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Numero 138
04 Febbraio 2014
123 Pagine
Novità
MV Agusta
Brutale 800 Dragster
Honda
Integra 750, il prezzo
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Nico Cereghini
Hideo Kanaya,
talento zittito.
Storia di un pilota
degli anni Settanta
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Internazionali
d’Italia
Debutto di stagione
vincente per Tony
Cairoli
| prova maxi enduro |
BMW R1200 GS
Adventure
da Pag. 2 a Pag. 11
All’Interno
NEWS: M. Clarke H-D University | Guida all’usato: le naked a meno di 4.500 euro | Borile novità e strategie del futuro
MOTOGP: Intervista video a Meregalli (Yamaha) e Suppo (HRC) | SBK: Visita al Reparto Corse Aprilia
BMW R1200 GS Adventure
PREGI
Motore e elettronica
DIFETTI
Peso e ingombri
Prezzo 17.450 €
Prova maxi enduro
Tutta un’altra
avventura
Sbaglia chi pensa sia la sorella cicciona della GS.
L’Adventure ha un motore molto più dolce e
piacevole, un grande serbatoio in alluminio e
se la cava pure nell’offroad.
Ma occhio al peso. Costa cara
di Andrea Perfetti
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
in ordine di marcia è alto (260 kg con 30 litri di
benzina), ma non crediate per questo che la Adventure sia un lento pachiderma: passa da 0 a
100 in 3,75 secondi e supera agevolmente i 210
km/h. Riprogettato da zero lo scorso anno, con
profonde variazioni allo schema a cui il bicilindrico contrapposto era fedele da anni, presenta
i cilindri ruotati di 90° in avanti, con aspirazione e
scarico ad andamento verticale invece che orizzontale. Sulla BMW R1200 GS Adventure il boxer
viene ulteriormente affinato per l’uso specifico,
riceve nella fattispecie un volano più pesante
(950 grammi) per addolcire la risposta. Sono di
conseguenza dedicate anche le mappature della
centralina. E’ diverso poi l’albero del cambio, che
ha un parastrappi in più.
Media
Il telaio. Sospensioni
con più escursione
Come nei modelli precedenti, la Adventure mantiene invariato il telaio della versione standard
L
a guardi e pensi alla solita versione kittata da avventura della nota
e amata R1200GS (nel 2013 ne
hanno vendute quasi 30.000 nel
mondo, prima moto del mercato
italiano). Invece no, gli ingegneri
di Monaco c’hanno dato dentro per proporre ai
clienti una Adventure che su strada, ma pure fuori, si differenzia in modo netto dalla GS standard.
Merito - ve lo anticipiamo subito - di un propulsore boxer sempre raffreddato ad aria e liquido con
un carattere più docile e gestibile. Spinge sempre
come un dannato, ma ha perso quella botta di potenza in prima apertura di acceleratore che dava
quasi fastidio sulla GS del 2013. La BMW R1200
GS Adventure è disponibile da febbraio 2014 al
prezzo di 17.450 euro (chiavi in mano, primo tagliando incluso) in tre colorazioni, bianca, verde o
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Prova
(un doppio trave in acciaio), rivisto solo nella lunghezza del braccio del Telelever per aumentare
la maneggevolezza. L’escursione delle sospensioni cresce di 20 mm (210 e 220 mm rispettivamente all’avantreno e retrotreno invece di 190
e 200), determinando un aumento dell’altezza
da terra di 10 mm. Anche la posizione di guida
cambia radicalmente, con un’altezza della sella
che cresce di 40 mm nonché pedane enduro a
larghezza maggiorata e comandi a pedale rinforzati. La carenatura è completamente ridisegnata
per migliorare la proiettività verso il pilota e accordarsi meglio al serbatoio in alluminio la cui
capienza passa dai 33 litri della vecchia Adventure agli attuali 30. E’ invece invariata l’autonomia,
grazie ai minori consumi della versione attuale
(dandoci dentro anche in fuoristrada abbiamo
consumato in media 5,8 litri per 100 km, un dato
davvero eccellente). Al comfort sono dedicati il
parabrezza più esteso, regolabile con l’apposito
manettino, i deflettori supplementari e i paramani.
blu. Di serie ha ABS, ASC, due riding mode, mentre i principali optional sono la modalità di guida
Pro, le sospensioni semi-attive Dynamic ESA, le
manopole riscaldate e le borse.
Come cambia il bicilindrico boxer
Fedele ai concetti che l’hanno portata al successo dai tempi della prima 1150, la nuova Adventure
parte dalla base della R1200GS 2013, che viene
rivista innanzitutto a partire dall’estetica. Sulla
Adventure troviamo un parabrezza più grande,
il serbatoio maggiorato, le protezioni tubolari
del motore, pedane dedicate alla guida offroad.
Ma cambia pure il motore; è sempre il 1170cc
boxer con raffreddamento misto (l’olio è stato
sostituito dall’acqua nella funzione di refrigerante per le teste), ha 125 cv a 7.750 giri e una
coppia massima di 125 Nm a 6.500 giri. Il peso
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Completamente identica alla R1200GS 2014
la dotazione elettronica, con ABS, ASC nonché
due modalità di guida (road e rain) offerte di serie. Le tre modalità supplementari fanno parte
della sconfinata offerta di optional, così come le
sospensioni a controllo elettronico semi-attive
Dynamic ESA.
Bella su strada. E fuoristrada
che numeri!
La nostra prova nella meravigliosa regione che
circonda Cordoba è breve. Solo 150 chilometri
che però ci consentono di cogliere immediatamente le differenze tra la GS standard e questa
bella (e grossa) GS Adventure. Partiamo dall’ergonomia. Scordatevi la sagoma snella della moto
più venduta in Italia lo scorso anno. La Adventure
è altra cosa: alta, pesante e decisamente ingombrante, è però anche più protettiva alle alte velocità. La BMW dichiara la stessa larghezza nella
zona delle gambe, ma a noi pare che il serbatoio si allarghi sensibilmente nella zona anteriore.
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Bello il contatto con l’alluminio, che rispetto alla
plastica ha il vantaggio di non dilatarsi col caldo. E ha ovviamente una finitura più appagante
per la vista. In sella si sta a proprio agio e si ha
un ottimo controllo della moto. Bisogna fare solo
tanta attenzione in manovra, perché la moto
pesa parecchio e, se cade, sarà difficile sollevarla
da soli. La vera, grande sorpresa del nostro test
è il motore boxer. Sulla BMW R1200 GS Adventure raggiunge la piena maturità, tanto che ci
spingiamo a consigliarne l’adozione perfino sulla R1200GS. Ha perso la spigolosità della moto
standard, vale a dire quella risposta prepotente
ai medi regimi che spesso spiazzava il pilota. Ora
è ancora potente e straripante di coppia, ma sa
essere gentile e più facilmente controllabile. Se
si apre con cattiveria il gas con la mappa Dynamic, il boxer della Adventure sa ancora essere
arrogante ma c’è un maggiore e più diretto controllo con la manopola destra. La fluidità in basso
rimane ottima, il bicilindrico riprende senza fiatare da 1.500 giri e arriva di corsa a oltre 9.000.
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Prova
Se si apre con
cattiveria il gas
con la mappa
Dynamic, il boxer
della Adventure
sa ancora essere
arrogante ma c’è
un maggiore e più
diretto controllo
con la manopola
destra
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Davvero un bel motore, assecondato da un ottimo cambio a sei rapporti e dalla morbida frizione
idraulica. La BMW R1200 GS Adventure è meno
svelta nel misto rispetto alla GS, ma la differenza
non è poi così marcata. Di buono rimane infatti
la grande agilità della moto che riesce a mascherare in modo incredibile il peso sui tratti più tortuosi, dove la Adventure si fionda in piega come
pochissime altre maxi stradali sanno fare. Decisamente a punto la frenata, che dispone di un
ABS per nulla invasivo e di un impianto che sposa
tanta modulabilità con tutta la potenza che serve. E in fuoristrada? Tranquilli che la BMW R1200
GS Adventure sugli sterrati ci sa (ancora) andare.
Certo, ci vuole prudenza e bisogna ricordarsi di
settare in modo corretto l’elettronica per limitare
l’intervento dell’ABS e dell’ASC. Noi abbiamo preferito escluderli del tutto per controllare meglio le
perdite di aderenza della moto. Nessun problema
sugli sterrati, anche rovinati, mentre sul fango e
sull’erba con le gomme stradali ci vuole molta attenzione. Ma con un po’ di mestiere ci si diverte
un mondo a controllare le lunghe perdite di aderenza che questo motore esagerato regala a ogni
regime. Nel passaggio dall’asfalto allo sterrato
abbiamo apprezzato anche la rapida risposta
delle sospensioni elettroniche Dynamic ESA; in
particolare si è rivelata ottima la taratura Enduro,
più soffice nella prima fase dell’escursione e via
via più controllata man mano che ci si avvicina
al fine corsa.
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SCHEDA TECNICA
ABBIGLIAMENTO
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Prova
Casco X-lite 551
Giacca Rev’It! Poseidon GTX
Pantaloni Rev’It! Poseidon GTX
Stivali e guanti Dainese
Zaino OGIO
BMW R 1200 GS Adventure € 17.450
Tempi: 4
Cilindri: 2
Cilindrata: 1170 cc
Disposizione cilindri: Boxer
Raffreddamento: ad aria/liquido
Avviamento: E
Potenza: 125 cv (92 kW) / 7750 giri
Coppia: 12.74 kgm (125 Nm) / 6500 giri
Marce: 6
Freni: DD-D
Misure freni: 305-276 mm
Misure cerchi (ant./post.): 19’’ / 17’’
Normativa antinquinamento: Euro 3
Peso: 220 kg
Lunghezza: 2255 mm
Larghezza: 980 mm
Altezza sella: 890 mm
Capacità serbatoio: 30 l
Segmento: Enduro Stradale
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da 106.000 a 115.000 pezzi. E’ cresciuta quindi dell’8,3 %. Questo è accaduto nonostante il
mercato delle moto sopra i 500 cc sia calato, dal
2006 al 2013, di oltre il 50% (da 1.500.000 unità
a meno di 800.000); infatti in questo scenario la
quota di BMW è aumentata del 100%.
BMW in Italia
Andrea Buzzoni
“Ogni anno cinque nuove moto BMW”
Dal 2008 al 2013 le vendite del colosso tedesco
sono cresciute nel mondo, ma non in Italia. Il
nostro Paese era il primo per la vendita di moto
BMW ancora nel 2008, mentre nel 2013 è sceso
addirittura al quarto posto (preceduto da Germania, USA e Francia). Il mercato interno delle
moto è calato infatti negli ultimi anni di quasi il
70%, mentre BMW ha visto passare la sua quota
dal 16,5 al 20,2%. Ci spiega Andrea Buzzoni che
«BMW Motorrad è cresciuta molto in America e
Brasile, meno in Europa. Nei prossimi anni, grazie
alla partnership con un costruttore locale, puntiamo a rafforzarci in Asia, un mercato molto importante al quale dedicheremo una serie di moto
inedita, con motori di piccola cilindrata». In Italia
è cresciuto invece molto il segmento premium,
quello delle moto più costose. In 8 anni è passato
Intervista
dal 25% al 44% e ha premiato BMW che è l’unica
casa a coniugare importanti volumi (la R1200GS
è stata infatti la moto più venduta nel 2013) con
listini alti. E le tecnologie ed eccellenze italiane
della componentistica sono state riconosciute
da BMW Motorrad anche nel 2013, fa infatti piacere scoprire a quanto ammontano gli acquisti di
BMW in Italia.
Andrea Buzzoni: «BMW acquista in Italia componenti per 700 milioni di euro, ben 100 fanno capo
a BMW Motorrad. In questo modo la casa tedesca premia le capacità delle aziende italiane che
producono componenti di altissima qualità per le
due ruote».
La R1200GS è la moto più venduta
di BMW nel mondo. Sorprese dalla
S1000RR
La R1200GS si conferma nel 2013 la moto BMW
più venduta (29.845 pezzi), seguita a grande distanza dalla F800GS (10.166 unità). Sorprende
la quarta posizione della superbike S1000RR
(6.749 moto), segno che le supersportive sono
ancora apprezzate su alcuni mercati, in particolare negli USA.
di Andrea Perfetti | Il direttore di BMW Motorrad Italia ci presenta le
ultime novità, R1200GS Adventure e R1200RT, e ci spiega la strategia
della casa tedesca: 5 moto nuove ogni anno per confermarsi leader nel
segmento premium
A
ndrea Buzzoni (direttore di BMW Motorrad Italia) ha presentato alla stampa italiana le due ultime novità della
casa tedesca, R1200GS Adventure e
R1200RT, e ha illustrato le strategie di BMW che
hanno consentito di chiudere il 2013 con un vero
record di immatricolazioni. «Nel 2014 presentiamo 5 nuovi modelli. Oggi le R1200GS Adventure
e R1200RT, a marzo Nine T e S1000R. A maggio
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sarà poi la volta dello scooter C Evolution. Nel
2015 seguiremo la stessa politica, introducendo
altre 5 moto nuove. Crediamo sia la strada giusta
per raggiungere grandi risultati».
2013 da record nel mondo
Buzzoni ci dà anche i numeri relativi all’anno appena concluso, anno in cui BMW ha raggiunto il
suo record storico di immatricolazioni passando
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MV Brutale 800 Dragster
Foto, caratteristiche e prezzo
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Ha 125 cavalli e pesa 167 kg a secco, è l’ultimo tassello
della famiglia “Tre Pistoni” varesina. E’ una nuova variante
della Brutale - identico il muso arrabbiato - da cui
si distingue principalmente per la coda tronca
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sistema integrato di iniezione-accensione
MVICS (Motor & Vehicle Integrated Control System), che adotta gli ultimi algoritmi e strategia
di controllo gestione motore implementata per la
prima volta sulla Rivale 800 e ora esteso a tutta
la gamma a tre cilindri. Il MVICS si avvale della
centralina di controllo motore Eldor EM2.0 e di
un corpo farfallato Mikuni Full Ride-By-Wire. La
gestione completamente integrata ha nella strumentazione e nei comandi al manubrio i terminali dedicati alla regolazione dei numerosi parametri a diretta disposizione del pilota. In particolare
il sistema permette di configurare il controllo di
coppia su quattro mappe, tre delle quali impostate direttamente dal costruttore e denominate
in base all’utilizzo tipico Sport, Normal e Rain; la
News
quarta lascia all’utente la possibilità di definire
i singoli parametri, entro limiti predeterminati:
risposta motore, limitatore di giri, risposta della
coppia, sensibilità del comando gas, freno motore. Si aggiunge, naturalmente, il controllo di
trazione su otto livelli, disinseribile: gli algoritmi sono stati ulteriormente perfezionati, anche
nell’ottica di offrire la massima precisione di intervento su un modello che, come la nuova 800
Dragster, fa delle prestazioni in accelerazione un
elemento caratterizzante e distintivo. Il reparto
ciclistico verte su di una struttura portante in
tubi di acciaio ALS, integrata da piastre in lega
leggera di alluminio. Tale combinazione si inserisce nella logica di flessibilità produttiva che ha
ispirato il progetto tre cilindri e che permette, di
Media
D
ella nuova MV Dragster 800, variante
della nota Brutale, si parla da un paio
di settimane, prima grazie a delle foto
rubate e poi a un video istituzionale
nel quale della moto si vedeva poco. Ora arrivano le foto ufficiali e vengono comunicate le caratteristiche e il prezzo. Così possiamo mostrarvela
prima di pubblicarne la prova che è organizzata
all’inizio della prossima settimana e di cui vi scriveremo presto. Con questa versione dell’apprezzata - e tosta - Brutale 800, MV continua il
percorso di espansione della gamma: dopo aver
introdotto Rivale 800, sportiva in chiave motard e con prestazioni dinamiche stradali d’alto
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livello, la nuova Brutale 800 Dragster trasforma
in realtà un’idea che è alla base della passione
motociclistica. Le tre cilindri Brutale 675 e 800
hanno spalancato a molti motociclisti le porte di
un mondo di emozioni, quelle delle naked ad alte
prestazioni. Facilità di guida, potenza, leggerezza, design. Oggi la 800 Dragster compie un passo
in avanti e lo fa volgendo contemporaneamente
lo sguardo al passato. La più estrema Brutale di
sempre non accetta compromessi: è irriverente
e maleducata, essenziale e ruvida, immediata
e scontrosa. Il motore deriva strettamente dal
tre cilindri bialbero e con cambio estraibile della Brutale 800. La parte elettronica verte sul
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conseguenza, la progettazione di telai sviluppati
ad hoc per ciascun modello senza stravolgere né
l’aspetto né la sostanza di questo schema. Vale
la pena ricordare che la stessa impostazione ha
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la struttura e fanno da fulcro del monobraccio.
L’interasse compatto di soli 1.380 mm, identico
a quello della Brutale 800, offre il compromesso
ideale tra maneggevolezza e stabilità; l’avancorsa di 95 mm permette di incrementare il già elevato rigore dell’avantreno, a beneficio della facilità di guida e del controllo del veicolo. Novità è
la misura del pneumatico posteriore da 200 mm
e con rapporto /50. Le sospensioni si avvalgono
di unità interamente regolabili, che permettono
di personalizzare la risposta idraulica in compressione e in estensione, nonché quella elastica tramite le opzioni di precarico della molla. La
forcella a steli rovesciati da 43 mm Marzocchi
offre un’escursione di 125 mm; l’ammortizzatore
Sachs garantisce al monobraccio, anch’esso in
News
lega di alluminio, la medesima escursione di 125
mm. La sella, a 811 mm di altezza da terra, è stata ridisegnata per essere ancora più comoda e
funzionale: vanta, inoltre, finiture specifiche con
eleganti cuciture in rilievo.
Il pilota può contare su supporti e poggiapiedi
specifici e ancora più funzionali, con paratacchi
di nuovo disegno personalizzati Dragster, al pari
delle nuove ruote.
L’impianto frenante con componentistica Brembo si affida a una coppia di dischi flottanti di 320
mm di diametro, corredati da pinze a quattro
pistoncini. Disponibile in due colorazioni, bianco
oppure grigio avio metallizzato opaco, la Dragster esiste soltanto nella versione con ABS di
serie e costa 13.490 euro.
caratterizzato i modelli MV Agusta fin dal lancio
della prima F4: oggi le tre cilindri italiane propongono un’evoluzione dello stesso concetto. Le piastre in lega di alluminio chiudono posteriormente
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News
conformazione che, garantisce Honda, rende più
facile poggiare i piedi a terra, la strumentazione
è ora dotata di trip computer (consumo medio,
istantaneo, autonomia residua), le leve dei freni
sono regolabili nella distanza dalle manopole e
l’ergonomia migliora con più spazio per ginocchia e piedi. C’è poi un nuovo e più leggero (-2
kg) forcellone in alluminio. Come sempre l’ABS
è di serie, per garantire un livello di sicurezza attiva superiore e anticipare la normativa europea
2016 che lo renderà obbligatorio su tutti i veicoli
a due ruote targati. Infine, per il cambio sequenziale a doppia frizione Honda DCT (Dual Clutch
Transmission), i progettisti hanno adottato alcune migliorìe, come le mappe delle modalità Drive
e Sport aggiornate per anticipare la scalata in
fase di rilascio, e una rinnovata messa a punto
dell’iniezione. Il nuovo Integra 750 è già presso
la rete dei concessionari ufficiali Honda al prezzo
di 9.090 Euro f.c. nelle colorazioni “Matt Pearl
Glare White” e “Matt Bullett Silver” e 9.190 Euro
f.c. per le due versioni “S” con cerchi color oro e
livrea “Matt Gunpowder Black Metallic” o “Pearl
Glare White”, tutti con bauletto da 45 litri per due
caschi integrali, di serie fino al 31 marzo.
Nuovo Honda Integra 750
nelle concessionarie a 9.090 euro
Tante novità per l’Integra 2014: il motore cresce di cilindrata, da 670
a 745cc, ma i consumi si abbassano. Nuova anche la strumentazione,
leve freno regolabili, ed ergonomia migliorata. Prezzo: 9.090 euro
P
er il 2014 Honda rinnova il suo maxiscooter bicilindrico e presenta il nuovo
Integra 750. Gli aggiornamenti rispetto alla versione da 670cc sono tutti di
grande sostanza. Il motore cresce di cilindrata a
745cc grazie all’aumento della misura dell’alesaggio, novità che porta con sé un incremento
della potenza, ora pari a 55 CV (40,3 kW), e di
20
coppia, 68 Nm sempre a 4.750 giri/min. Prestazioni migliori non significano consumi maggiori, anzi. Si passa dai 27,9 km/l nel ciclo medio
WMTC del precedente Integra 700, agli attuali
28,9 km/l dell’attuale Integra 750. Gli aggiornamenti riguardano anche lo stile e l’equipaggiamento: la sella di pilota e passeggero è rivestita
in un nuovo materiale più raffinato ed ha una
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News
Media
Borile&CO.
le novità e le strategie del futuro
di Maurizio Tanca | Svelate le novità di Borile&Co. La rete distributiva si
allarga, arriva la Multiuso 125 e in programma c’è anche la versione 350.
