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SEZIONI RIUNITE
INAUGURAZIONE
DELL’ANNO GIUDIZIARIO
2015
Presidente Raffaele Squitieri
ROMA, 10 FEBBRAIO 2015
INDICE
Relazione del presidente della Corte dei conti Raffaele Squitieri
Relazione scritta del presidente della Corte dei conti Raffaele Squitieri
SEZIONI RIUNITE
INAUGURAZIONE
DELL’ANNO GIUDIZIARIO
2015
Presidente Raffaele Squitieri
ROMA, 10 FEBBRAIO 2015
INDICE
CAPITOLO I
L’ATTIVITÀ AUSILIARIA AL PARLAMENTO
Pag.
Premessa
1. Relazione sulle prospettive per la finanza pubblica dopo la legge di stabilità 2014
2. Le audizioni parlamentari
2.1 Audizione su Città metropolitane, Province, unioni e fusioni di Comuni
2.2. Indagine conoscitiva sulla funzionalità del sistema previdenziale
pubblico e privato, alla luce della recente evoluzione normativa e organizzativa,
anche con riferimento alla strutturazione della previdenza complementare
2.3. Audizione su Attuazione e prospettive del federalismo fiscale
2.4. Audizione dell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla semplificazione
normativa e amministrativa
2.5. Audizione sul disegno di legge di conversione del decreto legge n. 16/2014
2.6. Audizione sul Documento di economia e finanza 2014
2.7. Audizione sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni
integrative e correttive del d.lgs. n. 118/2011
2.8. Audizione sul disegno di legge in materia di riorganizzazione
delle amministrazioni pubbliche
2.9. Audizione sulla Nota di aggiornamento del DEF 2014
2.10. Audizione sul disegno di legge di stabilità per il 2015
2.11 Audizione sul disegno di legge recante “delega al governo per la
riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina
del servizio civile universale”
2.12. Audizione sull’andamento dell’armonizzazione
dei bilanci degli enti territoriali
2.13 Audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla “Attuazione
ed efficacia delle politiche della UE in Italia” (14 gennaio 2015), su
deliberazione approvata nell’adunanza del 15-16 dicembre 2014
3. La Relazione sul rendiconto generale dello Stato
4. Il Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
5. Esame dei contratti collettivi 2014
6. Le Relazioni quadrimestrali sulla legislazione di spesa
6.1 L’evoluzione del contesto ordinamentale
6.2 Le Relazioni quadrimestrali nel 2014
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PAG. I
CAPITOLO II
IL RUOLO DELLA CORTE DEI CONTI NEL
CONTESTO INTERNAZIONALE
1.L’attività della Corte dei conti in ambito internazionale
2. I rapporti finanziari con l’Unione europea
2.1. Fonti di finanziamento del bilancio
2.2. La politica di coesione socio-economica
2.3. Prospettive per il 2015
2.4. La politica agricola comune
2.5. Frodi ed irregolarità
3. Relazioni speciali
4. L’attività di external auditor presso organismi internazionali
e la cooperazione tra le Istituzioni Superiori di controllo.
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5. Il m104onitoraggio delle attività di controllo
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CAPITOLO III
L’ATTIVITÀ DI CONTROLLO PREVENTIVO
DI LEGITTIMITÀ SUGLI ATTI DEL
GOVERNO E DELLE AMMINISTRAZIONI DELLO STATO
Quadro di sintesi
1. L’attività di controllo preventivo
2. Le delibere della Sezione di controllo
3. Prospettive
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CAPITOLO IV
L’ATTIVITÀ DI CONTROLLO SULLA GESTIONE
DELLE AMMINISTRAZIONI DELLO STATO
1. Considerazioni generali
2. Indagini approvate nel corso del 2014
3. Il follow up del controllo eseguito
4. Ulteriori attività svolte dalla Sezione
5. Prospettive per il 2015
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CAPITOLO V
L’ATTIVITÀ DI CONTROLLO SUGLI ENTI CUI
LO STATO CONTRIBUISCE IN VIA ORDINARIA
1. Il contesto normativo
2. Profili funzionali
3. Principali determinazioni di controllo
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PAG. II
CAPITOLO VI
L’ATTIVITÀ DELLA CORTE DEI CONTI E
IL SISTEMA DELLE AUTONOMIE
Premessa
1. Il controllo sugli equilibri finanziari delle Autonomie territoriali
2. Le attività di referto della Sezione delle autonomie nell’anno 2014
2.1. Il referto sugli organismi partecipati dagli enti territoriali
2.2 Il referto sul Patto di stabilità interno degli enti territoriali
per l’esercizio 2013
2.3. Il referto sugli andamenti della finanza territoriale attraverso
l’analisi dei flussi di cassa negli anni 2011-2013
2.4. Il referto sulla gestione finanziaria degli enti territoriali
nell’esercizio 2013
3. L’attività di indirizzo e di coordinamento dei controlli delle Sezioni regionali
3.1. Le Linee guida
3.2. Pronunce di indirizzo e di orientamento
3.3. Pronunce di orientamento su questioni di massima
3.4. Potenziamento dei sistemi informativi
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CAPITOLO VII
L’ATTIVITÀ DELLE SEZIONI REGIONALI DI CONTROLLO
1. Profili generali
2. Controlli sulle Regioni
2.1. La parificazione dei rendiconti regionali
2.2 Le altre tipologie di controllo sulle Regioni
3. Controlli sui Servizi sanitari regionali
4. Controlli sugli Enti locali
5. Controllo successivo sulla gestione
6. Controllo preventivo di legittimità su atti e successivo
7. Attività consultiva
8. Altre tipologie di controllo
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CAPITOLO VIII
L’ATTIVITÀ GIURISDIZIONALE
1. Ambiti della giurisdizione contabile
2. Giudizi innanzi le Sezioni riunite
3. I giudizi di responsabilità
3.1 Profili processuali
3.2 Tipologie di danno.
3.3 Rito alternativo per definizione abbreviata del giudizio di appello.
4. Giudizi di conto
4.1 Profili generali
4.2 Pareri delle Sezioni riunite
4.3 Le pronunce di maggiore rilevanza
5. I giudizi pensionistici
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PAG. III
CAPITOLO VIII
L’ORGANIZZAZIONE DELLA CORTE DEI CONTI
1. La Policy
2 Il Personale
3. Le politiche di spending review
4.La gestione amministrativa
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INDICE DELLE TABELLE
Quadro sinottico delle delibere delle sezioni riunite e delle sezioni centrali di controllo 243
Sezioni riunite in sede di controllo
245
Sezione delle autonomie
247
Sezione centrale di controllo per gli affari comunitari e internazionali
251
Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello stato
253
Sezione centrale di controllo di legittimità sugli atti del governo e delle amministrazioni
dello Stato
255
Sezione di controllo sugli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria
265
Sezioni regionali di controllo
273
Sezioni riunite in sede giurisdizionale
275
Sezioni riunite in sede deliberante e consultiva
277
Sezioni centrali d’appello e sezione d’appello per la Regione Siciliana
279
Sezioni giurisdizionali regionali
281
Personale di magistratura
283
Personale amministrativo
284
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PAG. IV
CAPITOLO I
L’ATTIVITÀ AUSILIARIA AL PARLAMENTO
Premessa
L’attività della Corte nel 2014 è stata volta, come nel passato, a corrispondere
alle esigenze di analisi connesse alle numerose linee di riforma all’esame del
Parlamento e alle criticità nella gestione della finanza pubblica legate al ritardo con
cui si sta concretizzando l’atteso ritorno alla crescita del Paese.
L’esercizio appena concluso è stato caratterizzato dal riavvio del processo di
revisione degli assetti organizzativi e di ridefinizione delle competenze tra livelli di
governo e dall’esame da parte del Parlamento di importanti riforme in materia di
organizzazione della Pubblica Amministrazione, di semplificazione di competenze e
procedure; riforme da cui è atteso un impulso per accrescere la “produttività”
complessiva dei fattori, fondamentale per ritornare a crescere.
Tali riforme hanno continuato a muovere all’interno di un quadro finanziario
severo, in cui il rispetto degli obiettivi di bilancio e dei vincoli programmatici trova il
suo bilanciamento in consistenti tagli di spesa e in un graduale ma netto passaggio a
condizioni di maggior rigore finanziario e contabile con l’avvio del processo di
armonizzazione e del pareggio di bilancio.
Sui temi di riforma e sulle principali criticità sono stati incentrati l’attività di
referto, i rapporti e le audizioni rese al Parlamento dalla Corte.
Un arco di questioni particolarmente ampio, che ha mantenuto sempre forte la
pressione sulla Corte per l’adeguamento e la specializzazione delle strutture interne
dell’Istituto e ha spinto a sviluppare rapporti convenzionali con l’Istat e con i
principali istituti di ricerca economica indipendenti.
Ciò, nella convinzione che la tradizionale programmazione di relazioni e referti
debba essere accompagnata da modalità di lavoro tali da accentuare la continuità
delle analisi della Corte in parallelo all’esame e all’attuazione delle scelte assunte dal
Parlamento.
1.
Relazione sulle prospettive per la finanza pubblica dopo la legge di stabilità
2014
Ad inizio del 2014 la Corte ha inviato al Parlamento, in concomitanza con la
Relazione quadrimestrale sulle leggi di spesa dell’ultimo trimestre dell’anno, una
relazione dedicata alle prospettive della finanza pubblica in esito alla legge di
stabilità.
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Con tale Relazione, di iniziativa della Corte, si è inteso, per la prima volta,
mettere a disposizione delle assemblee legislative le valutazioni della Corte sul
quadro finanziario da cui prende avvio la attuazione concreta della programmazione
economica del Paese. La novità consiste nel sottoporre a verifica, aggiornandole e
ampliandole – e alla luce delle legge approvata – le valutazioni avanzate dalla Corte
in sede di audizione sul disegno di legge di stabilità.
Alla legge di stabilità per il 2014 sono stati attribuiti sia obiettivi di
consolidamento del risanamento fiscale che di sostegno alla crescita, attraverso un
primo taglio del cuneo fiscale e interventi volti a favorire l'accesso al credito e la
ripresa degli investimenti pubblici. Una strategia di intervento che, con il piano
‘Destinazione Italia’, si completava prevedendo una semplificazione delle procedure
amministrative tale da promuovere e attrarre gli investimenti esteri. Tutte riforme
senza impatti finanziari significativi sui saldi pubblici e alle quali venivano attribuiti
forti effetti sulla crescita. La manovra approvata prevedeva, per il 2014, interventi
espansivi dell’ordine di 2,5 miliardi, che elevavano il valore del disavanzo
programmatico al 2,5 per cento del Pil. Per il successivo biennio, le misure
assumevano, invece, un carattere restrittivo misurabile in poco meno di 11 miliardi,
così da ricondurre l’indebitamento netto, nelle previsioni del Governo, all’1,6 per
cento nel 2015 e allo 0,8 per cento nel 2016. Nonostante l’incremento disposto con la
legge di stabilità, nel 2014 l’indebitamento netto nominale avrebbe dovuto migliorare
di circa 0,5 punti percentuali rispetto al 2013.
Il quadro di finanza pubblica delineato dal Governo era strettamente connesso
alla previsione di crescita dell’economia. Nel presentare nel settembre 2013 la Nota
di aggiornamento del DEF, il Governo aveva rivisto il quadro macroeconomico
sotteso alle previsioni tendenziali di finanza pubblica. La revisione aveva preso atto,
per il breve termine, di un eccesso di ottimismo manifestato in fase di redazione del
DEF dell’aprile precedente, mentre per il medio termine innalzava le stime di
crescita, sulla base degli effetti espansivi attribuiti al decreto di sblocco dei
pagamenti della PA e ad altre riforme di carattere strutturale.
Nella Relazione la Corte, anche sulla base di più aggiornate previsioni
economiche, ha osservato che gli indicatori congiunturali, pur offrendo conferme del
rafforzamento del ciclo economico, segnalavano la presenza di alcune criticità: si
erano ridotte le stime di crescita del commercio internazionale, portandole per il
2014 dal 4,9 al 4,4 per cento e per il 2015 dal 5,8 al 5,2 per cento, valori inferiori a
quelli assunti nella Nota di aggiornamento. L’effetto combinato di una minore
espansione degli scambi mondiali e di un cambio più forte indeboliva le prospettive
delle esportazioni italiane e metteva in luce possibili fattori di fragilità dello scenario
di previsione.
Anche gli indicatori congiunturali interni, pur confermando il rafforzamento del
ciclo in Italia, non fornivano una prospettiva rassicurante della ripresa della
domanda. Secondo gli Istituti indipendenti, nella media del periodo considerato
l’incremento dei consumi si sarebbe fermato allo 0,7 per cento, quello degli
investimenti al 2 per cento; il Governo indicava invece aumenti, rispettivamente,
dell’1 e del 3,1 per cento.
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Tra le maggiori incognite si segnalava la mancata trasmissione al settore reale
delle condizioni di abbondante liquidità che si riscontravano sul mercato finanziario.
Gli impieghi bancari continuavano infatti a diminuire e ciò imbrigliava la forza della
ripresa, che anche per questa ragione rimaneva assai meno pronunciata che negli altri
Paesi.
Sul fronte della finanza pubblica, nella valutazione della Corte si prospettava
una riduzione più lenta del disavanzo, il cui valore sarebbe rimasto ancora vicino al
massimo consentito dalle regole europee nel 2014 e non sarebbe sceso, nel periodo di
previsione, al di sotto del 2 per cento.
