N° 4 - Novembre 2014 IN QUESTO NUMERO Tesseramento 2015 Calendario eventi 2014 Riunione dei presidenti di club Viaggio in Armenia. Un racconto di contraddizioni I nostri eventi Il presepe a Napoli, tra fede e tradizioni locali Convenzioni Sito internet: www.challengerchaussonclubitalia.it E-mail: [email protected] Forum: forum.challengerchaussonclubitalia.it/ TESSERAMENTO 2015 E’ aperto il tesseramento per l’anno 2015. La quota di adesione è rimasta invariata rispetto allo scorso anno (e a quello precedente), e cioè pari a € 40,00. La quota è comprensiva dell’iscrizione a Federcampeggio e del rilascio della Camping Card International. Per coloro che rinnovano, entro il 30 novembre 2014 il costo della tessera è ridotto a € 33,00 Ai nuovi soci che si iscrivono per l’anno 2015 entro il 30 novembre 2014, ai costi sopra indicati, verrà rilasciata gratuitamente una tessera provvisoria di sola iscrizione al club per l’anno 2014. Il versamento della quota sociale può essere effettuato tramite bonifico bancario alle seguenti coordinate: IBAN = IT74I0503561540027570429454 Veneto Banca – Filiale di Casale sul Sile indicando nella causale - per i nuovi soci: Nickname + Iscrizione anno 2015 - per chi è già socio: Nickname + Rinnovo anno 2015 All'atto dell'iscrizione, è possibile richiedere, una tessera Federcampeggio nominativa per ogni figlio al costo di 1€ se minorenne e 3€ se maggiorenne. Chi desidera gli adesivi del club da applicare al Camper, potrà richiederli contestualmente a l’iscrizione (o al rinnovo) versando un contributo spese di € 5 cadauno. L’importo va aggiunto al totale e la richiesta indicata nella causale. I bollini per i rinnovi, o le tessere per i nuovi iscritti, verranno spediti successivamente al ricevimento del bonifico. Per ulteriori informazioni scrivere a: [email protected] Visita della città LODI 8 - 9 Marzo Napoli - Pompei - Vesuvio Capri - Costiera Amalfitana 17 - 27 Aprile Vittoriale degli Italiani GARDA 10 - 11 Maggio VADA (LI) 31 Maggio - 2 Giugno Assedio al castello GRADARA 18 - 20 Luglio Mortadella Please ZOLA PREDOSA 20 - 21 Settembre Grigliatona e Castagnata Festa degli Auguri FILECCHIO (LU) 18 - 19 Ottobre BOLOGNA e MODENA 6 - 8 Dicembre Questi incontri “ufficiali”, la cui organizzazione compete al Direttivo del Club, sono normalmente riservati ai soci. Agli incontri in elenco, se ne potranno aggiungere altri organizzati su iniziativa di singoli soci, senza intralciare il calendario degli eventi ufficiali e, ovviamente, nel rispetto delle regole dello Statuto. Per informazioni e-mail: [email protected] - Tel. 3313462877 RIUNIONE DEI PRESIDENTI DI CLUB di Pio Rotondo Il giorno 8 novembre 2014, a Gandino (BG), nella Sede del Camper Club Valseriana, si è tenuta la annuale riunione dei Presidenti di Club aderenti alla Federcampeggio Lombardia. Era presente il Presidente Federale Adriano Cremonte, mentre hanno fatto gli onori di casa Angelo Ruggeri e Roberto Savoldelli, rispettivamente Presidente e Vice Presidente del Camper Club Valseriana. Alla riunione erano presenti quasi tutti i Presidenti dei club aderenti alla Federazione, compreso il sottoscritto, Presidente del nostro Club, che, avendo sede legale a Lecco, fa parte di questa Federazione pur essendo un Club non specificatamente collegato al territorio lombardo, in quanto raccoglie aderenti da ogni parte d’Italia. Per precisa volontà degli organizzatori, la discussione si è svolta senza un ordine del giorno precostituito, nell’intento di focalizzare problematiche di vario tipo e di raccogliere suggerimenti e proposte utili per tutti. Buona parte della discussione è stata dedicata ai problemi organizzativi dei singoli club, le modalità di direzione, i rapporti con i soci, la preparazione e la partecipazione agli incontri. Apprezzata è stata la proposta di organizzare uscite o incontri in collaborazione tra più Club, e di tenere rapporti più stretti tra di essi. Ho fatto presente che il nostro Club ha già iniziato a muoversi in questa direzione, infatti nell’ultimo nostro incontro tenutosi a Filecchio (LU) abbiamo avuto la partecipazione di alcuni equipaggi del locale Garfagnana Camper Club. L’esperienza è risultata senz’altro positiva ed è intenzione del nostro Club continuare in questa direzione. L’ultima parte dell’incontro è stato dedicato all’Expo di Milano, visto che la Federcampeggio Lombardia sta organizzando, nella città di Milano, tre eventi, nei mesi di giugno, luglio e ottobre 2015, allo scopo di visitare l’Esposizione Universale. Entro novembre dovrebbe essere pubblicato il programma, mentre i singoli Club avranno il compito di raccogliere le eventuali prenotazioni dei propri associati. In chiusura, il presidente Cremonte