosa che fa
accapponare la pelle, ovvero che la polizia
è stanca di stare sulla difensiva.Affermazione gravissima, che varrà la pena di ricordare quando il prossimo poliziotto calpesterà
un essere umano credendolo uno zaino.
C’è poi il meccanismo per disinnescare
Se ne parla su www.espressonline.it
le critiche che fa leva sull’eroismo e sull’onestà della stragrande maggioranza di poliziotti e carabinieri. Se un poliziotto sbaglia, si ricorda la scorta di Giovanni Falcone morta durante il servizio, senza farsi
scrupoli nell’accostare persone oneste morte da eroi ad assassini in divisa. Spacciano
l’appartenenza al corpo per garanzia, ma le
azioni e le volontà sono individuali. Un
uomo salvato da un poliziotto non giustifica un uomo ammazzato o maltrattato da
un altro poliziotto: è una banalità, ma deve
essere chiara, altrimenti non sarà mai possibile raccontare un’altra polizia. Una polizia che non riceve applausi, che lavora in
silenzio, che vive e muore in silenzio.
roberto mancini è stato un poliziotto vero. È morto lo scorso 30 aprile, ucciso
da un tumore sviluppato per aver fatto
bene il proprio lavoro. Da commissario
della Criminalpol, negli anni Novanta,
Mancini aveva indagato sul traffico di rifiuti tossici in Campania e compiuto continui sopralluoghi nella Terra dei fuochi. Già
nel 1996 aveva denunciato un consistente
e pericoloso traffico di rifiuti, facendo nomi
e cognomi. Uno dei protagonisti assoluti di
quel traffico, l’avvocato Cipriano Chianese, oggi è agli arresti domiciliari dopo che
- secondo le accuse - avrebbe smaltito illegalmente rifiuti provenienti dal Nord, costruendo un impero economico. A Chianese sono stati confiscati beni per 82 milioni
di euro; Mancini ha ricevuto dallo Stato
solo 5mila euro come indennizzo per il
cancro che alla fine l’ha portato alla morte.
Ho cercato ovunque una dichiarazione
di Gianni Tonelli su Roberto Mancini, ma
non ho trovato nulla.
Dopo Genova, dopo i casi Cucchi, Uva,
Aldrovandi, non possiamo più solo indignarci. C’è bisogno di una riforma legislativa a tutela della stragrande maggioranza
di poliziotti e carabinieri che svolgono il
proprio lavoro con senso di responsabilità.
È il momento di introdurre il reato di tortura. Solo in questo modo si darà la possibilità effettiva al cittadino di sentirsi tutelato. E ai corpi di polizia di non vedere sviliti
il loro lavoro e la loro credibilità a causa di
chi non merita di vestire alcuna divisa.
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Michele Serra Satira preventiva
E Iva stravince
il Premio Neuro
È
Foto: P. Bossi / AGF
La Zanicchi
superfavorita
per il popolare
riconoscimento
assegnato ogni
anno alla
dichiarazione più
delirante. Il suo “ti
vomiterei in bocca”
non teme confronti:
né con Gasparri, né
con gli energumeni
della rete
quasi pronta la cinquina dei
finalisti del Premio Neuro, che
incorona l’italiano/a che si è
distinto per la dichiarazione
pubblica più delirante dell’anno. Secondo i bene informati Silvio Berlusconi (vincitore con largo margine nel
2010 per la dichiarazione «Entro tre
anni sconfiggerò il cancro» e nel 2009 per
«Mi dicono che Eluana Englaro può
avere dei figli») potrebbe non fare parte
della cinquina: e sarebbe la prima volta
nella storia del premio, che ha sempre
visto Berlusconi puntare con decisione
alla vittoria finale. La sua dichiarazione
in concorso quest’anno («Sono un perseguitato dalla giustizia») risponde certamente a quei requisiti di sfrontatezza, illogicità e inverosimiglianza che hanno
fatto la storia del Neuro; ma ha il difetto
di essere già edita da parecchi anni. Questi gli altri probabili candidati.
Iva ZanIcchI «Vomiterei in bocca
alla professoressa di liceo che ha consigliato ai suoi studenti di leggere il libro
di Melania Mazzucco». Con questa dichiarazione resa a Radio 24 la popolare
eurodeputata è favoritissima per il Neuro 2014. La critica apprezza in particolare la formula davvero molto fantasiosa della minaccia (“vomiterei in bocca”),
che avrebbe un solo precedente, molto
remoto, in un verbale di interrogatorio
custodito negli archivi del manicomio
criminale di Minneapolis. Gli organizzatori della cerimonia di premiazione,
che si terrà come ogni anno a Roma
nella suggestiva cornice del Colosseo,
sono entusiasti di Iva, ma hanno chiesto
che venga sedata almeno durante la diretta televisiva.
Laura casteLLI Commentando l’assalto al Pd torinese durante il corteo del
Primo Maggio, la deputata delle Cinque
Stelle ha accusato il Pd di essere responsabile delle aggressioni contro se stesso
perché «il popolo non accetta più di vedere certe facce in strada». È una variante molto interessante della vecchia battuta “non sono io che sono razzista, sei tu
che sei negro”. I giurati sono rimasi favo-
Se ne parla su www.espressonline.it
revolmente colpiti dalla faziosità cristallina della Castelli, ma è difficile che possa
competere, in un duello tutto al femminile, con la Zanicchi, perché le sue parole,
pur avendo i necessari requisiti di arroganza intimidatoria, non hanno quella
carica di tenebrosa perversione che rende
irraggiungibile la rivale. Secondo la critica una certa piattezza verbale impedisce
ai grillini, almeno per adesso, di competere ad armi pari con la dialettica deragliante alla quale ci ha abituato l’Italia
berlusconiana. Lo dimostra il prossimo
candidato.
MaurIZIo GasparrI «Fossi il padre
della Littizzetto mi butterei dalla finestra. È una lustrascarpe dei comunisti».
Basteranno queste efficaci ma incomplete espressioni di odio a fare entrare Gasparri nella cinquina dei finalisti del
Neuro? Secondo la critica più attenta, si
tratterebbe solo dell’inizio di un’invettiva molto più articolata, che prevedeva
anche maledizioni bibliche, urla rituali
e l’esplosione di alcuni colpi di revolver
in aria. Il popolare uomo politico non
sarebbe riuscito a completarla perché
sopraffatto da uno sbalzo di pressione:
ma la giuria, nel valutare la prestazione
di Gasparri, saprà tenere conto di questo
sfortunato incidente?
IL sap La standing ovation ai colleghi
condannati per l’uccisione di Aldrovandi potrebbe portare a una candidatura
collettiva degli iscritti a quel sindacato.
Si dice che molti giurati siano rimasti
incantati dalla capacità di esprimere,
senza bisogno di pronunciare una sola
parola, una violenza così ferina e così
malposta, perfetta per meritare il Neuro 2014.
IL web Nella relazione della giuria si
può leggere che «per quanto efferati, per
quanto virulenti, le migliaia di insulti
nevrastenici rintracciabili sul web non
riescono a eguagliare il “ti vomiterei in
bocca” della Zanicchi. Si è pertanto deciso, almeno per quest’anno, di non selezionare alcuno degli energumeni, pur
promettenti, che agiscono in rete: devono ancora crescere».
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Piero Ignazi Potere&poteri
Caro Pd, sbagli a
demonizzare Grillo
I
Partiti e osservatori
sottovalutano e
vedono con fastidio
il Movimento
5Stelle. Come già
accaduto con la
Lega e Forza Italia.
Invece il fenomeno
è destinato a
crescere, finché
non si prosciugano
le fonti del nostro
malessere
l Movimento 5 stelle viene comunemente trattato da politici e mass
media con un misto di sufficienza e
fastidio, come fosse un impiccio
transitorio. Non è la prima volta che
fenomeni nuovi della politica italiana
vengono guardati dall’alto in basso dalla
classe politica tradizionale: basti ricordare
l’ostilità con cui i partiti storici (socialisti
esclusi) accolsero i radicali negli anni Settanta, o le irrisioni al sorgere della Lega e
della prima Forza Italia. Nel caso del M5S
si ripetono gli stessi errori di valutazione,
o meglio, di sottovalutazione. Con una
aggravante in più: la dimensione del fenomeno. Si dimentica che sul territorio nazionale i grillini sono stati i più votati di
tutti (il Pd ha riguadagnato il primo posto
solo grazie al voto degli italiani all’estero).
Un quarto degli italiani residenti gli ha
dato fiducia; e, ad eccezione delle province
lombarde e di alcune in Campania, il M5S
è sempre il primo o il secondo partito. Non
solo: il movimento di Grillo si è rivelato
l’unico partito “nazionale” in quanto i
suoi consensi sono distribuiti uniformemente su tutto il territorio con variazioni
limitate da regione a regione.
Dopo un anno il M5S ha mantenuto,
grosso modo, il suo bacino di consensi. E
questo nonostante una serie di handicap,
dalla qualità mediamente scarsa della sua
classe parlamentare (disastrosa la scelta
dei primi due capigruppo Vito Crimi e
Roberta Lombardi), al vortice delle espulsioni per lesa maestà, dalla girandola delle
dichiarazioni improvvide del leader, al
rapporto conflittuale con tutte le altre
forze politiche e con i media.
La sua resistenza e forse anche la sua
espansione è frutto di una precisa scelta
strategica, quella dell’autoemarginazione.
A seguito del clamoroso successo delle
politiche il Movimento 5 Stelle ha alzato
ponti levatoi e sbarrato porte per paura di
contaminarsi con la politica tradizionale.
Un comportamento, questo, comprensibile
in una nuova formazione che teme lo snaturamento e il lavorìo per file interne degli
avversari; solo che i grillini sono arrivati a
sfiorare la paranoia. E adesso non è facile
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cambiare strada perché se il M5S uscisse da
questo suo arroccamento e accettasse di
confrontarsi con il mondo esterno, accogliendo l’idea che discutere, trattare e cercare accordi è la normalità della democrazia e non una pratica delittuosa, perderebbe
buona parte della sua ragion d’essere. Che
è quella di essere “altro”. Di contrapporsi
frontalmente a tutti: o noi o loro ripete
sempre Beppe Grillo.
È Da questa raDicalità che trae il
sostegno elettorale. Finché il Movimento si
caratterizzava soprattutto per le sue cinque
stelle (trasporti, rete, sviluppo e riciclo, acqua pubblica, ambiente) e rappresentava
una nuova versione di un partito ecologista
e postmaterialista, difficilmente avrebbe
sfondato. Solo inondando tutto questo con
una critica feroce al sistema dei partiti e
alla classe politica ha fatto il salto di qualità. E le sue potenzialità di sviluppo non
sono esaurite: perché esiste nel nostro paese un serbatoio di insoddisfazione e di
scontento nell’opinione pubblica ben più
ampio di quel 25 per cento raccolto l’anno
scorso; perché in questo grande serbatoio
sono presenti soprattutto i giovani tra i
18-40 anni, quelli che costituiscono l’ossatura dell’elettorato grillino (secondo
alcuni sondaggi in quella fascia di età il
M5S raggiunge il 40 per cento); perché è
in atto uno scongelamento delle fedeltà
partitiche, soprattutto a destra, che consente di attrarre ulteriori consensi.
Per tutte queste ragioni il fenomeno
grillino non è destinato ad esaurirsi subito,
ed è meglio “prenderlo sul serio”, cercare
di capirlo per quello che è e fa, e per le risorse sulle quali può contare. Grillo oggi
da voce al “malessere dell’Italia”, così come, anni or sono, la Lega veicolava quello
del Nord. È un malessere generalizzato,
ampio e trasversale. Che interroga in primis il Pd, l’unico in grado di rispondere a
questa crisi. La sfida lanciata da Grillo - “o
noi o loro” - investe il Pd, mentre la destra
e Berlusconi sono fuorigioco e non a caso
il leader dei M5S non se ne cura più). Per
vincere questa sfida non bastano due o tre
formulette demonizzanti. Vanno prosciugate le fonti del malessere dell’Italia.
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Innocenzo Cipolletta Si può fare
Tagliare la spesa
e crescere lo stesso
C
Mettere in ordine i
conti pubblici non è
certo sufficiente
a far partire la
ripresa economica.
Ma le due cose
non sono per nulla
incompatibili.
Ecco qualche
ricetta da adottare
immediatamente.
Rispettando anche
l’equità sociale
16 |
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ome rilanciare la crescita riducendo la spesa pubblica? L’Italia e altri paesi europei sono
alle prese con questo dilemma
che sembra d’impossibile soluzione. La speranza che bastasse mettere in ordine i conti pubblici per vedere la
ripresa economica è morta subito, perché essa abitava solo nella mente di
qualche dilettante liberista. In effetti i
tagli di spesa pubblica hanno generato
in tutta l’Europa un clima di deflazione,
con il risultato che il reddito è sceso
anche in termini di valore. In Italia il Pil
è calato dello 0,6 per cento in valore nel
2013, ciò che ha contribuito alla crescita del rapporto Debito/Pil, a significare
che le politiche di sola austerità non
servono neppure agli scopi per cui esse
sono state concepite.
