Erika Reitano De immortali morte Questo racconto può essere letto in formato digitale all'indirizzo www.liceorechichi.it -Buon compleanno, Leah!- Leah si trovava sola nel suo piccolo appartamento di New York, -che vita da cani. Vero Ryder?- la ragazza parlava con una fotografia di un ragazzo posta sul mobiletto d’entrata, poi prese la sua felpa, diede un ultimo saluto alla foto e uscì da casa. Durante il tragitto che porta all’accademia, a Leah si unì Paris, una ragazza simpatica, presa poco sul serio da molti per via del suo aspetto: alta, snella, lunghi capelli biondi e due occhi grandi azzurri come il mare. -Buongiorno! Tanti auguri tesoro!-Grazie Paris.- rispose Leah, che fu molto sorpresa. -Allora?- domandò Paris sempre più eccitata. -Allora … cosa?-Niente. Oggi a che ora terminano le tue lezioni?-. -Mm… il professor Thompson oggi non c’è, quindi per le 16:30 dovrei essere a casa. Perché?-Curiosità. Toh guarda, c’è Danny, vado da lui, abbiamo le stesse lezioni oggi- Paris diede un bacio a Leah e corse via, lasciando quest’ultima con un enorme punto interrogativo sulla faccia. Le lezioni trascorsero lente, Leah non andò nemmeno a mensa, rimase per tutta la pausa pranzo in biblioteca a studiare. 3 Mentre ritornava nel suo appartamento non faceva che pensare allo strano comportamento di Paris. Arrivata a casa, vide la porta aperta, entrò con cautela … -SORPRESAAA!- gridò un gruppo di ragazzi, tra i quali c’era anche Paris che, vedendo la sua espressione di vera sorpresa, corse ad abbracciarla. -Non dovevi Paris. Grazie!- sussurrò Leah all’orecchio dell’amica. -Forza si festeggia, non fate le belle statuine!intervenne Danny porgendo dei bicchieri alle ragazze e trascinandole a ballare; ci fu anche il taglio della torta con tanto di soffio delle candeline.Alla fine dei festeggiamenti rimasero in casa solamente Danny, Paris, Jade, Rod, Brad e, ovviamente, Leah. Quest’ultima non si sarebbe mai aspettata una cosa del genere, non era nello spirito adatto, ma i suoi amici le fecero un’altra sorpresa. -Leah, prima di andare via abbiamo un piccolo regalo. -Ragazzi non era necessario-. -Invece sì. Beh, diciamo che è un regalo per tutti noi…. -Quello che Barbie-girl vuole dire è: abbiamo approfittato del tuo compleanno per farci un viaggio tutti noi!- intervenne Jade con un tono acido. -Un viaggio? Davvero? Voi siete matti!-L’avevo detto io: meglio una pizza al pub di Joel-. -Sta’ zitta Jade! Ecco Leah …- intervenne Brad estraendo dalla tasca dei jeans una busta, che consegnò alla ragazza. Aprendo la busta Leah estrasse un biglietto per la riapertura del “Museum Of Plaster Statues”. 4 -La riapertura è tra due settimane, giusto il tempo di finire gli studi e “ricevere” le nostre desiderate vacanze estive- precisò Danny con lo sguardo di chi vede le spiagge dei Caraibi per la prima volta. -E come ci andiamo? Cioè, Grayville è distante da qui-. -Ci andiamo in auto. Abbiamo già prenotato in una pensione. Ci impiegheremo circa una giornata per raggiugere Grayville. Ora leviamo il disturbo. Notte, Leah e ancora tanti auguri!-. -Grazie Rod a domani. Notte a tutti, ragazzi-. Leah passò le prime due ore a pulire e mettere in ordine, poi, finalmente, dopo una doccia calda e rilassante andò a letto. Quella notte sognò Ryder, i loro momenti felici, la prima volta che lei si confidò con lui durante la loro adolescenza. Sognò tutte quelle parole e quei gesti che avrebbe tanto voluto dire e fare, quegli abbracci dolci e pieni di protezione, ma ormai nulla di tutto questo sarebbe potuto mai più accadere. Da quando Ryder era scomparso, Leah si sentiva vuota, percepiva la sensazione che una parte di lei era sprofondata negli abissi e non poteva, o meglio non voleva salvarsi e riemergere; si sentiva in colpa, avrebbe preferito farla lei quella brutta fine; ormai per lei la vita non aveva alcun senso. La sua mente viveva in uno stato vegetativo: quando usciva, indossava una maschera, un falso sorriso che, quando rientrava a casa, si sgretolava sotto i suoi stessi occhi. Non se la sentiva di dire a Paris e agli altri che non avrebbe voluto partecipare al viaggio e tanto meno alla riapertura del museo. Loro avevano fatto tanto per lei e non voleva né deluderli né ferirli. Erano stati gli unici a starle accanto quando quella fredda mattina di dicembre il direttore del 5 carcere dove era rinchiuso suo fratello bussò alla sua porta per dirle che suo fratello era stato barbaramente ucciso da altri detenuti. Gli amici di Leah avevano sacrificato il loro Natale per starle vicino. Questo piccolo “favore” glielo doveva, in fondo quei ragazzi cercavano in tutti i modi di tenerle la mente impegnata per non farle pensare a quella tragedia. Allora decise che avrebbe fatto quel piccolo viaggio, senza fare alcuna opposizione. L’ultima settimana di lezione trascorse velocemente e con monotonia, era arrivato il momento di partire per Grayville. Paris stava aiutando Leah a fare le valigie, quando il suo telefono di Paris squillò. Era un messaggio di Rod: “VI STIAMO ASPETTANDO GIU’”. Letto il messaggio, le ragazze chiusero il piccolo appartamento di Leah e corsero giù dai loro amici. Appena uscirono dal portone della palazzina, si ritrovarono davanti a due enormi jeep, sui cui sportelli c’era una scritta che non passava inosservata “PROPRIETA’ AZIENDALE DI G. R. SMITH”. -Come mai le jeep dell’azienda di tuo padre Rod?chiese Paris. -Voleva sbatterci in faccia la nostra lurida povertàrispose Jade con molto sarcasmo. -Non è vero! E’, che, guardando sulle mappe ho visto che il paesino di Grayville è situato in strade di montagna, non adatte ad auto “normali”- si giustificò Rod come un bambino impaurito. -Tranquillo Rod, come ci sistemiamo?- chiese Brad dando una pacca sulla spalla del ragazzo e cercando di toglierlo dall’imbarazzo. 6 -Allora… mm … Io, Paris, Leah e tu, Danny e Jade; ovviamente io starò davanti poiché ho studiato la strada sulla mappa- spiegò Rod aprendo il bagagliaio e sistemandoci le valigie. Il viaggio iniziò. “No matter how far we go, I want the whole world to know I want you bad and I won’t have it any other way. No matter what the people say, I know that we’ll never break ‘cause our love was made in the USA made in the USA yeah…”. Alla radio c’era Demi con “Made in USA”. Leah si era distesa sul sedile posteriore e guardava fuori dal finestrino; il paesaggio di città era diventato un panorama ricco di verde. La ragazza non vedeva la vegetazione da mesi, lei, che aveva sempre amato stare in mezzo alla natura; un cartello di legno la distrasse dai suoi pensieri “GRAYVILLE 5 KM”. Ebbe come un sussulto e cambiò espressione. “DIMMI CHE COS’HAI E NON MENTIRMI” Paris inviò il messaggio a Leah. “NULLA. MI SI E’ ADDORMENTATO IL SEDERE”. “HO DETTO NIENTE BUGIE. HO NOTATO LA TIA ESPRESSIONE”. “HO UNA STRANA SENSAZIONE CHE MI INGARBUGLIA LE BUDELLA. CONTENTA?”. “SI’. COME ARRIVIAMO A DESTINAZIONE PARLIAMO”. “OKAY MAMMINA CARA”. Ormai mancava poco e alla radio, dopo quindici minuti buoni di cronaca, ecco arrivare una canzone. “From Yesterday” dei 30 Seconds To Mars. I ragazzi quasi agli ultimi versi iniziarono a cantare a squarciagola. 7 “… From Yesterday, from yesterday but he doesn’t want to read the message, but he doesn’t want to read the message but he doesn’t want to read the message here…. Turuturuturuturupà!Le ragazze si guardarono in faccia e scoppiarono a ridere. -Rod, quel “Turuturuturuturupà” potevi evitarlo!disse Paris continuando a ridere. -Volevo riprendere il suono della batteria di Shannon-. -Non direi Rod, il suono della batteria di Shannon è notevolmente migliore del verso che hai emesso poco faintervenne Leah ridendo, ma con lo sguardo rivolto verso la vegetazione, che si vedeva fuori dal finestrino. Poi, una grande insegna attirò l’attenzione di tutti. “BENVENUTI A GRAYVILLE”. -Finalmente, non ne potevo più- sospirò Paris. -C’è una pompa di benzina, guardate!- osservò Rod indicando con il mento davanti a loro. -Ci fermiamo- domandò Paris. -Sì, dobbiamo fare benzina, e poi possiamo sgranchirci le gambe-. Rod si fermò, seguito da Brad che guidava l’altra jeep. Le vetture si svuotarono. Jade si avvicinò alle ragazze e iniziò a lamentarsi di quanto fosse stato faticoso il viaggio. -Beh… cavalcare è sempre faticoso, mia cara- Brad interruppe le lamentele per dar spazio agli sguardi increduli e provocatori delle ragazze e ai commenti di Rod. -La tua è tutta invidia mio caro- si difese Jade. -Chiamala come ti pare- ribatté Brad accendendosi una sigaretta. Mentre si sgranchivano le gambe, cercavano con lo sguardo il proprietario del distributore; non dovettero 8 aspettare a lungo, dalla piccola casetta, se si può definire così un ambiente sorretto da quattro tavole di legno, uscirono due ragazzi in tuta. -Salve. Desiderate?- chiese uno di loro strofinandosi il naso. -Salve, vorremmo fare rifornimento. Siete i proprietari?-. -No, siamo i dipendenti-. -Ah ehm… beh, il pieno grazie- disse Rod. I due ragazzi si avvicinarono alle vetture e inserirono le pompe. Avevano l’aria molto strana. Danny lanciò qualche commento sul fatto che forse avevano sniffato qualcosa. Rod pagò e chiese se Grayville fosse ancora lontano. -Ci sei a Grayville, beota- rispose il ragazzo che fino a quel momento non aveva spiccicato una parola. -Sta’ zitto e sii più educato, coglione! Scusatelo, comunque, no, siete già a Grayville, dopo la curva a sinistra vedrete il paese… solo 50 metri-. -Grazie, molto gentile!- rispose Jade civettuola. I due garzoni si lanciarono delle occhiate e le sorrisero. I ragazzi arrivarono alla pensione “SILENCE”. Era una pensione vecchia, a giudicare dall’aspetto. Era fatta di legno d’acero ed aveva una piccola veranda con alcune sedie a dondolo. All’interno riecheggiava il suono di una melodia delicata: era musica classica che si univa all’odore di legno e lavanda della pensione. L’arredamento era molto retrò: nel grande salone, che doveva essere la hall, troneggiava un bancone di legno e dietro di esso uno scaffale con un enorme libro dalla copertina scarlatta. I ragazzi si avvicinarono e suonarono il campanello argentato che c’era sul bancone; il 9 suono stridulo ruppe la quiete e la magia che aleggiava in quel luogo e da una porticina quasi invisibile, che si trovava vicino allo scaffale, uscì un uomo anziano con un grande pancione e una barba riccia e bianca come il latte che incorniciava un viso paffuto e simpatico. ‘Sembra Babbo Natale’, pensarono i ragazzi guardandosi negli occhi. -Salve giovanotti- disse l’uomo con una voce profonda e calma -In cosa posso esservi utile?