ha invitato i club a far conoscere la loro attività inviando articoli da pubblicare sul blog della Federazione. Dalla riunione, è emersa una notevole varietà di situazioni e di problematiche che vivono i singoli Club. Ma, anche se la situazione economica generale non è certamente confortante, con il conseguente aumento delle difficoltà, è stata affermata, da parte di tutti, una decisa volontà ad andare avanti, ed è stato confermato un forte entusiasmo nei confronti di questa forma di turismo. La serata si è conclusa in modo allegro e conviviale, con una cena preparata dagli stessi componenti del Camper Club Valseriana, alla quale hanno partecipato tutti i presenti all’incontro, accompagnati dalle rispettive signore. ARMENIA: UN RACCONTO DI CONTRADDIZIONI di Giordano Nicoletti Quello che segue è un racconto di contraddizioni. La prima? Fatico ancora a capire perché mi sia stato chiesto di fare un diario del mio viaggio in Armenia, viaggio fatto in aereo, con alloggi in alberghi quattro stelle nella piazza centrale delle città visitate e spostamenti in pulmino Mercedes da pubblicare su una rivista di camperisti, gente dura abituata ad alloggi spartani, che sosta in aree lontane dal centro città. Cosa posso dire che li interessi? Ci ho pensato a lungo, poi contravvenendo a quanto sempre da me sostenuto (importante non è la meta, ma il viaggio per raggiungerla), ho iniziato a scrivere e scrivendo mi veniva sempre più voglia di raccontare l’Armenia, questa meta di viaggio non frequente, e il perché ci son o an dat o e soprattutto cosa vi ho trovato. Dunque, perché ci sono stato. Potrei dire quello che disse Sir Hillary quando gli chiesero perché fosse andato a scalare l’Everest “passavo di lì”, ma non direi la verità. Io non passavo per l’Armenia, anzi per arrivarci partendo da Bologna ho preso prima un aereo per Vienna (1,30 hr. di volo), poi da qui un altro per Yerevan, la capitale (3,50 hr. di volo con in più i ritardi portuali e aggiungendo due ore di fuso) per un totale di ore otto di viaggio. A dire il vero è possibile arrivarci anche in camper attraverso la Georgia; un po’ lungo ma fattibile visto che abbiamo incontrato nel viaggio due coppie di Torino che appunto avevano fatto questa strada. Ma torniamo al perché del viaggio. Io e Brunella (mia moglie) assieme ad una coppia di amici dal 1999 facciamo viaggi “strani” in cui cerchiamo di non seguire rotte turistiche tradizionali. Ad esempio siamo stati sul Cammino di Santiago (nel 1999 quando ancora non era una meta così conosciuta) o abbiamo fatto il giro dei castelli Catari, tra Francia e Spagna, dove gli Italiani erano merce sconosciuta e noi quattro venivamo scambiati per Catalani; o ancora siamo andati in giro per Marsiglia nei luoghi dei romanzi di Jean-Claude Izzo (consigliatissima la sua trilogia). Insomma probabilmente il motivo dei nostri viaggi è la voglia di stupire al ritorno gli amici e di sentirci chiedere: “Dove siete andati?”, ma anche la voglia di fare viaggi esperenziali. Dopo Santiago, Gerusalemme, Monte S.Angelo (tutte mete di pellegrinaggio medioevali) ecco l’Armenia, prima Nazione ad abbracciare il Cristianesimo come religione di stato (nel 303 a.c. ancora prima di Roma e dell’imperatore Costantino). Il Cristianesimo lì si diffuse per l’opera evangelizzatrice di S. Gregorio l’Illuminatore (sì proprio quel S.Gregorio Armeno a cui a Napoli è intitolata la strada dei presepi). Quindi anche ricerca delle origini; le origini etico -culturali di noi europei che sono le stesse per tutti, credenti e non. Segue Poi come turismo letterario. Avete mai letto i due libri scritti dalla Antonia Arslan sull’eccidio degli Armeni nel 1915? Un milione e mezzo di Armeni sono stati sterminati dai turchi nella più totale indifferenza delle grandi potenze impegnate a massacrarsi reciprocamente negli anni della prima guerra mondiale. Ultimo motivo, per turismo geografico (e qui forse ci veniamo a trovare in un campo di reciproco interesse). Quindi adesso vi parlerò dell’Armenia e di cosa ci abbiamo trovato. L’Armenia oggi è solo 1/10 di quella storica che era compresa in parte nell’Impero Ottomano (tutta l’Anatolia era abitata da Armeni) ed in parte nell’Impero Russo. La Repubblica d’Armenia oggi deriva dalla Parte russa. Per 70 anni è stata una delle Repubbliche Socialiste Sovietiche; è divenuta stato indipendente nel 1991. Ancora prima di divenire autonoma (1988) si è scontrata con un terremoto che ha devastato quasi metà del territorio; subito dopo l’indipendenza ha affrontato una guerra quinquennale con L’Azerbaijan per il controllo di una minuscola striscia di terra abitata Antica chiesa completamente da Armeni (il Nagorno Karabakh), ma facente parte del