gli usi e costumi dei Malgasci La lingua malgascia, “malagasy”, è una mescolanza della lingua maleseindonesiana, dell’arabo, del swahili e della diretta traduzione letterale del francese e dell’inglese. In Madagascar ci sono tanti dialetti quante sono le etnie, 18, ma tutti i malgasci si comprendono parlando il “malagasy ufficiale”; come in Italia ogni regione o provincia ha un suo dialetto, ma tutti ci comprendiamo parlando la lingua nazionale che è l’italiano. Nella cultura malgascia gli antenati, i primogeniti, e la “Fihavanana” (intraducibile, ma che possiamo interpretare come un’amicizia profonda che coinvolge gli animi) hanno un ruolo molto importante e rientra nel costume malgascio lo scusarsi a lungo, prima di entrare nel vivo di un discorso o di una discussione. La musica tradizionale malgascia è l’”Hira Gasy” (canto o balletto malgascio) che si avvicina a quella di una nostra operetta. I canti malgasci quasi sempre trattano temi moralisti anche con umorismo. Il rispetto dei “Razana” (antenati) spinge alcune etnie a realizzare delle autentiche artistiche opere funerarie ed a praticare la “Famadihana” che è una specie di riesumazione seguita da una festa a cui si fa partecipare il defunto, ricomponendolo per poi riporlo nella tomba. I malgasci sono gente pacifica e tollerante, tuttavia sono molto legati ai loro usi e costumi, tra cui il rispetto per le persone anziane e quello massimo per i luoghi “Fady” (sacri) . Così, prima di fotografare o riprendere con telecamera una persona o un gruppo domandate loro il permesso. Nei piccoli villaggi la vostra presenza è spesso considerata un evento, suscitando curiosità e timore. Al fine di non urtare la suscettibilità e per non violare i costumi della sottile gerarchia malgascia, prima di tutto, chiedete di salutare il capo del villaggio (fokontany). Inoltre, prima di visitare un posto, informarsi sempre se questo luogo è o non è fady (sacro); questi luoghi sono sempre ben localizzati (come una sorgente, come una tomba, etc.) e non oltrepassare il limite del luogo sacro con della carne di maiale o non passare davanti ad una determinata pietra e non puntare il proprio dito su tale luogo. I malgasci sono molto cortesi per loro natura, rispettosi ed addirittura ossequiosi. In generale, i comportamenti di educazione sono simili a quelli nostri e non c’è nessuna particolare regola da rispettare. Ringraziate sempre e salutate sistematicamente, se possibile nella lingua malgascia, il buon galateo ha una grande importanza nelle relazioni sociali. La stretta di mano è d’uso corrente, ma è intrisa di una certa solennità, per lo più un cenno del capo ed un sorriso franco, di cui i malgasci non sono avari, sono sufficienti ed apprezzati. Il rispetto e l’obbedienza agli anziani o di un rango più elevato sono la base di tutte le relazioni umane, in Madagascar. Per un malgascio, voi, straniero ed ospite di riguardo, sarete la persona a cui deve rispetto; e questo impone la reciprocità da parte vostra. la li n gu a ma lg asc ia, spec chio dell a cu ltur a mal gasc ia La lingua malgascia o malgascio (nome nativo malagasy) è la più occidentale delle lingue austronesiane. È la lingua nazionale del Madagascar ed è parlata anche in alcune isole della zona. (Il termine "malgascio" viene anche usato per riferirsi alla popolazione del Madagascar). Il malgascio come lingua è nato dall'ufficializzazione della lingua merina, parlata dal popolo omonimo. Le lingue delle altre etnie malgasce sono piuttosto simili e spesso classificate dialetti del malgascio. Il vocabolario tradizionale del malgascio è al 90% sovrapposto con quello della lingua Maanyan, parlata nella zona del fiume Barito nel sud del Borneo. Questo legame linguistico è uno degli elementi su cui si basa la teoria predominante circa la colonizzazione del Madagascar, che sarebbe avvenuta fra 1000 e 2000 anni fa da parte di popolazioni del Borneo, in seguito mischiatesi ad africani, asiatici e arabi. Il malgascio presenta altre influenze soprattutto dalle lingue bantu e dall'arabo, con qualche