IL GRAND TOUR NEL GOLFO DI GAETA

IL GRAND TOUR NEL GOLFO DI GAETA
L'Italia è sempre stata meta di viaggiatori stranieri, anche quando le strade
della nostra penisola non erano facili da percorrere ed erano piene di insidie.
L’attenzione di artisti, viaggiatori, archeologi e studiosi che sono passati per il
nostro territorio, non si è limitata alla descrizione nei loro libri di viaggio dei
luoghi di cui rimanevano affascinati, ma si è anche tradotta in altre e più
significative espressioni artistiche, quali disegni, chine, acquerelli e dipinti
quasi tutti di notevole pregio.
Nel XVIII e XIX secolo si viaggiava in carrozza, sopportando vere e proprie
torture fisiche. Nel percorso che da Roma conduceva a Napoli, la sosta a Mola
di Gaeta era praticamente obbligatoria, trovandosi all'incirca a metà strada del
lungo percorso. La sosta consentiva ai viaggiatori di avere alcune ore di riposo
ed ai postiglioni delle carrozze di effettuare il cambio dei cavalli.
Personaggi illustri come, Johann Wolfgang Goethe, Alessandro Dumas, Felix
Mendelssohn, Christian Andersen e tanti altri più o meno noti, stazionarono a
Mola di Gaeta e a Gaeta ed ebbero l’opportunità di visitare i nostri splendidi
agrumeti, le nostre spiagge, i nostri siti archeologici e quanto altro si offriva al
loro incantato sguardo.
A Castellone di Mola di Gaeta erano ubicati due alberghi poco distanti tra loro:
il "Cicerone", a ridosso del ponte di Rialto e "dell'Angiolo", nella villa del
principe di Caposele. Ambedue forniti di giardino ricolmo di agrumi e di ampia
terrazza con vista sul mare.
La villa Caposele (oggi villa Rubino), oltre che dal punto di vista archeologico,
ha una sua importanza storica, poiché nei suoi locali il 13 febbraio 1861 il
generale Cialdini, firmò la resa di Gaeta, e fu questo fu l’ultimo atto che portò
all’Unità d'Italia.
Lo scrittore, pittore e letterato Pasquale Mattej di Formia (1813-1879),
massimo esponente della cultura locale del XIX secolo, disegnò per conto del
principe di Caposele, una pagina pubblicitaria dell'albergo che cita
testualmente:
Albergo della villa Caposele - tenuto da Clemente Taurini a Castellone di Mola
di Gaeta.
"Il suddetto Albergo giace in uno dei più ameni luoghi d'Italia, quasi in riva al
mare, nel mezzo di un delizioso giardino ove esistono molte antichità Romane
ed iscrizioni. Vi sono appartamenti ben mobigliati e bagni sì di mare che di
acqua dolce; e volendo all'oggetto i Signori Viaggiatori rimanervi qualche
tempo dell'estate potranno far pensione col proprietario, che sarà discreto nei
prezzi."
Dopo la descrizione pubblicitaria dell'albergo, si legge un simpatico
avvertimento:
“i sigg. Forestieri sono pregati di non ascoltare i Postiglioni che tentano sempre
di condurli altrove per loro utile.”
Probabilmente l'avvertimento sulla pubblicità dell'albergo era motivata da un
evidente accordo tra i postiglioni e i titolari dell'albergo concorrente "Cicerone".
La litografia di Pasquale Mattej che pubblicizzava, in italiano ed in francese, e nello sfondo l'albergo dell'Angiolo nella
villa del principe di Caposele
Giuseppe Acerbi (1773 – 1846) scrittore, esploratore, archeologo e musicista,
è stato quello che con il suo scritto ha dissipato ogni dubbio sulla ubicazione di
due alberghi. E' difficile stabilire in quale dei due alberghi si sia fermato ogni
singolo personaggio, tranne che per Acerbi, di cui riportiamo alcuni brani tratti
dal suo libro "Viaggio da Roma a Napoli", pubblicato nel 1834.
"Sabato 25 ottobre A Mola di Gaeta alloggiai all'Albergo del Cicerone, posto in
una posizione deliziosa. Pochi passi più innanzi vi è un altro albergo detto
dell'Angiolo ed è la villa stessa del principe di Caposele locata per albergo.
Questi due alberghi fanno tentazione di rimanervi una settimana, tanto più se
ai begli avanzi di antichità si aggiunga il buon Falerno che si beve in questi
alberghi. Ambedue hanno un giardino delizioso pieno di aranci esposti al cielo
senza bisogno di riparo per l'inverno. Clima beato, località deliziose, posizione
invidiabile se avesse le cose che le mancano !
All'albergo fui trattato di una cena squisita con buon Falerno, che conservasi in
barili ma che mettesi in bottiglie tosto che vi si mette mano.