Il varo della legge di stabilità non aveva diffuso aspettative di un maggior
controllo sui saldi di finanza pubblica: l’inversione di tendenza nella dinamica della
spesa, già evidente nelle proiezioni a legislazione vigente per il 2014-2016, non
aveva trovato correzioni nell’impostazione della legge di stabilità che anzi, almeno
con riguardo al 2014, accentuava l’allentamento del rigore, a conferma della scelta
governativa di adozione di una linea di “tregua fiscale”. Una impostazione – ben
presente nel testo iniziale del disegno di legge e valutata non positivamente dalla
Corte già in occasione della sua presentazione – che aveva trovato ulteriore
accentuazione nel percorso parlamentare.
La direzione di movimento era, quindi, opposta a quella richiesta dall’obiettivo
di ridimensionamento dell’intermediazione del bilancio pubblico, assunto
nell’impostazione originaria della manovra.
Dal 2015 si confermava la volontà di spostare la correzione sul lato della spesa:
la riduzione dell’indebitamento programmata era infatti attribuibile in massima parte
al contenimento delle spese.
L’iter parlamentare aveva poi accentuato anche il carattere di frammentarietà
dell’intervento. I soli interventi di incremento della spesa erano oltre 130 per quanto
riguarda la spesa corrente, con un impatto medio poco superiore a 30 milioni di euro,
e circa 50 per quanto riguarda la spesa in conto capitale, con un importo medio
inferiore ai 70 milioni di euro. Dal lato delle entrate, il provvedimento era
caratterizzato dal ricorso a misure che, a fronte di un maggior incasso nel periodo
2014-2016, comportavano una perdita di gettito per gli anni successivi.
Nel Relazione si sottolineava, quindi, come la legge di stabilità uscita dall’esame
parlamentare mantenesse, almeno in parte, i limiti iniziali. Ad essi se ne
aggiungevano di nuovi: si confermava, anche nella versione definitiva, il limitato
rilievo quantitativo delle misure di stimolo dell’economia, mentre crescevano in
misura significativa interventi di limitata dimensione unitaria, ma tali da riportare la
spesa corrente su un percorso di crescita.
Il sistema sembrava, quindi, sottoposto ad impulsi contraddittori: si
prefiguravano consistenti tagli della spesa, crescenti nel biennio 2015 e 2016, mentre
si incrementava la spesa nel 2014; si preannunciava la destinazione prevalente dei
proventi della “revisione della spesa” a riduzioni fiscali, senza evidenziare che buona
parte dei risultati attesi erano già ipotecati per evitare un incremento del prelievo.
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L’abbandono di un sentiero di rigore fiscale, che si era rivelato
macroeconomicamente insostenibile, non consentiva, tuttavia, di allentare, se non
entro limiti molto stretti, il percorso di riequilibrio dei conti pubblici. Il crescente
ricorso a misure di spesa, con copertura affidata ad anticipazione di entrate future
comportava, invece, consistenti rischi di trasferire gli squilibri sugli esercizi a venire
senza riuscire a coglierne nell’immediato gli effetti positivi. Si faceva concreta, ad
avviso della Corte, l’eventualità di mancare entrambi gli obiettivi: le prospettive di
crescita dell’economia rimanevano ancora troppo basse e l’equilibrio dei bilanci
restava troppo precario.
I limitati spazi finanziari non si si prestavano a sostenere politiche di spesa non
improntate ad una stretta selezione. Il contributo all’economia derivante dalla
intermediazione pubblica avrebbe, dunque, dovuto comportare, secondo la Corte, il
recupero di una attenta destinazione dei flussi attivabili da rivolgere, anche
nell’ambito della spesa corrente, a misure in grado di incidere sulle potenzialità del
sistema (formazione, scuola, ecc).
Infatti, il ruolo centrale che, secondo le nuove regole europee, assumeva il valore
strutturale dell’indebitamento poneva in evidenza l’urgenza di orientare la gestione
di politica economica verso un significativo miglioramento del prodotto potenziale,
ossia a quella componente della crescita che non dipende dal ciclo economico. Solo
così si poteva rendere compatibile il miglioramento dei saldi nominali e la ripresa
economica con il rispetto dell’obiettivo posto, sia a livello europeo che a livello
nazionale (con il vincolo costituzionale), di annullamento graduale del disavanzo
strutturale. Anche sotto questo profilo, andavano accelerate le scelte di riforma
avviate dal Governo, gli interventi di contesto anche privi di oneri e il riorientamento
auspicabile della stessa spesa corrente.
Inoltre, pur sussistendo certamente ancora spazi per una razionalizzazione della
spesa e per il riassorbimento di inefficienze e distorsioni gestionali, nel breve termine
i limitati margini di manovra utilizzabili, rendevano necessario, ad avviso della
Corte, procedere a una revisione più radicale dei confini entro cui opera il sistema di
intervento pubblico, che rischia di tradire le attese dei cittadini per l’incapacità di
definire un assetto più efficiente e sostenibile. Il rafforzamento degli interventi di
razionalizzazione della spesa pubblica e dell’azione di efficientamento delle strutture
amministrative andava pertanto inteso anche nel significato, più impegnativo e
complesso, di ripensamento delle modalità di prestazione dei servizi pubblici e delle
modalità di accesso, in un contesto sociale e demografico profondamente mutato.
Nella Relazione, infine, si sottolineava come tale percorso non appariva,
tuttavia, sostenibile se non accompagnato da una riflessione critica, in sede europea,
sui grandi orientamenti in materia di politica economica.
La criticità in numerosi Paesi europei della situazione sul fronte
dell’occupazione e della stessa tenuta del disegno istituzionale richiedevano, infatti,
un impegno straordinario, per dare maggior concretezza ad un intervento in grado di
incidere sulla produttività dei fattori (e per questa via sul prodotto potenziale) e di
accelerare l’uscita dalla stagnazione, riducendo nell’immediato i costi sociali
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dell’aggiustamento, senza tuttavia pregiudicare il percorso di risanamento delle
finanze pubbliche.
Nel giudizio della Corte, per quanto riguarda l’Italia, si rivelava, pertanto
necessario, più che il recupero di margini di flessibilità indistinti negli obiettivi di
bilancio o nelle riforme strutturali programmate, la ricerca di un’azione comune, di
interventi mirati, di spazi necessari a sostenere adeguatamente la crescita,
intervenendo non solo sulla dimensione dello sforzo finanziario, ma anche sulla
tempestività degli interventi, spesso rallentati da difficoltà di gestione nazionali.
In questo ambito si collocavano sia il potenziamento dell’intervento della Banca
europea per gli investimenti che una definizione accelerata dei cosiddetti “accordi
contrattuali”, strumenti per incoraggiare gli Stati membri che si impegnavano ad
attuare interventi di carattere strutturale. Meccanismi attraverso i quali gli Stati
assumevano l’impegno con l’Unione europea ad attuare interventi specifici in tempi
e modalità certe: un’occasione per realizzare interventi in particolari aree, cruciali
per la loro incidenza sulla produttività di sistema e nelle quali più forte è sempre
stato il ritardo rispetto agli standard degli altri Paesi della Unione europea. La
necessità di abbattere i costi economici e sociali legati a tali ritardi avrebbe reso
coerente, secondo la Corte, la richiesta di operare con finanziamenti nazionali in
deroga, e più facile misurare l’efficacia dell’intervento. Non, dunque, una deroga
generica agli obiettivi, ma azioni mirate e concentrate di “livello europeo”.
2.
Le audizioni parlamentari
In linea con le caratteristiche dello scenario ricordato in premessa, gli interventi
della Corte in sede di audizioni parlamentari hanno riguardato, nel corso del 2014,
sia i temi oggetto delle riforme sia quelli propri della programmazione finanziaria.
Nell’anno la Corte è stata chiamata a esprimere le proprie valutazioni presso le
Commissioni di Camera e Senato in diverse occasioni: audizione su Città
metropolitane, Province, unioni e fusioni di Comuni (16 gennaio); indagine
conoscitiva sulla funzionalità del sistema previdenziale pubblico e privato, alla luce
della recente evoluzione normativa e organizzativa, anche con riferimento alla
strutturazione della previdenza complementare (27 febbraio e proseguita il
successivo 20 marzo); l’esame dello stato di attuazione e prospettive del federalismo
fiscale (6 marzo); l’indagine conoscitiva sulla semplificazione normativa e
amministrativa (12 marzo); il disegno di legge di conversione del decreto legge n.
16/2014 (contenente le disposizioni note come “Decreto Salva Roma”) (21 marzo);
la presentazione del Documento di economia e finanza (15 aprile); audizione sullo
schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del d.lgs. n.
118/2011, in materia di armonizzazione dei sistemi contabili delle Regioni, degli Enti
locali e dei loro organismi, (29 maggio); l’indagine conoscitiva sul disegno di legge
in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (9 ottobre); la
presentazione della Nota di aggiornamento del DEF (13 ottobre) e del disegno di
legge di stabilità per il 2014 (3 novembre); audizione sul disegno di legge recante
“delega al governo per la riforma del terzo settore, dell’impresa sociale e per la
disciplina del servizio civile universale” (21 novembre); andamento
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dell’armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali (27 novembre). Si richiama,
infine, l’audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla “Attuazione ed
efficacia delle politiche della UE in Italia” (14 gennaio 2015), su deliberazione
approvata nell’adunanza del 15-16 dicembre 2014).
2.1 Audizione su Città metropolitane, Province, unioni e fusioni di Comuni
In data 16 gennaio 2014, si è tenuta l’audizione presso la Commissione Affari
Costituzionali Senato della Repubblica, nell’ambito dell’esame del disegno di legge
recante disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di
Comuni - A.S. 1212.
Sul tema la Corte aveva espresso le proprie osservazioni il 6 novembre 2013,
nell’audizione sul disegno di legge A.C. 1542, davanti alla Commissione Affari
Costituzionali Camera Dei Deputati. In quella sede era stato esaminato, nella sua
formulazione originaria, il provvedimento, che è diventato legge n. 56 del 7 aprile
2014.
I contenuti del provvedimento si sostanziavano: nell’attuazione delle Città
metropolitane; nel contestuale assorbimento, a regime, delle Province ricadenti nelle
aree in cui è prevista l’istituzione del nuovo ente di governo di area vasta; nella
definizione di una nuova disciplina dell’organizzazione delle Province operanti sino
alla soppressione prevista dal disegno di legge costituzionale (A.C. 1543 – alla
discussione in Assemblea dal 16 dicembre 2014); nell’incentivare le forme di
aggregazione delle realtà comunali e lo svolgimento coordinato e più economico di
servizi affidati a livello locale, attraverso la raccolta in un unico contesto della
disciplina sulle Unioni di Comuni, nonché la revisione di alcuni aspetti derivanti
dalla fusione di uno o più Comuni.
La Sezione aveva osservato che l’articolato non sembrava centrare l’obiettivo,
perseguito, del riordino dell’intervento pubblico sul territorio e della semplificazione
dell’intermediazione pubblica in applicazione dei principi di sussidiarietà, efficacia
ed efficienza.
Restava impregiudicata la necessità di un ridisegno delle competenze e delle
strutture di governo del territorio nel segno della razionalizzazione con effetti di
riduzione della spesa complessiva, che non poteva prescindere dal rivedere la
dimensione dell’intervento pubblico, spostando il confine tra pubblico e privato nei
settori di competenza delle amministrazioni locali, con lo scopo di ridurre
selettivamente l’abnorme livello di intermediazione del bilancio pubblico.
La rimodulazione, organizzativa e funzionale, del sistema avrebbe dovuto, a
parere della Corte, estendersi in maniera radicale anche all’attività degli organismi
partecipati ai quali sovente è affidata la gestione dei servizi pubblici e delle funzioni
strumentali.
Alla luce del fatto che l’attuazione del provvedimento presuppone una sequenza
di interventi normativi successivi (decreti di attuazione) e una prospettiva di stabilità
degli assetti politici, erano emerse perplessità in merito all’attuabilità, in tempi brevi,
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della contemporanea soppressione delle Province, da un lato, e l’istituzione delle
Città metropolitane, dall’altro. Sulla scorta di tali considerazioni dubbi erano stati
espressi, anche, a proposito della presupposta invarianza degli oneri per il
trasferimento delle risorse e funzioni dalla Provincia ad agli altri enti territoriali.
Non risultarono convincenti neanche le annotazioni relative ai risparmi di scala
conseguenti a tali processi di unificazione, essendo la struttura delle spese fortemente
squilibrata sulla componente relativa agli oneri inderogabili.
Nella audizione del 16 gennaio 2014, la Corte, pur riconoscendo una migliore
organicità del testo, ha ribadito alcune osservazioni critiche, in relazione alle
modalità operative di attuazione della riforma e ai conseguenti risparmi attesi.
Innanzitutto a fronte della prospettata possibile istituzione di nuove città
metropolitane si è osservato che la compresenza di più città metropolitane, in un’area
non idonea ad assorbire più azioni strategiche, potrebbe determinare una “ipertrofia”
organizzativa, non produttiva dei vantaggi sperati dalla riorganizzazione dei livelli di
governo locale.
Con riguardo alla fusione di due province per la creazione di una nuova città
metropolitana è stata auspicata una disciplina di maggior dettaglio per la regolazione
dei conseguenti assetti amministrativi e contabili.
Per quanto concerne l’istituzione “di zone omogenee, per specifiche funzioni e
tenendo conto delle specificità territoriali, con organismi di coordinamento collegati
agli organi della città metropolitana” è stato suggerito l’utilizzo degli strumenti tipici
della convenzione o della delega, evitando ulteriori articolazioni organico-strutturali.
