1 UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ fondata dal Lions Club di Cinisello Balsamo patrocinata dal Comune ANNO ACCADEMICO 2014-2015 CORSO: L’EUROPA NEL ‘700 DAL ROCOCO' AL NEOCLASSICISMO Docente: Pinuccia Roberto Indovina Lezione del 24 dicembre 2014 2 Il settecento Il Settecento è, per l’Europa, un secolo di importanti e profondi sconvolgimenti storici, economici, sociali e culturali. Nella prima metà del secolo, il debole equilibrio che si era creato tra gli stati dominanti alla fine del 600, viene messo in crisi da una serie complessa ed intricata di guerre di successione, in particolare quelle combattute fra i vari sovrani, tutti imparentati tra loro, per la successione ai troni di Spagna (1700-1714), Polonia (1733-1738) e Austria (1740-1748). I trattati di pace che pongono fine a queste sanguinose guerre ci consegnano un’Europa dall’aspetto geo-politico sconvolto da spartizioni e smembramenti. Contemporaneamente si affacciano nella scena politica altre nuove potenze come la Prussia, vincitrice morale delle guerre di successione, e la Russia, che, per opera dello Zar Pietro il Grande, ha, nei primi anni del secolo, iniziato una profonda manovra di occidentalizzazione per avvicinare il suo Stato alla vita economica e culturale delle grandi nazioni europee. L’Inghilterra partecipa solo marginalmente alle guerre di successione impegnata, com’è, nella costruzione di uno stato democratico, nella seconda rivoluzione industriale e nella lotta per il predominio dei Mari al pari dell’Olanda e del Portogallo. I progressi inarrestabili della scienza e della tecnica, lo sviluppo delle industrie e dei commerci favoriscono, all’interno delle nazioni, l’affermarsi di un nuovo stato sociale: la borghesia che ben presto si contrappone all’aristocrazia e al clero e cerca di consolidare il suo potere all’interno del tessuto istituzionale dei vari Stati. Le legittime richieste della nuova classe sociale sono sostenuti dai rappresentanti dell’Illuminismo, movimento culturale, nato in Inghilterra, ma sviluppatosi in Francia che, teso ad un totale rinnovamento del pensiero, rivendica il diritto dell’uomo moderno di liberarsi attraverso “i lumi della ragione” dai falsi valori, dalla superstizione e dai condizionamenti imposti, per secoli, dalla religione e dalla tradizionale concezione dello Stato. L’Illuminismo promuove un approccio della realtà di tipo razionale e scientifico l’unico che possa condurre ad un reale progresso della società, una società fatta di eguaglianza e libertà. Gli illuministi francesi si raccolgono attorno ai suoi più illustri rappresentanti, Voltaire, Montesquieu e Rousseau, e stabiliscono delle regole di comportamento politico, sociale ed economico cui ogni nazione dovrebbe attenersi per costruire uno stato moderno e democratico. La costruzione di uno stato moderno comporta il coinvolgimento attivo di tutto il popolo in particolare della nuova classe operaia, creatasi in seguito alla rivoluzione industriale, da sempre tenuta ai margini della società. Ma la partecipazione presuppone la conoscenza, pertanto gli illuministi caldeggiano l’istituzione di scuole pubbliche obbligatorie e gratuite che possano promuovere il progresso culturale di tutti i cittadini. Per favorire la diffusione delle idee illuministe, esse vengono organicamente sistemate, sotto la direzione di Diderot e Dalambert, nei 35 volumi dell’Enciclopedia un dizionario ragionato e, in parte illustrato, delle scienze, delle arti e dei mestieri, che costituisce la più grande svolta culturale di tutti i tempi. Le nuove idee riformiste si diffondono rapidamente in tutta Europa e trovano ampi consensi nell’opinione pubblica inducendo alcuni sovrani, specie quelli di Prussia, Russia e Austria, ad attuare alcune importanti riforme, non solo per venire incontro alle richieste della borghesia, ma soprattutto per rafforzare il proprio potere allargandone la base sociale (Dispotismo illuminato). 