Annuario Interateneo 2013-14 - Università degli Studi di Ferrara

Laurea Magistrale Interateneo di Filosofia
Università di
Parma • Modena e Reggio Emilia • Ferrara
ANNUARIO
2013-2014
«… la nottola di Minerva inizia il suo volo…»
Sommario
La giornata filosofica interateneo
Programma
Indirizzo di saluto
Lectiones magistrales
Workshop
Le attività interateneo
Eventi Unipr
Eventi Unimore
Eventi Unife
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La ricerca interateneo
Laureandi, dottorati, dottorandi Unipr
Laureandi, dottorati, dottorandi Unimore
Laureandi, dottorati, dottorandi Unife
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La giornata filosofica interateneo
Programma
Laurea Magistrale Interateneo di Filosofia
Università di Parma – Modena e Reggio ‒ Ferrara
Giornata Filosofica Interateneo
Le avventure della forma
12 giugno 2014, h. 10.00-18.00
Aula C, via Massimo D’Azeglio 85
Parma
PROGRAMMA
h. 10.00 Saluto di Maria Cristina Ossiprandi (Università di Parma)
Prorettrice alla Didattica e ai Servizi agli Studenti
h 10.15 Maddalena Mazzocut-Mis (Università di Milano)
Dalla «scala» al «piano»: appunti per un’indagine interpretativa
Chair: Annamaria Contini
h 10.45 Salvatore Tedesco (Università di Palermo)
Forma, materia, vincolo
Chair: Andrea Gatti
h. 11.15-11.30 Pausa
h 11.30-12.30 Dibattito
h 12.30- 13.30 Poster laureandi e dottorandi
h. 13.00 Pranzo
h. 14.00-18.00 Workshop: Forme estetiche, forme viventi.
Riflessioni su testi di Diderot, Shaftesbury e Weizsäcker.
A cura di Annamaria Contini, Andrea Gatti, Vallori Rasini
h. 18.00 Conclusione dei lavori
Comitato organizzatore: Annamaria Contini, Andrea Gatti,
Rita Messori, Vallori Rasini
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La giornata filosofica interateneo
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La giornata filosofica interateneo
Indirizzo di saluto • Prof. Mara Meletti
Sta volgendo al termine il primo biennio dell’interateneo in Filosofia: nel
prossimo mese di luglio avremo la prima sessione di tesi di laurea. Si
conclude dunque la prima tappa del percorso e si può provare a redigere
un pur provvisorio bilancio. Il progetto di costituire un Interateneo tra le
tre Università di Parma, Modena-Reggio e Ferrara ha comportato un
complesso lavoro organizzativo a diversi livelli che ha coinvolto ‒ e
continua a coinvolgere – rettori, docenti e personale amministrativo delle
tre sedi. Questo lavoro che si svolge dietro le quinte resta in gran parte
sconosciuto allo studente, ma costituisce il presupposto necessario per
poter mandare in scena i protagonisti principali della vita universitaria: la
ricerca e la didattica. Due pilastri che io ritengo inscindibili.
La sperimentazione di questa nuova forma di collaborazione tra più atenei
ha coinciso con il cambiamento della legislazione universitaria, con la
soppressione delle facoltà, la riorganizzazione dei dipartimenti e del
personale amministrativo. Ci stiamo muovendo all’interno di un più
generale cambiamento che investe l’Università intera e sollecita una
necessaria riflessione sulla sua funzione in un mondo in convulso
mutamento.
Molto è stato fatto e molto resta da fare. Ci ha confortato in questo sforzo
organizzativo il buon numero degli studenti immatricolati che hanno dato
fiducia al progetto (46 nel 2012-13, e molto simili sono i numeri non ancora
ufficiali del 2013-14). Lusinghieri sono pure i risultati della raccolta
Opinioni-studenti, che hanno evidenziato un alto grado di soddisfazione
complessiva per gli insegnamenti erogati e per l’azione didattica.
Ora che la struttura interateneo è stata approntata, compete a noi docenti,
con la collaborazione degli studenti, dare corpo e anima a questo progetto
innovativo. In questa direzione si muove l’istituzione di questa Giornata
filosofica interateneo, alla sua seconda edizione, che vede riuniti a Parma il
12 giugno 2014, docenti, studenti e dottorandi delle tre sedi. Lo sforzo
comune è quello di far conoscere i rispettivi àmbiti di ricerca, scambiare e
incrementare conoscenze e pratiche didattiche. Il tema che è stato scelto
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La giornata filosofica interateneo
Indirizzo di saluto • Prof. Mara Meletti
«Le avventure della forma» è di quelli che si muovono nei territori di
confine tra filosofia, estetica e scienze della vita. Nella mattinata daranno il
loro contributo due esperti del settore quali Maddalena Mazzocut-Mis
dell’Università di Milano e Salvatore Tedesco dell’Università di Palermo. Gli
studenti sono stati orientati e sollecitati ad una partecipazione attiva, che li
vede protagonisti nelle attività del pomeriggio. I dottorandi illustrano
attraverso i poster la mappa delle loro ricerche in corso. Mi piace guardare
a questa giornata come a un interessante laboratorio filosofico, in cui
docenti e studenti di diversa provenienza sono chiamati a riflettere intorno
ad un ambito unitario di problemi.
Ringrazio, a nome di tutti, quanti hanno collaborato alla buona riuscita di
questa giornata, in particolare la commissione organizzatrice composta dai
docenti Rita Messori, Annamaria Contini, Vallori Rasini, Andrea Gatti,
Matteo D’Alfonso, che si è prodigata in mille modi per riuscire a coordinare
tutte le attività. Ringrazio il Rettore, che ci ha consentito di offrire la pausa
pranzo a tutti i convenuti. Ringrazio infine per questa bella idea di redigere
un Annuario che verrà consegnato a tutti i partecipanti e resterà una
documentazione dei lavori svolti in questa giornata e, a più largo raggio,
una documentazione delle diverse attività (seminari, workshop, convegni)
che sono state offerte agli studenti durante questo anno. Trovo
incoraggiante che un’istituzione giovane come il nostro interateneo voglia
tenere memoria di ciò che è stato fatto; tutti quanti noi ci auguriamo che
unendo le nostre forze si possa istituire e rafforzare una tradizione di
collaborazione didattica e di ricerca, di cui l’Università del futuro avrà
molto bisogno e di cui i nostri studenti avvertono l’esigenza.
Presidente del Consiglio di Corso in Filosofia Interateneo
Mara Meletti
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La giornata filosofica interateneo
Lectio magistralis • Prof. Maddalena Mazzocut-Mis
Maddalena Mazzocut-Mis (Università di Milano)
Dalla «scala» al «piano»:
appunti per un’indagine interpretativa
Chair: prof. Annamaria Contini
È con l’occhio dell’anatomista e poi del teratologo, dello studioso delle
anomalie e delle mostruosità, e infine del mineralogista che Etienne
Geoffroy Saint-Hilaire esamina il ruolo delle forme, il loro apparire, il loro
trasformarsi. La visibilità del vivente, a partire dall’analisi delle sue
strutture, è certamente prioritaria rispetto alla fisiologia che viene soltanto
inferita. Così, osservando le strutture costanti degli esseri viventi e
basandosi sull’analogia, Etienne Geoffroy individua un piano unico di
organizzazione, cioè un piano ideale, un’astrazione che fornisce lo schema
di tutte le possibili trasformazioni di tutti gli esseri viventi. Esso,
distaccandosi dalla scala degli esseri o dal tipo unico, sarà alla base del
razionalismo morfologico strutturale, espresso dall’anatomia trascendente.