- sorrise. -Buona sera, abbiamo una prenotazione sotto il nome di Ronald Junior Smith. Abbiamo parlato al telefono-. -Oh sì, ricordo!- disse l’anziano aprendo un cassetto che si trovava dietro il bancone, -Ecco, queste sono le chiavi della camera signor Smith- e porse le chiavi a Rod che lo ringraziò e guidò i suoi amici al piano superiore, come se fosse stato in quel luogo già altre volte. -Bene, questa è la vostra camera ragazze, mentre le altre due… non so, vediamo noi tre cosa farci-. -Perché hai prenotato tre stanze?- chiese Danny. -Doveva venire anche Matthew ma non è potuto veni…- Rod non fece in tempo a finire la frase che Jade gli prese le chiavi e si rivolse ai ragazzi e soprattutto a Danny. -Beh, allora, tu e Brad state lì, Danny ed io in questa camera e Leah e Paris in quell’altra, tutti contenti?- Jade sculettò fino la camera e si chiuse dentro. -L’unico che avrà da fare sarà Danny… non so come riesci a sopportarla- disse Brad. -Beh mio caro, io vivo per lei. È sempre disponibile e non devo mai chiederle nulla. Non so perché voi non la sopportiate… è la donna perfetta-. -Il suo è un amore cieco, ragazzi miei- commentò sarcasticamente Paris. 10 I ragazzi scoppiarono a ridere e si ritirarono nelle loro camere. Le stanze erano strane, non avevano un arredamento classico come il salone, ma uno molto più moderno. C’erano una televisione e un computer. -Davvero migliore di quanto mi aspettassi!- esclamò Paris accendendo il televisore. -Hai visto il bagno? C’è la vasca con l’idromassaggio! Chi l’avrebbe mai detto!- aggiunse Leah stupita. Le due ragazze sistemarono i propri vestiti e le proprie valigie nell’enorme armadio con le ante scorrevoli. Erano le 19:30 e qualcuno bussò alla porta. Paris andò ad aprire avvolta dal suo enorme accappatoio rosa antico. -Buona sera. Il signor Brow mi ha chiesto di riferirvi che la cena è servita alle 20:30-. -Grazie, saremo puntuali- rispose Paris chiudendo la porta in faccia a quell’uomo dallo sguardo strano e che pareva volerle saltare addosso. Si prepararono in silenzio, o meglio, Leah si preparò in silenzio, tra un sospiro e l’altro. Scesero al piano di sotto e ad attenderli trovarono una donna rotondetta con degli occhi che non trasmettevano nessun’emozione. I suoi capelli erano colore della cenere, raccolti in una grande treccia. La donna fece cenno ai ragazzi di seguirla. La pensione non era poi così piccola. Li portò nella sala da pranzo: era una grande stanza con tavoli e panche al posto delle sedie, tutti in legno di ciliegio. Rassomigliava molto alla mensa della scuola, solo che era più accogliente, calda e il profumo di lavanda si fondeva dolcemente con quello della cannella proveniente dalla cucina, aleggiando dolcemente nella grande stanza. L’anziana fece accomodare i ragazzi ad 11 un tavolo che dava su una grande finestra dalla quale si poteva ammirare una bellissima foresta piena di verde. Ogni tanto una piccola lepre scappava velocemente qua e là per non farsi vedere dalle persone. -Sono Mrs. Brow, la moglie del proprietario. Vi è stato riferito che siamo puntuali vero? Colazione dalle 07:30 alle 08:00, pranzo alle 12:30 e cena, beh lo sapete già. Chi non sarà puntuale, salterà il pasto o sarà servito con quello che rimane in cucina- dopo aver informato i ragazzi di queste regole, usando un tono quasi ironico, girò i tacchi e andò via. Erano gli unici a cenare, o forse i soli in tutta la pensione. -Avete visto che baffi?- chiese Jade ridendo come una stupida e rompendo il silenzio rilassante della sala. Non fecero in tempo a replicare che arrivò la padrona di casa con lo sguardo di chi aveva sentito tutto; dietro di lei c’erano un uomo di mezz’età, alto e tozzo, portava dei baffi alla francese; alla sua destra un altro uomo di cui non si capiva bene l’età e nemmeno l’aspetto fisico. Sembrava un morto vivente. -Loro lavorano qui, lui è il cuoco e quest’altro bel ragazzo è il suo aiutante!- disse Mrs. Brow dando una pacca sulla spalla del morto vivente. I ragazzi annuirono e sorrisero cortesemente, la signora prese le ordinazioni, “un favore speciale”, aveva detto, solo perché era la prima volta che alloggiavano a Grayville. Dopo la cena Jade e Danny si ritirarono subito nella loro stanza, mentre gli altri uscirono per una passeggiata. Brad e Rod da gentiluomini si allontanarono di qualche passo per fumare e le ragazze continuarono a chiacchierare. -Allora… quale sarebbe questa sensazione?-. -Non so Paris… non so spiegare…-. 12 -E' “brutta” o “bella”?- mimò le virgolette con le dita. -È un miscuglio… cioè sento che accadrà qualcosa di piacevole ma allo stesso tempo una… disgrazia- disse Leah scuotendo la testa. -... Però?- chiese Leah con un tono grave. -Non so… sento Ryder vicino-. -Tesoro, finché non lo dimenticherai, lui sarà sempre con te. Anche se dovessi dimenticarlo, lui non ti lascerà mai-. -Lo so ma… non riesco a spiegarmi, è come se…- non finì la frase che arrivarono i ragazzi e Leah lasciò cadere il discorso come se nulla fosse. -Ehi, andiamo a vedere il museo?- propose Rod. -Non è chiuso? Non possiamo entrare! Ci saranno… non so… telecamere di sorveglianza… delle guardie- Brad, da bravo ragazzo tentava di sviare la proposta. -No, ho visto delle luci prima. Andiamo dai, non facciamo niente di male-. -Domani sera c’è la riapertura, che ti costa aspettare un altro paio d’ore?-. -Dai Leah, anche tu? Che vi costa? L’unica cosa che ci potranno dire sarà: “ci dispiace ma siamo chiusi, tornate domani”-. Dopo i “lamenti” e le preghiere di Rod i ragazzi decisero di recarsi al museo. Erano le 23:30 circa e, come aveva giurato Rod, alcune luci del museo erano accese e il grande portone principale era aperto. I ragazzi si guardarono in faccia e, persino Rod perse tutta quella sicurezza che aveva avuto poco prima. -Entriamo dal retro. Magari stanno facendo delle pulizie o sistemando per domani-. 13 -O forse è meglio andare via e tornare domani all’ora che è indicata sul biglietto!- propose Leah stringendosi nelle spalle. -Non fare la fifona Leah!- disse Paris, prendendo in giro l’amica. -Non è vero! E’ che…-È che, cara la nostra Leah, sei una fifona! Vieni dai!Paris la tirò per un braccio e la trascinò dentro, seguita da Brad e Rod. L’unica luce del museo accesa era quella della sala centrale. I ragazzi rimasero stupiti dalla bellezza delle statue e iniziarono a girovagare per tutta la sala, aprendo e chiudendo le porte che si trovavano di fronte, come se fossero Hansel e Gretel nella casa di marzapane della strega. Leah rimase immobile a fissare una statua e non si accorse che i suoi amici erano spariti finché non si spensero tutte le luci. La ragazza si voltò di scatto e si diresse verso la porta, ma era stata chiusa. Gradualmente, i suoi occhi si abituarono all’oscurità e così poté evitare di scontrarsi con le statue. -Ragazzi? Paris?... Rod?... Brad?...- sussurrava e chiamava invano i suoi amici. Si diresse verso una porta apparentemente chiusa, si avvicinò e l’aprì. Innanzi a lei si presentò un lungo corridoio, a pochi metri alla sua destra c’erano con un cartello che riportava la scritta “WC DONNA” e “WC UOMO”. Le aprì piano e chiamò i suoi amici ma nulla. Proseguì lungo il corridoio e vi trovò altre porte, alcune chiuse a chiave, altre che conducevano semplicemente a degli sgabuzzini. Quel corridoio sembrava un labirinto e per di più era buio e lei non si orientava bene, soprattutto se aveva paura; si era quasi data per vinta, quando si trovò di fronte una 14 grande porta metallica. Un cartello sopra di essa diceva “KEEP OUT”. La ragazza non sapeva cosa fare, se entrare o no, ma si accorse che era l’unica stanza che dalle fessure emanava una luce e dalla quale provenivano dei rumori. Stava per aprire la porta quando una mano si posò sulla sua spalla. -Ehi! Tu chi sei? Il museo è chiuso. Chi ti ha dato il permesso di entrare?- quella voce così autoritaria ma allo stesso tempo calma e suadente fece spaventare Leah che subito, balbettando, si giustificò raccontando l’accaduto: -… lo so che abbiamo sbagliato e mi dispiace, quindi se lei vuole denunciarci alla polizia lo faccia pure. La capisco!-. L’uomo misterioso iniziò a ridere e prese Leah per mano. -Non ho intenzione di denunciarvi, ma non ti nascondo che sono u po’ infastidito e in più una brutta notizia te la do: i tuoi amici non ci sono, ti hanno lasciato sola soletta qui-. Il volto di Leah cambiò colorito: era rossa come un papavero e piena di vergogna. L’uomo se ne accorse e per non farla sentire ancor più a disagio l’aiutò a uscire dal museo, in silenzio. -Bene, sei fuori dal labirinto. Posso accompagnarti a casa? Così, eviti di perderti di nuovo-. -Beh… casa è un parolone… se non le è di troppo impiccio può accompagnarmi alla pensione dove alloggio-. La ragazza, ancora rossa dalla vergogna, non riusciva a distogliere il suo sguardo da terra. A pochi passi dalla pensione, la ragazza riuscì a parlare. 15 -Non credo che la padrona di casa sarà lieta di questa “visita”-. Leah mimò le virgolette sull’ultima parola. -Perché no?- chiese l’uomo, ancora sconosciuto, con un tono divertito. -Ha degli orari precisi e dal suo aspetto non sembra una che ammette repliche… ma credo che lei la conosca meglio di me-. -Mm credo che tu abbia ragione ragazzina. Quella signora è mia zia, ma credo che farà una piccola eccezione per suo nipote-. L’uomo rise e Leah arrossì nuovamente per l’imbarazzo. Giunti alla locanda, le luci erano ancora accese. Entrarono senza far rumore e si diressero silenziosamente nella cucina; qui furono quasi assaliti da un forte ma piacevole odore di cannella e lavanda. Solo in quel momento la giovane, alzato lo sguardo, osservò l’uomo misterioso. Salì piano con lo sguardo, prima scorgendo il fisico ben piazzato, alto e muscoloso per poi arrivare al volto, dove scoprì i lineamenti decisi ma delicati del viso per poi finire ad ammirare i suoi occhi cinerei; quegli occhi che sembravano pietre preziose incastonate sul volto dell’uomo, incorniciate dal nero corvino dei suoi capelli. -Caffè o cioccolata?