Se non Si può aumentare il disavanzo pubblico e bisogna ridurre il debito,
allora la strada da percorrere è quella
delle modifiche nella composizione della
spesa e delle entrate pubbliche. Un po’
quello che ha già fatto Renzi con il bonus
di 80 euro in busta paga. Questo bonus
è stato finanziato anche con nuove entrate fiscali, tanto che qualcuno sostiene
che il suo effetto sui consumi sarà nullo
perché le famiglie riceveranno qualche
soldo in più ma pagheranno anche qualche tassa in più. Ma non è così. Se si
aumentano le tasse su chi ha redditi
elevati e si danno soldi a chi ha redditi
bassi, aumenta la spesa per consumi,
perché i bassi redditi spenderanno tutte
le nuove risorse mentre gli alti redditi
avrebbero risparmiato parte del reddito
assorbito dalle nuove tasse.
In effetti, è possibile puntare su una
maggiore crescita della domanda anche
senza aumentare il disavanzo pubblico,
agendo sulla composizione delle spese e
delle entrate. Ma qui si tratta di far crescere un po’ anche l’inflazione per avere
un Pil che cresca anche in valore. Ecco
allora una modalità. Lo Stato trasferisce
al settore dei trasporti (treni, autobus,
navi e aerei) somme non trascurabili
alfine di mantenere basse le tariffe e
consentire agli italiani spostamenti accessibili. Questa è una pratica seguita in
tutti i paesi, ma nel nostro si è esagerato.
Il costo dei biglietti per i trasporti nelle
città e fra le città è estremamente basso
rispetto a quello di altri paesi. Non solo,
ma tale costo basso non è riservato a chi
ha bisogno di spostarsi per lavoro o
studio e non ha un reddito sufficiente. Il
costo è basso per tutti, ricchi e poveri,
turisti e lavoratori.
Lo Stato potrebbe ridurre significativamente questi trasferimenti e far
aumentare di conseguenza le tariffe dei
trasporti. Per tutelare le categorie che
avrebbero i maggiori danni da questa
misura, si potrebbero istituire degli
abbonamenti a prezzo ridotto individuali relativi ai soli percorsi (andata e
ritorno) per lavoro e studio nei soli
giorni lavorativi della settimana. Così
facendo, sarebbero tutelate le categorie
bisognose, i prezzi del trasporto aumenterebbero generando maggiore gettito
per le società di trasporto (in genere
pubbliche) e ci sarebbe anche una maggiore inflazione che “aiuterebbe” la
crescita del Pil in valore.
Un discorso analogo andrebbe fatto
per i trasferimenti ai Comuni. Questi
trasferimenti andrebbero ridotti o aboliti e andrebbe consentito ai Comuni di
aumentare le tasse locali sulla casa fino
alla loro compensazione. I soldi risparmiati dallo Stato andrebbero utilizzati
per finanziare il sistema d’indennità di
disoccupazione universale, che includa
anche chi perde un lavoro temporaneo
(oggi 3 milioni di disoccupati non hanno
alcuna indennità). Così facendo, le indennità per i disoccupati sarebbero pagate
dai proprietari delle case con un sistema
che distingua chi ha una casa di lusso da
chi ha una abitazione modesta. Ci sarebbe più giustizia sociale e maggiore crescita, perché ne beneficerebbe la domanda
di consumo.
Le vie per aumentare la crescita economica a parità di disavanzo pubblico non
sono infinite, ma quelle che esistono
vanno imboccate rapidamente.
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Riservato
a cura di Riccardo Bocca / Stefano Livadiotti
stragi in senato | fellini senza finanziamenti | a bordo con bergoglio | niente saluti da monti | uffizi per ferragamo
Eventi teatrali
PaLazzo Chigi
Marina B. Show
Chi farà la parte di Marina? In gran segreto
è scattata l’operazione Evita, cioè la costruzione del personaggio Marina Berlusconi
nell’immaginario collettivo, in vista di una
sua discesa in campo per raccogliere l’eredità politica del padre. Il modo scelto è originale. Non apparizioni in tv, bagni di folla,
servizi su riviste patinate, ma la scena per
eccellenza: quella teatrale. Il testo è pronto.
La pièce userà l’escamotage drammaturgico
dell’intervista-confessione per rappresentare la figura umana e possibilmente anche
pubblica di Marina B.. Pronta è anche la
cornice, vale a dire l’occasione in cui gli
spettatori potranno fondersi, dalla platea,
con i conflitti interiori del personaggio,
chissà se in versione di autoanalisi alla
Strindberg o con l’epica alla Bertolt Brecht.
Lo spettacolo aprirà infatti il festival di Todi,
che si tiene ogni anno a fine agosto nella
cittadina umbra: una volta creatura di Enzo
Siciliano e oggi diretto dall’antiquario Silvano Spada. Unico problema, manca l’attrice. La protagonista non è stata ancora
individuata, e già qualche candidata ha
detto no. C’è da capirle. Con quel ruolo
aNTiDRoga
E aNTigioRNaLi
lA PrESIDENtE DI fININvESt MArINA BErluSCoNI
appiccicato addosso, non sarà facile poi
interpretare, poniamo, una Maria Stuarda
o magari una Ofelia.
P. P.
La presidenza del Consiglio
chiede soldi a undici quotidiani
per un’inchiesta sull’uso dei
finanziamenti statali per la lotta
agli stupefacenti. Un’iniziativa senza
precedenti, portata avanti
dall’avvocatura dello Stato per conto
di Palazzo Chigi e del Dipartimento
politiche antidroga: al centro degli
articoli sono proprio le iniziative
condotte a Verona da Giovanni
Serpelloni, che dal luglio 2008 guida
la struttura governativa incaricata
di contrastare la diffusione degli
stupefacenti, e che prima era
dirigente della Asl della città
veneta. Colpisce soprattutto
la decisione presa dall’esecutivo
mentre era premier Enrico Letta
di procedere con lo strumento della
causa civile, chiedendo 800 mila
euro ai direttori de “la Repubblica” e
di altri dieci testate locali del gruppo
l’Espresso, oltre ai giornalisti autori
delle inchieste e all’ex eurodeputato
Franco Corleone, intervistato
negli articoli.
T. M.
Elezioni a Bari
Cnel
Il dialetto e la sgrammaticatura entrano nella campagna
elettorale dei principali candidati sindaci di Bari. Per il Pd Antonio
Decaro, dopo il video “Sciamanin” (che significa “andiamo”) dove
ha recitato con la ministra Maria Elena Boschi ottenendo una
pioggia di critiche a livello nazionale, arrivano anche i manifesti
con lo slogan tra l’italiano e il dialetto «Il mio sindaco non mi
acchia la fatica (cioè “trova un impiego”) ma crea lavoro per Bari».
Non ha voluto essere da meno il candidato del centrodestra
Domenico Di Paola, che dopo aver cambiato agenzia e slogan
in corsa, passando da “C’è Di Paola” che faceva un po’ Guevara
a “Bari Merita” declinato in «più pulizia”, più turismo, più lavoro»
ha lanciato il manifesto 6x3 “Bari merita tu”.
A.Cal.
Pochi giorni dopo che il premier Matteo Renzi aveva annunciato
l’intenzione di chiudere il Cnel (Consiglio nazionale dell’economia
e del lavoro), costoso cimitero degli elefanti per ex sindacalisti,
imprenditori e professori rottamati, nel quadro della lotta alla
burocrazia, il presidente della Commissione bilancio della Camera
Francesco Boccia, lettiano di ferro, ha convocato proprio il
vertice del Cnel per un parere sul Def, il Documento di economia
e finanza. Ad Antonio Marzano, l’ex ministro dello Sviluppo
economico di Silvio Berlusconi, da anni parcheggiato al vertice di
Villa Lubin, non è parso vero, dopo mesi di polemiche sull’inutilità
del suo ente. Così si è precipitato alla Camera in pompa magna,
scortato da una delegazione di quattro funzionari.
R.M.
foto: Imagoeconomica
Campagne sgrammaticate Cimitero, ma sempre utile
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| 19
Riservato
Sanità / 1
MAL di TRASPARENZA
Liste d’attesa secretate, bilanci non resi pubblici, bandi e concorsi noti solo agli
addetti ai lavori, nessun elenco delle strutture sanitarie private accreditate. Il quadro
della sanità italiana che emerge da un monitoraggio sulla trasparenza nelle Asl
promosso da una rete di associazioni - Libera, Gruppo Abele, Illuminiamo la salute, Sos Sanità, Tribunale per i diritti del malato, Cittadinanzattiva - è, a loro detta,
«sconfortante». Appena 18 Aziende sanitarie locali (il 7,4 per cento), infatti, sono
risultate in regola con la legge 33 del 2013 sulla traSANITà CALABrESE
sparenza. Fanalino di coda le regioni meridionali: due
terzi delle Asl calabresi non pubblicano le liste d’attesa (mentre nella vicina e virtuosa Basilicata, al
contrario, lo fanno tutte); in Molise la pubblicità di
bandi e concorsi è prossima allo zero; mentre in
Abruzzo e Campania è quasi impossibile conoscere i
bilanci e l’elenco delle strutture private accreditate.
Infine, appare quasi una presa in giro la norma che
prescrive alle Asl di organizzare almeno una volta
all’anno una “giornata della trasparenza”: lo ha fatto
l’1,65 per cento delle strutture esistenti.
A. Mas.
iNTANTo RiSoRgE LA cuRA di bELLA
«Può ritenersi attestata una soggettiva utilità del multitrattamento Di Bella, che non risulta
in contrasto con il principio della non condivisa validità terapeutica della cura». È con questa
motivazione che lo scorso 14 aprile il giudice del lavoro del Tribunale di Brindisi, Maria
Cristina Mattei, ha imposto all’Asl di somministrare gratuitamente per un anno i farmaci
della terapia Di Bella a una paziente affetta dalla sindrome di Von Hippel-Lindau che aveva
presentato ricorso d’urgenza, invocando la tutela del diritto alla salute. Nel settembre
del 2012 alla paziente, che aveva già subito vari interventi chirurgici per l’asportazione
di neoplasie al cervello e al midollo, erano stati diagnosticati carcinomi a entrambi i reni.
Scartata la chirurgia, ritenuta non risolutiva, aveva scelto di ricorrere al trattamento Di Bella,
sostenendo che in poco più di un anno - a quanto risulta dalla documentazione prodotta
e da una consulenza tecnica - ne avrebbe favorito il contenimento e la regressione. Pi. Fal.
20 |
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PAese
% DiPenDenzA energeTicA
1 Malta
100,00%
2 Lussemburgo
97,40%
3 Cipro
97,00%
4 Irlanda
84,80%
5 ItaLIa
80,80%
6 Lituania
80,30%
7 Portogallo
79,50%
8 Belgio
74,00%
9 Spagna
73,30%
10 Grecia
66,60%
53,40%
parlaMeNto iN cifre
794
Mtoe (equivalente dell’energia prodotta
da un milione di tonnellate di petrolio):
è stata questa la produzione interna di
energia primaria nell’Unione. Il nucleare
ha rappresentato il 29 per cento della
torta, seguito dalle rinnovabili (22),
dai combustibili solidi (21), dal gas (17)
e dal petrolio (11).
a cura dell’associazione Openpolis
contro Terna
Nimby a casa Marcegaglia
I Marcegaglia cedono alla
sindrome Nimby. Così, almeno,
suggerisce l’ultima battaglia
della dynasty dell’acciaio,
contro lo spostamento
dell’elettrodotto che va da
La Spezia alle colline pisane.
Nel progetto di Terna, pronta
a cambiar volto a splendidi
paesaggi della Lucchesia,
la popolazione vede pericoli
tanto per la salute quanto
per il valore delle proprietà,
compresa quella di Antonio
Marcegaglia, timoniere del
gruppo di famiglia con la sorella
Emma, ex leader di
Confindustria. Postisi alla guida
del comitato di protesta
toscano, i manager del colosso
siderurgico, in una recente
assemblea pubblica a Lucca,
hanno incalzato a suon
di domande un malcapitato
ingegnere di Terna. Al gestore
della rete, ora, serve il via libera
del ministero dell’Ambiente
retto da Gianluca Galletti.
Ovvero il delfino di quel
Pierferdinando Casini con cui
Emma Marcegaglia coltiva
un’antica amicizia.