3 Unica assente, in questo periodo di grande progresso sociale, è proprio la Francia dove i sovrani continuano ad esercitare il dispotismo più assoluto con l’appoggio dell’alto clero e di una aristocrazia oziosa e parassitaria. Anzi sminuito, dopo la morte di Luigi XIV, il potere della corona, l’aristocrazia cerca di ripristinare gli antichi privilegi feudali: il clero si fa più arrogante e i sovrani tendono ad ignorare o almeno a sottovalutare il potere crescente della borghesia e la profonda trasformazione sociale innescata dalla rivoluzione industriale e dai progressi della scienza e della tecnica. Ma dal punto di vista artistico è proprio la Francia che, per tutto il settecento, assume il ruolo di baricentro europeo, prima con lo stile rococò, poi, con i canoni puri dello stile neoclassico che si svilupperà nella seconda metà del secolo. Lo stile Rococò Per quanto le premesse storiche siano rintracciabili alla fine del 600, la circostanza cui si attribuisce l’inizio del Rococò è il trasferimento della corte da Versailles a Parigi dopo la morte del Re Sole nel 1715. Questo spostamento, voluto da Filippo di Orleans reggente del futuro Luigi XV diretto discendente di Luigi XIV, costringe l’aristocrazia a riorganizzare i palazzi privati della capitale da lungo tempo disabitati. Alla monumentalità dell’arte del Barocco, creata per stupire e per affermare il potere, si sceglie uno stile elegante e sfarzoso che più si adatta al nuovo modo di vivere spensierato e gaudente della nuova aristocrazia, poco interessata alle sorti dello stato impegnata, com’è, in feste galanti e passatempi frivoli e intriganti. Il termine Rococò, usato all’inizio dell’ottocento in maniera dispregiativa, da scrittori francesi di matrice classicista, probabilmente deriva da rocaille (un tipo di decorazione da giardini ricca di elementi naturalistici e fantastici) e la stessa parola barocco accentata in finale alla maniera francese. Pur tuttavia il Rococò, pur non essendo un’emanazione ufficiale del potere, costituisce l’ultimo stile condiviso dalle corti europee e pertanto segna una tappa fondamentale per lo sviluppo del gusto artistico dei secoli a venire. Architettura Nella costruzione degli edifici mancano i contrasti forti e le masse monumentali e prospicienti del barocco; prevalgono le forme morbide e articolate delle facciate che si sviluppano coerentemente con la suddivisione degli ambienti interni i quali si snodano in un’alternanza di saloni di rappresentanza e locali più intimi e raccolti. Nelle pareti sono aboliti gli ordini classici, le colonne, le lesene e si preferiscono ampie finestre a tutta altezza alternate da pannelli sottolineati da leggere cornici arricchite da decorazioni lievi ed eleganti, il che attribuisce agli edifici una raffinata uniformità. Gli spazi interni sono caratterizzati da pareti lisce con decori a stucco; prevalgono i colori tenui, le tinte pastello i bianchi filettati d’oro e d’argento, tonalità fatte per esaltare la luce che entra copiosa dalle alte finestre. Il rococò è uno stile che risponde in modo naturale ad un rinnovato stile di vita aristocratico basato sulla raffinatezza, la spensieratezza e leggerezza di vita, l’amore per le cose frivole, i giochi e gli intrattenimenti galanti; pertanto particolare cura è riservata a tutti gli ambiti della decorazione di interni, dai mobili, ai tessuti, agli arazzi, alle ceramiche, agli argenti. Lo stile rococò dalla nativa Francia si diffonde rapidamente nei paesi dell’Europa centrale innestandosi nelle correnti tardo barocche in Germania, Austria, Spagna e paesi che percepiscono, 4 non solo gli assunti formali del nuovo stile, ma anche il principio di simbiosi tra