1 FLC Cgil Toscana (Firenze, 22/09/2014) Assenze ingiustificate o prive di valida giustificazione Chiarimenti ed indicazioni operative << USR Piemonte - Circolare prot. n.7364 dell’8/9/2014 >> La riportata circolare dell’USR del Piemonte (di pari oggetto) fa finalmente chiarezza su alcuni aspetti procedurali e sanzionatori in relazione alle assenze ingiustificate, come disciplinate nel D.Lgs 27/10/2009, n.150 (c.d. “Decreto Brunetta” - in questa sede non entriamo nel merito della valutazioni “politiche”), e come tale “nuova” disciplina si armonizza (o contrasta) con la normativa preesistente. Si ricorda che il citato D.Lgs del 2009 modifica ed integra il TU - D.Lgs 30 marzo 2001, n.165 (tutte le norme citate sono riportate nelle note in calce). In particolare: 1) LA SANZIONI DEL “LICENZIAMENTO” (con preavviso) PER ASSENZE INGIUSTIFICATE. In base a quanto disposto dall’articolo 55quater del TU - D.Lgs n.165/2011, articolo introdotto dal D.Lgs 27/10/2009, n.150, le sanzioni disciplinari per assenze non giustificate del personale, come descritte nel comma 1, lettera b) comportano, in ogni caso, la sanzione del “licenziamento disciplinare” (con preavviso): “b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione ;” Pertanto, per il personale ATA, quanto prescritto nei commi 6 e 7 dell’art. 95 del CCNL, in relazione a sanzioni diverse da quella prescritta nell’articolo 55quater del D.Lgs n.165/2001, non è più applicabile, in quanto si deve adottare il licenziamento con preavviso e non più le sanzioni, diversamente graduate come originariamente previste per il personale ATA nel vigente CCNL. A tale disciplina si conformano anche le assenze ingiustificate del personale docente, in quanto l’art.5quater del D.Lgs n.165/2001, non opera distinzioni in relazione alla qualifica rivestita dal personale. Per quanto concerne i termini del preavviso, questi sono definiti nell’art. 23 del vigente CCNL del 29/11/2007: “Art.23 (Termini di preavviso) 1. In tutti i casi in cui il presente contratto prevede la risoluzione del rapporto con preavviso o con corresponsione dell'indennità sostitutiva dello stesso, i relativi termini sono fissati come segue: - 2 mesi per dipendenti con anzianità di servizio fino a 5 anni; - 3 mesi per dipendenti con anzianità di servizio fino a 10 anni; - 4 mesi per dipendenti con anzianità di servizio oltre 10 anni.” Pertanto, qualora il dipendente (Docente o ATA) incorra in tale grave sanzione, la data stabilita per la cessazione coatta deve rispettare i termini cui sopra, che decorrano dalla data in cui il Dirigente ha notificato il “decreto di licenziamento” al dipendente. Per la procedura da seguire per l’irrogazione della sanzione, vedi successivo punto 7. 2) MANCATA RIASSUNZIONE IN SERVIZIO. Per quanto concerne il termine, entro il quale il dipendente deve riassumere servizio, decorso il quale si applica la sanzione del licenziamento con preavviso si pone il problema della sua quantificazione, in mancanza di specifico termine stabilito dall’Amministrazione (MIUR), per cui si può: a) utilizzare il termine previsto per il personale ATA (assenza ingiustificata per un periodo superiore a 10 giorni continuativi), cui all’articolo 95, comma 7, lettera d) del vigente CCNL; b) utilizzare il termine previsto per il personale docente (assenza ingiustificata per un periodo non inferiore a 15 giorni consecutivi), cui all’articolo 127, comma 1, lettera c) del TU – DPR 10/1/1957, n.3 (per esplicito rinvio dell’art. 511 del TU – D.Lgs 16/4/1994, n.297); 2 c) ogni dirigente scolastico (o del competente USR), può stabilire un proprio termine (di norma non inferiore a 10 giorni) essendo direttamente responsabile in ordine alla procedura da attivare (anche se la sanzione da applicare, spetta, in tal caso, all’ufficio competente per i procedimenti disciplinari istituito presso ogni Ufficio Scolastico Regionale). Così si esprimono alcuni “commentatori” del settore; parere a nostro avviso non condivisibile, in quanto può generare disparità di trattamento su una materia, ovviamente, molto delicata. Pertanto si ritiene che (in mancanza di ulteriori specificazioni): - per il personale ATA detto termine debba essere quello previsto nel CCNL, illustrato nel punto a); - per il personale docente detto termine debba essere quello previsto nel DPR n. 3/1957, illustrato nel punto b). Non ci sembra però inutile precisare che alcuni “commentatori” ritengono che anche per il personale docente il termine del preavviso debba essere ridotto a 10 giorni, essendo non più applicabile l’art.127 del TU – DPR n. 3/1957. Inoltre per “armonizzare” la preesistente normativa con quella introdotta dal D.Lgs n.150/2009, nell’arco temporale del preavviso dovrebbero essere ricompresi anche i giorni di assenza ingiustificata già verificati, conseguentemente il dirigente scolastico dovrebbe, senza indugio, fin dai primi giorni notificare la “diffida” al dipendente assente ingiustificato affinché adempi alla riassunzione in servizio entro il 10° giorno dall’inizio dell’assenza, in modo da evitare problematiche interpretative tali da comportare comunque il “licenziamento” disciplinare se le assenze non risultassero giustificabili. N.B. Le procedure per “la mancata riassunzione in servizio” si applicano anche nei casi di dimissioni del dipendente, non accolte dall’Amministrazione. Tale argomento è illustrato nel successivo punto 6. 