E i prezzi calano. L’intervista a Umberto Borile di Nico Cereghini
D
urante un interessante quanto amichevole incontro a Milano, lo staff
della Borile&Co S.r.l. – ovvero il presidente Umberto Borile in società
con la famiglia milanese Bassi, col giovane Alberto Bassi in funzione di amministratore delegato - ci ha illustrato le novità e le strategie della
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piccola azienda artigianale padovana per il biennio 2014 e 2015. Notizie positive, anticipiamo,
anche se con qualche contrattempo tecnico non
certo addebitabile a Umberto Borile e ai suoi
collaboratori. Si è iniziato parlando dei buoni
risultati di vendite ottenuti dalla simpaticissima Multiuso 230, la piccola tuttofare inventata
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dall’estroso Umberto che, tra l’altro, ha confessato di sottoporre continuamente a ogni genere
di torturare e strapazzi la sua moto personale,
cercando di rompere un motore che pare tetragono a qualunque maltrattamento. Come del resto nessun inconveniente è stato riscontrato tra
le moto fino ad ora vendute, che nel periodo novembre 2012-dicembre 2013 in Italia sono state
una sessantina, 44 delle quali risultano immatricolate l’anno scorso: il che pone la piccola Borile
al 10° posto nel suo segmento, e davanti ad alcuni marchi storici come Moto Morini, Bimota,
Honda Montesa, Victory e altri, nella classifica
assoluta delle vendite. Ma di Multiuso ne sono
state vendute 120 anche all’estero, dove peraltro
sono in programma sostanziosi investimenti per
quest’anno e per il 2015, in particolare nel Far
East (Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud,
Singapore, Malaysia, Taiwan, Hong Kong, Thailandia, Filippine, Indonesia) - attraverso un nuovo distributore recentemente nominato, che ha
già deciso di produrre le moto in loco – ma anche
in Brasile, Germania e centro Europa. E perfino
in Nuova Caledonia, isoletta francese a 1.500
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ispirata all’omonima Ducati è nata con l’entusiastico beneplacito della Ducati stessa, e specialmente dell’allora amministratore delegato Gabriele Del Torchio. Il quale acconsentì di
buon grado a fornire a Umberto Borile cilindri
e testate posteriori del bicilindrico Desmodue
1100 raffreddato ad aria utilizzato sulle Monster,
da piazzare sul basamento che Umberto ed il
noto tecnico modenese Francesco Villa avevano progettato. L’accordo venne stipulato prima dell’acquisizione di Ducati da parte di Audi.
Purtroppo, però, la nuova proprietà dimostrò un
interesse scarsissimo, se non addirittura nullo,
per questa operazione, e lo fece alzando i prezzi del materiale promesso a livelli proibitivi: sarà
perché qualcuno a Borgo Panigale avrà pensato
che tutto sommato rilanciare un monocilindrico
News
Ducati potrebbe essere una buona idea, nonostante a suo tempo la cosa sia stata decisamente negata? Chissà…. Allo stato attuale, insomma,
Umberto Borile si sta dando da fare per trovare
una valida alternativa per poter dar vita alla sua
Scrambler, come del resto spiega al nostro Nico
Cereghini nella nostra esclusiva intervista video.
…e le novità sulla Multiuso
Buone nuove, invece, riguardanti proprio la leggiadra e leggerissima (85 kg!) Multiuso. La quale, infatti, è ormai disponibile anche con motore
da 125 cc, sempre Zongshen raffreddato ad aria,
ma con tutto il resto praticamente invariato. E
con l’arrivo della 125, ecco che in Borile, grazie
anche al soddisfacente gradimento del mercato,
hanno deciso di fare uno sforzo abbassando i
km dall’Australia, che ne ha già ricevuto qualche
esemplare. Quest’anno la Borile&Co S.r.l. prevede di vendere dalle 500 alle 700 moto, 150 delle
quali in Italia, mentre per il 2015 la previsione è di
un migliaio di pezzi.
I modelli di oggi...
Allo stato attuale, la produzione principale logicamente verte sulla Multiuso, mentre notoriamente sono disponibili anche le preziose special
costruite su ordinazione, a partire dalla specialissima B500Ricky: un’intrigante enduro vintage
da soli 120 kg dedicata al figlio, prematuramente
scomparso, di Umberto e Francesca Borile, e costruita in serie limitata, della quale fino ad oggi
sono stati consegnati 5 esemplari, al prezzo di
17.500 euro. Ma il listino prevede anche la Bastard (con motore GM oppure con motore scelto dal cliente, oppure senza motore). E la B450
Scrambler, che noi di Moto.it abbiamo provato
lo scorso aprile? Beh, l’operazione Scrambler
purtroppo al momento è in stand-by, e non certo a causa di Borile. Ricorderete certamente che
questa evocativa monocilindrica stile vintage
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News
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prezzi, al motto di “Una Multiuso per tutti”: dunque la 230 ora costa 4.490 euro, mentre la 125
ne costa 3.750. Ma non è tutto. Umberto Borile ha ricevuto parecchie richieste di realizzare
anche una Multiuso 350, cosa che ovviamente
lo ha motivato a mille, tanto da acquistare una
Suzuki DR350S usata, il cui motore – un robusto
monocilindrico monoalbero raffreddato ad aria,
utilizzato com’è noto anche dalla Beta sulla Alp
4.0 – rappresenta un’ottima soluzione in quanto
a prestazioni ed affidabilità. Il prototipo è già in
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avanzata fase di allestimento, con una ciclistica
basilarmente simile a quella già esistente, ma
per forza di cose sostanziosamente ridimensionata e con sospensioni differenti: ricordiamo,
infatti, che le Multiuso attuali posteriormente
montano una coppia di ammortizzatori ciclistici
da downhill, affiancati sotto la sella, in posizione
molto inclinata. Che altro dire, un in bocca al lupo
a Umberto Borile e ai suoi appassionati soci. Con
la speranza che la loro piccola azienda veda confermati i programmi previsti.
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Mercato
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D
ue scooter per una moto
Dal 2008 a oggi il mercato della
moto si è trasformando in maniera
importante. Si è ridotto fortemente nei volumi (qui trovate il resoconto del 2013)
ma è anche cambianto molto nella sua composizione. Lo scooter fa sempre la parte del leone:
ogni tre nuove immatricolazioni, due riguardano
questo segmento. Una tendenza in atto da diversi anni: nel 2000 il rapporto fu addirittura di
tre a uno, e anche nell’anno record per la vendita
di moto - il 2006 - l’incidenza dello scooter scese appena al 64%. Ora la quota scooter sfiora il
66% del totale.
Gli scooter e poi le enduro stradali
nella Hit 2013
Le moto più vendute
in Italia sono queste
di Maurizio Gissi | In attesa dei primi dati del 2014, diamo uno sguardo
ai retrovisori per vedere quali sono state le moto, e quali gli scooter, più
venduti l’anno scorso. Otto tipologie che vedono le enduro stradali e le
naked al primo posto
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Nel 2013 si sono vendute 53.724 nuove moto e
di queste quelle appartenenti alla categoria delle enduro (la cui parte predominante è rappresentata non certo dai modelli specialistici) vale
un terzo: il 32.5%. Le naked, seconda categoria preferita, rappresentano il 29% delle nuove
moto, mentre le sportive sono arretrate al sesto
posto con un’incidenza dell’8% e sono state superate non soltanto dalle turistiche ma persino
dalle custom. E dire che soltanto nel 2008, sei
anni prima, le naked erano ancora al primo posto
nostante stessero perdendo quote (il 36% con
la bellezza di 50.000 pezzi, quasi il complessivo mercato attuale), le enduro erano al 23% e le
sportive erano al terzo posto e valevano il 18%
del mercato moto: oltre il doppio rispetto all’anno scorso. I primi due segmenti, enduro stradali
e naked, valgono ora il 60% delle vendite moto.
Dei quasi 154mila scooter e moto immatricolati,
quelli prodotti in Italia sono poco più del 41%.
Top 50 Enduro 2013
Le moto a manubrio alto guadagnano sempre
più spazio mentre cala il numero dei nuovi motociclisti. Sono i modelli più versatili, sfruttabili,
quelli che offrono il miglior compromesso fra
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ad esempio la Honda NC500X è indicata come
turistica, mentre l’analoga versione 700 è elencata fra le enduro. Fra quest’ultime dovrebbero
esserci, a logica, anche le Triumph 1200 Explorer
e Honda Crosstourer (che hanno la ruota anteriore da 19 pollici), ma che invece sono inserite
fra le turistiche assieme a Crossrunner o Tiger
Sport che hanno la ruota da 17 pollici all’avantreno e che sono in effetti delle crossover. Come la
buona, cara vecchia Yamaha TDM, anticipatrice
del filone, che agguanta l’ottavo posto in classifica.
Top 50 Sportive
prestazioni globali e comfort. Quelli adatti agli
appassionati che non rinunciano alla moto anche
con il freddo. Top seller, anche a livello europeo,
è la 1200 GS. BMW piazza quattro moto nei primi
dieci posti e nella top ten ci sono ben sei costruttori diversi, come i modelli di media cilindrata
che formano la schiera più consistente. Significativa la presenza dei modelli KTM specialistici
dal decimo al ventesimo posto: 125, 300, 350 e
250, con le due tempi che vendono di più delle
quattro tempi.
Top 50 Naked
Quella che è stata per anni la tipologia regina,
con le varie 600 a quattro cilindri delle quali la
Hornet è stata la capostipite assieme alla bicilindrica Monster, ora è al secondo posto nelle preferenze e spicca la seconda posizione ottenuta
da una classica, la Triumph Bonneville. Nei primi
dieci posti ci sono modelli che spaziano da 125
a 1170 cc, a uno, due, tre e quattro cilindri e ben
sette marche diverse e di cui quattro europee.
Le proposte, insomma, non mancano e non c’è
omologazione d’idee. Se si esclude la R 1200 R
BMW, la prima maxi (Ducati Diavel) si trova addirittura al 26esimo posto.
Top 50 Custom
Dici custom e pensi ad Harley-Davidson. Finita
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la moda degli economici modelli giapponesi, chi
vuole una classica per eccellenza del settore, l’originale, guarda a Milwaukee. Nei periodi di crisi
si continuano a comperare i modelli che hanno
tradizione, immagine e questi non per forza sono
i più economici in assoluto. Il successo della Casa
americana nel mondo custom è un’ulteriore conferma di questa tendenza che premia i marchi
dalla connotazione molto riconoscibile. I primi
quindici posti della hit parade custom (categoria
che vale l’11% del comparto moto) sono appannaggio di H-D, si inseriscono la Yamaha (con la
nuova XVS 950) al settimo posto e la Guzzi California 1400 all’ottavo e al dodicesimo posto con
le sue due versioni Touring e Custom. Sono ben
35 le Harley nelle prime 50 posizioni. Se questo
non è un monopolio...
Top 50 Turismo
La vecchia definizione di moto da turismo è diventata riduttiva nel momento in cui si sono diffuse le crossover. Quello della Ducati Multistrada,
al primo posto di categroia, è un successo che si
è consolidato dalla versione del 2010 in poi. Due
autentiche GT, di BMW, si sono invece piazzate
al quinto e nono posto. Va detto che la classificazione scelta dalle Case, sulla quale si basano poi
i dati forniti dall’ANCMA, non aiuta nel redigere
le graduatoria di vendita del segmento, perché
La supersportiva, come l’abbiamo conosciuta
fino a meno di un decennio fa, ha una diffusione
nettamente ridotta e in costante calo. Scorrendo
la classifica delle sportive più vendute sono molti
gli spunti offerti anche per una rapida analisi. Il
primo è che davanti a tutte c’è una naked carenata, la Hornet evoluta in CBR-F, e non un’autentica sportiva. Qual è invece la Panigale che si
trova al secondo posto grazie alla sommatoria
delle sue tre versioni 1199. In realtà, per i misteri
delle registrazioni, la Panigale 1199 compare in
due conteggi (si trova infatti al secondo e al quinto posto) sommando i quali sale al primo posto.
Poi compaiono nella parte alta della classifica tre
piccole cilindrate , due 125 e una 300, e la prima quattro cilindri da un litro - la Honda Fireblade - che totalizza appena 212 immatricolazioni:
quante ne realizzava la nota CBR-RR in un paio
di mesi nei periodi buoni. Va ancora peggio alla
classe 600, che per anni ha rappresentato il
grosso di questo mercato, e che vede ora autentici fenomeni commerciali di un tempo - come
CBR, R6 o ZX-6R - molto arretrate e superate
dalla MV F3 675. Interessante la buona partenza
della Panigale 899, considerato che è arrivata in
vendita soltanto a fine stagione.
Top 50 Supermotard
L’inserimento della Ducati Hypermotard nel
segmento delle supermotard (dal 2013 proposta
Mercato
in tre versioni con la nuova motorizzazione 821
cc), ha fatto compiere alla categoria un balzo di
crescita.
La bicilindrica bolognese vale da sola il 40% del
totale della tipologia qui considerata. Su ben altri
volumi si piazzano infatti gli altri modelli supermotard: la CRM 125 è al secondo posto con 215
immatricolazioni e fra le SM più autentiche si inseriscono la Dorsoduro 750 Aprilia e la recentissima MV Rivale. Siamo nel terreno delle marche
europee, che formano la top ten, e in una categoria decisamente di nicchia se all’ottavo posto
già non si raggiunge la soglia delle 100 vendite
annue.
Top 30 Trial
Qui si parla unicamente di modelli specialistici: sono poco più di mille unità nell’intero anno
e rappresentano lo 0,7% del mercato. La Beta
piazza ben sei modelli nelle prime 15 posizioni,
giocando anche la carta dei modelli meno estremi, dimostrando di saper bene interpretare il
ruolo di costruttore specializzato.
Top 150 Scooter 2013
Il mercato dello scooter si è ridotto del 20% solamente nell’ultimo anno. Le preferenze vanno
sempre ai modelli a ruote alte, quelli più adatti
agli spostamenti urbani. I tre modelli della gamma Honda SH valgono da soli oltre il 20% del
mercato totale dello scooter: 21.300 unità. Il TMax Yamaha, quinto in classifica, rimane di gran
lunga il preferito dei maxi scooter, ache se su
volumi più bassi del recente passato, con quasi
quattromila esemplari venduti e nonostante un
prezzo più elevato dei modelli che lo inseguono
nella classifica.
L’Honda Integra, ultima vera novità del segmento, è in sedicesima posizione e il BMW C600
Sport è in 28esima. I modelli attorno ai 300 cc
sono fra i più diffusi, a sottolineare come questa
sia la cilindrata di migliore compromesso fra costi e prestazioni.
Guarda tutte le classifiche
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
L
Mercato dell’usato
naked sotto i 4.500 euro,
quale mi compro?
di Edoardo Licciardello | Questa volta la nostra analisi sulle moto usate
va alle naked. Importante famiglia di cui vi suggeriamo le migliori
proposte sulla scorta della nostra esperienza. Scoprendo che si
fanno ottimi affari entro i 4.500 euro...
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e naked non sono più le regine del mercato come qualche anno fa, soppiantate da enduro stradali e crossover, ma
il loro appeal mantiene comunque una
certa forza in virtù di un’estetica sempre molto
apprezzata (soprattutto dal pubblico meno specializzato e da quello femminile) e di una certa
versatilità che consente di divertirsi nella guida
sportiva, sgusciare nel traffico in città e poter
affrontare trasferte turistiche senza troppe limitazioni. Nella nostra selezione sono (prevedibilmente) presenti le best seller di qualche anno fa
in esemplari ancora piuttosto freschi: il sacrificio
in termini di modernità del modello è davvero
contenuto. Da notare come anche i modelli più
vecchi siano mediamente caratterizzati da percorrenze non troppo rilevanti, offrendo a chi ha
budget ancora più contenuti occasioni più che
accattivanti. Vale anche la pena di sottolineare
come i nostri 4.500 euro ci permettano di portarci a casa diversi mostri sacri della categoria
ancora in ottime condizioni e in qualche caso
con solo qualche stagione sulle spalle: l’espressione “affare irresistibile” sarà anche abusata,
ma raramente l’abbiamo trovata più azzeccata.
Non abbiamo volutamente posto limiti di cilindrata, permettendoci così di consigliarvi sulla
base della nostra sensibilità i modelli che offrono
il miglior rapporto fra qualità e prezzo d’acquisto
senza dover sottostare a vincoli precostituiti.
Così come già accaduto per le crossover, anche
nel caso delle naked la cilindrata non è infatti necessariamente un fattore determinante. Né per
chi ama le prestazioni – ci sono ottime medie pepatissime capaci di dare più gusto di alcune maxi
– né tantomeno per i neofiti che non devono farsi
spaventare da un dato, appunto, non necessariamente indicativo di impegno nella guida o di
prestazioni non alla portata. Abbiamo comunque pensato bene di indicare chiaramente i modelli che non riteniamo adatti a motociclisti poco
navigati per evitarvi brutte esperienze, fermo
restando naturalmente che con la giusta dose
Guida all’usato
di giudizio tutte le moto diventano accessibili.
Solo voi però sapete se siete dotati dell’equilibrio
mentale necessario a non esagerare. Vi presentiamo la nostra selezione in ordine alfabetico;
anche per questa guida abbiamo scelto di indicare un solo modello – il migliore possibile, secondo la nostra esperienza – per ciascuna Casa,
limitandoci a quelli presenti sul nostro mercato
dell’usato nel rispetto del budget stabilito. Ogni
modello è evidentemente cliccabile per accedere
alla scheda tecnica, al listino dell’epoca e all’offerta di moto usate.
Aprilia Tuono 1000R (2006-2010)
Iniziamo con una moto non certo destinata ai
neofiti: quando Aprilia ha creato la Tuono, nel
2002, ha creato una vera e propria streetfighter
levando le carene alla sua RSV bicilindrica, montando un manubrio alto e adeguando l’assetto alla posizione di guida rialzata. Il risultato è
stato una moto incredibile per efficacia e gusto
nella guida sportiva, ma ovviamente impegnativa e scarsamente dotata di comfort. Se avete
le doti di manico richieste vi toglierete un sacco
di soddisfazioni e vi divertirete come con poche
altre, ma attenzione: la Tuono è da considerarsi
un’alternativa più alle sportive carenate che non
alle naked più tranquille e tradizionali. Astenersi principianti e indecisi, insomma. Guardando
con attenzione spunta anche qualche esemplare
della ben più raffinata Factory, che però normalmente viaggia su quotazioni (seppur di poco)
superiori. Non vogliamo certo sconsigliarla a priori, ma come succede in questi casi è necessario
applicare la massima cautela nell’esame della
moto, giusto per essere sicuri di non confondere
un affare con una fregatura epocale - fate anche
molta attenzione: la Tuono è stata la moto preferita di chi si cimentava all’epoca nel Campionato
Italiano Naked... Se volete sapere cosa aspettarvi, trovate qui la nostra prova dell’epoca tanto
della versione standard che della più esclusiva
Factory.
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Benelli TNT 899 (2010-2014)
E’ la sorellina minore – molto più sfruttabile e,
consentitecelo, efficace – della mostruosa 1130,
di cui potete leggere qui la nostra prova; la tricilindrica pesarese, anche nella sua versione piccola è rude e sportiva, destinata a chi cerca una
naked per la sparata sul misto e sa apprezzare
una personalità marcata al limite dell’arroganza.
La proprietà cinese ha pensato bene di non penalizzare progetti di grande fascino ed efficacia
come quelli delle tre cilindri 899 e 1130, facendo
si che la piccola TNT sia in produzione ancora
oggi. Le TNT (Tornado Naked Tre) non si sono
mai vendute come il pane, dunque reperirne una
sul mercato dell’usato richiede un po’ di pazienza. Non si tratta di mezzi dall’affidabilità a prova
di bomba, ma allo stesso tempo sono moto per
appassionati, che normalmente vengono curate e coccolate oltre ogni ragionevole dubbio dai
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proprietari: se ne trovate una con manutenzione
adeguatamente documentata non ci sono particolari motivi per rinunciare all’acquisto.
BMW R 1150R (2000-2007)
Alcuni ritengono che la naked classica BMW R/R
sia la quintessenza del motociclismo BMW. Le
prime R35 e 37 erano dopotutto prive di carenatura (principalmente perché non era ancora
stata inventata…) e anche se è veramente difficile sostenere un recupero dei loro stilemi da
parte delle nude di Monaco, è evidente come
le linee della R/R, in qualsivoglia declinazione,
puntino ad ammaliare gli amanti delle estetiche
classiche più che delle linee post-atomiche. Con
la notevole eccezione dell’esperimento di stile
Rockster (qui la nostra prova) che però, appunto, non raccolse grandi consensi. Tranquilla, comoda e accogliente, la 1150R non è scevra da un
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certo dinamismo che la rende piacevole quando
ci si dedica alla bella guida sul misto. Le sue doti
migliori vengono però fuori nel turismo disimpegnato e nell’uso cittadino, dove nonostante
la mole la concentrazione verso il basso delle
(rilevanti) masse la rendono insospettabilmente
maneggevole. Nel 2003 è stata dotata (per prima nella gamma BMW) del propulsore a doppia
accensione, più regolare e dolce nell’erogazione
– i famigerati “seghettamenti” che affliggevano
le versioni precedenti si sono attenuati tantissimo. Se l’estetica è a posto, potete comprarla a
occhi chiusi: una volta in marcia vi stancherete
prima voi di lei.
Ducati Monster S4R (2003-2007)
E’ stata la Monster per eccellenza della sua epoca: il motore a quattro valvole, che aveva debuttato sulla ibrida S4 (basata su troppi elementi
Guida all’usato
della serie ST per convincere appieno nelle vesti
di Mostro) qui ha trovato la sua collocazione ideale. Bella, grintosa, efficace, la S4 era capace di
dire la sua su qualunque passo di montagna ma
anche in circuito, una volta prese le misure ad un
motore capace di allungare le braccia al suo pilota e imparata a sfruttare una ciclistica specialistica ed affilata. Anche qui astenersi neofiti, che
troveranno ben maggiore soddisfazione nella più
tranquilla S2R. Restando dentro al nostro budget
potreste veder spuntare anche qualche esemplare di S4Rs Testastretta (qui la nostra prova),
ma le quotazioni per l’ultimo Monster a quattro
valvole – almeno prima dell’arrivo del 1200 –
sono sensibilmente più elevate, e la cosa deve
farvi drizzare le antenne. Attenzione alle truffe
e alle moto con un passato troppo movimentato
per essere prese seriamente in considerazione:
quando si parla di Ducati usate è necessaria una
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e sfruttabile in quello disimpegnato: lasciamo a
voi la scelta sulla base di gusti ed esigenze. La
Z750 (trovate qui la nostra prova) si compra
quindi bene e con grande facilità – ci sono 195
annunci nel nostro mercato al di sotto del limite autoimposto di 4.500 euro, di diverse annate,
con o senza ABS, e magari un po’ elaborate dal
punto di vista estetico e della sostanza; in questo
caso ribadiamo la raccomandazione a richiedere obbligatoriamente tutti i pezzi originali ad uso
collaudo, rivendita ma anche a riprova del fatto
che la preparazione non sia stata in realtà un rimedio ad una scivolata.
manutenzione scrupolosa, esperta e documentata. State alla larga se manca anche solo uno di
questi elementi.