La disciplina dei compiti e delle funzioni del comitato istitutivo della città
metropolitana, a parere della Corte, dovrebbe contemplare adeguate soluzioni per i
casi in cui si verifichi il commissariamento del comune capoluogo, al fine di evitare
l’interruzione dei procedimenti attuativi e il trascinamento di situazioni provvisorie.
Dal punto di vista delle tematiche più strettamente legate alla programmazione
finanziaria, si è evidenziata l’esigenza, conseguente alla trasformazione delle
province in città metropolitane, di un’operazione di ricalibratura degli obiettivi del
patto di stabilità interno.
Nel caso di non coincidenza del territorio della provincia con quello della città
metropolitana, non è sembrato che fossero apprestati idonei meccanismi per garantire
il raggiungimento degli specifici obiettivi di finanza pubblica.
Pur riconoscendo che il testo novellato, dopo l’audizione del novembre 2013, ha
fatto proprie alcune valutazioni della Corte, in termini di ambito territoriale e servizi
pubblici locali, valorizzando il territorio della provincia come dimensione ottimale
degli affidamenti, è stato osservato come l’introduzione di una moratoria triennale
“dall’istituzione del nuovo comune per adeguarsi alla normativa vigente che prevede
l’omogeneizzazione degli ambiti territoriali ottimali di gestione e la
razionalizzazione della partecipazione a consorzi, aziende e società pubbliche di
gestione, salve diverse disposizioni specifiche di maggior favore”- sembri dilatare
eccessivamente i tempi per l’auspicata razionalizzazione degli organismi partecipati.
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Per quanto riguarda i risparmi attesi, sono state ribadite le valutazioni già
manifestate in sede di audizione davanti alla Commissione affari costituzionali della
Camera, secondo le quali, nell’immediato, i risparmi effettivamente quantificabili
sono di entità contenuta, mentre è difficile ritenere che una riorganizzazione di così
complessa portata sia improduttiva di costi. Appare pertanto decisiva la costante
verifica dell’andamento dell’attuazione della riforma e dei risultati sotto il profilo del
governo delle risorse impiegate e del rispetto del divieto di nuovi o maggiori oneri
per la finanza pubblica.
Resta complesso, a parere della Sezione, il tema delle funzioni delegate,
relativamente al riordino delle stesse e al loro trasferimento.
Delicate questioni riguarderanno la quantificazione delle risorse destinate alle
funzioni delegate e la individuazione del contingente di personale oggetto di
trasferimento.
In tale contesto è stata evidenziata la necessità di attuare un processo di riordino
dell’articolazione periferica dello Stato, soprattutto degli Uffici territoriali di
Governo, alla luce, anche, della previsione secondo la quale il livello provinciale e
delle città metropolitane non costituisce ambito territoriale obbligatorio o di
necessaria corrispondenza per l’organizzazione periferica delle pubbliche
amministrazioni.
2.2. Indagine conoscitiva sulla funzionalità del sistema previdenziale pubblico e
privato, alla luce della recente evoluzione normativa e organizzativa, anche con
riferimento alla strutturazione della previdenza complementare
Si segnala l’audizione tenutasi il 27 febbraio 2014 e proseguita il successivo 20
marzo, dinanzi alla Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti
gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, la quale ha condotto
un’indagine conoscitiva sulla funzionalità del sistema previdenziale pubblico e
privato, alla luce della recente evoluzione normativa ed organizzativa, anche in
riferimento alla strutturazione della previdenza complementare.
In tale contesto si è rilevato come il sistema del comparto previdenziale e
assistenziale pubblico e delle casse previdenziali degli ordini professionali abbia
assunto un assetto stabile e consolidato, che appare sostanzialmente rispondente alle
esigenze di tutela delle categorie interessate.
Nell’ambito degli enti pubblici e per il polo unico dell’INPS, la sostenibilità
finanziaria – in vista della integrale entrata a regime del metodo di calcolo
contributivo – rimane assicurata dalla adeguatezza degli apporti statali; nell’ambito
dell’INAIL emerge un quadro di solidità, comprovato da positivi indici di bilancio e
da favorevoli proiezioni attuariali.
Nel settore delle casse professionali le autonome iniziative di progressiva
estensione del metodo contributivo e quelle legislative sulle proiezioni attuariali sino
a 50 anni costituiscono valide misure per una tenuta complessiva anche nel lungo
periodo della sostenibilità del sistema previdenziale delineato dai decreti legislativi n.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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509 del 1994 e 103 del 1996. In questo senso è importante considerare come l’art.
24, comma 24, del decreto legge n. 201 del 2011 abbia inteso, del tutto
ragionevolmente, ancorare in modo stretto l’equilibrio del sistema al rapporto tra
entrate per contributi e spesa per prestazioni che, nel settore della previdenza
privatizzata come in quello pubblico, rappresenta lo snodo di ogni sostenibilità e
costituisce il profilo di maggiore delicatezza perché direttamente collegato, per
quanto attiene al gettito contributivo, all’andamento dei vari settori produttivi,
nonché alle proiezioni demografiche. In questo senso, un tassello importante è
costituito dallo sforzo compiuto da tutte le casse professionali – anche da quelle che
conservano sistemi di pagamento delle pensioni diversi dalla “contribuzione definita”
(sistema conosciuto nell’ambito internazionale con l’acronimo NDC) –
nell’assumere modifiche regolamentari quali l’aumento della misura dei contributi
soggettivi e integrativi, l’aumento progressivo dell’età pensionabile. In tal guisa dette
casse potrebbero presentarsi con “i conti a posto”, sia pure in un orizzonte temporale
così lungo quale è quello indicato del legislatore. Questi risultati che, naturalmente,
scontano l’esattezza delle basi attuariali prese in considerazione e, tra queste, quella
rappresentata dall’andamento degli iscritti alle casse professionali, trovano riscontro
nei dati e negli indicatori esposti in specifiche tabelle allegate a questa relazione. Di
tutta evidenza, per restare al rapporto tra iscritti e pensionati, sono le differenze tra le
casse privatizzate nel 1994 (già esistenti nei sistemi pensionistici nella forma
giuridica dell’ente pubblico) e le nuove casse professionali istituite nel 1996 a favore
di categorie che ne erano fino ad allora prive e, quindi, con un ancor ridotto numero
di pensioni da pagare.
Avuto sempre riguardo a questo settore strategico nel “sistema pensionistico
Italia”, è da considerare come ben felice sia stata la scelta del legislatore di
conservare il controllo della Corte dei conti su tutti gli enti (fondazioni o
associazioni) cui, ferma restando la funzione pubblica di erogare le pensioni
attraverso il prelievo contributivo, venivano attribuiti ampi margini di autonomia
regolamentare e organizzativa. Autonomia, va detto per inciso, di cui le recenti
disposizioni di revisione della spesa pubblica non pare abbiano scosso le
fondamenta.
Il controllo della Corte dei conti che è lo stesso legislatore delegato a definire
“generale sulla gestione delle assicurazioni obbligatorie, per assicurare la legalità ed
efficacia” – e che la Corte per assicurare la maggiore incisività del suo operato, ha
conservato attraverso la predisposizione di relazioni ente per ente – chiude, con il
riferire al Parlamento, il circuito dei controlli cui partecipano i Ministeri vigilanti
(Ministero dell’economia e delle finanze e Ministero del lavoro e delle politiche
sociali) e, più di recente, la Covip con specifico riguardo al controllo degli
investimenti finanziari.
A conclusione del percorso di razionalizzazione che ha condotto ai poli unici del
welfare e a quello assicurativo, da una sintetica valutazione della situazione
gestionale e organizzativa – pur nella problematicità irrisolta della governance e
nonostante i ritardi nella definizione dei decreti di trasferimento delle risorse –
risultano tangibili, per l’INPS, i primi segni di integrazione degli enti incorporati, che
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oltre ad assicurare la continuità delle prestazioni, hanno visto la provvisoria
unificazione della dirigenza apicale nelle more del riordino finale, sia nella direzione
generale che nelle sedi territoriali, eliminando le residue ridondanze di strutture
duplicate.
Con riguardo alle casse professionali, i possibili interventi di razionalizzazione
degli enti preposti alla tutela di ciascuna categoria, volti a conseguire economie di
scala nelle spese di funzionamento e nella gestione del patrimonio, vanno
attentamente calibrati avuto riferimento agli ambiti di autonomia di ciascuna cassa,
ove questi (come è del tutto ovvio) il legislatore voglia salvaguardare. In tal senso
vanno, comunque, guardate con favore quelle disposizioni normative che richiamano
le convenzioni Consip, ovvero le centrali di committenza generale per l’acquisto di
beni e servizi, soprattutto per determinate categorie merceologiche di più
significativo impatto finanziario. Sia pur sotto un diverso profilo, ancora con
riguardo alle casse professionali, un cenno è da fare al decreto legislativo n. 91 del
2011 in materia di armonizzazione dei sistemi contabili delle amministrazioni
pubbliche alle cui disposizioni – intese ad assicurare il coordinamento della finanza
pubblica attraverso una disciplina omogenea dei procedimenti di programmazione,
gestione, rendicontazione e controllo - gli enti in parola sono tenuti a dare attuazione.
In tema di monitoraggio generale sulla attività istituzionale per ciascuno dei
comparti e di coerenza con le politiche generali e quelle di settore andrebbe
rafforzato il raccordo tra l’azione di vigilanza ministeriale, quella della COVIP e
della Commissione bicamerale per consentire una complessiva valutazione –
rientrante nelle innovate attribuzioni della Commissione stessa – sulla coerenza del
sistema previdenziale allargato.
Un significativo contributo al finanziamento delle imprese può essere assolto
dalle casse privatizzate e dalla previdenza complementare, nella peculiare funzione
di intermediazione del risparmio previdenziale di lungo periodo.
Tanto maggiore sarà l’apporto, quanto migliore risulterà la capacità di gestire le
risorse accumulate con “sguardo lungo” e quanto minori saranno i rischi di
deresponsabilizzazione e di non adeguata selettività degli interventi.
Nel corso delle sedute della suddetta audizione è stata consegnata alla
Commissione una corposa ed esaustiva relazione sugli argomenti oggetto
dell’indagine.
2.3. Audizione su Attuazione e prospettive del federalismo fiscale
Nel marzo scorso, la Corte è stata chiamata dalla Commissione parlamentare per
l’attuazione del federalismo fiscale a fornire le proprie valutazioni nell’ambito del
ciclo di audizioni su “Attuazione e prospettive del federalismo fiscale”. L’analisi
svolta ha toccato tutti i passi compiuti nel complesso processo di attuazione.
In quell’occasione la Corte ha rilevato come il percorso prefigurato dalla legge
42/2009 abbia subito ritardi importanti su quasi tutti i punti cardine del disegno
normativo: il sistema perequativo dei Comuni basato su fabbisogni e capacità fiscale
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standard è ancora in avvio; il sistema di finanziamento di Enti locali e Regioni non
ha assunto un assetto stabile e la trasformazione in entrate proprie dei trasferimenti
da Stato a Regioni, e di quelli regionali verso Province e Comuni, non è stata
completata; anche una buona parte delle misure volte a rafforzare l'autonomia
tributaria delle Regioni è restata sulla carta.
Sul processo di attuazione ha, inevitabilmente, inciso l’insorgere della crisi e il
sovrapporsi di nuovi meccanismi di funzionamento delle misure assunte per garantire
il contributo delle amministrazioni decentrate agli obiettivi di finanza pubblica, che
si è tradotto in forti riduzioni di risorse.
La risposta positiva che le amministrazioni territoriali hanno offerto agli
obiettivi di finanza pubblica - la spesa complessiva al netto degli interessi, nel
biennio 2011-2012, si era già ridotta del 4,6 per cento in termini nominali - si è
accompagnata all’acutizzarsi di alcune distorsioni, che erano alla base del progetto di
riforma: il forte incremento dei debiti commerciali a fronte della crescita della massa
dei residui attivi da ricollegare, in molti casi, alla sopravvalutazione delle previsioni
di entrata; la riduzione nella qualità dei servizi resi alla collettività, con la crescente
difficoltà di pervenire alla individuazione di standard minimi anche nei settori tutelati
da livelli essenziali delle prestazioni; il crescente ricorso degli Enti locali a forme
societarie quale strumento di flessibilizzazione della gestione che, di frequente, ha
consentito l’elusione del Patto di stabilità e l’aggiramento dei vincoli
all’indebitamento, comportando situazioni che pongono a rischio l’equilibrio
finanziario dell’ente fino a poterne provocare il dissesto. Tutti fenomeni che hanno
comportato difficoltà nel compimento delle riforme avviate e, ad un tempo, ne
sottolineano l’urgenza.
Ritardi e difficoltà si registrano nel ridisegno del sistema di finanziamento di
Regioni e Enti locali basato sui fabbisogni standard cui era attribuita la funzione di
riassorbimento degli squilibri e delle inefficienze derivanti proprio da un
federalismo/decentramento con limitate responsabilità di entrata.
Per la sanità la scelta operata sembra ridurre l’impatto del riferimento ai costi
standard nel nuovo meccanismo di definizione del finanziamento del settore.
L’allocazione delle risorse è destinata a mutare solo se viene assunto un diverso
metodo di ponderazione rispetto a quello utilizzato nell’anno preso a riferimento.