3) LE MINORI SANZIONI PER ASSENZE INGIUSTIFICATE – PERSONALE ATA. Restano ferme, invece, le minori sanzioni previste dall’art. 95, COMMA 6, del CCNL, per assenze ingiustificate del personale ATA fino a tre giorni, anche non consecutivi, registrate nell’arco temporale di un biennio. Tali sanzioni sono commisurate ai giorni di assenza ingiustificata ed anche al “comportamento” del lavoratore (buona fede, assenza di precedenti illeciti, irreprensibile condotta lavorativa, ecc.); la sanzione, in tali casi, comporta una sospensione dal servizio e del relativo trattamento economico, fino ad un massimo di 10 giorni (la massima sanzione applicabile ai sensi dell’art.95 del vigente CCNL prima di ricorrere al “licenziamento”). Inoltre, come alcuni autorevoli commentatori affermano, la sanzione può essere limitata al solo “rimprovero scritto” o alla “multa” di importo variabile fino ad un massimo di quattro ore di retribuzione, qualora l’assenza ingiustificata sia stata limitata ad un solo giorno, nonché determinata da “perfetta buona fede” (provata assenza di “dolo” o di “grave incuria”) e mancanza di precedenti comportamenti illeciti. A nostro avviso, se la mancanza del lavoratore è assolutamente scusabile e non si registrano precedente negativi, autonomamente il Dirigente può anche decidere non attivare la procedura sanzionatoria, ascrivendo l’assenza all’istituto delle ferie o ai permessi per motivi personale (con o senza retribuzione). 4) LE MINORI SANZIONI PER ASSENZE INGIUSTIFICATE – PERSONALE DOCENTE. Per il personale docente, le minori sanzioni per assenza ingiustificata (massimo tre giorni in un biennio), ove già non ricorrano i presupposti per l'applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso, non sono, ad oggi, compiutamente disciplinate (spetterà al prossimo CCNL definirle, in ottemperanza all’art.55, comma 2 del TU – D.Lgs n.165/2001). Infatti, l’attuale normativa che attiene alle infrazioni e alle relative sanzioni che si applicano nei confronti del personale docente, è contenuta negli articoli da 492 a 501 del TU-D.Lgs n.297/1994 (cui rinvia l’art. 91 del vigente CCNL). Il TU del 1994, non precisa la sanzione per assenze ingiustificate (fino ad un massimo di tre giorni in un biennio), ma prevede che, prima dalla massima sanzione possibile (la “destituzione”, ora assimilabile al “licenziamento) il docente può subire diversi gradi di sanzioni (dall’avvertimento scritto fino alla sospensione delle funzioni per un massimo di 6 mesi). Il MIUR, nella circolare n.88 dell’8/11/2000, in modo però generico, prevede la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 3 giorni a 3 mesi, in proporzione all'entità del risarcimento (sic!); tale sanzione si applica per: “violazione di obblighi legati alla prestazione lavorativa - stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti o provvedimenti dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento alla quale consegua la condanna della P.A. al risarcimento del danno ( art.55sexies, co. 1, D.Lgs. 165/01)”. E’quindi evidente che la descritta sanzione risulta d’improbabile applicazione alla fattispecie qui esaminata, in quanto il preciso riferimento all’art. 55sexies, comma 1, prefigura un comportamento 3 tale da aver determinato un ben preciso danno verso terzi con condanna dell’amministrazione al risarcimento (*). Quindi, “siamo punto e a capo”: quale sanzione è applicabile alla “fattispecie”? L’USR del Piemonte perviene, a nostro avviso, ad una soluzione logica ed equa: “=si ritiene che l’infrazione accertata sia soggetta a sanzione non superiore ai dieci giorni di sospensione dal servizio e della retribuzione, di competenza del dirigente scolastico.”. L’entità della sanzione, da infliggere al personale docente, è quindi adattata alla stessa tipologia d’infrazione commessa dal personale ATA. Anche per il personale docente vale la discrezionalità di imporre una sanzione meno grave (avvertimento scritto o censura), qualora l’assenza ingiustificata sia di breve durata (massimo un giorno) e in mancanza di “dolo” o colpa grave” da parte del docente, nonché l’assenza di precedenti negativi o, addirittura di non precedere nell’iter sanzionatorio per le situazioni già descritte per il personale ATA nel precedente punto 3 ------------------(*) Tale fattispecie si può verificare, ad esempio, quando una famiglia si trova costretta a ricorrere ad onerose lezioni private per sopperire al deficitario insegnamento impartito da un docente (scarsa presenza e/o scarsa professionalità e preparazione culturale e didattica dell’insegnante). Se i genitori riescono a provare, in sede giurisdizionale, che le carenze di apprendimento scolastico del figlio sono state determinate dalla scarsa “professionalità” dell’insegnante, il tribunale può imporre all’Amministrazione il risarcimento del danno (quantificabile nell’onere sostenute per le lezioni private). L’Amministrazione, in tal caso, applicherà la descritta sanzione nei confronti del docente, fatte salve ulteriori azioni di risarcimento e/o di accertamento della “capacità didattica” dell’insegnante. 