T. W.
Foto: F. Mollo - Agf
sono passati ormai quasi dieci mesi dalla condanna
a quattro anni per concussione, inflittagli dal Tribunale
di Pescara, nell’ambito del processo sulla sanitopoli
abruzzese. Ma nonostante il codice di comportamento
sportivo del coni parli chiaro («i componenti delle
federazioni sportive, che sono stati condannati, ancorché
con sentenza non definitiva, sono automaticamente
sospesi»), l’ex deputato del Pdl sabatino Aracu resta
ancora presidente della Fihp, la Federazione italiana
di hockey e pattinaggio. il presidente del coni, giovanni
Malagò, ha fatto sapere di non poter fare nulla per
costringere Aracu a fare un passo indietro «perché
il codice di comportamento sportivo, che prevede la
sospensione in caso di condanna, deve essere recepito
dalle singole federazioni». e la Fihp non lo ha fatto. g. Pagl.
La crisi internazionale fra Russia e Ucraina
ripropone il tema delle dipendenza energetica
europea. a seguire i Paesi Ue che per la
propria industria e i propri consumi devono
ricorrere maggiormente a importazioni.
Media Ue
Sanità / 2
Sabatino Aracu
condannato ancora in pista
dipeNdeNza Molto eNergetica
Riservato
Marco Damilano
Tagliate quelle
Camere
Arriva la stretta sugli stipendi
anche ai vertici delle Camere di
commercio italiane. Il ministero
dello Sviluppo economico ha infatti IL MInISTRo FEDERICA GuIDI
emanato una direttiva che estende
a questi enti il divieto di superare, per la remunerazione dei loro vertici, il compenso
del primo presidente della Corte di Cassazione (311 mila euro lordi l’anno). Cifra che
dovrà ora probabilmente scendere ai 240 mila euro riconosciuti dal presidente della
Repubblica. Al dicastero retto da Federica Guidi si sono accorti che molte Camere
di commercio, grazie al cumulo delle cariche dei loro vertici, arrotondavano non poco gli
emolumenti erogati. Tra i casi più clamorosi, quello del segretario generale (da ben tredici
anni) della Camera di Milano, Andrea Chevallard, la cui retribuzione annua lorda risultava
di soli 43 mila euro ma che sfiorava invece i 200 mila lordi grazie ai suoi altri incarichi:
direttore dell’Unione delle Camere lombarde, consigliere della Fiera di Milano,
amministratore delegato di altre due società, presidente dell’Accademia del Teatro
alla Scala, presidente del collegio sindacale di Infocamere. Senza parlare della parte
variabile fino ad un massimo di quasi 60 mila euro.
R.M.
Museo Fellini
Tante promesse, pochissimi soldi
Dal ministero ai Beni culturali solo un assordante silenzio. Da Bruxelles e dalla Regione Emilia
Romagna molte promesse ma nessun finanziamento. Il progetto di un museo dedicato a
Federico Fellini, con tanto di centro studi internazionale sulla sua opera, rischia a Rimini di
rimanere un bel sogno. Dopo la chiusura della fondazione a lui dedicata, oggi in liquidazione,
a crederci davvero nella possibilità di realizzare un’area espositiva - 50 sale su due piani nel
vecchio ospedale di Rimini - è rimasto solo il Comune della città natale del grande regista. Tra
bozzetti, costumi di scena, come quelli di “Casanova” e “Roma”, lettere, scenografie originali
e disegni (tra i quali quelli del “Libro dei sogni”, valore 800 mila euro), il museo dovrebbe
offrire un affresco della genialità di uno dei più acclamati protagonisti della storia del cinema.
Il sindaco Andrea Gnassi lo ha indicato tra gli obiettivi del mandato legislativo, da inaugurare
quindi, entro due anni. Ma, almeno per ora, non ha compagni di viaggio.
N.R.
Stragi nazifasciste al Senato
A settant’anni dagli eventi, i sopravvissuti alle stragi
nazifasciste sono stati ricevuti con tutti gli onori a Palazzo
Madama. Accompagnati dai sindaci dei Comuni di
provenienza, lo scorso 24 aprile sono stati ricevuti dal
presidente del Senato Pietro Grasso e hanno assistito
a un convegno nel quale il procuratore militare Marco de
Paolis ha ricostruito i 18 processi seguiti al ritrovamento,
nel 1994, del cosiddetto “armadio della vergogna”: 695
fascicoli occultati presso l’archivio della Procura generale
di Roma. Le 56 condanne all’ergastolo di nazisti non sono
mai state eseguite, e appunto per questo il giornalista
Franco Giustolisi (che scoprì il famoso armadio) ha chiesto
il rispetto delle sentenze, una conta precisa delle vittime
e l’istituzione di una giornata della memoria. Grasso ha
assicurato l’impegno a perseguire i crimini nazifascisti,
nonostante siano passati decenni, per «inchiodare
i responsabili alle proprie colpe, siano essi tedeschi
o italiani».
A. Mas.
22 |
| 15 maggio 2014
MONTI MANGIA
E NON SALUTA
Probabilmente non ci
vedeva più dalla fame.
Fatto sta che entrando in
un ristorante di Roma, l’ex
premier Mario Monti non si
è accorto che tra quei
tavoli stava cenando anche
Andrea Vecchio, deputato
di Scelta civica (il partito
proprio da Monti fondato).
«Ha fatto finta di non
conoscermi e non mi ha
salutato», ha detto
Vecchio. Irritato al punto
che ha annunciato l’addio
al partito, e poi però ci ha
ripensato.
G. Pagl.
Top e
FLop
TOP PIERO FASSINO
Ma come, non volevate una sinistra vicina
al popolo, al passo con i tempi? Eccola!
Matteo Renzi sfotte su Twitter i rosiconi (ci
manca il gesto dell’ombrello), nella lista
Tsipras ostentano il lato B e perfino il compassato sindaco di Torino si
adegua sventolando in piazza il dito medio. Al diavolo
l’abito istituzionale, lasciamolo agli statisti. Adesso è
l’ora dei problem solvers, dei
Gennaro ’a Carogna...
FLOP LICIO GELLI
Il capo della P2, «il più abile pataccaro
dei nostri tempi», lo chiamano Massimo Teodori e Massimo Bordin in “Complotto!” (Marsilio), a 94 anni rimbalza
da Andreotti a Berlusconi a Renzi, invocato il Primo maggio come
burattinaio del premier.
Tristissimo il Paese che ha
affidato a un massone di
provincia qualcosa di più
dei segreti di Stato: la sua
cattiva coscienza.
TOP PHILIPP ACHAMMER
A 28 anni è assessore provinciale, recordman di preferenze e ora segretario
dell’Svp con il 94 per cento dei voti.
Nello spot elettorale, tutto
in tedesco, usa lo slogan
“Neu starten”. Più che un
Renzi del Sud Tirolo, guardatelo, con il riporto ai capelli e i modi felpati, un
divo Giulio altoatesino.
FLOP EMANUELE SEVERINO
«Lei ha fede in Dio?». «Deduco da questa
domanda che lei non ha mai letto un mio
libro». Strepitoso scambio tra il filosofo
dell’Essere e Roberto D’Agostino a “Otto e mezzo”.
Sconfitto il pensatore che
nega l’esistenza del divenire,
perché nel flusso tv tutto
scorre, quel che si è scritto e
meditato, la verità.
Foto: M. L. Antonelli - Agf, F. Cavassi - Agf, I. Moschin - Agf, S. Campanini - Agf
Spending review
riservato
vaticano
quanti arGentini
con FranceSco
Effetto Bergoglio sulla lista dei 73 cronisti ammessi al volo
che porterà il Papa in Terra Santa il 24 maggio. Tra i prescelti una giornalista argentina che Bergoglio ha particolarmente
a cuore, Alicia Barrios di “Crónica», «la que más sabe del
Papa», quella che meglio conosce il pontefice, sua amica di
vecchia data, autrice del libro “Mi amigo el padre Jorge” e
ormai habitué in Vaticano. Salirà sul volo papale insieme al
marito, Hernan Bernasconi, l’ex giudice che fece arrestare il
manager di Maradona, avvocato dei desaparecidos, lui stesso
sequestrato e torturato. Oltre a loro, ci saranno gli inviati del
“Clarín”, de “La Nación”, di “Radio Continental”. Più il
cameraman di “Canal 13”. Tanti argentini sul volo del Papa
non si erano mai visti. Quattordici invece gli italiani, inviati
di “Avvenire” e “Telepace” compresi. Con Ratzinger nel 2009
in Terra Santa erano in 25 su 70. Con l’avvento di Bergoglio
i posti “riservati” si sono ristretti.
Ma. Ge.
uN’IMMAGINE DI PAPA BErGoGLIo
Sotto accuSa la riviSta aziendale
Aprile 2014: share (in %) delle reti e confronto (indicato dalla freccia)
con il mese precedente. Gli ascolti includono il dato in diretta e differito
GIoRno MEdIo
(02:00-02:00)
ToP GEnERALISTE
Rai 1
16,67%
▼
Canale 5
15,68%
▼
Rai 3
6,85%
=
Rai 2
6,83%
▲
Italia 1
5,86%
▼
Rete 4
5,21%
=
La7
3,58%
=
ToP CAnALI nATIVI dIGITALI
Real Time
1,46%
▲
Dmax
1,43%
▲
Rai Yoyo
1,38%
=
Iris
1,32%
=
Cielo
1,23%
▲
Top Crime
1,03%
▲
Boing
1,00%
▲
PRIMA SERATA
(20:30-22:30)
Rai 1
Canale 5
Rai 3
Rai 2
Italia 1
Rete 4
La7
Premium Calcio/HD
Iris
Sky Sport 1
Dmax
Cielo
Top Crime
Rai Movie
17,51%
15,05%
7,63%
7,56%
6,70%
5,48%
4,40%
▼
▼
▲
▲
=
=
=
1,68%
1,52%
1,34%
1,14%
1,13%
1,13%
1,01%
▲
=
▲
▲
▲
▲
▲
Elaborazioni Studio Frasi su dati Auditel, Nielsen TAM
Ammiraglie in crisi: Rai 1 e Canale 5 registrano un meno 9 per cento
ciascuna in prime time, pari a circa due punti di share. Cresce Rai 2,
ormai a un passo dal sorpassare Rai 3. Un anno fa La7 superava Rete
4 in prime time; oggi la rete segna meno 32 aprile su aprile, un crollo
in gran parte dovuto alla crisi dei talk politici. In grande spolvero
i canali segmentati e top in movimento. nell’intero giorno Max balza
avanti di due posizioni e l’editore, discovery, ha due canali in testa
alla top, da dove esce Rai Movie, che resiste in prima serata, ma in
ultima posizione, superata da Cielo che sorpassa anche Top Crime.
24 |
| 15 maggio 2014
l’ama? produce cartacce
Non bastavano Parentopoli e le foto dei maiali tra
l’immondizia. Sull’Ama piove un’accusa paradossale:
l’azienda romana dei rifiuti sporca. Lo scrive in una
interrogazione il deputato Pd Michele Anzaldi, che cita le
20 mila copie mensili di “Amaroma”, rivista gratuita voluta
da Gianni Alemanno e che Ignazio Marino non ha cassato.
Per Anzaldi, le copie, ignorate dai cittadini, sono «un
aggravio di lavoro per gli addetti alla raccolta». E le pagine
sul calcio “Appunti biancocelesti” e “Appunti giallorossi”
«nulla c’entrano con la mission aziendale». Il direttore di
Amaroma, ricorda Anzaldi, è Daniele Petraroli, in Ama dai
tempi di Alemanno e redattore fino al 2008 de “L’Italiano”,
giornale vicino alla Banda Mokbel. Nella gerenza figurano
il docente Saverio Scarpellino, legato all’ex sindaco
attraverso la fondazione Nuova Italia, ma anche Eleonora
Lucchetti, in azienda dai tempi di Walter Veltroni.
P. C.
FeStival nelle Scuole
emilia vS. ’ndranGheta
L’Emilia assediata dalle cosche porta l’antimafia nelle
scuole. Gli studenti saranno protagonisti della terza
edizione di “Aut Aut”, il festival regionale contro le mafie
che si svolgerà dall’8 all’11 maggio nelle province
di Modena e Bologna. La manifestazione prende il nome
dalla radio del giovane Peppino Impastato, ucciso dalla
mafia nel ’78. Tra un dibattito e l’altro, gli oltre 500
giovani coinvolti vedranno anche “Alla luce del sole”,
il film su padre Puglisi diretto da Roberto Faenza. Il tutto
in una terra dove, secondo l’ultimo rapporto della Procura
nazionale antimafia, è cresciuto un mostro che parla
padano: la ’ndrangheta emiliana. Che si alimenta
di complicità locali, politiche e imprenditoriali.
