Appunti di Danilo Cambiaghi

NOESIS – BERGAMO
INCONTRI di FILOSOFIA
GIUSEPPE GIRGENTI
ECONOMIA E VITA
ENERGHEIA
2013 - 2014
GIUSEPPE GIRGENTI – IL BISOGNO DEL RECUPERO DEL PENSIERO ANTICO E DELLA
METAFISICA
Giuseppe Girgenti – Università Vita-Salute San Raffaele - MI
Conferenza tenuta martedì 8 aprile 2014
1.1
RELAZIONE
Il conferenziere si dice imbarazzato nel dover sostituire il
prof. Reale1 su un titolo così impegnativo. Egli è uno storico
della filosofia, abituato a contestualizzare il pensiero
nell’epoca che lo ha espresso, la sfida ad attualizzare la
filosofia greca lo stimola ma lo intimorisce. Peraltro il suo
maestro prof. Reale, nel 96, aveva pubblicato il libro
“Saggezza Antica, terapia per i mali dell’uomo d’oggi”2, in
cui aveva propriamente svolto un lavoro di attualizzazione del
pensiero greco. Il discorso si imposta su un immaginario
dialogo tra Nietzsche e Platone, tra la denuncia del nichilismo del primo ed il culmine di vigore ed
ottimismo del pensiero impersonato dal secondo.
Il nichilismo è interpretabile proprio come sganciamento dai valori antichi. Per il ‘900 Nieztsche
ha avuto ragione, il secolo è stato un periodo di crepuscolo. Non solo è morto il Dio cristiano, ma è
morto il concetto di un dio che fosse supporto ad un universo valoriale. Dio era fulcro di una
visione non disperante. Ora, per citare Pasolini, dei valori antichi è rimasta solo la bellezza3, tutti
gli altri valori sono stati spazzati via.
La filosofia non è solo contemplazione, è la chiave delle motivazioni delle nostre scelte. Allora
dovremmo fare leva sulla bellezza per avviare un percorso di recupero degli altri valori che,
coltivati dai Greci, avevano preparato il terreno per il cristianesimo. Il Girgenti si definisce
studioso della confluenza tra valori greci e giudaico cristiani, da cui era nato un fiume di pensiero e
di valori che aveva attraversato secoli di storia, inaridendosi solo nell’8-900. Ogni rinascimento
nasce da un recupero, per rinascere bisogna tornare alla nascita.
Vediamo quindi se l’opera degli antichi possa essere valida ancora oggi. Nella filosofia, amore per
il sapere, c’è l’impulso originario a scoprire di più, dalle leggi della natura fino al senso della nostra
vita.
I primi erano stati i fisici, gli studiosi del mondo sensibile, di ciò che può essere verificato dai sensi.
Poi non ci si accontenterà più di spiegazioni naturalistiche, si comincerà ad intravedere un mondo
sopra sensibile, e comincerà a svilupparsi la metafisica.
1
Era previsto che la conferenza fosse tenuta dal prof. Giovanni Reale, poi impossibilitato a partecipare e sostituito dal
suo allievo e collaboratore Giuseppe Girgenti.
2
Si veda al capitolo dei complementi.
3
Peraltro insidiata, si veda ad esempio Franzini, Noesis, 2014, ma anche Zecchi ed altri
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2013 - 2014
La metafisica tende strutturalmente alla teologia: oltre la natura intravediamo qualcosa, cerchiamo
di conoscere quel qualcosa, poi lo chiameremo Dio.
I primi filosofi studiano la natura (physis) per cercarvi l’origine (archè) del cosmo. La loro ricerca
è di tipo scientifico. Credono di trovare l’archè in un elemento (acqua, aria, …), ma questi
elementi, che dovrebbero essere all’origine della natura, ne sono parte, e questo genera una aporia
insuperabile. Serve un elemento esterno, perenne, di per sé stabile, in cui la vita si esprima come
mutamento temporaneo, perturbazione.
Non c’è una vera spiegazione, ma si vede un atteggiamento filosofico che genera una frattura con la
visione mitologica. La filosofia è nata grande, perché è nata per la ricerca delle cause.
L’atteggiamento di questi primi filosofi è alla radice della scienza moderna, e quindi in successione
della tecnica e della tecnologia (a cui abbiamo anche impropriamente ricondotto categorie di verità
e di felicità).