territorio Azero. Questi eventi hanno fatto sì che oggi l’Armenia sia una nazione povera, ricca però di contraddizioni; una terra in cui trovi tutto ed il suo contrario. Tre milioni di abitanti di cui la metà vivono a Yerevan (la capitale) perciò è completamente differente dal resto del paese: più ricca e più europea. Ma, e qui ecco altre contraddizioni, la ricchezza non è egualmente diffusa e per le strade girano o splendidi SUV o vecchie Zigulit (le Fiat 124 costruite in Russia trent’anni fa); e sono molto più europee, eleganti ed alla moda, le ragazze e le donne in generale, rispetto agli uomini che sembrano molto più “asiatici” nei lineamenti e negli abiti. Tutti comunque sono molto gentili e disponibili, certamente un popolo cortese, orgoglioso che vive nel rimpianto della passata grandezza della Nazione Armena. Allevamento ed agricoltura, oltre al turismo, sono le attività economiche su cui il paese punta, ma viaggiando si incontrano chilometri di fabbriche abbandonate, ruderi postmoderni, fantasmi lasciati in eredità dalla economia sovietica. Praticamente impossibili da eliminare o bonificare perché richiederebbero cifre enormi, testimoni muti di un’epoca da molti rimpianta, dove tutti si era poveri uguali, ma con la sanità e la casa ed il lavoro garantiti, mentre adesso la differenza tra ricchi e poveri c’è e si Croce armena vede e i primi possono pagarsi l’assistenza medica, mentre gli altri no. Segue E adesso essere ricchi o poveri in Armenia è spesso dovuto solo a fortuna o ad un diverso livello etico con cui si affronta la vita di tutti i giorni. Più che spirito imprenditoriale, spirito filibustiere (frammenti di una Antico monastero conversazione avuta con la ragazza che ci faceva da guida). Tanto per capirci gli stipendi medi in Armenia sono 200 € mensili e l’affitto di una casa è sui 100 € al mese. Perciò gli anziani sono proprietari delle case che il regime dava a tutti ed i giovani vivono in famiglia perché col lavoro non possono permettersi i costi degli affitti. E il costo della vita non è molto diverso dal nostro, almeno nella capitale e per noi turisti. Altre contraddizioni? Il monte Ararat. È il monte sacro per gli Armeni. La leggenda dice che sia il monte su cui si è fermata l’Arca di Noè. Gli Monte Ararat Armeni lo possono vedere, ma non toccare. E’ a pochi chilometri dal confine, ma è in Turchia. E i due stati non hanno rapporti. Vi dico solo alcune altre cose ancora. Il cibo è buono, molto “italiano”: molta carne, dolci a base di miele, noci e ciambelle; ottimi formaggi, in genere mooolto saporiti; tante verdure e legumi cotti e crudi che costituiscono “il primo” di pranzo e cena. Ottimi vini e cognac e vodka. La lingua invece è impossibile con un alfabeto di 39 caratteri e parole incomprensibili (GRAZIE si dice SNORAGALUZIUN; vi risparmio come si scrive). Le indicazioni stradali sono in Armeno e Russo, ma adesso si incomincia a vedere anche qualcosa in caratteri europei. Basta, adesso vi lascio sperando di avervi incuriosito abbastanza perché l’Armenia fra le vostre mete future. mettiate I nostri eventi a cura di Leo Tagliabracci e Paolo Vergamini Assedio al castello Gradara 18, 19 e 20 luglio 2014 L'evento centrale della scorsa estate nostro club si è svolto a Gradara per assistere alla rievocazione storica dell'assedio al castello avvenuto nel 1446, che si svolge ogni due anni. Nella serata di Venerdì una buona parte dei partecipanti si è recata nella zona sotto le mura del castello approntata per la rievocazione dell'assedio, dove figuranti con costumi, armi ed attrezzature di quel tempo, accompagnati dalla musica di una orchestra e i canti di un nutrito coro, hanno emozionato i presenti coinvolgendoli in un susseguirsi di racconti, di scene animate sullo sfondo le mura del castello, che altero dominava lo spettacolo. È stato un pregnante happening di luci, suoni e musica, culminato con un grandioso spettacolo di fuochi accompagnato da musiche sincronizzate. Il Sabato pomeriggio-sera, la compagnia è andata a Gradara, dove ha assistito allo spettacolo della falconeria e, all'interno delle mura, ha visitato il museo storico e le grotte medievali, ha percorso i camminamenti di ronda, ha seguito la sfilata della Corte in costume tra mangiafuoco, menestrelli, giullari e giocolieri. Nelle vie del borgo musicisti e cantanti, artistivari e mestieranti, bottegai di antichi mestieri e giullari, sbandieratori e cavalieri hanno contribuito a calare il visitatore nell'atmosfera medievale facendogli respirare atmosfere di altri tempi: un fantastico magico salto nel passato, vissuto con appassionato coinvolgimento. La fotogallery visitabile sul sito web è una testimonianza documentata di quanto abbiamo vissuto e che invitiamo tutti a visionare. Un sentito ringraziamento a Leo e Lori che hanno accolto nel giardino e nel cortile della loro casa i camper, i bambini, tutti noi, e che hanno impegnato la terrazza di casa con sguardo su Gradara per colazioni, cene e pranzi di tutta la compagnia, offrendoci soprattutto compagnia, cordialità e amicizia e la loro casa. Mortadella, please - il Festival Internazionale della Mortadella di Zola Predosa. 