5) CALCOLO DEL BIENNIO DI RIFERIMENTO. Il biennio di riferimento si misura, a ritroso, da ogni assenza ingiustificata che ha dato luogo ad una sanzione disciplinare. Ad esempio: per un’assenza ingiustificata registrata il 10/10/2014, il biennio di riferimento è quello compreso tra l’11/10/2012 e il 10/10/2014. In tale arco temporale non devono essere presenti più di tre giorni di assenza ingiustificata; di contro, l’Amministrazione potrà decidere di attivare la procedura del licenziamento, nel rispetto dell’iter delineato dall’art.55bis del D.Lgs n.165/2001 (vedi successivo punto 7). 6) IL PROBLEMA DELLE DIMISSIONI NON ACCOLTE (DECADENZA O LICENZIAMENTO?). Con riferimento a quanto illustrato nel precedente punto 2, si precisa che in tale fattispecie è ricompreso anche il caso delle “dimissioni” non accolte dall’Amministrazione. Prima di procedure è opportuno esaminare meglio la problematica delle “dimissioni” (recesso). In base al diritto del lavoro privato (cui sottostà anche il pubblico impiego) l’istituto del “recesso” é regolato “in primis” del Codice civile (in particolare negli articoli 2218 e 2121): “Art. 2118 (Recesso dal contratto a tempo indeterminato) Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità. In mancanza di preavviso, il recedente é tenuto verso l'altra parte a un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. La stessa indennità é dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro. Omissis. Art. 2121 (Computo dell'indennità di mancato preavviso) L'indennità di cui all'articolo 2118 deve calcolarsi computando le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni agli utili o ai prodotti ed ogni altro compenso di carattere continuativo, con esclusione di quanto é corrisposto a titolo di rimborso spese. Se il prestatore di lavoro é retribuito in tutto o in parte con provvigioni, con premi di produzione o con partecipazioni, l'indennità suddetta é determinata sulla media degli emolumenti degli ultimi tre anni di servizio o del minor tempo di servizio prestato. Fa parte della retribuzione anche l'equivalente del vitto e dell'alloggio dovuto al prestatore di lavoro.” In subordine è la “contrattazione collettiva nazionale”, regolante la disciplina del rapporto di lavoro per ogni comparto o settore lavorativo (che ha sostituito le “norme corporative”) a stabilire quando, e come si può “recedere” dal contratto a T.I. e l’importo dell’indennità di “mancato preavviso”. Il CCNL della Scuola, però, ha disciplinato, con il già citato e riportato art. 23 (vedi punto 1), solamente i termini di preavviso e la relativa indennità in caso di mancato rispetto di detti termini da parte dell’Amministrazione (*). Si evidenzia che gli obblighi relativi al “preavviso”, stabiliti nell’art. 23 del CCNL, riguardano esclusivamente il “datore di lavoro” (L’Amministrazione); cosa significa? Che il dipendente della scuola può recedere dal contratto in un qualsiasi momento dell’anno scolastico e senza alcuna penalizzazione economica? No! In quanto il CCNL, con l’art. 146, comma 1, lettera c) (*), di fatto adotta tutta la normativa disciplinante la materia e in particolare quella contenuta nel DPR 28 aprile 1998, n.351 ”Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti in materia di cessazione 4 dal servizio e di trattamento di quiescenza del personale della scuola, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59”, come modificato dal DPR 11 gennaio 2001, n.101. “Articolo 1 (Cessazione dal servizio) 1. I collocamenti a riposo a domanda per compimento del quarantesimo anno di servizio utile al pensionamento e le dimissioni dall'impiego del personale del comparto "Scuola" con rapporto di lavoro a tempo indeterminato decorrono dall'inizio dell'anno scolastico o accademico alla data in cui la domanda è stata presentata.” 2. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione è stabilito il termine entro il quale, annualmente, il personale di cui al comma 1 può presentare o ritirare la domanda di collocamento a riposo o di dimissioni. Omissis. Pertanto: dal comma 1 si evince che le “dimissioni” decorrono sempre dal 1° settembre di ogni a.s.; dal comma 2 si evince che le dimissioni devono essere espresse entro la data annualmente stabilita dallo stesso MIUR con apposito decreto (di norma ricadente nel periodo tra fine gennaio e i primi di febbraio di ogni anno, per le cessazioni dal successivo 1° settembre). Ciò significa che, se la data ultima per la presentazione delle dimissioni è stabilita al 31 gennaio, la volontà del dipendente di cessare dal servizio entro il successivo 1° settembre, deve essere espressa entra tale data, ma questo deve assicurare la prestazione del servizio fino al 31 agosto. Pertanto, una domanda di cessazione presentata dopo il 31 gennaio implicherà l’obbligo di prestazione del servizio fino al 31 agosto dell’anno successivo!. Quindi, per la scuola, i termini di preavviso che deve rispettare il dipendente sono quelli derivanti dall’applicazione del citato DPR n.351/1998. Sicuramente, rispetto al resto dei lavoratori pubblici e privati, tali termini appaiano eccessivamente prolungati, anche se hanno una “parziale” giustificazione nella