Anche per gli Enti locali ciò che fa della definizione dei fabbisogni standard un
processo di particolare rilievo e urgenza è la possibilità di evidenziare le differenze di
spesa non giustificate dalle caratteristiche del servizi. La delicatezza e la difficoltà
del tema consigliano, tuttavia, particolare prudenza nell’utilizzo dell’indicatore: si
tratta di evitare di assumere le indicazioni che provengono dagli studi relativi alle
singole funzioni per misure di taglio della spesa, o utilizzare i risultati parziali per
attivare meccanismi premiali riferendoli, non al totale delle funzioni, ma solo a un
sottoinsieme e senza tener conto delle capacità fiscali. Va posta inoltre particolare
attenzione alle modifiche intervenute nelle strutture di gestione dei servizi, con
accorpamenti, fusioni, unioni o gestioni associate.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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Nel ridisegno dei rapporti tra Stato e autonomie territoriali, al nuovo modello di
prelievo delineato dalla legge delega è riconosciuto un ruolo decisivo ai fini del
superamento del sistema di finanza derivata, dell’attribuzione di una maggiore
autonomia agli enti decentrati e del coordinamento della finanza pubblica.
Secondo la Corte, agli originari limiti della legge delega e alle criticità affioranti
nel corso del lento processo di attuazione, se ne sono aggiunti altri, di pari passo con
il peggioramento della situazione economica e dei più stringenti vincoli di finanza
pubblica. Il quadro che si delinea a distanza di cinque anni dal varo della legge
42/2009, testimonia che l’emergenza finanziaria si è riversata soprattutto sul versante
impositivo: investendo tributi che nella legge delega avevano un ruolo centrale
(l’IMU, pivot della fiscalità municipale); alterando la funzionalità di altri, destinati ad
incidere sul mercato del lavoro (è il caso dell’Irap e dell’Irpef con le sue addizionali);
mettendo in discussione il ruolo di un intero livello di governo (quello provinciale) e
lo stesso perimetro del fisco decentrato.
Nel percorso di attuazione del federalismo, l’esigenza di un coordinamento fra i
diversi livelli di governo trovava una significativa espressione nel tentativo di
conciliare autonomia impositiva degli enti territoriali e pressione fiscale complessiva.
I risultati conseguiti sono stati diversi: non solo non si trovano tracce di
compensazione fra fisco centrale e fisco locale, ma, anzi, di pari passo con
l’attuazione del federalismo fiscale, si è registrata una significativa accelerazione sia
delle entrate di competenza degli enti territoriali che di quelle dell’amministrazione
centrale.
Alla crescita delle entrate proprie ha corrisposto un ridimensionamento dei
trasferimenti statali. Ciò ha comportato una significativa ricomposizione delle fonti
di finanziamento degli enti territoriali. Ma la forte crescita delle entrate non sembra
espressione di un effettivo aumento di autonomia impositiva. Nulla è infatti cambiato
a seguito dell’ampliamento del sistema delle compartecipazioni (l’IVA) che,
risolvendosi nella mera devoluzione di quote del gettito di tributi erariali, non
accorda agli enti decentrati margini di manovrabilità e, per contro, aumenta la
dipendenza delle entrate locali dagli interventi centrali sui tributi statali
compartecipati.
E poco è cambiato (se si esclude l’introduzione dell’IMU) anche sul versante dei
tributi propri. Per un verso, infatti, l’autonomia impositiva degli enti decentrati
continua ad essere sostanzialmente circoscritta alla facoltà di variare, entro intervalli
prefissati, le aliquote di alcuni tributi locali. Per altro verso, tale facoltà continua a
subire limitazioni, dal lato della manovrabilità delle aliquote, da quello dell’integrità
delle basi imponibili e da quello della stessa titolarità del gettito.
Concreto si è rilevato, poi, il rischio che, pur essendo nella logica del
federalismo differenze di pressione fiscale a livello territoriale, si determinino
significative differenze territoriali nel prelievo a carico di famiglie e di imprese,
anche in presenza di un uguale imponibile e dell’assenza di apprezzabili divari nel
livello delle prestazioni.
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Il ricorso alla leva fiscale è molto differenziato sul territorio. E questo senza
considerare le ulteriori differenze connesse con la fissazione nel 2014 delle aliquote e
degli altri parametri relativi alla nuova costruzione del prelievo sugli immobili (IMU,
Tasi, Tari).
Alle differenze di aliquote si aggiungono quelle, non meno rilevanti, di utilizzo
della facoltà di intervenire su altri elementi strutturali dei tributi: dalla progressività,
alla determinazione della base imponibile, alle esenzioni.
Si tratta di un divario che, a fronte di un medesimo livello di reddito, comporta a
carico del singolo contribuente una forte differenza di prelievo complessivo
(Irpef+addizionali), soprattutto in corrispondenza dei più bassi livelli di imponibile.
Anche sul fronte dell’Irap si tratta di differenze importanti con immediate
ricadute su un’importante variabile di politica economica, come il costo del lavoro.
Confrontando l’incidenza del prelievo per aree territoriali è possibile rilevare un
divario che nel 2014 ha raggiunto ai 2,5 punti percentuali.
Ma a soffrire di un sistema fiscale fortemente differenziato sul territorio sono
anche la gestione amministrativa del prelievo e il coordinamento della complessiva
politica fiscale. Regole tributarie territorialmente differenziate comportano,
inevitabilmente, costi amministrativi più elevati per le imprese, soprattutto per quelle
che hanno dipendenti che risiedono in Comuni e Regioni diversi e che, nella veste di
sostituti d’imposta, sono chiamate ad applicare aliquote, detrazioni e deduzioni
differenti.
La coesistenza di livelli di tassazione significativamente differenziati finisce,
d’altra parte, per introdurre elementi di incertezza e di alterazione nell’azione di
redistribuzione nazionale; soprattutto quando una quota crescente del prelievo
complessivo riflette l’operare di un fattore (quello territoriale) non agevolmente
conciliabile (e anzi talora in contrapposizione) con le variabili redistributive proprie
della politica fiscale nazionale.
Limitati appaiono anche i risultati nel cd “federalismo demaniale”. Il d.lgs. n.
85/2010 doveva puntare ad avviare un processo di valorizzazione del patrimonio
immobiliare pubblico, con l’obiettivo di ottenere risparmi di spesa attraverso un uso
più razionale degli spazi a disposizione e, nel contempo, di rendere più redditizia la
sua gestione.
Le criticità manifestatesi in sede di attuazione sono da ricondurre, in massima
parte, alla complessità delle procedure previste. Il mancato conseguimento dell’intesa
Stato-Regioni ha provocato il blocco dei trasferimenti. Solo per i beni di interesse
storico e artistico, gestiti dal Ministero per i beni e le attività culturali, è prevista una
procedura semplificata, che si è conclusa con la stipula da parte dell’Agenzia del
demanio e dell’ente territoriale dell’atto di trasferimento gratuito del bene. L’aver
attribuito all’Agenzia la competenza al trasferimento di questi beni comporta,
tuttavia, che i relativi provvedimenti non siano sottoposti al controllo della Corte,
nonostante i riflessi di tali operazioni sul conto del patrimonio dello Stato, soggetto,
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 13
unitamente al rendiconto generale, al giudizio di parificazione da parte della Corte
stessa.
Non sono stati neppure disposti i decreti di attuazione per i beni in parte trasferiti
ope legis (demanio marittimo, demanio idrico e miniere) o a richiesta da parte degli
enti interessati (aeroporti di interesse regionale o locale). Solo a fine 2013, per
superare le difficoltà, il legislatore è intervenuto con una norma di semplificazione
(articolo 56-bis del DL 69/2013), ma solo per alcuni tipi di beni.
La procedura seguita supera la preventiva predisposizione di elenchi e l’intesa
con la Conferenza Unificata. Inoltre, non è richiesta la presentazione di alcun
progetto di utilizzo. La norma affida un ruolo determinante all’Agenzia del demanio,
alla quale gli enti interessati dovono presentare le richieste.
Termini brevi sono previsti anche per la conclusione dell’esame delle richieste e
per l’eventuale successivo trasferimento da parte dell’Agenzia, la quale dovrà
verificare la sussistenza del permanere del reale interesse all’uso del bene, ovvero la
possibilità che lo stesso sia inserito in piani di razionalizzazione. Ove l’esito di
queste attività risulti negativo, il bene verrà trasferito al patrimonio disponibile
dell’ente interessato.
Il quadro normativo per l’attuazione del federalismo fiscale comprendeva anche
il decreto legislativo 88 del 2011, concernente modalità e procedure per gli interventi
richiamati nell’articolo 119 della Costituzione, volti al riequilibrio territoriale e al
rafforzamento della coesione sociale, da attuare utilizzando risorse aggiuntive di
derivazione comunitaria e nazionale. Il contenuto del decreto legislativo appariva
limitato. La Corte aveva osservato, già in occasione della sua approvazione, come il
testo, proprio in quanto inserito all’interno del quadro del federalismo fiscale,
avrebbe potuto e dovuto rappresentare la sede propria per definire in modo chiaro la
distinzione tra il perimetro delle ordinarie politiche pubbliche e l’intervento
straordinario per il riequilibrio, lo sviluppo e la coesione territoriale.
Ciò, definendo i necessari raccordi tra i diversi soggetti coinvolti, semplificando
le procedure attuative e rafforzando la capacità programmatica, all’interno di un
quadro che garantisse la rilevanza e la fattibilità delle iniziative da finanziare.
In tale direzione si è mosso successivamente il decreto-legge 69 del 21 giugno
2013, che amplia e meglio definisce il documento di indirizzo strategico e precisa i
contenuti e le finalità del contratto istituzionale di sviluppo, prevedendo, tra l’altro,
che le amministrazioni centrali e regionali possano avvalersi di INVITALIA Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa. Con
l’art. 10 del decreto-legge 101 del 31 agosto 2013 è stata poi istituita l’Agenzia per la
coesione territoriale, con il compito di svolgere gran parte delle attività di tipo
operativo, in precedenza di competenza del Dipartimento per le politiche di sviluppo
e coesione, collocato presso il Ministero dello Sviluppo economico.
Nell’audizione parlamentare del 6 marzo 2014, la Corte ha auspicato un più
chiaro riparto di competenze tra l’Agenzia e la Presidenza del Consiglio dei Ministri,
al fine di evitare difficoltà al momento dell’assegnazione ai predetti Enti delle risorse
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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umane e strumentali del soppresso Dipartimento per le politiche di sviluppo e
coesione.
Inoltre ha osservato come nell’ultimo biennio il Comitato interministeriale per
la programmazione economica (CIPE) sia più volte intervenuto per ridefinire il
quadro programmatico di riferimento e il quadro delle risorse disponibili nel Fondo
di sviluppo e coesione. In sede di esame delle relative delibere, il competente Ufficio
di controllo preventivo ha più volte sottolineato le difficoltà di lettura dei dati
finanziari e la necessità di meglio chiarire i rapporti tra la nuova e la precedente
programmazione, indicando con maggior chiarezza le iniziative abbandonate e quelle
parzialmente definanziate.
Particolarmente complessa si è presentata anche l’individuazione di principi
contabili e schemi di bilancio comuni tra Regioni ed Enti locali secondo quanto
previsto dal d.lgs. 118/2011 che regola il processo di armonizzazione contabile per le
amministrazioni territoriali. Su di essi hanno inciso le necessità poste dalle normative
europee in termini di confrontabilità dei dati contabili, le modifiche introdotte con la
costituzionalizzazione del pareggio di bilancio e la riforma della contabilità e le
diversità che caratterizzano le gestioni dei livelli di governo.
Si sono posti, ad avviso della Corte, problemi di coerenza con il bilancio dello
Stato e con la legge di contabilità (legge 196/2009); di trasparenza e conoscibilità
dell’intero stock di spesa di investimento e di debito; di adeguatezza rispetto alla
esigenza “di avvicinamento tra contabilità finanziaria e contabilità economicopatrimoniale”; di coerenza con la legge “rinforzata” n. 243 del 2012, conseguente
all’adozione del principio del pareggio di bilancio in Costituzione che ha confermato
il sistema finanziario “misto”, basato sul doppio vincolo della competenza giuridica e
della cassa, entrambi come limiti autorizzatori dell’operatore pubblico. Mentre
continua a risultare particolarmente delicato il tema del consolidamento dei bilanci.
La Corte, poi, ha sottolineato come con l’attuazione del d.lgs. 118/2011 si sia
avviato un processo fondamentale per il consolidamento del processo di
aggiustamento dei conti della sanità e per il recupero del governo della spesa del
settore. Si tratta, tuttavia, di un percorso particolarmente complesso, che ha richiesto
un attento monitoraggio delle gestioni regionali. La valutazione straordinaria delle
procedure amministrativo-contabili ha consentito di evidenziare il permanere di
criticità in relazione alla mancata integrazione dei sottosistemi gestionali con la
contabilità generale e la gestione informatizzata dei diversi cicli contabili aziendali;
l’assenza di una struttura dedicata all’internal audit e di adeguate procedure di
controllo; la disomogeneità dei sottosistemi gestionali utilizzati dalle singole aziende
all’interno della Regione; l’assenza di strumenti e metodologie atte a garantire la
riconciliazione dei dati della gestione accentrata con le risultanze del bilancio
finanziario; la mancata riconciliazione tra i crediti verso la regione rilevati nei bilanci
delle aziende con le risultanze del bilancio finanziario regionale.