G. Tiz.
Foto: A. Dadi - Agf
CHI SALE E CHI SCENDE IN TV
riservato
mecenate
Ferragamo
I Ferragamo finanziano il restauro di alcune
sale degli Uffizi. Si parla di un intervento
da 700 mila euro. «Noi dobbiamo tutto a
Firenze, dove nel 1927 si stabilì Salvatore,
e quindi abbiamo un debito di riconoscenza
con la città», ha sottolineato Ferruccio
Ferragamo, presidente della maison,
presentando il bilancio del 2013 (1.258
milioni di ricavi, con un incremento del 9
per cento rispetto all’anno precedente). E
così se i Della Valle sognano la costruzione
di un nuovo stadio, anche i Ferragamo
scendono in campo per Firenze. «Tra i due
grandi brand del lusso c’è una sorta di gara
a mostrare attenzione nei confronti della
città del giglio», spiega Eugenio Giani, consigliere regionale e futuro delegato
del premier Matteo Renzi per lo sport.
Che ricorda quando la Fiorentina di Vittorio
Cecchi Gori, nel 2002, fallì. Allora solo
i Della Valle intervennero a rilevarla. Ora
la musica è cambiata. E anche i Ferragamo
investono nella Firenze renziana.
M. La.
a san marino
il divorzio è breve
Se in Italia resta un sogno, a San Marino
il divorzio breve è realtà. Nella Repubblica
del Titano le coppie che scoppiano non
dovranno più andare in tribunale per porre
fine al loro matrimonio: se non hanno figli,
basterà semplicemente che si presentino
davanti a un notaio e il gioco sarà fatto
(nulla cambia, invece, quando ci sono
pargoli in ballo). L’innovazione arriva
con la legge sul notariato varata a fine
aprile dal Consiglio Grande e Generale,
il Parlamento sammarinese. E trova
tutti d’accordo: anche gli avvocati,
che interverranno prima della firma
dell’addio per stilare un accordo relativo
alle situazioni patrimoniali.
A. Be.
26 |
| 15 maggio 2014
denise pardo pantheon
l’uomo che sussurra
a due papi
SuLL’oNdA dI uN PAPATo doppio,
c’è qualcuno che rappresenta la duplicità
del nuovo Vaticano. Nei templi e nei
palazzi del potere si parla molto di un
prelato in ascesa che sembrava destinato
all’ombra. È padre Georg Gänswein,
arcivescovo di due Papi, mai nessuno
in questa veste nei secoli dei secoli.
CASA E CHIESA. Da sempre è il
segretario particolare e molto protettivo
(una sciarpa per il vento, una mano contro
le cadute) di Benedetto XVI, ora Papa
emerito. Poi è stato confermato prefetto
della Casa Pontificia da Francesco, Papa
in carica. Tradotto dal vaticanese, il suo
ruolo è di responsabile del cerimoniale,
di maestro di casa. Accoglie capi di Stato
e teste coronate, ambasciatori e papaveri
devoti. Li saluta in cortile, li accompagna
per chilometrici saloni, sonda e capta
umori spirituali e molto temporali.
dA MANE A SERA. Assiste papa
Francesco negli incontri, nei viaggi ufficiali,
e riempie la sua agenda di udienze
speciali e generali e cerimonie pontificie,
liturgia a parte. I pasti e le ore
pomeridiane, invece, sono dedicate
di solito a Papa Benedetto, con il quale
vive nel Monastero Mater Ecclesiae. Nella
rivoluzione bergogliana rappresenta la
continuità, perché è l’unico della vecchia
guardia a essere rimasto in piedi. Quando
Sua Santità è andato in visita al Quirinale
e il cardinale Pietro Parolin, segretario di
Stato, era indisposto, Giorgio Napolitano
aspettando l’arrivo del Papa si è illuminato
riconoscendo padre Georg in mezzo a
oscuri e ancora sconosciuti monsignori.
MISTICo PASSAGGIo. Non si può dire
che tutti vadano pazzi per l’arcivescovo-
prefetto: c’è un frenetico su e giù
di sopracciglia tra indigeni vaticani
di peso e vaticanisti di rango. L’ortodossia
vacilla sulla sua figura di raccordo,
per non parlare del suo doppio incarico.
Lui stesso ha faticato nel convivere con
il cambiamento e la tradizione; l’ha fatto
capire più volte. Ma nel suo andare
di qua e di là tra un Pontefice e l’altro
c’è il passaggio mistico tra teologia
e popolarità, popolo e santità.
BELLo E MoNTANo. È parecchio
fascinoso per essere un sacerdote.
“Vanity fair”, noto settimanale religioso,
gli aveva infatti dedicato la copertina
dal titolo “Essere bello non è peccato”
(“Chi” aveva poi fatto la sua parte con un
reportage montano-sciistico). Padre Georg
è stato chiamato al servizio del Signore e
delle Sacre scritture. Ma è probabile che
Hollywood l’avrebbe scritturato volentieri.
A 57 anni, tempie grigie e occhi azzurri, un
gran sorriso, ha l’estetica di una curia con
meno rughe e meno omissis, meno anni e,
si spera, meno conti cifrati.
CLooNEY IN VIoLA. L’arcivescovo arriva
da Friburgo - clima da foche - ma ha pianto
come uno di Cerignola nel lasciare, dopo
le dimissioni di Benedetto XVI, la Città
santa alla volta dell’esilio a Castel
Gandolfo (esilio breve; poi sono tornati).
Ma senza girarci troppo intorno, guardare
Padre Georg fa lo stesso effetto di Brad
Pitt, George Clooney o Ben Affleck vestiti
con sottana e papalina viola.
AZIoNE CoN FIoRE. Il 3 maggio,
all’udienza con i soci dell’Azione cattolica,
non proprio degli esagitati nonostante il
nome, il Pontefice è stato accolto da un
diluvio universale di fiori, bigliettini, foto.
Dietro a Francesco, a rispettosi
metri di distanza, l’arcivescovo,
impreparato a parare l’effetto
di un tale delirio di entusiasmo,
lui più tradizionalista di
Ratzinger. Ci vorrebbe Gigi
Buffon, ha scherzato uno del
seguito. Intanto aspettando
Buffon, la Provvidenza ha
scelto Padre Georg, l’uomo
che sussurra a due Papi.
GEORG GäNSwEIN. IN ALTO:
IL MUSEO DEGLI UFFIzI
se ne parla su www.espressonline.it
Foto: A. Imbriaco - Contrasto, S. Carofei - Agf, S. Caleo
Finanziamento per gli uFFizi
15 maggio 2014
L’altra copertina
Sono molti gli amici
del preSidente ruSSo
colpiti dalle Sanzioni
che, in Seguito alla
criSi ucraina, hanno
Scelto la Svizzera
per mettere al riparo
il loro teSoro.
ora, dopo le denunce
del governo uSa, Si
è Scatenata la caccia
ai conti naScoSti
nella confederazione.
ecco chi Sono
e a quanto ammontano
le loro fortune
(a pag. 44).
in copertina, invece,
raccontiamo lo
Scandalo delle
cattedre nelle
univerSità italiane.
Scambi di favori,
raccomandazioni,
merito negato, titoli
ignorati (a pag. 36).
e il miniStro giannini
Spiega come vuole
mandare in Soffitta
la riforma gelmini
dopo il flop
del megaconcorSo
nazionale (pag. 42)
Settimanale di politica cultura economia - www.espressonline.it
N. 19 anno LX 15 maggio 2014
Elaborazione grafica di Daniele Zendroni
canton putin
dopo Le SaNzIoNI per L’ucraINa, è caccIa aL teSoro NaScoSto
NeLLe baNche SvIzzere dagLI oLIgarchI ruSSI amIcI
deLLo zar. ecco uomINI e SocIetà che SoNo fINItI NeL mIrINo
I baroNI rampaNtI
Lo scandaLo deLLe cattedre
e iL fLop deLLa geLmini p. 36
Se ne parla su www.espressonline.it
dIvorzIo berLuScoNI
veronica chiede a siLvio
più di mezzo miLiardo p. 56
vIaggI
tutte Le mete per L’estate
in itaLia e aLL’estero p. 122
15 maggio 2014 |
| 29
Sommario
50
86
76
64
66
56
Questa settimana
35 / sì, stiamo fermi
ma da vent’anni
di Bruno manfellotto
Primo Piano
36 / Baroni forever
Raccomandazioni, scambi di favori, meriti
negati. Il concorsone per scegliere i
professori è un flop, sommerso dai ricorsi.
Ecco come naufraga l’università italiana
di emiliano fittipaldi
39 / così vincono i PeGGiori
di salvatore settis
42 / dimenticare GeLmini
Tagli dei fondi a chi non pubblica. E
abolizione dei concorsi locali. Così si supera
la vecchia riforma. Parla il ministro
colloquio con stefania Giannini
di emiliano fittipaldi
Rubriche
9 / Per esempio di Altan
11 / L’antitaliano di Roberto Saviano
13 / satira preventiva di Michele Serra
15 / Potere & poteri di Piero Ignazi
16 / si può fare di Innocenzo Cipolletta
19 / riservato di R. Bocca e S. Livadiotti
22 / top e flop di Marco Damilano
26 / Pantheon di Denise Pardo
83 / senza frontiere di Tahar Ben Jelloun
114 / follow the money di V. Malagutti
170 / il vetro soffiato di Eugenio Scalfari
n. 19 - 15 maggio 2014
44 / canton PUtin
Dopo le sanzioni per la crisi Ucraina, è
caccia al tesoro nascosto in Svizzera dagli
oligarchi russi. Ecco chi è finito nel mirino
di vittorio malagutti
46 / aLL’eUroPa serve Un Pieno di Gas
di Leonardo maugeri
Attualità
50 / rosa PoWer
Sempre più donne affiancano Renzi. Nel
governo e nel partito. La mappa di chi sono.
E di chi conta davvero
di tommaso cerno e marco damilano
56 / siLvio, voGLio 540 miLioni
È la richiesta di Veronica per il divorzio.
Che ha fatto saltare le trattative. Ora spetta
ai giudici stabilire il valore dell’addio
di Paolo Biondani
58 / 1977: L’articoLo Premonitore
Camilla Cederna su “l’Espresso” aveva già
capito tutto del personaggio Berlusconi
di camilla cederna
60 / neLLe cUrve reGna Una mafia
Gli ultras sono diventati cosche autonome.
Con vertici, picciotti ed eroi. Che istituzioni
e società non combattono
di Gianfrancesco turano
64 / iL mio raP contro La camorra
Rime intelligenti, ritmo che funziona. E
Rocco Hunt, 18 anni, è diventato un caso
di daniele castellani Perelli
Reportage
66 / tra La via emiLia e iL West
Rodei, transumanze, corsi di monta, feste
country. Dalla pianura padana al Lazio,
ecco i cowboy italiani. Che sognano il Texas
di alberto dentice
Mondo
76 / WiLders, L’aLtro Le Pen
Ha scatenato una campagna
contro i marocchini e vuole tornare
al fiorino. Ritratto del biondo alleato
olandese di Marine e della Lega.
Che può vincere
di claudio Lindner
80 / e a Londra L’incUBo faraGe
di davide Lerner
Cultura
86 / Un marxista a cannes
Critico ma ottimista sul futuro
del cinema. Ken Loach al festival
di Cannes con quello che annuncia
come il suo ultimo film
colloquio con Ken Loach
di stefano vastano
90 / noi araBi vittime deLLa shoah
Non tutti gli arabi furono filonazisti.
Lo storico libanese Achcar spiega
l’uso politico dell’Olocausto
nel conflitto mediorientale
colloquio con Gilbert achcar
di davide Lerner
92 / iL fascino discreto di monet
Capolavori mai visti dei grandi maestri
impressionisti in una mostra al museo
Marmottan di Parigi
di fabio Gambaro
94 / BerLinGUer, eretico mite
Episodi inediti nella vita dello storico
segretario del Pci nella nuova edizione
di una fortunata biografia
di chiara valentini
15 maggio 2014 |
| 31
Sommario
N. 19 l 15 maggio 2014
Speciale Viaggi
122 / sfoGliAMo il MonDo
Viaggiare è come leggere. Per riannodare
fili, immergersi in storie e culture
di Paolo cagnan
125 / Dieci buone iDee
Dall’Etiopia al Baltico, tra archeologia e arte.
