Saggistica Aracne Elisabetta Cangelosi Publica e communis Acqua, mondo romano e beni comuni Copyright © MMXIV ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: febbraio Indice Prefazione Introduzione Capitolo I L’accesso all’acqua: Problematiche politiche e diritti umani .. L’acqua, una questione politica, – ... Un bene fondamentale a rischio, – ... Una contrapposizione di fondo: l’acqua–diritto vs. l’acqua– merce, – ... La privatizzazione dell’acqua, – .. L’acqua, un diritto umano, – ... Fra diritto e bisogno, – ... Paradigmi interpretativi, – ... Breve storia dell’acqua come diritto umano, . Capitolo II Dalle lotte per l’acqua ai beni comuni .. I movimenti per l’acqua, – .. Breve storia dei beni comuni, – .. Pubblico e comune, – .. L’acqua modello di beni comuni, . Capitolo III L’acqua communis, un concetto sociale .. Le commedie di Plauto, – ... Asinaria: “aquam argento non emo”, – ... Rudens: “aquam hostis hosti commodat”, – ... Aulularia: “aquam aufugisse dicito, si quis petet”, – .. Le Metamorfosi di Ovidio, – ... Trasformazioni in rane: “Limosoque novae saliunt in gurgite ranae!”, – .. L’acqua nella riflessione di Cicerone sui doveri, – ... L’acqua fra i ‘communia’: “non prohibere aqua profluente”, – .. Communis: l’ottica relazionale, . Capitolo IV Acque pubbliche e acque private: norme di gestione .. Acque pubbliche, – ... I fiumi pubblici, – .. Azioni a tutela dei flumina publica: gli interdicta, – ... A tutela della navigazione, Indice – ... A tutela del corso d’acqua, – ... Il ruolo attivo del cittadino negli interdetti popolari, – .. Acque private, – ... Gestione e legislazione, – ... Le servitù: strutture e funzionamento, – ... Le servitù d’acqua, – ... Le servitù d’acqua e il contesto , . Capitolo V Res publicae, res communes e acqua .. La summa rerum divisio, – .. Extra commercium ed extra patrimonium, – .. Cose di diritto divino, – .. Res publicae e res communes, . Considerazioni conclusive: acqua, beni comuni, reciprocità Bibliografia Prefazione Molti e molti anni fa mi capitò di partecipare a un convegno organizzato a Ridracoli, all’ombra della grande diga che fornisce acqua a tutta la Romagna: una delle opere pubbliche più notevoli eseguite in Italia nel campo della distribuzione delle acque, la cui mole, e la cui sofisticata e complessa strumentazione di controllo, sono ancora ben vive nella mia memoria a dispetto del tempo trascorso. Fu un’occasione fortunata, non solo perché mi dette modo di riflettere su cosa significa concretamente “distribuire acqua” a una popolazione di vaste proporzioni, ma perché fra i relatori del convegno c’era anche Danilo Dolci, una persona di cui conoscevo certo l’impegno sociale e civile, ma che non avevo mai avuto occasione di incontrare. Ricordo bene la figura di Dolci, il suo modo di parlare, la sua passione. Ma soprattutto di lui ricordo una frase, che nel tempo ha continuato a tornarmi alla mente in più di un’occasione: chi controlla le acque, ripeteva, dall’Egitto dei faraoni a oggi, controlla il potere. Il fatto è che l’acqua è una funzione così essenziale, quotidiana, che rischia ad ogni momento di farsi invisibile, di presentarsi come un datum talmente ‘dato’ che non ci si accorge neppure più della sua esistenza. Dolci invece aveva ragione, è perfino ovvio dirlo, l’acqua, la sua distribuzione, stanno al centro stesso del potere perché stanno al centro stesso della vita. E da qualche decennio a questo parte, con il mondo sempre più globalizzato, la circolazione di notizie sempre più ampia, più capillare, la crescita esponenziale dei consumi — non che la visione sempre più ‘mercantile’ dei rapporti umani e dei beni che ne sono al centro — la consapevolezza di questa verità si è fatta e si va facendo sempre più forte. Anche in modo drammatico. Se presentando il libro di Elisabetta Cangelosi mi è tornato alla mente quell’incontro lontano, e assieme ad esso le parole di Danilo Dolci, è perché in queste pagine, così come del resto nella personalità della loro autrice, è ancora viva (per fortuna) la dimensione sociale civile. Elisabetta Cangelosi non è solo una brillante giovane studiosa, Prefazione ma una persona che sente l’importanza delle cose che si studiano, e ancor più sente — cosa abbastanza rara — che gli studi, in qualsiasi disciplina vengano svolti, possono trasformarsi anche in strumento di più ampia consapevolezza, personale e sociale — e come tali avere anche una