20 e 21 settembre 2014 Dal 2012, Zola Predosa (BO) è stato riconosciuto, con delibera della Giunta Regionale Comune ad economia prevalentemente turistica e Città d'Arte per i tanti palazzi nobiliari d’epoca, per le chiese e per i numerosi esempi di architettura rurale e industriale, per la valorizzazione di percorsi ambientali ed enogastronomici e per il Museo d'arte Moderna e Contemporanea di Cà la Ghironda. Da ammirare è la nuova sede municipale, inaugurata nel 1991, progettata da Ivo Tagliaventi nell’ambito di un più ampio disegno urbanistico ed architettonico del Comune. Molto interessante anche il Palazzo Albergati del XVIII secolo. E’ considerato tra le più importanti ed originali opere architettoniche di tutto il Barocco Europeo. Il Palazzo fu centro vivissimo di vita mondana e culturale con ospiti e visitatori illustri: re, regine, principi, avventurieri. musicisti, letterati, scienziati ed Il 20 e 21 settembre scorsi, abbiamo passato un gustoso week-end a Zola Predosa, assaggiando diverse specialità a base di mortadella, la cosiddetta regina rosa della gastronomia bolognese, innaffiate con vini locali. Il paese era affollato di stand con varie merci e si respirava l’aria di festa: le degustazioni erano tante e tutte accattivanti, i bambini potevano impegnarsi in un laboratorio ludicodidattico, i giovani si intrattenevano tra danze e musiche. Una serata “gustosa” e molto gratificante sia per gli occhi per le tante prelibatezze in esposizione, sia per la serena atmosfera di sagra in un comune nella tranquilla provincia bolognese. La visita al Salumificio Alcisa, prevista la domenica mattina, ha chiuso l'incontro, ben organizzato da Cinzia e Claudio che ci hanno accolti con grande cordialità e con la solita simpatia. Grigliatona e castagnata a Filecchio (LU) 18-19 ottobre 2014 Il 18 e 19 ottobre 2014 siamo stati a Filecchio (LU) accolti da Paolo e Rosa, da Lorena e Dario, da un ambiente agreste sereno, dalle linee morbide delle colline circostanti, da un clima fortunatamente caldo. Alcuni hanno visitato Barga e dintorni, terra di adozione di Giovanni Pascoli, nostro poeta dell’Ottocento, borgo medievale di elegante bellezza, nel cuore della Garfagnana a due passi da Lucca; altri hanno accolto i camperisti del Garfagnana Camper Club, invitati all’incontro, altri si sono occupati della cucina. In allegria, abbiamo gustato un’ottima grigliata con abbondante polenta, e la sera abbiamo giocato a tombola sgranocchiando le castagne rigorosamente cotte a legna, col sapore di altri tempi e con immagini di antiche atmosfere. Grazie a Paolo, a Rosa, a Luca, a Dario e a Lorena per la loro affettuosa e instancabile ospitalità. Il presepe a Napoli, tra fede e tradizioni locali di Elia Patalano Per capire le origini del presepe napoletano, bisogna partire da molto lontano, quando diverse religioni antecedenti l'era cristiana celebravano la nascita del proprio messia nella notte del 25 dicembre, data legata al solstizio d'inverno, quando si ha il giorno più corto e la notte più lunga dell'anno: l'impressione è che il sole sembra fermo nel cielo. Nel medioevo, il fenomeno fu detto solstizio, parola derivata dal latino sol (sole) stitium (dal verbo sistere fermare ad identificare quel giorno come quello del "sole fermo"). Chiariamo che il solstizio d'inverno cade il 21 o il 22 dicembre e, da questo giorno, il movimento del sole visto dalla Terra sembra quasi cambiare verso, ma è solo una sensazione poiché, come successivamente è stato scoperto, è la Terra a girare intorno al Sole e non viceversa, come pensavano gli antichi. Tutto questo, nell'emisfero settentrionale, comporta maggior oscurità per tre o quattro giorni dopo, appunto fino al 25 dicembre, quando il sole "rinasce", ritorna vitale e "invincibile" e la luce del giorno annuncia il lento ritorno alla stagione luminosa: è il trionfo della luce sulle tenebre, il nuovo "Natale" del sole. Tutto partì, quindi, nell'antichità, da una attenta osservazione dei pianeti e del comportamento del sole e molte popolazioni, in questo periodo dell'anno, dedicavano riti al sole, affinché con la sua potenza riprendesse il cammino e portasse la bella stagione, facendo coincidere questa data con la nascita delle divinità da loro venerate