Una prima proposta terapeutica prevede il recupero dell’atteggiamento critico proprio della filosofia
presocratica, atto a contrastare lo scientismo, che è una degenerazione sclerotizzante della scienza.
L’epistemologia, al contrario, è filosofia che recupera l’atteggiamento filosofico critico.
La scienza nasce nella filosofia, poi c’è stato un processo di separazione che ha portato la scienza a
perdere il senso autocritico4. La filosofia oggi può riportare il beneficio del dubbio. La filosofia è
curiosità, non riposa mai sui dati acquisiti.
Successivamente i filosofi hanno mutato il campo di indagine, passando dallo studio della natura
allo studio dell’uomo, preparando la strada alle scienze umane, ed alle scienze dello spirito,
ponendosi altre domande ed affrontando altre tematiche. Tematiche che coinvolgono l’identità
dell’uomo, le condizioni perché la sua vita possa dirsi buona, la politica, le virtù civili, fino al chi
sono io? il ed al conosci te stesso. Quali sono le mie capacità nei riguardi della polis? Da qui
nascono retorica e grammatica. Questo filone è alla radice dell’odierno filosofo politico, un
intellettuale che si interroga sul bene comune, a cui può indicare una via.
Il fine di questi filosofi era quello di individuare principi per la polis che fossero indirizzati a
superare gli interessi delle fazioni in funzione del bene comune. Compito del filosofo che si dedica
alla politica è dettare norme di comportamento mirale (o, secondo Socrate, avere cura dell’anima).
L’Occidente attuale potrebbe essere visto come frutto maturato da quelle radici lontane.
L’ellenismo vede il filosofo in un ambito più privato, educatore, guida e consigliere spirituale. Da
questo filone derivano le attali correnti di counseling5, o pratica filosofica orientata alla ricerca di
verità personali. E’ una posizione che, nata nell’ellenismo, si travasa nella pratica sacerdotale del
cristianesimo, in particolare nella confessione che poi, con la secolarizzazione, darà luogo alla
psicoanalisi ed al counseling. Si tratta di trovare nella cura di sé la regola aurea della ricerca, in
una prospettiva socratico-ellenistica.
4
Si veda però Cambiaghi, Noesis, 2012
5
Il termine counseling (o anche counselling secondo l'inglese britannico) indica un'attività professionale che tende ad
orientare, sostenere e sviluppare le potenzialità del cliente, promuovendone atteggiamenti attivi, propositivi e
stimolando le capacità di scelta. Si occupa di problemi non specifici (prendere decisioni, miglioramento delle relazioni
interpersonali) e contestualmente circoscritti (famiglia, scuola, lavoro). (da Wikipedia)
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Ulteriore evoluzione della filosofia è il passaggio dalla fisica alla metafisica (già con Platone ed
Aristotele), che introduce all’alterità di mondi sovrasensibili, come il mondo delle idee, quello delle
potenze in atto, quello delle cause e degli sviluppi.
La metafisica viene in soccorso alla fisica. La filosofia non è solo contemplazione, ma è vita attiva
che si esprime essenzialmente nella paideia6, il processo formativo, la formazione, l’insegnamento.
L’accademia di Platone, il Liceo7 di Aristotele ne sono simbolo ed esempio. Avevano scopi
pratici, essenzialmente la formazioni di politici e governanti. La paideia è il momento in cui
l’uomo mette in atto le proprie potenzialità per evolvere in buon cittadino. Qui la filosofia è vista
come insegnamento, non nel senso di trasferimento di nozioni, ma nel senso di esempio e di
generazione collaborativa di valori. Il frutto più attuale di questa impostazione è stato la riforma
Gentile8 della pubblica istruzione, a cui si deve la fondazione del Liceo Classico che ora altri paesi
stanno tentando di imitare mentre noi lo stiamo distruggendo.
Questo è il senso pedagogico della metafisica, non fuga in un mondo altro, ma fondamento di un
divenire civile.
Nella tarda antichità, verso il 500 d.c., la metafisica trascolora in teologia, si passa dalla ricerca
della vita buona alla ricerca della salvezza. Il posto dei filosofi è preso dai sacerdoti, e nel tempo
anche da taumaturghi, guru, propagatori di messaggi di salvezza. Neostoici e neopitagorici sono
pervasi dalla ricerca di una salvezza nell’aldilà, anche perché il qui ed ora era veramente brutto.