Honda Hornet 600 (2011-2013)
Hornet è un nome che nel panorama motociclistico non ha bisogno di presentazioni: è stata
proprio lei, sul finire del secolo scorso, a rendere
popolare il mercato delle naked di media cilindrata. Facile, comoda o sportiva all’occorrenza,
la quattro cilindri Honda è nata come derivazione
della CBR600 per poi staccarsene e – ironia della sorte – diventare successivamente lei la base
per la nuova CBR600F. In questa versione la media nuda Honda mantiene tutte le sue tradizionali doti di accessibilità e prestanza, guadagnando
però una linea più moderna che richiama in diversi elementi la sorella maggiore CB1000R. La
Hornet (potete leggere qui le nostre impressioni
di guida) è una moto che pochi potranno trovare
inadeguata per qualunque uso, ed è capace di
accogliere allo stesso modo principianti in cerca
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della prima moto vera così come chi ha qualche
prurito sportivo ma è stufo di carene e semimanubri. Un classico assolutamente senza tempo,
che come da buona tradizione Honda può vantare affidabilità a prova di bomba e grande tenuta
delle finiture. Per l’ABS serve qualcosa di più…
Kawasaki Z750 (2007-2014)
Se la Z1000 può vantare l’onore di essere stato uno dei modelli che ha riportato la Kawasaki
agli antichi fasti ad inizio millennio, la Z750 è
però quella che ha fatto diventare le naked di
Akashi un vero e proprio simbolo della pop culture motociclistica. Accessibile, tutto sommato
abbastanza facile da guidare da non terrorizzare
i meno esperti ma con quel carattere aggressivo – sia estetico che sostanziale – proprio di
tutte le Kawasaki, la Zetina è stata un successo
di mercato con pochi precedenti, risultando per
diverse stagioni la moto più venduta sul nostro
territorio. Più gratificante della già citata Hornet
nell’uso sportivo, è per contro un po’ meno dolce
KTM 990 SuperDuke (2005-2011)
Un’altra moto che non ha bisogno di presentazioni: basterebbero le tre lettere del marchio austriaco a definire in toto la SuperDuke, sportivissima naked bicilindrica capace di assecondare
la voglia di giocare dei più esperti come poche
altre moto sanno fare. Anche in questo caso, i
meno esperti faranno meglio a rivolgersi verso
proposte più tranquille mentre chi ha una certa
confidenza con le prestazioni di questo genere
di moto scenderà regolarmente di sella con un
ampio sorriso stampato sotto il casco. E’ forse
il modello che, più di ogni altro, ha ampliato la
gamma di proseliti delle moto arancioni fra gli
amanti della guida sportiva su asfalto. Scorrendo i nostri annunci si trovano per lo più modelli
della prima serie (fino al 2007) anche se qualche
modello successivo inizia a passare il filtro economico che ci siamo imposti. Inutile dire come,
avendone la possibilità, valga la pena di puntare alla seconda serie di cui potete leggere qui le
nostre impressioni di guida. Caratterizzata da diverse limature estetiche e tecniche, può vantare
anche un miglioramento dell’affidabilità; in ogni
caso, una storia della manutenzione adeguatamente documentata è imprescindibile per questo genere di moto.
Moto Guzzi Griso 1100
Quando nel 2005 la matita di Rodolfo Frascoli
Guida all’usato
ha dato vita alla Griso in molti hanno gridato al
capolavoro – la naked Guzzi è contraddistinta da
linee senza tempo, capaci di sintetizzare perfettamente eleganza e dinamismo – non è un caso
se il sistema di gestione della trasmissione cardanica CARC abbia debuttato proprio su questo
modello. La Griso, nonostante le apparenze, appagherà allo stesso modo turisti e sportivi non
estremi: se il pilota ha una certa dose d’esperienza la ciclistica sul misto verrà ripagato da tanto,
tanto gusto di guida come potete leggere nella
nostra prova. Le quotazioni della Griso restano
piuttosto alte, tanto che con i 4.500 euro che ci
siamo autoimposti non si riesce a portare a casa
una versione 1200 8v (ben più dotata motoristicamente parlando) ma ci si deve accontentare
della prima serie. Un sacrificio tutto sommato di
poco conto, perché come ben sa chi l’ha provata
la Griso sa far rapidamente dimenticare eventuali limiti di cavalleria con un’erogazione pastosa e regolare come solo le migliori Guzzi sanno
avere. La Griso normalmente attira una clientela
più matura e premurosa rispetto ad altri modelli
più “sbarazzini”, dunque potete condurre la trattativa con una certa serenità. Se una Griso è in
forma esteticamente potete stare tranquilli delle
sue condizioni meccaniche: il proprietario l’avrà
certamente curata con amore.
MV Agusta Brutale 750S (2002-2006)
Avete letto bene: con 4.500 euro potete portarvi
a casa una Brutale. Potrebbero bastare queste
due frasi a farvi schizzare nella nostra sezione
degli annunci alla ricerca di un esemplare della
splendida naked disegnata da Massimo Tamburini, magari sulla scorta della guida all’usato che
le abbiamo dedicato qualche tempo fa. E invece
è il caso di fare qualche riflessione prima, perché
i meri numeri, alla luce delle prestazioni che ormai riteniamo comuni, potrebbero farvi pensare
che la Brutale 750 sia una moto tutto sommato
gestibile. Se così fosse sarebbe nostro dovere
spiegarvi come invece la Brutale sia tutt’altra
bestia, e se anche i 127 cavalli della versione S
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(qui la nostra prova) oggi non fanno più impressione, la risposta all’acceleratore e il “filo” della
ciclistica sono doti che ci fanno sconsigliare la
naked varesina a chiunque non abbia una certa
esperienza. A meno, certo, che non la si voglia
usare solo per passeggiate davvero molto tranquille, ma sarebbe come riservare amore platonico ad una pornostar: si fa brutta figura e si accumulano frustrazioni. Se invece siete all’altezza
della Brutale andate e vivete felici; abbiate solo la
previdenza di accertarvi che la moto sia stata curata regolarmente e da personale competente.
Suzuki GSR 600 (2006-2011)
Suzuki è arrivata un po’ tardi nel ricco segmento
delle naked di media cilindrata, ma quando lo ha
fatto è entrata dalla porta principale: la GSR600
è stata un successo istantaneo, restando per
diversi mesi al vertice delle classifiche assolute
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di vendita. Con diversi richiami a mostri sacri,
della categoria e no, l’estetica ha convinto quasi subito; a fare il resto del lavoro ci ha pensato
la tecnica. Telaio e forcellone in alluminio all’epoca erano impensabili per una media naked,
le sospensioni erano parzialmente regolabili e
il propulsore era parente prossimo della GSXR600K5. All’atto pratico la GSR (trovate qui la
nostra prova) si rivela versatile ed appagante sia
per i turisti che per gli sportivi, pur con un equilibrio volutamente sbilanciato verso i secondi.
Contraddistinta da un’affidabilità fuori discussione, all’inizio fu al centro di qualche polemica
per presunte rotture del telaio rivelatesi del tutto
infondate. Si trovano GSR anche molto recenti a
quotazioni al di sotto del limite autoimpostoci,
ma anche volendo spendere di meno si può andare indietro negli anni e portarsene a casa per
la metaforica manciata di spiccioli.
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Triumph Speed Triple (2005-2011)
Se c’è un mostro sacro dentro a questa lista, non
ce ne vogliano i fan delle moto già citate, è sicuramente la Triumph Speed Triple. Un modello
che nella sua versione 1050 ha trovato la consacrazione definitiva grazie ad un’estetica riuscitissima e a prestazioni di primissimo piano. Corta
al limite dell’incredibile (per l’epoca), grazie alla
spettacolare erogazione del suo tricilindrico la
Speed sapeva – e sa ancora, visto che il modello attualmente in gamma non è cambiato più
di tanto – essere divertente come poche altre.
Dovunque vi presentiate, qualunque sia l’impiego che volete farne, con la Triple non sarete mai
fuori luogo. L’unico reale limite sta nel comfort
riservato al passeggero, a cui viene riservata una
sistemazione di fortuna o poco più, per il resto
la naked Triumph (trovate qui la nostra prova)
sa disimpegnarsi bene in qualunque impiego:
disinvolta in città, sul misto sa divertire e dare
tanto filo da torcere agli avversari. Pur accettando di buon grado l’uso turistico, è sicuramente
più adatta alla guida sportiva e, viste le prestazioni del suo tre cilindri, a polsi destri con un po’
di esperienza. Con la nostra cifra ci si portano a
casa esemplari fra il 2005 e il 2007, che pur non
presentando problemi degni di nota a volte soffrivano di perdita di tono idraulico del freno. Si
trovano facilmente diverse soluzioni, più o meno
durature.
Guida all’usato
Yamaha FZ1 (2006-2014)
La Yamaha è stata la prima Casa giapponese a
sposare la causa delle supernaked con la Fazer
1000 del 2001.
Nel 2006 ha pensato bene di raddoppiare, offrendo la versione dotata di cupolino FZ1 Fazer
e la naked “totale” FZ1 che vi presentiamo. Sempre forte di una derivazione direttissima dalla supersportiva YZF-R1, il propulsore a venti valvole
aveva potenza a volontà e l’estetica – soprattutto nelle colorazioni più grintose – ha conquistato
immediatamente tutti, anche sulla scia del ritrovato carisma del marchio di Iwata grazie ad un
certo pilota italiano.
Accogliente ma allo stesso tempo velocissima, la
FZ1 soffriva solo di un’erogazione un po’ appuntita per una naked, che complice una rapportatura
tendente al lungo definiva una moto a volte non
semplice da guidare sportivamente sullo stretto.
Moto versatile anche nell’uso turistico, la FZ1 è
raccomandabile anche a chi non ha troppa esperienza grazie alle sue doti di accessibilità, a patto
di avere un po’ di criterio nell’utilizzo del polso
destro.
Con la nostra cifra si arriva ad esemplari del
2007/2008; se si desidera utilizzare la FZ1 per
scopi prevalentemente turistici vale la pena di
prendere in considerazione la versione FZ1 Fazer, che gode grossomodo delle stesse quotazioni.
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Lifestyle
Al Motor
Bike Expo
cercando
lo stile
Babila è stata a Verona e girando per i padiglioni del Motor Bike Expo ha
trovato una grande vitalità da parte dei preparatori di moto come di chi
si occupa di abbigliamento
L
a mia avventura all’edizione 2014 del
Motor Bike Expo di Verona è iniziata
venerdì verso le ore 12. La giornata
era abbastanza grigia ma la pioggia
fortunatamente non è arrivata e nessuno è stato disturbato. Il lavoro che dovevo affrontare era
moltissimo e proprio per questo avevo cercato
di organizzare percorsi e visite agli espositori e
alle persone che dovevo incontrare per realizzare al meglio questa missione, naturalmente
senza dimenticare di salutare tutti gli amici e gli
40
appassionati che conosco in questo grande
mondo di motori. Il percorso quasi logico l’ho iniziato dal padiglione uno, per poi visitarli tutti in
progressione fino al sette. Inizialmente ero quasi
angosciata dal tanto lavoro che dovevo svolgere,
ma vi assicuro che visti i giorni che ho qui impegnato sono riuscita a visitare tutta la fiera e a fare
tutto quello che mi ero preposta. I primi padiglioni erano sicuramente quelli dedicati al mondo
custom & cafè racer, e certamente quelli che
hanno richiesto più tempo e concentrazione per
41
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Media
fotografare le cose che reputavo interessanti, ce
n’erano molte e forse troppe. Moto e abbigliamento in abbondanza. La moto che spiccava all’inizio del mio percorso era sicuramente la BMW R
nineT 1200 già vista e presentata ad Eicma, ma
che ora è diventata realtà e a quanto pare tra
poco potrò provarla e testarla: sono davvero curiosa perché questa moto mi piace ed è un ottimo compromesso tra old style e moto moderna,
linea e tecnica sono all’altezza del nome che porta, e credo pure che in casa bavarese ci abbiano visto giusto, e ci abbiano creduto nella voglia
far vivere la moto, ai loro futuri possessori, con
stile e personalità. Al padiglione uno non poteva
mancare Mr. Martini, con un altro dei suoi stand
molto cool, e che questa volta ha presentato un
angolo dal vero stile british, salottino con giardino di vero prato inglese con gazebo e fiori, ottima
vetrina per le sue moto sempre di ottimo gusto e
dove sempre si può notare il suo family feeling.
In questo padiglione non poteva mancare con le
42
sue special part la FreeSpirits, che con componenti costruiti con la massima precisione hanno
customizzato una Harley XR 1200 da brivido, e
anche questa potenzialmente sarà una mia prossima prova. Vicinissimi a loro c’era Enrico di Berti Moto con le sue Bonnie dallo spirito classico e
con scelte grafiche decisamente particolari. Nel
primo padiglione molto altro da nominare, tra cui
l’icona e storia del mondo cafè racer degli anni
settanta e cioè l’Ace Cafè London, la bella e particolare Brough Superior, la Headbanger. Qualcuno non l’ho ricordato, ma non me ne voglia.
Proseguendo allo stand due e tre si concretizza
ciò che appartiene al mondo custom, con moltissimi espositori che hanno proposto nuove moto
e nuove parti speciali, per la personalizzazione
delle moto siano esse inglesi, americane oppure giapponesi. Lo stand Harley-Davidson spicca
per essere sempre il più grande, qui si poteva
toccare con mano tutta la gamma delle moto
tra cui le ultimissime piccole nate e la vastissima
linea di abbigliamento. In questo padiglione vere
e proprie creazioni ed originali interpretazioni di
customizzatori italiani e stranieri. A mio parere
i preparatori italiani hanno sempre un grande
gusto e probabilmente una marcia in più: il buon
gusto ci appartiene! I ragazzi di Stile Italiano con
un’eleganza davvero unica nelle moto americane, e che diventa splendida quando propongono
le loro preziose moto inglesi. In questo numero
importante di espositori si nota comunque che
la ricerca dello stile sta facendo vedere cose
davvero interessanti sia nelle moto sia nell’abbigliamento, da sottolineare però che a volte si
tende ad estremizzare e a mixare stili e tendenze
di dubbio gusto, rendendo il tutto molto kitsch.
Ho visto molto abbigliamento, tra cui moltissime
t-shirt, felpe, jeans, e tantissime altre cose tra
cui oggettistica, collane e anelli, ma niente che
mi ha davvero colpito. In questo settore la cosa
che fa più piacere è vedere che chi crea abbigliamento modaiolo per moto, dà una particolare
Lifestyle
attenzione alla sicurezza proponendo pantaloni
e giacche con imbottiture e protezioni, rimango
poi nella speranza che in futuro si possa sviluppare maggiormente un abbigliamento moto che
sia sicuro e magari casual anche per noi donne. E
a proposito del gentil sesso, ho notato che cresce
sempre più il numero di donne e ragazze che si
avvicinano a questo mondo, e che non si accontentano più di fare da zavorrine, ma che vogliono
patente e mezzo per potersi divertire, quando
invece fino a qualche anno fa era per loro considerato un tabù. Le donne ora non seguono più
questo mondo in maniera passiva, come donne
oggetto, ma, c’è chi l’ha già capito e altri lo stanno
capendo, come una parte attiva. Le stesse Case
motociclistiche ascoltano di più le esigenze delle
donne, ed anche le aziende di abbigliamento per
moto si sono rese conto che devono sempre più
tenere le motocicliste in considerazione. Proseguendo nel mio giro di padiglioni e stand, passo
alla parte un po’ meno dedicata al mondo custom e più alle case motociclistiche ufficiali, e ad
altre rappresentate dalle concessionarie di zona,
e ai team racing delle varie discipline. In questa
parte di expo ci sono una nutrita schiera di stand
che presentano prodotti dall’inclinazione corsaiola e per qualsiasi altro impiego racing, sia nella
parte di prodotti moto sia nel promuovere corsi
di guida in pista e a rappresentare ogni tipo di disciplina dai team impegnati e dedicati alle moto
da velocità, all’off road, al cross, al motard e pure
al flat-track con le moto Zaeta che spiccano per
bellezza e particolarità.
Ci sono poi in questi stand tante iniziative di promozione per un sano moto-turismo, con molte
agenzie che promuovono eventi importanti e
tour in Italia, in Europa ed in moltissimi altri paesi
oltreoceano.
Da evidenziare le numerose esibizioni ed iniziative svolte nelle aree esterne, ma diciamo pure
che nonostante la voglia di salire in moto, che
metteva l’odore di pneumatico e di carburante,
mi sono trattenuta e concentrata alle visite degli
stand.
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News
100 secondi su Moto.it
In Svizzera vale
la vecchia patente B?
di Andrea Perfetti | Il lettore Giorgio ci domanda se la vecchia patente
B, rilasciata prima dell’1 gennaio 1986, sia ancora valida per guidare la
moto in Svizzera. Gira infatti voce non sia più così. La nostra risposta
I
l lettore Giorgio Zanfrini ci domanda se la
vecchia patente A, rilasciata prima dell’1
gennaio 1986, sia ancora valida per guidare la moto in Svizzera. Gira infatti voce
non sia più così. Dopo 45 anni in moto in giro
per l’Europa a Giorgio pare infatti assurdo non
poter più guidare la sua due ruote oltre il nostro
confine. La nostra risposta è tranquillizzante: la
patente B, presa prima dell’ 1/1/1986, vale come
44
patente A in pieno.
Può capitare che ciò non sia scritto sulla patente, se si ha il vecchio modello in stoffa, ma basta
fare un duplicato che ora è tra l’altro compreso
nel rinnovo.
Quindi verificate che ci sia la dicitura A sul vostro
documento di guida o chiedete un duplicato in
modo che vi sia riportata la categoria A.
Consulenza di Andrea Polato.
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Il Salone di Milano diventa
“Mondiale della Moto”
di Maurizio Gissi | L’esposizione milanese, l’Eicma, è la più antica e
importante al mondo. L’edizione del 2014 festeggia i cento anni di
vita del Salone. Con importanti iniziative di lancio
S
i è tenuta all’Hotel Diana Majestic
di Milano la conferenza stampa
che ha annunciato i programmi del
prossimo Salone di Milano in calendario alla Fiera di Milano-Rho dal prossimo 6
novembre. La scelta dell’Hotel di Viale Piave non
è stata casuale, perché fu esattamente al suo
interno che il 3 maggio del 1914 apriva il primo
salone del Ciclo e Motociclo. Quella milanese è
46
pertanto la più antica, e anche importante, esposizione al mondo dedicata alla moto. Nelle edizioni che si sono svolte in questo secolo, tranne
le interruzioni dovute agli eventi bellici, si calcola
che sono state presentati circa 5.000 nuovi modelli e che il numero dei visitatori ha raggiunto la
ragguardevole cifra di oltre 25 milioni. Dall’Hotel di Viale Piave, che allora si chiamava Kursaal
Diana, il Salone si è trasferito subito dopo nella
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sede del Veloce Club Milano e poi, fino al 1952, al
Palazzo delle Permanente. Successivamente al
Palazzo dell’Arte, sempre a Milano. Poi fu il turno
dei padiglioni della Fiera Campionaria, con la cadenza biennale della manifestazione a partire dal
1957, mentre la bicicletta si separò dalla moto –
con un proprio Salone dedicato – nel 1998. Dal
2004 Eicma (che sta per Esposizione Internazionale del Ciclo del Motociclo e dell’Accessorio) si
è trasferita nell’area espositiva di Rho-Fiera, alle
porte di Milano, con la cadenza annuale. Intervenendo alla conferenza stampa, il presidente
di Confindustria ANCMA – società che controlla Eicma – Corrado Cappelli, ha ricordato che il
2013 si è chiuso con 185.500 nuove due ruote
vendute (fra scooter, moto e ciclomotori). Ovvero con una perdita del 23% sull’anno precedente, mentre le moto hanno lasciato sul terreno
l’11% delle vendite rispetto al 2012. Ma ha pure
News
sottolineato che nei primi nove mesi del 2013
il comparto ha mostrato un saldo attivo di 670
milioni di euro grazie all’export, che il valore delle parti staccate è cresciuto di quasi l’8% e che
la produzione italiana vale ancora molto: il 52%
dell’intera industria europea. Mentre il rapporto
di 332 passaggi di proprietà contro 100 nuove
immatricolazioni sta a dimostrare che l’interesse
verso la moto e lo scooter non manca e che quindi le difficoltà sono da attribuire essenzialmente
alla congiuntura economica. Pier Francesco Caliari, direttore generale di Confindustria ANCMAEicma, ha invece ricordato come l’Associazione
dei costruttori del ciclo e del motociclo stia lavorando costantemente con le istituzioni, le compagnie di assicurazione e i responsabili delle infrastrutture per dare ai motociclisti buoni motivi
per essere più tutelati.