- quella domanda fece ritornare la mente di Leah in cucina. -Cioccolata- rispose la giovane spontaneamente e arrossendo per la millesima volta in un solo minuto. -Che sbadato!- esclamò l’uomo picchiandosi la fronte con la mano destra, -Io sono Wade-. -Piacere mio, io sono Leah- i due si strinsero la mano e si sedettero per bere la cioccolata. -La ringrazio- esordì Leah riferendosi all’accaduto. 16 -Non devi ringraziarmi, è normale che tu e i tuoi amici siate curiosi di vedere le statue. E non darmi del lei, ti prego, non sono poi così vecchio-. -Wade, invece devo ringraziarla, chiunque ci avrebbe denunciato e per quanto riguarda il lei… ci proverò-. I due sorseggiarono la cioccolata e tra un sorso e l’altro parlarono del più e del meno, Leah era affascinata da quell’uomo e dai suoi occhi, non riusciva a spiegarsi come il loro grigio fosse così luminoso e soprattutto non riusciva a capire quelle strane sensazioni che stavano nascendo dentro di lei. -Scusami, è importante- si giustificò Wade guardando il display del proprio cellulare e alzandosi dal tavolo. -Tranquillo, io vado. E’ tardi, grazie ancora e… ciao allora- Lea si alzò e si diresse verso la porta, lasciando un’espressione d’incredulità e divertimento sul viso del ragazzo. -A domani e buona notte, Leah- la ragazza si voltò, sorrise e andò via. Il mattino seguente Leah si svegliò con dieci occhi puntati su di lei. I suoi amici erano lì ad osservarla, come se al suo posto ci fosse stato un fantasma. -Allora? Santerellina, cos’hai fatto ieri notte, eh?-. -Nulla che vi riguardi! Dopo essere stata abbandonata, e pongo l’accento su abbandonata, dai miei amici in quel museo, sono tornata alla pensione tutta sola e senza che nessuno mi chiamasse o inviasse un messaggio, semplicemente per sapere se ero viva o no!-. Leah si alzò dal letto, prese i vestiti e si chiuse in bagno sbattendo furiosamente la porta. -È davvero arrabbiata belli miei, l’avete fatta grossa-. 17 -Taci Jade!-. -La verità fa male, Paris-. I ragazzi aspettarono alcuni minuti nella camera, ma Leah non usciva dal bagno. Allora decisero di andare. -Leah, noi usciamo. Abbiamo deciso di fare un pic-nic nel boschetto dietro la locanda. Se ti va noi saremo lì tutto il giorno – Paris attese invano una risposta – beh… io vado. Ti aspetteremo. Ciao…- chiuse la porta e si diresse insieme con gli altri nel bosco. Leah era consapevole che la sua reazione era forse un po’ esagerata: in fondo aveva incontrato Wade; un ragazzo piacevole. Ma se avesse incontrato qualcun altro? Aveva proprio bisogno di schiarirsi le idee, organizzare, capire e attribuire un nome a quelle sensazioni percepite la sera prima. Per questo aveva deciso di passare buona parte della giornata in bagno, dentro la vasca, ascoltando la sua musica e leggendo di tanto in tanto qualche parola del libro che le aveva regalato Ryder mesi prima e che non aveva mai letto. Jade si risvegliò intontita e dolorante, con un sapore di ruggine e polvere che le punzecchiavano la gola; passarono un paio di minuti prima che i suoi occhi si abituassero al buio della stanza. La ragazza si trovava in una camera buia e polverosa, piena di ombre che sembravano sagome di oggetti molto grandi. Udì un chiacchiericcio, così provò a urlare e dimenarsi, ma era legata dal petto in giù ed era imbavagliata; il fazzoletto era così stretto che non riusciva nemmeno a emettere un debole mugolio. All’improvviso udì lo scricchiolio della porta che si apriva. “Mi hanno sentita, sta arrivando qualcuno a liberarmi”. 18 Un’ombra si stagliò sulla parete della stanza alimentando ancor di più le sue speranze che furono immediatamente infrante, quando si rese conto che l’ombra non era altro che un cadavere, che come un fantoccio senza fili fece un passo indietro e cadde con un tonfo a pochi centimetri da lei con la testa quasi completamente staccata del corpo con il sangue che sgorgava inesorabilmente della gola. Gli occhi di Jade con orrore si soffermarono sul volto del cadavere, le pupille vitree prive di espressione erano le stesse di quelle che qualche ora prima la guardavano con desiderio. Era Danny. Un misto di paura, rabbia e dolore la pervase. Un brivido freddo le percorse la schiena. che lo stesso destino, da lì a breve, sarebbe toccato anche a lei. -Non li ho trovati. Forse sono tornati alla pensioneriferì Rod dopo un giro di perlustrazione del boschetto. -Vabbè, non importa, lo sanno che tra meno di due ore dobbiamo andare al museo- disse Brad prendendo la cesta e incamminandosi seguito da Rod e Paris. I tre ragazzi arrivarono alla pensione. Paris andò nella propria camera, dove trovò Leah distesa sul letto, immersa nella lettura di un enorme libro. -Ciao- esordì Paris con un tono quasi impaurito. -Ehi, ciao. Siete tornati!- rispose Leah tranquillamente, come se si fosse dimenticata della sfuriata fatta quella stessa mattina. -Già, ci siamo trattenuti un po’ di più. Vado a lavarmi, così ci prepariamo per la serata?-. -Certo! Vai è tardi! E gli altri?-. -Brad e Rod sono andati a prepararsi. Jade e Danny, sinceramente, li abbiamo persi di vista ore fa-. 19 -Capisco… forse saranno in giro a divertirsi, sai come sono fatti, e Danny fa qualsiasi cosa Jade ordini- disse Leah senza staccare gli occhi dal libro. Paris si chiuse in bagno e ne uscì solo un’ora dopo in accappatoio. Silenziosamente osservava la sua amica, che era ancora immersa nella lettura e, mentre l’osservava, iniziò a prepararsi. Si domandava il perché Leah fosse così quieta durante la lettura, “Di solito commenta anche i libri di astronomia fisica”, pensò. -Sei ancora infuriata per ieri sera?-. -No… mi è passata. Un buon bagno caldo e un’ottima lettura aiutano- rispose tranquillamente la ragazza, alzandosi dal letto e posando il libro sotto il cuscino. -Sono felice che tu non ce l’abbia con me – sorrise – cosa stai leggendo? È un libro bello grosso-. -Un libro che Ryder mi aveva regalato tempo fa e che non ho mai letto-. -È appassionante?-. -Molto- Leah iniziò a pettinarsi e vestirsi per l’occasione. -Titolo?-. -“De Immortali Morte”- Leah rise dell’enorme punto di domanda che era comparso sul volto di Paris e le spiegò:-È latino. Ryder amava questa lingua-. -Ah… io non ho mai studiato latino… ma dal titolo riesco a comprendere il significato-. -Già-. Un lampo di malinconia attraversò gli occhi verde prato della ragazza. Paris se ne accorse all’istante perché, dentro di essi, s’intravidero delle pagliuzze dorate come il grano: era un difetto, non si sa se genetico o forse era solo 20 l’immaginazione di chi la guardava, ma esse comparivano ogni volta che Leahprovava forti emozioni o era semplicemente triste. Per sviare quella malinconia Paris cominciò a parlare della serata che avrebbero passato alla mostra e dei nuovi incontri che avrebbero potuto fare, ma senza accennare all’uomo che aveva visto con Leah la notte prima. I ragazzi arrivarono al museo. Un grande cartello esposto proprio accanto alla scalinata d’entrata diceva: “GRANDE RIAPERTURA DEL Museum of Plaster Statues DEI FRATELLI WADE E DAVE MYRON”. A decorare il cartellone c’erano le figure di varie statue. Leah si soffermò a guardare quel cartello dove vi erano scritte varie opinioni e piccoli frammenti di interviste dei fratelli. “Hanno lo stesso nome”, pensò Leah. L’interno del museo le sembrò più bello e interessante della sera precedente. Era tutto molto raffinato, persino le persone presenti esprimevano grazia e raffinatezza. Dall’alto soffitto calava un enorme lampadario in stile vittoriano; alle pareti c’erano lumi rivestiti da cristalli. Tutto era molto antico, sembrava di essere tornati nel 1800. Persino le statue raccontavano storie antiche. Una in particolare colpì Leah, ma il suo sguardo fu distratto da un applauso di massa. Si voltò e vide il signor Brow, il proprietario della pensione, con il microfono in mano che richiamava l’attenzione della platea. -Buona sera, graditi ospiti. Questo è un giorno importante_ oggi i miei adorati nipoti Wade e Dave – a quella parola, nipoti, Leah trasalì –hanno riaperto al pubblico questo antico e meraviglioso museo. Io non vi ruberò molto tempo, ma vi chiedo di fare un forte applauso ai miei amati 21 ragazzi. Venite, dai- il vecchietto uscì di scena e al suo posto salirono Wade e Dave. -Buona sera, signore e signori. Come ha anticipato prima il nostro caro zio, dopo una lunga riflessione abbiamo deciso di riaprire il museo dei nostri genitori e di continuare la loro opera. Come potrete notare, gli unici aggeggi tecnologici del museo sono il sistema di sorveglianza e l’impianto elettrico, ovviamente. Abbiamo deciso di lasciare il resto del museo com’era in passato e come nostra madre, amante del periodo ottocentesco, aveva arredato. Detto ciò, il nostro artista, mio fratello, vi parlerà delle statue e sarà lieto di rispondere a qualsiasi vostra domanda-. Wade lasciò il microfono al fratello e uscì di scena, mescolandosi tra la folla e i camerieri, che servivano champagne e squisiti stuzzichini. Il museo era così colmo di persone che non si capiva quali fossero ad osservare le opere e quali, invece, stessero ascoltando Dave. Leah allora tornò alla statua che stava osservando pochi minuti prima. Rappresentava Lady Marion, una nobildonna inglese. La statua era ben definita, la donna aveva la classica acconciatura delle dame dell’Ottocento, il vestito cadeva perfettamente sul corpo, le pieghe erano così perfette e ben definite che, come il resto della statua, sembrava reale e in movimento. I dettagli del volto erano più che perfetti, si riuscivano a distinguere le ciglia staccate una dall’altra e le labbra, socchiuse, davano l’impressione che la donna stesse respirando. Leah continuava a fissare la statua che, però, le trasmetteva un senso di angoscia. -Ti piace molto, eh?