Infine, uno dei capisaldi del processo di ridisegno dei rapporti tra livelli di
governo consiste in un adeguato e affidabile quadro informativo da mettere a
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disposizione delle amministrazioni e dei cittadini. La Corte si è detta, sin dall’avvio,
pronta ad accompagnare tale processo, anche considerando che, in questi anni, con
l’adeguamento delle modalità operative delle Sezioni regionali, l’Istituto ha fatto
fronte alle nuove forme di controllo ad esso affidate. Per quanto riguarda le Regioni,
ciò ha condotto ad attuare, nella quasi totalità del territorio, i giudizi di parificazione
e a predisporre le relazioni sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate nelle
leggi regionali: una attività a cui vanno ad aggiungersi quelle volte alla
predisposizione delle delibere sui bilanci preventivi e sui rendiconti delle Regioni,
nonché sui rendiconti dei gruppi consiliari. Nell’ambito dei giudizi di parificazione,
le analisi da sempre svolte sul settore sanitario sono state arricchite, potendosi
affrontare anche aspetti riguardanti la rappresentazione dei flussi finanziari delle
risorse destinate al settore, nonché le relazioni finanziarie fra il bilancio regionale e
quelli delle aziende sanitarie.
Per gli Enti locali, alle attività basate, come negli anni precedenti, sulla funzione
di controllo di regolarità contabile dei bilanci e dei rendiconti, si sono aggiunte
quelle connesse ai piani di riequilibrio pluriennali (ex art. 243-bis e ss. del T.u.e.l),
nonché le deliberazioni in materia di c.d. “dissesto guidato” (ex art. 6, co. 2, del
d.lgs. 149/2011).
Le incertezze connesse al quadro normativo e le ripetute misure destinate ad
incidere sulla gestione delle amministrazioni locali hanno poi accresciuto il ruolo
della funzione consultiva. Una attività divenuta via via sempre più impegnativa a cui,
già nel 2013, si è aggiunta quella relativa all’attuazione del decreto-legge 174/2012.
L’organizzazione in articolazioni territoriali dell’Istituto e il collegamento con i
controlli interni hanno permesso di svolgere l’esame di realtà amministrative molto
differenziate, assicurando nel contempo la ricomposizione unitaria attraverso le
analisi e le valutazioni svolte a livello centrale. Inoltre, per ricondurre l’attività ad
una necessaria omogeneità, la Sezione delle Autonomie ha adottato pronunciamenti
di orientamento univoco e generale. Alle Sezioni riunite in speciale composizione
sono state affidate, più di recente, le pronunce sulle controversie concernenti
l’impugnazione delle delibere di approvazione o di diniego del piano di riequilibrio.
2.4. Audizione dell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla semplificazione normativa
e amministrativa
In data 12 marzo 2014 il Presidente della Corte dei conti è stato audito dalla
Commissione Parlamentare per la semplificazione normativa ed amministrativa.
L’audizione è stata richiesta alla Corte dei conti nell’ambito dell’indagine
conoscitiva promossa dalla Commissione Parlamentare medesima.
Il primo argomento trattato ha riguardato la semplificazione normativa.
Ampio risalto è stato dato alle disfunzioni del nostro sistema normativo derivanti
dall’accentuato formalismo che tradizionalmente lo caratterizzano e dal numero
eccessivo delle norme che regolano l’azione amministrativa, disfunzioni che
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comportano, inevitabilmente, gravi rallentamenti dei procedimenti amministrativi e
l’insorgere di fenomeni corruttivi.
Le semplificazioni legislative degli anni ’90, per lo più rivolte alla
delegificazione, hanno semplicemente trasposto in fonte regolamentare buona parte
della disciplina di rango legislativo che di per sé, assumendo carattere cogente per
l’amministrazione, non ha consentito adeguati margini di flessibilità entro i quali
declinare le scelte più opportune ed efficaci per la realizzazione di obiettivi e
strategie d’azione.
Ulteriori difficoltà sono state individuate, in primis, nella rinuncia all’“auto
applicabilità” normativa, che sposta su una pluralità di sedi e livelli istituzionali
l’adozione dei necessari provvedimenti attuativi con una tempistica spesso oggetto di
rinvii e proroghe, anche a causa dell’insorgere di interessi contrapposti. In secondo
luogo, il precetto normativo a volte non è sufficientemente chiaro nelle finalità
perseguite, con la conseguenza di contrastanti linee applicative da parte dei soggetti
istituzionali cui spetta l’attuazione. Infine, non infrequente è il caso di disposizioni
precettive rivolte a dare risposta a necessità di regolazione senza che i fenomeni e le
situazioni disciplinati trovino poi coerente sistemazione nell’ambito del tessuto
normativo entro il quale dovranno operare.
La Corte ha espresso l’avviso che occorrerebbe perciò pervenire
all’impostazione di una diversa tecnica legislativa che consenta di emanare norme
chiare, non soggette a eccessivi richiami ad altre norme, ed anche incentivare la
compilazione di testi organici con i quali provvedere ad una ricomposizione della
normativa essenziale per la disciplina di un determinato settore.
Il secondo argomento trattato ha riguardato la semplificazione amministrativa.
Due sono stati i profili esaminati.
Per quanto attiene ai profili generali, particolare attenzione è stata dedicata allo
svantaggio competitivo che deriva dalla complessiva ricaduta di eccessivi oneri
burocratici sui cittadini e sulle imprese. A tal fine sono stati richiamati i recenti
provvedimenti legislativi volti a superare/mitigare tali costi aggiuntivi ed in
particolare è stato fatto riferimento alle misure contenute nel c.d. decreto "Semplifica
Italia" (d.l. n. 5/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 35/2012) e nel d.l.
n. 69/2013, convertito dalla legge n. 98/2013, norme volte a liberare risorse per la
crescita e lo sviluppo.
E’ stata poi segnalata, per il contenuto innovativo, la previsione di un indennizzo
da ritardo nella conclusione del procedimento amministrativo - art. 28 del d.l. del 21
giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 previsione che si accompagna ad altri interventi che pongono in primo piano compiti
e responsabilità in capo a dirigenti e funzionari pubblici.
Ulteriori fattori di criticità, emersi anche in sede delle analisi svolte dalla Corte,
sono stati individuati alla complessità dell’iter procedimentale (quali ad es. quelle
rilevate nella formalizzazione degli Accordi di programma); alla pluralità di livelli
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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decisionali diversi; al rilievo degli aspetti finanziari ed organizzativi connessi agli
obiettivi da realizzare.
Sono stati segnalati alcuni aspetti rilevanti di ordine generale nelle politiche di
semplificazione, soffermandosi in particolare sul contributo atteso dell’attuazione
dell’armonizzazione dei bilanci pubblici, anche degli enti territoriali – decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118, così come modificato dal decreto legislativo 10
agosto 2014, n. 126 e da ultimo dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190 - con
l’adozione di schemi omogenei di rappresentazione contabile, utili a consentire una
migliore conoscibilità dell’attuazione di politiche pubbliche affidate ad una pluralità
di livelli di governo e di centri decisionali. Un ulteriore contributo deriverà
dall’attuazione delle deleghe previste dalla legge di contabilità e di finanza pubblica
(legge n. 196/2009 come modificata dalla legge n. 39/2011) in tema di
razionalizzazione e di semplificazione dei documenti di bilancio.
Infine è stato posto in rilievo il contributo alla semplificazione amministrativa
riconducibile anche al processo di revisione delle spesa che, avviato in Italia sin dal
2007, registra di recente una forte accelerazione (spending review).
Si tratta di un disegno complessivo, teso a modernizzare il processo di
programmazione dei flussi di finanza pubblica, a rafforzare la funzione allocativa del
bilancio dello Stato, a prevedere maggiore flessibilità nell’uso delle risorse
finanziarie. Sotto tale profilo, le previsioni-obiettivo, delineate in sede di
programmazione finanziaria, scontando gli effetti delle misure di contenimento della
spesa garantite dalla legislazione vigente, affidano alla spending review la
definizione, anche nel breve periodo, di interventi atti a liberare risorse per progetti,
attività e iniziative a favore di famiglie e imprese.
Il secondo profilo trattato riguarda la materia dell’innovazione tecnologica
Riguardo a questo ambito, sono stati evidenziati i vantaggi derivanti dall’uso
delle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione per lo snellimento
dell’azione amministrativa, anche se si è dovuto prendere atto della impreparazione
della Pubblica Amministrazione nel dare applicazione alle nuove disposizioni.
Significativa, ad avviso della Corte, è stata la vicenda dell’introduzione dell’obbligo
della sottoscrizione informatica con firma digitale dei contratti pubblici (art. 11,
comma 13 del d.lgs. n. 163 del 2006) e delle convenzioni e accordi tra Pubbliche
Amministrazioni (art. 15, comma 2-bis della legge n. 241 del 1990), laddove è
prevista la nullità degli atti posti in essere senza la sottoscrizione digitale. A causa di
tali difficoltà, il Governo ha dovuto emanare (con il d.l. n.145 del 2013,
“Destinazione Italia”) norme di sospensione dell’efficacia del predetto obbligo e
differire la vigenza delle citate disposizioni al 30 giugno 2014, per i contratti stipulati
in forma pubblica amministrativa e per gli accordi fra Pubbliche Amministrazioni, e
al 1° gennaio 2015 per i contratti stipulati mediante scrittura privata.
Due ancora sono stati gli aspetti evidenziati. Uno riferito al processo di
dematerializzazione dell’attività amministrativa derivante dall’archiviazione
elettronica dei documenti informatici e dei documenti cartacei trasformati in formato
digitale, l’altro derivante dalla valorizzazione dei siti web istituzionali, attraverso la
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 18
implementazione di funzioni interattive che consentano l’espletamento di pratiche
on-line, con evidenti riduzione dei disagi per i cittadini e consistenti risparmi di
spesa.
Secondo la Corte notevoli, quindi, possono essere i benefici, sia in termini di
risparmi di spesa sia in termini di riduzione dei tempi amministrativi originati dalla
piena e diffusa utilizzazione delle nuove tecnologie dell’informazione e della
comunicazione. Si dovranno, peraltro, verificare i risultati derivanti dall’attuazione
delle disposizioni contenute nei decreti legge n. 5 del 2012, n. 179 del 2012 e n. 69
del 2013, concernenti l’Agenda digitale e recanti altre misure di semplificazione
mediante l’uso delle nuove tecnologie.
Il terzo argomento trattato ha riguardato la semplificazione fiscale.
E’ stato sottolineato come il funzionamento del sistema fiscale, oltre che dalle
caratteristiche proprie dei diversi tributi che lo compongono (numerosità dei soggetti
passivi interessati, misura delle aliquote, ampiezza delle basi imponibili, detrazioni e
regimi di esenzione-agevolazione, ecc.), sia fortemente condizionato anche dalla
complessità degli adempimenti richiesti ai contribuenti, cioè dai c.d. “oneri di
compliance”. Si tratta di due profili molto diversi dei sistemi fiscali, che tuttavia
presentano notevoli interrelazioni e punti di contatto. L’obiettivo della
semplificazione dovrebbe essere comune a entrambi gli aspetti della fiscalità, quello
della tecnica sostanziale del prelievo e quello degli adempimenti formali e
strumentali, nella ormai pacifica convinzione che regole ragionevoli e più facilmente
applicabili incidono fortemente sul livello di tax compliance dei cittadini.
A tal fine va rammentato che è stata approvata con legge 11 marzo 2014, n. 23,
la legge delega ad oggetto: “Delega al Governo recante disposizioni per un sistema
fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita”.
Per quanto attiene agli interventi di semplificazione che incidono direttamente
sulla struttura del prelievo, è stato sottolineato come gli stessi presentino costi molto
elevati di carattere finanziario (rinuncia a un’entrata) o di carattere politico (minor
consenso da parte dell’elettorato più direttamente colpito dalla misura di
semplificazione). Il riferimento, in tal senso, è stato fatto, ad esempio, alle
numerosissime e non sempre coerenti misure di erosione fiscale, ossia alle cosiddette
tax exependitures.
Margini di intervento maggiori sussistono sicuramente per la semplificazione in
materia di adempimenti formali e strumentali che gravano sui contribuenti e sugli
operatori economici. Come fattori di complessità attualmente presenti
nell’ordinamento fiscale è stato fatto riferimento, ad esempio, all’art. 21 del d.l. 31
maggio 2010, n. 78, ove è stato previsto, nell’ambito di una più generale misura (il
c.d. “spesometro”), anche l’obbligo per gli operatori economici che intrattengono
rapporti con il consumatore finale di comunicare telematicamente all’Anagrafe
Tributaria le cessioni di beni e servizi effettuate nei confronti dei consumatori finali,
quando l’importo dell’operazione è superiore a 3.600 euro, ridotto a 1.000 euro
dall’articolo 12 del decreto-legge n. 201/2011.
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Altro esempio di complessità ed appesantimento del sistema procedurale è stato
rinvenuto nella “mediazione tributaria” obbligatoria. Con tale istituto, introdotto a
decorrere dal 1° aprile 2012 dall’art. 39, comma 9, del d.l. 98 del 2011, per le
controversie riguardanti l’Agenzia delle Entrate di valore fino a ventimila euro (da
calcolarsi in termini di solo tributo contestato), si è imposto a tutti coloro che
intendono contestare la pretesa tributaria, l’obbligo di adire preventivamente l’ufficio
dell’Agenzia delle Entrate. Ciò anche quando il contribuente non intenda richiedere
alcuna mediazione all’ufficio e nonostante che, almeno per quanto concerne l’attività
di accertamento, vi sia già stata la possibilità di definizione agevolata attraverso i c.d.
“istituti deflativi” del contenzioso (acquiescenza, adesione all’accertamento,
definizione del verbale, mediazione ed altri).