Ha sottolineato che “Siamo molto attivi con la
Commissione Trasporti in merito alla stesura
del nuovo Codice della Strada. Ci saranno interessanti novità in favore dei ciclisti come di chi
modifica le moto”. Il prossimo 24 aprile, per festeggiare il vero compleanno del Salone, sarà
organizzato a Milano il primo World Wide Two
Wheels Forum, che avrà come relatori una ventina di importanti esponenti del mondo delle due
ruote, come di altre nuove realtà globali quali
Google.“Questo periodo sta cambiando il nostro mondo – ha proseguito Caliari - e noi tutti,
industria e non solo, dobbiamo comprenderlo e
adeguarci lavorando insieme”. “Abbiamo modificato il logo della campagna Occhio alle 2 Ruote
unendo le due iniziative, prima separate, a sostegno di moto e bici. E poi è pronto il nuovo logo
per i cento anni di Eicma”. Sulla futura edizione
novembrina saranno investiti 2,5 milioni di euro
in comunicazione, in Italia e all’estero. Sull’andamento di gennaio, i cui dati definitivi ve le daremo
a breve, Caliari ha dichiarato a Radiocor che: “Il
mese di gennaio sta dando segnali incoraggianti, anche se il mercato, moto e scooter assieme,
presenta un segno meno, oggi -6%, ma qualche
giorno fa era del -9%”.
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Massimo Clarke
“Non solo training, alla
Harley-Davidson University!”
Un programma ad ampio respiro e una scuola ultramoderna
consentono alla grande casa americana di tenere sempre aggiornati
i propri concessionari e di migliorare la qualità del servizio offerto ai
clienti
F
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l’avanzamento della tecnica motociclistica comporta. L’obiettivo è quello di preparare una rete
di professionisti di alto livello e di competenza
estrema e quindi in grado di assicurare la massima qualità del servizio. La durata dei diversi corsi
va da uno a quattro giorni; al termine di ognuno
di essi i partecipanti devono superare un esame
e una serie di test. Ciò consentirà loro di passare
al livello successivo (quelli previsti sono cinque:
staff, technician, advanced technician, expert e
master). Oltre al rilascio di un attestato, chi ha
partecipato con successo a ciascun corso riceve
una dichiarazione, riportata nello speciale “passaporto” che viene consegnato a ogni meccanico della rete, indicante il grado di preparazione
raggiunto. La scuola dispone degli strumenti
di analisi e di diagnosi più evoluti, al cui impiego è dedicata una congrua parte della attività
didattica. Coloro che sono arrivati al livello più
elevato possono accedere al corso per la preparazione dei motori denominato Screamin Eagle
Super Tuner Advanced. Vengono fornite mappature per la centralina diverse in base al tipo di
Tecnica
modifica effettuato, dalla semplice installazione
di scarichi differenti dagli originali al montaggio
di nuovi alberi a camme. Si interviene quindi sul
software della centralina in modo tale che poi si
deve solo procedere a una messa a punto fine,
ovvero a qualche piccolo adeguamento. Oltre ai
corsi per i tecnici, presso la scuola si svolgono
anche corsi per gli altri componenti degli staff
dei concessionari. Gli argomenti trattati sono la
consulenza all’acquisto, le tecniche di vendita,
i servizi amministrativi e finanziari. È anche importante segnalare l’attività di Harley-Davidson
University Online Learning Management System, che tramite un apposito portale offre varie
decine di programmi complementari alla formazione in aula. Alcuni giorni fa la Harley-Davidson
Italia ha organizzato un incontro per mostrare
alla stampa la modernissima struttura ove hanno luogo i corsi e per illustrare alcune interessanti novità. L’accademia viene curata dalla MSX
International, una azienda che opera dal 1934
nell’ambito dei servizi e delle consulenza per le
case di auto e di moto, curando la preparazione
Fin dai primi anni della sua attività la HarleyDavidson ha dedicato una particolare attenzione
alla creazione di una valida rete di vendita e di assistenza e alla formazione dei meccanici addetti
alla manutenzione e alla riparazione delle moto
di sua produzione. I primi corsi tecnici sono iniziati nel 1917 per il mercato nazionale e sono stati estesi nel 1921 anche all’estero. Con il passare
dei decenni l’attenzione dedicata al post-vendita, sempre con l’obiettivo finale di soddisfare la
clientela nel migliore dei modi, è continuata e si
è evoluta, come ampiamente dimostrato dalla
straordinaria situazione attuale. Dal 2001 in Europa e in Italia ha iniziato la sua attività la HarleyDavidson University, una vera e propria accademia riservata al personale delle concessionarie.
Con corsi tanto teorici quanto pratici, che si
svolgono su vari livelli, la casa di Milwaukee va
incontro alle esigenze sempre maggiori che
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Tecnica
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Media
del personale, il supporto tecnico agli operatori, la valutazione degli interventi in garanzia. La
struttura dispone di un banco prova frenato,
realizzato dalla Bapro, sul quale viene piazzata
la moto. Grazie ad esso è possibile effettuare
prove che simulano un percorso stradale, e che
consentono di rilevare con grande precisione le
prestazioni del motore in ogni condizione di funzionamento. Un grande pregio, oltre alla assoluta affidabilità delle informazioni che si ottengono e alla sicurezza, è costituito dalla ripetibilità;
il banco simula sino a quando lo si desidera lo
stesso percorso ovvero le stesse situazioni che
l’operatore ha scelto inizialmente. Senza dover
provare la moto su strada è inoltre possibile effettuare il rodaggio, ottimizzare la messa a punto in fase di tuning, etc… La Bapro è una azienda
altamente tecnologica di Correggio, nel reggiano, che costruisce banchi strumentati, del tipo
50
frenato (non inerziali!), e cabine insonorizzate,
realizzate “su misura” per i vari clienti. Un altro
partner tecnico della Harley-Davidson Italia è la
LV8, che produce banchi sollevatori per moto e
fornisce qualunque tipo di attrezzatura per officina. Le grosse bicilindriche ad aste e bilancieri
della casa di Milwaukee dal punto di vista tecnico
sembrano sempre uguali ma in effetti con il passare del tempo sono gradualmente oggetto di
modifiche e migliorie significative. In genere non
si vedono, ma ci sono, eccome! Per avere una dimostrazione di questa attenzione alla evoluzione
della tecnologia motoristica da parte dei progettisti americani basta esaminare le teste dei più
recenti motori con il nuovo raffreddamento misto: le molle delle valvole hanno il filo con sezione
multi-arc e sono del tipo beehive, che consente
il montaggio di uno scodellino piccolo e leggero.
Insomma, quanto di meglio è oggi disponibile nel
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb
bbbbbbbbbbbbbbb
settore… Nel corso dell’incontro stampa, è stato
possibile esaminare direttamente il sistema twin
cooling, sviluppato per i motori della serie con
doppio albero a camme nel basamento. Al calore sottratto direttamente dall’aria si aggiunge in
questo caso quello asportato dall’acqua che viene inviata alle zone delle teste più sollecitate dal
punto di vista termico. Il circuito è dotato di una
pompa elettrica, di un termostato e di due piccoli
radiatori. L’acqua circola in ogni testa lungo una
canalizzazione praticata attorno all’alloggiamento della sede di scarico.
Un sistema di sicurezza fornisce informazioni
relative alla temperatura delle teste alla centralina, che può intervenire in tre steps, arrivando
perfino a disattivare il cilindro posteriore, onde
allontanare il rischio di inconvenienti da surriscaldamento, ad esempio nel caso di prolungata marcia estiva in colonna o nel traffico molto
intenso. Molto interessante è il parastrappi del
quale è stata dotata la trasmissione primaria.
Del tipo a camme frontali con molle a tazza, viene montato alla estremità dell’albero a gomito e
rende il funzionamento più dolce e silenzioso, assorbendo le irregolarità nella trasmissione della
coppia; la cosa è particolarmente apprezzabile al
minimo.
Questo dispositivo semplice ed efficace può essere installato anche sui modelli delle serie precedenti.
Nella parte ciclistica, particolarmente evoluto appare l’ABS con frenata semi-integrale. La
centralina “sente” la velocità con la quale viene
azionato il comando e, in base a tale informazione e a quelle relative alle velocità delle due ruote,
stabilisce se fare entrare in azione l’altro freno.
Insomma, la frenata diventa integrale solo quando serve.
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La lettura
I Racconti di Moto.it
“Sessanta volte al minuto”
di Antonio Privitera | Arraffai tutto quello che potevo mentre Amanda
teneva sotto scacco il tabaccaio con la pistola, finta come le nostre
scuse a quelle spaventate vecchiette in attesa di giocare
i numeri del lotto...
3
… 2… 1… casco in testa, si va in scena.
Arraffai tutto quello che potevo mentre Amanda teneva sotto scacco il
tabaccaio con la pistola, finta come le
nostre scuse a quelle spaventate vecchiette in
attesa di giocare i numeri del lotto; Leonardo
fuori a fare il palo, io ripulivo la cassa. Presi anche
delle gomme da masticare e delle rotelle di liquirizia da portare a casa. Il nostro piano era sempre lo stesso: quarantacinque secondi tra l’irruzione e l’uscita dalla bottega del tabaccaio con in
pugno soltanto armi fasulle per evitare che un
momento di paura diventasse una macchia sulla
coscienza, quindi una veloce fuga sulle motociclette per poi spartirci un bottino anoressico
dato che oramai la moneta elettronica rendeva
desolate e leggere le casse dei negozi. Per confondere gli eventuali inseguitori fuggivamo usando una moto per ognuno di noi tre; il ragionamento era semplicissimo, punto uno: oggigiorno
trovi telecamere dovunque e scivolare via senza
farsi notare o riprendere da una di queste spie
monoculari è impossibile; punto due: ogni domenica qualcuno organizza un affollato raduno di
motociclette perché i motociclisti sentono il bisogno di fare squadra. Punto tre: sfruttiamo questa cosa a nostro vantaggio e dopo la rapina confondiamoci nella folla di motociclisti festanti,
spartiamoci il bottino durante la premiazione
quando tutti guardano il palco, poi lasciamo le
moto parcheggiate e allontaniamoci in treno.
Modestia a parte, l’idea era stata mia; le
52
precedenti rapine avevano sfruttato l’insospettabile copertura dei raduni “Mozzarelle a due
ruote”, con l’indimenticabile partecipazione di
un nutrito gruppo di ragazze campane con la maglietta bagnata, la “Motoconcentrazione a Molle
Scoperte”, dove il caldo era talmente opprimente da indurre le virago convenute a svelare le parti molli e, infine, il caotico “Raduno motociclistico
Amici del Vento in Poppa” la cui caratterista foggia della coppa ricordo lasciò di stucco anche i
bikers più rozzi e ruttanti. Tutti i raduni venivano
selezionati da Leonardo, bravo con Internet. Leo
sfumava la sua corpulenza obesa in una statura
da cestista brufoloso nonostante i suoi quarant’anni scapoli; aveva due lauree e un master
ai box in attesa utilizzo e più passava il tempo più
gli cresceva il bisogno dell’affetto di prosperose
professioniste al silicone. Lo conoscevo dalle
gare di impennata che facevamo quindici anni fa
di fronte al bar della stazione, vinceva sempre lui:
Leo è tuttora noto alle forze dell’ordine come
“Gaviscon” per l’incredibile quantità di antiacidi
ingoiati le cui confezioni abbandonate per terra
sono la prova della sua ineffabile presenza nelle
scene del crimine. Quando gli dissi che avrebbe
avuto la possibilità di provare una moto diversa
ad ogni rapina lui non chiese nemmeno quanti
soldi avremmo fatto. Si fidava, ecco tutto. Scelto
il raduno, la palla passava ad Amanda: donna
senza trucco, né inganno. Conosciuta da me e
Leo un paio di anni fa durante l’ora di colloquio
settimanale, ci ripromettemmo di vederci
quando saremmo usciti. Amanda era totalmente
matta, faceva visita a carcerati sconosciuti grazie a mai chiarite complicità nelle direzioni carcerarie. In una di queste visite conobbe me e in
un’altra Leo. Enigmatica, di poche parole, con
mani grosse come quelle di un uomo a fare capolino da maglie oversize e sotto la cintura gambe
snelle e lunghe a cingere la sella di una gloriosa
CBX sei cilindri degli anni ’80 che chiamava “la
mia famiglia”: due ruote, una sella e sei piccoli
fratelli. Amanda selezionava il tabaccaio aperto
la domenica mattina nelle vicinanze del raduno,
vi faceva un sopralluogo e predisponeva il piano
di fuga con le moto. Fu lei a reclutare noi dicendoci che qualsiasi cosa avessimo in mente con
lei e i suoi sei fratelli sarebbe venuta meglio, assicurandoci che non saremmo mai più tornati in
galera. Io provvedevo a fornire le motociclette;
ognuno ha i suoi talenti, io possiedo quello della
persuasione e della capacità di infondere nell’interlocutore fiducia e stima al punto da riuscire a
farmi affidare la sua motocicletta per farci un
giro di cinque minuti, che diventano dieci, trenta,
un’ora, timore, incredulità, angoscia, rabbia e
raggiungono l’acme in una denuncia dai carabinieri. Io, Amanda e Leo possedevamo gli stessi
obbiettivi: fare pochi soldi ma farli di frequente e
andare ogni domenica ad un raduno di moto perché noi ci sentivamo motociclisti dentro e fare in
moto le nostre piccole rapine senza violenza era
parte del piacere; a me in particolare rilassava
moltissimo arrivare dal tabaccaio in motocicletta, fare i miei quarantacinque secondi da malvivente e godermi un lungo giro fino al raduno. E
poi le moto, mica le maltrattavamo: uno dei nostri impegni era quello di non rovinarle, in modo
che i proprietari le ritrovassero come le avevano
lasciate, anzi meglio: l’idea di danneggiare qualcuno mi disgustava, in effetti rubare la cassa al
tabaccaio era un atto criminoso ma sapevamo
che a lui non avrebbe nuociuto troppo perché assicurato e magari se fosse stato furbo avrebbe
potuto pure ricavarci qualcosa. Avevamo una
legge, la nostra, e un giudice, noi stessi, che conosceva un’unica sentenza: l’assoluzione perché
il fatto non costituisce reato. Il sabato sera avevo
consegnato le moto a Leo e ad Amanda, per loro
due sportive senza carenatura, una a tre cilindri,
una a due. Per me avevo rubato una motocicletta
da enduro, ma di quelle che hanno le ruote normali, quelle senza i tasselli, come si dice… le
gomme stradali. Non ne avevo mai guidata una
prima e già dalla posizione di guida mi sentii carico: se la nostra attività avesse fruttato
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abbastanza me ne sarei comprata una uguale,
ponendo termine alla mia collezione di rottami
rumorosi; andai a dormire presto, pronto per la
rapina dell’indomani. Qualcosa andò storto. Al
ventesimo secondo della nostra rappresentazione criminale, il copione prese una piega imprevista. Sceneggiatore e regista non ci avevano avvertiti che la parte del tabaccaio era recitata da
un pazzo esasperato, un disperato maniaco che
eluse la sorveglianza di Amanda puntandole addosso un fucile a canne mozze sbucato da dietro
le tende dei biglietti del gratta e vinci esposti a
cascata, gridando che era giunto il momento di
farla finita con le rapine ai tabaccai. Reagii con
tutta la velocità di cui non mi credevo capace e
volai sopra il bancone puntando la porta, urlai ad
Amanda di scappare e a Leo che il piano era saltato. Le vecchiette erano ancora più terrorizzate
mentre tiravo la maniglia, saltavo sulla motocicletta e partivo: quando misi dentro la prima sentii un botto sordo e un urlo, non mi voltai e diedi
gas pieno. C’era un’afa stordente quel giorno di
San Giovanni, il cuore impazziva e l’adrenalina
mi freddava le gambe. Lasciata perdere ogni
prudenza scappai come inseguito dai lupi, rallentai un poco solo quando mi accorsi di essere
uscito dalla città e di trovarmi immerso in una
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pianura silenziosa dove l’unico suono era quello
della mia motocicletta. Respirai forte, respirai
amaro, spaventato, deluso, infine pentito. Percorrevo stordito strade sconosciute che Amanda non aveva previsto nel piano di fuga, strade
tortuose e tiepide nelle quali smisi completamente di pensare e di preoccuparmi. Mezzo gas,
curva, la moto che spinge in solitudine verso la
svolta successiva su una leggera salita. Mi accorsi di non essere mai stato così fluido nella mia
azione e di non sentire il bisogno di costringere la
moto a fare quelle cose umilianti come impennare sfrizionando o bloccare la ruota senza una reale necessità. Veloce, sempre più veloce in una
strada che prevedevo curva dopo curva e nella
quale mi sentivo estratto fuori dalle svolte da un
cavo d’acciaio invisibile; come in un videogioco
tutto era sempre più facile, trovandomi capace di
spostare il limite e provare quelle emozioni cercate invano quella volta in cui rimediai una caduta e una frattura della scapola. Probabilmente fu
lo shock per l’imprevisto epilogo della rapina, ma
cominciavo a godere intensamente di ogni singolo istante che stavo vivendo, un secondo alla volta: con sessanta vite al minuto dove non importa
di morire o di farsi male, smisi di sentire il peso
del rischio. Ogni secondo facevo un bilancio della
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La lettura
mia vita precedente, del secondo passato, e lo
trovavo vissuto intensamente a colori vivaci: nascevo, morivo e risorgevo nel tempo di pochi giri
dell’albero motore. Mi accorsi ad un certo punto
che stavo andando velocissimo da tanto tempo,
sicuramente da molti chilometri, senza provare
stanchezza né timori; il fatto che se non avessi
trovato presto un distributore sarei probabilmente rimasto senza benzina non era una preoccupazione quanto un precetto che mi tramandavo da una vita ad un’altra. I chilometri scorrevano
sotto le ruote della mia moto, con la quale avevo
fatto oramai conoscenza e della quale mi fidavo;
non ero ancora al livello di Amanda che considerava i pistoni sotto il sedere dei fratelli, ma quasi.
Strada e sole, cosa desiderare di più quando sei
in moto? Il sole non si era mosso da quando ero
partito. Mi venne un sospetto, uno stupido sospetto, un sospetto che dura un secondo. Mi fermai e tolsi il casco. Aprii il tappo del serbatoio per
vederci dentro. Lo trovai pieno, quasi all’orlo.
Esattamente come lo avevo riempito poco prima
della rapina. Il sole non si era spostato. Scesi dalla moto con la vista annebbiata e mi parve di vedere a terra alcune confezioni vuote di Gaviscon.
L’emozione mi confuse la vista con l’udito perché vedevo voci allarmate e sentivo la presenza
di tanta gente, ma fu per poco: dolorosamente gli
occhi ripresero possesso della scena, le orecchie
si rilassarono e io mi abbandonai allontanandomi
da tutto e da tutti, con il solo cruccio per la motocicletta che non avrei potuto restituire al legittimo proprietario; una preoccupazione inutile e
terrena. Il mio secondo era passato, e non ce ne
sarebbe stato un altro. Era stato bello, era stato
sapido e divertente; in fondo aveva anche avuto
un giusto epilogo e diedi ragione ad Amanda, in
galera non ci sarei più tornato. Sentivo le vecchiette pregare e piangere; le invocazioni di aiuto
del tabaccaio investito dai sensi di colpa; Leo,
che urlava come un bambino di portarmi all’ospedale; Amanda tenermi la testa come una
mamma e implorarmi disperata di resistere ancora un po’, un altro secondo. Un’altra vita.
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Nico Cereghini
Hideo Kanaya,
talento zittito
Storia di un pilota degli anni
Settanta. I Giapponesi non si
erano resi conto di avere in casa
un campione già pronto per
vincere i titoli mondiali. Lui fece il
collaudatore e il gregario, sempre
col sorriso sulle labbra
Media
C
iao a tutti!
La scomparsa recente
di
Hideo Kanaya, pilota
giapponese degli anni Settanta,
mi fa pensare a quanto poteva
essere freddo e spietato, a volte, anche il motociclismo dei
tempi mitici. Si sente dire spesso che la MotoGP di oggi lascia
poco spazio alla passione e ai
sentimenti, e invece io credo
che sia sempre stato così. Perché a noi piacciono anche quelli del centro classifica, ma la
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logica dello sport purtroppo è
diversa: conta soltanto chi vince.
Questo Kanaya è stato il primo giapponese capace di conquistare un Gran Premio della
classe 500, nel 1975 in Austria.
Era stato un buon pilota nei
campionati nazionali, e nel
1970, venticinque anni e fresco
vincitore della duemmezzo, fu
assunto dalla Yamaha come
pilota-collaudatore.
Hideo
venne coinvolto in un progetto
grandioso: Yamaha, che dalla
125 alla 350 era quasi imbattibile nel mondiale, aveva deciso
di affrontare la sfida della 500;
e non con le bicilindriche maggiorate a 351 cc come facevano
all’epoca tanti piloti privati o
assistiti, ma con una vera 500,
un’inedita quattro cilindri in
linea. Il lavoro, nel reparto corse e in pista, chiese quasi tre
anni, la 500 avrebbe fatto il suo
esordio soltanto nella stagione
1973. Kanaya però si presentò
sulle piste europee un anno prima, per aiutare Saarinen in 250
e 350; e nel ’72, al Nurburgring,
eccolo subito davanti a tutti
in 250. Sei giri sui micidiali 22
chilometri e ottocento metri,
alla media di quasi 140 all’ora
e nettamente davanti all’idolo
locale Dieter Braun e a Jarno
Saarinen. E Hideo andò sul
terzo gradino del podio anche
nella 350. Capito, che classe?
Non si era mai visto un pilota
giapponese così veloce, e quella fu un’impresa tanto strepitosa che Kanaya fu richiamato
all’ordine: il suo ruolo, qui, era
quello del gregario e non del
protagonista.
Nel ’73 fu prima l’apoteosi e
poi la tragedia. Delle prime tre
prove del mondiale (Francia,
Austria e Germania) Jarno ne
vinse cinque, Hideo fece quattro secondi posti e un terzo.
Poi arrivò il Nazioni a Monza,
20 maggio, Saarinen e Pasolini morirono, la Yamaha ritirò
la squadra in segno di lutto.
Kanaya si sarebbe rivisto due
anni dopo, questa volta per
aiutare Giacomo Agostini. Fu
allora che lo conobbi, quando al
Castellet fece tutta la corsa alle
spalle di Ago, i due mi doppiarono in tromba a un giro dalla
fine, e il giapponese chiuse a 50
millesimi dal suo caposquadra.