e identificante con l'astro splendente. Il culto del Sol Invictus, sole invitto o invincibile, ebbe origine in oriente, come attestano le solenni celebrazioni del rito della nascita del Sole, ad esempio, in Siria e in Egitto, dove i celebranti si ritiravano in appositi santuari fino alla mezzanotte del 25 della notte di solstizio, da dove uscivano annunciando al popolo che la Vergine aveva partorito il Sole, raffigurato come un bimbo. Moltissime mitologie eroiche hanno una struttura solare, secondo la quale l’eroe è paragonato al sole, lotta contro le tenebre e discende nel regno dei morti, uscendone vittorioso: in Egitto questo dio è Osiride, in Persia è Mitra, in Asia Minore è Attis, in Grecia è Dioniso. Nel calendario Giuliano, il 25 dicembre, riconosciuto come il solstizio d'inverno, era considerato come la nascita del sole, perché, a partire da quella data, i giorni cominciano ad allungarsi e la potenza del sole ad aumentare. Anche il dio Mitra, identificato col Sole Invincibile, si incarnò nascendo da una donna vergine, fu adorato dai pastori, ebbe dodici discepoli, fu ucciso da una lancia che trapassò il suo costato. La sua data di nascita coincideva col solstizio d’inverno. La festa del Sole Invitto diventò il culto più importante in Roma verso la fine del III secolo, per l’influenza delle tradizioni orientali con le quali i soldati vennero in contatto durante le conquiste imperiali. La data della nascita di Cristo non ha alcun fondamento documentato, neanche nei Vangeli, solo Matteo, nel passo di 2,1, scrive che Gesù nacque a Betlemme di Giudea al tempo di re Erode. Quando, poi, a partire dal IV secolo, il cristianesimo viene riconosciuto come religione dell'impero, per l'evento del Natale cristiano vengono "assunte" le date delle feste pagane: la data della natività fu fatta coincidere con le celebrazioni romane per il solstizio d'inverno dedicate alle feste dei saturnali e al culto mitraico. I saturnali si celebravano dal 17 al 24 dicembre di ogni anno, con riti in onore del dio Saturno, protettore dell'agricoltura, con feste che duravano una settimana, e nel suo ultimo giorno, il 24 di dicembre, la festa si concludeva con un grande banchetto illuminato da luci e candele, e con scambi di auguri e di doni. Il 25 dicembre, festa della nascita del Dio sole, diventa allora, ufficialmente, il giorno per festeggiare la nascita di Cristo, sole di giustizia e salvatore del mondo, e il 6 gennaio è fissato per la festa dell'Epifania la festa della rivelazione. Segue Sant'Agostino fa un'allusione all'origine pagana del Natale, allorché esorta i fratelli cristiani a non celebrare, in quel solenne giorno, il sole, come facevano i pagani, ma a celebrare Colui che creò il sole. Le prime fonti del presepe sono nei Vangeli di Matteo e Luca, cosiddetti dell'infanzia, che riportano la nascita di Gesù avvenuta al tempo di re Erode, a Betlemme di Giudea, dov'era nato Re Davide. La parola presepe, dal latino, indica un recinto o una mangiatoia, proprio secondo il Vangelo di Luca che parla della mangiatoia mentre nei vangeli apocrifi appaiono la grotta, il bue e l'asino, i pastori adoranti, la cometa. La notte di Natale del 1223, secondo la tradizione, San Francesco volle rappresentare dal vivo la nascita povera ed umile del Salvatore del mondo e, nella rievocazione che ebbe luogo a Greccio, coinvolse il popolo per far rivivere loro il profondo senso della natività. La scena è ricordata in un affresco di Giotto, nella cappella superiore di S. Francesco ad Assisi. Quella rappresentazione, molto coinvolgente e suggestiva per tutti i partecipanti, viene comunemente ricordata come il primo presepe. Invece, secondo alcuni studiosi, il primo presepe fu fatto a Roma, nell’827 da papa Gregorio IV e consisteva in una semplice rappresentazione della natività. Questo tipo di rappresentazione sacra, detta “mistero”, già nell’alto medio Evo, era diffusamente adottata dalla chiesa. Fu Arnolfo di Carnobio nel 1280 che preparò un presepe inanimato allestito con statue scolpite in legno, delle quali alcune statue sono conservate nella Cappella Sistina a Roma. Da allora e fino alla metà del 1400 gli artisti producono statue di legno o terracotta sistemate nelle chiese davanti ad un paesaggio che faceva da sfondo alla scena della Natività. A Napoli, il primo presepe, nel 1025, fu allestito presso la Chiesa di S. Maria, costituito da una semplice tettoia sorretta da due antiche colonne romane e il gruppo della natività, come attestato da alcuni documenti. Nel tempo, diversi presepi famosi furono esposti nelle tante chiese cittadine accrescendo la popolarità del presepio e affinando l'arte presepiale, anche per la presenza di abili artisti. Il