Domenica 26 ottobre Partito alle 6 di mattina. Dopo aver pagato un conto di
tre piastre ossia 36 carlini. Ma la vista che gode quest'albergo rende meno
grave la soperchieria dell'albergatore. La vera villa di Cicerone è però l'altro
albergo. La guida è inesatta.”
L'albergo Cicerone tratto da un dipinto di Pasquale Mattej del 1850 e in una rara fotografia di inizio novecento
Uno dei più lunghi viaggi in Italia fu quello di Johann Wolfgang von Goethe
(1749 - 1832). Dal 3 settembre 1786 al 18 giugno 1788, per quasi due anni
soggiornò nel nostro paese percorrendo gran parte del territorio italiano.
Rimase affascinato dalla campagna romana, dove trascorse lunghi periodi,
ospite del suo amico pittore tedesco Johann Heinrich Wilhelm Tischbein, che gli
dedicò un grande ritratto. Nel suo “Italienische Reise” (Il viaggio in Italia)
Goethe scrive «...chi vuol capire che cos'è la poesia deve andare nella terra
della poesia; chi vuol capire i poeti deve andare nella terra dei poeti...»..
Goethe descrisse il breve passaggio per Mola di Gaeta in controtendenza con
tanti altri protagonisti dei “Grand tour”. Non profuse parole di lodi per le
essenze dell’agro formiano; fu il litorale che catturò il suo interesse con un
fascino irresistibile e così lo descrisse il 24 febbraio del 1787:
"... da parecchie ore era giorno quando arrivammo allo ammirevole golfo di
Gaeta. I pescatori tornavano carichi dei loro bottini e la spiaggia s'era tutta
animata. Alcuni se ne andavano cercando nelle loro ceste pesci e frutti di mare
, altri preparando le reti per la nuova pesca..."
Nelle immagini una incisione da lastra di rame di Vernet che raffigura il litorale
occidentale di Formia all'epoca del viaggio di Goethe e una litografia colorata a
mano di pescatori come apparivano agli occhi dello scrittore. Mola di Gaeta ci
salutò nuovamente con i suoi alberi ricchi di aranci. Siamo rimasti un paio
d'ore. La baia innanzi alla cittadina offriva una delle più belle viste; il mare
giunge fin qua. Se l’occhio segue la destra riva, raggiungendo infine la punta
del corno della mezzaluna, si scorge su una rupe la fortezza di Gaeta,
a discreta distanza. Il corno sinistro si stende assai più innanzi; prima si vede
una fila di montagne, poi il Vesuvio, quindi le isole. Ischia è situata quasi di
fronte al centro. Qui trovai sulla riva, lasciati dalle onde, le prime stelle di mare
ed i primi echini; una bella foglia verde, sottile come finissima carta velina, e
anche curiosi frammenti minerali; le solite pietre calcari erano le più frequenti,
ma c’era anche serpentino, diaspro, quarzo, breccia, granito, porfido, varie
specie di marmo, vetro di colore verde e azzurro. Queste ultime pietre sono
difficilmente della regione, ma probabilmente sono frammenti di antichi edifizi,
e così vediamo come, dinanzi agli occhi nostri, l’onda possa scherzare con gli
splendori del mondo preistorico. Ci fermammo volentieri, divertendoci della
natura di quella gente, che si comporta ancora quasi da selvaggia.
Allontanandoci dal molo, la vista rimane sempre bella, sebbene si perda il
godimento del mare. L’ultimo sguardo che gli rivolgiamo coglie una graziosa
insenatura che vien disegnata …"
Goethe è tra i più rappresentativi letterati tedeschi nel panorama culturale
europeo. Poeta, scrittore e drammaturgo, non fu prolifico solo nella letteratura,
ma si dedicò con notevole successo anche alla pittura, alle scienze, alla musica
ed alla politica. Il viaggio in Italia segnò profondamente l’animo di Goethe, che
si immerse nella rigogliosa natura e nel classico ambiente dell’Italia
settecentesca. Al suo ritorno in Germania non volle più essere uomo politico e
si dedicò esclusivamente alle lettere ed alla filosofia.
Una litografia acquerellata del Golfo come apparve agli occhi di Goethe all'epoca del viaggio in Italia e un ritratto ad
olio dello scrittore, con lo sfondo della campagna romana, dipinto da Johann Heinrich Wilhelm Tischbein nel 1787
Lo scrittore danese Hans Christian Andersen (1805 - 1875), tra i massimi
narratori di fiabe d'ogni tempo e paese, fu anche autore di alcuni romanzi, tra
cui "L'improvvisatore", scritto autobiografico in cui confluirono le impressioni
avute del suo "Grand Tour" in Italia avvenuto tra il 1833 e il 1834.