Una importante misura di semplificazione basata sull’uso della tecnologia
potrebbe essere quella di istituzionalizzare l’obbligo per gli enti impositori (Agenzia
delle Entrate, Enti locali, Inps, ecc.) di sottoporre preventivamente ai contribuenti,
con un congruo margine di tempo rispetto alla scadenza dei termini di adempimento,
proposte di dichiarazione e/o di versamento formate sulla base dei dati conosciuti dai
sistemi informativi, quali comunicazioni dei sostituti d’imposta, dati catastali,
versamenti di acconto, ecc. Tali proposte e comunicazioni potrebbero essere messe a
disposizione del singolo contribuente attraverso un unico canale di comunicazione,
del tipo di quello da tempo istituito dall’Agenzia delle Entrate ma, in verità, ancora
scarsamente utilizzato, che prende il nome di “cassetto fiscale” – misura, in parte
realizzata, con l’approvazione del primo decreto attuativo della delega fiscale,
decreto legislativo n. 175/2014 –.
L’ultimo argomento trattato ha riguardato il sistema dei controlli, argomento
strutturato su due livelli.
Il primo livello ha riguardato i controlli parlamentari e della Corte dei conti.
Sotto il profilo attinente alla finanza pubblica è stato richiamato il fatto che è la
legge di contabilità in vigore a sottolineare l’importanza del controllo da parte del
Parlamento prevedendo – all’art. 4 (Controllo parlamentare) – una serie di obblighi
informativi in capo al Governo ed una serie di iniziative ad opera dei Presidenti delle
Camere allo scopo “di favorire lo svolgimento congiunto dell’attività istruttoria utile
al controllo parlamentare e di potenziare la capacità di approfondimento dei profili
tecnici della contabilità e della finanza pubblica da parte delle Commissioni
parlamentari”.
Per quanto concerne l’attività della Corte dei conti i riferimenti sono stati fatti
alla Relazione sulla parifica del Rendiconto del bilancio dello Stato e al conseguente
disegno di legge governativo di approvazione dei consuntivi dell’esercizio
precedente, nonché al Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica, alle
Relazioni quadrimestrali sulle leggi spesa e agli approfondimenti degli specifici
referti sugli andamenti della finanza degli Enti locali e delle Regioni.
E’ stato infine sottolineato che il ruolo dei controlli esterni e indipendenti è
proprio quello di segnalare al Parlamento, alle Assemblee legislative regionali e ai
Governi, nazionale e regionali, i nodi problematici sui quali è necessario intervenire
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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con leggi o altri atti, anche meramente amministrativi, a fini di semplificazione o di
snellimento delle procedure amministrative.
Il secondo livello ha riguardato i controlli sulle amministrazioni, laddove è stato
fatto un rapido quanto significativo esame delle attuali funzioni intestate alla Corte
dei conti.
A partire dalla legge n. 20 del 1994 e sino ai provvedimenti più recenti, la
funzione del controllo della Corte sulle autonomie territoriali si fonda sul raccordo
con i controlli interni e in particolare con il Collegio dei revisori, nell’intento di
evitare duplicazioni e sovrapposizioni, razionalizzando il sistema dei controlli. Su
questo generale paradigma, ripreso nella successiva normativa e ampiamente
precisato dalla giurisprudenza costituzionale – cfr sentenza Corte costituzionale n.
179/2007, n. 198/2012, 60/2013 e nn. 23 e 39/2014 - i controlli si sono dunque
rinnovati, anche alla luce dell’accennata evoluzione del quadro europeo.
Importante poi è stato il riferimento alla previsione di cui all’art. 7 della legge n.
131 del 2003, che affida alla Corte dei conti, ai fini del coordinamento della finanza
pubblica, la verifica del rispetto degli equilibri di bilancio da parte di Comuni,
Province, Città metropolitane e Regioni, anche in relazione al Patto di stabilità ed ai
vincoli derivanti dall’appartenenza all’Unione europea. Ancor più evidente è stato
poi il richiamo contenuto nella stessa disciplina, per gli Enti locali, alla sana gestione
finanziaria: il concetto è di derivazione comunitaria e va rimarcato che la stessa
disposizione del Trattato prevede l’attività di collaborazione della Corte dei conti
italiana con la Corte dei conti europea (art. 287 Trattato sul funzionamento
dell’Unione Europea, ex art. 248 del Trattato CE). In tale contesto si colloca anche la
disciplina recata dai commi 166 e ss. dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2006
(legge 23 dicembre 2005, n. 266), relativa al controllo sugli Enti locali e del SSN,
positivamente valutata dal Giudice costituzionale (a partire dalla sentenza n. 179 del
7 giugno 2007) ed espressamente intesa ai fini della tutela dell’unità economica della
Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica.
In via conclusiva il richiamo non poteva che andare al decreto-legge n. 174 del
2012, convertito dalla legge n. 213 del 2012, laddove si è sottolineato che l’aspetto
essenziale della riforma è rappresentato dal rapporto con i controlli interni, rapporto
fisiologico e che caratterizza la richiamata normativa relativa al controllo sugli enti
locali e del SSN: in base ad essa, gli organi di revisione economico-finanziaria di tali
enti trasmettono alle competenti Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti
una relazione sul bilancio di previsione e sul rendiconto dell’esercizio di competenza
dell’ente, sulla base di criteri e linee guida unitariamente definiti dalla Corte
medesima.
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PAG. 21
2.5. Audizione sul disegno di legge di conversione del decreto legge n. 16/2014
In data 21 marzo 2014, dinanzi alle Commissioni riunite Bilancio e Finanze,
presso la Camera dei Deputati, la Corte dei conti è stata chiamata a fornire le proprie
osservazioni sulle disposizioni urgenti in materia di finanza locale, di cui al disegno
di legge di conversione del decreto legge n. 16/2014 (A.C. 2162).
La Sezione delle autonomie ha espresso le proprie valutazioni sulle disposizioni
relative: alle modifiche in materia di TARI e TASI (artt. 1 e 2); agli enti locali in
difficoltà finanziaria (art. 3); al mancato rispetto di vincoli finanziari per la
contrattazione integrativa (art. 4); all’accensione dei mutui da parte degli enti locali
(art. 5); alla contabilizzazione dell’IMU (art. 6); alla relazione di fine mandato dei
Sindaci dei comuni e dei Presidenti delle province (art. 11); alle modifiche all’art. 15
del TUEL in materia di contributo straordinario a favore dei comuni che si fondono;
alle misure concernenti Roma Capitale (art. 16).
Il testo dell’audizione muove da un rapido esame delle condizioni e prospettive
della finanza locale, si sofferma ad indagare le norme introdotte dal decreto e chiude
con una consistente appendice, nella quale si esaminano le principali criticità della
finanza locale, le problematiche della riscossione e il sistema delle partecipate di
Roma Capitale.
Preliminarmente la Sezione ha effettuato una disamina del quadro d’insieme
della finanza locale, qualificato da vincoli di spesa sempre più stringenti, da misure
di inasprimento del Patto di stabilità, dalle difficoltà strutturali derivanti dalla
riduzione della spesa corrente, da carenze di liquidità e dalla abnorme dilatazione
della massa dei residui attivi. A questa connotazione si aggiungono fenomeni
distorsivi, volti a garantire bilanci formalmente in ordine, che incidono
negativamente sui reali equilibri finanziari. Si pensi, ad esempio, alla lievitazione
anomala di debiti occulti, ai ritardi crescenti nei pagamenti, al formale rispetto dei
vincoli di spesa garantito attraverso lo strumento della partecipazione societaria, che
consente di mettere in atto forme di elusione del Patto di stabilità, dei limiti di spesa
del personale e dei vincoli all’indebitamento.
In questo contesto l’imposizione tributaria e tariffaria locale rappresenta risorsa
di primaria importanza, ma non deve tradursi in un ripetuto aggravio per il cittadino
volto a compensare il mancato raggiungimento degli obiettivi di riduzione della
spesa corrente.
Particolare attenzione è stata, perciò, prestata, dalla Sezione, al tema delle
modifiche in materia di TASI. Si è rilevato come l’intervento, a pochi mesi dalla sua
istituzione, mirasse a superare il limite dell’IMU, imposta progressiva colpevole di
non aver garantito (attraverso esenzioni e detrazioni), la corrispondenza tra soggetti
beneficiari dei servizi e contribuenti (principio fondamentale del federalismo fiscale).
La TASI doveva rappresentare una “service tax” destinata a finanziare i servizi
indivisibili forniti dai comuni. In questa veste avrebbe dovuto incidere sul soggetto
che gode dell’uso abitativo dell’immobile. La base imponibile è rimasta, invece, il
valore catastale dell’immobile e la TASI continua a configurarsi prevalentemente
come tassa patrimoniale. La previsione di un sistema di detrazioni e di aliquote
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 22
diversificate va in direzione di una ulteriore avvicinamento del nuovo tributo
all’IMU.
La Sezione ha osservato come l’ampio margine di scelta, attribuito alle
amministrazioni locali potrebbe produrre differenze impositive accentuate, che, in
associazione con altre variabili di natura non tributaria, potrebbero determinare
fenomeni di delocalizzazione, sia per le persone fisiche che per le imprese. D’altra
parte ingiustificati aumenti di prelievo e inefficienze dei servizi potrebbero originare
effetti negativi sotto il profilo della “tax compliance”.
È stata poi, evidenziata l’incertezza del sistema di finanziamento degli enti,
stante la prevista validità del sistema per il solo 2014 (anche se la legge di stabilità
2015 ne ha prorogato la vigenza per un altro anno) che si è accompagnata, ad avvio
dell’esercizio, alla mancata conoscenza delle modalità di ripartizione del contributo
dello Stato. Non va, d’altra parte, dimenticato quanto sia complesso e degno di
attento monitoraggio il sistema della riscossione, giacché ai comuni, che affidano
l'IMU all'esterno, è stata posta la scelta tra la gestione diretta della riscossione della
TASI, (ricostruendo le strutture, senza però superare i limiti di turn over e di spesa di
personale) e l’avvio di una gara. Si tratta di soluzioni, comunque, complicate.
Altro punto di particolare interesse, in merito ai rilievi fatti dalla Corte, ha
riguardato la disamina delle disposizioni introdotte per gli enti in difficoltà
finanziaria. L’art. 3 del decreto ha, infatti, innovato aspetti procedimentali relativi
alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (ex art. 243-bis e ss. del TUEL)
e il dissesto. Gli interventi hanno privilegiato una maggiore ampiezza della iniziativa
discrezionale degli organi di governo locale nell’azione di recupero strutturale
dell’equilibrio di bilancio, attenuando l’efficacia della complessiva sequenza
procedimentale voluta dal legislatore del 2012 con l’introduzione degli artt. 243-bis e
ss. del TUEL. La Corte ha ritenuto che alcune delle misure introdotte abbiano
dilatato una, già accertata, condizione di fragilità degli equilibri strutturali del
bilancio. In tal modo è stata letta, la possibilità di ripresentare il piano di riequilibrio
non approvato dalla Sezione di controllo della Corte dei conti, qualora si sia
registrato, nell'ultimo rendiconto approvato, un miglioramento, inteso sia come
aumento dell'avanzo di amministrazione che come diminuzione del disavanzo di
amministrazione. Analogo effetto è stato individuato nella facoltà di ricorrere alla
procedura di riequilibrio anche nell’imminenza della dichiarazione di dissesto da
parte del Consiglio comunale, alla scadenza del termine assegnato dal Prefetto, a
conclusione della procedura del cosiddetto “dissesto guidato” disciplinato dal d.lgs.
n. 149/2011. Entrambe le ipotesi implicherebbero una sostanziale modificazione dei
fattori che hanno determinato gli equilibri strutturali di bilancio, rilevabili, non solo
in termini di risultato di amministrazione.
Per quanto riguarda la possibile riproposizione del piano è stato evidenziato che
il presupposto miglioramento, a cui la norma si riferisce, richiede la sussistenza e la
considerazione di fatti non vagliati durante l’esame istruttorio svolto dalla Sezione
regionale di controllo competente, in contraddittorio con l’ente. D’altra parte la
formulazione dell’ipotesi normativa andrebbe qualificata in termini più significativi,
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 23
per scongiurare il rischio di riferirsi ad un “miglioramento” anche nel caso di
modeste variazioni nelle poste contabili.
In merito alla facoltà del tardivo ricorso al piano di riequilibrio, si è osservato
che trattasi di una alternativa alle misure correttive dettate dalla Sezione regionale di
controllo, che finiscono per inficiare l’effetto della concreta cogenza delle
prescrizioni della Corte ed attenuare l’efficacia della azione di controllo.
Perplessità sono state, inoltre, espresse con riguardo all’introduzione del comma
1-ter all’art. 259 del TUEL. Si tratta di una norma che pur disciplinando un
monitoraggio, da parte dell’organo di revisione, alla fine dell’esercizio, sulla
efficacia delle misure adottate, di fatto introduce una pericolosa deroga alle norme
vigenti in materia di dissesto. È previsto, infatti, una proroga all’originario termine
del secondo esercizio successivo alla dichiarazione di dissesto. La deroga riguarda i
comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti “qualora il riequilibrio del
bilancio sia significativamente condizionato dall'esito delle misure di riduzione dei
costi dei servizi, nonché dalla razionalizzazione di tutti gli organismi e società
partecipati, che incidono sul bilancio dell'ente”. Il termine è protratto all’esercizio in
cui si completa la riorganizzazione dei servizi comunali e la razionalizzazione di tutti
gli organismi partecipati, e comunque entro tre anni, compreso quello in cui è stato
deliberato il dissesto. Dal momento che, ai sensi dell’art. 244 TUEL, una delle due
condizioni che portano al dissesto è l’impossibilità di garantire i servizi
indispensabili e che la gestione esternalizzata dei servizi costituisce la modalità
ordinaria per la maggioranza delle realtà municipali, si è osservato che l’ambito di
applicazione della disposizione derogatoria potrebbe essere notevolmente estesa. Si
è, altresì, evidenziato come la norma risulti poco coerente con gli obiettivi della
legge sul pareggio di bilancio, applicabile agli enti territoriali dal 1° gennaio 2016
(art. 21, l. n. 243/2012).