Nelle sue indagini, Geoffroy utilizza i principi di una metodologia che
volutamente chiama «nuova» e che consta di quattro momenti
fondamentali: quello degli analoghi, delle connessioni, del bilanciamento
degli organi e dell’attrazione di «soi pour soi». La chiave di volta del
metodo di indagine è l’analogia.
Così nel tentativo di rintracciare costanti universali, si radicalizza in
Francia la distinzione tra una morfologia propriamente funzionalista
(Cuvier) e una morfologia strutturalista (Geoffory). Non solo, la morfologia
si sviluppa nel XIX secolo verso due direzioni differenti: da una parte lo
studio delle strutture dell’organismo in base a principi funzionali o
strutturali e, dall’altra, lo sviluppo degli studi ontogenetici che
arricchiscono e completano gli studi fisiologici sul problema della
generazione del secolo precedente.
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La giornata filosofica interateneo
Lectio magistralis • Prof. Salvatore Tedesco
Salvatore Tedesco (Università di Palermo)
Forma, materia, vincolo
Chair: prof. Andrea Gatti
La tradizione della morfologia goethiana informa potentemente di sé gli
sviluppi del pensiero biologico della modernità, conducendo a risultati di
grande interesse per una considerazione filosofica ed estetica della forma:
se per un verso è giusto per il tramite dell’approccio morfologico che
risulta possibile mettere pienamente in relazione costruzione e
percezione/fruizione della forma, non meno significativo risulta poi – negli
sviluppi cui l’approccio morfologico va incontro già a partire dal suo
ripensamento da parte di Ernst Haeckel – l’intento di tenere insieme
costruzione e trasmutazione della forma (per esempio: ontogenesi e
filogenesi), innovazione formale e vincolo materiale. Ci si propone di
indicare, in tutta brevità, il senso di alcuni sviluppi di questa tradizione
mettendo in luce i concetti di «omologia» (Owen, Riedl, Müller), «confine»
(Newman), «plasticità» (Malabou).
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La giornata filosofica interateneo
Workshop • Forme estetiche, forme viventi
A cura di Annamaria Contini, Andrea Gatti, Rita Messori, Vallori Rasini
Giuseppe Turchi (Università di Modena e Reggio Emilia)
Il clavicembalo sensibile. L’uomo come macchina vivente
Chair: Annamaria Contini
La relazione si propone di affrontare alcuni dei punti più importanti
all’interno del Rêve de d’Alembert di Denis Diderot inerenti alla questione
della forma. Il testo si divide in due parti: nella prima viene proposta una
contestualizzazione dell’opera per mostrare l’evoluzione del pensiero di
Diderot e le varie influenze che lo caratterizzano; la seconda offre delle
riflessioni circa la distinzione tra contiguità e continuità, focalizzando
l’attenzione sulla visione organica della natura propria del philosophe. Se
da un lato la continuità figura come caratteristica fondamentale di una
natura che organizza le sue parti, dall’altro viene spesso limitata al mondo
dell’organico riproponendo uno sbarramento tra inerte e vivente che
contraddice il monismo professato da Diderot. Tale questione emerge dalle
parole di uno dei protagonisti del Rêve, ovvero Madamoiselle de
l’Espinasse, la quale è portata a immaginare l’uomo come una rete di fili
sensibili continuamente sollecitata dall’universo intero. Ma se davvero è
così, allora perché l’uomo non può sentire ciò che accade su Saturno?
Diderot prova a rispondersi attraverso Bordeu, ma la risposta si rivela
scomposta e lascia la questione aperta nella sua ambiguità. Nonostante
questo problema, il filosofo si dimostra originale nell’innestare la sua
filosofia biologica sul concetto di sensibilità, intendendo per sensibilità
quella causa sperimentale che sola può spiegare il dinamismo della natura.
Una natura vista sia come macchina cosmica sia come organismo che tesse
relazioni tra le parti, quindi una macchina che nel continuo organizzare la
materia produce da se stessa ogni forma senza l’aiuto di Dio. Da questa
concezione dinamica seguono teorie importanti per quello che riguarda la
scienza, vedi epigenesi e proto-evoluzionismo, e per le categorie estetiche
di bello, genio e gusto.
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La giornata filosofica interateneo
Workshop • Forme estetiche, forme viventi
A cura di Annamaria Contini, Andrea Gatti, Rita Messori, Vallori Rasini
Maria Cecilia Barbi (Università di Ferrara)
I linguaggi delle forme
Chair: Andrea Gatti
Il gentleman-philosopher Lord Shaftesbury s’inserisce in quel peculiare
contesto dell’Età dei Lumi britannica entro il quale emersero e trionfarono
valori quali la preminenza della ragione, la tolleranza, la fede illuminata,
l’importanza del processo educativo; fu in primo luogo ad opera degli
illuministi inglesi che l’età moderna vide la difesa dei valori procurati
dall’arte, dall’ ironia, dalla politeness, dall’impegno individuale e collettivo:
strumenti tramite i quali si conciliano aspetti antitetici quali l’otium e il
negotium e che concorrono alla formazione di individualità sempre
fortemente inserite in un contesto sociale.
Nell’opera principale di Shaftesbury, I Moralisti (1709), giungono a
maturazione vari temi, strettamente correlati, fra i quali assume un ruolo
primario l’estetica. Muovendo dal concetto plotiniano secondo cui il bello
è dato non dalla materia, ma dal disegno o dall’idea che la informa, e
passando attraverso l’identificazione di pulchrum, verum e bonum,
Shaftesbury lascia intravedere ‒ non sempre in maniera agevole ‒ come in
definitiva proprio la “forma bella” sia il concetto intorno al quale ruota
l’intera sua opera e come esso stia a fondamento delle sue concezioni
morali, cosmologiche e teologiche.
Nella celeberrima «gerarchia delle Forme» illustrata nella terza parte
dell’opera (sez. II), Shaftesbury ordina in classi distinte le forme sensibili e
intelligibili, distinguendo tre ordini, o gradi, di bellezza: le inerti Forme
morte (Dead Forms); le Forme formatrici (Forming Forms), dotate di
intelligenza e potere creativo; infine, il Terzo ordine di Bellezza (Third Order
of Beauty), assoluta e incausata energia creatrice suprema alla quale ogni
altra «forma» è intimamente connessa e deve la propria esistenza. Tale
suddivisione aprì in maniera feconda un intenso dibattito in materia
estetica, fra razionalismo e sentimentalismo, apportando un prezioso
contributo alla riflessione filosofica del Settecento europeo; e sollecita oggi
un approfondimento del concetto di «forma» non privo di intime
contraddizioni, l’analisi delle quali rende talvolta ardua l’assunzione di
posizioni critiche definite.