Trascrivo alcuni passi che descrivono le sensazioni che lo Scrittore ebbe
ammirando le bellezze della nostra Città.
"...... Federico mi fece notare un muro colossale coperto interamente di
caprifoglio: era la tomba di Cicerone; qui il pugnale assassino aveva colpito il
fuggente; qui le labbra eloquenti ammutolirono. Alla sua villa a Mola di Gaeta
ci dovrebbe condurre il vetturino - disse il mio amico - è il miglior albergo ed
ha una veduta che fa concorrenza a quella di Napoli. La formazione dei monti
era immensamente bella; la vegetazione floridissima. Adesso si viaggiava in un
bel viale di alti allori e l'albergo di cui si era parlato, stava dinanzi a
noi......Uscimmo sulla loggia. Che splendore! Nulla di più ricco può creare la
fantasia. Sotto di noi stava un boschetto di aranci e limoni i cui rami
apparivano sovraccarichi di frutta e piegati a terra sotto il peso dorato. Cipressi
altissimi come i pioppi dell'Italia settentrionale, circondavano il giardino e
apparivano doppiamente scuri, contro lo sfondo del mare chiaro che estendeva
infinito dietro di essi, battendo la risacca contro i resti di templi e terme
antiche appena dietro il muro del giardino. Bastimenti e barchette con grandi
vele bianche, entravano calmi nel piccolo golfo, attorno al quale Gaeta con le
sue alte case si adagiava. Un piccolo colle si ergeva sopra la città e in cima ad
esso stava una rovina. Il mio occhio era abbagliato da tanto splendore......
Sentimmo il bisogno di scendere giù nell'aranceto. Qui baciai un frutto d'oro,
così come stava appeso al ramo; presi qualcuno di quei tanti che erano caduti
e li lanciai per aria come se fossero stati palle d'oro; altri ne buttai lontano nel
mare azzurro argento. - Deilige Italien! Bella Italia !....."
Secondo alcuni studiosi l'incontro con la cultura ed il modo di vivere dell'Italia e
degli italiani costituirono per Andersen una fonte d'ispirazione per le sue
famose Fiabe, in cui egli manifestò così profondamente il Suo genio. Del suo
viaggio Andersen ha lasciato molti disegni schizzati di proprio pugno, anche
durante il transito in Mola di Gaeta, tali reperti insieme a numerosi manoscritti
sono custoditi nel “H.C. Andersen Museum" di Odense, il museo ufficiale
dedicato allo Scrittore.
Una stampa acquerellata a mano del golfo di Gaeta come appariva agli occhi di Andersen
Un ritratto dello scrittore all'epoca del viaggio in Italia ed uno schizzo del ninfeo grande della villa di Cicerone eseguito
dallo scrittore e custodito nel museo a lui dedicato
Anche lo scrittore e drammaturgo francese Alexandre Dumas (1802 - 1870),
autore di famosi romanzi come: "Il conte di Montecristo" e "I tre moschettieri",
in uno dei suoi lunghi viaggi che lo portò a visitare l'Austria, la Germania,
l'Ungheria e l'Italia, tra il 1865 e il 1867, prima di raggiungere Napoli volle
fermarsi ed ammirare le bellezze di Formia, che poi descrisse in uno dei suoi
libri: "Il Corricolo - Impressioni di viaggio".
Così scrive Dumas:
"... Andammo a desinare a Mola: ci condussero in una grande sala le cui
finestre erano chiuse per mantenere la frescura; poi, a un tratto, mentre,
seduti su buone sedie, ci facevamo vento con i fazzoletti, il cameriere apre una
di quelle finestre. E' impossibile esprimere l'incanto del paesaggio che quella
specie di lanterna magica svelava ai nostri occhi. Ci immergevamo in quel
golfo così calmo che sembrava uno specchio azzurro, e dall'altro lato, avanzata
fino all'estremo del promontorio, scorgevamo Gaeta. Dopo pranzo andammo a
fare una passeggiata fino al Castellone, l'antica Formia, di cui esistono ancora
una parte delle mura e una porta. Fra questi due borghi era situata una villa di
Cicerone; da questa villa egli fuggiva, nascosto nella lettiga, quando fu
raggiunto dal tribuno Popilio, di cui era stato avvocato, che gli taglio la testa e
le mani a mo' di riconoscenza; è probabile che, ove Popilio abbia avuto nel
resto della sua vita qualche altro processo, il tribunale sarà stato costretto a
nominargli un difensore d'ufficio..."