E in Italia: Puglia, Calabria e isola d’Elba
di luisa Taliento
110
Dossier
98 / TuTTe le scienze in un libro
Dalla fisica alla filosofia della medicina:
cosa scegliere in libreria
interventi di bruno Arpaia, Paola emilia
cicerone, Pietro Greco, Daniela Minerva,
Giovanni sabato, Giancarlo sturloni
Tecnologia
104 / sei sPiATo e non è un Gioco
Arriva il primo videogame che mostra come
i nostri dati personali siano ormai facili
prede per chiunque. Ed è subito un caso
di Marco consoli
Economia
110 / sorPresA AfricA
Nel Continente Nero gli imprenditori italiani
fanno sempre più affari. Perché, a dispetto
di povertà e dittatori, il Pil aumenta
di Gloria riva e stefano Vergine
116 / un Tycoon Per MeDiAseT
Il Biscione vuole vendere una quota della
pay-tv. In lizza Canal Plus e l’emiro del Qatar
di Maurizio Maggi
118 / silicon HollywooD
Los Angeles sta diventando la nuova culla
del digitale. Grazie al cinema
di Kate Pickert
Passioni
146/ cinema
147 / spettacoli
148 / Musica
149 / Arte
151 / libri
155 / beauty
157 / Moda
160 / la Tavola
161 / Viaggi
162 / speciale pesce
164 / Motori
166 / Per posta, per email
copertina: foto di Michele D’Ottavio Buenavistaphoto
32 |
| 15 maggio 2014
98
Questa settimana su
www.lespresso.it
Test: scopri il tuo partito per le europee
Sul nostro sito, l’applicazione EUandI che
consente di capire, rispondendo a trenta
domande di attualità, quale partito
rispecchia meglio le nostre posizioni
politiche
scianna, universo sicilia
Fino al 18 luglio, a Roma, sono in mostra
le fotografie in bianco e nero che
Ferdinando Scianna ha dedicato alla sua
isola. Scatti che raccontano le tradizioni,
la religiosità, le contraddizioni di una
terra. Una selezione di immagini nella
sezione Visioni
Viva la mamma col cappello da chef
In Usa ci sono Alice Waters, che ha
convertito allo slow food un’intera
generazione. E Michelle Obama che si
batte per la sana alimentazione di tutti
i bambini d’America. In Italia? Chi sono
le madri, cuoche o gastronome, opinion
leader nel mondo del food? Da Lidia
Bastianich a Nadia Santini per festeggiare
la festa della mamma
128 / l’oro Di nAPoli
L’impronta francese. Le cupole barocche.
Itinerario d’autore nella città del golfo
di cesare De seta
132 / PArTire è un Po’ ricorDAre
Viaggio nei luoghi della Grande Guerra
di Paolo cagnan
134 / DoVe cibo è culTurA
Bologna capitale del mangiar bene
di Andrea rinaldi
138 / sebben cHe siAMo low
L’obiettivo di Vueling? Trasformare
il trasporto economico
di Paola Pilati
139 / frencH ToucH
Una campagna pubblicitaria aggressiva. Più
servizi e più rotte. Il gioco duro di Air France
di emanuele coen
140 / Abu-DHAbi-Doo!
Una città ambiziosa. E una compagnia
aerea altrettanto ambiziosa. I piani di Etihad
di Valeria Palermi
Abbonati e abbonamenti
“L’Espresso” offre un servizio destinato
a fornire ogni informazione agli abbonati
vecchi e nuovi e a raccogliere suggerimenti
e lamentele.
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allo stesso numero 199.78.72.78*
* Il costo massimo della telefonata da rete fissa è di € 0,1426 al minuto + 6,19 cent di euro alla risposta (IVA inclusa)
Bruno Manfellotto Questa settimana
Sì, stiamo fermi
ma da vent’anni
A
Foto: Massimo Sestini
Circola in Europa
un cauto ottimismo
sulla ripresa. Che
altrove si avverte
più che da noi.
Dove i guai sono
iniziati molto prima
della crisi e non si è
frenato l’aumento
del debito. Perché
nessun governo ha
osato andare contro
le molte Caste
ncora pochi giorni e, passate le
elezioni, capiremo che cosa
hanno in animo di fare i governi di mezza Europa. Se davvero pensano che sia arrivata
l’ora di stimolare una crescita finora impedita o nana. Le premesse ci sono. Ormai è
diffusa la critica alle politiche di austerity,
all’inizio contestate da pochi (come Joseph
Stiglitz) e poi sconfessate dall’amministrazione Obama. Tanto che gli stessi - economisti, agenzie di rating, austeri commissari
di Bruxelles - che nell’inverno di due anni
fa intonavano il de profundis dell’euro,
oggi cavalcano un cauto ottimismo. Giurano che la moneta unica sopravviverà. E che
il rigore può solo essere di breve durata.
Se tutto ciò sia sincero, o solo strategia
per raffreddare diffuse tentazioni populiste,
lo sapremo presto. Per ora, ciò che emerge
dagli ultimi report della Commissione europea è che una ripresa c’è, ma ancora assai
debole; che l’inflazione non cresce, anzi; e
che l’Europa marcia a tre velocità. In testa
c’è la Germania di Angela Merkel, e questa
non è una notizia; a sorpresa si muovono
Spagna, Portogallo e Grecia che ieri hanno
accettato consistenti aiuti europei e ora si
sono liberati di ogni patronage; e in coda
c’è la povera Italietta, con un Pil minore del
2007 e danni all’economia che si stimano
superiori a quelli della Grande Depressione.
L’ItaLIa dI MontI, si ricorderà, in uno
scatto di orgoglio nazionale rifiutò l’aiuto
europeo impegnandosi a un taglio drastico
della spesa pubblica che però, nonostante
il rigore calvinista di Enrico Bondi, ha portato a poco; né è riuscita ad abbattere barriere antiche e ad avviare la crescita. Non
deve sorprendere. È da più di vent’anni basta scorrere la serie storica dell’Istat - che
il Pil cresce dello zero virgola o dell’uno
virgola, e comunque sempre la metà della
media europea, anche quando non c’erano
vincoli e fiscal compact; che a dispetto di
tagli di spesa annunciati e di aumenti di
tasse praticati il debito pubblico non è calato, anzi è cresciuto nell’illusione che servisse a favorire un barlume di crescita. Insomma, non serve sforare i tetti al debito se
non si scende in guerra contro burocrazie,
Se ne parla su www.espressonline.it
corruzione, privilegi, rendite di posizione...
E però né Berlusconi imprenditore e non
politico; né Mario Monti, bocconiano
svincolato dai partiti; né l’enfant prodige
Enrico Letta sono riusciti a incidere su caste
e mandarini. Ce la può fare Renzi?
La battagLIa rIguarda un esercito
ben più vasto della casta processata da
Stella & Rizzo. Sei anni fa, mentre la crisi
incalzava, Edmondo Berselli - mi piace
citarlo di nuovo - spiegava che la politica
si andava riducendo a format televisivo,
audience e talk show: «Il format è dannatamente efficace, perché permette a una
maggioranza sociale dispersa, anonima,
prima di riconoscersi, poi di autoassolversi (nessuno è colpevole, nella soap in cui
tutti i cattivi, pochi, sono immediatamente riconoscibili), e infine a sostenere l’azione delle autorità contro questi imprecisati
cattivi soggetti, a cui possono essere assegnate tutte le responsabilità… il pubblico
si autointerpreta ogni volta come una
moltitudine di bravi e onesti cittadini,
stupefatti, e anzi angosciati, di fronte
all’impazzimento dei meccanismi della
politica, agli sprechi, alle piccole e grandi
corruzioni delle strutture pubbliche».
E ancora: «Il format è infallibile perché
sgrava la coscienza: c’è un’altra Italia, là
sullo sfondo, a cui dare la colpa. Un’Italia
fortunatamente minoritaria, insignificante
anche numericamente rispetto ai sessanta
milioni di italiani brava gente, i quali possono deprecare scuotendo la testa il residuo
milione di cattivi soggetti. Il contenuto
populista del format è fortissimo: in primo
luogo perché inibisce qualsiasi distinguo.
Sottilizzare è vietato: non vorrete stare
dalla parte dei fannulloni, o dei corrotti…
bisogna licenziare gli assenteisti, mandare
a domicilio le visite fiscali, colpire i fannulloni nel vivo dello stipendio, mettere in
galera i corrotti e tenerceli». E, avrebbe
forse aggiunto oggi Eddy, uscire dall’euro...
Beppe Grillo l’ha capito e mentre spara
vaffa, non entra nel cuore dei problemi
veri (per esempio l’evasione fiscale). E così
continuerà. Finché non gli si leverà l’acqua
in cui sguazza. Ricominciando a crescere.
Twitter@bmanfellotto
15 maggio 2014 |
| 35
Inchiesta università / radiografia di un flop
Partecipanti
BARONI
fOReveR
59.193
ESAME PER
PROFESSORE ORDINARIO
ESAME PER
PROFESSORE ASSOCIATO
18.073
41.123
I professori associati di ruolo
che hanno affrontato il concorso
per ottenere l'idoneità per
accedere al gradino più alto della
carriera accademica e diventare
professore di prima fascia.
Una volta ottenuta l’abilitazione,
i docenti potranno partecipare ai
concorsi locali indetti dai singoli
atenei. E, se promossi, prendere
una cattedra.
Raccomandazioni, scambi di favori,
meriti negati, titoli ignorati.
Il concorsone per scegliere i professori
è sommerso di ricorsi. Ecco come
naufragano gli atenei italiani
I ricercatori e altri candidati
che hanno partecipato
all'abilitazione a professore
associato, cioè di seconda
fascia. Come per l'abilitazione
a ordinario, le commissioni sono
state chiamate a valutare
i titoli e le competenze
dei candidati attraverso
l'analisi dei loro curriculum
e delle pubblicazioni.
Di emiliano fittipalDi
7.363
184
COMMISSIONI HANNO VALUTATO I CANDIDATI
RICORSI AL TAR
E AL CONSIGLIO
DI STATO
ISTANZE
DI RIESAME
AL MINISTERO
1000 7000
16.571
PROMOSSI
PROMOSSI
Infografica Giacomo De Panfilis
A
h porci!”, esclamò Perpetua. “Ah baroni!”,
esclamò don Abbondio». I lanzichenecchi
che distrussero la Lombardia nel 1630 Alessandro Manzoni li chiama proprio così, «baroni». Dal latino
“baro - baronis”, termine che, dice la
Treccani, indicava “il briccone, il farabutto, il furfante”. I mammasantissima delle
nostre facoltà non hanno portato la peste
come i soldati tedeschi che assediarono
Mantova, ma di certo il loro dominio
incontrastato ha contribuito a devastare
l’università italiana. Dove, al netto delle
eccellenze e dei tanti onesti, è sempre più
diffuso il morbo del familismo, della
raccomandazione e del corporativismo,
a scapito del merito, delle capacità dei più
bravi, della fatica dei volenterosi. Per i
baroni la strada maestra per mantenere
il potere e gestire il reclutamento è, ovviamente, quella di controllare i concorsi.
Come dimostra l’inchiesta “Do ut des”
della procura di Bari, che sta indagando
per associazione a delinquere decine di
Totale promossi
23.934
COSTO DELL’OPERAZIONE
126 MILIONI
Fonte: elaborazione della Seconda Università di Napoli su database del Miur e del Cineca
36 |
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15 maggio 2014 |
| 37
Inchiesta
SENZA DIRITTO
La riforma Gelmini varata nel 2010
doveva mettere fine agli scandali e modernizzare finalmente gli italici atenei, da
tempo in coda a ogni classifica delle eccellenze europee. Ahinoi, non sembra
essere andata come si sperava. La nuova
abilitazione scientifica nazionale (che ha
da poco chiuso la tornata del 2012: i
promossi a professori di prima e seconda
fascia sono quasi 24 mila, i bocciati circa
35 mila) è stata un flop colossale. Nonostante un costo stimato superiore ai 120
milioni di euro, il concorso ha generato
proteste a catena, incredibili favoritismi,
migliaia di ricorsi al Tar e - come risulta
a “l’Espresso” - anche i primi esposti
mandati alle procure.
La lista di presunti abusi basta leggere
le accuse che arrivano da ricercatori
esclusi, docenti e persino premi Nobel - è
impressionante: se in qualche caso sono
stati promossi candidati che vantano
solo dieci citazioni (in articoli e pubblicazioni varie) a discapito di altri che ne
hanno oltre seicento, tre commissari di
Storia medioevale avrebbero truccato i
propri curriculum attribuendosi monografie mai scritte pur di far parte della
“giuria”. A Storia economica, invece,
sono stati esclusi specialisti apprezzati in
tutto il mondo, ma privi evidentemente
dei giusti agganci: un gruppo di dodici
studiosi stranieri, tra cui un Nobel, hanno così spedito al ministro Stefania Giannini una lettera indignata in cui si dicono
«inquietati» dall’esito delle selezioni. I
casi sono decine: da archeologia a biochimica, da architettura a chirurgia,
passando per storia economica e latino,
quasi in ogni settore sono stati denunciati giudizi incoerenti e comportamenti al
limite dell’etica. Che spesso nascondono,
sussurrano i ricercatori frustrati, la volontà dei baroni di cooptare, al di là
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delle reali capacità dei singoli, i predestinati e gli “insider”, cioè i candidati già
strutturati nelle facoltà.