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La giornata filosofica interateneo
Workshop • Forme estetiche, forme viventi
A cura di Annamaria Contini, Andrea Gatti, Rita Messori, Vallori Rasini
Valentina Rovatti (Università di Parma)
Forma e tempo in Weizsäcker
Chair: Vallori Rasini
L’obiettivo di Forma e tempo non è fornire una definizione del concetto di
forma, bensì spiegare la sua «formazione» nell’ambito della biologia, la
quale, proprio sotto le «insegne» di tale concetto cerca di liberarsi dalla
tutela della fisica; evitando una sterile contrapposizione tra fisica e
biologia, che di per sé è sempre insoddisfacente, Weizsäcker procede con
una revisione del concetto di tempo, al fine di ottenere un ordine unitario
del pensiero della scienza naturale, che si basi appunto sulla coappartenenza di forma e tempo.
Se è impossibile pensare la vita senza alcun riferimento al tempo,
costituisce tuttavia una difficoltà «universale» il tentativo di localizzare un
evento biologico sull’asse temporale obiettivo, dal momento che il tempo
biologico non coincide col tempo storico: le diverse prestazioni biologiche
non sono funzioni del tempo, ma piuttosto determinano il tempo a
seconda della loro forma. Il ritmo biologico, che per Weizsäcker altro non è
che il ritorno di una forma, funge da «scala di misura» per i tratti
temporali: non è quindi possibile dedurre dall’evento biologico un tempo
oggettivo universalmente valido, poiché il tempo biologico è
sostanzialmente differente dalla forma omogeneamente continuistica del
tempo fisico. Usando come paragone una partita a scacchi, Weizsäcker
spiega il tempo in termini di indeterminismo pratico e metodologico: come
una partita a scacchi si realizza solo a condizione che non si conosca la
prossima mossa dell’avversario, così, in biologia, vi è una costante
indeterminatezza del futuro, sotto cui la vita scorre. Tale indeterminatezza,
però, non infrange il principio di legalità, nella misura in cui il tempo
biologico è presente che getta un ponte sul tempo, collegando un prima a
un dopo; in questo modo, lo sviluppo adempie una legge.
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Le attività interateneo
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Le attività interateneo
Eventi • Università di Parma
Università di Parma
Prof. Fabrizio Amerini, Storia della filosofia medievale
Seminario
Seminari di Storia della Filosofia Medievale
con Riccardo Fedriga (Università di Bologna), Antonio Petagine (Università
Cattolica del Sacro Cuore, Milano), Massimiliano Lenzi (Università di Roma
«La Sapienza»), Silvana Vecchio (Università di Ferrara)
Parma, Dip.to A.L.E.F., 19 novembre-13 dicembre 2013
* * *
Prof. Beatrice Centi, Storia della filosofia
Convegno Internazionale
Dal commentario al manuale: Insegnamento della filosofia in età moderna
Parma, 8-9 maggio 2014
Convegno
Categoriale ed extracategoriale, percezioni e concetti.
Prospettive di analisi per ripensare il mind/body problem
Parma, Chiostro del Plesso di via D’Azeglio, 21-22 maggio 2014
* * *
Prof. Rita Messori, Estetica
Convegno Internazionale
Estetica, etica e sapere enciclopedico. Attualità di Diderot
Milano-Parma, 10-11 ottobre 2013
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Le attività interateneo
Eventi • Università di Parma
Giornata di studi
Verdi: il comico e il grottesco
Parma, Casa della musica, 14 novembre 2013
Conferenza
Cuore di tenebra di J. Conrad tra metafora e simbolo
Con Giampiero Moretti (Università di Napoli L’Orientale)
Parma, Plesso di via D’Azeglio, 29 novembre 2013
Seminario
Metafore del vivente tra Diderot e Bordeu
con Annamaria Contini (Università di Modena e Reggio Emilia)
Parma, Palazzo della Pilotta, 27 febbraio 2014
Seminario
L’immagine-testo: tensioni dell’Ekphrasis romantica
Con Serena Baiesi (Università di Bologna) e Diego Saglia (Università di
Parma)
Parma, Dip.to L.A.S.S, 20 marzo 2014
* * *
Prof. Italo Testa, Storia della filosofia politica
Convegno internazionale
Schleiermacher e l'individualismo moderno
Parma, Dip.to A.L.E.F., 27 settembre 2013
Tavola rotonda
La filosofia di fronte alla crisi economica. A partire da John Dewey
con Ferruccio Andolfi (direttore rivista «La società degli individui»), Rosa
Maria Calcaterra (Università di Roma III), Armando Massarenti,
responsabile del supplemento culturale «Il Sole 24 Ore»)
Parma, Casa editrice Diabasis, 3 ottobre 2013
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Le attività interateneo
Eventi • Università di Parma
Convegno internazionale
Individuazione e emancipazione. Filosofia sociale e diagnosi del
presente. II seminario italo-francese di Teoria Critica
Parma, Plesso D’Azeglio, 14-15 ottobre 2013
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Le attività interateneo
Eventi • Università di Modena e Reggio Emilia
Università di Modena e Reggio Emilia
Prof. Annalisa Coliva, Filosofia del Linguaggio, Epistemologia delle
Scienze Umane
Workshop
Workshop on Epistemology. A Junior-Senior Debate
Modena, Dip.to di Giurisprudenza, 11 dicembre 2013
Seminario
Wittgenstein e Davidson su ragioni e cause
con Paolo Tripodi (Università di Torino)
Modena, Sant'Eufemia, 6 maggio 2014,
Seminario
Winch, scienze sociali e relativismo
con Raffaele Durante (Università di Torino)
Modena, Sant'Eufemia, 7 maggio 2014
Visiting Professor
François Recanati (Institut Jean Nicod. CNRS Paris)
May20, 2014. The semantic/pragmatic distinction I
May 21, 2014. The semantic/pragmatic distinction II
May 27, 2014. Mental Files I
May 28 2014. Mental Files II
Modena, Dip.to di Studi Linguistici e Culturali
Workshop
Workshop in Honor of François Recanati
Modena, Dip.to di Studi Linguistici e Culturali, 23 maggio 2014
* * *
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Le attività interateneo
Eventi • Università di Modena e Reggio Emilia
Prof. Annamaria Contini, Filosofia delle Arti e dei Processi Simbolici
Corso a distanza
Metafora, significato, referenza
Con Visiting Professor Marco Panza (CNRS Paris. Institut d’Hist. et de
philos. des sciences et des techniques, Univ. Paris 1 Panthéon-Sorbonne)
Modena, marzo-maggio 2014
Seminari Interateneo
Nelson Goodman, la realtà e i linguaggi
Con Marco Panza (CNRS Paris. Institut d’Histoire et de Philosophie des
Sciences et des Techniques), Marco Santambrogio (Università di Parma),
Wolfgang Huemer (Università di Parma)
Reggio Emilia, Palazzo Univ. Dossetti, 8 Aprile e 15 maggio 2014
* * *
Prof. Gianfrancesco Zanetti, Filosofia del diritto
Seminario di Teoria del diritto e Filosofia pratica - XVIII ciclo
Donne e diritti: nuovi femminismi, nuove legislazioni
Modena, Dip.to di Girusprudenza, 3 marzo- 9 maggio 2014
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Le attività interateneo
Eventi • Università di Ferrara
Università di Ferrara
Prof. Marco Bresadola, Storia della Scienza
Seminario (in collaborazione con Silvana Vecchio)
La scrittura filosofico-scientifica tra medioevo ed età moderna