Una gouache del golfo come apparve agli occhi di Alexandre Dumas ed un ritratto dello scrittore all'epoca del viaggio in
Italia
Tra i viaggiatori che nei secoli scorsi hanno visitato i nostri luoghi, il più
singolare senza dubbio è stato l’inglese Arthur John Strutt (1818 – 1888),
partendo dal centro Italia è arrivato fino in Sicilia, percorrendo l’intero viaggio
a piedi. Pittore ed incisore, allievo del padre Jacob Jeorge (1790-1864), valente
pittore paesaggista, giunge giovanissimo in Italia con il padre nel 1831 e vi
rimane definitivamente. Il giovane Strutt resta immediatamente affascinato
dall’incontaminato paesaggio della campagna romana, dai costumi dei suoi
abitanti e in particolar modo dall’aspetto pittoresco del Mezzogiorno d’Italia.
Nel 1841, a soli 23 anni, insieme con il suo amico il poeta William Jackson
intraprende il suo tour a piedi verso il Sud, con il suo inseparabile album da
disegno. Tutte le sue osservazioni furono poi raccolte nel libro “ A pedestrian
tour in Calabria & Sicily”, pubblicato in Inghilterra nel 1842. Il volume
corredato da delicate incisioni tratte dagli acquerelli dipinti durante il viaggio, è
una sorta di epistolario-diario di viaggio, poiché Strutt usava scrivere ogni sera
prima di addormentarsi una lettera ai suoi parenti in Inghilterra. Non sono
riuscito a trovare una edizione in italiano di questo raro libro, quindi mi sono
dovuto cimentare nella traduzione dall’inglese di alcune pagine che descrivono
il passaggio e la breve sosta a Mola di Gaeta dei due giovani viaggiatori.
"Mola di Gaeta 3 maggio 1841. I viaggiatori che passeranno per questa via tra
alcuni mesi, saranno in grado di evitare la fatica che abbiamo subito noi,
arrampicandoci per la lunga, stretta e ripida strada per Itri. Stanno
costruendo, infatti, un nuovo tratto di strada che passa ai piedi della collina
dove sorge il paese. Otto miglia di salite e discese, attraverso contrade ricche
di olivi e di viti, ci hanno portato a Mola di Gaeta, sulle coste del bel
Mediterraneo. La città di Gaeta, con la sua fortezza sul promontorio, offre da
una parte della baia una piacevole visione, mentre in direzione opposta si
vedono chiaramente le isole di Ischia, di Procida e il monte Vesuvio.
Immaginammo già di scalare il cratere vulcanico, ma fummo costretti a
scendere dalle sognate altezze, per fermarci a mangiare presso “La Villa di
Cicerone”, dove fummo trattati di gran lunga meglio di quanto poi pagammo.
L’Albergo si vanta, come dice il nome, di essere su una delle diciannove ville
dell’Oratore romano. Non abbiamo visto il suo ritratto, come descritto da Lady
Morgan, con il suo mantello dai colori sentimentali della porpora e del limone.
Il “salone” è una stanza di enormi dimensioni; la nostra camera da letto, anche
se non di così vaste proporzioni, ha una bellissima vista sul mare, e gode del
profumo di un rigogliosissimo aranceto, che si estende dalla parte posteriore
della casa fino alla riva del mare. La coltura dei limoni sembra essere più
redditizia di quella delle arance, poiché reca frutti tutto l’anno. Infatti abbiamo
visto sullo stesso albero il fiore, la frutta acerba e il limone maturo. I limoni si
pagano qui mezzo grana (poco meno di un farthing), mentre le arance costano
un grana: questi prezzi elevati sono giustificati per la grande quantità che
viene inviata a Roma.
Le acque blu del Mediterraneo scintillano sotto i raggi del sole. Devo, per forza,
andare ad immergermi in quelle acque, a dispetto di quello che mi sconsigliano
le “donnicciole italiane” per i quali sono ancora troppo fredde e fanno molto
male.
Mola di Gaeta 4 maggio 1841. Mola di Gaeta è così bella che non senza
rammarico l’abbiamo lasciata questa mattina. Ero rimasto così ammaliato da
“gettare uno sguardo indietro, lunghissimo, indugiante”, che non ho saputo
resistere a fermare in un mio disegno la torre baronale, i suoi aranceti, le sue
barche con vele latine, la sua strada piena di gente indaffarata, mentre la
fortezza di Gaeta, troppo distante per permetterci di vedere l'allegra vita
quotidiana che vi si svolge, forma un fondale ancor più interessante. La
pettinatura delle donne oneste di Mola di Gaeta, poi, è molto graziosa, con la
parte posteriore dei capelli avvolti a forma di turbante attorcigliato, dai colori
vivaci, fermata con un ampio pettine d’argento.