architettura e decorazione. Diventa anche lo stile ufficiale alla corte degli Zar dove l’opulenza e la raffinatezza degli edifici raggiunge vette di straordinaria bellezza e preziosità. Tra gli edifici tedeschi dei primi anni del secolo un esempio straordinario è la Residenza di Würzburg che appare come una sintesi perfetta della tradizione francese, tedesca e italiana. Alla costruzione partecipano una squadra di architetti, scultori, intagliatori sotto la guida del famoso architetto boemo Balthasar Neumann autore del progetto. L’edificio raggruppa le sue tre ali intorno ad un cortile d’onore dove domina la parte centrale con l’estrosa curvatura del tetto. Caratteristiche le linee ondulate dei contorni delle finestre arricchite con elementi decorativi rinascimentali. All’interno un susseguirsi di ambienti sfarzosi attorno ad un grande salone centrale dominato da una scala doppia che apre sul maestoso apparato illusionistico della volta affrescata da Giambattista Tiepolo uno dei più grandi pittori del secolo. Tiepolo schiarisce la tavolozza dei pittori veneti in possenti scenografie bene organizzate nelle quali mette a punto grandi capacità decorative. Il Tiepolo è anche l’autore dell’affresco che domina la sala del trono del palazzo reale di Madrid. Il maggiore complesso architettonico del settecento spagnolo fatto costruire dal re Filippo V su progetto degli architetti Italiani Filippo Iuvarra e Giovan Battista Sacchetti. L’imponente edificio è a pianta rettangolare simile ad una grande fortezza. Le facciate, il cui corpo centrale è lievemente sporgente come i massicci angolari, sono ornate di balaustre scandite da pilastri e colonne che si sviluppano verticalmente per tutta l’altezza del palazzo. La sfarzosa decorazione degli interni alterna motivi orientaleggianti ad altri puramente fantastici che occupano quasi interamente le pareti incorniciando infissi e specchi. Dalla seconda metà del secolo si ritornerà a forme più sobrie e razionali più vicine alla purezza dello stile classico. Infatti l’esaltazione dei valori della ragione affermati dagli illuministi, condurrà gli artisti ad una rivalutazione dei canoni dell’arte classica resi ancora più attuali dalle scoperte di Ercolano (1748) e Pompei(1768). La revisione in chiave critica dell’arte antica e una spasmodica ammirazione per l’archeologia e i suoi aspetti misteriosi e arcani, porterà da un lato lo sviluppo dello stile neoclassico e dall’altro, specie in Germania e Inghilterra, alla rivalutazione dello stile gotico. Sebbene differenti queste tendenze hanno come caratteristica comune il ritorno ad una più pura e etica concezione dell’arte e si affermano come reazione alle false ed esasperate tematiche dell’arte barocca. Scultura Agli inizi del settecento la scultura perde quel ruolo di protagonista che aveva mantenuto nel secolo precedente. Nel periodo rococò si preferiscono statue di dimensione ridotte, e, al marmo, si preferisce il morbido stucco bianco più plasmabile e quindi più adatto alle minute decorazioni degli ambienti interni. Soprattutto si riscopre la porcellana che presto diventa oggetto di culto nelle corti e nei palazzi dell’alta aristocrazia di tutta Europa. La porcellana importata dalla Cina si era diffusa in occidente sin dalla fine del 500, ma per il suo alto costo era considerata genere di gran lusso e quindi appannaggio dei sovrani. Nei primi anni del secolo XVIII un giovane alchimista tedesco scopre una formula per ottenere una porcellana molto simile per durezza e trasparenza a quella cinese. Ben presto sorge “La manifattura reale di 5 porcellane di Meissen”. All’inizio la fabbrica produce solo cineserie secondo la moda del tempo, poi pian piano allarga la gamma dei soggetti realizzando vedute di città portuali, scene di battaglie, composizioni floreali, statuine con