- disse Wade porgendole un bicchiere di Champagne. 22 -È molto bella… affascinante… colpisce subito chi la guarda. Grazie- la ragazza prese il bicchiere e ne bevve un sorso. -Ho notato subito che ti ha… mm… rapita-. -Ah… e da cosa?- Leah distolse lo sguardo dalla statua e lo rivolse a Wade, che quella sera aveva un aspetto molto elegante rispetto la notte precedente. -Beh, sono all’incirca – l’uomo guardò l’orologio che aveva il polso – 20 minuti che fissi questa statua-. -Tu… cioè… sono 20 minuti che fissi me?- l’ultima frase la pronunciò senza pensarci e alla fine si accorse di essere arrossita dalla vergogna. -Già, ben 20 minuti, ma non riesco a capire se la tua espressione è: “La statua è bellissima” oppure “che roba è questa?”- risero entrambi. -Perché? Ho un espressione così terribile?-. -No, ma non riesco a decifrare ciò che pensi… ti faccio un esempio. Vedi quella laggiù, quella vestita di rosso? – Leah annuì – Quella donna laggiù sta pensando: “Che diamine ci faccio qui, non capisco nulla di questa roba”. Oppure, quell’uomo con la camicia color crema, lui pensa: “Questa creazione è stupenda, chissà se è in vendita”, o ancora quell’uomo lì, quello con la cravatta a fiori, sta pensando “chissà se quella ragazza è impegnata”- i due si misero a ridere, continuando a chiacchierare, sorseggiando lo champagne e spostandosi da un’opera all’altra, finché non si ritrovarono fuori, sotto la luna, che quella sera splendeva in tutta la sua bellezza argentata. -Ora, seriamente, Leah, perché hai quell’espressione?-. -Spiegati, che espressione ho?- Leah iniziava a irritarsi. Non lo conosceva neanche da un giorno e già si comportava come Ryder. 23 -Non saprei, sorridi ma sei triste, t’interessi a qualcosa ma la tua mente lavora tutt’altro pensiero e i tuoi occhi si guardano intorno, come se stessero cercando un fantasma e tutto senza rendertene conto. Forse sono io che t’infastidisco?A quella domanda Leah si sentì una totale idiota, però pensò che Wade fosse un buon osservatore. -No! Tu non c’entri nulla, anzi, è un onore avere quest’amicizia con te, Wade – si fermò per bere l’ultimo sorso di champagne. –Forse ti sarò sembrata triste o pensierosa perché sto pensando ai miei amici. È da questa mattina che non si fanno vivi-. -Mi dispiace, non sapevo… credevo foste solo tu e gli altri tre ragazzi con cui sei venuta qua stasera- Wade prese il bicchiere vuoto dalle mani della ragazza e lo poggiò su un gradino. -No. Ci sono altri due ragazzi: Danny e Jade-. Wade, che sapeva bene chi fossero, la strinse a sé con un braccio per rassicurarla e poi la condusse sul retro del museo, dove era appena iniziato un immenso banchetto. La serata continuò tra risa, chiacchiere e tanto champagne. Le persone iniziarono a diminuire e a fare gli ultimi complimenti ai gemelli: anche Leah, che pure con il suo sguardo stanco cercava Paris. -Scusami, ma questo è il “problema” di essere popolari…-. -Capisco, dev’essere stressante, ma al tempo stesso ti senti realizzato-. -Sì, è una bella sensazione, ma un buon 80% del merito è di mio fratello. Vorrei che lo conoscessi prima che i 24 tuoi amici ti portino via- indicò con un gesto Paris e gli altri due che li stavano fissando. -Sarà tardi, per questo mi cercano. Comunque mi farebbe un immenso piacere conoscere l’artista che ha creato questi capolavori-. -Aspetta solo un altro secondo, torno con lui-. Dopo qualche minuto Leah vide avvicinarsi Wade con Dave. Quest’ultimo era uguale a Wade – infatti, erano gemelli. L’unica differenza stava nei capelli, che Dave portava un po’ più lunghi. Wade li presentò. Leah si complimentò molto con l’artista e costui apparve molto gentile e garbato. -Scusatemi, ma ora devo proprio andare. Ci vedremo domani per la tua nuova opera, sono davvero curiosa. Buona notte e ancora complimenti. Notte Wade-. -Buona notte e a domani, Leah. Sarò curioso di udire i tuoi commenti sulla mia nuova opera- Dave, da gentiluomo le fece il baciamano. Wade invece, dopo averle augurato la buona notte, le diede un bacio sulla guancia. Durante il piccolo tragitto che portava alla pensione, i ragazzi fecero commenti sulla mostra e sul buffet, ma soprattutto non mancarono i commenti sull’accompagnatore di Leah. Il mattino seguente Leah si svegliò con un lieve mal di testa, forse per lo champagne. Rimase distesa sul letto a fissare il soffitto; pensava agli occhi di Dave, erano cinerei come quelli di Wade, ma non trasmettevano nulla. Erano spenti, non trasudavano alcuna emozione, erano privi di espressione e questo la inquietava. Si alzò e andò quasi barcollando a lavarsi. Paris era già in bagno. 25 -Buongiorno, dormigliona-. -Dormigliona? A me? Ma se sono appena le nove- rise Leah afferrando lo spazzolino da denti. -Veramente sono le 12:30 passate… come si vede che quel ragazzo ti ha intontita- iniziò a ridere e a farle il solletico, fu così che ebbe inizio la loro lotta con gli spazzolini. Dopo molti minuti di lotta si calmarono e iniziarono a prepararsi. Scesero nella hall, dove ad aspettarle c’erano Brad e Rod. Si recarono nella sala da pranzo, dove con grande sorpresa trovarono altre persone. Si accomodarono e continuarono a chiacchierare. -Ehi guarda Leah! C’è il tuo cavaliere-. Brad indicò dietro le spalle della ragazza. Leah si voltò e vide Wade seduto da solo che pranzava. -Non è il mio cavaliere. È solo un… conoscente-. -Dicono tutte così- i ragazzi si misero a ridere e lanciarono qualche battuta sul cavaliere di Leah. Wade si avvicinò al loro tavolo e salutò, rivolgendosi poi a Leah. -Allora, ti aspetto questa sera per la nuova creazione!-. La ragazza annuì sorridendo; i suoi amici attesero che Wade fosse abbastanza lontano da continuare con i commenti sulla “coppia”. Jade era ancora sconvolta per ciò che aveva visto, ma in realtà non aveva ancora visto nulla. Alzò lo sguardo innanzi a sé e vide un uomo rassomigliante allo stesso che aveva accompagnato Leah due sere prima. Costui stava lavorando su un corpo. “È Danny, non c’è dubbio”, pensò. 26 L’uomo, sconosciuto a Jade, stava staccando quel lembo di collo che era ancora rimasto attaccato al corpo di Danny, per poi riporre la testa in un contenitore d’acqua cristallina con riflessi verdognoli. Appena la testa venne a contatto con essa divenne secca come l’erba di un estate afosa. All’improvviso l’uomo si voltò e notò che Jade lo stava osservando. Iniziò allora a compiere i suoi gesti con molta lentezza: svestì il corpo e lo tinse con una sostanza incolore. Dopo aver cosparso tutto il corpo di questa sostanza, portò ai quattro lati del tavolo degli aggeggi e delle sacche contenenti lo stesso composto in cui era immersa la testa. Alle sacche erano collegati dei tubicini che finivano con enormi aghi, che infilò dentro varie parti del cadavere. In pochi minuti il cadavere era completamente prosciugato. L’uomo, di cui Jade non avrebbe mai scoperto l’identità, portò al centro della stanza un grande carrello sul quale era un letto coperto da un lenzuolo purpureo e vi depose dei cuscini dello stesso colore. Dopodiché prese il corpo secco di quello che un tempo era stato l’amante di Jade, e lo pose in uno stampo che era già ripieno di una sostanza bianca; la ragazza ignorava cosa fosse. Completò l’opera gettando un altro preparato – in realtà era del gesso, modificato chimicamente per divenire più resistente – e lo chiuse ermeticamente. Trascinò il corpo in un’altra stanza, quindi tornò per fare lo stesso lavoro con la testa e sparire di nuovo. L’uomo ritornò nella stanza in cui si trovava Jade, rivolgendo la sua completa attenzione alla ragazza. Sollevò di peso Jade, che non riusciva a dimenarsi per il terrore, e la portò sul letto; prese una siringa e iniettò tutto il suo contenuto in Jade. In pochi secondi la ragazza perse il totale controllo dei suoi muscoli. In questo modo sembrava un vero e proprio burattino nelle sue mani. Non passò molto 27 tempo che l’uomo trovò la posizione giusta per Jade: iniziò a iniettarle quella strana sostanza che poco prima aveva prosciugato Danny. All’improvviso si fermò. L’espressione dell’uomo misterioso sembrava disorientata. Aveva dimenticato qualcosa.“Ricordati di rendere irriconoscibili i volti”, si ricordò di ciò che gli era stato detto poco prima. Si allontanò per poi tornare con una maschera bianca, che pose sul volto di Jade. Solo allora portò a termine la sua opera. La giornata trascorse veloce, tra una passeggiata e una risata. I quattro ragazzi rientrarono alla pensione per cambiarsi d’abito e recarsi al museo quando Paris si accorse di un biglietto attaccato sulla porta della camera di Jade e Danny: “Ci annoiamo, torniamo a divertirci in città. Ci rivediamo al vostro ritorno. Scusateci. Baci. Danny & Jade”. -Mistero risolto!- brontolò Brad, -Ci hanno lasciato così! Con un biglietto. Bah!-. -Che strano…- sussurrò Leah. -Cosa?- Brad era seccato. -Ma niente… si sapeva che andava a finire così, conoscendoli-. -Hai ragione. Meglio andare che è tardi-. Il museo era affollato come la sera precedente. Tutti erano molto eleganti e l’atmosfera richiamava, ancora una volta, lo stile ottocentesco. I ragazzi riconobbero alcuni volti ormai familiari. Tra di essi, i proprietari della pensione. I gemelli erano lì, accanto alla nuova opera coperta da un telo. -Hai fatto ciò che ti ho detto?