La gara dopo, al Salzburgring,
vittoria in 500 e pure in 350.
Poi, sparito. Hideo Kanaya. Un
talento meraviglioso, un pilota
che sarebbe potuto arrivare
dove nessun giapponese è mai
arrivato: al titolo della top class.
L’avevano in casa, l’hanno sacrificato. E’ morto per malattia
prima di Natale, mai una parola
fuoriposto, una vita dedicata
alla Yamaha.
Editoriale
Non si era mai visto
un pilota giapponese
così veloce
57
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senza gli incidenti, Jorge avrebbe conquistato il titolo».
sia Honda, vogliono il software
libero».
OPEN
«Sono curioso di vederle a Sepang: non avendo problemi di
consumo, sul rettilineo potrebbero avere qualche vantaggio. Sicuramente mi aspetto
meno divario tra moto ufficiali e
Open, ma le “factory” rimangono nettamente favorite».
FUTURO DI LORENZO
«Adesso è troppo presto per
parlare di futuro. Lorenzo è
molto concentrato su questa
stagione: cercheremo di chiudere la questione il prima possibile».
CENTRALINA UNICA?
«No: i giapponesi, sia Yamaha
MotoGP
FAVORITI 2014
«Marquez e Lorenzo sono i favoriti, con Rossi più vicino ai
primi tre».
maio Meregalli (Yamaha)
“Nel 2014 una M1 più adatta a Rossi”
di Giovanni Zamagni | Il responsabile della casa giapponese
non ha dubbi: “La Yamaha ha tutto per competere con la Honda”
Maio Meregalli, Racing Team
Director Yamaha, introduce la
stagione 2014, che inizierà con
i test di Sepang del 4, 5 e 6 febbraio.
M1 2014
«Siamo curiosi di vedere il materiale che porterà Yamaha
in Malesia: solitamente scopriamo le novità il giorno prima dei test. Era chiaro dove
58
intervenire, ma solo fra qualche
giorno, quando assembleremo
le moto 2014, sapremo meglio
qual è la situazione».
20 LITRI
«A Valencia, il primo test con
20 litri anziché 21 aveva dato
esiti soddisfacenti: quello dei
consumi, era comunque uno
degli aspetti sul quale Yamaha
doveva lavorare».
LORENZO E ROSSI
«Mi aspetto un Lorenzo come
nella seconda parte del 2014 e
un Rossi più competitivo, meglio supportato dal Giappone:
nel 2013, Valentino si è dovuto
adattare a una moto fatta su
misura per Jorge».
HONDA/YAMAHA
«La Yamaha ha quello che gli
serve per battere la Honda:
59
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FUTURO MOTOGP
«Il regolamento tecnico incide
solo in parte sui costi della MotoGP. Quando le Case hanno
tanto interesse su un campionato, è difficilissimo limitare le
spese: si vince o con i soldi o
con le idee, ma quando ci sono
i costruttori è difficile tenere i
costi sotto controllo».
livio Suppo (HRC)
“La moto conta, ma sono i piloti
a fare la differenza”
PILOTI
«Sono i piloti a fare la differenza. Nel 2003, la Yamaha
fece un anno disastroso, poi
nel 2004, con Valentino Rossi,
dominò. Lo stesso per la Honda: negli anni bui, dopo Valentino, vinse solo con Hayden nel
2006 e se non ci fosse stato
Pedrosa dal 2007 al 2010 per la
HRC sarebbe stato un disastro.
MotoGP
Nella MotoGP, i piloti contano
più del resto».
petitivo, farebbe un’impresa
straordinaria».
STONER O MARQUEZ?
«Sia Stoner nel 2007 sia Marquez nel 2013 hanno conquistato il titolo contro ogni pronostico. Nel 2014, non credo ci
saranno grosse sorprese: Marquez, Pedrosa e Lorenzo hanno
il 33% di possibilità di vincere il
titolo».
MERCATO PILOTI
«E’ chiaro che l’obiettivo è tenere Marquez. Ma anche Pedrosa è un grande pilota, uno
dei primi tre al mondo: l’anno
scorso ha perso il titolo per 34
punti, dopo aver pagato episodi obiettivamente sfortunati. E’
presto per dire che non sarà più
un pilota Honda nel 2015».
ROSSI: POCHE POSSIBILITA’
DI VITTORIA
«Sarebbe una grossissima sorpresa se Rossi potesse essere
costantemente più veloce degli
altri tre. Valentino ha fatto una
carriera straordinaria, ma nel
2013 era sempre più lento degli
altri: se dovesse tornare com-
OPEN
«Il test di Valencia non ha
espresso il reale potenziale della nostra Open: sicuramente a
Sepang si capirà meglio il valore della nostra moto. Mi sembra una formula interessante,
positiva per la MotoGP».
di Giovanni Zamagni | Il Team Principal HRC ritiene Marquez, Pedrosa e
Lorenzo inarrivabili anche nel 2014. “In MotoGP la differenza la fanno i
piloti”. “Rossi? Difficile che si giochi il mondiale”
Livio Suppo, Team Principal
HRC, fa il punto della situazione prima dei test invernali di
Sepang.
successiva. Il montaggio viene
fatto circa 10 giorni prima dei
test dai meccanici dei rispettivi
team».
LAVORO REPARTO CORSE
«Dopo i test di Valencia si raccolgono tutti i dati emersi dalle
considerazioni dei piloti e si sviluppa la moto per la stagione
20 LITRI
«Sicuramente la Honda ha una
buona tecnologia sui consumi:
per le grosse Case, si giustificano gli investimenti nelle corse
60
solo con lo sviluppo per la produzione».
CENTRALINA UNICA
«Honda e Yamaha fanno fronte comune contro il software
unico: è difficile che le Case accettino di non poter sviluppare
l’elettronica nelle corse».
61
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naturalmente, in sella ci siano i piloti giusti. Perché tanto ottimismo? Dopotutto i test di Valencia hanno offerto un quadro in chiaroscuro, con
le Yamaha M1 2013 in configurazione Open capaci di offrire ottime prestazioni mentre le Honda RCV1000R, le “vere” open, hanno incassato
distacchi ben più pesanti. A prescindere dalle
considerazioni in merito a quale elettronica stessero realmente utilizzando le Yamaha Open, ma
anche all’opportunità di attendere il debutto delle Honda con ciclistica evoluta (per contenere i
costi le RCV1000R vengono consegnate con
componentistica per sospensioni e freni non
esattamente all’altezza della categoria) è importante notare come sia poco realistico aspettarsi
che le Open possano competere con le MotoGP
sul giro secco. Un po’ perché il livello dei piloti
sarà difficilmente paragonabile, un po’ perché
quando i rubinetti sono tutti aperti le Open pagano, in effetti, solo svantaggi. Tutt’altro discorso
nel momento in cui si inizia a pensare ai 110
MotoGP
chilometri della distanza di gara. L’imposizione
del limite di capienza per i serbatoi nel 2007 – in
realtà in vigore anche prima, ma talmente elevato da risultare pleonastico – si è prevedibilmente
dimostrato il più efficace vincolo regolamentare
per limitare le prestazioni di moto sempre più veloci. La contropartita, purtroppo, è stata uno sviluppo vorticoso dei sistemi elettronici di gestione
del motore, necessari per risparmiare ogni stilla
di carburante non strettamente indispensabile
alla prestazione sulla distanza di gara. Ma anche
di sistemi come il cambio seamless, che oltre al
miglioramento in accelerazione offrono anche
positivi risultati in termini di consumo come vi
abbiamo raccontato nella nostra disamina a riguardo. Sistemi che – come sempre accade
quando si deve aggirare un regolamento molto
restrittivo – hanno portato i costi a levitare in
maniera spaventosa ma soprattutto a dare vantaggi competitivi incolmabili (almeno in tempi
brevi, stanti i vincoli sullo sviluppo) a chi ha
MotoGP Open
ecco perché andranno forte
e cambieranno gli equilibri
di Edoardo Licciardello | Una prima analisi sulle possibili prestazioni
delle moto Open al cui successo è affidato gran parte del futuro della
classe MotoGP. Una sfida da giocarsi sul piano tecnico ma anche
politico
A
nno nuovo, vita nuova – via le CRT,
esperimento malriuscito che malgrado correttivi e aggiustamenti
vari non è mai riuscito a decollare,
arrivano le Open. Sulla carta un altro progetto
62
destinato a dare vita ad un altro campionato nel
campionato – e non nell’accezione positiva del
termine – all’atto pratico, se vogliamo essere un
po’ meno superficiali, moto che potrebbero infastidire spesso e volentieri le ufficiali. A patto che,
63
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MotoGP
Si è iniziato a sentire di piloti penalizzati
per peso ed altezza; la situazione si è
gradualmente estremizzata, e sicuramente
non migliorerà con l’ulteriore
restrizione del limite di carburante
potuto investire più risorse sullo sviluppo tecnologico. La necessità di correre dietro ai primi della classe ha portato a gestioni tiratissime del carburante: con l’arrivo delle 800, e del relativo limite di 21 litri di carburante, sono apparse strategie
e sotterfugi vari per risparmiare ogni goccia, ma
anche aggirare il limite sfruttando le esperienze
fatte in Formula 1. Si sono visti piloti volare a terra nel giro di ricognizione per colpa di elettroniche che tenevano il motore magrissimo al fine di
risparmiare qualche goccia di benzina, ma anche
furbacchioni che inserivano carburante praticamente congelato nel serbatoio e ne gestivano l’inevitabile espansione sotto il caldo della griglia
di partenza utilizzando serbatoietti di compensazione nascosti nel telaio, per finire con altri che
raffreddavano con precisione chirurgica una sola
64
zona del serbatoio e “influenzavano” la misurazione (introdotta successivamente alla scoperta
dei già citati furbacchioni, a metà 2007) facendo
si che avvenisse solo nella zona alta. Per non rischiare di danneggiare la pompa del carburante,
o almeno questa era la scusa ufficiale… Verso la
metà dell’era delle 800 si è iniziato a sentire di
piloti penalizzati per peso ed altezza. Piloti che
lamentavano di elettroniche particolarmente intrusive nella seconda metà della gara, quando la
centralina limitava la tutta apertura delle farfalle
pur di tagliare il traguardo, ma anche piloti che
sempre più spesso finivano per restare a piedi
durante il giro d’onore. La situazione si è gradualmente estremizzata, e sicuramente non migliorerà con l’ulteriore restrizione del limite di carburante imbarcabile a 20 litri. Ecco perché le Open,
imbarcabile a 20 litri
65
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a fronte dell’inevitabile svantaggio derivante da
una componente tecnica meno sofisticata rispetto alle Factory, potrebbero risultare penalizzate in prova (pur disponendo della gomma posteriore extrasoft) ma competitive, se non
avvantaggiate, sulla distanza di gara. Perché 24
litri invece di 20 significa avere un 20% di carburante in più da spendere come e quando si desidera: sui lunghi rettilinei (dato che fino all’inserimento della quinta l’elettronica taglia la potenza
per evitare le impennate, che non servono a
niente e sprecano benzina) ma anche in percorrenza ed uscita di curva, dove un motore più
grasso rende la moto ben più fluida e guidabile
nell’azione. A Sepang, pista molto veloce con
due rettilinei quasi infiniti che si arrotolano attorno alle tribune, inizieremo ad avere un’idea del
potenziale delle Open, ma con ogni probabilità
sarà necessario attendere fino alla prima gara –
in Qatar, altro circuito con rettilineo aeroportuale – perché si giochi davvero a carte scoperte.
Hayden, Redding ed Espargaro forse non
66
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riusciranno ad impensierire Lorenzo e Marquez,
ma è molto probabile che taglino il traguardo
molto prima di quanto non ci si aspetti. Ed è questo il motivo per cui Ducati – a prescindere da
dichiarazioni di facciata che rimandano al termine regolamentare la scelta – sta valutando seriamente la partecipazione con le moto ufficiali
iscritte come Open. Un po’ perché una scelta del
genere imporrebbe molti meno vincoli in termini
di sviluppo della moto, fattore che Ducati tiene
ovviamente in grandissima considerazione, un
po’ perché quei quattro litri di benzina non risolverebbero sicuramente i problemi di ciclistica
della Desmosedici, ma la renderebbe certamente più guidabile e competitiva sull’arco della
gara. Ma c’è anche un altro aspetto di grande importanza in questa situazione: esaurite le considerazioni tecniche è necessario spostarsi su
quello politico. Non è infatti un mistero come
Honda e Dorna stiano combattendo una guerra
d’attrito, con la prima arroccata sulle sue posizioni tanto da arrivare a minacciare un
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clamoroso disimpegno dalla classe regina, e la
seconda impegnata nel tentativo di svincolarsi
da una soffocante dipendenza dalle Case costruttrici. Perché? Facile, perché gli interessi di
Case ed organizzatore divergono irrimediabilmente da qualche anno. Più o meno da quando le
Case attingono ai budget destinati alla ricerca e
sviluppo (e non del marketing) e l’organizzatore,
al contrario, deve proporre al pubblico uno spettacolo avvincente e gustoso, non una sfida tecnologica fra i colossi delle due ruote. Proprio
questa dipendenza dalle Case costruttrici ha costituito a suo tempo il motivo per la nascita delle
CRT. Come giustamente sosteneva Hervé Poncharal – rappresentante dei team impegnati nella classe regina, ma soprattutto partecipante al
Motomondiale di lunghissima esperienza – all’epoca dell’abbandono sequenziale di Kawasaki e
poi Suzuki, le Case possono smettere di correre
senza che la cosa le danneggi se non nell’immagine, mentre i Team devono partecipare per vivere. Facile capire come Carmelo Ezpeleta preferisca avere Team e non Case fra i suoi
partecipanti, pur conscio della fondamentale
importanza che rivestono le seconde – a differenza di quanto avviene per la Formula 1 – per un
Mondiale motociclistico. Honda, al contrario, intende la propria partecipazione al Mondiale
come attività di sviluppo tecnologico, imprescindibile dunque da quella massima libertà nella definizione del software all’interno della centralina
che Dorna vorrebbe negare attraverso l’introduzione di una piattaforma completamente sotto il
suo controllo. Una posizione, quella di Honda,
all’inizio apparentemente condivisa da tutte le
Case, ma che recentemente non appare altrettanto monolitica: Yamaha si è limitata ad allinearsi (senza troppa convinzione, per la verità) alla
dichiarazione Honda, in maniera perfettamente
coerente con la filosofia delle Zaibatsu – le megacorporazioni giapponesi, che a fronte di guerre al limite del sanguinoso fra loro rispettano un
ordine costituito con rigidità incomprensibile per
un occidentale – Ducati sembra invece netta-
MotoGP
mente più laica nelle sue scelte. L’ipotesi di una
partecipazione in Open da parte di Ducati, al di là
dei possibili vantaggi tecnici, avrebbe una risonanza politica ben più pesante: un po’ perché
seminerebbe il panico fra gli stati maggiori giapponesi che ben ricordano il blitz tecnico portato
a termine dai bolognesi nel 2007, ma soprattutto
perché romperebbe il fronte della MSMA, l’associazione che riunisce i costruttori impegnati in
MotoGP. E con l’ormai certo arrivo di Aprilia nel
volgere di due anni, ma anche con qualche possibile altro debutto eccellente – il regolamento
Open viene tenuto d’occhio da molti più di quanti
lo ammettano apertamente – il quadro geopolitico della MotoGP potrebbe cambiare in maniera
molto rilevante, rivitalizzando un campionato
prigioniero della sua stessa sofisticazione, ad
opera del suo concorrente più forte. Il possibile
successo delle Open potrebbe essere ricordato,
nel futuro, come il fattore scatenante di una svolta storica per la MotoGP. Il tutto, ironia della sorte, ad opera di una categoria fortemente voluta e
definita proprio da chi più ha da perdere.
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
MotoGP
Media
debutta a San Marino
il Team Go&Fun Honda Gresini
E’ stato presentato a San Marino il Team Go&Fun Honda Gresini che
prenderà parte quest’anno al campionato MotoGP con i piloti Scott
Redding e e Alvaro Bautista
E’
s tato presentato a San Marino
il Team Go&Fun Honda Gresini
che prenderà parte quest’anno al campionato MotoGP con
i piloti Scott Redding e e Alvaro Bautista. Nella
Moto3 invece correranno sulle KTM di Gresini i
piloti Niccolò Antonelli ed Enea Bastianini. L’impegno in MotoGP del team Gresini per il 2014
si sdoppia in categorie. Parteciperà infatti con
la Honda RC2013V (guadata da Bautista) nella
classe “Factory” e nella neonata “Open” con la
RCV1000R guidata da Redding.
68
FAUSTO GRESINI
«Il 2014 è una stagione molto importante per
tutta la Gresini Racing: saremo impegnati per il
diciottesimo anno nel Motomondiale,ci aspettiamo di essere protagonisti con entrambi i nostri
piloti. Alvaro è entrato di diritto tra i ‘top rider’,
avendo già dimostrato ampiamente di potersi inserire, ad ogni Gran Premio, nella top five.
Dall’altro lato, nutriamo grandi aspettative sull’esordio di Redding: Scott è giovanissimo ma già
molto esperto. Mi piace il suo atteggiamento
combattivo».
ALVARO BAUTISTA
«Sono contento di poter continuare la mia avventura in MotoGP con il Team Gresini per il terzo anno consecutivo: c’è una grande atmosfera
e mi sento come in famiglia” ha dichiarato Alvaro
Bautista. “L’anno scorso purtroppo ci è mancato il podio, anche se ci siamo andati vicinissimi
più di una volta. Nella seconda metà dell’anno,
infatti, sono sempre rimasto vicino ai primi, ritrovandomi a lottare quasi in tutte le gare con
la Yamaha ufficiale di Valentino Rossi. Abbiamo
svolto un ottimo lavoro di sviluppo sulle sospensioni Showa e questo ci mette nelle condizioni di
partire da un’ottima base in vista del primo Gran
Premio del 2014».
primi test, ma durante la stagione l’intenzione
è quella di essere il migliore tra i piloti Open. La
RCV1000R mi è piaciuta subito quando l’ho provata a Valencia, ora aspettiamo di vedere come
va a Sepang».
SCOTT REDDING
«Per me è tutto nuovo, ma queste sono le sfide
che mi piacciono! Il polso ora è a posto, mi sono
allenato duramente perché voglio affrontare i tre
giorni di test in Malesia nelle migliori condizioni
possibili. Non mi sono posto obiettivi per questi
69
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MotoGP
Husqvarna Moto3
Prima foto della moto ufficiale
di Thomas Bressani | Il pilota KTM Jack Miller ha postato su Twitter le
prime immagini di quella che sarà la nuova Husqvarna Moto3
C
ome avevamo anticipato lo scorso
novembre, Husqvarna Motorcycles
ha annunciato di voler debuttare nella classe Moto3 attraverso il
team ufficiale Red Bull Husqvarna Factory Racing con Aki Ajo in veste di direttore e Danny Kent
e Niklas Ajo come pilota. Il pilota KTM Jack Miller
ha mostrato su Twitter una prima immagine di
quella che sarà la nuova Husqvarna Moto3. Le
moto che verrano schierate in gare saranno effettivamente delle KTM Moto3 riviste in qualche
70
dettaglio tecnico. Sostanzialmente, da quanto si
può notare dalle foto postate dallo stesso Jack
Miller, le differenze estetiche riguardano solamente le livree con riportati i loghi del main sponsor Red Bull, i cerchi, di colore giallo e il telaio colorato di bianco, come avevamo ipotizzato nella
nostra ricostruzione di qualche mese fa. Per ora
non ci resta altro da fare che aspettare l’esordio
in pista ad Almeria durante i t est ufficiali KTM
Racing dal 5 all’8 febbraio.
71
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Superbike
Aprilia SBK
Un solo obiettivo: vincere!
di Carlo Baldi | Abbiamo incontrato a Noale i due piloti del team
Superbike Aprilia. Sia per Marco Melandri che per Sylvain Guintoli
l’obiettivo è uno solo: vincere il titolo mondiale
A
A Noale abbiamo incontrato i
due piloti della squadra ufficiale Aprilia, che tra pochi giorni
scenderanno in pista a Jerez
(5 e 6 Febbraio) per un ultimo
test, prima di partire alla volta
di Phillip Island dove disputeranno le prime due manche del
campionato mondiale Superbike 2014. In Aprilia non nascondono di certo quale sia il loro
obiettivo per il 2014. Vogliono
vincere il titolo, riportare a Noale il mondiale piloti Superbike
e confermare quello costruttori, che si sono aggiudicati lo
scorso anno. Tornare alla vittoria anche senza Biaggi e Dall’Igna assume evidentemente
un sapore particolare per tutti
i componenti del Reparto Corse Aprilia, che non hanno mai
smesso di lavorare e di migliorare la già eccezionale RSV4
Factory. Una moto che sono in
72
molti a considerare la migliore delle Superbike. A portarla
in pista saranno il confermato
Sylvain Guintoli e la new entry
Marco Melandri. Il pilota italiano ci è apparso molto sereno
e per nulla preoccupato dalle
alte aspettative che vengono
riposte in lui. Ha scelto Aprilia
per vincere, per aggiudicarsi
quel titolo che da anni gli sfugge. Sereno quanto determinato, Marco vuole fare i passi
giusti per capire la RSV4 ed
adattarla per quanto possibile,
al suo stile di guida. Il Reparto
Corse Aprilia sta aiutando lui e
il suo compagno di squadra in
questa delicata fase. A quanto
ci è stato riferito dal responsabile del settore elettronica,
lo stile di guida di Guintoli è
abbastanza simile a quello di
Biaggi, entrambi richiedono un
forte controllo della trazione e
73
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si affidano molto all’elettronica. Non è stato quindi difficile
per il francese trovare subito
un buon feeling con la RSV4.
Melandri invece ha una guida
del mezzo più fisica e richiede
un’elettronica meno invasiva.