gruppi mitologici o damine e cavalieri in pose galanti. Dopo Meissen le corti europee fanno a gara per avere una propria manifattura e creare pezzi sempre più preziosi e unici. Sorgono fabbriche di porcellane a Vienna, Londra, S Pietroburgo e alla corte di Napoli. In Francia Etienne Maurice Falconet, uno dei più famosi scultori di inizio secolo, è chiamato a dirigere ”La fabbrica delle porcellane di Sèvres” nel 1757. La porcellana di Sèvres diviene famosa per l’uso dei colori brillanti e dell’oro usato a profusione nei servizi da tavola, da tè e caffè di cui Luigi XV è un fanatico collezionista. Nel 1766 Falconet si reca in Russia chiamato da Caterina II per la quale realizza, tra l’altro, una enorme statua equestre di Pietro il Grande. La scultura del settecento raggiunge il suo apice con Antonio Canova in periodo neo-classico. Canova realizza prevalentemente sculture di soggetto mitologico di grande grazia ed equilibrio dove il marmo, fortemente levigato, sembra ammorbidirsi fino ad assumere il carattere dell’incarnato. Egli condivide le teorie neo-classiche di Winkellmann e Mengs eseguendo opere di grande perfezione formale anche se prive di coinvolgimento emozionale. Canova esegue anche per Napoleone busti ritratto e sculture per i membri della sua famiglia. Però è ancora lui che, nel 1815, si reca personalmente a Parigi per cercare di recuperare le opere d’arte italiane predate dalle armate napoleoniche. Pittura Anche la pittura di inizio secolo, in netta opposizione con i canoni barocchi si adatta al gusto frivolo ed elegante dell’arte Rococò. Sono banditi dai dipinti i contrasti di colore, la contrapposizione netta tra ombra e luce, i temi eroici, le grandi figure mitologiche, i toni grandiosi e trionfalistici. Si preferiscono i colori sfumati, i toni smorzati, l’eleganza delle forme, l’ambientazione fantastica piena di poesia. Spariscono le divinità mitologiche più importanti a favore di quella schiera di divinità minore come putti, fauni, amorini, muse, satiri e baccanti. I temi sono di argomento frivolo e scanzonato. Quasi sempre sono quadretti di situazioni amorose ambientati in paesaggi fantastici o all’interno di stanze eleganti e compiacenti. Dell’amore si esamina ogni piega: dal corteggiamento, alla passione travolgente, al tradimento. Protagonisti di questa fase della pittura francese sono Jean-Antoine Watteau e Jean Honoré Fragonard. La loro è una pittura che non vuole raccontare storie ma comunicare emozioni e sensazioni. La stesura dei colori è fatta con pennellate sottili e sfumate. Uno dei quadri più significativi di Watteau è Pellegrinaggio all’isola di Citera. Qui coppie di amanti sono colte in momenti di corteggiamento amoroso e tutti rivelano una certa resistenza ma anche l’ansia di arrivare alla meta agognata. Il corteo si dispiega nell’atmosfera di una natura sognante e suggestiva. La pittura è vaporosa ed evanescente basata su cromie delicate e fuse, la pennellata rapida e leggera. Ne L’insegna di Gersaint eseguita in soli 8 giorni perla bottega di un amico antiquario, Watteau al sogno contrappone la realtà di un momento vissuto. I vari gruppi di personaggi sono ritratti con verismo e in pose eleganti e naturali. Ma da questa composizione traspare, però, un senso di malinconia come se l’artista si rendesse conto dell’inesorabile trascorrere del tempo e della fugacità dei piaceri della vita. 6 Fragonard, nonostante la formazione classica dovuta ad un lungo soggiorno italiano, cede alla richiesta della sua ricca clientela eseguendo un gran numero di quadri da boudoir con temi galanti, erotici, quasi sempre ambientati in una natura rigogliosa e romantica resa più evanescente da una pennellata sfocata e vaporosa. Splendidi i suoi ritratti quasi sempre eseguiti in poco tempo, dove le pennellate, rapide e nervose, formano