particolarità del lavoro di questo “comparto”, essenzialmente scandito dalla durata dell’anno scolastico. N.B. Non si deve confondere il dimissionamento in quanto tale, dal dimissionamento con diritto a pensione, con decorrenza dal 1° settembre (per coloro che hanno maturato i requisiti entro il 31 dicembre dello stesso anno). Qualora il dipendente intenda comunque cessare dal servizio prima delle “canoniche” date, le sue dimissioni non possono essere accolte dall’Amministrazione, di conseguenza la mancata prestazione del servizio, dalla data indicata dal dipendente, si configura come assenza ingiustificata! Che, pertanto, come tale deve essere trattata ai fini dei suoi effetti. Come giustamente precisa l’USR del Piemonte, con l’introduzione dell’art. 55quater nel TU – D.Lgs n.165/2001, non risulta più applicabile l’istituto della “decadenza”, come era disciplinato nell’art. 127 del TU- DPR 10 gennaio 1957, n.3. Pertanto, in caso di dimissioni non accolte il dipendente che cessa comunque dal servizio, deve essere considerato “assente ingiustificato” e in caso di non ottemperanza alla “diffida” di riassumere servizio entro i termini stabiliti (vedi punto 2), l’Amministrazione dovrà attivare l’iter sanzionatorio (vedi successivo punto 7); procedimento non previsto, invece, nella previgente normativa, in quanto risultava bastevole la mancata ripresa del servizio (entro i termini stabiliti) per l’applicazione dell’allora istituto della “decadenza” ex art.127 del TU - DPR n. 3/1957. Si precisa che, anche nel caso in cui il dipendente ottemperi alla diffida, con ripresa del servizio entro i termini (vedi anche precedente punto 2), pur escludendo la sanzione del “licenziamento”, l’Amministrazione è comunque tenuta ad aprire il procedimento sanzionatorio per le assenze ingiustificate. Si deve evidenziare quello che per noi è un paradosso: trattasi dello “smisurato” periodo di preavviso richiesto al dipendente della scuola che vuole dimettersi, a prescindere dal diritto all’indennità di quiescenza (pensione) che non trova riscontro in nessun altro comparto di lavoro pubblico e privato. Tale “anomalia” obbliga il personale che intende dimettersi, senza incorrere nella sanzione del “licenziamento disciplinare” a permanere coattivamente in servizio per un periodo di tempo che non trova nessuna giustificazione nelle esigenze organizzative dell’amministrazione. Ad esempio, se a un lavoratore della scuola insorge la necessità di cessare dall’attuale rapporto di lavoro nel mese di marzo 2015, le sue dimissioni decorreranno solo dal 1° settembre 2016, di contro dovrebbe sottostare alla “trafila” del procedimento disciplinare che, oltretutto, si configurerebbe come un grave illecito compiuto ai danni dal suo “datore di lavoro”. Inoltre, a ben vedere, il riferimento contrattuale, il già citato art.146, comma 1, lettera c) è impropriamente riferito anche alla procedura delle “dimissioni”, infatti la norma così recita: “Art.146 (Normativa vigente e disapplicazioni) 1. In applicazione dell’art.69, comma 1, del d.lgs. n.165/2001, tutte le norme generali e speciali del pubblico impiego vigenti alla data del 13 gennaio 1994 e non abrogate divengono non applicabili con la firma 5 definitiva del presente CCNL, con l’eccezione delle seguenti norme e di quelle richiamate nel testo del presente CCNL che, invece, continuano a trovare applicazione nel comparto scuola: Omissis. c) tutta la materia relativa al collocamento a riposo resta regolata dalle norme vigenti; Omissis.” Conseguentemente, si può ipotizzare che l’istituto delle dimissioni, quando non collegato al diritto a percepire la pensione (collocamento a riposo) risulti NON contrattualmente disciplinato. Perciò l’unico riferimento normativo, in tale situazione, sarebbe quello contenuto nell’art. 2118 del Codice civile (sopra riportato), il quale, in mancanza di ulteriore normativa, stabilisce che i modi e i termini del preavviso, devono sottostare al principio di “equità”; principio che certamente non è rinvenibile nell’attuale disciplina stabilita nel DPR n.351/1998. Per tutto quanto espresso riteniamo indispensabile che il prossimo CCNL affronti con più “equità” il tema delle “dimissioni”, prevedendo tempi più consoni alle esigenze delle persone, anche introducendo, come avviene nel sottore privato, una penale economica qualora il lavoratore si trovi costretto e non rispettarli. 7) L’TER DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE (SINTESI) Per tutti i casi descritti nei precedenti punti (compreso il dimissionamento non accolto dall’Amministrazione), il Dirigente scolastico deve aprire il procedimento disciplinare nei tempi e nei modi descritti nell’art. 55bis (Forme e termini del procedimento disciplinare) del TU – D.Lgs n.165/2001, come novellato dal D.Lgs n.150/2009. Si deve precisare che l’apertura del procedimento (contestazione di addebito) non comporta necessariamente l’irrogazione della sanzione disciplinare. Infatti, la norma prevede che l’Amministrazione (dirigente scolastico o dirigente responsabile dell’USR) convochi il lavoratore per la discussione del “contraddittorio”, con l’assistenza di un legale o di un dirigente sindacale, al fine di valutare tutte le condizioni che