Questa posizioni si arricchivano anche con i messaggi che arrivavano da Egitto e da oriente, come i
culti di Osiride o del dio Mitra, fino a sfociare nel Cristianesimo, ove il filosofo diventa mediatore
tra umano e divino.
Prima di essere una religione il Cristianesimo è una filosofia. Al di là degli aspetti confessionali, il
Cristo è un grande riformatore morale.
Ha cambiato un’epoca ribaltandone i valori, come
sottolineato da Karl Jaspers9. Si inscrive, con Buddha, Socrate e pochi altri, nel novero delle
personalità che hanno incarnato la crisi di un’epoca e ne hanno fatto ruotare l’asse valoriale.
Questo ha fatto Cristo con la sua epoca, soddisfacendo istanze a cui Augusto non sapeva dare
risposta.
Oggi, in un’epoca di crisi, dopo la morte di dio, in piena globalizzazione, siamo alla ricerca di un
nuovo sbocco e di una nuova salvezza, in attesa di un nuovo dio che ci salvi.
Stiamo vivendo il tramonto dell’epoca cristiana. Vi è similitudine tra il crollo storico dell’impero
romano e quello attuale dell’Occidente, come approfondito da Spengler10.
Ci stiamo ancora confrontando con guerre di Crimea e politica dai Balcani, come 100 anni fa.
6
Si vedano al proposito anche Magatti, Doni, Franzini, Fasani, Noesis, 2013-14
7
Il Liceo fondato da Aristotele è considerato la prima scuola secondaria della storia dell'umanità. Venne fondato nel
335 a.C. da Aristotele ad est di Atene, alle pendici meridionali del Licabetto, nella stessa area del santuario dedicato ad
Apollo Licio, o Apollo del lupo (v. Danao), chiamato per questo motivo Liceo.
8
Per una curiosa ricorrenza sottolineata dal Girgenti siamo vicinissimi al 70° anniversario dell’assassinio di Giovanni
Gentile. Sul Gentile filosofo si vedano anche Ronchi, Noesis, 2010; Ferraris, Noesis, 2012; e Fusaro, Noesis, 2014
9
Karl Jaspers (1883-1969), psichiatra e filosofo tedesco.
10
Osvald Spengler (1880-1936), storico e filosofo tedesco.
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I Greci ci hanno lasciato cinque grandi idee, che potrebbero tornare ad esserci utili per il futuro:
1.
2.
3.
4.
5.
L’essere
L’uno
La verità
Il bene
Il bello
L’ESSERE - L’essere è l’idea che sta alla base dell’ontologia, la metafisica finisce sempre per
occuparsi dell’essere, anche se non si sa cosa sia.
L’autore fondamentale è Parmenide. La filosofia arriva a comprendere che la nostra vita/mondo
transeunte è un mondo apparentemente consegnato al tempo ed al divenire. I limiti del mio essere
mi consegnano ad un nulla prima e dopo la parentesi temporale della mia vita. Dobbiamo
rassegnarci al nulla, al ruolo di esseri apparenti e temporanei? Parmenide lo nega negando la
consistenza del divenire, sostiene che l’essere sia eterno e che l’apparenza abbia a che fare solo col
divenire. Nei Veda, nelle Upanishad11, si trovano posizioni molto simili: io sono un essere vero
che non è il mio io. L’essere è, il nulla è illusione. In tempi recenti questa posizione, il
neoparmenidismo, è sostenuta da Severino12.
L’essere è costituisce un’idea è fortissima. Nel Cristianesimo questo essere che è, fuori dal tempo
e dallo spazio, confluisce nell’idea di Dio: noi esistiamo solo in quanto sue emanazioni (suoi figli).
Nella traduzione cristiana dell’episodio biblico di Dio che parla dal roveto ardente si legge “Ego
sum qui sum”, sono colui che sono, ciò che mi caratterizza completamente è la sola categoria
dell’essere. Il concetto è esattamente parmenideo. L’uomo è una promanazione che trova in Dio
la sua unica ipotesi di salvezza. Da qui, come svolta dell’ontologia parmenidea, nasce la metafisica
ontologica cristiana. Metafisica, oltre la fisica, in quanto ricerca di un essere eterno che faccia da
supporto a tutto il mondo sensibile (e transeunte).