Andiamo con ordine, partendo dal concorso di Diritto privato. L’abilitazione è
finita sulle pagine di cronaca perché il
commissario straniero (il membro Ocse è
una delle novità più rilevanti della riforma) parlava solo spagnolo. Come abbia
fatto Josè Miguel Embid a leggere e valutare i complessi tomi di diritto prodotti dai
candidati è un mistero. “La conoscenza
della lingua italiana”, ha spiegato in una
nota il ministero dell’Istruzione, “non è
prevista dalla legge”. I giudici del Consiglio di Stato si sono però fatti beffe delle
giustificazione, hanno accolto un ricorso
sul merito e sospeso tutto.
Le stranezze non si contano. Se il
commissario Maria Rosaria Rossi, ordinaria a Perugia, prima di essere sorteggiata componente della commissione
aveva annunciato di voler sabotare la
riforma Gelmini («a chi lavora nell’università spetta ora il compito di operare
Così vincono
i peggiori
interstizialmente tra le pieghe della legge
e oltre la legge stessa e sperimentare
pratiche quotidiane di sabotaggio dell’ideologia che la sostiene», ha ragionato
carbonara sul “Manifesto”), il ricercatore napoletano Andrea Lepore è stato
promosso anche se il giudizio scritto,
inizialmente, sembrava ipotizzare ben
altro epilogo: «La qualità della produzione è limitata sotto il profilo dell’originalità e dell’innovatività, nonché per
il rigore metodologico... Si rinvengono,
tra l’altro, ampie frasi riprodotte alla
lettera da lavori di altri autori precedentemente pubblicati». Andrea Lepore, in
pratica, è accusato di essere un copione.
Da promuovere, però, «all’unanimità».
LA RAgNATELA DEI DOcENTI
Francesco Gazzoni, professore della
Sapienza e maestro indiscusso della materia (è suo il manuale di Diritto privato
più venduto d’Italia), all’abilitazione
nazionale ha dedicato un saggio, intitolato “Cooptazioni: ieri e oggi”: «Il potere
accademico è una vera e propria piovra
mafiosa», si leggeva sulla rivista online
“Judicium” prima che l’articolo fosse
repentinamente rimosso. «Cooptare, in
sé, non è un male, lo diventa quando la
scelta avviene, come sempre avviene, in
Foto: P. Scavuzzo/Agf(2), C.Mantuano/OneShot
professori di diritto costituzionale: «Carissimo, consegno un’umile richiesta al
pizzino telematico. Ti chiederei il voto
per me a Roma... sono poi interessato a
due concorsi di fascia due, d’intesa con
Giorgio che ha altri interessi. Scusa per
la sintesi brutale, ma meglio essere franchi. A buon rendere. Grazie», si legge in
una mail che il bocconiano Giuseppe
Franco Ferrari ha mandato qualche
anno fa a un collega, missiva ora al vaglio della Guardia di Finanza.
Sestante
Salvatore Settis
LA NEOpROmOSSA
RISpONDE AL
TELEfONO DELLO
STuDIO pRIvATO
DEL pRESIDENTE
DELLA cOmmISSIONE
chE L’hA ESAmINATA
base a criteri che prescindono dal merito... I professori di università sono novelli Caligola, con in più il fatto di promuovere, all’occorrenza, anche asini patentati in difetto di cavalli».
Il luminare fa nomi e cognomi, e se la
prende con l’intera commissione di Diritto privato «inidonea a giudicare, essendo
priva di autoritas sul piano scientifico». I
più bravi, in sintesi, sarebbero stati bocciati perché «non avevano un’adeguata
protezione accademica e perché non
tutti i commissari erano in grado di leggere e capire i loro titoli». Forse il professore esagera, ma di certo qualche candidato di Diritto privato è stato più fortunato di altri. Come l’avvocato Claudia
Irti, che ha scoperto che il presidente
della commissione, Salvatore Patti, era
stato suo tutor alla tesi di dottorato. Un
conflitto di interesse non da poco per il
docente, tanto più che è la Irti in persona
a rispondere al telefono della sede milanese dello studio Patti: «Sì, sono stata
promossa, ma ci tengo a dirle che io non
lavoro per il professore. Perché rispondo
al telefono del suo studio? È una situazione particolare, a Milano presidio la sede,
ma faccio solo da rappresentanza. Il
professore si sarebbe dovuto astenere dal
giudicarmi? Significa che tutte le persone
che collaborano con i membri della commissione non avrebbero dovuto presentare domanda al concorso. Le assicuro
che sono tante».
È il sistema, dunque, a permettere che
possa accadere di tutto: se Patti, oltre
alla Irti, ha potuto valutare i titoli di tre
magistrati di Cassazione che potenzialmente possono essere giudici delle sue
cause (tutti abilitati), il collega Francesco
Prosperi dell’Università di Macerata ha
promosso a ordinario il giovane Tommaso Febbrajo, un tempo suo allievo, e figlio
dell’ex rettore dell’ateneo dove lo stesso
Prosperi insegna.
Non è un caso che il concorso di diritto
privato conti già un centinaio di ricorsi al
Tar. Un professore associato dell’università di Tor Vergata, Giovanni Bruno, ha
già avuto soddisfazione dal Consiglio di
Stato. I magistrati hanno accolto alcune
censure decisive, tanto che qualcuno ipotizza che l’intero svolgimento dell’abilitazione nazionale sia a rischio: il regolamento ministeriale pubblicato nel 2011 sarebbe illegittimo, perché avrebbe dato alle
commissioni un eccesso di discrezionalità
nella valutazione dei candidati. Bruno ha
pure mandato un esposto alla procura
Assordati dalle litanie
dei crociati delle
“riforme”, potremmo
credere che qualsiasi
riforma sia
l’abracadabra
che “rimette in moto
il Paese”. È vero il
contrario, basta pensare all’università.
La riforma Gelmini, poi legittimata dalla
non brillante sequenza di tre ministrirettori, ha aggravato molti problemi
senza risolverne alcuno. Sul fronte del
reclutamento, ha confermato la sindrome
bipolare del sistema: dopo sette anni
di paralisi, un’ondata di “abilitazioni”
e assunzioni, con decine di migliaia
di abilitati ma non assunti.
Il processo degenerativo cominciò con gli
ope legis del 1980, seguiti da un lungo
blocco delle assunzioni, poi dai concorsi
localistici del ministro Berlinguer (1998),
con assunzioni in massa seguite da un
nuovo blocco. In questa deriva, molti dei
migliori lasciano l’Italia, i docenti sono
sempre più vecchi, e al loro posto
spuntano i precari (costano meno).
Una serrata del maggior consiglio ha
espulso gli associati dalle commissioni
giudicatrici, e gli ordinari rimasti padroni
del campo ne approfittano spesso
per ridisegnare la disciplina a propria
immagine e somiglianza esiliando
chi non la pensa come loro.
La farsesca abolizione delle Facoltà,
ribattezzate dipartimenti con nomi
fantasiosi che li rendono irriconoscibili
oltreconfine, impegna i professori in sorde
lotte di micropotere mettendo in sordina
la ricerca con enorme svantaggio degli
studenti. Il mantra principale di queste
riforme è che siano a costo zero. Ma le
riforme a costo zero producono molto
meno di zero, perché vietano di adeguarsi
ai migliori standard internazionali,
ma anche perché accrescono il peso
lavorativo sui singoli abbassando
l’efficienza del sistema. Dobbiamo
dunque invocare un’altra riforma? Sì, se
imparassimo che nel gioco dell’oca delle
riforme una regola c’è: più si affidano
a chi non ne sa nulla, più è sicuro che
vinceranno i peggiori. E l’Italia perderà.
15 maggio 2014 |
| 39
Inchiesta
IL CONSIgLIO DI STATO
hA ACCOLTO
LE prOTESTE
DI uN bOCCIATO
E pOTrEbbE
ANNuLLArE L’INTErA
TOrNATA DI NOMINE
Un’inutile rissa di tutti contro tutti
Francesco rossi
rettore della seconda Università
di napoli
«Si sono create grandi aspettative
che poi non si potranno concretizzare
completamente. E ci saranno generazioni
intere di studiosi che rimarranno fuori
dal sistema universitario in maniera più
o meno definitiva. Il rischio è che questa
sia stata un’occasione mancata.
Un piccolo mostro. È partita con propositi
positivi, però si è persa. Per questo, io
avrei invece applicato un processo di valutazione autonomo, aperto: esaminiamo
le università per quello che sono capaci di fare, dando loro autonomia».
di Roma, accusando Prosperi di non aver
partecipato a una delle riunioni in cui si
definivano i giudizi: a leggere un programma accademico dell’Università di
Macerata, risulta che il 29 novembre
2013 il sociologo abbia partecipato (almeno fino alle 13) a un convegno nelle
Marche. Anche un altro candidato trombato, l’avvocato Giuseppe Palazzolo, ha
mandato una denuncia ai pm (stavolta a
Napoli) in cui chiede il sequestro della
piattaforma elettronica usata dai membri della commissione. Già, alcuni candidati avrebbero voluto controllare se i
loro giudici hanno davvero letto i loro
titoli (mandati in formato elettronico) o
abbiano promosso e bocciato alla cieca,
senza nemmeno effettuare il download.
Il ministero ha rigettato, però, tutte le
richieste d’accesso ai tabulati.
«LA CANDIDATA NON È SCEMA»
40 |
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lezione all’università di roma, la sapienza. a destra: francesco rossi e, sotto: ivano dionigi
candidato indigeno vince a mani basse),
il legislatore sembra aver toppato anche
stavolta. La legge 240, quella della riforma Gelmini, ha sì previsto dei parametri
oggettivi che gli aspiranti avrebbero dovuto superare per passare l’esame (le cosiddette “mediane”), ma molti professori
hanno deciso come sempre: di testa loro.
In effetti gli studiosi della “Voce.info”
hanno scoperto che per i concorrenti con
un profilo scientifico più debole “la conoscenza di un membro della commissione
ha migliorato significativamente le chance
di successo”. A parità di curriculum, per
esempio, in Politica economica “gli insider
hanno avuto il 14 per cento di probabilità
in più” di passare rispetto a coloro che non
frequentano gli atenei, una percentuale
che sale al 23 per cento in Scienza delle
finanze. Polemiche a go-go anche nella
macroarea di Archeologia, dove un gruppo di accademici (tra cui Salvatore Settis,
Fausto Zevi ed Ermanno Arslan) hanno
scritto una lettera in cui prima attaccano
«lo strumento mostruoso delle mediane,
ridicolo artifizio blibliometrico che rinuncia alla qualità e fa discendere i giudizi
delle quantità», poi se la prendono con i
colleghi della commissione, che avrebbero
aiutato le scuole più forti «privilegiando
alcuni candidati, non sempre di evidente
alta qualità, e danneggiato altri, con scelte
valutative a dir poco opinabili».
«I talenti sono stati bocciati, i “peggiori” sono stati sistematicamente promossi,
anche a Latino» ha attaccato l’ordinario
perugino Loriano Zurli. Un meccanismo
che non solo è amorale ma anche antieconomico, dal momento che il rilancio
dell’università e della ricerca sono fondamentali - secondo tutti gli esperti - per la
crescita della ricchezza nazionale.
Se il professore di Biochimica Andrea
Bellelli definisce «una farsa» il concorso
del suo settore e ricorda che «uno dei
cinque commissari sorteggiati pare non
Foto: R.Venturi/Contrasto, AGF, Imagoeconomica
Nel 1898, in una cronaca del “Corriere della Sera”, si raccontava che il ministro della Pubblica istruzione del governo
Pelloux, Guido Baccelli, “impaurito e
seccato dagli scandali occorsi nelle commissioni chiamate a giudicare pe’ i concorrenti alle cattedre vacanti d’università, abbia in animo di abbandonare il sistema adottato quest’anno per l’elezione
delle commissioni”. Cos’era successo?
“Qualche concorrente” spiegava il cronista “non aveva trovato miglior mezzo per
riuscire, di domandare la mano di sposa
alla figliola di un commissario: il matrimonio si combinava per il dopo concorso; il fidanzato, manco a dirlo, riusciva
primo, e festeggiava in un giorno medesimo la cattedra e la moglie”. Dopo centosedici anni e una quindicina di riforme,
dopo gli scandali dell’ultimo ventennio
(citiamo quelli che travolsero il concorso
nazionale del 1993, le inchieste che hanno
svelato le appartenenze militari alle cosiddette “scuole” e le tristi vicende dei
concorsi locali, dove spesso e volentieri il
avesse le mediane», un gruppo di prof e
ricercatori dell’associazione Roars (presieduta da Francesco Sylos Labini) ha
sottolineato alcune scellerate scelte
dell’Anvur che ha considerato “scientifiche” ben 12.865 riviste tra cui spiccano
“Alta Padovana” del Comune di Vigonza,
“Delitti di carta” specializzata nella giallistica,“L’annuario del liceo di Rovereto”,
il mensile della parrocchia di San Domenico, “Cineforum” e “Stalle da latte”.