con Chiara Crisciani (Università di Pavia), Maria Teresa Monti (Università
del Piemonte Orientale)
Ferrara, Dip.to di Studi Umanistici, 10 aprile 2014
* * *
Prof. Marcello D’Agostino, Logica e Filosofia della scienza
Conferenza
I paradossi dell’infinito: temi classici e prospettive attuali
con Paolo Mancosu (Berkeley, CA, University of California)
Ferrara, Dip.to di Studi Umanistici, 10 aprile 2014
* * *
Prof. Andrea Gatti, Estetica
Workshop
AuthentiCity-Reproducibility. Philosophy and Architecture
con Silvia Catitti (International Studies Institute, Firenze)
Ferrara, Polo degli Adelardi, 29 novembre 2013
* * *
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Le attività interateneo
Eventi • Università di Ferrara
Prof. Silvana Vecchio, Storia della filosofia medievale
Conferenza
La dimostrazione dell’immortalità dell’anima nei Soliloquia e nel De
immortalitate animae di Agostino
con Giovanni Catapano (Università di Padova)
Ferrara, Dip.to di Studi Umanistici, 13 marzo 2014
Conferenza
Tommaso d'Aquino e Sigieri di Brabante sull'anima come forma del corpo
con Fabrizio Amerini (Università di Parma)
Ferrara, Dip.to di Studi Umanistici, 8 maggio 2014
* * *
Prof. Paola Zanardi, Storia della filosofia
Convegno
Corruzione. Storia, individuo, società
Ferrara, Dip.to di Studi Umanistici e Biblioteca Ariostea,
28 febbraio-1° marzo 2014
Seminario
Illuminismo e religione nei Dialoghi di David Hume. In occasione della
nuova edizione italiana dei Dialoghi sulla religione naturale
(a c. di G. Paganini, Milano, Rizzoli, 2013)
Con Gianni Paganini (Università del Piemonte Orientale), Emilio Mazza
(IULM-Milano), Luigi Turco (Università di Bologna), Andrea Gatti (Università
di Ferrara), Cristina Paoletti (Università di Ferrara)
Ferrara, Dip.to di Studi Umanistici, 9 aprile 2014
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La ricerca interateneo
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La ricerca interateneo
Laureandi, dottorati, dottorandi Unipr
Alfonsina Acito (Università di Parma)
Mente, libertà e responsabilità nell’epoca delle neuroscienze
Tutor: prof. Fiorenza Toccafondi
Mossa dalla convinzione che il confronto filosofico con le Neuroscienze sia
reso urgente non solo dalla popolarità di queste ultime, ma anche in virtù
delle radicali conseguenze a livello sia concettuale che pratico delle
scoperte e delle interpretazioni neuroscientifiche, conduco un lavoro di
ricerca che si impegna ad affrontare e analizzare tematiche e questioni di
interesse filosofico, etico e neuroscientifico.
In esso è possibile rilevare due linee discorsive, l’una “storica”, l’altra
“neuroetica”.
In primo luogo sarà operata una ricostruzione storica che descriverà e
analizzerà i passaggi concettuali e gli aspetti teorici che hanno condotto
alla nascita delle moderne neuroscienze, a partire dal sorgere del mind
body problem, fatto risalire all’affermarsi del dualismo cartesiano. Essa
passerà attraverso i contributi offerti da Franz Joseph Gall (1758-1828),
Alexander Bain (1818-1903), Pierre Broca (1824-80), David Ferrier (18431928), e proseguirà fino all’affermarsi della Neuropsicologia cognitiva degli
anni ’60 del secolo scorso, e agli attuali progressi neuroscientifici,
prestando particolare attenzione all’attualissima disputa, potremmo dire,
tra neuroentusiasti e neuroscettici.
Lo sviluppo storico tracciato, nel suo intrecciarsi con questioni filosofiche
ed epistemologiche, servirà come punto di partenza per una valutazione
delle implicazioni, in termini concettuali, del successo neuroscientifico, in
particolare rispetto alle nozioni di libero arbitrio e responsabilità, e dei
rischi connessi ad un abuso delle neuroscienze e ad una
strumentalizzazione dei risultati sperimentali, nonchè, per contrasto, ad
una sottovalutazione dei dati provenienti da tale ambito di ricerca.
Saranno inoltre sollevati dubbi non irrilevanti rispetto alla possibilità di
poter esaurire la comprensione e la spiegazione del dato mentale in analisi
di carattere neuroscientifico; ed infine si procederà con una discussione
rispetto la leicità e ai significati sottesi all’utilizzo delle tecniche di brain
imaging nell’àmbito dei processi penali.
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La ricerca interateneo
Laureandi, dottorati, dottorandi Unipr
L’idea di base è che la complessità della situazione, della quale non è
attualmente possibile prevedere gli esiti, implichi una viva e costante
attenzione, un’analisi profonda ed onesta, dei dati e casi specifici
un’interpretazione logica e non fuorviante che sottolinei come in natura
non siano i fatti a cambiare, ma le idee che rispetto ad essi vengono
sviluppate, e le interpretazioni che vengono di volta in volta proposte.
Al filosofo spetta l’obbligo di riconoscere la rilevanza delle nuove questioni
che questa epoca scientifica solleva, senza trascurare la possibilità che
l’affermarsi delle neuroscienze possa produrre uno slittamento dei tanto
cari scenari tradizionali.
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La ricerca interateneo
Laureandi, dottorati, dottorandi Unipr
Alessandro Bonanini (Università di Parma)
Analisi e sviluppo della Teoria del Riferimento di Keith
Donnellan
Tutor: prof. Roberto Pinzani, prof. Andrea Bianchi
In virtù di cosa un nome proprio si riferisce a qualcuno? Per un certo
periodo i filosofi hanno creduto di aver trovato una risposta soddisfacente
nella teoria “descrittivista” del riferimento. All’inizio questa teoria ebbe un
grande successo; tuttavia, nei primi anni Settanta, vennero sollevate
diverse critiche volte a dimostrarne l’inadeguatezza, perlomeno se l’idea
era di utilizzarla per spiegare il modo in cui i nomi propri si riferiscono ai
loro portatori. Un filosofo che non solo ha svolto un ruolo fondamentale in
questa fase destruens, ma che ha anche dato un contributo positivo
elaborando una proposta alternativa è certamente Keith Donnellan.
In «Reference and Definite Descriptions» (1966) egli osserva che talvolta
possiamo riferirci a qualcuno usando una descrizione definita anche se
l’individuo in questione non la soddisfa in modo univoco. Per spiegare
questo fenomeno egli introduce la nozione di «uso referenziale» di una
descrizione. Ciò che differenzia questo uso da quello «attributivo» è che
nel primo caso il parlante ha in mente un preciso individuo come soggetto
del suo discorso e usa l’espressione per portarlo all’attenzione del suo
interlocutore; nel secondo, invece, il parlante vuole dire qualcosa di
generale sul mondo, ovvero di chiunque sia l’individuo che soddisfa
univocamente il predicato che occorre nella descrizione. Secondo
Donnellan il meccanismo che regola il funzionamento di una descrizione
referenziale è lo stesso che regola il funzionamento di un nome proprio, ed
è il seguente: usando un nome “N” nel proferimento “N é G” mi riferisco
all’individuo I se e solo se ho in mente I ed è il mio avere-I-in-mente ciò che
spiega il mio uso di “N” in “N è G”.