- chiese ansioso Wade. 28 -Sì. Tranquillo, non si accorgeranno di nulla-. Dave sembrava, diversamente del fratello, molto calmo e sicuro di sé. I gemelli e gli ospiti furono interrotti dal discorso di presentazione del vecchio Mr. Brow, che lasciò la parola a Dave. -Buona sera gentilissimi signori e signore. Grazie per essere qui, di nuovo. Come vi ho anticipato ieri sera e come potete notare da quest’ingombrante telone, questa sera vi presenterò la mia nuova opera. Ho preso ispirazione da un famoso artista italiano, Sandro Botticelli, e ho rivoluzionato due delle sue opere. Le ho… come dire… mescolate tra di loro e ho creato questo…- con un gesto veloce tolse il telo e scoprì l’opera. -Botticelli era un pittore ed io sono uno scultore… non è stato facile riprodurre con il gesso quest’opera, ma alla fine, ci sono riuscito. Ecco a voi “La Nuova Vendetta Di Giuditta”-. Dopo essersi goduto l’applauso, rimase lì, con qualche persona che gli poneva alcune domande. Mentre le altre persone ammiravano le altre opere presenti. Leah si avvicinò alla statua: un’opera davvero strabiliante, si riuscivano a distinguere persino i pori della pelle. Il letto su cui giacevano i protagonisti era vero, non di gesso come il resto della statua. Il corpo senza testa dell’uomo era disteso con una mano che dava la sensazione penzolasse realmente dal giaciglio; la donna indossava una maschera ed era seduta ai piedi del letto: nella mano destra teneva la testa dal volto sfregiato e nell’altra, un pugnale, sul quale si riusciva a distinguere, perfettamente, il sangue sulla lama. -Bella vero?- Wade, spuntò all’improvviso e fece sobbalzare Leah. 29 -Sì. È bellissima, anche se è completamente bianca, si percepisce la drammaticità della scena e sembra persino di riuscire a catturare l’atmosfera del momento- Leah tese una mano per toccare la statua, ma le retrasse subito. -Se vuoi, puoi toccarla- Wade era affascinato dal modo di fare di quella ragazza ed era altrettanto affascinato dal modo in cui riusciva a dare un significato proprio alle statue. -Posso sul serio?-. -In realtà no. Però, dato il tuo entusiasmo, farò un’eccezione-. Leah tese una mano verso la statua ma, inaspettatamente, non toccò né il volto né il corpo delle due statue. Toccò il pugnale. Le sue dita percorsero tutto il profilo della lama e risalirono fino a toccare le dita della “Giuditta”. Solo dopo toccò la testa, che lei teneva in mano. Riuscì a sentire le differenze dei lineamenti e degli sfregi di quel volto. Si meravigliò di come una statua potesse essere così reale. Leah si voltò a guardare Wade. Negli occhi della ragazza si poteva vedere la magia dell’entusiasmo e dell’ammirazione. -È stupenda. Sono senza parole. Quando l’ho toccata, sono riuscita persino a distinguere quel piccolissimo e impercettibile dislivello tra la lama e il sangue-. Wade la guardava incredulo, sorridendo alle parole dette dalla ragazza. -Ho detto qualcosa che non va?- chiese imbarazzata. -No, scusami. È che non ho mai visto una ragazza interessata in questo modo all’arte-. -Ah… mi ha sempre affascinato l’arte-. I due ragazzi parlarono d’arte per tutta la sera e commentarono la nuova opera di Dave. Leah parlava 30 dell’abilità di Dave come un dono, inconsapevole che sotto lo strato di gesso che ricopriva le statue c’erano i corpi dei suoi amici… -Quindi... oggi vai via?-. -Già. Anche se l’estate non è ancora finita, dobbiamo tornare a New York City-. -Ma perché Leah? Fermatevi ancora un po’. Fermati tu!-. -Vorrei Wade, ma ho gli esami da superare-. -Esami?-. -Eh, sì. Gli esami della "New York Cinema Academy". Sono quelli decisivi-. -Che strano! In tutti questi giorni non abbiamo mai parlato della nostra vita privata- Wade accarezzò i lunghi capelli di Leah. Tra i due si era instaurato un legame molto forte. Avevano trascorso molti giorni insieme dopo il loro primo, bizzarro incontro. Erano le 18:00 passate e il sole splendeva ancora alto nel cielo. I ragazzi caricarono le ultime cose sulle jeep e partirono. Il viaggio fu lungo, ma rilassante. Durante il viaggio le due ragazze parlarono del più e del meno. Discussero del comportamento di Jade e Danny, e commentarono le opere che avevano ammirato al museo. Ore dopo arrivarono in città. Paris rimase a dormire da Leah. Squillò un cellulare, era quello di Leah. Dopo parecchi minuti la ragazza uscì dal bagno con un grosso sorriso stampato sulle labbra. -Chi era?- chiese Paris, ma già conosceva la risposta. -Wade. È stato carino a chiamare-. -Che dolce. Si preoccupa per te-. 31 -Eh, sì, è davvero affettuoso-. -Leah… sono felice per te se hai trovato il ragazzo giusto, ma… non credi di correre troppo? In fondo è solo un mese che vi conoscete… non sai nemmeno quanti anni ha!-. -Paris, una telefonata non vuol dire “matrimonio”. Per quanto riguarda l’età esiste internet. È un personaggio “pubblico”. E poi… ci stiamo conoscendo con i nostri tempi-. -Lo so, scusami… è che non voglio tu soffra ancora. Hai già sofferto abbastanza- si alzò dalla poltrona e si diresse verso Leah, la abbracciò. -Grazie- sussurrò lievemente Leah all’orecchio dell’amica. Le giornate trascorsero lente e cariche di stress. Era già trascorso un anno e i ragazzi si stavano preparando per dare l’esame finale della N.Y.C.A. Quella mattina i ragazzi erano molto agitati ed emozionati. Si raccoglievano in piccoli gruppi, nel cortile della scuola, dove discutevano del proprio futuro. L’unica che si teneva in disparte era Leah; tra le mani teneva quell’enorme libro che Ryder le aveva regalato. Quel libro che, volontariamente, non aveva ancora finito di leggere. La ragazza desiderava con tutta l’anima che il fratello fosse lì con lei, a confortarla e tenerla per mano. -Ehi, cosa fai qui tutta sola? Forza, vieni, stiamo per iniziare-. Paris spuntò dal nulla con un enorme sorriso dipinto sul viso. -È già ora?- Leah sembrò cadere dalle nuvole. -Quasi. Dobbiamo iniziare a occupare i posti – il suo sguardo cadde tra le mani di Leah – tesoro, ancora quel libro?-. -Sì. Non l’ho ancora finito- fece spallucce. 32 -E perché? Solitamente li divori in pochi giorni i libri-. -Forse non l’ho ancora finito perché mi sembra di averlo sempre accanto e leggendolo tutto ho come la sensazione di perderlo e dimenticarlo. Capisci?-. -Oh piccola! Ryder sarà sempre con te, leggendo o no questo libro-. Le ragazze andarono sotto il piccolo palco e si accomodarono accanto a Brad e Rod. -Jade e Danny sarebbero stati felici- sussurrò Brad. -Già… quel brutto incidente non sarebbe mai accaduto se si fossero fermati o se noi li avessimo trattenuti-. -Sì, ma ormai è troppo tardi. Ora fate silenzio. Stiamo iniziando- Rod si compose e assunse un’espressione professionale e distaccata. La cerimonia iniziò. Uno ad uno gli studenti salirono su quel piccolo palco per ottenere il diploma. -Lynwood Leah-. La ragazza salì sul palco alla chiamata del preside; gli strinse la mano ed ottenne il suo diploma. Mentre scendeva i gradini per tornare al suo posto si bloccò. Gli occhi verde smeraldo di Leah si riempirono di tante e minuscole pagliuzze dorate. La ragazza s’immobilizzò, un misto di felicità e malinconia l’avvolse. Di fronte a sé, appoggiato ad un grande salice vide Ryder, che le sorrise e la salutò con la mano. Si stropicciò gli occhi. Quello che aveva visto era stata tutta un’illusione. Il ragazzo accanto all’albero non era Ryder, ma Wade. Leah fu assalita da una nuova sensazione. Ricambiò il sorriso e ritornò al suo posto. Conclusa la cerimonia, si svolse un aperitivo nella palestra dell’accademia. Tra le risate e i pianti di gioia degli altri studenti, Leah cercava Wade. 33 Lo ritrovò ancora lì, appoggiato al salice, che fumava una sigaretta. -Ehi. Che bella sorpresa! Non mi aspettavo di vederti qui-. Gridò la ragazza camminando verso di lui. Wade si voltò e la vide arrivare avvolta da un vestito azzurro cielo. -Volevo farti una sorpresa… sei bellissima- gettò la sigaretta e l’abbracciò. -Mi sei mancata, sai?-. -Anche tu…- Wade non le fece finire la frase che la baciò. I due ragazzi passeggiarono per il campus, quando Leah si ricordò del libro. -Dannazione! Il libro!-. -Cosa?-. -Ho scordato il libro di Ryder! Devo andare a riprenderlo!-. Leah cominciò a correre dirigendosi verso la folla che si era creata si era creata sotto il palco. Scrutò tutte le sedie e gli angoli circostanti, per poi ritrovare il libro sui gradini del palco. Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime, prese il manoscritto e lo strinse a sé. Wade non riusciva a capire lo strano comportamento della ragazza, ma non le chiese spiegazioni. -Eri in pensiero per quel libro e non per questo documento?- disse Wade ridendo e mostrandole il diploma. La ragazza alzò lo sguardo verso di lui, rise e annuì, mentre lacrime cristalline le rigavano il volto. -Dài, non piangere piccola- Wade le asciugò le lacrime con il dorso della mano e l’abbracciò. -Ah… hai perso anche queste mentre correvi- il ragazzo le mostrò le scarpe. Leah scoppiò a ridere e dopo essersi rimessa le scarpe andarono insieme da Paris, Rod e 34 Brad. Questi ultimi rimasero alquanto sorpresi nel vedere Wade lì. Leah. Andarono a festeggiare il diploma a casa di Leah. -Pizza! Pizza!- urlò Brad. -Il telefono è lì. Chiama tu la pizzeria e ordina- disse I festeggiamenti si prolungarono fino a tarda notte. I ragazzi, tra un morso di pizza e un sorso di birra, conobbero meglio Wade. L’unico che diffidava di lui era Rod. -Beh, per me è ora di andare- esordì Wade alzandosi dal divano. -Dove vai?- chiese Paris. -A casa, ovviamente. Sono venuto qua solo per vedere la consegna del diploma-. -È tardi! Fermati qui e domani potrai partire con più calma!-. -Sìììì… così domani partiremo tutti insieme per Grayville-. -Brad! Sei sotto l’effetto dell’alcool, non dire stupidaggini!- Rod rimproverò Brad con un tono molto scortese e duro, lo prese dal braccio lo condusse via. -Sicura?