funzione civile. Quanto grande? Quanto rilevante? Chi può dirlo, il nostro è un mondo così frantumato, così confuso, che non si può mai sapere quale potrà essere l’esito delle nostre, piccole o grandi, imprese intellettuali. L’importante, però, è provarci. Questo libro nasce dunque dal fortunato incontro fra una classicista — con qualche inclinazione anche per l’indologia — e un tema che oggi appassiona o preoccupa sempre più: l’acqua come bene condiviso, come diritto umano e come bene comune. Le circostanze in cui questo libro è stato concepito, sono abbastanza interessanti. E’ accaduto infatti che, nel suo percorso di studi, Elisabetta Cangelosi si sia trovata a vivere un momento in cui a Siena, in particolare al “Centro Antropologia e Mondo antico” (AMA) di quella Università, ci si occupava con particolare interesse del tema dei diritti umani. Marcello Flores stava infatti finendo di mettere insieme il suo prezioso Dizionario dei diritti umani, per UTET, e quasi di riverbero noi classicisti cominciammo a chiederci se, come, in qual misura gli antichi possedessero nozioni come quella, appunto, di diritti umani, e in che cosa consistesse, se ne avevamo una qualche forma. Un bel tema di riflessione per l’antropologia del mondo antico, una corrente di studi del resto così presente anche in questo libro, con la sua curiosità appunto antropologica, comparativa, sempre volta a cercar di capire quali analogie, e quali differenze, intercorrano fra le culture antiche e le nostre moderne. Proprio in quel momento Elisabetta Cangelosi affrontava il suo dottorato, e la scelta fu tanto spontanea quanto immediata. Dato che una delle forme in qualche modo più prossime ai nostri “diritti umani” (come si vedrà dalla lettura di questo libro) a Roma consisteva proprio nell’obbligo di “concedere l’acqua” anche a chi non apparteneva alla propria comunità — un precetto che i Romani registravano fra i cosiddetti communia — fu proprio su questo che l’attenzione della Cangelosi si concentrò. E se ciò accadde fu non solo perché il tema è di per sé affascinante, ma perché come già dicevamo Elisabetta Cangelosi è una persona che concepisce il proprio lavoro intellettuale come qualcosa che deve avere comunque un risvolto anche sociale, civile, rilevante non solo per la comunità Prefazione accademica o scientifica a cui si rivolge, ma anche in una prospettiva più ampia. Nacque così l’idea di vedere se le configurazioni culturali che i Romani avevano sviluppato nei confronti della loro aqua — religione, letteratura, diritto — potevano essere in qualche modo di aiuto per comprendere quelle che noi, oggi, discutiamo con passione talora drammatica attorno all’acqua del presente. Insomma l’idea è stata, ed è, quella di far ‘reagire’ la cultura romana con un problema contemporaneo fra i più scottanti. Non è stato facile, ovviamente, come avviene in tutte le imprese che affrontano temi rilevanti da molti punti di vista, e il volume che oggi vede la luce è il risultato di ricerche che si sono protratte negli anni, di viaggi in molte biblioteche e centri di ricerca stranieri, di molte riscritture. . . Ma il libro è qui, e lo salutiamo. E adesso τύχῃ ἀγαθη˜ͺ , come dicevano i Greci, con buona fortuna. M B Introduzione Alcune buone ragioni per una prospettiva storica Alla ricerca di spunti, un approccio interdisciplinare L’aspetto innovativo di questa ricerca è un approccio interdisciplinare largamente fondato su aspetti storici. Si è scelto di utilizzare uno sguardo diverso dalla pura analisi antropologica, sociologica, politica o giuridica provando a creare un’interazione e un dialogo fra discipline ed epoche diverse. L’idea di fondo è che culture altre, non tanto sul piano geografico ma piuttosto lungo l’asse della storia, possano fornire interessanti spunti di riflessione anche su un argomento estremamente attuale come la questione dell’acqua e dei beni comuni. Ci riferiamo qui al mondo romano. Non si tratta di cercare somiglianze per molti aspetti impossibili, ma di verificare se ci siano elementi, in esso, che possano contribuire alla discussione politica contemporanea tanto dal punto di vista giuridico quanto da quello culturale, basandoci certo sulle somiglianze, ma anche sulle differenze e su adeguate rielaborazioni di concetti specifici. Parlare di acqua, in qualunque epoca, in maniera esaustiva è se non impossibile almeno piuttosto complicato, dal momento che