Ma è capitato di peggio. A Progettazione architettonica i commissari hanno
fatto letteralmente a pezzi alcuni candidati pubblicando online giudizi (leggibili da
tutti) in bilico tra ironia e insulto. Il professor Giuseppe Ciorra, ordinario all’università di Camerino, bocciando una ricercatrice a Torino scrive, letteralmente, che
«la candidata non è scema, ha dimestichezza con la scena internazionale e rivela curiosità in tutte le direzioni... Incoraggiabile ma non recuperabile, temo». Il
collega Benedetto Todaro ha definito una
collega associata di Napoli, Emma Buon-
ivano Dionigi
rettore dell’Università di Bologna
«Ci dovrebbe essere un limite al
masochismo e all’autolesionismo. Nel
mondo accademico si è creata una psicosi
tale per cui tutti hanno avuto l’impressione
di essere soggetti al giudizio universale.
In realtà, gli hanno dato la patente, ma
non la macchina. Adesso ci sono 18 mila
abilitati circa. Vogliamo essere ottimisti?
Ne piazzeremo, se va bene, tra i 5 e
i 7 mila. Questo è l’inganno. Si è creata
una massa di frustrati e nei dipartimenti
si sta diffondendo un clima da mors tua
vita mea. La delusione sarà un
contraccolpo fortissimo. L’onda è lunga.
Impariamo da questa esperienza, che ha
lasciato sul campo troppi feriti e illusi».
giUseppe capUto
membro del consiglio Universitario nazionale
«È stata un’elefantiaca operazione burocratica che ha paralizzato gli Atenei e sperperato
risorse pubbliche. Sono stati usati metodi meramente quantitativi, che tendono a favorire
chi si trova già in posizioni di forza accademica. La valutazione si è così rivelata uno strumento
di natura politica, per ottenere una ridistribuzione delle risorse (economiche e umane).
Siamo ancora molto lontani dall’obiettivo che dovrebbe avere un sistema di valutazione».
testi raccolti da Fabio Lepore
donno, una «candidata sconcertante, che
si impegna volenterosamente in lavori
completamente privi del necessario acume critico». Ciorra (che arriva a liquidare
un esaminando con un definitivo «sparisca, per favore»), sembra assai più gentile
quando si tratta di valutare candidati che
conosce di persona. Quando è costretto a
bocciare la sua ex dottoranda Rita Giovanna Elmo spiega che lo fa «con dolore
umano», mentre non si fa specie nel promuovere (il suo sarà l’unico “sì”) Anna
Rita Emili, ricercatore in forza alla sua
stessa università poi bocciata da tutti gli
altri colleghi. La Emili si può consolare, è
in ottima compagnia: la commissione ha
fatto fuori i migliori progettisti italiani.
Anche stavolta qualcuno si è lagnato con
la Giannini: l’Associazione italiana di
Architettura e critica «manifesta un totale dissenso contro qualsiasi atteggiamento sessista e maschilista della commissione d’esame volto a schernire le ricercatrici. Suggeriamo ai membri della commissione di mostrare anche più rispetto, in
futuro, per la grammatica italiana».
Il barone che sbaglia le congiunzioni, in
effetti, è davvero troppo. n
15 maggio 2014 |
| 41
Inchiesta università / il piano del governo
Percentuale di professori che sono stati promossi al concorsone e numero di ricorsi accettati dal Tar regione per regione
Trentino Alto Adige
Dimenticare Gelmini
Lombardia
Valle d’Aosta
Tagli dei fondi a chi
non pubblica.
E abolizione dei
concorsi locali.
Così si supera la
vecchia riforma.
Parola di ministro
15,8
Piemonte
Liguria
I
«No, ma cambieremo molte cose. I meccanismi di selezione dei nostri docenti
negli ultimi vent’anni sono stati modificati ben quattro volte. Se le regole del gioco
sono state corrette ad ogni lustro, i risultati sono sempre uguali: proteste, ricorsi
al Tar, giudizi discutibili. Ricordo, però,
che l’etica individuale e la correttezza
comportamentale non si possono imporre
per decreto: c’è un mondo universitario,
da cui io provengo, che si deve interrogare
nel profondo, in modo da evitare continui
scandali e fare reclutamenti all’altezza».
Sperare che i baroni si autoriformino sembra
un’utopia, ministro. Voi che farete nel concreto?
«Le regole dell’abilitazione nazionale
sono troppo complicate, il marasma nor42 |
| 15 maggio 2014
2
42,1
35,7
Friuli Venezia Giulia
35,8
34,5
1
Emilia Romagna
1
8
28
32
34
Umbria
39,5
36,5
27,9
27,8
Marche
3
34,1
25,9
Toscana
30,5
28,6
2
Abruzzo
38,9
33,5
31,2
31,6
1
Molise
12
29,6
29,7
7
15,8
4
33,3
Campania
Sardegna
23,6
22,1
Calabria
% di promossi al ruolo
di professore associato
% di promossi al ruolo
di professore ordinario
Sicilia
30,9
28,3
Puglia
27,9
24,2
Basilicata
23,6
23,3
numero di ricorsi accettati dal Tar
26,3
22,4
28,5
25,7
3
Fonte: elaborazione della Seconda Università di Napoli su database del Miur e del Cineca
Italia in cattedra
mativo ha lasciato spazio all’opacità e
declinazione impropria del sistema. È
questo il principale difetto della riforma
Gelmini, bisogna semplificare l’impianto
generale. Guarda caso sono arrivati già
mille ricorsi. In futuro, per migliorare la
qualità dei lavori delle commissioni e
permettere carriere più rapide, dobbiamo
evitare che le abilitazioni vengano fatte
ogni quattro-cinque anni».
Con che cadenza saranno banditi i nuovi
concorsi nazionali?
«Vorrei creare commissioni permanenti
per le varie discipline. I blocchi, come si è
visto, producono fiumane di candidati e
decine di migliaia di domande, gli esami
diventano difficili e poco controllabili.
Alcune commissioni dovevano giudicare
oltre mille persone, 15 mila i libri che
ognuno dei cinque membri avrebbe dovuto leggere in pochi mesi. Un’enormità.
In altri Paesi la valutazione continuativa
esiste da decenni: anche in Italia bisogna
passare dalle “tornate concorsuali” a
giudizi “a sportello”. Le commissioni,
naturalmente, devono essere innovate
dopo un certo periodo. Poi, dopo aver
ottenuto l’abilitazione da parte della comunità scientifica di riferimento, il candidato potrà essere assunto».
prenderemo altri 6-7 mila ragazzi, già
idonei perché hanno superato il concorso,
molto selettivo, istituito da mio predecessore Francesco Profumo».
Non c’è il rischio che con un’autonomia
assoluta i dipartimenti assumano, ancor di
più, chi vogliono a discapito del merito?
Oggi nei concorso locale i baroni dettano
legge. Vincono quasi sempre i candidati
interni.
«Credo che i concorsi locali vadano aboliti per decreto. Sono convinta che le singole
università debbano poter chiamare in totale autonomia chi vogliono, rispettando
ovviamente standard internazionali. Bisogna che capacità, numero e importanza di
pubblicazioni siano premianti. Spero che
riuscirò a fare proposte concrete prima
delle vacanze estive. Finora al governo ci
stiamo muovendo velocemente: abbiamo
iniziato le procedure per il concorso per la
scuola 2015. Ci saranno 17 mila nuove
assunzioni entro il 2016. Circa la metà
saranno giovani, gli altri saranno presi
dalle graduatorie. Ma già l’anno prossimo
Foto: A. Scattolon/FotoA3
Farete un’altra riforma?
37,6
35,9
Lazio
COllOquiO COn SteFania giannini
di emilianO Fittipaldi
l ministro dell’Istruzione e dell’Università Stefania Giannini ha appena terminato il suo intervento al
convegno della Cgil a Rimini. «Li
ho quasi sorpassati a sinistra, e la
cosa mi preoccupa», dice sorridendo a
“l’Espresso”. Il segretario di Scelta Civica
la riforma Gelmini l’ha ereditata, e i risultati della nuova abilitazione scientifica
nazionale la fanno ridere assai meno.
«Cambierò tutto. Il sistema dell’abilitazione nazionale va trasformato, e i concorsi locali vanno aboliti tout court. Ogni
università deve poter assumere i docenti
che vuole. Chi assumerà parenti e ricercatori incapaci lo farà a proprio rischio e
pericolo: gli atenei che produrranno poco
subiranno ripercussioni economiche, gli
taglieremo i fondi».
Veneto
41,3
42
«Il sistema funzionerà solo se riusciremo
a garantire la continuità e la trasparenza
nelle abilitazioni nazionali (la seconda
tornata non verrà modificata, la Giannini
intende solo prorogarla fino a settembre,
ndr). E, in secundis, se le università saranno sottoposte a un meccanismo di valutazione da parte del ministero e dell’Anvur,
l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario. Se qualcuno decide di
assumere al posto di uno scienziato capace un candidato meno bravo ma raccomandato, l’ateneo sarà duramente penalizzato sotto il profilo economico. A chi
non raggiunge risultati sul profilo della
ricerca e delle pubblicazioni, per dirla
brutalmente, taglierò i soldi. Una cosa che
non ha mai fatto mai nessuno. Gli strumenti normativi già esistono, ma finora
non c’è stata la volontà politica di usarli».
Lei è stata a capo dell’Università degli Stranieri di Perugia, e la riforma Gelmini è stata
applaudita anche dalla Conferenza dei rettori di cui lei faceva parte. Non usa mai,
nelle interviste, il termine “baroni”. È un
caso o non vuole dispiacere i suoi colleghi?
«Non la uso volutamente. Ma non per
paura di urtare la suscettibilità dei docenti. Semplicemente, io credo che le università abbiano le loro magagne, ma che la
patologia non sia così diffusa come la
descrive la stampa. Esistono casi come
quello di Bari o le inchieste sulla Sapienza,
ma la parte sana è ampiamente maggioritaria. Quello che considero davvero
infausta è la mentalità tribale di molti
professori, che spesso si pongono come
primo obiettivo la conservazione e lo
sviluppo della propria specie. Ogni settore scientifico tira acqua al suo mulino, e
a volte capita che il reclutamento ne sia
condizionato. Le raccomandazioni esistono, ma quello che va combattuto è
innanzitutto il corporativismo. Bisogna
abbandonare la logica tribale e abbracciarne una industriale».
In che senso?
«I dipartimenti devono lavorare per dare
il meglio ai loro studenti, in modo da
competere con altre realtà italiane e straniere. Dal rettore fino al ricercatore, tutti
devono essere responsabilizzati. Le norme che voglio introdurre faranno sì che
sarà molto più difficile che qualche barone assuma il figlio, la fidanzata o l’allievo
asino. Sarà costretto, dalle leggi di mercato, a chiamare chi saprà dare lustro al
gruppo di ricerca, chi permetterà di accedere ai finanziamenti. Se riusciremo a
compiere questa rivoluzione, staneremo
i professori che non pubblicano da 10
anni, quelli che cofirmano gli articoli ma
non hanno più idee innovative. Alzeremo
muri di vetro in una casa da sempre protetta dal cemento armato». n
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Primo Piano ucraina / le conseguenze della crisi
Canton Putin
Dopo le sanzioni per Kiev, è caccia al tesoro nascosto dagli oligarchi
russi nelle banche svizzere. Anche in Ticino. Ecco chi è nel mirino
Di vittorio malagutti
Foto: S. Magnabosco, S. Chirikov - AP / Lapresse
P
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restanome di Putin a chi? Gennady Timchenko, imprenditore giramondo di origini russe, residenza svizzera e un
paio di altri passaporti perché
nella vita non si sa mai, da anni convive
con la marea montante dei pettegolezzi
che lo vogliono socio in affari del presidente russo. Timchenko ha sempre smentito, fino a quando, un mese fa, anche il
governo americano non ha messo nero su
bianco i suoi sospetti. «Putin ha investito
in Gunvor e può avere accesso alla cassa
del gruppo», si legge nel provvedimento
del dipartimento del Tesoro Usa che a
fine marzo ha disposto sanzioni economiche nei confronti di un manipolo di
manager e politici legati a doppio filo
all’uomo forte di Mosca.
In quegli stessi giorni un comunicato
di poche righe ha reso noto cheTimchenko
aveva appena ceduto il suo 44 per cento
di Gunvor al socio Tornbjorn Tornquist,
che è così diventato il principale azionista
del colosso del trading petrolifero che
l’anno scorso ha chiuso contratti per oltre
90 miliardi di dollari. La mossa serve a
mettere al riparo la multinazionale dalle
prevedibili ricadute negative del siluro
partito da Washington, anche se si stenta
a credere che il manager russo con residenza a Ginevra abbia davvero tagliato i
ponti con la sua creatura. Al momento gli
scettici sono in netta prevalenza, ma importa poco, adesso, sapere chi davvero
controlla Gunvor.