- chiese Wade non badando ai toni scortesi di Rod e alla sua uscita di scena improvvisa. -Certo! Altrimenti non te l’avrei mai proposto- la ragazza si sedette accanto a lui sul divano. -Non sarebbe una cattiva idea ritornare a Grayville– aggiunse Paris interrompendo il silenzio imbarazzante che si era creato – più tardi chiamo Rod e lo convinco. Ora vado anch’io, è tardi. Buona notte ragazzi- Paris si alzò e andò via. 35 Leah e Wade rimasero in silenzio, accoccolati sul divano. Tutto era immobile nella stanza. Si riusciva a udire persino il rumore del battito del cuore e il respiro dei ragazzi. Fu Wade ad interrompere quell’atmosfera; si alzò per prendere il libro che Leah amava così tanto, per poi tornare al suo posto. Lo aprì. Era una pagina a caso: 666. Iniziarono a leggerlo entrambi in silenzio: LA MUMMIFICAZIONE. La mummificazione o imbalsamazione è il metodo con cui gli antichi Egizi conservavano i corpi dei loro defunti, preservandoli dalla decomposizione. Questo risultato era particolarmente importante perché la conservazione del corpo avrebbe garantito al defunto una vita ETERNA. Esistevano diversi metodi di imbalsamazione. Il metodo più tradizionale prevedeva le seguenti operazioni: per prima cosa il corpo, disteso su un tavolo, era lavato e purificato. Poi veniva estratto il cervello attraverso il naso, utilizzando degli uncini di bronzo. Si passava quindi a rimuovere gli organi interni mediante un’incisione effettuata sul lato sinistro del ventre.Da questo taglio venivano estratti intestino, stomaco, fegato e polmoni che, appositamente trattati, erano riporti in quattro vasi detti “Canopi”. L’unico ad essere lasciato all’interno era il cuore, che per gli Egizi rappresentava la sede dell’intelletto, delle passioni e delle facoltà umane. Dopo essere stato nuovamente lavato, il corpo veniva immerso in una vasca riempita di “natron”, un sale fortemente disidratante. Qui veniva lasciato fino al suo completato disseccamento. A questo punto gli imbalsamatori passavano a riempire le cavità con paglia, stoffa, imbottiture e tamponi per ridare al corpo una forma naturale. Alcune parti venivano rimodellate mentre gli occhi erano rimpiazzati da pietre circolari. Metri e metri di bende di lino avvolgevano il corpo, tra uno strato 36 di bende e l’altro i sacerdoti inserivano gioielli e amuleti, la cui funzione era quella di proteggere il defunto nella vita eterna. Tutta l’operazione di mummificazione durava 70 giorni, passati i quali il defunto era pronto a ricevere sepoltura. Ma prima di essere chiusa per sempre nella tomba, la mummia era sottoposta al rito dell’ “apertura della bocca” con il quale i sacerdoti riattivavano simbolicamente le funzioni vitali del defunto. Dietro alla grande opera dell’imbalsamazione ci fu un grande sacerdote, Aton, che modificò la mummificazione.Egli, oltre agli oli già usati per imbalsamare il corpo, aggiunse altri ingredienti e altri metodi senza dover estrarre gli organi dal corpo. Modificò anche la composizione del natron e creò un miscuglio di oli e veleni che acceleravano il processo di mummificazione Grazie a questa nuova scoperta si guadagnò la stima dell’intero Egitto. Però, questa fama e questo potere non erano dovuti alla sete della conoscenza, ma alla pazzia. Detto questo, io, Domitianus, modesto studioso latino, mi sento in dovere di raccontarvi la vera storia di costui. Un giovane ragazzo, cometanti, era appena entrato nel periodo della pubertà. Il suo amato nonno, che era un imbalsamatore, regalò al giovane un libro riguardante il proprio mestiere. “L’arte dell’antica mummificazione”. Dopo aver letto questo libro il giovane si appassionò a questo mestiere e fu proprio così, leggendo questo manoscritto, che iniziò la sua grande carriera di imbalsamatore. Aveva circa trent’anni quando venne chiamato dal grande Faraone Ramsete II. Alla sua corte per far imbalsamare la propria sposa. Infatti, Aton, era molto famoso e lo stesso Faraone voleva vedere con i propri occhi l’abilità dell’uomo e desiderava costatare 37 se la sua fama fosse vera e al di sopra di ogni immaginazione come tutti dicevano. L’imbalsamazione e la cerimonia furono proprio degne di un re e Ramsete II rimase davvero meravigliato, così tanto che nominò Aton Supremo Sacerdote e lo fece vivere a palazzo. Però, il grande Aton nascondeva un segreto. Ogni notte, lasciava il palazzo per recarsi nella sua casa, che mai nessuno era riuscito a vedere, tanto era ben nascosta nel deserto. Lì, in quella casa, Aton svolgeva il suo lavoro di sempre, però, con un’orribile differenza: imbalsamare le persone vive. Le sue vittime preferite erano le prostitute e gli schiavi che venivano scartati al mercato. “Tanto nessuno noterà mai la loro assenza”, pensava. Col passare del tempo e frequentando sempre di più il Faraone, Aton si innamorò follemente della principessa Cleo, che ricambiava il sentimento. L’amore di Aton nei confronti della giovane divenne opprimente e possessivo. Non potendo portare alla luce del sole il loro amore, poiché era impensabile che la figlia di un Faraone sposasse un imbalsamatore, Aton propose alla principessa di fuggire. Cleo, che nutriva un forte sentimento nei confronti dell’uomo, accettò. Quando Ramsete scoprì la loro storia d’amore, diseredò la figlia e cacciò malamente Aton. Quest’ultimo portò via Cleo. Arrivati nella dimora dell’uomo, la prima cosa che la principessa notò furono le mummie sparse per la casa ma, pur impaurita, rimase al suo fianco. Aton ogni tanto pronunziava parole insensate, ma la ragazza continuava ad amarlo. Un giorno, mentre preparava il pranzo udì pronunciare codeste parole dal suo amante: “Anche i Faraoni commettono dei crimini. Dentro le fondamenta per le loro Piramidi gettano uomini vivi, forti e giovani, per far sì che queste si reggano alte per l’eternità”. Quella sarebbe stata l’ultima volta che Cleo avrebbe visto la luce del sole. 38 Grazie alle sue eccellenti doti di imbalsamatore e alla sua strabiliante scoperta, mummificò Cleo. “Così la tua bellezza sarà eterna”, ripeteva alla principessa. Il suo tempo passò così, ad ammirare giorno dopo giorno le sue opere, a parlare con la mummia della principessa e con i fantasmi che possedevano la sua casa e la sua mente folle. Dopo aver letto quelle pagine, Wade chiuse il libro e interruppe il silenzio. -Dev’essere stata dura…-. -Sì. E lo è ancora…- Leah si voltò verso la fotografia, posta sul tavolo della cucina, che ritraeva i due fratelli insieme. -È lui?-. -Sì… era il fratello migliore del mondo-. -Ti capisco… ora però ci sono io a proteggerti, puoi fidarti!-. -Lo so… sai, oggi quando ti ho visto… mi è sembrato di vedere lui- la ragazza si alzò e posò il libro sul tavolo; poi si diresse in camera da letto seguita Wade. Quella notte la luna splendeva in tutta la sua bellezza. Sembrava una perla argentata nel mezzo di un cielo nero come la pece. I suoi raggi illuminavano la camera da letto. Wade si avvicinò lentamente a Leah. -A proposito di Egizi… questo è per te- senza far voltare la ragazza le mise al collo un ciondolo con la croce ansata, dopodiché la cinse tra le sue braccia, baciandola delicatamente. Quella notte si amarono sotto la luce della luna. Si amarono come se fosse stata l’ultima notte della loro vita. La luce del sole penetrava dalla finestra, i caldi raggi colpirono il volto di Wade che si svegliò e, senza far rumore, 39 si alzò. Prima di uscire dalla camera si voltò per guardare Leah. “Sembra una Dea”, pensò. Poi si diresse in cucina per preparare la colazione. Un dolce profumo di cioccolata invase la casa. Leah si svegliò e non vedendo Wade pensò che fosse stato tutto un sogno, poi con la mano si sfiorò il collo e vide che il ciondolo era lì. Sorrise. -Buongiorno. Sai, sembri proprio una bambina- Wade indicò gli indumenti di Leah: aveva indossato la maglia preferita di Ryder che le stava davvero molto grande. -Buongiorno – sorrise e si sedette a tavola – è comoda-. -Ecco a lei signorina! La colazione è servita- Wade posò un vassoio sul tavolo. -Mm cioccolata! È la mia preferita! Sei un veggente?-. -No, ho solo dedotto dal nostro primo incontro che, anche in una giornata estiva, preferiresti bere cioccolata calda. E qui, ci sono anche le fragole, le mie preferite- prese una fragola e la morse. -Erano anche il frutto preferito di Ryder… scusa- la ragazza divenne rossa per l’imbarazzo. Lui rise. Quegli atteggiamenti da bambina impaurita, che chiedeva sempre scusa, gli piacevano. Erano stati proprio quelli ad attirare la sua attenzione verso di lei. Driiiin. -Pronto?... sì… no… solo 5 minuti fa… perché?.. no… okay, riferirò… a dopo-. Leah alzò gli occhi al cielo. -Addio colazione felice e pacifica- disse bevendo la cioccolata tutta d’un fiato. 40 Mentre Wade puliva la cucina, Leah gli spiegò chi era al telefono e quello che aveva programmato per i prossimi giorni. Il ragazzo non disse nulla, rise divertito. Puntuali come un orologio svizzero Paris, Brad e Rod erano sotto casa. -Bene Leah, le tue valigie? Così le sistemo nel bagagliaio-. -Io sono con la mia auto, possiamo sistemarle lì, così avrete più spazio e Leah può venire con me- disse Wade. -No… - Rod non riuscì a finire, che Paris gli diede un pizzicotto così forte che il livido non sarebbe tardato a comparire – okay-. Riuscì a dire infine. Partirono. Il viaggio non fu particolarmente entusiasmante: al contrario, si rivelò più noioso del primo. Nel tardo pomeriggio arrivarono a Grayville, per essere precisi, alla pensione “SILENCE”. Wade aveva proposto a Leah di alloggiare a casa sua, ma la ragazza aveva rifiutato cortesemente. Wade si sentì in imbarazzo, le chiese scusa dicendo che non voleva sembrare “appiccicoso” e per farsi perdonare dopo cena avrebbe portato Leah al cinema. Al cinema, gli spettatori non fecero altro che guardare Wade e Leah anziché seguire il film. Si girarono a guardarli persino le persone in strada. Non era una cosa “normale” vedere Wade Myron in compagnia di qualcuno che non fosse il fratello o i signori Brow: perché, sebbene a Grayville il segreto che i gemelli custodivano gelosamente fosse visto come una leggenda metropolitana, aveva scoraggiato chiunque a stringere rapporti confidenziali con i fratelli. Rod, che aveva seguito Leah per tutto il tempo, si accorse delle strane occhiate che le persone lanciavano ai due 41 ragazzi. Quindi, dopo che Wade ebbe accompagnato Leah alla pensione, Rod continuò a seguirlo ma, sfortunatamente per lui, senza alcun risultato. -Ci riuscirò! Ci riuscirò!- sussurrava Rod tra sé e sé entrando in camera. -Riuscirai a fare cosa? Non dirmi che sei uscito per spiare Wade sul serio- chiese Brad. -Ovvio! Quel ragazzo non mi convince! Non è adatto a Leah!