presepio più famoso fu realizzato nel 1627 dagli scolopi alla Duchesca a Forcella dove era smontato ogni anno per rimontarlo il Natale successivo: anche questa fu un'innovazione perché fino ad allora i presepi erano fissi. Verso la fine del Seicento la teatralità del presepio napoletano andò arricchendosi di atmosfere, la scena si ampliò fuori dalla grotta, mescolando il sacro con il profano, esaltando la quotidianità che animava vie e vicoli con osti, venditori, lavandaie, contadini, pescatori, cacciatori e animali: la rappresentazione di umili e di derelitti in contrapposizione all'evento eccezionale che si stava vivendo nella notte punteggiata di stelle. Particolarmente significativa fu l'aggiunta dei resti di templi greci e romani a sottolineare il trionfo del cristianesimo sorto sulle rovine delle colonne pagane. Nel Settecento il presepio napoletano visse la sua stagione d'oro, uscì dalle chiese dove era oggetto di devozione religiosa per entrare nelle dimore dell'aristocrazia. Nobili e ricchi borghesi gareggiarono per allestire impianti scenografici sempre più ricercati. Giuseppe Sammartino, (Napoli, 1720 - Napoli, 1793), forse il più grande scultore napoletano del Settecento, autore del suggestivo Cristo velato, abilissimo anche a plasmare figure in terracotta, diede inizio ad una vera scuola di artisti del presepio. Segue Il Museo della Certosa di San Martino a Napoli è certamente il punto di riferimento per gli studi sul presepe napoletano dove è esposto forse il più celebre e acclamato esempio di presepe napoletano, il presepe Cuciniello, realizzato tra il 1887 e il 1889, di cui, qui, un particolare dell'osteria. L’allestimento del presepe a livello popolare si diffonde pienamente nel secolo scorso quando ogni famiglia in occasione del Natale costruisce un presepe riproducendo la Natività con statuine in gesso, terracotta o carta pesta, con tutti i personaggi e i luoghi della tradizione, dalla grotta alle stelle, dai Re Magi ai pastori, dal bue all'asinello. Nella mia famiglia, per il Natale, si allestiva il presepe, ma anche l'abete ebbe un posto in casa. I ricordi più remoti risalgono alla mia prima infanzia, sono ricordi che coinvolgono tradizioni e ritualità, racconti e storie, odori e profumi, giochi e incanti: un miscuglio di immagini emozioni e sentimenti, oggi soffusi di nostalgia. Solitamente, in coincidenza con la festa dell'Immacolata, i miei genitori acquistavano l'abete e, in giornata, allestivamo l'albero con palline di vetro colorate decisamente fragili, fili argentati, pezzi di cioccolata, piccoli dolciumi, e, all'epoca, lo illuminavamo con candeline fissate su pinzette che si accendevano solo nella notte della vigilia, all'approssimarsi della mezzanotte. Poi, col tempo gli addobbi cambiarono notevolmente, ma i miei ricordi sono fermi, lì, nell'angolo di quella sala, quando avevo quattro/cinque anni, incantata dai colori e in attesa del sorteggio dei dolcetti. L'impegno maggiore era l'allestimento del presepe, un vero piccolo rito familiare vissuto particolarmente con mia madre, che coglieva l'occasione per "raccontarci" il presepe che è la rappresentazione della Natività. Innanzitutto, sistemavamo lo "scoglio", cioè la scena del presepe. Anche il nostro, come nella più pura tradizione presepiale di Napoli, aveva una struttura in sughero, che rappresentava uno scorcio di paese arroccato che scendeva, tra stradine e scalinate, verso un primo piano pianeggiante, dove, al centro, si trovava la grotta con altre grotte laterali dì proporzioni ridotte, in cui vi erano rappresentate altre scene di quella notte magica. La grotta, simbolo materno per eccellenza, è il luogo dove avviene il prodigio della nascita del Bambinello, e per raggiungerla, i pastori, vincendo le angosce del buio, affrontano un viaggio in "discesa", dall'alto verso il basso, per partecipare all'evento miracoloso che testimonia il trionfo della luce sulle tenebre, della cristianità sull'oscurantismo del paganesimo. Collocato all'ingresso o sospeso in alto, c'è l'Arcangelo Gabriele, l'angelo dell'Annunciazione a Maria, che ha il compito di dare l'annuncio della nascita avvenuta e di indicare l’inizio di una nuova era. A casa, tiravamo giù dagli scaffali dello sgabuzzino le scatole che custodivano i vari pastori, rigorosamente di terracotta, innanzitutto per verificarne l'integrità, riscoprivamo i personaggi, raccoglievamo gambe e braccia e iniziavamo il laboratorio di ricostruzione di quelli “acciaccati”. A tal fine, si scioglieva la colla di pesce, un odore acre che mi ritorna nei ricordi, o si preparava la colla di farina per fondali e casette in cartapesta. Alcuni pastori restavano irrimediabilmente acciaccati e