Da qui la necessità di un periodo di adattamento ed un diverso settaggio dell’elettronica.
Ma è solo questione di tempo e
già nelle prime due gare, dopo
i test di Jerez e quelli di Phillip
Island che precedono di pochi
giorni il primo round stagionale, vedremo un Melandri in grado di sfruttare tutto il grande
potenziale della moto veneta.
Marco Melandri
Marco come stai fisicamente?
Hai risolto i problemi alla spalla ed alla caviglia?
«La spalla ora è definitivamente guarita e per fortuna anche
la caviglia. Per quanto riguarda
quest’ultima tutto è derivato
dal mio incidente di Suzuka
del 2003 che mi aveva lasciato molti calli ossei con i quali
però ero riuscito a convivere
sino allo scorso anno. Prima
della gara di Jerez, a causa di
un banale infortunio sulle scale
di casa, ho forzato la caviglia e
successivamente nelle prove in
pista mi sono rotto i legamenti
e mi si è staccato parte del callo
osseo. Per fortuna l’intervento
chirurgico al quale mi sono sottoposto nel Novembre 2013 ha
messo le cose a posto. E’ stata
necessaria una plastica ai legamenti esterni ed il piede ora
74
Periodico elettronico di informazione motociclistica
è ancora un poco gonfio, ma è
il normale decorso post operatorio. L’importante è che io ora
stia bene. Vado in bici e riesco
ad allenarmi e nei test di Portimao la caviglia non mi ha dato
fastidio».
responsabile del loro futuro.
L’anno scorso invece immaginavo che avremmo fatto un
passo indietro dal punto tecnico e così è stato. Inoltre la fortuna non ci ha certamente dato
una mano».
Senti il peso della responsabilità? L’Aprilia vuole quel titolo che gli è sfuggito lo scorso
anno.
«Stiamo lavorando tutti per
quell’obiettivo. So che non sarà
facile, ma ritengo che quest’anno i presupposti ci siano tutti.
Nel 2012 fu quasi una sorpresa
per me il fatto di aver lottato sin
quasi alla fine per il titolo mondiale. Lo scorso anno invece
non è stata una sorpresa non
poter vincere il titolo».
Come ti sei trovato sulla
RSV4 ufficiale? Raccontaci le
tue impressioni.
«In questi anni penso di avere
accumulato un bel bagaglio di
esperienza e so che i mondiali
non si vincono in inverno. Ho
iniziato questa stagione con
calma, cercando di conoscere
la mia nuova moto, i pregi ed
i difetti. Ho cercato di capire
cosa dovevo cambiare nel mio
stile di guida per essere veloce
con l’Aprilia. Inoltre ho cercato
subito di instaurare un dialogo
costruttivo con le persone che
lavoreranno con me. E’ una
cosa fondamentale, che ti consente di lavorare bene durante
la stagione, quando hai poco
tempo a disposizione devono
bastare un’occhiata o poche
parole per capirsi con lo staff
tecnico. Posso dire che siamo
sulla strada giusta.
A Portimao quando è stato
il momento di montare una
gomma morbida per cercare
il tempo sul giro hanno chiuso
la pista (a causa dell’olio perso
da un pilota, NDA) se no sono
convinto che avremmo certamente fatto segnare dei tempi
molto buoni. Ma ci rifaremo nei
test di Jerez del 5 e 6 Febbraio
prossimi».
Cosa ti è mancato sino ad ora
per vincere il mondiale?
«Nel 2012 ho commesso molti errori nelle ultime tre gare,
ma ritengo di aver pagato a
caro prezzo la decisione di
BMW, giunta a poche gare dal
termine, di ritirare la squadra
ufficiale. Una notizia che mi ha
messo in difficoltà. Ero preoccupato e mi è mancata la serenità indispensabile per poter
vincere. Proprio nel momento
più delicato è mancato l’appoggio dell’azienda. Quando ci
hanno comunicato il ritiro del
team ufficiale io, pur avendo
un altro anno di contratto, ero
preoccupato soprattutto per
la situazione dei ragazzi che
lavoravano con me. Mi sentivo
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Superbike
75
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Devi cambiare molto nel tuo
stile di guida o sei già a buon
punto?
«Siamo a buon punto e sono
soddisfatto. Certo possiamo e
dobbiamo migliorare ancora e
per questo stiamo lavorando
sia sulla posizione di guida che
soprattutto sulla parte elettronica. Stiamo valutando nuove
soluzioni che testeremo a Jerez e che penso potremo utilizzare già a Phillip Island».
Cosa ti aspetti dal primo appuntamento mondiale in Australia?
«Sono curioso di conoscere i
valori in campo. In Australia
le condizioni meteo saranno
completamente diverse rispetto all’Europa e quindi voglio
vedere se verranno confermati
i risultati dei test invernali. Penso che come sempre ci saranno molte sorprese. Mi aspetto
molti piloti veloci sul giro secco,
ma poi le gare potranno dare
responsi diversi rispetto a quelli delle prove».
Sono in molti a pensare ad
una lotta Melandri-Sykes per
il titolo, ma ci saranno di certo
molti outsiders.
«Saranno in molti ad andare
forte. Mi aspetto ad esempio
una Ducati molto veloce in qualifica, il mio compagno di squadra sarà ancora velocissimo e
oltre ai soliti Rea e Laverty vedo
bene anche Baz. Su alcune piste potrà stare anche davanti
a Sykes, specialmente dove
76
bisogna far scorrere la moto.
Saranno gare interessanti ed
un campionato senza dubbio
avvincente».
Sylvain Guintoli
Sylvain Guintoli ha saltato tutti i test invernali a causa delle
conseguenze
dell’infortunio
alla spalla per una caduta in
bicicletta. Una spalla che ha
rovinato il finale di stagione
2013 del pilota francese ed ha
rischiato di compromettere anche la stagione che sta per iniziare. Ci sono voluti due interventi chirurgici per metterla a
posto. Sylvain non sale in moto
dall’Ottobre dello scorso anno
e solo da poco tempo ha potuto
riprendere gli allenamenti, alla
ricerca di una condizione fisica
che gli consenta di affrontare al
meglio i primi impegni stagionali. E’ quindi lecito non attendersi subito un Guintoli al 100%
anche se la sua voglia di vincere
e di lottare per quel titolo che lo
scorso anno gli è sfuggito solo
nel finale di stagione è davvero
tanta e potrebbe consentirgli di
superare i problemi derivanti
dal suo lungo stop.
Sylvain come sta la tua spalla?
Ora abbastanza bene, ma questo inverno ero molto preoccupato. Ho dovuto sottopormi
a due interventi chirurgici, uno
a novembre ed uno a metà dicembre. Il primo non aveva
dato i risultati sperati, mentre
il secondo è stato importante
Superbike
e sembra abbia finalmente sistemato le cose. Ora la spalla è
più stabile e posso finalmente
allenarmi. Mi sento abbastanza bene, ma solo i test di Jerez
tra pochi giorni, potranno farmi
capire a che punto sono e se il
problema alla spalla potrà finalmente considerarsi risolto.
Sono davvero ansioso di risalire in moto. Non lo faccio dall’ultima gara del campionato 2013
che disputai a Jerez.
E dopo i test ci saranno subito le prime due gare di Phillip
Island.
«Per fortuna quella australiana
è una pista che mi piace molto
e dove l’anno scorso sono riuscito a vincere. Spero di poter puntare alla vittoria anche
quest’anno, se le mie condizioni fisiche lo permetteranno».
L’anno scorso il tuo finale di
campionato è stato considerato deludente, ma forse non
a tutti è risultata chiara la
gravità del tuo infortunio alla
spalla.
«Sì, di certo l’infortunio alla
spalla è stato determinante ed
è andato sempre peggiorando.
E’ stato molto peggio di una
frattura perché ha richiesto
tempi di guarigione lunghissimi. Subito dopo l’infortunio ho
corso il round di Mosca, ma mi
è andata bene perché Laverty è
caduto, Sykes ha rotto il motore e la gara si è corsa sotto la
pioggia. In quelle condizioni la
spalla non mi ha creato molti
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Superbike
problemi ed io sono tornato in
testa alla classifica. Ma purtroppo nelle gare successive il
dolore è aumentato e soprattutto non avevo più forza nel
braccio, non mi potevo allenare e non riuscivo fisicamente a
combattere alla pari con i miei
avversari, che invece in pista
davano il 100%. Sono sicuro di
aver dato il massimo possibile,
di più proprio non potevo fare e
sono tranquillo con la mia coscienza».
Quindi quest’anno entrerai in
pista con una grande voglia di
vincere.
«Sì, spero proprio di stare bene
fisicamente perché solo una
precaria condizione fisica mi
potrebbe impedire di puntare
al titolo mondiale. Ho una moto
ed un team eccezionali e voglio
sfruttare al massimo questa
grande possibilità di conquistare il titolo. Per l’Aprilia e per me
stesso».
Con Melandri vai a costituire
una squadra molto forte.
«Sì, Marco è un ottimo pilota e
sarà un grande stimolo avere
un compagno ed un avversario
come lui.
Entrambi possiamo lottare in
ogni gara per il podio e quindi
possiamo puntare al titolo. Da
parte mia ho un anno di esperienza sulla RSV4, una moto
fantastica, e conosco bene tutti i ragazzi della mia squadra.
Non possiamo che puntare alla
vittoria».
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Superbike
Romano Albesiano
“Nel 2016 aprilia in MotoGP,
ma non lasceremo la SBK”
di Carlo Baldi | Abbiamo intervistato Romano Albesiano che ci
ha spiegato quali sono i progetti e gli obiettivi di Aprilia nelle
competizioni. Il Reparto Corse è già al lavoro sulla nuova
MotoGP, ma non diminuisce l’impegno in Superbike
R
Romano Albesiano è il responsabile del Centro Tecnico Moto,
Direzione Sviluppo e Strategie
di Prodotto, nonché della Direzione Tecnica e Sportiva Aprilia Racing. Un impegno difficile
ma che Albesiano, nato a Carrù
(CN) 50 anni fa, sta affrontando nel migliore dei modi, per
niente schiacciato dalle responsabilità che questo doppio
compito comporta. Laureato in
Ingegneria Aeronautica presso
il Politecnico di Torino, ha iniziato la propria carriera in Cagiva, dove si è occupato anche
della 500 GP. Ha poi lavorato
in Fondmetal Techonologies in
qualità di capo progetto aerodinamica per le vetture Mercedes AMG nei campionati DTM e
GT FIA. Rientrato in Cagiva, ricopre la posizione di responsabile del reparto R&D (Research
and Development – Ricerca e
Sviluppo) per i marchi Cagiva
ed Husqvarna e per quest’ultima gestisce anche l’attività
80
sportiva, aggiudicandosi due
titoli mondiali. Entra a far parte
del Gruppo Piaggio nel 2005,
inizialmente come responsabile sviluppo Prodotto del brand
Aprilia, ma quando Dall’Igna
decide di trasferirsi a Borgo
Panigale, gli viene assegnato il
doppio compito.
L’intervista
Ora che hai un doppio incarico
riesci a portare a termine tutti
i tuoi compiti? E’ un impegno
certamente non facile.
«Non sono Superman e quindi abbiamo dovuto rivedere
assieme ai miei collaboratori,
la suddivisione del lavoro, per
poter far fronte a tutti gli impegni, soprattutto in un momento
come quello attuale, nel quale
stiamo preparando un rilancio
del brand Aprilia che passa anche attraverso nuovi modelli.
C’è tanto lavoro da fare nel settore R&D del gruppo Piaggio,
un reparto con una realtà forse
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meno famosa ed evidente rispetto a quella del Reparto Corse, ma di uguale importanza e
rilevanza. In termini di prodotto
abbiamo fatto ottime cose sia
con Aprilia che con Guzzi anche
grazie al costante travaso di
know how tra il reparto Ricerca
e Sviluppo, il reparto Corse e la
nostra produzione di serie. Qui
a Noale c’è una grande cultura
della moto ed un know how che
spesso mi viene da pensare sia
ormai insito nell’azienda stessa, e non solo nelle persone che
vi lavorano. Le persone possono cambiare, ma la cultura e la
profonda conoscenza della materia motociclistica restano un
grande patrimonio di Aprilia».
Riuscirai a seguire anche le
gare in pista? Ti vedremo di
più in Superbike o in GP?
«La nostra priorità è la Superbike dove schieriamo una squadra ufficiale. Sarò presente in
autodromo ogni volta che ve
ne sarà la necessità. In MotoGP
assistiamo il team Yoda con un
accordo che ancora non è stato
ufficializzato, ma che speriamo
di poter annunciare presto. A
loro forniremmo un pacchetto tecnico completo per i due
piloti, Petrucci e Camier. Inoltre abbiamo un cliente che
l’anno scorso correva con una
moto propria ed una ART e che
quest’anno invece schiererà
due moto proprie, ma motorizzate Aprilia. Mi riferisco al
team PBM di Paul Bird al quale
forniremo motori, revisioni e
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sviluppi. Quindi sarò maggiormente presente in Superbike
che non in GP in quanto nelle
derivate dalla serie il nostro impegno è diretto».
E anche perché in Superbike
volete vincere.
«Sì, è il nostro obiettivo annunciato. Corriamo per vincere.
Non sarà facile perché Sykes è
un pilota fortissimo, così come
molti altri dei nostri avversari.
La concorrenza sarà certamente temibile, ma abbiamo una
moto ed una squadra per i quali
sta lavorando tutto il nostro reparto Corse e sia Guintoli che
Melandri possono puntare al
titolo. Ci metteremo tutti il nostro impegno e quindi la vittoria
è un risultato raggiungibile».
Oltre alla vittoria in Superbike
quali sono gli obiettivi del Reparto Corse Aprilia?
«I nostri obiettivi sono molto
chiari. Il primo è quello di vincere il titolo in Superbike, il
secondo è quello di creare una
MotoGP senza compromessi,
un vero prototipo che non derivi dalla serie ed il terzo è quello
di restare comunque impegnati
anche nel settore Open della GP, in modo da sviluppare
nuovi sistemi in funzione della
nostra nuovo moto da Gran
Premio».
Quando sarà pronta l’Aprilia
MotoGP?
«Non prima di due anni. Il progetto ha già preso il via, ma
riguarda una moto completamente nuova. Non avrà nulla in
comune con le nostre Superbike o con le ART. Sarà un vero
prototipo, una moto da corsa
con un motore quattro cilindri a
V, un tipo di propulsore sul quale abbiamo maturato nel tempo
una grande esperienza e che
disporrà della trasmissione a
cascata di ingranaggi. Per ora
non posso dire altro».
Quindi nel 2016 sarete impegnati direttamente in GP, ma
quali progetti avete per quanto riguarda il futuro in Superbike?
«Come sappiamo nel 2015 correranno solo le Evo, ma il problema è che ancora non esiste
un regolamento chiaro che riguardi le moto Evo 2015. Non
sappiamo se saranno vicine
alla serie o se invece saranno
più simili alle attuali Superbike.
Posso quindi affermare che noi
resteremo in Superbike anche
il prossimo anno, anche se ancora non sappiamo con quale
tipo di moto. Un’incertezza che
rende le cose estremamente
difficili, specialmente per chi
come noi vuole investire sulla Superbike e vuole farlo nel
modo migliore. Senza sprecare
energie ed investimenti. Si parlava di una riunione tra le case,
la Dorna e la FIM per il 10 di Dicembre 2013, Una riunione che
avrebbe dovuto far chiarezza
proprio sui regolamenti. Invece
non è successo nulla ed inoltre
in Federazione le persone del
comitato tecnico sono state
cambiate. Io mi auguro che
dall’inizio del campionato in poi
ci sia una ripresa delle trattative e si stabilisca, possibilmente
in tempi brevi, un regolamento
sul quale basarci per un futuro
che non è certo remoto».
Possiamo quindi smentire le
voci che parlano di un Aprilia
impegnata in futuro solo in
MotoGP?
«Assolutamente sì. Per noi la
Superbike e le gare delle derivate dalla serie hanno ed avranno sempre una grande importanza. Non dimentichiamoci
che il nostro Reparto Corse lavora per le competizioni, ma
soprattutto per sviluppare quel
know how e quelle tecnologie
che verranno poi riversate sulla produzione e sui motoveicoli
che il gruppo Piaggio produce e
commercializza in tutto il mondo. Siano questi moto dalle alte
prestazioni, scooter o gran turismo. La tecnologia ed il know
how del reparto R&D e del Reparto Corse sono al servizio di
tutto il gruppo e di tutti i nostri
prodotti».
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Superbike
Reparto Corse Aprilia
dove nascono SBK e MotoGP
di Carlo Baldi | Aprilia ci ha aperto le porte del proprio reparto Corse.
Una struttura unica al mondo che rappresenta una vero tesoro, non
solo per la casa di Noale ma per tutto il comparto motociclistico italiano
A
bbiamo accolto con gioia l’invito di
Aprilia a recarci a Noale per presentarci i progetti futuri inerenti il
racing, ma anche per farci visitare
il Reparto Corse. Dell’attività racing presente e
futura della casa veneta abbiamo diffusamente
parlato nel corso dell’intervista a Romano Albesiano. Ora vi vogliamo parlare di quello che abbiamo visto nel corso della nostra visita al Reparto
Corse. All’ingresso si possono ammirare molte
delle moto che hanno dato lustro e titoli mondiali all’Aprilia. La 125 di Gramigni, il pilota toscano
che per primo regalò un titolo mondiale alla casa
di Noale nel 1992, le 250 di Max Biaggi, di Capirossi ed ovviamente di Valentino Rossi, il cui viso
compare in molti pannelli e poster posizionati un
po’ dappertutto, nei capannoni come negli uffici.
Ci sono anche le Superbike di Corser, di Nitronori Haga e di Shakey Byrne. In un angolo, senza
scritte e quasi tutta in carbonio, riposa la famosa
e controversa Cube GP. Il pensiero corre a Byrne, Laconi ed Edwards, i piloti che l’anno portata
in pista, senza però mai ottenere i risultati sperati. Per raggiungere gli edifici che ospitano i reparti, attraversiamo il vecchio capannone dove una
volta venivano prodotte le moto Aprilia e dove,
alzando lo sguardo, possiamo vedere l’ufficio dal
quale Ivano Beggio sovrastava e controllava la
sua azienda. Ora è un semplice magazzino mentre il Reparto Corse e gli uffici sono ospitati da
due strutture nuove e dal look più moderno. Nel
piazzale antistante i nuovi edifici riconosciamo
i due camion del team Superbike, uno dei quali
mostra ancora la foto ed il numero 58 di Laverty.
84
Ma i camion dovranno essere pronti per la gara
di Aprile ad Aragon e quindi c’è tutto il tempo
per sostituire il 58 con il 33 di Melandri. E proprio
Marco è una delle prime persone che incontriamo prima che Albesiano e Pezzini, responsabile
dell’ufficio stampa del Gruppo Piaggio, ci diano
il benvenuto. Un breve breefing e la nostra visita
può avere inizio. Sono ben sessanta i tecnici che
fanno parte del Reparto Corse. Ingegneri, tecnici
e meccanici. Tra di loro alcuni volti noti, visti in
questi anni al lavoro nel box della Superbike. Attualmente tutti lavorano su due fronti: la nuova
GP e la RSV4 Superbike.
Il reparto elettronica
Si inizia dagli uffici del reparto elettronica. Aprilia è l’unico marchio al mondo che prepara in
casa l’elettronica delle proprie moto, sia la parte
hardware che quella software. Qui si lavora sulle
centraline che regolano l’accensione, l’erogazione del motore, l’anti-impennamento, il controllo
della trazione e tanto altro ancora. Qui viene programmato il cervello delle moto. L’ingegnere Paolo Bonora ci spiega che il compito dei tecnici è
quello di rendere la guida il più facile possibile ad
ogni pilota. Per farlo, oltre ad operare sulla moto,
occorre anche comprendere lo stile di guida del
pilota e lavorare a stretto contatto con lui, per
trovare il giusto compromesso tra le caratteristiche della moto e le necessità di chi la deve guidare al limite in pista. «L’elettronica di Guintoli non
è molto diversa da quella che ci chiedeva Biaggi
– ci spiega l’Ing. Bonera – mentre per Melandri
deve essere meno invasiva, ma soprattutto deve
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Superbike
Media
mantenere la moto con caratteristiche costanti,
senza variazioni». In questo reparto, ma è una
costante che vedremo poi in tutti i reparti, il
know how e le esperienze derivanti dalle corse,
vengono continuamente trasferite alla progettazione ed alla produzione delle moto di serie del
Gruppo Piaggio.
Il reparto motori
Passiamo al reparto motori, dove Mario Manganelli ci parla di come sia incessante lo sforzo
della casa veneta per incrementare l’affidabilità
e la resistenza dei vari componenti dei propulsori Aprilia, che solitamente girano a regimi molto
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alti. Alla nostra domanda di quale lavoro abbia
comportato la nuova regola della Superbike,
che limita ad otto il numero dei motori utilizzabili in un’intera stagione, Manganelli precisa
che l’obiettivo è stato raggiunto lavorando sugli
attriti, senza diminuzioni di potenza. «Abbiamo
studiato le aree del motore potenzialmente critiche ed abbiamo migliorato alcuni componenti
che hanno permesso non solo di mantenere intatta la potenza del propulsore, ma in alcuni casi
l’abbiamo anche potuta aumentare. La nostra
esperienza – continua il responsabile motori –
deriva dai motori Superbike ma anche da quelli
CRT, un campionato dove eravamo già soggetti a
limitazioni nel numero dei motori. Siamo quindi
pronti ad affrontare questa regola anche nelle
derivate dalla serie»
Il reparto dinamica
Passiamo ora al settore dove si effettuano i calcoli e le simulazioni dinamiche delle moto sia
in pista che in particolari condizioni di stress
meccanico e termico. Studi effettuati dall’Ing.