-. -Per te nessuno è adatto a Leah… ma hai perso! Dovevi dichiararti prima-. Il tono di Brad era pieno di sarcasmo. Rod non rispose, ma giurò a se stesso che un giorno o l’altro sarebbe riuscito a scoprire chi fosse realmente Wade. Rod passò un’intera settimana a cercare informazioni sui gemelli Myron, ma nessuno parlava, finché un giorno, per caso, incontrò una vecchia che, stranamente, era molto gentile e propensa a raccontare tutta la verità sulla famiglia Myron. Invitò il ragazzo nella propria casa, dove, di fronte un caffè e dei tipici biscotti “della nonna”, iniziò il suo racconto. -… quindi ragazzo mio, avvisa la tua amica, mettila in guardia da quell’uomo-. -Lo farò, grazie! Finalmente smaschererò quell’assassino! E lo farò stasera stessa!- disse Rod avviandosi verso la porta. La vecchia lo fermò. -Ragazzo, ti dirò un’ultima cosa: è molto strano che ancora non abbia ucciso la tua amica, ma potrebbe accadere da un momento all’altro!-. Per tutto il pomeriggio Rod non fece altro che pensare a tutto ciò che le aveva raccontato la vecchia signora. Sembrava una storia assurda quella delle statue; però, grazie 42 all’anziana, aveva trovato un collegamento con la scomparsa dei suoi amici. “Guarda, ragazzo, le loro statue sono perfette, i visi sembrano reali, ma in quelle ultime due statue i visi erano nascosti: uno pieno di cicatrici, l’altro coperto da una maschera. E poco dopo, l’incidente dei tuoi amici, ma senza il ritrovamento dei corpi! In tutto questo c’è un collegamento. Sono stati uccisi dai gemelli e sono stati loro a farvi credere in quell’incidente”. Questa riflessione fece in modo che la mente di Rod si convincesse definitivamente della colpevolezza dei fratelli e fosse sempre più deciso di raccontarlo a Leah. Quella sera al cinema avrebbero dato un vecchio film degli anni ’30, e i ragazzi ci sarebbero andato tutti. Nella camera delle ragazze si trovavano anche Brad e Rod. Stavano attendendo che Paris finisse di prepararsi. -Leah verrà anche Wade con noi stasera?- chiese ingenuamente Brad. -Sì, c’è qualche problema? Se non volete parlo con lui e …-. -Oh no no, la mia era solo curiosità, per noi non c’è nessun problema-. -Parla per te! Senti Leah per quanto riguarda Wade devo dirti una cosa ed è davvero importante!-. Rod non sapeva come comportarsi, era davvero molto agitato, quindi confessò tutto ad un fiato. -Wade è un assassino-. I ragazzi scoppiarono a ridere. -Non sapendo come confessarti il suo amore tenta di distruggere il tuo – sentenziò Brad. E poi, rivolgendosi a Rod: -Amico mio, il tuo treno è passato!-. Una pacca sulla spalla e lo trascinò fuori. 43 Al cinema, ogni piccolo movimento che Wade faceva, lo metteva in allarme. E quando Leah si allontanò con il ragazzo, Rod fu assalito da una grande angoscia. -Voi due non vi siete mai chiesti come mai un vecchio sia così interessato a Leah? Eh eh eh?-. -Rod sei davvero noioso! Numero uno: non è vecchio, ha solo 29 anni, c’è solo una piccola differenza d’età. Due: devi rassegnarti all’idea che Leah abbia un ragazzo, e Tre: per favore, non rovinare tutto. È la prima volta che è davvero felice dopo che Ryder ci ha lasciati!-. -Okay. Però, lasciate che vi racconti quello che ho scoperto e poi sono sicuro che cambierete idea!-. I ragazzi annuirono e si sedettero su una panchina poco distante dal boschetto che si estendeva dietro la pensione. -Allora, aprite bene le orecchie! I fratelli Wade e Dave Myron, come avrete notato non escono molto volentieri e non hanno rapporti confidenziali con nessuno…-. I ragazzi rimasero a bocca aperta, con un misto di incredulità e paura. -Non guardatemi così! È la verità! Ve lo giuro!- Rod estrasse dalla tasca della camicia un foglio e lo porse ai ragazzi. -Ho fatto una piccola ricerca e questo paese è stracolmo di casi in cui si parla della scomparsa di persone! Alcune volte, come è accaduto a Jade e Danny, succedevano degli “strani” incidenti, in cui i corpi delle vittime, magicamente, non si trovavano-.. -Saranno leggende metropolitane- riuscì a dire Brad con un filo di voce. 44 -Già, leggende! E gli incidenti? E le persone scomparse?-. -Coincidenze? Forse-. Brad e Paris non riuscivano a credere che tutto quello che aveva detto Rod fosse vero, però, dei piccoli dubbi sorgevano mentre leggevano la ricerca che aveva fatto l’amico. -Dove vai?-. -A fare due passi, Rod, calmati! Ho bisogno di chiarirmi le idee- Bard si allontanò nel buio del bosco divenendo un tutt’uno con l’oscurità. Di notte il bosco appariva tetro: il verde quasi pastello che emanava durante il giorno spariva per lasciare spazio ad alberi neri ed a cespugli opachi dai quali spuntavano alcuni rami simili a dita di una mano rinsecchita. Brad era assorto dai suoi pensieri, non si era nemmeno accorto di stringere tra le labbra una sigaretta spenta. Anche se non voleva ammetterlo, la storia che gli aveva raccontato Rod lo aveva turbato. Il suo pensiero riguardava soprattutto la morte di Danny e Jade, i suoi amici d’infanzia; trovava assurdo che dei completi sconosciuti volessero ucciderli. Per il forte rumore dei suoi pensieri non udì alcun suono. Qualcuno si stava avvicinando a lui, ma quando se ne accorse era troppo tardi. Un colpo alla nuca lo fece cadere a terra privo di sensi, facendogli scivolare via dalle labbra la sigaretta. L’uomo misterioso stava trascinando Brad fuori dal bosco, sicuro che nessuno lo avesse visto, ma così non fu. -Ehi tu! Cosa stai combinando?-. Era Rod. Le sue paranoie lo avevano portato a seguire persino Brad. L’uomo si voltò. 45 -Io ti conosco! Avevo ragione! Tu dei Dave, il fratello di quell’individuo che sta con Leah!-. Urlò Rod avvicinandosi a Dave e continuando ad urlargli contro. -Siete due assassini! Lascia andare il mio amico!-. Dave non proferì parola, sorrise solamente. Il suo sorriso somigliava a quello di Joker, pieno di divertimento nel vedere la sofferenza e la morte. Lasciò Brad privo di sensi a terra e si rivolse a Rod. Quest’ultimo si scagliò addosso a Dave come un’onda sugli scogli. Lo colpì ripetutamente al volto e al torace. Dave si accasciò al suolo. Con le mani frugava tra le foglie ammucchiate per terra, trovò un legno, lo prese. Nonostante i colpi ricevuti si alzò con il sorriso sul volto, guardò Rod negli occhi, con un salto gli fu a pochi centimetri di distanza. La furia di un demonio s’impossessò di Dave, impugnò saldamente il pezzo di legno che aveva raccolto da terre, e colpì Rod al volto, poi ancora alla tempia e allo stomaco. I colpi erano così forti che il povero Rod in meno di un minuto era ricoperto di sangue e quasi privo di sensi. Barcollando si appoggiò ad un albero poco distante, ma questo non gli bastò per salvarsi. L’uomo avanzò lentamente verso Rod, gettò via il legno e con la mano sinistra afferrò Rod per il collo, poi con la destra, stretta in un pugno, lo colpì violentemente sul volto, vicino l’occhio sinistro. I suoi colpi erano così forti che gli cavò l’occhio dall’orbita. L’orbita ormai vuota dell’occhio aveva un aspetto pauroso, ma sembrava che Rod, ormai privo di sensi, non sentisse alcun dolore. 46 -Che cavolo combini? Dannazione Dave! Ora dobbiamo ucciderli per forza!- le urla fecero riprendere i sensi ai due ragazzi. Rod era ancora intontito e dolorante. Il suo volto era, letteralmente, coperto di sangue. Aprì gli occhi e un dolore lancinante lo colpì, avrebbe preferito essere morto. Ora ricordava: non aveva più l’occhio sinistro, l’orbita era completamente vuota. Il dolore gli fece emettere un urlo straziante, che distrasse i due gemelli. -Si sono svegliati- osservò Dave, avvicinandosi ai ragazzi. -Che cazzo hai fatto?- Wade era rimasto inorridito nel vedere Rod. -Non dirmi che ti spaventi a vederlo così! E poi, non era quello che volevi? Ucciderli tutti? Altrimenti perché ti saresti avvicinato così a quella stupida?-. Dave era impassibile, ormai, aveva già tessuto i fili dei destini di quei poveri ragazzi. -Non ti azzardare a toccare Leah! Io non mi sono avvicinato a lei per ucciderla!-. Wade era furioso con il fratello. -Lo sapevo! Sei un assassino, ma se non tornerò io ad avvertire Leah e Paris, ci penserà qualcun altro!- trovò la forza di sibilare Rod. -Stai zitto tu, che non riesci nemmeno a respirare. Sei un relitto umano!- rispose Wade senza muoversi o voltarsi di un millimetro. -Preparatevi voi due! È giunta la vostra ora!- Dave si avvicinò ai ragazzi, che si guardarono terrorizzati. -Avete un ultimo desiderio?- chiese ironicamente Dave. 47 -Sì… io vorrei scusarmi con te Rod! Scusa se non ti ho creduto!- Brad guardò l’amico e per poco non iniziò a piangere. -Tranquillo Brad. Mi dispiace di averti coinvolto – poi rivolgendosi a Wade – vorrei che tu riferissi questo a Leah: “Ti ho sempre amata”- il tono con cui lo disse, però, era quasi di sfida. Ad udire quella frase un’ondata di rabbia e gelosia invase Wade, i suoi occhi, grigi e caldi, divennero freddi, come il grigio piombo che spegne il sole in una giornata piovosa, e si iniettarono di sangue. Sembravano gli occhi di un demone appena uscito dalle prigioni di Lucifero. Wade si catapultò addosso a Rod e iniziò a prenderlo a calci in faccia. I calci sferrati erano forti e precisi; d’un tratto si udì un “crac”: il naso di Rod si era rotto. Si vedeva la cartilagine fuoriuscire dalla pelle, il ragazzo dal forte dolore non riusciva nemmeno ad urlare. Ordinò a Dave di rimetterlo in piedi, allora il fratello lo legò a delle assi. Un pensiero perverso balenò nella mente di Wade, aveva deciso che lo avrebbe fatto morire di una morte lenta e dolorosa e che, inoltre, l’avrebbe fatto assistere alla morte dell’amico. -Ora tocca a te- disse rivolgendosi a Brad. -Caro Rod, sì, è colpa tua se il tuo caro amico questa notte morirà! Sarai l’unico spettatore di questo magnifico spettacolo… anzi no!– disse mentre prendeva una sedia sulla quale si sedette e accese una sigaretta –anch’io sarò uno spettatore, ma non del tuo amico. Di te. Dave, fallo fuori!-. Ordinò. Per Dave fu un invito a nozze. Prima di iniziare si rivolse a Wade. -Dobbiamo creare delle statue con i loro corpi?-. 