vocabolo di radice comune col sanscrito. La frase ha l'insolita struttura verbo-oggetto-soggetto. Le parole sono accentate sulla penultima sillaba, eccetto quelle che terminano in ka, tra o na, accentate sulla terzultima. Le vocali non accentate sono spesso elise nella lingua parlata; per esempio fanorona si pronuncia "fanùrn" (o in francese, fanourne) e malagasy suona all'incirca come la sua translitterazione francese Malgache. Non c’è dubbio alcuno che il visitatore che arriva in Madagascar per la prima volta è colpito dalla musicalità della lingua malgascia, comprendente numerose “a”, un po’ come in italiano. Ma ben presto ci si rende conto che tante “a” , seppure scritte, non sono pronunciate e che numerose sillabe restano mute. Con queste osservazioni abbiamo rilevato un aspetto della cultura malgascia: i sottintesi sono numerosi, non solamente nel parlare comune, ma anche nell’espressione delle idee; questo non vuol dire che il malgascio vuole fare il misterioso, ma il processo delle sue riflessioni deriva da modelli d’immagine di locuzioni proverbiali oscure per colui che sin dalla sua infanzia non vi è stato abituato, come per tutti coloro che non sono malgasci. I discorsi malgasci sono quasi sempre tutti espressi in parabole e proverbi. Così nessuno vi dirà, ad esempio, che voi agite a vostro rischio e pericolo, ma per farvi capire il concetto vi si racconterà la storia del mitico personaggio di Rakamisy che ha desiderato sposare una donna dell’altipiano, sottintendendo quanti oneri e responsabilità gravano su di un impegno del genere. Di fatto, importanti discorsi di eloquenti oratori possono consistere unicamente in una serie di proverbi più o meno umoristici, e all’apparenza sconclusionati, che fanno la felicità di chi li ascolta perché mirati a disorientarli o a essere presentati come indovinelli. Durante la festa di un matrimonio, l’oratore parlando a nome della famiglia dello sposo ha impiegato tre minuti per domandare se poteva cominciare a parlare, cinque minuti per salutare la famiglia lì riunita al gran completo e quattro minuti per scusarsi di aver preso la parola. Di seguito, l’oratore della famiglia della sposa non poteva fare di meno, così che ha potuto entrare nel vivo del discorso nella prima mezz’ora: presentando la sposa, i suoi ascendenti della seconda generazione e le sue origini, così del desiderio di sposare il suo fidanzato enumerando, pure per quest’ultimo, in dettaglio tutti gli ascendenti e le origini. Il sottinteso più evidente è stato che la sposa era già in attesa del bebè, che nacque due mesi dopo le nozze. Ma l’onore era stato salvato: una cerimonia presentata secondo la migliore arte oratoria e seguita dal tradizionale banchetto., e così la reputazione non è stata compromessa. In Madagascar mai offendere il proprio interlocutore, anche se è un avversario di partito. Quanto sopra detto vale anche per i discorsi dei politici: non mettere mai i punti sulle i, ma delle sottili allusioni devono far comprendere all’avversario che ha torto, così da permettergli di far marcia indietro senza però perdere la faccia. Nel caso dei saluti, normalmente, nulla di più semplice che dire buongiorno o buonasera, salvo che in Madagascar: bisogna sapere a quale classe sociale appartiene la persona che si saluta e in che tipo di occasione si rivolge il saluto. La formula dei saluti cambia se sono rivolti ad un aristocratico o ad un popolano in strada, e anche secondo l’etnia a cui appartiene la persona o ancora se i saluti sono rivolti in occasione di una visita di condoglianze o nell’informarsi della salute di un bambino prossimo alla circoncisione o già circonciso. Colui a cui è rivolto il saluto può offendersi se si ci sbaglia nel formulare il saluto e potrà perdonare solo gli stranieri che notoriamente ignorano gli usi ed i costumi. letter atu ra , pitt ur a, musica e da nz a mal gasc ia Tuttavia la cultura non si limita solo al parlare e quella del Madagascar non è solamente orale. La letteratura ha un posto primario con degli autori rinomati quali