Castiglioni ed utilizzati poi dalla Dottoressa De
Cia, il cui lavoro ci ha molto interessato. Questa
dottoressa in matematica, grazie ad un software dedicato, riesce a simulare il comportamento
delle moto in un giro di pista, in uno qualsiasi dei
circuiti dove si svolgono le competizioni. Inserendo i dati della centralina, si possono simulare
alcuni giri di pista che potranno quindi dare un
idea di quale tipo di settaggio elettronico possa
essere adatto ad uno specifico circuito, facendo risparmiare molto tempo ed evitando prove
pratiche in pista. «Manca solo la variabile umana – ha commentato la De Cia rispondendo alle
nostre domande – che qui noi inseriamo in modo
costante, ma che poi in pista può fare la differenza». Il fantastico programma con il quale lavora
la dottoressa, studia le traiettorie in base all’erogazione del motore e del controllo elettronico
e simula il giro di pista perfetto in ogni circuito.
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Penso che potremmo trascorrere intere giornate su questo computer... se fossimo in grado di
utilizzarlo.
Officine
A questo punto non resta che scendere nelle officine dove molte delle spiegazioni dei gentilissimi
e competenti tecnici Aprilia ci sfuggono, presi
come siamo da guardare da vicino e dal poter
toccare con mano moto ed oggetti che hanno
fatto la storia delle competizioni motociclistiche mondiali. Dalla 500 due cilindri due tempi
di Harada e del povero Romboni, alla numerose
carene appese al soffitto ed appartenute a Stoner, Simoncelli, Haga, Corser, Rossi, Capirossi,
Luthi e a decine di altri famosi piloti. Nemmeno
il tempo di abbassare lo sguardo e ci ritroviamo
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
davanti ad una delle moto che stanno preparando per Melandri, mentre nel box accanto si
studiano nuovi accorgimenti per la nuova Capo
Nord. Ci gira la testa, ma cerchiamo di proseguire e di capire quali lavorazioni si svolgano nelle
varie officine.
Il reparto sospensioni
Passiamo così dal reparto sospensioni, dove
nascono i forcelloni creati dal pieno così come
quelli stampati e saldati. Più avanti possiamo
vedere una RSV4 sulla quale è stato appoggiato
un “pilota” interamente in vetroresina. Un manichino in fibra di vetro (per il quale ci dicono sia
stato preso come riferimento Biaggi) e grazie
al quale si possono fissare alla moto cupolini e
carene, prima che le stesse vengano portate
nella galleria del vento dell’Università di Perugia,
dove si valuteranno i carichi aerodinamici che
alle alte velocità diventano importantissimi per
la stabilità e la velocità del mezzo. Il manichino
serve quindi per avere il riferimento di un pilota
sulla moto, per poter valutare le dimensioni ed il
giusto posizionamento delle carene, del cupolino, delle pedane e di tutta quella che può essere
considerata la carrozzeria della moto.
I banchi prova dei motori
Entriamo nell’officina dove si preparano i serbatoi e a seguire in quella dove si producono le piastre di sterzo, per poi arrivare ad uno dei reparti
più importanti dove sono posizionati ben otto
banchi prova motore. Ammiriamo, dall’altra parte del vetro, un banco dinamico in funzione, sul
quale un motore sta girando da alcune ore, sotto
l’attento controllo di due tecnici. Il banco prova è
ovviamente una parte determinante nello studio
e nella preparazione dei motori, sia da corsa che
di produzione. Per quanto riguarda quelli dedicati alle competizioni, si prende solitamente come
riferimento la pista di Monza e si simulano dai 15
ai 20 giri per volta. Dopo di che si scaricano i dati,
si valutano i trascinamenti, gli attriti ed i consumi e successivamente si può intervenire sui vari
organi del motore che si intendono analizzare.
Nel banco prova che vediamo al lavoro, l’aria può
essere forzata negli air box simulando una velocità massima limite di circa 320 Km/h. Giocando
sulla pressione dell’aria si può incrementare o
diminuire la potenza del motore. Il tutto utilizzando ovviamente le centraline provenienti dal
reparto elettronico. Tutti le varie fasi sono infatti
collegate ed i diversi reparti lavorano a stretto
contatto tra di loro, scambiandosi una grande
mole di dati.
Superbike
vedere la base di partenza che i motoristi Aprilia
stanno utilizzando, per sviluppare il nuovo propulsore GP. Quello che verrà poi utilizzato sulla
moto che nel 2016 parteciperà al campionato
mondiale MotoGP con i colori Aprilia. Torniamo
negli uffici per raccogliere le idee e riordinare i
nostri appunti, ancora colpiti da quanto abbiamo
visto. Un reparto corse che raccoglie anni di studi
e di esperienze per know-how unico, che rappresenta senza dubbio un vero tesoro non solo per
il gruppo Piaggio, ma per tutto il settore motociclistico italiano. E’ grazie a queste conoscenze,
alle esperienze più che decennali dei tecnici, ai
programmi ed ai macchinari appositamente realizzati che la nostra industria motociclistica può
competere con i produttori stranieri. Un brivido
ci percorre la schiena quando ci ricordiamo che
alcuni anni fa tutto questo poteva passare nelle
mani di un costruttore coreano. Ma per fortuna
non è successo. Il gruppo Piaggio che ha acquistato Aprilia continuerà ad investire sulla progettazione, sullo studio di nuovi modelli e di nuove
tecnologie, che verranno affinate e perfezionate
grazie alle competizioni, ma che poi verranno
messe a disposizione di tutti noi motociclisti sulle moto a marchio Guzzi, Piaggio, Gilera, Derbi e
Aprilia. Un’eccellenza italiana che va mantenuta
e salvaguardata e che ci permette di eccellere
non solo sulle piste, ma anche su tutti i maggiori
mercati mondiali.
Assemblaggio motori
La nostra visita si conclude nel reparto assemblaggio motori. Uno spaccato ci mostra la differenza tra la distribuzione a catena e quella a
caduta di ingranaggi, ma soprattutto possiamo
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S
abato scorso presso la sede della bellissima collezione “Moto dei
Miti” di Genesio Bevilacqua a Civita
Castellana, il team Althea Racing ha
presentato la sua squadra 2014 e la livrea della 1199 Panigale R con la quale Niccolò Canepa
darà l’assalto al titolo della nuova Superbike Evo.
Resta invariato lo staff tecnico che è lo stesso
che assieme a Carlos Checa si è aggiudicato il
mondiale nel 2011. Dopo un anno con Aprilia, la
squadra di Bevilacqua torna al primo e vero amore, la Ducati. Basta fare un giro nel salone che
ospita le “Moto dei miti”, la fantastica collezione
di moto da corsa del patron Althea, per capire
come la passione di Genesio sia tutta rosso Ducati. Un ritorno che fa ovviamente molto piacere
anche alla casa di Borgo Panigale per la quale il
team Althea sarà la squadra di riferimento nella Evo, con il dichiarato intento di sviluppare al
massimo la Panigale in vista di un 2015 tutto Evo.
Molto felice ovviamente Niccolò Canepa, che sa
di avere a disposizione tutto quanto serve per
fare un deciso salto di qualità e trasformarsi da
promessa a realtà. Il pilota genovese che l’anno
scorso ha ottenuto il secondo posto nella Stock
1000, ha solo 26 anni, ma ha già maturato una
grande esperienza avendo gareggiato in molte
classi: Superstock 1000, MotoGP, Moto2 e Superbike. E’ il momento quindi di mettere a frutto
la sua esperienza, quella del suo titolato team e
la competitività della Panigale, che ha fatto fatica
in Superbike, ma non certo nella versione stock,
che dovrebbe essere quella più simile alla Evo.
il team Althea Racing 2014
di Carlo Baldi | Svelata la livrea della 1199 Panigale R di Niccolò
Canepa che con il team Althea punta alle prime posizioni nella Evo.
Genesio Bevilacqua: “Dopo aver riportato Checa e lanciato Giugliano
puntiamo a buoni risultati con Canepa”
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Niccolò Canepa
Abbiamo visto un Canepa felice e smanioso di
salire sulla sua nuova moto, che ci ha dichiarato:
«Non vedo l’ora di essere in Australia e di mettermi al lavoro. Sono felice, ma soprattutto determinato a non lasciarmi sfuggire questa grande
occasione che Genesio Bevilacqua mi ha offerto.
Entro a far parte di un gruppo vincente, che ha
scritto alcune pagine della storia del mondiale
Superbike e questo è per me motivo di orgoglio,
Superbike
ma anche di responsabilità, perché so che devo
far bene e lottare sempre per le prime posizioni».
Non avete ancora provato, ma tu la Panigale la
conosci bene.
«Purtroppo non è stato possibile effettuare dei
test prima dell’Australia e quindi salirò sulla mia
moto il 17 e 18 a Phillip Island, nei test che precedono il primo round del mondiale. Conosco bene
la 1199 in quanto l’anno scorso l’ho utilizzata in
gara sia nella versione Stock che in quella Superbike ed inoltre ho partecipato al suo sviluppo in
alcuni test privati. Conosco la moto, ma anche i
miei avversari, che saranno senza dubbio molto
agguerriti. Sarà un campionato molto difficile viste le forze in campo e me la dovrò vedere con piloti come Barrier, Salom, Scassa e Fabrizio. Sarà
un stagione bella e combattuta».
Genesio Bevilacqua
Genesio Bevilacqua torna a collaborare con
Ducati e dopo aver lanciato Davide Giugliano,
punta forte su di un altro giovane italiano.
«Credo molto in Niccolò, e ritengo sia un pilota
che sino ad ora non abbia avuto la possibilità di
mostrare tutto il suo potenziale – afferma Genesio – Pur essendo giovane ha maturato una grande esperienza in molte categorie e ritengo sia
quindi arrivato per lui il momento di competere
stabilmente per le prime posizioni nel mondiale
Superbike».
Sarete il team di riferimento per la Ducati.
«Sì, saremo in pista anche per fare questo tipo
di lavoro. Abbiamo la necessaria esperienza per
sviluppare la meglio la Panigale nella versione
Evo, una categoria che permetterà a molti team
privati come il nostro di competere per le prime
posizioni ora nella Evo e nel 2015 in Superbike.
Quest’anno partiamo ovviamente svantaggiati rispetto alle Superbike, ma sono certo che in
qualche circuito ed in alcune situazioni particolari, potremmo riuscire a competere con i team
ufficiali».
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Superbike
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bbbbbbbbbbbbbbb
Sappiamo che Canepa ti è sempre piaciuto ed
in passato siete stati vicini ad un accordo.
«Seguo Niccolò da molto tempo ed ho sempre
guardato con interesse alla sua carriera ed ai
suoi risultati in pista. Anche in passato mi sarebbe piaciuto averlo nel mio team ed ora che è stato
possibile farlo sono contento di poter accettare
questa nuova sfida. Dopo aver rigenerato Checa
e lanciato Giugliano cercheremo di conquistare
dei buoni risultati anche con Canepa». Una sfida
nella sfida. Un motivo in più per attendere con
ansia che i motori si accendano a Phillip Island,
dove tra poco più di due settimane i test ed il
cronometro inizieranno a darci il polso di quella
che sarà la stagione 2014. Una griglia finalmente nutrita, composta da campioni affermati e da
giovani speranze, tante case impegnate in quella
che sarà la nuova era della Superbike.
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Loris Baz
«Sappiamo che il venerdì e il sabato dobbiamo
migliorare in prova e in qualifica . In gara io sono
sempre forte, ma quanto più si avanti si parte
meglio è. L’obiettivo per me è quello scattare
sempre nelle due prime file, e poi cercare di rimanere con il gruppo di testa. Se riesco a partire
bene sono sicuro che posso stare davanti in gara.
Abbiamo già fatto un grande passo con il set up
della moto durante i test di quest’inverno».
David Salom
«Sono molto contento e orgoglioso di essere in
sella alla Kawasaki Evo ufficiale. Non sarà veloce
come la Superbike di Tom e Loris, ma io spero di
essere davanti alle altre Evo in ogni gara. Sono
felice di essere di nuovo nella famiglia Kawasaki».
Superbike
Shigemi Tanaka, Kawasaki
Motors Europe
«Sono felice di dire che non solo entriamo ne
2014 da campioni Superbike, ma anche ci auguriamo di poter festeggiare i 30 anni della marca
famosa Ninja come lo scorso anno. Auguriamo a
tutti i nostri sponsor del team Kawasaki del Mondiale Superbike, e coloro che sono impegnati in
sostenere per il team KRT Provec, buona fortuna».
Steve Guttridge, KME Manager
«Siamo impegnati al 100% a vincere nuovamente il titolo mondiale Superbike.
Come già sapete, il nostri sforzi in Superbike
sono aumentati con lo sviluppo di una nuova
moto, la Evo, che sarà guidata dal talento spagnolo David Salom».
Kawasaki vuole festeggiare i 30
anni di Ninja con la vittoria in SBK
Kawasaki ha presentato a Barcellona il Team ufficiale che gareggerà nel
Campionato Mondiale Superbike. I piloti Tom Sykes, campione in carica,
Loris Baz e David Salom che correrà nella nuova categoria Evo
K
awasaki ha presentato a Barcellona
il Team ufficiale che gareggerà nel
Campionato Mondiale Superbike. I
piloti Tom Sykes, campione in carica, e Loris Baz sono stati raggiunti anche dal neo
acquisto David Salom che correrà nella nuova
categoria Evo. Sono state svelate inoltre le livree
delle moto ufficiali, le Kawasaki ZX-10R. La stagione 2014 è particolarmente importante per le
la Casa giapponese perché festeggia il 30esimo
anniversario del più celebre modello Kawasaki, la
Ninja.
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Tom Sykes
«E’ bello essere qui a Barcellona in occasione del
lancio 2014.
Non ho nemmeno bisogno di guardare la moto
per sapere com’è fatta, perché è incisa nella mia
memoria.
Ho condiviso un sacco di bei momenti con questa Ninja e so che possiamo essere di nuovo vincitori. Abbiamo fatto alcuni buoni test, anche se
non mi sento ancora al massimo del potenziale.
Sono entusiasta e ancor più motivato rispetto
allo scorso anno».
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fanno parte della collezione del museo veronese,
si può ammirare anche la Yamaha ROC YZF 500
con la quale nel 1997 Lucio Pedercini partecipò
al mondiale GP500. Un museo che vi invitiamo
a visitare se avete occasione di recarvi nel capoluogo veneto. Tornando ai giorni nostri ed alla
stretta attualità, davanti ad una sala gremita Lucio, Ivan e Donato Pedercini hanno presentato la
squadra con la quale si presenteranno al via del
mondiale SBK Evo e della Superstock 1000 FIM
Cup. Da tempo si sapeva che una delle Ninja ZX10R sarebbe stata affidata ad Alessandro Andreozzi, mentre la scelta di Luca Scassa è avvenuta
solo nei giorni scorsi. Il pilota di Arezzo, che ha
già corso in Superbike con Pedercini nel 2009,
era uno dei molti candidati a salire sulla seconda Kawasaki Evo. Dopo vari contatti che hanno
coinvolto tra gli altri anche gli altri “ex” Aitchison
Superbike
e Staring, la scelta è caduta su Scassa, che può
tornare a correre in quella che lui a ragione considera la sua vera categoria.
Luca Scassa
«Non vedevo l’ora di tornare in Superbike – ci ha
confidato Luca –Ho lasciato la classe regina delle
derivate dalla serie per iniziare quello che doveva
essere un progetto di tre anni, e che aveva come
fine ultimo proprio la Superbike. Purtroppo però
dopo un solo anno, mi sono ritrovato a piedi e a
quel punto ho fatto fatica a trovare soluzioni interessanti e mi sono dovuto accontentare della
Superport. Ora però la famiglia Pedercini mi offre
questa grande opportunità che voglio sfruttare
al massimo. Sono molto contento sia di tornare
in Superbike che di far di nuovo parte di questa
squadra».
Il team Pedercini nel mondiale SBK
Evo con Andreozzi e Scassa
di Carlo Baldi | Si è svolta a Villafranca di Verona la presentazione del
team Pedercini che disputerà il mondiale Superbike schierando
nella Evo Andreozzi e Scassa. Quattro i piloti nella Stock 1000
Lanusse, Nemeth, Alviz e Savadori
A
meno di un mese dall’inizio del mondiale Superbike le squadre presentano i loro nuovi schieramenti e ieri è
stata la volta del team Pedercini. Per
la famiglia Pedercini, una meravigliosa famiglia
“allargata” che include anche i piloti ed i tecnici,
questo sarà il diciassettesimo anno consecutivo
in Superbike. Un lungo periodo di tempo nel quale il team di Volta Mantovana non ha mai saltato
una gara ed ha sempre tenuto fede agli impegni
presi, primi tra tutti quelli economici. Un piccolo
miracolo italiano che si ripete ogni anno, frutto
96
dell’impegno e della serietà di tutti i componenti
del team. La sede scelta per presentare la formazione 2014 è stato il bellissimo museo Nicolis di
Villafranca di Verona, dove nei 6000 mq di esposizione, si possono ammirare più di 200 fantastiche auto d’epoca, moto, biciclette strumenti
musicali, macchine fotografiche e per scrivere,
oltre ad oggetti vintage dedicati al viaggio. Una
scelta fatta non a caso, visto che una profonda
amicizia legava il fondatore Luciano Nicolis (venuto purtroppo a mancare nel 2012) a Donato
Pedercini, tanto che tra le moltissime moto che
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Superbike
Ho trenta anni e ritengo di aver l’esperienza
giusta sia per evitare alcuni errori che ho commesso in passato, sia per affrontare con la giusta
determinazione un’annata molto importante per
la mia carriera. Potrebbe essere l’anno giusto
per te e per Pedercini, visto che nella Evo anche i team privati potranno dire la loro. Il team
Pedercini ha ormai una grande esperienza sia in
Superbike che in Stock, dove ha ottenuto negli
ultimi due anni dei grandi successi. Io come dicevo prima, ritengo di essere ormai maturo per la
massima categoria e quindi non resta che metterci al lavoro. Dovremo far sì che tutto funzioni
al meglio. Ci sono le condizioni per fare bene, non
solo quest’anno ma anche il prossimo, quando in
pista ci saranno solo Evo».
Sei pronto per Phillip Island?
«Non ho mai smesso di allenarmi e ritengo di
essere pronto sia fisicamente che mentalmente.
Quest’anno la prenderò molto più seriamente di
quanto io abbia mai fatto. Voglio mettere a frutto
tutte le mie esperienze precedenti per ottenere i
migliori risultati».
Un Luca Scassa molto determinato, consapevole che il futuro per lui sia adesso. Lo attendono
un buon team ed una buona Evo, ma anche una
stagione da “dentro o fuori”, senza appelli e senza alibi. Riteniamo che, come lui stesso ha affermato, abbia le capacità per affrontarla al meglio.
Sono stati due anni nei quali non hai ottenuto
grandi risultati
«La Supersport mi stava stretta in tutti i sensi.
Questo è un mondo dove il passato non conta
e devi sempre dimostrare di essere competitivo se no ci si dimentica in fretta di te e di quello
che hai fatto. Però ora sono qui, con Pedercini in
Superbike e questo è quello che conta. Sarà un
anno impegnativo nel quale devo dimostrare sia
a me stesso che agli altri di essere ancora competitivo in Superbike. Darò il massimo anche per
ringraziare chi mi ha aiutato ed ha creduto in me.
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Alessandro Andreozzi
Ad affiancare l’ex campione italiano Superbike
e Superstock, ci sarà il ventitreenne Alessandro
Andreozzi. Felice e rilassato, il pilota di Macerata, a sua volta campione italiano della Moto2 nel
2011, non mostra nessuna emozione e soprattutto non ha nessun timore reverenziale nei confronti della categoria maggiore, che affronterà
per la prima volta e dopo aver corso un solo anno
in Stock 1000.
Alessandro il prossimo anno correrai in Superbike, ma la cosa non sembra preoccuparti.
«La Superbike era il mio obiettivo sin da quando
ho iniziato a correre e prima o poi doveva arrivare. E’ arrivato quest’anno e quindi sono molto
contento di poter correre in una categoria così
prestigiosa, con piloti che sono degli autentici
campioni. Conosco bene il mio team e sono felice di essere rimasto con loro. Un fattore che mi
da molta serenità».
La Kawasaki Evo l’hai già provata a Jerez a fine
2013.
«Sì e mi è piaciuta subito moltissimo. Va più forte rispetto alla Stock e mi ci sono trovato a mio
agio. Forse perché ho corso due anni in Moto2,
vale a dire con una moto che non è di produzione, ma posso affermare di essermi trovato meglio sulla Evo che non sulla Stock 1000. Certo
mi dovrò abituare a correre due gare in un solo
giorno, ma sto facendo uno specifico allenamento sulla resistenza e mi farò trovare pronto sin
dalle prime due gare in Australia. Forse all’inizio
mi sembrerà strano vedere in pista con me Melandri o Sykes, ma una volta abbassata la visiera
tutti gli altri piloti saranno solo avversari con i
quali lottare».
Quali sono i tuoi obiettivi?
«Mi piacerebbe combattere per le posizioni che
contano nella Evo.
All’inizio non starò certo a confrontarmi con le
Superbike, anche se sono curioso di vedere quale sarà il nostro reale gap nei confronti di quelle
moto. Aspettiamo di vedere con quali gomme
correremo e penso che solo dopo le prime due
o tre gare potremo vedere quanto siamo distanti
da loro».
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aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Lorenzo Savadori
Lorenzo per te stessa moto e stesso team, ma
obiettivi più ambiziosi rispetto agli anni precedenti.
«Sì, quest’anno parto per fare meglio degli ultimi due, nei quali ho corso in Stock ed ho ottenuto sempre il quinto posto della classifica finale.
Punto alle prime tre posizioni, che significa stare sempre nelle prime posizioni in gara e lottare sempre per il podio. So che ce la posso fare
e che un grande team ed un’ottima moto me lo
consentiranno».
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Donato Pedercini
Sia Andreozzi che Scassa non rappresentano
delle novità per il patron Donato Pedercini, pronto ad affrontare la nuova esperienza della Evo.