La strada, delimitata da aloe che non ho mai visto prima in tale quantità,
abbandona il mare e attraverso pianure sabbiose ci conduce al fiume
Garigliano. "
Una bella incisione della veduta di Mola, tratta da un disegno dello stesso Strutt e il frontespizio del libro, facenti parte
del volume “ A pedestrian tour in Calabria & Sicily”
Anche il grande compositore e direttore d'orchestra Felix Mendelssohn (1809 1847), amava l'Italia che visitò nel 1831 e nell'inevitabile viaggio da Roma a
Napoli anche lui fece sosta a Mola il 13.4.1831, e così scrisse sul suo taccuino
di viaggio:
"La sera sostammo a Mola di Gaeta. Là c'è il famoso terrazzo da cui, al di
sopra di giardini di limoni e di aranci, si gode la vista dell'azzurro mare con il
Vesuvio e le isole in lontananza [...]. Il mare, a guardarlo, sembrava a metà
prato a metà etere, e le donne leggiadre muovevano il capo come gli olivi e i
cipressi."
Queste sue impressioni probabilmente contribuirono molto alla composizione
della Sinfonia n. 4 in la maggiore, nota come "ITALIANA" e gli permisero di
trasmettere in musica le sensazioni del raffinato musicista viaggiatore.
Il mare, i chiari di luna, il profumo degli agrumi in primavera sono riassunti in
uno spettacolo di bellezza indescrivibile che traspare nella varietà dei ritmi
della melodia, a volte frizzante, a volte delicata dell'opera.
Una litografia di Mola di Gaeta all'epoca del passaggio di Mendelssohn e un ritratto del musicista
Lo scrittore e giornalista francese Luis Veuillot (1813 - 1883), venne per la
prima volta in Italia nel 1838. La permanenza nel nostro paese gli consentì di
scrivere un libro a cui diede il titolo: “Rome et Lorette”, datato 1842. Anche se
il titolo potrebbe far pensare che l'opera descriva soltanto le città di Roma e
Loreto, in realtà il Veuillot si spinse fino a Napoli, fermandosi anche nel nostro
territorio, che così descrisse:
“(…)Tutto questo paese è coperto di melaranci e di cedri sempre carichi di
frutti, ciò che fa come tutta questa estensione di terreno che va sino a Gaeta,
sembra come un’aiuola dorata e odorifera, che potrebbesi chiamare in certo
modo un vero paradiso terrestre. Infatti nulla si saprebbe veder di più vago, né
v’ha passeggio o viale, per quanto esser possan ben eleganti e regolari, i quali
possano gareggiare con la bellezza di questa strada, che ha, alla destra, la
veduta del mare, ed alla sinistra quelle delle pianure a vista d’occhio tutte
coperte di fiori e di frutti, ed irrigate da ruscelli il cui mormorio non lusinga
l’orecchio dei viaggiatori meno de’fiori che lusingano l’odorato (…)”.
Lo scritto di Luis Veuillot è stato probabilmente uno dei primi casi di plagio
letterario, poichè la sua descrizione è praticamente simile al ritratto paradisiaco
che gli autori di “Les délices de l’Italie” (pubblicato da R. De Rogissart nel
1706), consacrarono alla nostra Città.
Nelle immagini una veduta del 1842 realizzata da Parboni e la vedutina di Mola pubblicata nel 1706 dal De Rogissart
Lo scrittore francese Jacques Villamont nella sua opera: “ Les voyages du
seigneur de Villamont", volume pubblicato nel 1607, conobbe una notevole
fortuna editoriale. Jacques de Villamont dominò il panorama di quella che
all’epoca era la letteratura di pellegrinaggio in Francia: con circa ventiquattro
edizioni, nell’arco di cinquant’anni, fu stampato in ben cinque città (Parigi,
Arras, Lione, Rouen e Liège). L’opera non fu mai tradotta e non fu mai
stampata fuori dalla Francia, anche se tra le mete dei suoi viaggi c'è stata
anche l'Italia.
Nel suo tragitto da Roma a Napoli il Villamont non celò il suo entusiasmo
innanzi alla bellezza del territorio del golfo:
“(…) Avvicinandosi alla bella e amena contrada di Mola, immantinente l’animo
del viandante è preso da un incredibile diletto, contemplando di qua i bei
giardini pieni di limoni e di aranci dai quali pendono i frutti dorati che rapiscono
l’uomo in grande ammirazione, con infiniti altri alberi che toccano la riva del
mare il quale dà anche una meravigliosa contentezza col loro gradevole
aspetto; dall’altro lato si vedono i fertili monti verdeggianti, abbelliti e ornati
da begli ulivi, dai quali scende l’acqua per la comodità degli abitanti (…)".
La pittoresca distesa di agrumi, che si spingevano fin quasi a sfiorare il mare,
erano temi ricorrenti nelle immagini e negli scritti che i viaggiatori stranieri
hanno dipinto e descritto nei loro taccuini di viaggio.