strisce di colore intenso che la luce rende cangianti. Francois Boucher è il più poliedrico e prolifico artista della sua generazione. Egli lavora per ogni genere dell’arte barocca, dalla porcellana, agli arazzi, alla tappezzeria alla scenografia teatrale ai costumi lasciando sempre l’impronta della sua raffinata eleganza. Sfrontato e sincero, i suoi quadri sono sempre pervasi da un sensuale erotismo. Le figure femminili, siano esse dee o carnali fanciulle, sono ritratte, anche in pose osé, con grande naturalezza in ambienti raffinati realizzati con notevoli qualità pittoriche. Tutti i suoi quadri con soggetti mitologici (Riposo di Diana - La toletta di Venere) sono tesi all’esaltazione della grazia e della sensualità femminile; le forme morbide e rosate sono rese con una stesura luccicante del colore e immerse in un’atmosfera sognante e magica. Importante la sua galleria di ritratti ricchi di decorazioni e di colori secondo la moda del tempo. Pur tuttavia Boucher da artista idolatrato e richiestissimo dalle manifatture di corte e dall’aristocrazia parigina viene aspramente criticato da Diderot per alcune composizioni fortemente caratterizzanti e improvvisamente cade in disgrazia. In effetti alcuni di questi dipinti (Odalisca bruna - Odalisca Bionda) sono pervasi da una straordinaria carica erotica: rappresentano fanciulle mollemente abbandonate sul sofà in pose audaci e maliziose come fossero state colte in un momento di femminile intimità. Gli ambienti sono eleganti e raffinati, ricchi di stoffe preziose dai colori cangianti che ricordano Rubens e i pittori veneti del 500. Un posto importante in questa prima parte del secolo occupa la ritrattistica che abbandona la pomposa esaltazione barocca del personaggio a favore della caratterizzazione e della naturale espressività dei soggetti rappresentati. Colto, naturale e raffinato il Ritratto di Madame Pompadour di Maurice-Quentin de la Tour. Qui la favorita di Luigi XV è ritratta nel suo studiolo, seduta presso uno scrittoio colmo di volumi. La dama occupa la parte centrale del dipinto mostrandosi allo spettatore in tutta la sua eleganza. L’artista riesce a rendere, con colori tenui e luminosi, la lucentezza della seta dell’abito e la madreperlacea consistenza dell’incarnato. La posa è naturale e il volto intenso ed espressivo. Il dipinto è realizzato a pastello una tecnica che aveva diffuso in Francia l’artista italiana Rosalba Carriera, ritrattista molto richiesta in tutte le corti europee. I suoi ritratti sono impareggiabili per finezza di tocco e sfumature di colore e interpretano perfettamente gli ideali di grazia e raffinatezza del periodo rococò; inoltre i ritratti della Carriera mostrano un’acuta introspezione psicologica ed emotiva del soggetto ritratto. A fine secolo, un’altra donna, Élisabeth Vigée-Le Brun, francese questa volta, grazie al suo prodigioso talento e la dolcezza e naturalezza dei suoi dipinti diviene un’affermata ritrattista della corte e dell’aristocrazia parigina. Indipendente, brillante, appassionata della propria arte, grazie anche al suo legame con la regina M. Antonietta, di cui è la ritrattista ufficiale, ha accesso a tutte le corti di Europa. La sua arte, squisitamente femminile, affronta i temi dell’amore materno e la tenerezza infantile. Le figure, estremamente dolci ed eteree sono rese ancor più evanescenti da una pennellata rapida e fluida e da colori cangianti che assorbono la luce. I suoi ritratti costituiscono anche un importante documento della moda del tempo. Alla fine della sua carriera, secondo lo stile neoclassico di David, le pose e l’abbigliamento diventano più classicheggianti ma immutata la dolcezza e l’espressività dei suoi volti. 