Ma cosa deve darsi affinché io possa avere I in mente? Una possibile
risposta è questa: ho I in mente quando intrattengo un pensiero singolare
a proposito di I. Questo accade, secondo alcuni, quando percepisco
(oppure ho percepito) I. È però evidente che utilizziamo i nomi non solo
per riferirci a individui che abbiamo percepito. L’interrogativo segue quindi
immediatamente: possiamo intrattenere un pensiero singolare a proposito
di I senza averlo mai percepito? La questione è molto complessa, ancora
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La ricerca interateneo
Laureandi, dottorati, dottorandi Unipr
oggetto di dibattito tra i filosofi e di vitale importanza per la teoria di
Donnellan. Alcuni tendono ad equiparare la relazione percettiva ad altre
relazioni di contatto epistemico più “tenui”. Secondo loro, per intrattenere
un pensiero singolare a proposito di I è sufficiente che qualcuno mi parli di
I, magari proprio utilizzando “N”. Ma è veramente lecita questa
equiparazione? Certi argomenti sembrano metterla in discussione, e se
questi dovessero rivelarsi decisivi, come può la teoria cercare di risolvere il
problema? In Referential Mechanics (2014) Joseph Almog dice che quella di
Donnellan è la teoria che più si avvicina al cuore dell’idea di riferimento
diretto: vale quindi la pena approfondire la questione ed eventualmente
apportare le dovute modifiche alla teoria.
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La ricerca interateneo
Laureandi, dottorati, dottorandi Unipr
Maria Luisa Bonometti (Università di Parma)
La categoria del sublime in Adorno
Tutor: prof. Rita Messori
«L’opera restò, come complesso, un torso che accanto alla Dialettica
negativa e a un progettato libro di filosofia morale doveva, secondo la
volontà di Adorno, “esporre ciò che ho da gettare sulla bilancia”» (Postilla
edit. a Teoria Estetica, trad. it a cura di F. Desideri e G. Matteucci, Einaudi,
Torino 2009, p. 493]. Teoria Estetica viene così definita da G. Adorno e R.
Tiedemann, che ne curano l’edizione tedesca pubblicata postuma nel 1970;
seconda parte di una mancata trilogia che avrebbe dovuto sistematizzare
l’intero orizzonte del pensiero adorniano, comprendendo e armonizzando
tra loro etica ed estetica in una costruzione che sembra rimandare alle tre
Critiche kantiane. Nonostante tale progetto sia rimasto incompiuto, si
possono tuttavia ricostruirne percorso e categorie fondanti proprio
attraverso Teoria Estetica, nel suo continuo dialogo con i temi di Minima
Moralia e Dialettica Negativa.
Entro tale contesto si deve leggere la rielaborazione di Adorno del sublime
kantiano, traslato dalla natura all’arte quale unica categoria estetica
sopravvissuta al fallimento della cultura che l’Olocausto ha rappresentato.
Si tratta tuttavia di una rielaborazione, per così dire, negativa: se
nell’esperienza sublime il soggetto trascendentale kantiano, pur
sopraffatto dall’incommensurabilità della natura, si scopre superiore a essa
in quanto dotato di ragione, Adorno si concentra invece sullo sgomento, lo
shock (Erschütterung) in cui esso sperimenta la propria dissoluzione.
Attraverso la commozione – da non confondersi con il piacere – che il
sublime suscita, l’io si rende conto della propria finitezza aprendosi al nonidentico e all’esperienza della natura prima, non reificata; ciò che
costituisce il contenuto di verità dell’opera autentica. Di fronte
all’attestazione della propria caducità, l’io si ritira davanti all’oggetto
revocando la propria autoposizione: e in questo senso Adorno può
affermare che l’esperienza sublime «è un successo contro il soggetto»
(Teoria estetica, cit., p. 329). A partire dal valore “corporeo”
dell'Erschütterung, ipotesi che guida la mia ricerca è la concezione del
sublime, in Adorno, come un'esperienza estetica che esprime
fisiologicamente la costellazione di elementi legata alla negazione
determinata (impossibilità del rappresentabile, povertà di esperienza,
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La ricerca interateneo
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impossibilità della totalità), permettendo di schiudere una via alla
conoscenza autentica.Inoltre, il sublime descrive assai bene un’arte
“sospesa” in funzione del suo contenuto di verità, apparenza che non si
esaurisce in se stessa (ivi, p. 263). Nel mondo amministrato, «le opere in
cui la configurazione estetica, sotto la pressione del contenuto di verità,
trascende se stessa, occupano il posto a cui si riferiva un tempo il concetto
del sublime» (ivi, p. 264). L’arte sperimenta ancora una volta il proprio
dissidio interiore: il suo nucleo di verità esperisce se stesso come qualcosa
di non rappresentabile sensibilmente; mentre il materiale di cui è creata si
esperisce come inconciliabile con l’idea di unità dell’opera. Le opere d’arte
divengono tali producendo un di più, “rubato” alla natura, di cui tuttavia
non sono il teatro, poiché la loro forma non è più sufficiente alla sua
descrizione; l’immagine, il visibile, si fa apparizione di ciò che non è visibile
e materiale, ma che può essere detto e perciò ascoltato solo attraverso
una visibilità. La frammentazione della forma, e parallelamente,
l'ammutolire dell'opera verso il silenzio diventano le cifre attraverso cui il
sublime, nell'arte, può aprire gli occhi dell'uomo e indirizzarlo verso la
traccia del non-identico nel tempo della signoria dell'identità.
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Sandra Manzi-Manzi (Università di Parma)
Individuo e relazione nella filosofia di Spinoza
Tutor: prof. Italo Testa
La filosofia di Baruch Spinoza è attualmente presente nel dibattito
contemporaneo che coinvolge sia le scienze cosiddette «dure», sia quelle
umane e sociali. La ragione di questo interesse non risiede soltanto nel
monismo che costituisce la cifra concettuale della produzione intellettuale
del filosofo, ma soprattutto negli aspetti non riduzionistici della
corrispettiva teoria. L’unione mente-corpo stabilita nell’Etica sotto forma
di «identità» ha reso Spinoza un punto di riferimento per la neurobiologia
di A. Damasio e ha richiamato l’attenzione degli studiosi dei diversi campi
disciplinari. Parte di questa attrazione è il frutto di un lungo lavoro di scavo
degli interpreti, che si sono confrontati con i testi del filosofo olandese,
operando un progressivo “svecchiamento” dell’immagine invalsa fino alla
metà del secolo scorso, quella di una filosofia della sostanza statica e
immota o di un razionalismo assoluto che non lascia spazio all’esperienza.
Il dinamismo della Substantia sive Deus si è reso esplicito nell’analisi dei
concetti ontologici e del lessico «minore» spinoziano in relazione ad uno
sviluppo complessivo della conoscenza del pensiero del Seicento, esplorato
nel suo tessuto connettivo e in larga parte determinato dagli esiti della
coeva rivoluzione scientifica. Procedendo da queste acquisizioni, la nostra
attività di ricerca mira a ricollocare le indagini sul concetto di «individuo»
nella progressiva elaborazione della strumentazione logico-concettuale del
filosofo, dai primi scritti all’ultima opera rimasta incompiuta. Affrontando
la questione dell’individualità, la letteratura secondaria ha concentrato i
suoi sforzi nel definire la natura corporea dell’individuum, la cui essenza è
data da un rapporto costante di comunicazione di movimento. Quanto,
invece, è stato lasciato a margine, è il secondo aspetto che l’individuum
relazionale spinoziano, mai atomo, ma sempre composto e
costitutivamente segnato dallo scambio con gli altri corpi, segnala, ossia
quello dell’identità o unione psicofisica: «la Mente e il Corpo sono un solo
e stesso Individuo, che si concepisce ora sotto l’attributo del Pensiero, ora
sotto quello dell’Estensione» (Etica II, proposizione XXI, scolio; trad. it. di E.