Rabearivelo, Rabemananjara, Ramanantoanina o Georges Andriamanantena, per citarne alcuni tra quelli più conosciuti dal grande pubblico. È vero che lo studio delle loro opere deve essere fatto con una approfondita conoscenza della lingua malgascia e delle sue sottigliezze perché la loro lingua madre traspare anche in quelle loro opere in francese. La comprensione e l’accesso alle opere è più semplice e facile quando si tratta di pittura dove chiunque può riconoscere forme e colori anche quando il quadro si avvicina di più a quelli di Miro o di Matisse che a quelli di Vinci o di Breughel. I pittori malgasci si evolvono, in effetti, quasi al ritmo di quelli stranieri e non si limitano più all’arte figurativa che gli era abituale, ma si lanciano in una libera ricerca di espressione non asservita ai tradizionali canoni. La musica malgascia è ancora più dinamica della pittura perché si feconda, assimila le musiche del mondo intero grazie alla facilità di comunicazione internazionale e grazie alle nuove tecnologie di informazione. La musica malgascia eseguendo non solamente canzoni in lingua malgascia, ma in francese ed in inglese, in particolare in rap, comincia ad addentrarsi nel mondo di quella orchestrale dopo aver già brillato nel jazz ed in quella della danza. In questa rapida scorsa della cultura malgascia è doveroso ricordare musica tradizionale dei la musicanti ambulanti chiamata “Mpihira gasy”. Una parte della musica malgascia abbastanza vicina all’operetta occidentale per il suo insieme di arie coinvolgenti e di recitazione, attira la gente per i suoi temi moralistici e in oggi conosce una sua rinascita perché si dice che anche a livello governativo ne siano apprezzate le caratteristiche con conseguente supporto. Questa arte così eclettica si rifà alla retorica, alla poesia ed alla danza non esitando ad un’opera moralizzatrice ed inserendo nelle sue composizioni canti religiosi. Mentre la danza tradizionale malgascia si avvicina a quella delle genti di Bali, sia per i movimenti delle spalle e delle mani come delle gambe, alcuni giovani artisti si sono lanciati nell’eseguire delle coreografie moderne attirando l’attenzione di affermati coreografi dell’Europa e dell’America. Il Cinema, la settima arte, è quella che ha avuto un’avvio folgorante dovuto soprattutto alla realizzazione in digitale, meno costosa in Madagascar, di quella classica su pellicola. Al Festival di Durban , i cortometraggi presentati dal Madagascar hanno fortemente impressionato il pubblico e diversi produttori del posto si sono lanciati in questo settore, con un certo successo visto l’afflusso del pubblico alle proiezioni. Questo successo è dimostrato anche dalle innumerevoli copie pirata su DVD nonostante gli avvertimenti contro questo tipo di pirateria. particolari usi e costumi in Madagascar In materia di cultura, un aspetto molto interessante è quello delle insolite usanze della popolazione, come il caso del ritorno dei morti (in malgascio Famadihana), del rito della circoncisione, del tipico matrimonio e della particolare sepoltura. Questi eventi segnano la vita terrena della gente del Madagascar a prescindere dalla religione e dall’ideologia di appartenenza. i l r i t o r n o d e i m o r t i ( Famadihana ) Questa usanza, dalle radici profonde, per alcuni membri del clero protestante è considerata un sincretismo e vista come una forma di paganesimo da combattere a tutti i costi, diversamente dal clero cattolico è lasciata libera tanto che durante questa cerimonia, se il defunto è cattolico come i suoi discendenti, viene celebrata anche la Santa Messa. Questo rito è una forma di culto e di rispetto nei confronti degli antenati e numerosi malgasci approfittano di questo evento per chiedere ai loro defunti una benedizione o una intercessione. Si può evidenziare in questo rito un seguito logico a quei forti legami familiari che sono esistiti tra i vivi. In effetti come pensano tanti Bantu: “io sono perché noi siamo” tanti malgasci non concepiscono la vita e la morte come avvenimenti estranei alla collettività. Le