Un acquerello dell'epoca dove si vedono gli agrumeti a ridosso della riva del mare
Nel 1789 l'archeologo inglese Richard Colt Hoare, chiama l'artista italiano Carlo
Labruzzi (1748 - 1817), in qualità di pittore per accompagnarlo lungo la via
Appia , seguendo l'itinerario descritto dal poeta latino Orazio nel suo viaggio,
fatto da Roma a Brindisi nel 38 a.C . In questo viaggio il Labruzzi realizza 226
disegni ad acquerello monocromatico, riproducendo resti di antiche tombe, di
ville romane e di tanti altri siti archeologici incontrati lungo il percorso. Partiti
da Roma il 31 ottobre 1789 e giunti a Terracina, i due viaggiatori, si spinsero
fino a Sperlonga, dove il Labruzzi dipinse la grotta di Tiberio, a Fondi e dipinse
il Castello baronale, passando per Itri dipinse i resti di villa Mirabella. Giunto a
Formia non poteva non immortalare il sepolcro attribuito a Marco Tullio
Cicerone. Interessante notare sulla sommità del mausoleo la presenza di una
colombaia, che compare in altre raffigurazioni d'epoca ma in modo meno
definito. Nella parte sinistra dell'acquerello sulla collina dell'Acervara, si
intravedono i ruderi, oggi quasi scomparsi, della cosidetta tomba di Tulliola,
figlia del grande oratore. Il viaggio di Carlo Labuzzi e dell'archeologo inglese
Richard Colt Hoare, prosegue verso la fortezza di Gaeta dove dipinge il
Santuario della Trinità, il mausoleo di Lucio Munazio Planco e il sepolcro
monumentale di Sempronio Atratino. Giunto a Mola di Gaeta il Labruzzi,
dipinge tutto ciò che attrae la sua attenzione lungo la via Appia: gli avanzi di
un sepolcro romano e la fontana in località San Remigio, i ninfei della villa
Caposele, due vedute del ponte in località Rialto, due vedute del ponte sul Rio
Fresco e le rovine del tempio di Giano a Gianola. Inoltre, non è passato
inosservato al Labruzzi, che lo ha immortalato in uno dei suoi splendidi
acquerelli, un monumento funerario di forma quadrangolare alto circa cinque
metri che è ancora visibile lungo la via Appia, in località San Pietro
comunemente chiamato "la Torricella". Il sepolcro, mai attribuito con sicurezza,
risale all'epoca d'oro dell'impero romano, quando l'estensione dell'impero
aveva superato i cinque milioni di chilometri quadrati. Era in uso tra i patrizi
della società romana, edificarsi, in vita un monumento funebre, che avrebbe
ospitato le proprie spoglie. Prima di ripartire verso Napoli i due viaggiatori
fanno sosta a Minturno dove il Labruzzi dipinge il teatro romano di Minturno e
l'acquedotto romano. Il viaggio di Carlo Labruzzi e dell'archeologo inglese
Richard Colt Hoare, termina a Benevento, poiché il maltempo e le continue
piogge fermano i due viaggiatori, costringendoli a fare ritorno a Roma con
anticipo. Durante il viaggio l'artista dipinge una straordinaria quantità di
disegni tratti dal vero, che poi utilizzerà per realizzare gli acquerelli color
seppia che gli aveva commissionato sir Richard Colt Hoare, per documentare
l'itinerario del loro viaggio. I 226 acquerelli, rilegati in cinque tomi in formato
folio, furono conservati gelosamente nella biblioteca dell'archeologo Richard
Colt Hoare, nella città di Stourhead in Inghilterra, fino al 1883. Alla sua morte,
attraverso una serie di vendite sul mercato antiquario inglese, furono acquistati
dall'archeologo e fotografo britannico Thomas Ashby nel 1899, già direttore
della British School a Roma. Alla morte di Thomas Ashby, nel 1931 i cinque
volumi, insieme ad una importante collezione di fotografie dell'archeologo
inglese, furono venduti dalla vedova dello Stesso alla Biblioteca Vaticana, dove
sono tutt'ora custoditi.
Acquerelli che raffigurano il sepolcro attribuito a Marco Tullio Cicerone e la fontana in località San Remigio
Acquerello che raffigura un Ninfeo della villa Caposele
Acquerello che raffigura il Santuario della Trinità
Acquerelli che raffigurano il mausoleo di Lucio Munazio Planco e il sepolcro monumentale di Lucio Sempronio Atratino
Il pittore tedesco Arthur Blaschnik (1823 - 1918) è senza dubbio uno di quelli
che ha lasciato una importante opera grafica, che rappresenta il quartiere alto
di Mola di Gaeta, con l’ingresso occidentale della città. Arthur Blaschnik dopo
aver completato i suoi studi accademici a Vienna viene in Italia attratto dalla
bellezza delle opere di altri artisti. Nell’ottobre 1853 arriva a Roma, dopo aver
visitato Venezia e Firenze, e vi resta fino al 1880. Da Roma si sposta più volte
verso Napoli e Capri; esegue numerosi disegni, pubblicati sul “Leipziger
Illustrierte Zei-tung”, un giornale pubblicato a Lipsia.