una riflessione di questo genere spazierebbe dall’ingegneria all’archeologia passando per il diritto, ma soprattutto non costituisce l’obiettivo di questo libro. Quello che ci riproponiamo di fare in queste pagine è infatti di analizzare di un concetto specifico: quello dell’acqua come bene condiviso, come diritto umano e come bene comune. Per farlo dobbiamo necessariamente restringere il campo anche rispetto all’oggetto stesso dell’indagine: di quale acqua intendiamo dunque occuparci? Escludiamo sin da subito le acque sotterranee, l’acqua piovana, il mare; escludiamo altresì le questioni riguardanti l’inquinamento, l’uso agricolo e industriale e le acque reflue. Quanto agli aspetti giuridici lasciamo da parte la complessa e annosa questione Introduzione della Convenzione di New York a proposito dei fiumi transfrontalieri. Ci occupiamo dunque dell’acqua nella sua forma più familiare, l’acqua che sgorga dalle sorgenti, che scorre all’aperto in regime naturale e che, in relazione al luogo e al contesto, viene usata per l’approvvigionamento idrico e gli usi domestici. Stiamo parlando cioè di quel seppur vago accesso all’acqua come diritto umano la cui storia percorreremo nel prossimo capitolo. Questa precisazione riguarda naturalmente soltanto il contenuto di questo saggio e non intende limitare la questione dell’acqua come bene comune a questo ambito da un punto di vista teoretico generale: al contrario la riflessione sui beni comuni e sull’acqua in particolare tocca anche altri usi, altre categorie d’acqua e altre formulazioni giuridiche (diritto internazionale relativo ai fiumi transfrontalieri incluso). La riflessione è qui circoscritta, cioè, solo in funzione delle sue caratteristiche peculiari, il cui tratto principale è la comparazione con il mondo antico e un approccio interdisciplinare che prenda in considerazione, per l’antichità così come per il mondo contemporaneo, aspetti antropologici e culturali, meccanismi sociali e diritto. D’altronde il ruolo dell’acqua all’interno delle dinamiche culturali che portano allo strutturarsi delle società è stato sin dalle origini assolutamente centrale, per quanto declinato in maniera diversa all’interno delle diverse civiltà; all’acqua è stato riconosciuto da parte di ogni cultura in ogni angolo del mondo e in ogni momento della storia la condizione di elemento necessario allo sviluppo della vita e di contributo all’organizzazione sociale. Questa componente culturale è sottolineata nelle introduzioni di qualunque saggio, report o studio scientifico che tratti di questo argomento, persino nei testi di ingegneria idraulica. In effetti non si tratta di una scelta retorica quanto piuttosto di una sorta di necessità che gli autori — soprattutto se di studi scientifici e giuridici — sembrano sentire nel trattare una questione che presenta effettivamente problematiche molto ampie e che tocca ambiti disciplinari così diversi, ma al tempo stesso talmente interconnessi da costituire un “domaine de recherche” diverso da tutti gli altri. . La Convenzione di New York sui fiumi transfrontalieri, redatta nel , non è ancora entrata in vigore non essendo stata firmata da un numero sufficiente di Stati. Essa sarebbe uno strumento di diritto internazionale di grande utilità in materia di risorse idriche transfrontaliere. Introduzione Questa analisi prevede dunque una ricostruzione, culturale e giuridica, del regime delle acque nel mondo romano, che metteremo in relazione non solo con il quadro costituito dalle problematiche socio–politiche contemporanee relative all’acqua (in particolare il riconoscimento dell’acqua come diritto umano), descritte nel capitolo , ma anche e soprattutto con la questione dell’acqua come bene comune entro il più ampio dibattito su questa tematica, come sarà illustrato nel capitolo . Nell’analizzare il mondo romano ci soffermeremo sugli elementi, culturali e giuridici, che connotano l’acqua come una res condivisa, o meglio, come vedremo più avanti, come una res publica o come una res communis. L’obiettivo è quello di analizzare come e se la situazione dell’acqua nel mondo romano possa in qualche modo contribuire alla riflessione contemporanea sui beni comuni. Da un punto di vista genericamente culturale la tradizione antica e il suo rapporto con il mondo odierno sono stati oggetto di notevoli riflessioni in contesti diversi; su questo punto risulta assai interessante l’opera