Gli Ebrei non sono d’accordo, nel versetto originale manca il tempo presente, la traduzione letterale
sarebbe “Io ero colui che sarò”, il concetto è quello della permanenza nel tempo, non dell’esistenza
indipendente dal tempo.
L’UNO – Essere, Nulla e Divenire sono la prima triade, la preistoria della trinità. Ma c’è un’altra
possibile prospettiva, cioè il ragionare in termini di uno e di molti. Si introduce l’unità come
principio della molteplicità.
Nella religione il neoplatonismo coincide con il passaggio dal
politeismo al monoteismo. I molti dei non spiegano il mondo 13. Anche la prospettiva uno/molti è
declinabile sia in termini filosofici che religiosi. Uno è il punto che salva la molteplicità. Il nostro
Uno (anima, psiche, mente) è visto come il principio che tiene insieme la molteplicità dei nostri
organi, pensieri, cellule. Questo è Plotino ridotto in soldoni. Vale per me ma anche per il mondo,
ci sono un corpo ed un’anima miei, ma anche un corpo ed un’anima del mondo (anima mundi).
LA VERITA’ – Ogni forma di metafisica si presenta anche come una ricerca di verità, unica e
contrapposta alla molteplicità delle opinioni. Una delle funzioni della metafisica è mettere in
discussione le nostre certezze. La verità è qualcosa che distrugge (o valida) le nostre opinioni.
11
Testi sacri delle culture indoeuropee, si veda al capitolo dei complementi.
12
Si veda Severino, Noesis, 2012 e 2013
13
Qui il Girgenti cita il Donà, si veda Donà, Noesis, 2012 e 2013
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Nel caso la nostra opinione venga validata si avrà la retta opinione, un ponte tra opinioni e verità.
C’è la transizione dalla doxa al piano veritativo. Sulla verità, peraltro, non avremo mai garanzie: la
filosofia deve riattivare la ricerca, altrimenti si va nel dogmatismo (come la scienza può decadere
nello scientismo). Socrate diceva che una vita senza ricerca non vale la pena di essere vissuta.
IL BENE – La verità è luce fredda, il bene dà anche calore, è più della verità. Una verità può
essere anche cattiva o brutta, è preferibile qualcosa che superi la verità, nel senso che la migliori.
Questo è l’approccio agostiniano, ma c’è già in Platone. La ricerca del bene supera la ricerca della
verità. Il luogo della mente è superato dal luogo dell’amore. Amica veritas, sed magis amicus
amor14. Anche questo ha cittadinanza nella filosofia, già nel termine filosofia c’è la radice filo che
indica amore: nella filosofia c’è posto per il cuore.
IL BELLO – Nell’arte, nella vita, nell’erotismo, il bello è rivelazione sensoriale di tutti gli aspetti
visti prima. La bellezza è manifestazione nel sensibile di valori ultrasensibili, come luce che
sgorga dal buio. Socrate, nel Simposio, gerarchizza la bellezza secondo la scala dalla bellezza dei
corpi, attraverso la bellezza dell’anima e dell’intelligenza, fino alla bellezza del bene in sé. La
ricerca della bellezza conduce alla ricerca dell’unità.
Anche nell’erotismo, con la favola
dell’androgino, Platone adombra la ricerca di una unitarietà perduta. Amore sensuale è anche fuga
dal nulla, dalla morte, è ricerca dell’immortalità nella procreazione, nel riconsegnare alla vita
qualcosa di sé.
L’amore dell’anima conduce all’opera d’arte ed alla elaborazione di leggi, che durano
rispettivamente più dei corpi ritratti e dei fogli su cui sono scritte. Anche in Dante si dice che
attraverso l’arte “l’uom si eterna”15. C’è un percorso sotteso, la filosofia perseguendo il bello va
dai corpi (fisica) alla verità fuori/oltre il tempo (metafisica).
Alla fine del percorso c’è l’amore per il bene in sé. Il bene è ciò che mi attrae, mi si presenta come
qualcosa che potrebbe colmare la mia incompletezza. Siamo incompleti e vediamo il bene in ciò
che sembra poter colmare le nostre lacune. Amore metafisico è un andare oltre l’amore fisico:
questa è una potente metafora del mondo delle idee.
Secondo Leibniz la grande domanda metafisica è: perché l’essere e non il nulla, che sarebbe
tranquillo, perfetto, autosufficiente, semplice?
La risposta è: perché l’essere è meglio del nulla.