Un cenno va, poi, fatto alle valutazioni espresse dalla Corte in merito alle
previsioni contenute nell’art. 16 del decreto e note come disposizioni “Salva Roma”.
La Sezione delle autonomie ha osservato che il piano triennale di rientro di Roma
Capitale, pur essendo sottoposto ad un procedimento di approvazione piuttosto
complesso, non è oggetto di alcun intervento degli organi di controllo interno ed
esterno, nonostante la rilevanza delle grandezze in gioco e i recenti indirizzi
legislativi che hanno rafforzato il ruolo della Corte.
La tempestività della redazione del piano e la sua idoneità tecnica alla
rilevazione dei fattori di squilibrio e alla messa in campo di idonee misure di
risanamento potranno consentire, in concorso con il supporto offerto dalla Gestione
commissariale, l’effettivo riequilibrio di Roma Capitale.
2.6. Audizione sul Documento di economia e finanza 2014.
Come di consueto, nel mese di aprile si è svolto in Parlamento il previsto ciclo di
audizioni sul Documento di economia e finanza 2014. In questo quadro, davanti alle
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Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato anche la Corte è stata chiamata ad
esprimere la propria valutazione sul DEF.
L’audizione resa dalla Corte il 15 aprile si è articolata intorno a due
approfondimenti principali: da un lato, una attenta riflessione sulle potenzialità e sui
rischi di un quadro internazionale che, al momento, appariva movimentato da fattori
contrastanti; dall’altro, una verifica puntuale delle previsioni economiche e di finanza
pubblica del governo, messe a confronto con autonome valutazioni elaborate dalla
Corte con l’ausilio dei principali istituti indipendenti di ricerca. Un supporto fornito
con regolarità all’Istituto, nella forma del “Consenso”.
Con riguardo al quadro internazionale, l’economia mondiale offriva, a quel
momento, segnali di ripresa sui quali lo scenario macroeconomico del DEF faceva
ampio affidamento, tanto per le ipotesi di crescita economica che per la dinamica dei
tassi d’interesse, valutati a livelli molto bassi per l’intero periodo di
programmazione.
In realtà, ad avviso della Corte, la condizione e le prospettive delle principali
variabili esterne delineavano un quadro fortemente instabile, coesistendo, infatti,
fattori che avrebbero potuto condurre ad una evoluzione più favorevole, ma anche
elementi di rischio, al momento di difficile determinazione.
Tra questi ultimi, si segnalava il pericolo di un “effetto domino” nello scenario
valutario internazionale, indotto dalla brusca inversione di rotta in senso restrittivo
della politica monetaria americana, che aveva spinto soprattutto i paesi emergenti –
colpiti da una consistente fuga di capitali – ad operare svalutazioni delle proprie
valute. In proposito, la Corte evidenziava il rischio che le esportazioni dei Paesi
europei, e quindi anche dell’Italia, potessero essere penalizzate, sia per l’effetto
diretto di riduzione della domanda dei Paesi emergenti, sia per quello indiretto legato
alla maggiore pressione competitiva prodotta da questi stessi Paesi sui nostri mercati
e su quello americano.
In conclusione, secondo la Corte, nella costruzione del quadro economico
internazionale il DEF assumeva, per le principali variabili esogene, valori puntuali di
per sé realistici, ma che congiuntamente definivano uno scenario molto favorevole,
che derivava dall’esterno, dovuto, contemporaneamente ai fattori di domanda, alle
condizioni distese dal lato dei costi e all’allentamento monetario: una combinazione
ottimale ma della quale, proprio per questo, non poteva essere considerata certa la
permanenza nel tempo.
Inoltre, l’Italia, secondo il DEF, avrebbe registrato una accelerazione della
crescita in grado di chiudere completamente il ritardo rispetto ai partners europei, la
cui relativa debolezza appariva una condizione per assicurare all’Italia tassi
d’interesse bassissimi.
In altri termini, il quadro del DEF, che prospettava un’economia internazionale
in ripresa (e un prezzo del petrolio in discesa), sarebbe stato più coerente con una
ipotesi di maggiore crescita anche in Europa e, di conseguenza, con un livello dei
tassi d’interesse più elevato soprattutto nel periodo 2017-2018.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 25
Con riguardo alla finanza pubblica, il percorso sia tendenziale che
programmatico del DEF offriva una chiara rappresentazione dell’accresciuta
stringenza dei vincoli europei e costituzionali, orientati ad imporre una continua
riduzione del saldo di bilancio strutturale, anche in presenza di un riequilibrio
nominale mai verificatosi negli ultimi decenni. In altri termini, la condizione di
avanzo nominale prevista dal DEF per il 2018 non appariva ancora sufficiente ad
annullare la componente strutturale dell’indebitamento.
A fronte di tale prospettiva, la strategia del DEF si fondava su una richiesta di
deroga, limitata al 2014, dal percorso di rientro del deficit strutturale.
Sul punto, la Corte esprimeva un apprezzamento condizionato: se utilizzata per
mettere a punto adeguate strategie di rilancio della crescita e di riorganizzazione
dell’intervento pubblico, la deroga richiesta per il 2014 avrebbe potuto rivelarsi, non
già come un allentamento della disciplina di bilancio, quanto come uno strumento
teso a consolidare, già partire dal 2015, il riequilibrio strutturale dei saldi di finanza
pubblica.
D’altra parte, nel pensiero della Corte, gli obiettivi di stabilizzazione della
finanza pubblica devono essere perseguiti senza compromettere le prospettive di
sviluppo del paese, mentre nella realtà degli ultimi anni il corto-circuito fra rigore e
crescita ha senza dubbio contributo ad approfondire oltre misura, nella nostra
economia, le dimensioni del “vuoto di prodotto” (output gap), parametro decisivo,
fra l’altro, proprio al fine di ripristinare un permanente equilibrio strutturale dei saldi
di bilancio.
Sotto questo aspetto, appariva condivisibile una gestione della politica
economica intesa a spostare l’attenzione verso un miglioramento del prodotto
potenziale - quella componente della crescita che non dipende dal ciclo economico –
e verso interventi e riforme in grado di contrastare il declino del nostro sistema
produttivo, che rappresenta oggi l’emergenza nazionale sulla quale va concentrata e
misurata la capacità di intervento.
Una strada impervia e ancora lunga da percorrere, se si intende colmare i gravi
ritardi accumulati negli anni della crisi. In sede di audizione la Corte ricordava,
infatti, come, anche nell’ipotesi che si realizzassero appieno gli obiettivi dello
scenario del DEF, nel 2018 rispetto ad oggi la disoccupazione risulterebbe ridotta di
2,4 punti, mentre il prodotto e i consumi pro-capite sarebbero cresciuti,
rispettivamente di 6 e 4 punti e gli investimenti in macchinari di 19 punti percentuali.
Ma, nel confronto con i valori pre-crisi, la disoccupazione rimarrebbe superiore di
oltre 4 punti, il prodotto e i consumi pro-capite inferiori, rispettivamente del 5 e del 6
per cento, mentre gli investimenti in macchinari dell’11 per cento e del 24 per cento
quelli in costruzioni.
In tale contesto, la revisione della spesa e il ridisegno delle strutture
organizzative non devono essere solo ispirati da esigenze di copertura finanziaria;
essi devono basarsi su una chiara strategia di governo della spesa, in cui il ridisegno
sia frutto di una nitida visione circa il profilo che si intende assegnare al sistema
pubblico dei prossimi decenni. Si tratta di uno snodo cruciale che la Corte ha
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ripetutamente sottolineato e che, anche nell’occasione offerta dall’esame sul DEF
2014, è stato richiamato all’attenzione del Parlamento; a maggior ragione in presenza
del rischio che il quadro di finanza pubblica, a fronte di una crescita più lenta e di un
trascinamento dal 2013 delle distorsioni evidenziate dalla Corte sul fronte delle
entrate, potesse presentare andamenti meno positivi di quanto previsto dal Governo.
2.7. Audizione sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e
correttive del d.lgs. n. 118/2011
Il 29 maggio 2014 si è tenuta l’audizione sullo schema di decreto legislativo
recante “Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011,
n. 118, in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio
delle Regioni, degli Enti locali e dei loro organismi” (Atto n. 921).
Nell’audizione la Corte ha considerato la riforma – entrata in vigore il 1°
gennaio 2015 dopo un periodo di sperimentazione triennale - quale snodo essenziale
per il concreto avvio ed il consolidamento del federalismo fiscale. È stata sottolineata
positivamente la disposizione che, dal 2014 - per effetto della Legge costituzionale n.
1/2012 - ha fatto entrare nella competenza esclusiva dello Stato la materia
dell’armonizzazione dei bilanci pubblici, in un quadro più ampio che mira alla
completa attuazione del principio del pareggio di bilancio di cui al novellato art. 81
Cost. e alla legge n. 243/2012.
In tale occasione hanno formato oggetto di particolare attenzione le misure
tendenti a verificare i “veri” debiti degli enti territoriali ed i due temi sui quali si
fonda l’avvio della riforma: l’operazione di riaccertamento straordinario dei residui e
la corretta modalità di accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità.
L’operazione di riaccertamento straordinario dei residui – attività propedeutica
all’introduzione del nuovo principio – assume il significato di “operazione verità”,
volta ad evidenziare l’effettiva situazione finanziaria degli enti territoriali. Tale
operazione è strettamente connessa con il corretto accantonamento al fondo crediti di
dubbia e difficile esazione. Nel documento viene più volte ribadita la necessità che,
nel momento in cui si effettua l’operazione di riaccertamento straordinario dei
residui, per una corretta determinazione dell’avanzo di amministrazione, si eviti
confusione, al suo interno, tra risorse vincolate e risorse libere. Analogamente per
l’esatta imputazione dei residui agli esercizi in cui diventano esigibili crediti e debiti.
La Corte rileva come la riforma richieda un diverso approccio culturale ed il
pieno coinvolgimento sia delle figure tecnico-professionali che della classe dirigente
locale, presupponendo adeguati investimenti formativi, che dovrebbero essere
favoriti anche con specifici temperamenti della normativa vincolistica in vigore.
Si sottolinea che uno degli obiettivi della riforma è quello di pervenire alla
conoscenza puntuale degli effetti delle manovre di finanza pubblica sugli enti
territoriali e loro organismi gestionali, così da permettere la comparazione
1
Cfr. precedente audizione Sezioni riunite in sede di controllo maggio 2011 sull’impianto del
provvedimento, la sua portata e le finalità.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 27
dell’effettivo concorso al risanamento della finanza pubblica da parte dei vari livelli
di governo e consentire, in prospettiva, di calibrare le manovre in base alla reale
situazione economico - finanziaria degli enti (2).
La Corte auspica anche che, al fine di operare un effettivo completamento
dell’armonizzazione contabile nel comparto pubblico, il principio della competenza
“a scadenza” - introdotto per gli enti territoriali, e che trova applicazione per le altre
amministrazioni pubbliche per effetto del d.lgs. n. 91/2011, la cui sperimentazione ha
inizio nel 2015 - si possa attuare, in prospettiva, per l’intero comparto della p.A..
2.8. Audizione sul disegno di legge in materia di riorganizzazione delle
amministrazioni pubbliche
La Nota di aggiornamento al DEF 2014 nel delineare il quadro programmatico
di medio e lungo termine ascrive positivi effetti sulla crescita (un punto percentuale
nel 2015 e 2,3 punti nel lungo periodo) alla riforma della Pubblica Amministrazione.
Nell’esprimere il proprio avviso davanti alla Commissione Affari Costituzionali
del Senato della Repubblica, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul relativo
disegno di legge, la Corte non ha mancato di tener conto della stretta connessione
dell’iniziativa con la strategia economico-finanziaria proposta dal Governo,
attraverso un’ attenta ed orientata disamina delle numerose e complesse disposizioni.
Il disegno di legge - ha preliminarmente sottolineato la Corte - non operava
correzioni al margine degli assetti ordinamentali, ma prefigurava cambiamenti
radicali, rendendo perciò difficile e impegnativa la verifica degli effetti attesi.
Proprio il taglio riformatore, ambizioso e radicale, avrebbe, peraltro, richiesto un
approccio più aperto nel riconsiderare gli stessi confini entro i quali opera
l’Amministrazione centrale e locale.
Entrando nel merito dei diversi ambiti di intervento, la semplificazione
procedurale, l’innovazione e il migliore utilizzo di tecnologie informatiche,
l’attenzione alla trasparenza in un’ottica di contrasto alla corruzione, rappresentano
momenti importanti per contribuire in modo decisivo al recupero di competitività
dell’intero sistema produttivo.
Ad avviso della Corte, la previsione normativa di una rapida e completa
ricognizione dei procedimenti amministrativi di competenza evidenzia la volontà di
procedere in tempi rapidi alla successiva fase di analisi ed alla reingegnerizzazione
delle procedure alla luce delle nuove tecnologie.
A fronte di quanto sopra, la Corte ha tenuto, comunque, a ribadire che le
politiche di semplificazione amministrativa mediante l’utilizzazione delle nuove
tecnologie dell’informazione e della comunicazione richiedono una previa
valutazione dell’impatto della regolazione, che tenga conto del contesto
2
La riforma trova corrispondenza nella normativa comunitaria di cui alla direttiva n. 2011/85/UE,
recepita con decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 54.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 28
organizzativo delle Pubbliche Amministrazioni e della strumentazione tecnica
necessaria per dare piena operatività alle nuove norme.