Giancotti). Ripensando le nozioni di individuo e di identità a partire
dall’individuazione dell’«unica sostanza», lo scopo della nostra ricerca è
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mostrare il ruolo che la produttività, l’esperienza intellettiva, la pratica di
vita svolgono nel tracciare la soluzione spinoziana al legame tra substantia
e individuum. In particolare, l’essere umano, che non è come un imperium
in imperio, acquisisce la sua specificità, nella formazione dall’infanzia
all’età adulta, operando in un regime interconnesso di autonomia (o
determinazione di sé) e dipendenza, sulla falsa riga della relazione di
causalità che sussiste tra la sostanza e il suo modo.
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Valentina Rovatti (Università di Parma)
L’enigma del corpo nell’antropologia filosofica
di Plessner e Merleau-Ponty
Tutor: prof. Vallori Rasini
Il progetto di tesi intende mettere in luce il pensiero di due filosofi del
Novecento, che, pur provenendo da ambienti culturali differenti e
seguendo vie teoretiche dissimili, raggiungono numerosi punti di contatto,
particolarmente significativi dal punto di vista dell’antropologia filosofica.
Helmuth Plessner e Maurice Merleau-Ponty, nelle loro opere fondamentali
– rispettivamente I gradi dell’organico e l’uomo. Introduzione
all’antropologia filosofica e Fenomenologia della percezione – affrontano la
«questione dell’uomo», la quale rivela tutta la propria urgenza in un
mondo le cui caratteristiche fondamentali sono la plurivocità e
l’insondabilità.
Entrambi i filosofi fondano la loro riflessione sul presupposto teorico del
rifiuto del dualismo cartesiano mente-corpo, che si accompagna non solo
alla riscoperta del valore dei sensi e della percezione, ma a una vera e
propria rivalutazione del ruolo della corporeità e della carnalità. Plessner
propugna l’indifferenza psico-fisica dell’uomo e, indagando e
approfondendo le nozioni basilari di “duplicità d’aspetto” e “realizzazione
del limite”, perviene a una definizione dell’uomo quale ente eccentrico.
Merleau-Ponty, focalizzandosi sull’esperienza percettiva del corpo proprio,
mette in evidenza il fatto che la conoscenza del mondo naturale, del
mondo scientifico e del mondo intersoggettivo è possibile solo sulla base di
una corporeità vissuta, vale a dire di una soggettività incarnata in un corpo
vivente. Entrambi gli autori sono consci di confrontarsi con un vincolante
«problema morale», che consiste nell’onere di dover indicare cosa significa
e come è possibile essere un uomo: l’antropologia filosofica delineata da
Plessner e da Merleau-Ponty rimette al centro di ogni speculazione l’uomo,
in quanto oggetto e soggetto della propria vita
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La ricerca interateneo
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Sara Salati (Università di Parma)
Il materialismo in Inghilterra tra Seicento e Settecento: il dibattito
intorno alla natura dell’anima
Tutor: prof. Stefano Caroti
Il mio progetto di ricerca si propone di esaminare l’affermarsi di concezioni
materialiste nell’Inghilterra di fine Seicento e inizio Settecento intorno alla
natura dell’anima umana. La problematica relativa alla mortalità dell’anima
sorge infatti come una declinazione particolare di quello che è lo sviluppo
del materialismo inglese dell’epoca, e prende sostanzialmente le mosse
dalle riflessioni lockiane intorno alla questione della materia pensante
contenute nell’Essay Concerning Human Understanding. Le considerazioni
di Locke hanno fornito un primo impulso ad una diatriba che si è poi
sviluppata autonomamente e che, coinvolgendo diverse personalità
dell’epoca, ha portato alla produzione di un diverso numero di scritti
eterogenei quanto alla concezione della natura e del destino dell’anima. La
natura eterogenea di queste opere scritte intorno alla cruciale questione
dell’anima umana, vista la loro reciproca correlazione, si presta tuttavia ad
un’analisi organica sulla quale il presente progetto intende concentrarsi.
Partendo quindi da un esame preliminare del testo di Locke e della
questione della thinking matter, intendo procedere ad una delineazione di
quello che si configura essere il background filosofico soggiacente allo
sviluppo delle discussioni relative alla natura dell’anima. A questo scopo
particolare attenzione sarà posta anche alla riflessione di Hobbes, le cui
convinzioni relative all’anima e alla natura della materia contenute nel
Leviathan e nel De Corpore, forniscono un contributo essenziale all’opzione
mortalista. Sarà inoltre presa in considerazione la particolare dottrina della
materia attiva elaborata nelle Letters to Serena di Toland, nonché le
relative riflessioni dell’autore circa l’essenziale materialità e mortalità
dell’anima.
Lo studio preliminare di questi autori consente di mettere in luce una
concezione essenzialmente corporea e materiale dell’anima che
ritroveremo, seppure diversamente declinata, negli scritti dei successivi
sostenitori della teoria mortalista. Dopo una delineazione essenziale di
quello che è il background filosofico dal quale si sviluppano le riflessioni
intorno alla natura dell’anima, è quindi mio intento concentrarmi sui due
principali esponenti della posizione mortalista: Henry Layton e William
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La ricerca interateneo
Laureandi, dottorati, dottorandi Unipr
Coward. In particolare uno studio approfondito verrà dedicato alle opere di
Coward, la cui produzione si configura come il collegamento con il
successivo sviluppo dei dibattiti sull’anima, ed identificabile
essenzialmente nella controversia nata tra Collins e Clarke a proposito
della specificità e delle peculiarità di anima e materia. Il coinvolgimento in
tale disputa di due personalità maggiori dell’epoca, come sono il
freethinker Collins e il newtoniano Clarke, permette di evidenziare
l’importanza che la questione dell’anima riveste nell’Inghilterra a cavallo
tra Seicento e Settecento.
Il relativo progetto di ricerca, essendo il corso di dottorato a cui afferisco
iniziato a gennaio 2014, si trova ancora agli stadi iniziali. Il primo passo
della ricerca consiste in una organica ed esauriente delineazione di quella
che è la questione della materia pensante come emerge innanzitutto
nell’Essay lockiano, al fine di mettere in luce la posizione di Locke riguardo
alla natura della materia e dell’anima. A tale scopo, il mio studio è iniziato
dalla lettura e dall’analisi dei passi fondamentali relativi a tale questione
presenti nell’Essay Concerning Human Understanding, nonché della
relativa bibliografia critica a riguardo. Ho già prodotto un’analisi ed un
commento relativi a tale problematica. Sto ora prendendo in esame le
critiche rivolte alle considerazioni lockiane in merito alla possibilità della
thinking matter. Tali critiche sono essenzialmente individuabili nella
corrispondenza tra Locke ed il vescovo di Worcester Stillingfleet, nonché
nei Nouveaux Essais sur l’Entendement di Leibniz. Il passo successivo
consisterà nel prendere in esame la concezione della materia di Hobbes e
di Toland, al fine di terminare al più presto la delineazione dello sfondo da
cui prende le mosse la diatriba sulla natura dell’anima, e concentrarmi così
in modo specifico su quelle che sono le peculiarità del dibattito mortalista,
punto centrale del presente progetto di ricerca.