14
Amo la verità ma preferisco l’amore
15
Inferno, canto XV, episodio di ser Brunetto Latini. Si veda al capitolo dei complementi.
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1.2
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DIBATTITO
Intervento 1 – L’intervenuto chiede di approfondire il concetto di bene, che definisce interessante.
Commento – Il bene è alla radice di qualsiasi filosofia morale, cioè protesa a trovare una
direzione per l’agire. La direzione sicura non c’è, sono chiamato a realizzare il bene in un
contesto problematico. Si va oltre alla semplice ricognizione della verità. Il filosofo non si
accontenta, cerca di migliorare una verità che gli appare non soddisfacente. La luce calda
del sole è qualcosa di più della luce fredda del faro. Cosa sia questo bene si può descrivere
più agevolmente col linguaggio della poesia che della filosofia o della scienza. Anche altri
linguaggi, quello religioso, quello mitico, possono esprimere il bene tenendo maggior conto
della nostra umanità, delle nostre passioni e tenerezze.
La gelosia si spiega meglio
nell’Otello di Shakespeare che nel trattato di Spinoza. Anche Platone è consapevole delle
debolezza del logos di fronte alla forza del mythos. Nel Simposio, per parlare del bene, usa
sempre i miti, che non sono favole vuote ma strumenti linguistici altri. Una frase come “Ti
dono il mio cuore”, che in senso letterale non significa nulla, in realtà ha un senso
chiarissimo. Le cose più importanti superano il mero piano intellettuale.
Intervento 2 – L’intervenuto chiede quale sia l’orientamento attuale della filosofia.
Commento – La scena è molto frammentata, vi sono tendenze centrifughe. Nel mondo
anglosassone la filosofia insegue la scienza utilizzando strumenti analitici16, rincorrendo le
neuroscienze, in un evolversi interessante ma poco filosofico.
Poi c’è il mondo del
counseling filosofico, tendente a coltivare l’autostima, la felicità e l’affermazione personale.
Questo filone, maggiormente sviluppato nel mondo non accademico, si propone come
surrogato e psicanalisti e confessori, è stimolante ma sul piano filosofico è insoddisfacente.
C’è poi il filone della filosofia politica, di cui si sente grande bisogno. Si occupa del
liberalismo classico, dei problemi indotti dalla globalizzazione, del capitalismo attuale e
delle relative controtendenze, con la riscoperta dei valori locali (glocal) e con le ipotesi di
comunitarismo, come versione attuale del comunismo. Ogni ambito del sapere, come ad
esempio la bioetica o l’animalismo, ha una sua area filosofica ove interrogarsi sul senso del
sapere stesso. La crisi della famiglia è luogo di questioni molto dibattute, con declinazioni
sociali. Vi sono le riflessioni sulla tecnica e sulla tecnologia, molto urgenti visto la vitalità
e l’espansività del settore. In particolare richiedono riflessioni gli studi sull’intelligenza
artificiale, e sulle tecniche tendenti ad impadronirsi dei meccanismi della vita. Vi sono poi i
rapporti tra la filosofia e le religioni, e delle religioni tra di loro, anche in relazione alla
politica. Vi sono riflessioni sulle religioni viste come linfa delle rispettive civiltà, urgenti
ora che tali civiltà sono a rischio di collasso. E l’elenco sarebbe ancora lungo.
Intervento 3 – L’intervenuto, uno studente sedicenne di liceo scientifico, chiede come riportare
all’attualità le cinque idee dei greci, visto lo sbilanciamento del mondo attuale verso la techne. Si
domanda come saldare il divorzio tra scienza e filosofia.
Commento – La via è cercare di tenerle dentro di noi come valori mentre operiamo nel
nostro mondo. Anche se operassimo nel commerciale non dovremmo dimenticare di essere
uomini. Il nostro lavoro non può ridurre la nostra umanità né mercificarci, ma possiamo
sempre cercare di trovarvi modi di realizzazione. Al peggio crearci orti sacri in cui
16
Si veda Paternoster, Noesis, 2013
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preservare la nostra intimità, le nostre amicizie, i nostri amori. C’è la settimana lavorativa
ma c’è anche la domenica. Anche Dio la domenica si è riposato. Questo discorso può
sembrare astratto, ma ciascuno di noi sa cosa serve al proprio sé.