collettiva coordinata da V. Teti . In questo testo, per esempio, L. Faranda ricostruisce le simbologie dell’acqua nel mondo greco sottolineando la rilevanza del femminile all’interno di tale universo simbolico. Sempre nell’ambito delle questioni culturali e del simbolismo delle acque si colloca una riflessione sugli esseri che le abitano di E. Arslan, nel quadro di una pubblicazione legata alla mostra dedicata all’acqua dalla Fondazione DNART . Vengono in questo caso sottolineati i tratti di continuità storica dal mondo greco, dove « la ninfa non “abitava” la sorgente, ma “era la sorgente” » , passando per il mondo romano in cui, seppur diversamente , « le divinità dell’acqua erano [. . . ] ancora presenti [. . . ] e erano ancora considerate benefiche » , fino ad arrivare al mondo contemporaneo. Due affermazioni in particolare risultano interessanti: l’una riguar. Cfr. T . . Cfr. F . . Cfr. Anima dell’Acqua, Fondazione DNART, Catalogo L’Erma di Bretschneider, Milano . . A p. . . Le differenze fra mondo greco e mondo latino rispetto a questo tema consistono principalmente in una maggiore presenza delle ninfe all’interno della mitologia greca. . A p. . Introduzione da l’affermarsi del cristianesimo che « respinse nell’oscurità gli spiriti delle acque, che resistettero nella sensibilità popolare a lungo » , e una relativa, in un certo senso, alla possibile comparazione fra antico e contemporaneo: « nel nostro mondo quasi tutte le sorgenti sono state essiccate, o nascoste, o captate. La loro acqua è finita in bottiglie di plastica. Le sorgenti sono morte e con esse forse anche le Ninfe » . L’universo simbolico dell’acqua nel mondo antico appare qui riutilizzato in chiave analoga a quanto, più frequentemente, si riscontra in merito ad altre culture, nel quadro di quelle che N. Breda definisce « storie dell’acqua di altre parti del mondo » , come la Pacha Mama delle culture indigene dell’America centrale e del Sud o le divinità fluviali della religione induista. Se tuttavia sul piano culturale e sociale il mondo romano può forse apparire piuttosto distante (per quanto, come vedremo, ci si offrano alcuni spunti interessanti) il confronto diviene assai più pregnante sul piano giuridico. Come è ovvio, infatti, all’acqua era riconosciuto dai Romani lo statuto di risorsa economicamente rilevante, da gestire attraverso un sistema di accordi e di formulazioni giuridiche (le vedremo più avanti) che ne garantissero tanto l’amministrazione pubblica quanto l’uso privato. L’approccio giuridico dei Romani, che ci interessa nello spirito generale di questo studio in vista dell’individuazione dei rapporti fra antico e contemporaneo a proposito dell’acqua come “bene comune”, ha inoltre assunto un ruolo di riferimento, quale fondamento teorico e modello, per l’evoluzione dei sistemi giuridici europei ; è un contributo che, se appare rilevante in numerosi ambiti della giurisprudenza, presenta tratti particolarmente marcati proprio a proposito del regime giuridico delle acque: . A , p. . . A p. . . B p. . . La Storia del diritto romano costituisce tuttora materia fondamentale dei programmi dei corsi di laurea in diritto in numerosi Paesi europei proprio in relazione al ruolo assunto dal diritto romano rispetto alla storia del diritto, come usano spiegare i docenti di tale disciplina. Al di fuori dell’Europa, inoltre, va sottolineato come in tempi recenti, dalla fine degli anni ’, la Cina abbia deciso di rifondare il proprio codice civile anche in considerazione del diritto romano e della tradizione romanistica, rispetto alla Common Law anglosassone. Introduzione the rules based system which constituted the formal structure of water resources governance under the Roman law laid the foundations upon which the regimes not only of the civil law but also of the common law were themselves to some extent based . In campo giuridico le relazioni con il diritto romano sono necessariamente strette, quanto meno nel contesto dei regimi di Civil Law, e l’ambito relativo alle acque non fa eccezione, mostrando anzi un rilievo particolare nel più ampio dibattito relativo ai beni pubblici. È assodato e noto come il patrimonio del diritto romano si sia conservato attraverso il diritto comune, tanto nella giurisprudenza medievale quanto in quella dell’età moderna, fino alle codificazioni ottocentesche, e come abbia mantenuto una forte influenza anche oltre questi epocali cambiamenti