Donato ti piace questa nuova categoria? Potrà
far diminuire la distanza tra i team privati e
quelli ufficiali?
«La Evo mi piace e ritengo dia più possibilità a
noi privati rispetto alle Superbike, che hanno
raggiunto una tecnologia sofisticata ed al di fuori
delle disponibilità economiche dei team privati.
Dovremo vedere però come cambieranno i regolamenti nel 2015, quando anche i team ufficiali
dovranno correre in questa classe.
Penso che il punto critico sarà rappresentato
dall’elettronica, un fattore difficilmente controllabile che potrebbe fare molta differenza. Confido però nella volontà di Dorna di rendere questo
nostro campionato combattuto ed accessibile a
più squadre possibili. Intanto siamo passati da
20 piloti in griglia a 25 o addirittura a 27, se verrà
100
concessa alla Bimota la possibilità di iscriversi al
campionato. Un dato molto positivo per il nostro
campionato».
La tua squadra compie 22 anni, 17 dei quali trascorsi in Superbike. Quando hai iniziato questa bellissima avventura avresti immaginato di
arrivare a questo punto?
«Sinceramente no. Abbiamo creato il team Pedercini per consentire a Lucio di correre nelle migliori condizioni possibili in GP500, ma non pensavo che un giorno saremo stati uno dei team più
longevi della Superbike. Per fortuna nel tempo i
miei due figli Ivan e Lucio mi hanno affiancato e
stanno diventando loro i veri gestori del nostro
team. Grazie a loro la nostra storia spero possa
continuare ancora per molto tempo».
Una bella realtà del nostro motociclismo che
ha sempre puntato sui giovani e che continua a
farlo, specialmente nella Stock 1000, dove negli ultimi due anni il team Pedercini ha raccolto
Superbike
il frutto di tanti anni di lavoro. Bryan Staring nel
2012 e Mercado e Savadori lo scorso anno, hanno regalato grandi soddisfazioni a Donato ed alla
sua squadra, salendo varie volte sul gradino più
alto del podio.
E per continuare ad essere uno dei team di riferimento della Stock 1000 che nel 2014 Pedercini
schiererà una squadra composta da ben quattro
piloti, tutti giovani e promettenti. Tre new entry
ed una conferma. Sono entrati a far parte del
team l’ungherese Balazs Nemeth, proveniente
dal mondiale Superport, il francese Romain Lanusse che ha già corso con la Kawasaki in Stock
lo scorso anno e lo spagnolo Javi Alviz, al debutto in questa categoria dopo che nel 2013 si
è laureato campione di Spagna della Cup Stock
Extreme 1000. Logica conferma quella di Savadori, che nel 2013 ha vinto la gara di Monza ed ha
ottenuto il quinto posto nella classifica del campionato, ma soprattutto ha mostrato spesso di
avere del talento.
L’anno scorso tre podi, ma anche tre cadute
che hanno forse compromesso la tua stagione.
«Quella passata è stata senza dubbio una bella
stagione nella quale ho imparato molto, soprattutto dai miei errori. Penso sia normale per un pilota giovane commetterne alcuni, però ho capito
che devo affrontare le gare con una concentrazione ed una mentalità differenti se voglio lottare
per il titolo. Sono molto felice di essere rimasto
in questa squadra e non vedo l’ora di tornare in
pista a breve a Jerez, per due importanti giornate
di test».
Sì perché ormai è finalmente tempo di tornare
in pista. Il team Pedercini, assieme a tutti i team
Kawasaki Evo e Superbike ed al team Ten Kate
Honda, effettuerà due giorni di prove il 5 e 6 febbraio sulla pista di Jerez in Spagna, dopo di che
chiuderà le moto nelle casse per poterle spedire
in Australia.
Inizia un’annata importante per la squadra italiana, una stagione per affrontare la quale il team
Pedercini si è preparato come non mai, potenziando non solo la sua struttura tecnica, ma anche quella del marketing e della comunicazione.
Un nuovo logo ha fatto la sua comparsa sulle divise e sulle moto ed è stata incrementata la presenza sui social networks.
Siamo certi che anche quest’anno saranno in
tanti a seguire con stima e simpatia Donato e la
sua squadra.
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Motocross
e al terzo posto e che nella prova finale si sono
invertiti i ruoli. Assente Ken De Dycker costretto a fare da spettatore per la recente frattura al
polso che lo costringe a saltare anche i primi due
GP, la 450 ha registrato le buone prestazioni di
David Philippaerts, 4° e 7° con la Yamaha, di Tyla
Rattray in sella alla Husqvarna 350, 5° e 4°, e
Max Nagl, 7° e 5° nonostante abbia preso la gara
con cautela per non ripetere l’infortunio di Mantova all’inizio della scorsa stagione. Costretto al
ritiro nella prima manche da noie all’ammortizzatore della sua TM, in quella di chiusura Davide
Guarneri si è trovato in posizione sfavorevole al
cancello ma dopo essere partito dopo la ventesima posizione ha recuperato sino al 10° posto.
MX2
Internazionali d’Italia
Cairoli, buona la prima!
di Massimo Zanzani | Debutto di stagione vincente per il sette volte
iridato che nella sabbia sarda non trova avversari capaci di reggere
il suo passo; Tonus domina la MX2, Isdraele la 125
C’
è chi ha lottato contro i crampi
alle braccia, chi ha sudato sette
camicie per mantenere il passo
lungo le imprevedibili carreggiste e buche decisamente toste, chi è stato messo in crisi dalla tenuta fisica non ottimale o dai
problemi meccanici.
Molti, ma non Antonio Cairoli che ha aperto
il 2014 alla grande confermando il suo ruolo
di favorito con due vittorie che da fuori sono
sembrate quasi facili per come le ha concretizzate. La MX1 l’ufficiale KTM l’ha vinta
102
senza neanche sudare, nonostante dopo la
partenza in pole abbia rifilato come media da due
a tre secondi al giro al suo più prossimo inseguitore. L’Elite è stata quasi una replica, a parte la
partenza in seconda posizione al quale ha posto
rimedio alla seconda curva, quando si è nuovamente involato verso il traguardo con la massima compostezza e in piena sicurezza. Gli altri
due protagonisti della classe regina sono stati il
russo della Honda Evgeny Bobryshev e il neo acquisto Yamaha Jeremy Van Horebeek, che nella
MX1 si sono piazzati rispettivamente al secondo
Nella MX2 ottima apparizione per Arnaud Tonus,
impostosi alla grande davanti al convincente
Christophe Charlier, che nella finale è stato costretto al ritiro per una botta al ginocchio, e al
sorprendente campione europeo Paul Jonass
quest’anno portacolori del team KTM Marchetti
Racing; lo svizzero ha poi confermato le proprie
credenziali piazzandosi 6° nella Elite dove è risultato 1° delle 250. Gara di alti e bassi per il favorito
della quarto di litro Jordi Tixier, che ha piazzato
la sua KTM al 4° e 3° posto di classe, così come
per Romain Febvre, 2° di classe nella Elite e 6°
nella MX2 dove è stato preceduto dal bravo Ivo
Monticelli in quale ha concluso 5° di classe anche nella manche conclusiva. Giornata da scordare invece per Alex Lupino, caduto alla prima
curva della partenza MX2 a causa della caduta
di Febvre e rimontato sino a 10° nonostante l’indurimento degli avambracci, e 6° di classe nella
Elite dove non trovandosi al 100% ha preferito
non forzare troppo il ritmo.
125
Tommaso Isdraele si è invece imposto in entrambe le manche della 125 davanti al bulgaro
Ivan Petrov; terza piazza per Lorenzo Ravera davanti al laziale Joakin Furbetta.
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Motocross
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bbbbbbbbbbbbbbb
Tony Cairoli
“In questa pista
ero sicurodi vincere”
di Massimo Zanzani | “L’inizio della stagione non poteva partire meglio”
ha dichiarato Cairoli al termine della prima tappa degli Internazionali
d’Italia. Il Campione del mondo è già in forma fisica e con la moto al top
«L’inizio della stagione non poteva partire meglio, su una pista che a me piace tantissimo,
qui in Sardegna. Nelle prossime gare le piste saranno più
semplici ci sarà una bella bagarre per la vittoria».
Ti aspettavi due vittorie così
nette?
«Sì, perché in questa pista,
mancando il mio avversario
principale, che è De Dycker, il
104
mio feeling con questo tipo di
terreno era molto buono, anche
se vincere non è mai facile».
Come tenuta fisica?
«Abbastanza bene, non ho accusato più di tanto la fatica, anche perché il ritmo non è sicuramente quello del mondiale».
Per quanto riguarda la messa
a punto della moto?
«La messa a punto è la stessa
dello scorso anno. Abbiamo
fatto solo delle piccole migliorie, però in linea di massima la
moto è uguale a quella dell’anno scorso».
Degli avversari chi ti ha impressionato di più?
«Van Horebeek sapevo che
poteva fare bene, gli servirà un
po’ di tempo per abituarsi alla
moto, ma farà bene anche il resto delle gare».
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Motocross
Jason Anderson
sorprendente non solo
nel Supercross
di Massimo Zanzani | Il leader della 250 statunitense, che sta
stupendo tifosi e appassionati, si racconta a Moto.it
L
L’anno scorso la vittoria della
prova di Salt Lake City aveva
confermato che dietro a quel
ragazzo dai modi gentili c’era
anche della sostanza, ma nessuno avrebbe pensato ad inizio
di stagione così travolgente.
La sorprendente affermazione
nella prima tappa della 250 poteva anche starci, ma la seconda ha creato un vero e proprio
sconcerto nel versante statunitense che ha puntato i riflettori sul neo acquisto della KTM
Rockstar Energy il quale non ha
fatto altro che ribadire il salto di
qualità fatto durante l’inverno
vincendo anche la quarta prova
di Oakland.
«Sono partito ad inizio stagione molto concentrato – ha
raccontato Jason – e sapevo
che potevo lottare per il primo
posto, ma francamente vincere due gare di fila è stata una
sorpresa anche per me perché
farlo consecutivamente non è
facile».
106
A parte l’essere passato dalla
Suzuki alla KTM, cosa è cambiato rispetto all’anno scorso?
«Con la mia 250 mi trovo molto
bene ed era proprio quello che
volevo guidare, da parte mia
sono migliorato, maturato, e
sto prendendo confidenza con
le gare. Non ho variato niente
nell’allenamento, ho fatto le
stesse cose degli anno scorsi
ma sono cambiato io, ho capito
cosa serve per arrivare al vertice».
Quest’anno però stai lavorando con Jeff Ward.
«Sì, segue il mio programma,
essendoci passato prima di me
lui ha esperienza per cui mi guida e mi consiglia su possibili situazioni che si presenteranno,
soprattutto mi aiuta a imparare a cosa ci si trova di fronte
quando si lotta per il campionato visto che a me non era mai
capitato».
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Come hai raggiunto il livello
dei migliori piloti?
«Grazie a una intensa preparazione: l’allenamento in moto, la
palestra, la bici, le partenze, il
comportamento nelle battaglie
in gara, e anche l’approccio generale alla giornata di gara».
Ma chi è Jason Anderson?
«Vengo dal New Mexico e ho
iniziato a correre quando avevo
circa sei anni. Ho partecipato al
campionato amatoriale Loretta
Lynn, e questo è il mio quarto
anno da professionista i primi
tre passati in sella alla Suzuki.
Amo le moto da fuoristrada,
amo guidarle e sono venuto qui
dal New Mexico per cercare di
vincere un campionato e vivere
il mio sogno».
Come sei arrivato al motocross?
«Avevo uno zio che correva, e
ho sempre pensato che fosse
un bello sport, poi a sei anni
mio nonno mi ha comprato una
minicross e tutto è iniziato da
lì».
I tuoi genitori ti accompagnano alle gare?
«Sì, vengono a vedere la maggior parte delle gare. Lavorano, quindi non possono essere
sempre presenti, ma quest’anno sono venuti alle ultime tre.
Anche i miei nonni ci aiutano,
le gare piacciono a tutti in casa,
e tutta la famiglia si sta impegnando molto, è favoloso averli
vicino a me».
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Quali sono i tuoi punti di forza?
«L’ottima forma fisica che ho
raggiunto per questa stagione,
e il talento di fare certe cose in
pista, imparo velocemente e mi
riescono subito facili, e grazie a
questo sto migliorando anche
le partenze».
Cosa pensi di dover ancora
imparare?
«Sto cercando di rimanere
concentrato per ognuno dei
quindici giri, e lavoro mentalmente per rimanere sempre
concentrato sulla gara e isolarmi da quello che mi succede
intorno».
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Motocross
Imparo
velocemente
e mi riescono
subito facili
La prima volta che ti ho visto
sono rimasto impressionato
dalla tua rapidità in generale,
ma soprattutto dalla velocità
pazzesca che hai all’uscita di
curva che mi ha ricordato un
po’ Ricky Carmichael.
«Effettivamente credo di avere
quello stile di guida, sempre
al limite. Ma forse assomiglio
a Ricky perché anch’io voglio
vincere assolutamente, ci accomuna il grande desiderio di
vincere».
C’è qualche pilota, anche del
passato, che hai come esempio o che ti piace in particolare?
«Mi piacciono i piloti europei,
seguo le gare del Mondiale e
si vedono degli stili veramente unici. Non siamo abituati a
questo stile negli USA, li hanno
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modo diverso per affrontare
le cose, sono tutti molto calmi
mentre qui invece siamo molto
più indisciplinati e tesi. Mi piace
soprattutto Gautier Paulin perché ha un bello stile, e poi Stefan Everts che penso piaccia a
tutti per come sta sulla moto».
Ho fatto molte interviste ai piloti americani, e devo dire che
sei uno dei pochissimi che segue i GP, di solito oltreoceano
non hanno molto interesse
per il Mondiale.
«Invece a me piacerebbe partecipare ai GP. L’anno scorso ho
conosciuto Desalle e Strijbos
che si erano appoggiati al nostro team per fare il National,
e dopo chiesi al mio team manager se potevo correre l’ultimo prova iridata in Olanda ma
purtroppo non siamo riusciti ad
organizzare la trasferta. Credo
però che deve essere bello, si
gira il mondo, si vedono tanti
posti nuovi. Ai piloti europei
piace venire qui, sognano di
venire a gareggiare in America,
io ho lo stesso desiderio a rovescio, è qualcosa di nuovo che
vorrei provare. Cairoli mi sembra un pilota eccezionale che è
sempre in gara e che sa stare
sempre concentrato mentre
Paulin e Desalle hanno avuto
momenti di distrazione. Credo
sia raro vedere piloti come lui o
Villopoto, che sanno dominare
le gare con costanza».
Preferisci il motocross o il supercross?
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«Ho ottenuto dei risultati migliori nel supercross, ma mi
piace molto il motocross perché è come tornare alle mie
origini, lo facevo fin da piccolo.
Mi piace perché i tifosi sono più
veri, appassionati che amano
questo sport, mentre al supercross ci trovi un po’ tutti ed è
più come un qualunque altro
spettacolo».
Cosa ti piace e non ti piace
della tua attuale attività?
«Purtroppo per arrivare ad alti
livelli devi rinunciare a molto,
non c’è tempo per gli amici e
cose del genere, devi essere
presente e concentrato sette
giorni su sette. Specialmente
in America, perché il nostro calendario è molto lungo, corriamo da gennaio a settembre, poi
magari hai una settimana libera
e si ricomincia subito l’allenamento. Non c’è un vero stacco,
e si perdono molti momenti in
famiglia, questa è la parte che
non mi piace. D’altro canto,
corro in moto, che è una cosa
che adoro, guadagno dei soldi
e quindi devo accettare anche
questa parte».
Se continui così mi aspetto
di vederti al Motocross delle
Nazioni.
«Speriamo! Mi piacerebbe
tantissimo, sarebbe bellissimo
venire in Europa per partecipare a questo evento. So che
negli USA lo faranno nel 2016,
allora forse sarò nella 450, e mi
piacerebbe esserci almeno una
volta. Io lavoro con Jeff Ward, e
lui è stato nel team USA al Nazioni per nove anni e ha vinto
nove volte, forse lui è la persona giusta che può insegnarmi
come arrivarci».
nevicava così potevo correre
comunque. Hanno fatto tantissimo per me».
La prossima domanda riguarda il tuo tempo libero.
«Mi piace uscire con degli amici che ho qui in California, mi
piacerebbe anche tornare a
casa per passare del tempo in
famiglia, ma è troppo lontano,
il viaggio è troppo lungo. Qui
andiamo in spiaggia o ci divertiamo guidando macchine telecomandate».
Un tuo obiettivo per il futuro?
«Vincere tutti i campionati».
Motocross
Un tuo obiettivo?
«Vincere il campionato».
Un sogno?
«Il mio sogno sarebbe di vincere un campionato con la 450,
e avere vicino i miei genitori e i
miei nonni per festeggiare».
Ragazze? Una o più?
«Questo è uno dei benefici del
supercross! Ci sono più ragazze rispetto al motocross,
ma anche ai GP sono belle, e
mi piace l’accento che hanno
quando parlano, tipo l’accento inglese. Comunque per ora
niente ragazza per me, credo
di essere un po’ egoista al momento, anche se ce ne sono
tante in giro…».
Cosa mi dici della religione?
«Credo di poter dire di essere
cristiano, ma non sono andato
in chiesa fin da quando ero piccolissimo».
Chi è la persona più importante per la tua carriera?
«Direi i miei nonni, hanno fatto
di tutto per me, mi hanno portato alle gare, mi hanno portato in California quando da noi
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Le foto più
spettacolari
di Oakland
Villopoto si aggiudica la sua seconda gara stagionale davanti a Stewart e Reed. Ecco gli scatti più
belli che raccontano dentro e fuori dalla pista il
fine settimana di Oakland
Foto di Massimo Zanzani
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Motocross
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Motocross
Media
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Motocross
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Supercross, Anaheim III
Di nuovo Reed
di Edoardo Licciardello | Chad Reed replica, vincendo due prove su tre
all’Angel Stadium e si lancia all’inseguimento di Villopoto in classifica
generale. Zampata di Wilson in 250
S
econda vittoria stagionale - ottenuta come la prima all’Angel Stadium
di Anaheim - per Chad Reed, che ha
preso la testa al primo giro e non l’ha
più lasciata. Dopo l’holeshot di Stewart, conquistato di misura sul leader della classifica Ryan
Villopoto, i primi tre hanno dato vita ad un duello
di breve durata. Villopoto ha superato “Bubba”,
tirandosi dietro Reed il quale a metà del primo
giro ha conquistato la prima posizione e ha iniziato una fuga tiratissima durata per tutta la
gara. Roczen si è insediato in terza posizione,
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arrivando a salire in seconda dopo un serrato
pressing su Villopoto; il pilota KTM ha insidiato
Reed per tutta la gara senza però dare mai l’idea
di averne abbastanza per passarlo. Villopoto ha
corso in difesa, conservando il terzo posto quando si è reso conto di non poter infastidire i leader
della classifica. Reed si è difeso da un assalto in
extremis da parte di Roczen, che con l’aiuto di un
doppiato ha tentato il tutto per tutto. Chad conquista così la quarantreesima vittoria, otto delle
quali ottenute proprio qui ad Anaheim. La classifica generale ora vede Villopoto insidiato da Reed
Sport
con soli due punti di vantaggio. «La pista stasera
era davvero difficile» ha commentato Reed. «E’
stato fondamentale fare le scelte giuste e mettersi nella posizione di poter correre con regolarità per tutti e 20 i giri.
Questa vittoria è più significativa della prima di
quest’anno, quando ho fatto una bella rimonta,
perché è ben più difficile partire davanti e guidare il gruppo per 20 giri. Siamo riusciti a mettere a
punto la moto perfettamente, e stasera mi sentivo davvero tutt’uno con lei»
«La pista era davvero iper-impegnativa» ha confermato Villopoto. «Sono partito fortissimo, ma
Chad è stato capace di passarmi subito. Ken girava più o meno sugli stessi tempi ed è riuscito
a passare anche lui, ma alla fin fine quando si
sale sul podio vuol dire che è comunque andata bene» Dungey e Stewart hanno pagato un po’
di sfortuna: Stewart è caduto mentre duellava
appunto con Dungey, che solo un giro dopo ha
perso il controllo della moto sulle whoops ed è
caduto.
Stewart è riuscito a risalire fino alla settima posizione, mentre Dungey non è andato oltre la ventesima posizione. Prossimo appuntamento per il
Supercross al Qualcomm Stadium di San Diego
il prossimo sabato.
250, Wilson di regolarità
E’ stato Cole Seely ad infilarsi per primo alla curva 1 conquistando l’holeshot, con Wilson secondo e Canada terzo. Jason Anderson, che prima
del via godeva di un vantaggio di sei punti in classifica, ha dato vita ad una bella rimonta finendo
però a terra dopo un contatto con Malcolm Stewart e dovendo ripartire ottavo. Anche Seely è
stato vittima di una caduta, al dodicesimo giro,
mentre cercava di liberarsi dei doppiati. La situazione ha dato modo a Wilson di prendere la
testa della gara e mantenerla fino al traguardo,
conquistando la prima vittoria della stagione - la
settima in carriera. Ora Seely comanda la classifica a pari punti con Anderson.
Guarda tutte le classifiche
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Sport
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Responsabile editoriale
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Capo Redattore
Andrea Perfetti
Redazione
Maurizio Gissi
Maurizio Tanca
Cristina Bacchetti
Marco Berti
Francesco Paolillo
Aimone dal Pozzo
Edoardo Licciardello
Grafica
Thomas Bressani
Collaboratori
Nico Cereghini
Massimo Clarke
Giovanni Zamagni
Carlo Baldi
Massimo Zanzani
Lorenzo Boldrini
Enrico De Vita
Ottorino Piccinato
Antonio Privitera
Antonio Gola
Alfonso Rago
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
Capitale Sociale Euro 10.000 i.v.
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