hanno determinato il “fatto”e le giustificazioni dello stesso lavoratore. Il dirigente scolastico deve notificare la “contestazione di addebito” non oltre il 20° giorno da quando ha acquisito la conoscenza del “fatto” (quindi, nel caso di assenze ingiustificate, dal primo giorno di mancato servizio). La data stabilita per lo svolgimento del “contraddittorio”, deve essere trasmessa con un preavviso di almeno 10 giorni (di norma è indicata nell’atto della “contestazione di addebito). Il procedimento si deve concludere (con l’irrogazione della sanzione o con l’archiviazione) entro 60 giorni dalla “contestazione di addebito”. Qualora il dirigente scolastico ritenga che la sanzione da applicare possa essere superiore alla sospensione dal servizio fino a 10 giorni, trasmetterà la “pratica” (entro 5 giorni dall’accertamento del fatto) al competente dirigente dell’USR (e, per conoscenza, al lavoratore). In tal caso la “contestazione di addebito” sarà notificata dall’USR entro 40 giorni dalla ricezione degli atti trasmessi dal dirigente scolastico e la procedura dovrà concludersi entro 120 giorni dall’accertamento del fatto. Qualora la sanzione sia quella del “licenziamento disciplinare” per assenze ingiustificate, l’Amministrazione deve rispettare i termini di preavviso, come stabiliti nel già citato art. 23 del vigente CCNL (vedi punto 1). Contro l’eventuale sanzione disciplinare il lavoratore potrà adire le vie legali (ricorso giurisdizionale al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro). ******************* 6 Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte Direzione Generale Prot. n. AOODRPI0007364 /U Torino, 8 settembre 2014 Oggetto: Assenze ingiustificate o prive di valida giustificazione. Chiarimenti ed indicazioni operative. Con l’avvio dell’anno scolastico si ritiene opportuno fornire i seguenti chiarimenti in merito alle procedure da adottare in caso di assenza ingiustificata o priva di valida giustificazione del personale docente ed amministrativo, tecnico e ausiliario. Con la contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego e la successiva entrata in vigore del d.lgs. 150/2009 (introduzione dell’art. 55quater, comma 1, lett. b) del d.lgs. 165/2001) [1], l’assenza priva di valida giustificazione costituisce illecito disciplinare sanzionabile con il licenziamento con preavviso qualora ricorrano i presupposti indicati dalla citata norma: • assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio; • assenza priva di valida giustificazione per non più di sette giorni, nel corso degli ultimi dieci anni; • mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall'amministrazione. La disposizione, avendo natura di norma imperativa (cfr .art. 55, comma 1 e 2, d.lgs. 165/2001) [1], sostituisce le clausole contrattuali difformi ed abroga implicitamente le leggi e le altre norme di rango primario nella parte in cui si pongano in contrasto con la stessa. 1) PERSONALE ATA Quando ricorrono le citate ipotesi previste dall’art. 55quater, comma 1, lett. b), d.lgs. 165/2001 [1], per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario non trovano più applicazione i commi 6 e 7 dell’art. 95 CCNL 2006/2009 [2] che rispettivamente dispongono, in caso di assenza ingiustificata dal servizio per più di dieci giorni o abbandono dello stesso, la sanzione conservativa della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione sino a dieci giorni; in caso di assenza ingiustificata ed arbitraria per un periodo superiore a dieci giorni consecutivi la sanzione del licenziamento con preavviso. Resta assoggettata invece alla disciplina contrattuale (art. 95, comma 6, CCNL) [2] ed al potere disciplinare del Dirigente Scolastico l’ipotesi di assenza ingiustificata o assenza priva di valida giustificazione per periodi non superiori a tre giorni, anche non consecutivi, nel biennio. 2) PERSONALE DOCENTE Per il personale docente si ritiene che, in ragione della previsione introdotta dall’art. 55quater, comma 1, lett. b) d.lgs. 165/2001 [1] e della contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, non sia applicabile la procedura della decadenza (art. 127 DPR 3/57) [3] a cui rinvia l’art. 511 del d.lgs. 297/94 [4]. 7 Nel caso di assenze ingiustificate o prive di valida giustificazione per periodi non superiori ai tre giorni, anche non consecutivi, nel biennio, in assenza di disposizioni di dettaglio riguardanti il personale docente e in ragione del principio di proporzionalità delle sanzioni disciplinari, si ritiene che l’infrazione accertata sia soggetta a sanzione non superiore ai dieci giorni di sospensione dal servizio e della retribuzione, di competenza del dirigente scolastico. 