allora venivano strategicamente sistemati, seminascosti dietro una roccia oppure affacciati ad una finestra. A volte, era necessario fare un giro per i negozi di S. Gregorio Armeno, la cosiddetta strada dei presepi, al centro di Napoli, per acquistare nuovi pastori, ma, in effetti, era una passeggiata da fare nel rispetto delle tradizioni. Segue Intanto che allestivamo il presepe, mia madre ci presentava i vari personaggi e ci parlava di storie antiche che trovano risonanza nel Natale del Bambino Gesù, visto che i personaggi del presepe e i tanti elementi che compongono l'intero quadro, hanno significati particolari e, in alcuni casi, rappresentano simboli della tradizione liturgica cristiana. Da piccola, ero convinta che fossero storie inventate da mia madre, come spesso faceva, quando, la sera, per accompagnare la cena di noi bambini, inventava racconti oppure ci narrava di Orlando furioso, dei paladini di Re Artù, di pirati, di mitologia, di leggende varie. Innanzitutto, cominciavamo a sistemare il paesaggio, gli elementi dell’ambiente fissati opportunamente, rappezzavamo parti di sughero traballanti, il muschio veniva rinnovato, le lucine disposte strategicamente su luoghi o elementi particolarmente significativi. Nelle vicinanze della grotta, che, nel presepe napoletano, accoglie il gruppo classico della natività, c'è l'osteria luogo di perdizione, dove si banchetta allegramente, si gioca a carte, si tramano inganni e delitti: è il luogo dove non c'è posto per ospitare Maria e Giuseppe: è il simbolo delle cattiverie del mondo che la nascita di Gesù viene ad illuminare. Fuori dall’osteria, c'è Cicci Bacco che si presenta con un fiasco in mano oppure su un carretto pieno di botti di vino. Grande bevitore, continuamente ubriaco, richiama l'ebbrezza delle feste pagane dedicate a Bacco. Nei pressi, ci sono anche il forno e il mulino, con le ruote e le pale in movimento, emblematico del tempo che passa e del nuovo anno in arrivo. Al mulino va anche il fornaio a prendere la farina per fare il pane, nutrimento indispensabile se si ricorda che Cristo è detto “Pane della vita”. Il pane e il vino sono un chiaro richiamo alla nuova dottrina cristiana annunziata con la nascita del Salvatore perché saranno i doni con i quali Gesù, nell'ultima cena, istituirà l'Eucaristia, diffondendo il messaggio di morte e resurrezione al Regno dei Cieli. In tutti i presepi, c'è un fiume: nel presepe di casa mia, era segnato con una striscia argentata, carte recuperate per lo più da cioccolatini. Nei presepi più importanti, si vede scorrere proprio l'acqua. L'acqua che scorre è un simbolo presente in tutte le mitologie legate alla nascita e alla morte. Nel caso della religione cristiana, essa richiama il Battesimo, il sacramento della nascita cristiana. E c'è anche il pescatore con le sue reti: è il pescatore di uomini a ricordo del brano del Vangelo dove si narra che, passando lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone e Andrea che gettavano le reti in mare e disse loro di seguirlo “Vi farò diventare pescatori di uomini". Ricordiamo che, al tempo delle persecuzioni, uno dei simboli usato dai cristiani per descrivere Gesù fu il pesce, il cui nome greco "ikthys" era l'acronimo di "lesùs Kristhòs Theoù Yiòs Sotèr" cioè "Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore". La grotta, quindi, è il centro di ogni presepe, il luogo dove arrivano i pastori in adorazione del Bambino seguendo il bagliore della luce delle stelle in quel cielo che sul presepe è di carta blu notte. Attorno alla grotta sono sistemati i pastori con il gregge, i venditori con la loro merce, uno per ogni mese dell'anno a significare il tempo che passa, la vecchia che dà il becchime alla gallina, le vecchie che filano, i giocatori di carte soprannominati "i san Giovanni" in riferimento dei due solstizi, l'invernale e l'estivo, una giovane zingara, che predice il futuro di dolore del Cristo e la sua morte sulla croce e che ha con sé un cesto di arnesi di ferro, che saranno usati per forgiare i chiodi della crocifissione; c'è una meretrice nelle vicinanze della grotta, in contrapposizione con la purezza di Maria; c'è la lavandaia che ha assistito la Vergine e che, dopo aver lavato il Bambino, lava i lini usati per il parto rendendoli di nuovo candidi come la purezza divina. E poi mia madre ci raccontò di Stefania, una storia che mi colpì particolarmente per il prodigio che avviene e per la tenerezza che mi suscitava. Stefania è una giovane vergine che vuole adorare il Bambinello, ma è fermata dagli angeli perché le donne non sposate non possono visitare la Madonna. Segue Stefania, pur di adorare da vicino il Bambinello, avvolge in fasce un grande