Il fatto è che il caso Timchenko ha finito per proiettare una luce sinistra sulla
Svizzera. Negli ultimi anni la Confederazione è diventata un porto ospitale per i
miliardari russi, molto spesso legati a
doppio filo a Putin. E adesso che tra l’Oc-
IL PreSIdente ruSSo VLAdIMIr PutIn. neLL’ALtrA
PAgInA, PIAzzA rIForMA In Centro A LugAno
cidente e la Russia, causa Ucraina, è tornata la Guerra Fredda a suon di accuse e
sanzioni, la caccia al tesoro degli oligarchi
non poteva che approdare nei santuari
bancari di Ginevra, Zurigo e anche Lugano. L’ex patron di Gunvor, che conosce
Putin sin dagli anni Novanta, quando
fondarono insieme una scuola di judo, è
solo il primo di una lunga
lista di graditi ospiti dei cantoni elvetici.
Imprenditori come Dmitrij Rybolovlev, che ha fatto
fortuna con i fertilizzanti, il
finanziere Victor Vekselberg di Renova group, Oleg
Deripaska, re dell’alluminio con la sua Rusal, hanno
comprato case principesche, creato aziende e holding finanziarie, aperto
conti bancari negli istituti
della Confederazione. E così, mentre Londra è diventata il buen retiro di un gran
numero di magnati, attratti
soprattutto dal trattamento
fiscale a dir poco favorevole
garantito dalle autorità britanniche, le città svizzere
sono il crocevia di affari
miliardari.
Dalle parti di Westminster vivono alla grande i
ricconi da jet set, tipo quel
Roman Abramovich famoso per il Chelsea e i super
yacht. All’ombra delle cime
alpine, invece, gli uomini
d’oro russi trovano discrezione ed efficienza. Ovvero le condizioni ideali per
gestire enormi fortune, nell’ordine dei
miliardi di euro, spesso costruite nell’arco
di pochi anni anche grazie al rapporto
privilegiato con il Cremlino.
Secondo i dati pubblicati di recente dal
quotidiano zurighese “Tages Anzeiger”,
in Svizzera ci sono oltre 1.800 società (per
la precisione 1.826) gestite e (probabilmente) controllate da cittadini russi. Il
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Primo Piano
All’Europa serve
il pieno di gas
Mentre russia e ucraina rimangono
sul piede di una guerra strisciante, l’Europa
cerca di esorcizzare il rischio di un futuro
blackout delle forniture di gas russe
evitando una riflessione critica sulla sua
sicurezza energetica. Una riflessione che
sarebbe necessaria, perché le politiche
europee in tema di energia - fino a oggi sono state un fallimento. Per oltre un
decennio, l’Unione Europea ha concentrato
i suoi sforzi e le sue iniziative per la
sicurezza energetica sulla liberalizzazione
del mercato a valle, spingendo più
concorrenti a entrare nella distribuzione
di gas e nella produzione di energia
elettrica. Ha anche imposto criteri
stringenti per la riduzione delle emissioni
di gas serra entro il 2020, favorendo
lo sviluppo di energie rinnovabili.
Tutto ciò ha creato un eccesso di capacità
nella distribuzione di gas e nella produzione
di energia elettrica (in particolare, da gas
gruppo più numeroso ha scelto Ginevra
come sede. Nella città di Calvino si trovano 339 ditte che battono bandiera di
Mosca, contro le 301 di Zurigo e le 293
di Zug, cittadina piccola e grigia che in
compenso può contare sull’irresistibile
richiamo di una tassazione prossima allo
zero. Ai primi posti della classifica troviamo anche il Ticino con un centinaio di
aziende (vedi box a pag. 49). Buon clima
e un esercito di banche tengono alte le
quotazioni del cantone di lingua italiana.
Manager e imprenditori russi usano la
Svizzera come una sorta di piattaforma
off shore per il trading di materie prime.
E infatti, secondo le statistiche più aggiornate, sono oltre 300 le società che dichiarano di lavorare nel settore del commercio all’ingrosso. Sono moltissime anche
le holding, 256 in totale. E non poteva
essere altrimenti in un Paese consacrato
alla finanza.
Dietro questa miriade di sigle si muove
un’umanità varia di piccoli imprenditori
e commercianti, con l’immancabile contorno di manager d’assalto e avventurieri. A tirare le fila dei business più impor46 |
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o da rinnovabili) che ha messo in ginocchio
quanti avevano investito nei settori in
questione, lasciando inalterato il problema
di fondo: in assenza di un’ampia fornitura
a monte, il mercato lo fa chi controlla
le materie prime, non chi le distribuisce
o le trasforma (come nel caso degli elettrici).
Nel caso delle rinnovabili, poi, il mercato lo
hanno fatto i cinesi, grazie a prezzi stracciati
dei pannelli solari che hanno messo in crisi
perfino le società tedesche del solare,
un tempo convinte di poter dominare
lo sviluppo del settore, oggi sull’orlo
della bancarotta. Oltre al danno, l’ipocrisia:
a dispetto dell’enfasi sulle rinnovabili,
la Ue ha visto crescere esponenzialmente
le importazioni di carbone, passate dalle
13,6 milioni di tonnellate del 2003 a oltre
47 milioni nel 2013. E proprio la Germania,
il Paese che più ha insistito sulle rinnovabili,
produce oggi circa la metà della sua
elettricità da carbone.
tanti sono però pochi pezzi da novanta,
gente in grado di combinare affari colossali da un capo all’altro del mondo. Personaggi come Vekselberg e Deripaska
guidano imperi su scala globale, ma hanno scelto un indirizzo svizzero per alcune
delle loro società più importanti.
Succede pure che gli oligarchi si buttino
in politica, anche lì con grande successo.
È il caso di Andrei Klishas, pure lui finito
nella lista nera delle sanzioni stilata da
Washington. Klishas adesso siede alla
camera alta del Parlamento di Mosca e di
recente si è distinto per le sue dichiarazioni particolarmente bellicose nei confronti di Kiev e degli americani. Fosse stato
per lui si sarebbe dovuto rispondere colpo
su colpo bloccando i beni di qualche
gruppo statunitense in Russia.
A Klishas vengono attribuiti rilevanti
interessi finanziari a Cipro, un altro paradiso off shore caro ai russi, ma il parlamentare del partito “Russia Unita” (quello di Putin) è di casa anche nella Confederazione. Tempo fa un giornale svizzero,
la “Nue Zurcher Zeitung” ha raccontato
che nel 2011 risultavano intestate a Kli-
Incapace di trovare una soluzione
razionale all’invasione cinese (visto
il potere di ricatto di Pechino su molti altri
fronti), l’Europa non ha trovato la benché
minima soluzione nemmeno al problema
della sua dipendenza da pochi fornitori
di gas. Per anni ha cavalcato lo slogan
ormai retorico della “diversificazione
degli approvvigionamenti” affidandone
la realizzazione al mercato, cioè a società
che - operando in regime privatistico hanno avuto difficoltà a trovare opzioni
economicamente sostenibili. Da quasi
quindici anni si continua a parlare di molti
progetti di nuovi gasdotti da nuovi Paesi
fornitori, ma gran parte di essi rimarranno
solo sulla carta perché troppo costosi.
Peggio è andata a chi ha puntato molto
sui rigassificatori come strumento
di diversificazione, altro cavallo di battaglia
di Bruxelles: in Spagna, il Paese che
ne ha costruito il maggior numero,
arriva pochissimo gas liquefatto,
cosicché i rigassificatori marciano
al 30 o al 40 per cento della loro capacità.
Nel frattempo, anche altri importanti
fornitori europei di gas appaiono molto
meno affidabili che in passato.
La Libia ha visto crollare le sue produzioni
di idrocarburi a causa della lotta delle varie
milizie per il controllo di pezzi del territorio.
L’Algeria attraversa un delicato periodo
di stabilizzazione che è ancora lontano
dal consolidarsi.
Stretti nella morsa di politiche energetiche
fallimentari, Bruxelles e molti governi
europei oggi ricorrono all’estrema
appendice della teoria della
diversificazione, sperando nel gas
americano, quello prodotto in grandi
quantità dalla rivoluzione del fracking.
Tuttavia, l’America non arriverà mai
a esportare grandi quantitativi di gas
nel prossimo decennio, per una ragione
semplice: più gas esporta, più cresce
il suo prezzo all’interno degli Stati Uniti.
Cosa che la maggioranza degli americani
vuole evitare. Non dobbiamo scordare,
infatti, che oggi il basso costo dell’energia
negli Stati Uniti è forse il fattore
più potente di rinascita industriale
e di creazione di posti di lavoro. Per questo
non solo lobby potentissime, ma gli stessi
elettori si oppongono a esportazioni troppo
rilevanti. E il governo americano, titolare
delle autorizzazioni all’esportazione,
le concede con il contagocce.
In tutto questo agitarsi nel nulla, l’Unione
Europea non fa quanto potrebbe. Non è
riuscita a imporre l’interconnessione delle
reti elettriche e del gas europee, sconfitta
dalle resistenze degli Stati nazionali.
Ma soprattutto, non ha mai considerato
l’opzione più risolutiva e radicale in termini
di sicurezza del gas: quella di sviluppare in
proprio una riserva strategica europea del
metano. Anche in questo caso, le riserve
cosiddette strategiche (utilizzabili solo in
caso di crisi) sono state affidate all’iniziativa
di società private in un regime di regolazione
che garantisce una remunerazione troppo
bassa; pertanto, le scorte strategiche
risultano del tutto insufficienti a fronteggiare
momenti di vera crisi.
Dopo lo shock petrolifero del 1973,
il mondo occidentale decise di sviluppare
riserve strategiche di petrolio sotto
il controllo diretto degli Stati e la
supervisione dell’Agenzia Internazionale
dell’Energia; negli anni Novanta, l’obbligo
fu in gran parte delegato alle società
petrolifere, essendo venuto meno
il rischio di nuovi shock. Ma ancora oggi,
per esempio, il governo degli Stati Uniti
detiene direttamente una riserva
strategica di petrolio (circa 700 milioni di
barili) da utilizzare in caso di emergenza.
La Cina fa lo stesso, anche se la vera
dimensione delle sue scorte è
sconosciuta.
Una revisione del bilancio di Bruxelles
consentirebbe di affrontare la creazione
di una simile riserva per il gas,
sfruttando giacimenti esauriti (magari
nel Mare del Nord) o altre opzioni
(il gas può essere stoccato anche
in cavità saline o formazioni acquifere,
anche se il costo aumenta) largamente
disponibili in Europa. Il gas potrebbe
essere comperato nei momenti in cui il
suo costo si abbassa (lontano dai picchi
di domanda invernali o estivi) e rivenduto
- in caso di crisi - alle società europee
che lo distribuiscono, alle quali andrebbe
imposto l’obbligo di acquistarlo in
ragione della loro quota di mercato.
In tal modo, Bruxelles abbatterebbe
il rischio che nei mesi più critici - quelli
invernali - gli europei possano rimanere
al freddo a causa delle tensioni che
attraversano il ristretto club dei suoi
fornitori. Ma invece di concentrarsi
su opzioni concrete, Bruxelles e gli Stati
che ne sono gli azionisti di controllo
continuano a evitare l’imbarazzo
di fare qualcosa di davvero utile in
campo energetico, dando l’impressione
che non ne comprendano affatto
la complessità e le leggi.
[email protected]
secondo il governo
Usa il presidente
rUsso È socio
del grUppo gUnvor
con base a ginevra
Foto: D. Astakhov - Afp / Getty Images, Godong - Robert Harding / Corbis
Leonardo Maugeri
shas due grandi proprietà immobiliari nel
centro di Zurigo e un’altra villa nella località ticinese di Brione di Minusio. Difficile, molto difficile, distinguere affari e
politica, se è vero che il fedelissimo di
Putin ha cominciato la sua straordinaria
carriera come presidente del gruppo Norilsk Nichel dell’oligarca Vladimir Potanin. Un incarico poi abbandonato per
passare sui banchi del Parlamento di
Mosca. Risultato: a soli 41 anni, con un
reddito annuo dichiarato di oltre 6 milioni di euro, Klishas si trova al ventinovesimo posto nella graduatoria dei più ricchi politici e funzionari di stato russi
compilata dai giornali locali.
Il più ricco di tutti resta peròTimchenko,
UNA vEDUTA DI GINEvRA, DovE RISIEDE DA MoLTI ANNI IL MAGNATE RUSSo GENNADy TIMCHENko
accreditato, secondo le stime del periodico americano Forbes, di un patrimonio
personale vicino a 14 miliardi di dollari.
Il governo americano adesso lo accusa di
essere socio di Putin, ma queste afferma-
zioni non vengono accompagnate dall’esibizione di prove concrete. Prove che, in
effetti, nonostante anni di sospetti, non
sono mai saltate fuori.
Difficile negare però che le fortune
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