3) INDICAZIONI OPERATIVE Si richiama la massima attenzione dei dirigenti scolastici a non avviare nei confronti del personale (docente e ata) le procedure di decadenza previste dall’art. 127 DPR 3/57 [3], nel caso in cui si verifichino assenze ingiustificate o prive di valida giustificazione o inottemperanze alle diffide a riprendere servizio. Nel caso di assenza ingiustificata o priva di valida giustificazione sarà cura dei dirigenti predisporre senza indugio, al verificarsi dell’assenza, puntuale diffida a riprendere servizio. Qualora il dipendente non abbia ottemperato alla diffida a riprendere servizio il dirigente scolastico, nel rispetto dei termini previsti dall’art. 55bis, comma 2, d.lgs. 165/2001 [1]: • trasmetterà all’USR (Ufficio IV, legale, contenzioso e procedimenti disciplinari) una circostanziata relazione per l’avvio del procedimento disciplinare trattandosi di illecito che, se accertato, richiede l’applicazione di sanzione superiore a dieci giorni di sospensione dal servizio e dalla retribuzione: • darà contestuale comunicazione al dipendente dell’avvenuta richiesta di attivazione del procedimento disciplinare (adempimento previsto dall’art. 55bis, comma 3, d.lgs. 165/2001) [1]. Si ringrazia per la collaborazione. Il Dirigente dell’Ufficio IV (legale, contenzioso e disciplinare) Gianluca Lombardo *********** N.d.R. Note inserite dalla FLC Cgil Toscana (Firenze, 22/09/2014) [1] Si riportano, per intero, gli articoli 55, 55bis e 55quater, del D.Lgs n.165/2001 e successive modificazioni e integrazioni. TU – Decreto legislativo 23 marzo 2001 n.165 Articolo 55 (a) Responsabilità, infrazioni e sanzioni, procedure conciliative 1. Le disposizioni del presente articolo e di quelli seguenti, sino all’articolo 55octies, costituiscono norme imperative, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile, e si applicano ai rapporti di lavoro di cui all'articolo 2, comma 2, alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2. 2. Ferma la disciplina in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile, ai rapporti di lavoro di cui al comma 1 si applica l'articolo 2106 del codice civile. Salvo quanto previsto dalle disposizioni del presente Capo, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi. La pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione del codice disciplinare, recante l’indicazione delle predette infrazioni e relative sanzioni, equivale a tutti gli effetti alla sua affissione all’ingresso della sede di lavoro. 3. La contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione dei provvedimenti disciplinari. Resta salva la facoltà di disciplinare mediante i contratti collettivi procedure di conciliazione non obbligatoria, fuori dei casi per i quali è prevista la sanzione disciplinare del licenziamento, da instaurarsi e concludersi entro un termine non superiore a trenta giorni dalla contestazione dell’addebito e comunque prima dell’irrogazione della sanzione. La sanzione concordemente determinata all’esito di tali procedure non può essere di specie diversa da quella prevista, dalla legge o dal contratto collettivo, per l’infrazione per la quale si procede e non è soggetta ad impugnazione. I termini del procedimento disciplinare restano sospesi dalla data di apertura della procedura conciliativa e riprendono a decorrere nel caso di conclusione con esito negativo. Il contratto collettivo definisce gli atti della procedura conciliativa che ne determinano l’inizio e la conclusione. 8 4. Fermo quanto previsto nell’articolo 21, per le infrazioni disciplinari ascrivibili al dirigente ai sensi degli articoli 55bis, comma 7, e 55sexies, comma 3, si applicano, ove non diversamente stabilito dal contratto collettivo, le disposizioni di cui al comma 4 del predetto articolo 55bis, ma le determinazioni conclusive del procedimento sono adottate dal dirigente generale o titolare di incarico conferito ai sensi dell’articolo 19, comma 3. ------------------(a) L’originario articolo 54 è stato sostituito con quello riportato dall'art. 1 comma 44 della legge 6/11/2012, n.190 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”. Articolo 55bis (a) Forme e termini del procedimento disciplinare 1. Per le infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale ed inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni, il procedimento disciplinare, se il responsabile della struttura ha qualifica dirigenziale, si svolge secondo le disposizioni del comma 2. Quando il responsabile della struttura non ha qualifica dirigenziale o comunque per le infrazioni punibili con sanzioni più gravi di quelle indicate nel primo periodo, il procedimento disciplinare si svolge secondo le disposizioni del comma 4. Alle infrazioni per le quali è previsto il rimprovero verbale si applica la disciplina stabilita dal contratto collettivo. 2. Il responsabile, con qualifica dirigenziale, della struttura in cui il dipendente lavora, anche in posizione di comando o di fuori ruolo, quando ha notizia di comportamenti punibili con taluna delle sanzioni disciplinari di cui al comma 1, primo periodo, senza indugio e comunque non oltre venti giorni contesta per iscritto l’addebito al dipendente medesimo e lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato, con un preavviso di almeno dieci giorni. Entro il termine fissato, il dipendente convocato, se non intende presentarsi, può inviare una memoria scritta o, in caso di grave ed oggettivo impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l’esercizio della sua difesa. Dopo l’espletamento dell’eventuale ulteriore attività istruttoria, il responsabile della struttura conclude il procedimento, con l’atto di archiviazione o di irrogazione della sanzione, entro sessanta giorni dalla contestazione dell’addebito. In caso di differimento superiore a dieci giorni del termine a difesa, per impedimento del dipendente, il termine per la conclusione del procedimento è prorogato in misura corrispondente. Il differimento può essere disposto per una sola volta nel corso del procedimento. La violazione dei termini stabiliti nel presente comma comporta, per l’amministrazione, la decadenza dall’azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di difesa. 