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1.3
1.3.1
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COMPLEMENTI
LE UPANISHAD
http://www.vedanta.it/sastra/upanishad.htm
Le Upanisad sono trattati di estensione variabile, appartenenti ad epoche diverse, in prosa e in versi, alcune miste,
dedite a indirizzare l'aspirante alla verità trascendente il piano di realtà del grossolano attraverso la contemplazione o la
stimolazione della buddhi (ragion pura) attraverso l'ascolto delle verità supreme che vertono quali siano l'origine e il
destino dell'uomo, quale ragione regga le varie vicende dell'esistenza, quale sia il fondamento ultimo dell'universo e
della vita.
Le Upanishad costituiscono la parte conclusiva dei Veda. In origine diverse migliaia, ne rimangono più di 200, benché‚
per tradizione, quelle più considerate siano 108. La loro datazione è incerta: le più antiche dovrebbero risalire all'VIII e
al VII secolo a.C., antecedenti all'era buddista; le più recenti al V o al IV secolo a.C.
Ma le Upanisad veramente importanti e tipiche sono poco più d'una dozzina, sono denominate Upanisad antiche e
medie oppure vediche, appartengono alle varie scuole che si rifanno alle Samhita vediche e quindi fanno parte della
rivelazione, e risalgono a un periodo compreso, con tutta probabilità, tra il 700 e il 300 a. C.
Le Upanishad sono state composte da autori ispirati, ed appartengono alla letteratura rilevata o sruti (lett.: "ciò che è
stato udito" ) al pari dei Veda, esse hanno un carattere religioso - culturale; tuttavia, a differenza di quelli, presentano
tratti altamente speculativi. In effetti, tutta la filosofia indiana non è altro che una glossa e un commento alle Upanishad.
Il termine, nell'interpretazione che per lungo tempo ha goduto maggior fortuna e che s'attiene al significato più evidente
(upa-nisad = sedersi vicino) sembra alludere al carattere esoterico dell'insegnamento, trasmesso dal maestro al discepolo
che, avendone le qualificazioni, gli sedeva vicino.
Chi consideri tuttavia la dottrina monistico-idealistica in cui sembra culminare il pensiero upanishadico, chi osservi il
rivolgimento portato nella concezione della vita dal dogma del ciclo delle esistenze, che proprio nelle Upanisad
s'afferma per non più abbandonare il suolo dell'India, chi valuti nella giusta misura la difficoltà di staccarsi dalla
concezione mitica dell'universo e dal dominio più o meno esclusivo del rito e della magia per guardare con occhio
spassionatamente limpido ai fatti della vita e della morte, dovrà riconoscere che nelle Upanisad, al di là degli innegabili
apriorismi e delle sopravvivenze del passato, lo spirito umano ha lasciato una documentazione notevolissima d'un
travaglio spirituale che cerca, propone e ancor dubita delle soluzioni proposte, che accetta e combina
spregiudicatamente elementi e nozioni di varia origine, che per rappresentare la complessità dell'inconoscibile non esita
ad ammettere contraddizioni e contrasti. E la validità non già delle risposte date, ma dell'atteggiamento assunto, è
dimostrata dal fatto che la storia del pensiero indiano è incomprensibile ove si trascuri il periodo delle Upanisad antiche
e medie.
Esaminando le tematiche delle Upanishad più importanti, ne emergerà la continuità di fondo, benché‚ non una visione
unitaria o omogenea.