7 Un posto importante nel settecento francese è occupato da Jean-Babtiste Simeon Chardin, ritrattista borghese ma soprattutto straordinario realizzatore di nature morte. Grazie al suo carattere estremamente accomodante e alle sue grandi qualità morali si guadagna ben presto la stima degli artisti del suo tempo e importanti incarichi da parte dell’aristocrazia parigina, pur non essendo un pittore di corte. Incaricato di organizzare annualmente il Salon soggiorna al Louvre dove rimane fino alla morte. Grande ammiratore dei pittori olandesi egli ci regala straordinarie figure di personaggi borghesi affondando il suo pennello nella ricerca della profondità dei sentimenti. Dal punto di vista tecnico egli propone sempre nuove tonalità di colori e nuove forme, mettendo molta cura nella rappresentazione delle figure che sembrano immersi in una natura evanescente e sfumata. Alla fine della sua vita si dedica alla realizzazione di nature morte, rappresentando gli oggetti nella più assoluta semplicità: sono cose umili della quotidianità costruite per masse chiaramente distinte e organizzate nello spazio. La colorazione è vivida e attenta ai riflessi della luce sulla materia, i colori si riflettono gli uni negli altri dando corposità alla materia. Gli oggetti quasi sempre rappresentati su un fondale scuro, sono disposti armoniosamente nello spazio in un sapiente impianto compositivo che dona corposità alla materia e profondità all’immagine. L’arte di Chardin, modernissima nel linguaggio, aprirà la strada ai grandi pittori dei secoli seguenti come Cézanne e Picasso fino ai nostri Carrà e Morandi. In Inghilterra il nuovo secolo si apre con La dichiarazione dei Diritti (1698) che in pratica sancisce il sorgere della Monarchia costituzionale. La borghesia si scrolla di dosso l’oppressione religiosa del puritanesimo e ben volentieri aderisce al clima spensierato e gaudente della moda Rococò. Molti artisti francesi sono chiamati a lavorare in Inghilterra, ma il nuovo stile, se riesce ad attecchire nelle arti minori come la ceramica e l’argenteria, non è determinante per la pittura e l’architettura come negli altri paesi europei. Nella ritrattistica in particolare ci si rifà alla scuola di pittura sorta a metà del secolo precedente dal pittore ufficiale di Corte l’olandese Van Dyck, che preceduto dalla fama di supremo ritrattista era stato chiamato in Inghilterra ottenendo grandissimo successo tra le famiglie aristocratiche e ricca borghesia realizzando centinaia di ritratti. Nel settecento la ritrattistica trova rinnovato splendore grazie a Joshua Reynolds e Thomas Gainsborough. Joshua Reynolds trascorre molti anni in Italia studiando da vicino i pittori veneti e i grandi del nostro Rinascimento, per i quali nutre una vera e propria venerazione. Tornato a Londra in poco tempo diviene il ritrattista più ricercato, non solo dall’aristocrazia, ma anche dalla colta borghesia Britannica. I suoi ritratti, pur rivelando un orientamento classico nella posa e nella cura attenta dei particolari, hanno una colorazione vivace e ricca di toni e dimostrano una ricerca accurata nella caratterizzazione e intensità espressiva del suoi personaggi, i quali sono ritratti in pose naturali senza alcuna retorica o esaltazione. Bellissimi i ritratti di adolescenti dove la dolcezza e l’intensità dello sguardo è resa con colori dai toni chiari e sfumati (Ritratto di Miss Bowles - Ritratto di Lady Augusta Cockburn con i figli) Thomas Gainsborough, formatosi a Londra sull’esempio dell’arte francese rococò, ritrae all’inizio scene campestri alla maniera di Watteau e Fragonard, dedicandosi in modo particolare all’attenta osservazione della natura. Quando più tardi si dedicherà alla ritrattistica egli otterrà nei suoi quadri un’intima fusione tra figura umana e paesaggio naturale. Egli riesce, con una pennellata fluida e sciolta, a mettere in risalto i particolari dell’abbigliamento dei personaggi ritratti non trascurando altresì, l’espressività dei volti. Attenta l’osservazione della natura fatta di guizzi di luce e ombra e resa con una gamma di colori perfettamente dosati alle figure umane che la animano. 