3. Il responsabile della struttura, se non ha qualifica dirigenziale ovvero se la sanzione da applicare è più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, trasmette gli atti, entro cinque giorni dalla notizia del fatto, all’ufficio individuato ai sensi del comma 4, dandone contestuale comunicazione all’interessato. 4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari ai sensi del comma 1, secondo periodo. Il predetto ufficio contesta l’addebito al dipendente, lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento secondo quanto previsto nel comma 2, ma, se la sanzione da applicare è più grave di quelle di cui al comma 1, primo periodo, con applicazione di termini pari al doppio di quelli ivi stabiliti e salva l’eventuale sospensione ai sensi dell’articolo 55ter. Il termine per la contestazione dell’addebito decorre dalla data di ricezione degli atti trasmessi ai sensi del comma 3 ovvero dalla data nella quale l’ufficio ha altrimenti acquisito notizia dell’infrazione, mentre la decorrenza del termine per la conclusione del procedimento resta comunque fissata alla data di prima acquisizione della notizia dell’infrazione, anche se avvenuta da parte del responsabile della struttura in cui il dipendente lavora. La violazione dei termini di cui al presente comma comporta, per l’amministrazione, la decadenza dall’azione disciplinare ovvero, per il dipendente, dall’esercizio del diritto di difesa. 5. Ogni comunicazione al dipendente, nell’ambito del procedimento disciplinare, è effettuata tramite posta elettronica certificata, nel caso in cui il dipendente dispone di idonea casella di posta, ovvero tramite consegna a mani. Per le comunicazioni successive alla contestazione dell’addebito, il dipendente può indicare, altresì, un numero di fax, di cui egli o il suo procuratore abbia la disponibilità. In alternativa all’uso della posta elettronica certificata o del fax ed altresì della consegna a mani, le comunicazioni sono effettuate tramite raccomandata postale con ricevuta di ritorno. Il dipendente ha diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento. È esclusa l’applicazione di termini diversi o ulteriori rispetto a quelli stabiliti nel presente articolo. 6. Nel corso dell’istruttoria, il capo della struttura o l’ufficio per i procedimenti disciplinari possono acquisire da altre amministrazioni pubbliche informazioni o documenti rilevanti per la definizione del procedimento. La predetta attività istruttoria non determina la sospensione del procedimento né il differimento dei relativi termini. 9 7. Il lavoratore dipendente o il dirigente, appartenente alla stessa amministrazione pubblica dell’incolpato o ad una diversa, che, essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso, rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta dall’autorità disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false o reticenti, è soggetto all’applicazione, da parte dell’amministrazione di appartenenza, della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, commisurata alla gravità dell’illecito contestato al dipendente, fino ad un massimo di quindici giorni. 8. In caso di trasferimento del dipendente, a qualunque titolo, in un’altra amministrazione pubblica, il procedimento disciplinare è avviato o concluso o la sanzione è applicata presso quest’ultima. In tali casi i termini per la contestazione dell’addebito o per la conclusione del procedimento, se ancora pendenti, sono interrotti e riprendono a decorrere alla data del trasferimento. 9. In caso di dimissioni del dipendente, se per l’infrazione commessa è prevista la sanzione del licenziamento o se comunque è stata disposta la sospensione cautelare dal servizio, il procedimento disciplinare ha egualmente corso secondo le disposizioni del presente articolo e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro. ------------------(a) Articolo introdotto dall’art. 69 del D.Lgs. n.150 del 27/10/2009. Articolo 55quater (a) Licenziamento disciplinare 1. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi: a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia; b) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’amministrazione (b); c) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’amministrazione per motivate esigenze di servizio; d) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera; e) reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui; f) condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l’interdizione perpetua. 2. Il licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore al biennio, per la quale l’amministrazione di appartenenza formula, ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, una valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento di cui all’articolo 54. 3. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), d), e) ed f), del il licenziamento è senza preavviso. ------------------(a) Articolo introdotto dall’art. 69 del D.Lgs. n.150 del 27/10/2009. (b) Per quanto riguarda il termine in questione, deve essere preso a riferimento il termine di 11 giorni, come si evince dall’art.95, comma 6, lettera C) del vigente CCNL. [2] Si riportano i commi 6 e 7 dell’articolo 95 del vigente CCNL: CCNL 2006/2009 del 29/11/2007 Art. 95 Codice disciplinare (N.d.R. personale ATA) Omissis. 6. La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a un massimo di 10 giorni si applica, graduando l'entità della sanzione in relazione ai criteri di cui al comma 1, per: a) recidiva nelle mancanze previste dal comma 4 che abbiano comportato l'applicazione del massimo della multa; b) particolare gravità delle mancanze previste nel comma 4; 10 c) assenza ingiustificata dal servizio fino a 10 giorni o arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi, l'entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell'assenza o dell'abbandono del servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità della violazione dei doveri del dipendente, agli eventuali danni causati all'Amministrazione, agli utenti o ai terzi; d) ingiustificato ritardo, fino a 10 giorni, a trasferirsi nella sede assegnata dai superiori; e) testimonianza falsa o reticente in procedimenti disciplinari o rifiuto della stessa; f) comportamenti minacciosi, gravemente ingiuriosi, calunniosi o diffamatori nei confronti dei superiori, di altri dipendenti, dei genitori, degli alunni o dei terzi; g) alterchi con ricorso a vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con genitori, alunni o terzi; h) manifestazioni ingiuriose nei confronti dell'Amministrazione, esulanti dal rispetto della libertà di pensiero, ai sensi dell'art. 1 della legge 300 del 1970; i) atti, comportamenti o molestie, anche di carattere sessuale, che siano lesivi della dignità della persona; l) violazione di doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti da cui sia, comunque, derivato grave danno all'Amministrazione, ai genitori, agli alunni o a terzi. 7. La sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso di applica per: a) recidiva plurima, almeno tre volte nell'anno, nelle mancanze previste nel comma 6, anche se di diversa natura, o recidiva, nel biennio, in una mancanza tra quelle previste nel medesimo comma, che abbia comportato l'applicazione della sanzione di dieci giorni di sospensione dal servizio e dalla retribuzione; b) occultamento, da parte del responsabile della custodia, del controllo o della vigilanza, di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell'Amministrazione o ad essa affidati; c) rifiuto espresso del trasferimento disposto per motivate esigenze di servizio; d) assenza ingiustificata ed arbitraria dal servizio per un periodo superiore a dieci giorni consecutivi lavorativi; e) persistente insufficiente rendimento o fatti che dimostrino grave incapacità ad adempiere adeguatamente agli obblighi di servizio; f) condanna passata in giudicato per un delitto che, commesso fuori del servizio e non attinente in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta la prosecuzione per la sua specifica gravità; g) violazione dei doveri di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti di gravità tale, secondo i criteri di cui al comma 1, da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro. Omissis. [3] Si riportano gli articoli 127 e 128 del TU – DPR 10/1/1957, n.3: TU – DPR 10/01/1957, n.3 Capo II Decadenza dall'impiego Art. 127 Decadenza 1. Oltre che nel caso previsto dall'art. 63 (a), l'impiegato incorre nella decadenza dall'impiego: a) quando perda la cittadinanza italiana; b) quando accetti una missione o altro incarico da una autorità straniera senza autorizzazione del Ministro competente; c) quando, senza giustificato motivo, non assuma o non riassuma servizio entro il termine prefissogli, ovvero rimanga assente dall'ufficio per un periodo non inferiore a quindici giorni ove gli ordinamenti particolari delle singole amministrazioni non stabiliscano un termine più breve; d) quando sia accertato che l'impiego fu conseguito mediante la produzione di documenti falsi o viziati da invalidità non sanabile. 2. La decadenza di cui alle lettere c) e d) è disposta sentito il consiglio di amministrazione. ---------(a) L’art. 63 è rubricato: “Provvedimenti per casi d'incompatibilità”. Art. 128 Effetti della decadenza. 1. La decadenza non comporta la perdita del diritto al trattamento di quiescenza secondo le norme vigenti qualora non derivi da perdita della cittadinanza. 2. L'impiegato decaduto ai sensi della lettera d) dell'art. 127 non può concorrere ad altro impiego nell'Amministrazione dello Stato. 11 [4] Si riporta l’articolo 511 del TU – D.Lgs, 16/4/1994, n.297: TU – D.Lgs. 16/04/1994, n.297 Articolo 511. Decadenza 1. Al personale di cui al presente titolo si applicano, in materia di decadenza dall'impiego, le disposizioni di cui al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, e successive modificazioni. *******************
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