Nella Brihadaranyaka Upanishad è formulata una cosmologia primitiva. All'inizio c'era soltanto il nulla, il non - essere,
dal quale si produsse l'universo. In ogni uomo alberga una scintilla del Brahman, l'energia cosmica: si tratta dell'atman,
il principio dell'individualità o il sè personale ( di solito, erroneamente tradotto con "anima"; per quanto concerne la
possibilità di definire "personale" l'atman). Viene postulata una corrispondenza intima tra il micro e il macrocosmo,
sulla base di vari spunti vedici. Ogni creatura riceve qualcosa dal Brahman: l'incarnazione più completa di quest'energia
è il brahmano, il sacerdote. In questa Upanishad si torna sulla questione delle caste. Tuttavia, nonostante l'evidente
enfasi sulla casta brahmanica, nella Upanishad è un guerriero a istruire un sacerdote. Evidentemente alla classe dei
Brahmani non era ancora stato assegnato il ruolo di primo piano che avrebbe avuto in seguito. Si dichiara che del
Brahman non si può parlare. Nessuna determinazione verbale riuscirebbe a renderne la natura: "non così, non così" (neti
neti): è l'unica espressione applicabile all'energia cosmica. Viene poi indicata l'identità tra il Brahman e l'atman, tra
l'energia impersonale e l'identità personale (4, 4, 5)." tutto il mondo non è altro che l'atman. "L'atman è indistruttibile ed
eterno. Questa cosmologia ha importanti risvolti etici. L'uomo dovrà prendere coscienza della propria identità autentica,
per capire che il suo atman, la propria natura intima, contiene un principio universale. Egli rifuggirà dalle passioni,
votandosi all'ascetismo. Ad un certo punto della propria evoluzione, infine, si lascerà dietro qualsiasi massima o norma
etica: sarà libero sia dal male che dal bene. In questo stato d'animo non traccerà più alcuna distinzione tra sè e gli altri,
rendendosi conto della perfetta identità tra il Brahman e l'atman. E non potrà più temere nulla: la sua vita sarà
immortale, ormai, come quella del cosmo.
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Anche nella Chandogya Upanishad, un membro della casta guerriera , cioè un principe, si rivedrà più perspicace dei
suoi interlocutori brahmani. Il protagonista della Upanishad è il brahmano Uddalaka Aruni. Anche qui viene postulata
una perfetta corrispondenza tra il micro e il macrocosmo: uno stesso fenomeno, il respiro pervade ogni ambito
dell'universo, e continua a sussistere in ogni istante, persino nel sonno profondo. Con alcune varianti, ci si riallaccia alla
cosmologia della Briahadaranyaka Upanishad: dal non - essere deriva l'essere; in questo caso, si passa poi alla
produzione di un uovo cosmico, le cui metà compongono l'universo. Tuttavia, in altre sezioni della Upanishad questa
dottrina viennegata: "com'è possibile che dal non - essere sia sorto l'essere?". Ciò attesta la presenza di alcune
incrostazioni, quindi l'apporto di vari autori alla redazione dell'opera. Sul piano etico, si ammette la rinascita. In base
alle azioni compiute, si tornerà in altre spoglie sulla terra: nelle tre caste ariane, nei casi di buona condotta; come
animali spregevoli o come intoccabili ( " fuori casta " o candala, nei casi di malvagità (5, 10, 7).
Al punto culminante della Upanishad, Uddalaka si rivolge al figlio, ammonendolo: " Quello sei tu, Cvetaketu ". "
Quello " è l'atman, il principio individuale che corrisponde al Brahman, e si cela in ogni entità. In questo modo, il figlio
apprende la propria perfezione. E` l'atman che permette ad un seme di produrre un grande albero. Esso è un'essenza
sottile, una forza invisibile che consente ad ogni essere di realizzare la propria natura. E` il respiro vitale, che infonde
energia alle creature. in ultima analisi, è il Brahman: il mio Sè è il Sè del cosmo. Bisogna cercare dentro di sè la propria
matrice, una scintilla energetica che ospitiamo in un piccolo spazio vuoto del cuore. Se vi si riesce, aiutandosi con la
meditazione, i sacrifici e lo studio dei Veda, non ci si ammalerà più, nè si soffrirà o si morirà. Si entrerà nel mondo del
Brahman, per non far più ritorno sulla terra . Il ciclo delle rinascite viene interrotto . Un'esistenza eterna attende l'atman,
nel suo amplesso con il Brahman, che è la sua stessa fonte.
Nella Taittiriya Upanishad viene ripreso l'assunto dell'identità Brahman/atman. Si è inoltre convinti che nella sillaba om
si celi l'essenza del Brahman.
Nella Kena Upanishad si dichiara che il Brahman non può essere insegnato, nè pensato: nè chi crede di conoscerlo, nè
chi crede di non conoscerlo coglie nel segno.
Nella Isà Upanishad si coltivano tendenze teistiche, accennando ad un " Signore " (Ica). Si raccomanda di abolire la
mentalità dualistica: solo così, ad un certo punto, si capirà che nell'alto dei cieli c'è soltanto il proprio Io. La distinzione
tra noi e gli altri viene invalidata. A quel punto, abbandonando la conoscenza e l'ignoranza, si attingerà l'immortalità.