nella storia del diritto europeo. Nel caso della giurisprudenza relativa alla acque, proprio nel momento di passaggio segnato dal francese Code Civil () e dall’austriaco Allgemeines Bürgerliches Gesetzbuch () si colloca il trattato sulla condotta delle acque del Romagnosi in cui, come sottolinea E. Conte: il filosofo e giurista emiliano faceva coesistere [. . . ] cose nuove e cose antiche e recuperava, forse inconsapevolmente, talune visioni che avevano caratterizzato la dottrina di diritto comune, che egli intendeva superare con la sua opera . La relazione fra vecchio e nuovo emerge anche nel mondo contemporaneo, come mostra sin dal titolo del suo intervento G. Zoz: Idee vecchie e nuove in tema di acque pubbliche interne ; nell’articolo di Conte si sottolinea il recupero da parte del Romagnosi di concetti propri del diritto medievale, mentre la Zoz, dal canto suo, rilevando la complessità legata alla ricerca e alla produzione legislativa in materia di beni pubblici (in particolare in ambito idrico) nel contesto giuridico contemporaneo, sottolinea quanto segue: la specialità della materia [. . . ] ci spinge sovente a risalire alla fondamentale esperienza romana che è stata tramandata dal Corpus iuris civilis in quanto, alla attenta lettura di alcuni frammenti, si evince la rilevanza e l’utilità di . F p. . . C p. . . Z . Introduzione tali insegnamenti. [. . . ] in diritto romano il popolo tutto era tutore di un interesse collettivo, interesse soddisfatto proprio sottraendo tali beni ad un regime privatistico . La questione della giurisprudenza attuale volta alla tutela dei beni pubblici e delle acque in particolare si presenta controversa e anche in quest’ottica la riflessione conclusiva dell’intervento di E. Conte, naturalmente dal punto di vista dello storico del diritto medievale e moderno, fornisce uno spunto interessante: non si può fare a meno di scorgere una certa continuità fra taluni antichi assetti giuridici che affondano le radici nel Medioevo e i recentissimi orientamenti del legislatore e della giurisprudenza che hanno sottratto le acque al regime privatistico della proprietà per tornare a fare di esse l’oggetto di equilibri giuridici difficilmente modificabili dal fatto dell’uomo. L’antica tradizione medievale, del resto, le aveva sottratte non soltanto alla volontà privata, ma anche all’arbitrio del sovrano, facendo di esse, piuttosto, un elemento che la natura stessa aveva collegato al territorio. Ed è forse a questi antichissimi aspetti che si torna a guardare oggi, al di là delle utopie giuridiche e ingegneristiche del Settecento riformatore e dell’Ottocento liberale . Fino agli inizi del XX secolo, peraltro, le questioni legate all’acqua potevano apparire relativamente semplici: erano centrate su aspetti simbolici — come, per esempio, negli studi di Eliade — o su questioni puramente tecniche, tanto in campo scientifico e ingegneristico quanto nel contesto giuridico, relativamente alle convenzioni internazionali e agli accordi a proposito dei corsi transfrontalieri e del diritto della navigazione che hanno interessato gli Stati nazionali sin dagli albori del mondo contemporaneo (il primo atto che assunse il ruolo di convenzione internazionale in materia di fiumi, confini e navigazione fu ratificato nel corso del Congresso di Vienna ). Nel corso dell’ultima metà del XX secolo, invece, la situazione è molto cambiata: è ormai infatti quasi impossibile, nell’affrontare le questioni relative all’acqua e al suo ruolo a livello locale, nazionale e . Z pp. –. . C p. . . Sulla legislazione internazionale a proposito delle risorse idriche e della loro gestione si veda l’esauriente pubblicazione curata dalla F: Sources of International water law, F Legislative Study, , Roma . Introduzione internazionale, scindere l’antropologia dal diritto, la storia dall’economia e dal management, la teoria della cultura dalle scienze politiche, e tutti questi elementi dalle scienze esatte. È questa la cornice del presente lavoro. La relazione fra concetti giuridici antichi e teorie e prassi moderne, per somiglianza così come per differenza, propone infatti spunti di riflessione molto interessanti non solo a livello istituzionale, ma anche nell’approccio politico–sociale alle questioni relative all’accesso all’acqua: all’acqua come diritto umano, come bene pubblico e come bene comune.
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