8 (Ritratto delle due figlie -Ritratto di Lady Graham - Ritratto di Mr e Mrs Andrews). Il maggiore artista del 700 inglese è William Hogart che col suo stile franco e antiaccademico si stacca in modo netto dal tradizionale modo di dipinge e anticipa il verismo ironico di Goya di fine secolo. Inizia la sua carriera come incisore di argenti ma ben presto si fa conoscere come illustratore di libri e incisore di stampe satiriche, un genere molto in voga tra la società del tempo. Acuto e polemico egli, attraverso la satira, cerca di svolgere un’azione educativa nei confronti dei costumi della società del suo tempo rappresentando con estrema lucidità, gli eccessi, l’ipocrisia e il degrado morale di tutti gli strati sociali, dall’aristocrazia al popolo. Pur tuttavia egli è l’unico capace di trasformare la satira in pittura vera e il primo ad intendere l’arte in modo più libero e democratico. Egli infatti per non dipendere da nessun tipo di committenza mette le sue pitture a disposizione di chi le voglia acquistare vendendole all’asta. E’ anche il primo artista a creare una sorta di “diritto di autore” facendo votare dal parlamento una legge, legge Hogart appunto, che vieta le riproduzioni artistiche senza il permesso dell’autore. Egli crea con la sua pittura un genere assolutamente nuovo: il ciclo, ovvero una serie di quadri che narrano, attraverso immagini, una storia con un fine quasi sempre moraleggiante. Matrimonio alla moda uno dei più famosi è composto da sei dipinti che rappresentano la vita matrimoniale disastrosa di una coppia della media borghesia. Ma egli mostra doti di grande colorista e di penetrante osservatore anche nei ritratti che sono tra i più vividi e acuti della sua epoca. Il grand Tour Nel settecento andrà di moda Il Grand Tour, cioè un viaggio di istruzione attraverso le principali città di Europa compiuto da aristocratici e borghesi, un viaggio necessario per ottenere una raffinata e completa preparazione culturale. l’Italia, per le sue splendide città ricche di opere d’arte, il clima, la varietà del paesaggio e grazie anche alle straordinarie scoperte archeologiche di Ercolano e Pompei diventa il luogo d’elezione del Gran Tour e la meta agognata dai rampolli della ricca società d’oltralpe. Parallelamente al Grand Tour si diffonde la moda di portare con sé un souvenir di viaggio in particolare una veduta disegnata, incisa o dipinta dei luoghi visitati. Nasce così il Vedutismo, cioè un nuovo genere pittorico che intende soddisfare la richiesta di architetti o semplici amatori, di possedere riproduzioni fedeli ed esatte di scorci di città, di palazzi, piazze, scavi o rovine. Il centro dello sviluppo è Roma dove già alla fine del 600 un olandese Gaspar Van Wittel aveva inaugurato una serie di vedute assai più specifiche e precise rispetto alle precedenti. A Roma si forma anche Gian Antonio Canal, detto il Canaletto il più grande vedutista del settecento, anche se è nella sua città natale, Venezia, che egli perfeziona la sua tecnica. Alla base della sua pittura c’è una perfetta conoscenza delle regole prospettiche e una non comune osservazione dei particolari. Le sue pitture mostrano inoltre un gusto scenografico e l’attenzione per la rappresentazione del vero e per la resa naturalistica della luce attraverso la quale si sofferma a indagare i particolari. Canaletto però non dipinge direttamente dal vero ma utilizza una serie di disegni preparatori ottenuti fedelmente con l’uso della camera ottica. Si tratta di una sorta di scatola con un foro su una faccia su cui è applicata una lente. Attraverso il buco l’immagine del soggetto esterno