Nella Katha Upanishad si narra dell'incontro tra Naciketas, il primo uomo che morì, e Yama, il Dio dei morti. "Dopo la
morte, l'uomo esiste ancora o no?" E` questa la domanda angosciante che Naciketas pone al Dio della morte. Ma non
non otterrà una vera risposta: Yama si limita a dirgli che l'atman è immortale ed eterna (2, 5, 13).
Nella Mundaka Upanishad vengono ammessi due ambiti della conoscenza. Da un lato, c'è il campo delle scienze
inferiori: lo studio dei Veda, l'astronomia, la fonetica, la ritualistica, la grammatica, la metrica e l'etimologia. Dall'altro
l'c'è la scienza superiore, il cui oggetto è la conoscenza del Brahman(1, 1, 5).
Nella Mandukga Upanishad si parla di quattro stati di coscienza o piani di realtà: vaicvanara, stato di veglia; Taijasa,
stato onirico; prajnà, stato del sonno profondo; turiya, stato indefinibile. Nel primo la conoscenza dell'adepto si fonda
sul pensiero dualistico e sulle distinzioni, richiamandosi agli oggetti sensibili. Nel secondo si volge invece all'interiorità,
cioè agli oggetti del sogno. Nel terzo l'adepto non vede più alcuna immagine, quindi può rinunciare ad effettuare la
distinzione tra soggetto ed oggetto. Nel quarto, infine, egli non dipende più da alcunché, all'infuori di sè stesso: ha
realizzato la perfetta coincidenza tra il Brahmane l'atman. Ormai coltiva una consapevolezza non - duale, evitando di
riferirsi alle cose esteriori e a quelle interiori .
La Cvetacvatara Upanishad, infine, è tra le più recenti delle composizioni antiche. Nel Brahman è insita una trinità: Dio,
atman e " natura " (prakriti o cakti). Dio è il Signore del mondo, Colui che lo crea e lo distrugge. A volte è chiamato
Rudra; a volte, Civà. La natura è illusoria: nient'altro che il prodotto di un gioco di prestigio del mago divino. Essa
appare in un certo modo, ma non è in quel modo. L'atman è il sè individuale: da un lato, un elemento personale;
dall'altro, una componente eterna del Brahman imperituro. Colui che, attraverso le opportune pratiche yogiche, scoprirà
che Dio abita nel suo stesso cuore, otterrà la liberazione. Il suo atman sarà riassorbito nel Brahman. Anzich‚ sulla
conoscenza, qui si insiste sulla devozione (bhati) nei confronti del Signore. Questa Upanishad si discosta, per grandi
linee dalle altre: influenzerà molto la religiosità della massa. E non soltanto la speculazione filosofica. Nelle varie
Upanishad s'insiste sull'autorealizzazione, per rifiutare, o perlomeno ridimensionare, l'importanza dei sacrifici vedici. Si
tende alla liberazione (moksha), un obiettivo che è possibile raggiungere soltanto uscendo dal samsara, il siclo delle
nascite e delle morti. Ogni azione produce un frutto: è il principio basilare della legge del karma , che determina le
modalità delle future reincarnazioni. Attraverso la condotta ottimale, si deve cercare di spezzare il ciclo: a quel punto,
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Appunti dalle conferenze
a cura di Danilo Cambiaghi
NOESIS – BERGAMO
INCONTRI di FILOSOFIA
GIUSEPPE GIRGENTI
ECONOMIA E VITA
ENERGHEIA
2013 - 2014
l'atman sussisterà in eterno , inglobato nel Brahman. E` una liberazione, in positivo, dunque, ben diversa da quella di un
certo buddhismo, per il quale l'uscita dal samsara comporterebbe l'estinzione eterna.
(Tratto da La Filosofia Indiana - Leonardo Arena - Edizioni Newton & Upanishad a cura di Carlo della Casa - Edizioni
Utet)
1.3.2
SER BRUNETTO LATINI
Inferno, canto XV
"Se fosse tutto pieno il mio dimando",
rispuos'io lui, "voi non sareste ancora
de l'umana natura posto in bando;
ché 'n la mente m'è fitta, e or m'accora,
la cara e buona imagine paterna
di voi quando nel mondo ad ora ad ora
m'insegnavate come l'uom s'etterna:
e quant'io l'abbia in grado, mentr'io vivo
convien che ne la mia lingua si scerna.
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Appunti dalle conferenze
a cura di Danilo Cambiaghi