sasso, come fosse un neonato, e, ingannando gli angeli, riesce ad arrivare al cospetto di Gesù il giorno successivo, il 26 dicembre. La leggenda narra che, al cospetto della Madonna, il sasso improvvisamente si anima e starnutisce diventando un bel bambino, chiamato Stefano: la meraviglia della nascita in un racconto popolare. Un altro personaggio del presepe che mi affascinava era Benino, il pastore che dorme profondamente, di solito in una capanna sistemata in alto, circondato da dodici pecore. È un riferimento a quanto scritto nelle Sacre Scritture: "E gli angeli diedero l'annunzio ai pastori dormienti" All'annuncio, Benino si risveglia e il risveglio segna la rinascita ad una vita nuova. Il suo cammino verso la grotta è un lungo percorso in discesa verso Gesù, tra sogno e realtà. Alla fine del viaggio, superate le paure, dopo varie soste, Benino diventa il Pastore della Meraviglia, che, di fronte al miracolo della Nascita, stupefatto per la rivelazione, abbagliato dalla luce divina, spalanca la bocca ma non trova parole per esprimere la sua intima commozione. Il miracolo della Natività lo lascia muto, con le braccia spalancate, sospeso nel tempo, immerso nel silenzio che avvolge il mondo immobile per un attimo: il creato si fermò per accogliere il Redentore. Un’accentuazione sul sogno è data dalla tradizione napoletana, secondo la quale Benino sogna il presepe e - sempre nei racconti popolari - non deve essere svegliato, perché di colpo il presepe sparirebbe. I re magi giungono alla grotta la notte tra il 5 e il 6 gennaio, il giorno dell'Epifania, il giorno della manifestazione della divinità. Sono sapienti nobili con poteri sacerdotali e simboleggiano il viaggio notturno della stella cometa che si congiunge con la nascita del nuovo "sole-bambino". In questo senso va interpretata la tradizione cristiana secondo la quale essi si mossero da oriente, punto di partenza del sole. Nel Vangelo di San Matteo, c'è un rapido accenno a questi signori venuti dal lontano Oriente, ad adorare il Bambino, in origine in groppa a tre diversi animali, il cavallo, il dromedario e l'elefante che rappresentano rispettivamente l'Europa, l'Africa e l'Asia, i tre continenti allora conosciuti. Gaspare ha l'aspetto dell'orientale proveniente dall'Asia e porta in dono l'oro al Bambino Gesù, Re dei Cieli; Baldassarre è moro, proveniente, quindi, dall'Africa e offre l'incenso, un profumo usato dai sacerdoti, omaggio alla divinità di Cristo; Melchiorre, ha la pelle e la barba bianca, giunge dall'Europa e porta in regalo la mirra, un unguento aromatizzato utilizzato per imbalsamare i morti, a simboleggiare la futura vittoria di Gesù sulla morte. Secondo le leggende campane, i re magi arrivano su tre cavalli di colori diversi ad indicare la posizione del sole durante la giornata: rispettivamente bianco per l'aurora, rossiccio per il mezzogiorno e nero per la notte. A tal proposito, la simbologia solare dei Re Magi era chiaramente espressa in passato, quando al loro corteo si aggiungeva una figura femminile detta "la re magia", quale riferimento alla luna che segue il viaggio notturno dei tre sovrani. A casa nostra - ma ho poi scoperto che era una usanza osservata nelle famiglie della Napoli presepiale - si aspettava la vigilia perché, al suono delle campane di mezzanotte, dopo aver acceso le candeline sull'albero posto vicino al presepe, ci mettevamo tutti in processione, i nonni, i genitori, noi cinque figli, e con le candele accese tra le mani, giravamo per tutta la casa cantando Tu scendi dalle stelle. Il più piccolo di casa, sulle spalle un bianco asciugamano di lino, possibilmente con frange, apriva il corteo e aveva tra le braccia il Bambino Gesù che veniva depositato nella mangiatoia tra Maria e Giuseppe in adorazione. Gesti semplici e momenti indimenticabili per me. 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Lo scopo, oltre che ampliare la base di partecipazione, è quello soprattutto di fornire un valido e importantissimo contributo di informazioni e suggerimenti. Il materiale dovrà essere inviato all’indirizzo e-mail: “[email protected]”. I testi devono essere inviati come file di testo senza foto (.doc, .txt). Le foto in formato .jpg, con didascalia, o separata descrizione, vanno inviate distintamente anche in una cartellina compressa. La pubblicazione del materiale è soggetta ad insindacabile giudizio della redazione. La foto di copertina è di Giordano Nicoletti Il presente Notiziario è prodotto in proprio e inviato online gratuitamente ai soci e Club affini. E’ pubblicato senza una regolare periodicità e, pertanto, non rappresenta una testata giornalistica. La foto
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