famiglie si identificano in quelli che “ da vivi, abitiamo la stessa casa e da morti condividiamo la stessa tomba”. Infatti è raro trovare nei cimiteri delle tombe individuali: le tombe sono tutte delle tombe di famiglia, o tombe comunitarie famigliari, o claniche dove “ i crani sono riuniti”. Le famiglie non esitano ad affrontare costi enormi per rimpatriare le spoglie dei loro cari scomparsi o le loro ceneri. Nel 1936 lo stato francese, conscio dell’importanza per la gente del Madagascar l’avere presso di se le spoglie dei loro cari, rimpatriò in Madagascar le ceneri della Regina Ranavalona III, morta in esilio ad Algeri 19 anni prima, per essere tumulate in una delle sette tombe esistenti ad Antananarivo presso il Palais de la Reine. Niente di eccezionale se si pensa che le ceneri di Napoleone Bonaparte morto a S.Elena nel 1821 furono rimpatriate in Francia solo nel 1845, 24 anni dopo la sua morte. Ma i due esempi precedenti riguardano due sovrani-simbolo, mentre il rito malgascio si pratica ai comuni mortali defunti, il più spesso tre o quattro anni dopo la loro morte. Ricordiamo che le tombe sono di dimensioni contenute in cui non è possibile collocare delle bare (a parte che le bare non sono molto in uso in Madagascar, anche per il loro eccessivo costo, sovente vengono noleggiate): i defunti sono tumulati avvolti in lenzuoli di seta grezza o di cotone che si deteriorano all’incirca nello stesso tempo del corpo del defunto. Sarà in questa epoca che si procederà all’esumazione del corpo per cambiare i lenzuoli. Coloro che non hanno alcuna possibilità interrano i loro cari defunti direttamente nel terreno, o in zone rocciose nelle cavità della roccia. Per essi quasi sempre non ci sarà il rito della riesumazione perché i cari sopravissuti non possono permettersi l’acquisto di lenzuoli. Come per le tombe dei più benestanti a fianco del defunto, o sulla tomba, sono collocati i simboli funerari e quanto possa rappresentare l’attività del defunto di quando era in vita. Questo rito di riesumazione dei defunti non comporta tristezza o lutto, ma è una festa, in alcuni casi caratterizzata da sacrifici di zebù, in cui si danza si suona e si festeggia con bevute e cibo. la ci rconcisi one ( Famorana ) Ereditato dalla tradizione semitica, o dagli arabi (si ricordi che in Madagascar sbarcarono degli arabi che lasciarono tracce della loro presenza come l’arte della fabbricazione della carta) questo rito per il bambino, qualsiasi religione professi, non è legato ad alcuna credenza particolare, ma significa la sua appartenenza al mondo dei maschi, tanto che il non essere coinciso farebbe sorgere il timore di non avere il potere di fecondare. Durante tutto il rito, che dura ore ed ore con suoni e cortei, sventolio di bandiere e foglie di palma, la formula che viene ripetutamente pronunciata è: “ tu sei un maschio, mio piccolo”. Se in Africa la circoncisione spesso marca il passaggio dalla pubertà all’età matrimoniale, in Madagascar quasi sempre si pratica prima dell’età scolare, certamente troppo precoce per un’età matrimoniale. Si può quasi affermare che, per alcuni, questo rito significa l’accesso alla cittadinanza della collettività perché si arriva ad interdire, ai non circoncisi, la tumulazione nella tomba degli antenati. L’operazione chirurgica sembra essa stessa non avere grande importanza, alcune volte viene praticata in clinica su un gruppo numeroso di bambini, altre volte viene praticata con strumenti poveri quali lamette da barba in strutture prive di qualsiasi igiene. Il senso profondo del rito si evidenzia nei costumi annessi: la data e l’ora dell’operazione, la cascata dell’acqua lustrale, che servirà per pulire la ferita, da un contenitore sostenuto da giovani robusti, un tronco di banano all’interno della casa a simboleggiare la virilità, la consumazione del prepuzio, avvolto in una banana, da parte del personaggio più importante affinché non diventi oggetto di rifiuto, il regalo di giocattoli, e i rituali di saluto.
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