Il disegno del Blaschnik, datato 1853, eseguito a matita e biacca, raffigura
sulla sinistra la via Appia (oggi via Rubino), il campanile della chiesa del
Carmine, distrutto nell'ultima guerra mondiale, la chiesa di Santa Teresa e sulla
parte destra, in primo piano, la vasta terrazza dell'edificio del telegrafo.
Il disegno del Arthur Blaschnik
Sir Williams Fox (1812 - 1893), diplomatico inglese emigrato in Nuova Zelanda
nel 1842, è stato il primo premier della Nuova Zelanda, quando questa era una
colonia inglese. Laureatosi in Legge nel 1838, svolse anche l'attività di
avvocato, fino a quando non perse il diritto di esercitare la professione, poiché
si rifiutò di prestare giuramento, che egli considerava " degradante ". Questo
evento lo costrinse a concentrarsi quasi esclusivamente sulla pittura, scrittura e
sul giornalismo. Non ostante la sua lunga carriera diplomatica, Fox non
trascurò la sua grande passione: la pittura di cui era un abile esecutore. In un
suo viaggio in Italia, intorno al 1850, realizzò un disegno dal vero che
evidenzia in modo reale il panorama e che ferma una bellissima attività
marinara nel borgo di Mola. Non ci sono impressioni scritte del suo viaggio in
Italia, che probabilmente avrà annotato nel suo brogliaccio, ma quello che si
osserva nel disegno è la sensazione che il viaggiatore certamente resta
affascinato dalla bellezza del luogo e dalla vivace vita della sua popolazione.
Il disegno eseguito da sir Williams Fox e un ritratto dell'artista
L'artista olandese Pierre Louis Dubourcq (1815 - 1873), compie il suo Grand
Tour in Italia nel 1843. Nel trasferimento da Roma a Napoli, arriva a Formia di
sera e compie la consueta sosta presso l'albergo Cicerone in località Rialto.
Come gran parte dei suoi predecessori, il Duborcq al risveglio si trovò
circondato dallo splendore del golfo. La grande emozione che gli aveva
procurato lo splendido panorama, la volle fermare sulla carta, così il 30 agosto
1843, fece ritardare la partenza della carrozza, e disegnò la veduta che ancora
oggi possiamo ammirare.
Le sue opere sono conosciute soprattutto in Germania, Svizzera e Francia,
paesi dove ha lavorato intensamente.
Il disegno "villa Cicerone Mola" datato 30 agosto ed un autoritratto dell'artista
François Maximilien Misson (1650 - 1722) magistrato e letterato francese, dopo
il suo Grand Tour in Italia, pubblica nel 1717 il libro “Nouveau Voyage d'Italie”,
edito da Gianni Eugenio Viola, e tradotto in tre lingue: inglese, tedesco e
olandese, per decenni è stato tra i più consultati libri da viaggio, specialmente
nel XVIII secolo. Giunto nel golfo di Gaeta così lo descrive:
"... Qui l'aria é di una dolcezza meravigliosa; i frutti succosi lungo i pendii sono
lambiti dal Golfo, tra Gaeta e Mola; vi si trovano ottimi vini; tutto qui è
abbondante e il mare è molto pescoso. Abbiamo passeggiate tra le rovine di un
antico palazzo, si dice di Cicerone. Deve essere stato il mare, in parte, a
distruggerlo e infatti abbiamo trovato sulla spiaggia tanti piccolissimi pezzi di
mosaico. (...) Dopo aver camminato un po', eravamo indecisi se andare a
Gaeta, che è alla punta di un promontorio di fronte a Mola, con il mare troppo
mosso per la barchetta che ci aspettava; infine abbiamo deciso ma, in verità,
abbiamo fatto il viaggio ballando molto, benché alcuni della compagnia non
avessero alcuna voglia di ridere"
Una gouache di anonimo del XVIII secolo
Tra le più discusse pubblicazioni scritte, dopo un "Grand tour" in Italia si
distingue senza dubbio quella dalla scrittrice e giornalista irlandese Lady
Sidney Morgan (1781 - 1859). Nel suo "Italy", in quattro volumi, l'autrice
alterna la descrizione delle bellezze dell'Italia ad una impietosa descrizione di
una decadente cultura morale e politica degli italiani. L'intento della Morgan era
forse quello di spronare l'Italia ad una rigenerazione, ma il quadro che traccia
del nostro paese non viene accolto favorevolmente ed il suo libro, pubblicato
nel 1821 nelle lingue inglese e francese, non viene tradotto ne pubblicato in
Italia. Ho cercato di tradurre dall'edizione francese qualche brano per farvi
conoscere come Lady Morgan descrive l'arrivo a Mola di Gaeta e le donne che
incontra.
