! WESTERN UNION: Small Boats (2007) ! …movimenti che dalle coste settentrionali dell’Atlantico nero, ritornano all’Africa per attraversare, infine, il Mediterraneo ! ! Lampedusa: Come scrive Alessandra Sciurba, “[c]he appartenga all’Africa è una verità geologica, naturale, al di là delle divisioni della terra e dell’imposizione dei confini marittimi data dalla politica degli uomini” (2011, p. 79). È in questo modo che Lampedusa è stata piegata di nuovo al ruolo di confine escludente; un confine che separa i continenti ed è inteso solo come frontiera; un confine che non diventa mai limes, spazio tra due mondi che si affaccia sull’uno e sull’altro (Sciurba, 2011, p. 102; corsivo dell’autrice). ! ! ! ! ! Eppure, come recita la voce narrante nel film The Fourth Dimension: “The gap becomes the bridge” ! Come propone Gilroy in riferimento all’Atlantico nero in quanto contro-cultura della modernità (1993), le navi riportano alla memoria del middle passage, alla “micropolitica” del commercio di schiavi e al suo rapporto con l’industrializzazione e la modernizzazione. Nel contesto del Mediterraneo, l’immagine della barca consente di esplorare le articolazioni tra le storie discontinue che solcano i mari e i porti; resta più che mai attuale, dunque, l’invito dello studioso a salire a bordo per ripensare un possibile inizio della modernità, alla luce delle varie diaspore africane nell’emisfero occidentale. ! ! ! ! ! una “geografia disturbante” dello spazio intermedio del Mediterraneo; un’estetica migratoria che attraversa spazi eterogenei; testimoniare e raccogliere le tracce del trauma della migrazione, che ha effetti non solo sui sopravvissuti, ma anche sui palazzi, i monumenti, l’architettura, la vita in sé (Julien, 2009). ! ! ! L’intento di Julien è quello di compiere un viaggio cinematografico capace di ricollocare la Sicilia al centro di movimenti migratori multidirezionali, che coinvolgono il passato, così come il presente ed il futuro: So I was interested in occupying that space in the twenty-first century as a way of commenting on the ways in which Sicilian society has changed, Sicily being a place that’s got a long history of migration built into it – including the migration of Sicilians to America, and the Ottoman Empire invading Europe from this point (Julien, 2009, p. 102). ! ! ! ! ! ! Come suggerisce RoseeLe Goldberg (2007), il film, il video e la danza, ognuna con le proprie discipline e tecniche, suggeriscono nuove direzioni e vengono rimodulate nel lavoro di un artista come Julien, che mina le aspettative ed insiste sul creare delle connessioni, laddove non sarebbero attese. ! Le immagini con cui ci confrontiamo non sono mere rappresentazioni, finalizzate alla trasmissione di un significato, o meglio, come scrive Iain Chambers: “They are themselves the narration, fragments of life lived, imagined, yet to come... These are not images of life, but images as life; a life already imagined, activated and sustained in the image” (2009, p. 9; corsivo dell’autore). ! ! ! ! L’esperienza di una visione, in cui il “responso affettivo”, come direbbe il teorico dei nuovi media Mark Hansen (2004), produce un attraversamento dei confini all’interno dei nostri stessi corpi. Nel proporre un cambiamento legato alla percezione, WESTERN UNION: Small Boats permette di esperire il dislocamento di uno spazio visivo comprensibile a favore di uno spazio “aptico” (ivi, p. 14), che è prodotto dal corpo dello/a spettatore/trice. ! ! ! Darby English (2007) parla di lavori artistici che dissipano le logiche non solo della narrativa, ma anche dell’organizzazione dello spazio. Per il regista di WESTERN UNION: Small Boats, infatti, l’architettura è parte del linguaggio artistico. La modalità in cui gli schermi lavorano e si relazionano con lo spazio produce un’esperienza nuova. ! ! ! ! ! Floating Coffins di Zineb Sedira (2009): Attraverso quattordici schermi e dieci piccoli altoparlanti, i mezzi materiali della trasmissione delle immagini-suono diventano parte dell’esperienza sensoriale di chi si trova a essere richiamato/a da passi improvvisi su un lato, animali che ringhiano dall’altro, uccelli migratori che solcano mari e sfiorano la superficie delle imbarcazioni, e poi, ancora acqua, onde, e infinite distese desertiche ! ! ! ! ! Mikhail Karikis, artista nell’ambito della sound art, per il quale il suono è un perenne migrante che coesiste con l’immagine e si ritrova in più spazi allo stesso tempo. Il suono non è la colonna sonora da aggiungere, ma un materiale scultorio che viene distorto e manipolato con la tecnologia per tessere una composizione che non appartiene quasi mai alle scene che appaiono sugli schermi. Le ‘bare galleggianti’ di Sedira spingono il pubblico a vagare, a orientarsi nella sala per avvicinarsi ai piccoli speaker appesi al soffitto. ! ! ! ! ! Prospettiva marittima: il mare, una sconfinata zona contestata per le negoziazioni dell’identità e un luogo che si unisce a territori diversissimi; il mare è anche lo schermo solcato dai flussi della contemporaneità, il movimento di esseri umani e capitali. “The presence of the sea removes the possibility of closing and controlling the vista, and of establishing a fixed position. Cultures, cities and citizenship are suspended in a liquid state” (Chambers) ! ! Come propone ancora Chambers (2006), è la figura del migrante contemporaneo a riconfigurare la porosità dei confini e a rendere sempre urgente la formulazione gramsciana del “subalterno” e quella agambeniana della “nuda vita”: Already stripped of all in the passage northwards, across the desert and over the sea, the migrant, if she or he makes it to the European shoreline, is required to become a ‘bare life’, denuded of his cultural costume, her social inheritance, reduced to a negated, private, memory. Yet the migrant does not arrive from an external and distant elsewhere, he or she is always and already a part of our world, part of a modernity that precisely reveals in the irruption of the migrant to be not only ours (Chambers, 2009, p. 11; corsivo dell’autore). ! ! ! Il/la migrante, trovandosi tra intersezioni politiche, economiche e culturali, porta le frontiere all’interno del suo stesso corpo e incarna l’instabilità di confini astratti. ! ! !
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