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Laureandi, dottorati, dottorandi Unimore
Federica Castelli (Università di Modena e Reggio Emilia)
Corpi in rivolta. Una ricognizione filosofica
su conflitto e politica
Tutor: prof. Annamaria Contini
Questo lavoro di ricerca vuole proporre un'analisi filosofica del nesso tra
Politica e Conflitto, a partire dalla presa in esame delle esperienze politiche
di rivolta, rivoluzione, mobilitazione e protesta, ponendo al centro il corpo
e la differenza sessuale come strumenti interpretativi. Tale posizionamento
conduce la riflessione a interrogare le soggettività incarnate, così come la
relazione individuale e collettiva con lo spazio urbano, le esperienze nella
folla – tra potenziamento e terrore ‒ e, soprattutto, le differenti relazioni
tra i sessi che si dispongono nello spazio collettivo di conflitto. Particolare
attenzione verrà data al nesso che lega donne, rivolta, potere e violenza.
Attraverso una messa a tema delle “grandi narrazioni” sul corpo, la
violenza e il femminile, che costituiscono l'autorappresentazione del
Potere all'interno della tradizione politica occidentale, questa ricerca
adotta una prospettiva genealogica e decostruttiva, guardando al
contempo a discorsi e rappresentazioni alternative, fuori dall'orizzonte del
simbolico politico tradizionale. Si discuteranno posizioni e letture differenti
dell'esperienza di rivolta e del processo rivoluzionario, alla ricerca di
categorie utili a distinguerle concettualmente: tra queste, la categoria
mezzi/fini, il rapporto con il tempo, il nesso tra libertà e violenza. Infine,
strumento fondamentale di interpretazione e riflessione sarà le differenti
posizioni femministe sulla violenza, sul conflitto e sulla logica rivoluzionaria
contrapposta al gesto di rivolta.
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La ricerca interateneo
Laureandi, dottorati, dottorandi Unimore
Alessio Cazzaniga (Università di Modena-Reggio Emilia)
Modernità, Scienza e Impero: strategie di produzione del
sapere scientifico sul Nuovo mondo nella Spagna dei Secoli
d'oro
Tutor: prof. Marco Cipolloni
Partendo dall'analisi della situazione politica e scientifico-culturale della
Spagna cinquecentesca e dell'impatto avuto su di essa dalla scoperta del
Nuovo mondo, il lavoro presenta il quadro nel quale la novità della
scoperta irrompe con la sua carica destabilizzante, portando con sé il
bisogno di una ridefinizione degli schemi interpretativi della realtà. La crisi
del principio di autorità, che serpeggiava nell'Europa del Cinquecento in
ambito culturale, politico e religioso, nel panorama spagnolo successivo
alla scoperta partecipa in modo decisivo alla vivificazione delle strategie
conoscitive che si applicano alle cosas del Nuovo mondo. Nascono così in
Spagna istituzioni incaricate dalla Corona di produrre la conoscenza sul
Nuovo mondo. In questa situazione i percorsi di produzione del sapere
vengono modificati radicalmente. Cambiano prima di tutto i soggetti
coinvolti, che non sono più gli studiosi di stampo medievale ma capitani
d'impresa, esploratori e funzionari della Corona; cambia anche il quadro
gnoseologico sotteso a tale produzione, con un'evidente perdita di
importanza del ruolo delle fonti classiche in favore dei risultati e delle
verifiche dell'esperienza, valorizzata come indispensabile all'interno del
processo conoscitivo. Il processo di istituzionalizzazione della conoscenza
scientifica sul Nuovo mondo, portato avanti principalmente con il fine
pratico di un migliore sfruttamento delle risorse americane, viene
stimolato, controllato e finanziato dalla Corona e si configura in questo
modo un intreccio di esigenze e interessi politici, scientifico-tecnologici e
commerciali che disegna il percorso iniziale della Modernità. Un'analisi
comparativa delle due maggiori Historias naturales cinquecentesche,
scritte da Gonzalo Fernandez de Oviedo e da José de Acosta, consente di
far emergere l'apporto del discorso spagnolo sulla natura americana nel
processo di ridefinizione del rapporto tra esperienza, uso delle fonti
classiche, ragione e immaginazione nel processo di acquisizione,
formalizzazione e condivisione della conoscenza.
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La ricerca interateneo
Laureandi, dottorati, dottorandi Unife
Nicola Alessandrini (Università di Ferrara)
Il chiasma utopico. Naturalizzazione dell’uomo
e umanizzazione della natura in Ernst Bloch
Tutor: prof. Giuliano Sansonetti
Il presente studio su Ernst Bloch è interamente dedicato al celebre chiasma
della «naturalizzazione dell’uomo, umanizzazione della natura» che è stato
formulato per la prima volta dal giovane Marx. Eppure è nella filosofia della
speranza che tale espressione trova il suo più fertile terreno di coltura.
Seguendo la fascinazione blochiana verso il chiasma marxiano, il presente
lavoro si propone il triplice intento di 1) ripercorrere la storia filosofica del
chiasma, fino alle sue origini aristoteliche. Un itinerario carsico che, nelle
intermittenze storiche, ha reso possibile la dialettica uomo-natura
finalmente sintetizzata dal giovane Marx. Per evidenziare le connessioni
filosofiche, si procederà a ritroso, partendo dal chiasma stesso e
scoprendone le più immediate anticipazioni, prima nella filosofia
contemporanea, poi in quella moderna, rinascimentale, medievale e
antica. 2) Passare in rassegna le molteplici accezioni in cui compare il
chiasma nelle opere blochiane per evidenziarne la stratificazione e le sue
possibili declinazioni. Sono stati individuati dodici significati fondamentali,
tra loro intrecciati ma tutti dotati di una propria fisionomia: ontologico,
gnoseologico, lavorativo, materialistico storico-dialettico, storico-filosofico,
etico, teologico, ecologistico e geografico, artistico-pittorico, artisticomusicale, giuridico, linguistico. Fermo restando che le sfumature del
discorso blochiano permetterebbero di individuare altre accezioni, quelle
citate sono state selezionate in base alla ricchezza dei riferimenti
bibliografici che ne confermano la ricorrenza e l’importanza nella
produzione del filosofo. 3) Esaminare la funzione del chiasma nell’impianto
iconoclastico dell’utopia concreta, evidenziando la posizione cardine che la
«naturalizzazione dell’uomo e umanizzazione della natura» riveste nel
«sistema aperto» di Bloch. A differenza delle utopie classiche che
descrivono dettagliatamente il futuro, quella di Bloch nasce, piuttosto,
come negazione di un presente alienato e come attenzione a tracce, indizi
e frammenti di una speranza che preme nel reale per trasformarlo. In
questa cornice iconoclastica, in cui il futuro non può essere prescritto, il
chiasma marxiano offre a Bloch parole che violano il limite del dicibile,
prefigurando la meta utopica. Nella «naturalizzazione dell’umo,
umanizzazione della natura» Bloch individua il cuore pulsante della
speranza e le parole ultime dell’utopia.