" ...Da Itri a Mola di Gaeta un paradiso si apre nel deserto. Le montagne sulla
sinistra si ritirano gradualmente, innalzando le loro cime aspre e grigiastre
verso il cielo, le colline coperte di aranceti, limoni e siepi di mirto naturale
arrivano fino alla riva del mare, attraversando romanticamente la via Appia. La
bellezza del paesaggio si fa sempre più intensa via via che ci si avvicina a Mola
di Gaeta. Una villa (adesso un albergo) seminascosto dagli aranceti, sembra
essere (almeno così dicono) la casa di campagna di Cicerone. Il suo
formianum. Io cito le tradizioni locali, e lascio agli archeologi il compito di
decidere la verità sulla questione. Sulla porta di questo classico albergo, la cui
posizione è la più bella del mondo, c'è una immagine di Cicerone, con un
mantello color porpora ed un paio di pantaloni color limone, con una iscrizione
che fa da cornice..."
"... A poca distanza dalla baia, si possono vedere le torri, le cupole, le guglie
del centro storico di Gaeta, prendono forma all'orizzonte come se uscissero
fuori dal mare, la piccola lingua di terra che unisce la riva alla rocca, sulla
quale la città è costruita, é impercettibile, ed accresce la caratteristica bellezza
di quella posizione. Le bianche case di Mola di Gaeta, distanti circa mezzo
miglio dalla villa di Cicerone, di estendono lungo la costa. Una flotta di barche
di pescatori sono all'ancora o adagiate sulla riva. Il paesaggio si sussegue in
uno panorama di splendida bellezza...
... Le donne sembrano provenire dalla favola di Circe, le cui bellezze e costumi
sono state citate con ammirazione per lungo tempo. La natura è sempre la
stessa, ma la moralità è interamente cambiata. La parte più giovane della
popolazione di Mola di Gaeta era, nel momento in cui siamo passati, con la
pelle seccata dai raggi del sole d'inverno, amava rotolarsi sulla sabbia. Era
disordinata e fastidiosa, si alzavano tutti insieme per unirsi poi con clamore per
mendicare, e poi tornare alla baia, sia l'esito delle loro richieste sia stato
positivo o negativo. Le donne, malgrado i loro tratti regolari, le loro lunghe
trecce mescolate con nastri di seta e attorcigliate alle loro belle teste,
malgrado i vasi di forma etrusca che riempivano alla fontana, e che portavano
con una grazia antica, ispiravano più compassione che ammirazione per via
degli stracci sporchi con cui erano vestite e per l'immodestia della loro
fisionomia..."
Lady Morgan descrive il suo viaggio in Italia con molto sarcasmo, ma se si
considera la sua personalità, profondamente radicata nei valori della libertà,
dell’istruzione dei giovani e, in particolare, delle donne, probabilmente si
ottiene un quadro più preciso nel quale inserire le sue affermazioni, a dir poco
critiche, si ha l’impressione che la sua amarezza sia dettata da una voglia
soffocata di uguaglianza tra gli uomini che la trasforma in una portavoce dei
diritti degli emarginati e delle popolazioni oppresse.
Veduta della spiaggia di Mola con panorama di Gaeta del 1820, come appariva agli occhi di Lady Morgan ed un ritratto
della scrittrice eseguito dal pittore René Théodore Berthon
Anche l'architetto francese François Debret, (1777 - 1850), distintosi per aver
progettato e diretto i lavori di restaurato di numerosi teatri, musei e del
Conservatorio della musica di Parigi, non seppe resistere al fascino del "Grand
Tour" in Italia.
Nel 1830 Intraprese un lungo viaggio verso il nostro Paese. Brogliacci,
matite, colori e pennelli facevano parte del suo bagaglio. Disegnò tutto ciò che
suscitava il suo desiderio di conoscere . Nel trasferimento da Roma a Napoli,
anche il Debret restò affascinato dalle bellezze di Formia, e disegnò alcuni siti
archeologici lungo la via Appia. Come tanti altri viaggiatori si lasciò affascinare
dai costumi e dalle acconciature delle donne di Mola e Castellone che
riprodusse in diversi disegni ed acquerelli. Interessante l'annotazione sotto uno
di essi che cito testualmente: "femmes de Mola même costume qui à Itri et
Fondi - donne di Mola lo stesso costume che c'è a Itri e Fondi".
L'acquerello delle donne di Mola e Castellone con veduta di Gaeta
Renato Marchese