48 -No-. Dave diede a Brad un calcio allo stomaco, facendogli prendere la posizione supina. Prese la balestra che si trovava sul tavolo e, poi, la sua attenzione ritornò a Brad. Con un piede teneva la testa di Brad schiacciata al pavimento; prese la mira con la balestra e lo colpì alla coscia destra. Un rivolo di sangue iniziò a fuoriuscire dalla ferita. Brad non riusciva a gridare per la forte pressione che Dave faceva sulla sua faccia.Questi lo colpì all’altra gamba, ai piedi e alle spalle. Ridusse il corpo di Brad ad un colabrodo, ma non colpì le parti vitali del ragazzo. L’uomo tolse il suo piede dal viso di Brad e girò intorno al corpo, proprio come fa un lupo prima di finire la sua preda. Era divertito. Godeva nel vedere il corpo del ragazzo immerso nel proprio sangue. Voleva farlo morire lentamente. Il sangue continuava a fuoriuscire lento dalle ferite; i vestiti imbrattati erano divenuti un tutt’uno con la pozza che si era creata sul pavimento. Dave si fermò, lo osservò ancora, prese di nuovo la mira e scoccò la freccia. Essa colpì il giovane ai genitali. Brad emise un urlo straziante. Il ghigno di Dave divenne sempre più forte, tanto da mutarsi in una risata demoniaca e coprire le urla di Brad. Dopo qualche istante Dave tornò in un silenzio tombale. Brad, per quel poco che poteva, si dimenava per il forte dolore. A quel punto Dave riprese la mira, però, per l’ultima volta. Lo colpì alla gola. Non contento del suo lavoro Dave, s’inginocchiò accanto a Brad e con un colpo secco tirò via la freccia, creando uno squarcio nella gola. Il sangue cominciò a fuoriuscire a fiotti e a ingrandire la pozza sul pavimento, 49 come se fosse una cascata scarlatta che si riversa nel proprio lago. Brad emise un suono incomprensibile all’udito umano e, pochi istanti dopo, emise il suo ultimo respiro. Rod assistette alla scena inerme. Non poté fare nulla per salvare la vita al suo amico. casa. Intanto al piano di sopra Leah e Paris entrarono nella -Wade sei in casa?-. -C’è nessuno?-. Le ragazze giravano per la casa, ma senza trovare nessuno. Stavano per andare via quando udirono un rumore. Esso proveniva dalla cantina. La porta della cantina era aperta e c’era la luce accesa. Scesero le scale e lo spettacolo che si trovarono di fronte non fu dei migliori. -Bello spettacolo. Eccitante. Vero?-. -Mi… fai … s… sch… schifo- Rod faceva fatica a parlare. -Io? … ma se è stata tutta colpa tua! Tu li hai portati qui la prima volta! Se tu non li avessi condotti a Grayville i tuoi amici sarebbero ancore vivi e io non avrei dovuto affaticarmi nel progettare l’incidente di quei due ragazzi… però, e già, c’è un però in tutto questo. Se tu non li avessi portati io non avrei mai conosciuto Leah!- Wade si alzò e si diresse verso il tavolo degli attrezzi, dove prese un coltello. -Vuoi… u.. uccidere… a… an… anche… Le…Leah..?-. Wade si voltò di scatto, sul suo volto comparve un velo di ira demoniaca. -Non ti azzardare nemmeno a pensarlo! Non ho mai pensato di uccidere Leah! Lurido pezzo di carne lercia! Lei 50 ha qualcosa che tu e gli altri non possedete!-. Wade concluse lì il discorso, non voleva dilungarsi in chiacchiere. Immerse la lama del coltello nell’acido e iniziò a tagliuzzare le carni di Rod. -Non permetterti di nominare Leah!-. La lama squarciava la pelle fino a far intravedere i muscoli e l’acido di cui era cosparsa corrodeva i tessuti interni. Rod emetteva lamenti strazianti ma deboli. Nessuno si accorse che le due ragazze erano lì, nascoste dietro la porta, finché Paris non svenne e cadendo per terra provocò un forte rumore. I gemelli si voltarono. Wade vide Leah, la ragazza era inorridita. Corse via. -Leah, ferma!-. Urlò Wade con il coltello ancora conficcato nel petto di Rod. -Finiscilo!- ordinò al fratello e poi rincorse Leah. Leah fuggì nel bosco. Inciampò con una radice di una quercia, che emergeva dal terreno, e si rannicchiò lì. Calde lacrime le percorrevano il viso come cascate in piena. Il suo pianto era l’unico rumore che infrangeva il silenzio del bosco. Quella notte la luna era alta nel cielo, proprio coma la notte in cui lei e Wade si amarono. Non voleva credere che lui, come Ryder, alla fine l’avrebbe abbandonata. -Leah!- l’urlo di Wade la fece sussultare, ma non rispose, rimase lì, con il viso tra le mani a piangere. -Leah… ti ho trovata…- Wade si sedette accanto a lei, Da quanto tempo eravate lì?-. -"Bello spettacolo. Eccitante. Vero?”- Leah si asciugò inutilmente le lacrime e ripeté quella frase come un burattino privo d’espressione. -Mi dispiace… sono uno stupido…-. 51 -Grazie, mi consola. E mi conforta anche sapere che non mi ucciderai! Se è la verità… Quante verità mi hai nascosto?- i sentimenti di Leah iniziarono a tramutarsi in ira. -Ti capisco... ma non ho mai pensato di farti del male e non avrei mai permesso che nessuno te ne facesse. Sei entrata nella mia vita come un uragano. In poco tempo mi sono innamorato di te. Grazie a te ho provato emozioni che non ho mai e, dico mai, provato con nessun’altra. So che ti potrà sembrare una frase fatta ma… mi hai cambiato la vita, Leah. Non potrei vivere senza di te. Però, dopo quello che hai scoperto, se deciderai di andare via non ti biasimerò… ma sappi che non avrei mai voluto che tu assistessi a quella scena. Non avrei mai voluto che tu scoprissi questo mio lato oscuro, perché con te riesco a tenerlo sotto controllo. Grazie a te, io riesco a essere una persona nuova-. Anche gli occhi di Wade si riempirono di lacrime e il silenzio di Leah le uccideva l’animo. -Tu per questo mi hai regalato questo ciondolo? Certo, che stupida, la croce ansate è un simbolo di vita eterna… dimmi l’avresti messa accanto al mio cadavere?-. -Leah ti prego! Io ti amo. Tu riesci con un solo sguardo a calmare la bestia che è in me! Ti supplico! ... non ti ho mai regalato questo ciondolo per ucciderti! Anzi se potessi, morirei io per donarti la vita eterna!-. Leah si voltò a guardarlo. Gli occhi di Wade imploravano perdono. Anche se era un assassino crudele, lei lo amava. In fondo chi era lei per giudicare? Anche Ryder era stato un assassino, però non lo aveva abbandonato mai. Forse Wade aveva solo bisogno di qualcuno al suo fianco che lo proteggesse, proprio come lei aveva fatto con Ryder. Wade le ricordava molto il fratello. 52 Con il volto rigato dalle lacrime, si alzò, Wade la imitò. Leah lo guardò negli occhi, stava piangendo, in quel momento quell’uomo tanto forte e sicuro di sé somigliava tanto a un bambino indifeso. Aveva deciso. Lo abbracciò. Wade rimase spiazzato dalla reazione della ragazza, che si era già divincolata dall’abbraccio, mettendosi in cammino. Si voltò. -Vuoi stare qui tutta la notte?-. -No!Tornarono in cantina. Paris era rannicchiata in un angolo tramante che farfugliava parole incomprensibili, ogni tento gridava e si graffiava la faccia. I corpi di Brad e Rod erano spariti.Tentarono di calmare Paris e spiegarle tutto, ma era troppo tardi, allora decisero di portarla alla pensione. -Mia zia si prenderà cura di lei- Wade cercò di confortare Leah e convincerla che era la cosa migliore da fare, mentre attendevano che la vecchia signora Brow uscisse dalla camera di Paris. -Sì, noi non possiamo più rimanere qui. Tu non puoi! Se è vero quello che mi hai detto nel bosco… seguimi. Andiamo via, lasciamoci tutto alle spalle e iniziamo una nuova vita-. Wade annuì, ma anche se era davvero propenso ad accettare la proposta di Leah il suo sguardo era preoccupato. Dalla camera di Paris, uscì la signora Brow. -Sta riposando. Ho dovuto darle dei calmanti. Almeno, dormirà tranquilla tutta la notte e parte della giornata di domani-. Quella notte andarono a dormire a casa di Wade. Leah pensò che fosse tutto finito, ma aveva dimenticato la gelosia fraterna. 53 Mentre Wade era al piano di sopra a sistemare tutto per la loro partenza, Leah era seduta sul divano a rilassarsi e sorseggiare una cioccolata calda. -E così partite?- Dave era comparso dal nulla. -Sì. Vogliamo iniziare una nuova vita-. -Sì, come no. Portandoti via mio fratello! Dovevo ucciderti quando ne ho avuto l’occasione-. Dave con gesto veloce fece cadere la tazza della cioccolata, che si frantumò appena cadde per terra. -Cosa… cosa fai Dave?- la ragazza iniziò a spaventarsi. Le mani di Dave si strinsero attorno al collo della ragazza, che non riusciva a urlare, ma la presa d’un tratto si allentò. Una goccia di sangue cadde sul volto di Leah. Wade aveva ucciso suo fratello colpendolo nel bel mezzo della fronte con una freccia. Dave si accasciò al suolo privo di vita. -Te l’avevo detto che non avrei permesso a nessuno di farti del male. Neanche al mio gemello-. Wade scese le velocemente le scale e andò ad abbracciare Leah per tranquillizzarla. Il mattino seguente Leah era lì quando Paris svegliò. Era ancora sotto gli effetti dei tranquillanti. -Buongiorno, tesoro. Io ora devo andare via per un po’, la signora Brow si prenderà cura di te… io tornerò presto. Te lo prometto-. Paris annuiva, ma i suoi occhi erano assenti, forse non aveva nemmeno capito cosa le avesse detto l’amica. Leah le diede un bacio sulla fronte e uscì dalla camera. Wade era lì, nel corridoio che la aspettava con la zia, si avvicinò a loro e una piccola lacrima uscì involontariamente, senza riuscire a trattenerla. 54 -Tranquilla cara, sarà come una figlia per mel’anziana signora le sorrise. Wade e Leah salirono in auto, la ragazza si voltò per l’ultima volta a guardare l’amica che era uscita per salutarla, tenuta per mano dall’anziana proprietaria della pensione. “Non è poi così cattiva”, pensò. I due ragazzi partirono. -Ora è tutto finito sul serio!- disse Wade continuando a correre sull’autostrada. -Già…-. -Guarda laggiù, la vedi? La statua della libertà. Un giorno anch’io creerò un’opera così grande e importante-. Leah scoppiò a ridere. -Cosa c’è? Non mi credi capace forse?-. -No. Stavo immaginando te su di un elicottero che gettavi litri e litri di gesso su New York City per farla diventare la città eterna-. -E cosa ci trovi di buffo? È un’ottima idea! Sarà la nuova Pompei! Una vera e propria opera d’arte!-. I due ragazzi iniziarono a ridere come matti. La strada davanti a loro era ancora lunga e sconosciuta. Forse li avrebbe portati sulla via di una nuova vita, o forse li avrebbe riportati indietro. Ora, però, il loro destino era ancora sconosciuto. L’unica certezza che possedevano era il loro sentimento. E Leah sapeva che non avrebbe mai abbandonato Wade nonostante tutto e tutti. 55
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