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La ricerca interateneo
Laureandi, dottorati, dottorandi Unife
Salvatore Finistrella (Università di Ferrara)
Natura e peccato nel pensiero medievale fra XII e XIII secolo
Tutor: prof. Silvana Vecchio
L’indagine prevede una ricostruzione della tradizione di pensiero,
che nel corso del XIII secolo si consolida nella nozione di peccatum
in naturalibus, presente nella speculazione tomista. Seguendo la
linea diacronica della ricezione latina del Corpus Aristotelicum e
degli esegeti orientali, si intende spiegare in che modo la nozione
morale di peccatum venga estesa anche alle res naturales et
artificiales dai maestri che precedono Tommaso; si tenterà,
pertanto, di individuare, analizzare e comparare un insieme di testi,
soprattutto commentari alle opere naturalistiche di Aristotele, che
si riterranno formativi del retroterra epistemologico, sul quale si
innesta il contributo dell’Aquinate.
Le più antiche traduzioni della Fisica di Aristotele, circolanti a partire
dalla seconda metà del XII secolo, veicolano per la prima volta l’uso
del termine peccatum anche in rebus naturalibus et artificialibus
(Phys.II,8); intorno agli anni trenta del XIII secolo, l’expositio di
Averroè, presenta un’inedita interpretazione delle anomalie
naturali, come peccata naturae. Ruggero Bacone e Alberto Magno
sembrano i primi maestri latini ad accogliere in ambito fisico le
novità semantiche di un lessico tipicamente morale, ma è Tommaso
che, nel corso di tutta la sua produzione, perfeziona un criterio
ermeneutico che gli permette di spiegare ogni “deviazione dalla
norma”, naturale e non, come una forma di peccatum: tanto più
l’inclinazione dell’atto singolare si discosta dalla perfezione di
specie, tanto maggiore si rivela la portata disordinata di ogni
tipologia di azione. Il teologo riesce in questo modo, non solo a dare
ragione dell’ampia casistica degli atti umani, ma anche di alcuni
“errori” dell’arte o di natura, come i paralogismi, i parti mostruosi,
le deformità, e persino la differenziazione sessuale del feto
maschile-femminile.
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La ricerca interateneo
Laureandi, dottorati, dottorandi Unife
Daniele Oppo (Università di Ferrara)
Un nuovo giornalismo scientifico per una diversa
comunicazione della scienza
Tutor: prof. Marco Bresadola
L'obiettivo della ricerca è quello di identificare quali siano le
competenze ulteriori che la nuova figura professionale del
giornalista/comunicatore scientifico deve avere per produrre
un'informazione di qualità, non fungibile, capace di muoversi in un
contesto sociale sempre più esigente e nel quale riesca ad essere
identificato facilmente come fonte affidabile per la comunicazione
del, interazione nel, e partecipazione al, sapere scientifico.
Il primo anno è dedicato alla ricerca bibliografica e di altro
materiale utile per affrontare i temi della ricerca. In particolare, ci si
rivolgerà alla questione dell'open data e dell'utilizzo dei social media
nella comunicazione scientifica. A tal riguardo verrà sviluppato un
modello di corso di fomazione online sul tema dell'utilizzo dei social
media per il giornalismo scientifico, nell'ambito delle attività del
Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza
dell'Università di Ferrara. Questo modello costituirà un primo
aspetto applicativo della ricerca e quindi darà concretezza
all'obiettivo generale di individuare nuove forme di giornalismo
scientifico che rispondano alle mutate esigenze e modalità della
comunicazione odierna
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La ricerca interateneo
Laureandi, dottorati, dottorandi Unife
Caterina Simoncello (Università di Ferrara)
Michel Henry, per una filosofia della vita
Tutor: prof. Giuliano Sansonetti
Il progetto di ricerca della dottoranda Caterina Simoncello ha preso forma
nell’ultimo anno del suo percorso di filosofia specialistica nel quale si è
imbattuta in uno dei più importanti filosofi francesi della seconda metà del
Novecento, Michel Henry, al quale ha dedicato la sua tesi dal titolo Michel
Henry, per una filosofia del Cristianesimo. L’obiettivo principale dal quale è
partito il suo progetto è stato quindi quello di approfondire la propria tesi,
cercando di indagare all’interno di un pensiero ad oggi ancora non del
tutto svelato. Filosofo appartenente alla corrente della fenomenologia
francese contemporanea, Henry si confronta fin da subito con coloro che
saranno sempre i suoi diretti interlocutori: Descartes, Heidegger, Husserl,
Meister Eckhart per citarne alcuni. Se è però dalla corrente
fenomenologica che Henry inizia il suo cammino non è certo per
abbracciarla in tutto e per tutto, ma, al contrario, per rovesciarne i
presupposti e le stesse fondamenta. Ciò a cui infatti si assiste studiando la
filosofia di Henry è un vero e proprio rovesciamento: egli fonda la
trascendenza sull’immanenza, la sensibilità sull’affettività, il visibile
sull’invisibile. Immanenza, affettività ed invisibile sono infatti i tratti
caratteristici del fulcro centrale intorno al quale ruota e si sviluppa tutto il
pensiero di Henry, la vita.
Concepire la Vita come ipseità e parusia, come passività ed affettività e
fondare su di essa una nuova fenomenologia significa porsi in ascolto di
una sfera del conoscere finora rimasta inascoltata, un conoscere
immediato, non intenzionale, un “abbraccio patico” che non può partire se
non da un indagine sulla soggettività e su ciò in cui essa dimora: il nostro
corpo soggettivo. È da Maine De Biran che Henry prende il concetto di
corpo soggettivo ed è dalla concezione del tutto innovativa di tale corpo
che questa ricerca parte per indagarne i risvolti non solo filosofici ma
anche etici e religiosi. Strettamente legata a tale tematica appare infatti la
questione delle nostre azioni: quale spazio e quale libertà possono avere se
esse dimorano e nascono in una carne che è un sapere immediato che mai
si distanzia da sé e che mai esce da se stesso? Possiamo in questo caso
parlare di libertà nell’uomo e nelle sue azioni? Sono questi gli interrogativi
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che devono essere posti, i nodi che devono essere sciolti se si vuole
scandagliare fino in fondo il pensiero della vita come immanenza ed
affettività. Non è infatti un corpo biologico ciò di cui si sta parlando, ma di
un corps che è un je; indagare questo corpo soggettivo significa porsi
dinanzi ad un nuovo concetto di azione, ad una particolare concezione di
libertà e, di conseguenza, ad un’etica che compare come un’etica della
vita. Etica che per Henry significa cultura, movimento stesso della vita che
si sviluppa nell’estetica, nella morale e nella religione, sfere ormai da
tempo bistrattate a scapito di un atteggiamento scientista e logicomatematico imperante ai nostri giorni. Riafferrare queste sfere dove la vita
si compie e nelle quali mai smette di autogenerarsi significa riappropriarsi
di se stessi e riconoscere in noi quella stessa vita, significa volgersi
all’invisibile nel quale è assente ogni distanza fenomenologica e dove tutto
è pathos ed immanenza, per ritrovare in noi stessi quel logos di cui ci parla
il Vangelo di Giovanni ed arrivare così in quello stesso punto da dove era
partita l’indagine, per testimoniare ancora una volta l’assoluta coerenza di
un pensiero sempre presente a se stesso come quello di Michel Henry.
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