viene proiettata invertita sulla faccia opposta grazie ad uno specchio obliquo collocato all’interno della scatola stessa. Canaletto, all’inizio della sua carriera utilizza una gamma cromatica basata su tonalità scure, poi man mano la sua tavolozza si schiarisce e l’atmosfera diventa più luminosa ed evanescente in linea con la nuova pittura veneta di 9 Gianbattista Tiepolo. Canaletto nel 1746, preceduto dalla fama della sua pittura, viene chiamato in Inghilterra dove rimarrà per circa 10 anni. Famose le sue vedute del Tamigi e gli squarci delle tenute dei prestigiosi committenti dell’aristocrazia Britannica. Neo-classicismo Anche in pittura, a fine secolo, si afferma, in Europa, il neo-classicismo come reazione alla vuota pomposità dell’arte rococò. Il nuovo orientamento è caratterizzato da un vivo interesse per la compostezza e l’armonia dell’arte antica in particolare quella greco-romana. In pittura scompaiono quasi completamente i temi religiosi e si attinge alla mitologia e alla storia per la rappresentazione di scene borghesi. Dal punto di vista tecnico i dipinti sono caratterizzati da un realismo quasi fotografico, i colori sono freddi senza tonalità chiaroscurali, i contorni taglienti. Si dà molto risalto alla perfezione del disegno ma poca considerazione per la componente psicologica. Nonostante sia un movimento figlio della razionalità dell’illuminismo, esso nasce e si afferma a Roma, città ricca di monumenti ben conservati di straordinaria importanza storica. Da Roma si diffonde in Francia e negli altri stati europei grazie ad artisti, letterati, ricchi turisti che vengono in Italia per studiare da vicino i reperti dei monumenti antichi e arricchire il loro bagaglio culturale. Così Roma diventa sede di scuole ed accademie di tutta Europa e luogo di formazione per intere generazioni di pittori e scultori. La teorizzazione neo classica prende corpo con gli scritti degli storici dell’arte tedeschi Winckelmann e Mengs che vedono la via del rinnovamento nel ritorno alla “nobile semplicità dell’arte antica”. Raphael Mengs, che è anche pittore, concretizza le proprie idee sul soffitto della Villa del Cardinale Albani a Roma con l’affresco Il Parnaso che, è considerato, dai critici, il manifesto del Neoclassicismo. Mengs, ispirandosi ad un quadro di Raffaello dal medesimo soggetto, pone al centro dell’affresco Apollo, che costituisce l’asse centrale del dipinto. Attorno al dio si distribuiscono le nove muse con la loro madre Mnemosine. Mengs tende a creare una composizione semplificata quasi priva di profondità prospettica e di movimento, con richiami alla statuaria classica, agli affreschi da poco scoperti ad Ercolano e naturalmente alla perfezione stilistica della pittura di Raffaello. La produzione di Jacques-Louis David è una delle espressioni più compiute della pittura neoclassica. Formatosi a Roma in diretto contatto con i grandi del passato e con la scultura antica, David aderisce subito alle istanze neoclassiche di rigore, precisione e aderenza alla severa monumentalità degli antichi. Con il suo quadro Il giuramento degli Orazi del 1784, che viene letto come un incitamento alla rivoluzione francese che sarebbe scoppiata di lì a poco, egli diviene subito non solo il pittore più rappresentativo del movimento neo-classico ma anche il portavoce ufficiale delle istanze rivoluzionarie. Partecipa attivamente al Direttorio, e quando Napoleone incarna le sorti della Francia egli ne diventa il pittore ufficiale creando una serie di ritratti celebrativi delle sue imprese. Con Napoleone il neo-classicismo diventa l’espressione artistica dell’impero e la capitale del nuovo orientamento artistico sarà Parigi che rimarrà sede privilegiata di tutte le manifestazioni artistiche del secolo seguente.
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