L’ambizioso e condivisibile obiettivo di una completa dematerializzazione dei
documenti amministrativi va valutato, pertanto, alla luce della tuttora scarsa
diffusione dell’uso di documenti informatici firmati digitalmente, della posta
elettronica certificata (PEC), come strumento di trasmissione degli atti avente
efficacia legale ai fini della prova dell’invio e della ricezione dei documenti, dell’uso
di piattaforme interattive per la completa digitalizzazione dei procedimenti
amministrativi, dell’archiviazione sostitutiva dei documenti informatici. Ciò è
dovuto, da una parte, ad una non ancora soddisfacente attitudine all’impiego delle
nuove tecnologie da parte dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni italiane,
dall’altra, ai mancati investimenti in formazione finalizzata all’attuazione dei progetti
di innovazione.
Appare in tale contesto, allora, condivisibile il metodo di adeguare
dinamicamente i procedimenti amministrativi all’evolversi delle tecnologie, anche
procedendo all’approvazione di nuove norme in base alla specifica autorizzazione
legislativa a delegificare e a deregolamentare.
I proposti interventi volti a intensificare il ricorso alla Conferenza dei servizi
reiterano precedenti normative non andate a buon fine. In assenza di rigide regole in
ordine alla validità delle decisioni adottate a maggioranza e dei necessari
automatismi collegati al perfezionarsi del silenzio assenso i risultati attesi, già
mancati nel passato, appaiono, peraltro di difficile realizzazione.
La Corte ritiene che l’istituto del silenzio assenso sia un profilo importante delle
misure di semplificazione e di accelerazione dell’agire amministrativo, anche se
precedenti esperienze di estensione dell’istituto hanno incontrato resistenze da parte
degli apparati burocratici che ne hanno inficiato, sostanzialmente, la reale efficacia.
Si auspica, quindi, che un sempre maggior numero di procedimenti prevedano
l’applicazione di tale istituto, salvaguardando, peraltro, le esigenze di garanzia della
legalità e della trasparenza dei comportamenti nelle Pubbliche Amministrazioni. Ciò
al fine di rimuovere le persistenti inerzie in molti settori di attività delle stesse
Amministrazioni. Sono, invece, da condividere le preoccupazioni sulle modalità di
applicazione del silenzio assenso nell’ambito della tutela ambientale, paesaggisticoterritoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini.
Con riferimento alla revisione della normativa anticorruzione, il necessario
snellimento dei passaggi burocratici e la semplificazione dei numerosi adempimenti
oggi previsti non dovrebbe, comunque, pregiudicare il rispetto degli standard ormai
consolidati in altri Paesi.
La delega di cui all’art. 7, concernente la riorganizzazione dell’Amministrazione
dello Stato - attraverso la modifica della disciplina della Presidenza del Consiglio,
dei Ministeri, delle Agenzie governative nazionali, degli Enti pubblici non economici
- si inscrive per alcuni aspetti nel solco di un complesso percorso di riduzione degli
apparati pubblici, che sulla spinta delle esigenze di contenimento della spesa, ha
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 29
caratterizzato gli obiettivi di riforma degli ultimi anni, mentre per altri aspetti
presenta profili anche innovativi di carattere ordinamentale.
Si pone, dunque, all’attenzione da un lato l’esigenza di un coordinamento anche
formale da attuarsi in relazione alla pregressa normativa in sede di attuazione della
delega, dall’altro di considerare gli effetti delle riforme già avviate.
Nel condividere le linee di fondo dell’intervento volto al rafforzamento del ruolo
della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in particolare nell’analisi e nella
definizione delle politiche pubbliche, la Corte ha richiamato la necessità di una
revisione dell’assetto organizzativo, che corrisponda prioritariamente a funzioni di
supporto al coordinamento dell’azione di Governo più che a compiti di
amministrazione attiva.
Appare necessaria una riflessione ponderata sulle linee strategiche del riordino
degli enti, sostenuta da una approfondita ricognizione per settori di intervento, per
categorie di soggetti, per profili organizzativi e contabili e, di conseguenza, in grado
di avanzare proposte di razionalizzazione e di assicurare, in modo mirato, risparmi
effettivi e permanenti di spesa.
Si tratta di un percorso impegnativo suscettibile di più puntuale esplicitazione
nella delega volta alla rivisitazione delle funzioni degli Enti pubblici non economici
nazionali A tale percorso dovrebbe accompagnarsi anche una omogeneizzazione del
sistema dei controlli eventualmente sul modello sperimentato della legge n. 259 del
1958.
La delega prevede anche una razionalizzazione della rete organizzativa e una
revisione delle competenze e delle funzioni degli Uffici territoriali del Governo,
Si pone al riguardo, ad avviso della Corte, l’esigenza di uno stretto raccordo con
la legge recentemente approvata dal Parlamento concernente il riassetto delle
Province e la istituzione delle Città metropolitane (legge n. 56 del 2014).
Quanto alla trasformazione della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo in
Ufficio territoriale dello Stato, nel condividere l’obiettivo di riordino su linee già da
tempo avviate, la Corte ha richiamato le consistenti difficoltà di attuazione di
precedenti iniziative in tal senso.
Merita approfondimento l’intera materia concernente la rimeditazione
dell’assetto e delle funzioni delle Forze di Polizia, sviluppando comunque le
potenzialità derivanti da una razionalizzazione territoriale e funzionale intesa ad
eliminare duplicazioni e possibili sovrapposizioni.
Con riferimento alla riforma dell’assetto ordinamentale della dirigenza pubblica.
il complessivo disegno riformatore ripropone il Ruolo Unico dei dirigenti, già
sperimentato con esiti non del tutto positivi nel nostro ordinamento, limitatamente
alle Amministrazioni statali, a partire dall’entrata in vigore del decreto legislativo n.
80 del 1998, successivamente abrogato dalla legge n. 145 del 2002. Il nuovo Ruolo
Unico risulta articolato in tre distinti settori, rispettivamente riferiti alle
Amministrazioni statali, alle Regioni e agli Enti locali.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 30
La riforma proposta altera l’equilibrio fra l’esigenza di assicurare flessibilità ai
modelli organizzativi e la garanzia di un’ effettiva autonomia dei dirigenti nei
confronti degli organi politici, nel quadro del modello prescelto fin dal decreto
legislativo n. 29 nel 1993, basato sulla separazione tra indirizzo politico e attività
gestionale.
La delega, in controtendenza rispetto al citato obiettivo, aumenta i margini di
discrezionalità per il conferimento degli incarichi; una discrezionalità solo in parte
temperata dalla previsione di requisiti legati alla particolare complessità degli uffici e
al grado di responsabilità che i dirigenti sono chiamati ad assumere.
L’abolizione della distinzione in fasce, l’ampliamento della platea degli
interessati, la breve durata degli incarichi attribuiti, il rischio che il mancato
conferimento di una funzione possa provocare la decadenza dal rapporto di lavoro,
costituiscono un insieme di elementi che potrebbero sacrificare l’autonomia dei
dirigenti.
Sotto altro profilo, i criteri direttivi della riforma delineano un modello
ordinamentale che privilegia, per il conferimento della titolarità di uffici anche di
piccole dimensioni, non già il possesso di competenze specifiche legate alla
conoscenza della complessa normativa dei settori di intervento, quanto il possesso di
competenze manageriali che, come l’esperienza ha dimostrato, risultano di limitata
applicabilità nell’ordinamento amministrativo.
L’attenzione della Corte si è ancora soffermata, esprimendo perplessità, sulla
riforma dei trattamenti accessori, e in particolare della retribuzione di risultato,
attualmente pari ad almeno il 30 per cento del trattamento complessivo, secondo
quanto previsto dal decreto legislativo n. 150 del 2009, percentuale che dovrebbe
essere dimezzata e portata ad un massimo del 15 per cento.
L’estensione del Ruolo Unico anche ai dirigenti delle Regioni e degli Enti locali
viene ad incidere sulla materia riguardante l’organizzazione degli Uffici, che l’attuale
art. 117 della Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva delle singole
Regioni.
Riguardo al potenziamento dei controlli sulla contrattazione integrativa, che
riguarda oltre diecimila enti, la Corte sottolinea come l’eventuale maggior
coinvolgimento delle Sezioni regionali non può prescindere da un effettivo
incremento dei mezzi e delle dotazioni di personale dei predetti Uffici.
Di particolare interesse per il rilevante impatto sulla finanza pubblica, le norme
in materia di partecipazione azionarie della Pubblica Amministrazione e dei servizi
pubblici locali.
In termini generali, i criteri e principi direttivi, appaiono molto ampi e non
facilmente delimitabili. Si tratta di una materia che necessita certamente di una
disciplina organica, meno frammentaria e più semplice di quella attualmente in
vigore.
Una delega ampia che voglia definire “criteri di scelta fra modello societario e
modello dell’amministrazione autonoma o criteri per l’internalizzazione”
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 31
dovrebbe peraltro essere ragionevolmente estesa a tutto il complesso mondo delle
interessenze patrimoniali detenute dalle amministrazioni pubbliche, senza essere a
priori limitata al sottoinsieme costituito dalle società per azioni. Ciò nella
consapevolezza che i modelli organizzativi di esercizio di funzioni e di gestione di
servizi sono notevolmente cresciuti nel tempo, spesso con l’obiettivo di “portare
fuori” dal bilancio dell’Amministrazione di riferimento parti più o meno
significative dei costi, sostanzialmente svincolandone la gestione dagli obblighi di
contenimento della spesa.
In particolare, la “societarizzazione” delle funzioni amministrative attraverso la
diffusione incontrollata del modello in house non ha risparmiato alcun livello di
governo, generando incremento dei costi, duplicazione e sovrapposizione di strutture,
elusione dei vincoli pubblicistici.
Il contesto operativo mostra, secondo la Corte, l’urgenza di una vasta opera di
razionalizzazione della tassonomia dei soggetti partecipati, cui collegare la misura
delle deroghe rispetto alla disciplina codicistica, per giungere alla definizione di uno
o più statuti societari certi, applicabili alle diverse tipologie.
La Corte, infine, ha sottolineato la necessità di assicurare stabilità ed effettiva
cogenza alle norme che disciplinano il settore dei servizi pubblici locali,
caratterizzato da continue modifiche e da ripetuti differimenti di termini.
Pertanto, dovrebbero essere
espressamente assicurati un sistema di
monitoraggio e adeguati strumenti di vigilanza che prevedano anche meccanismi
sanzionatori, in caso di mancato rispetto, sia nei confronti degli amministratori della
società che dell’amministrazione partecipante.
2.9. Audizione sulla Nota di aggiornamento del DEF 2014.
A metà ottobre dello scorso anno, la Corte è stata chiamata ad esprimere le
proprie valutazioni sulla Nota di aggiornamento del DEF che, congiuntamente alla
Relazione al Parlamento 2014, ridefinisce il quadro ed il percorso programmatico per
il periodo 2015-2018, alla luce delle importanti novità emerse nell’arco di tempo
successivo alla presentazione del DEF. Si tratta di novità che si riferiscono,
sostanzialmente, a tre ordini di elementi: gli scostamenti rispetto alle previsioni che
presentano sia lo scenario internazionale che il quadro macroeconomico; i riflessi sui
conti pubblici delle diverse stime macroeconomiche e dell’impatto dei provvedimenti
adottati dopo l’approvazione del DEF; infine, le implicazioni del passaggio al nuovo
Sistema Europeo dei conti nazionali e regionali (SEC 2010).
L’audizione resa dalla Corte davanti alle Commissioni Bilancio riunite di
Camera e Senato ha consentito di offrire al Parlamento alcune riflessioni su un
documento fortemente innovativo nell’impianto generale e, soprattutto,
nell’impostazione della politica economica e nell’interpretazione dei vincoli europei
e costituzionali in materia di saldi di bilancio. La natura della Nota, che ridisegna
sostanzialmente gli indirizzi della politica di bilancio in termini di saldi
programmatici, ha circoscritto la materia delle verifiche e del confronto consentiti
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 32
alla Corte, che si è riservata di esprimere un giudizio più meditato al momento della
presentazione del disegno di legge di stabilità 2015, espressamente deputato ad
esplicitare contenuti ed articolazione degli strumenti di intervento con effetti su
bilancio pubblico.
Il consistente ribasso delle stime di crescita e la preoccupazione per il protrarsi
della recessione in cui versa l’economia italiana hanno spinto il Governo ad una
radicale revisione della strategia di fiscal policy. Nella Nota di aggiornamento, il
Governo estende, infatti, il concetto di “eventi eccezionali” (la condizione che
consente temporanee deviazioni dal percorso di riequilibrio strutturale del bilancio
pubblico), ricomprendendo in esso, accanto alle dimensioni del vuoto di prodotto, il
rischio di deflazione che, per la prima volta dalla grande crisi degli anni Trenta, torna
ad occupare una posizione preminente nel dibattito europeo. Ne consegue che, nella
valutazione del Governo, i rischi deflattivi e le relative implicazioni per la
sostenibilità del debito dovrebbero suggerire, nella definizione delle misure di
bilancio, di adottare una manovra espansiva a sostegno della crescita economica. A
tal fine, poichè l’Italia, al pari dell’Area Euro, risente di problemi sia di offerta che di
domanda, si ritiene necessario fare ricorso a tutte le leve di politica economica:
monetaria, strutturale e di bilancio. Una distinzione esplicita viene a tal riguardo
proposta tra il breve termine, nel quale ci si propone di agire attraverso il sostegno
della domanda aggregata, e il lungo termine, l’orizzonte nel quale indirizzare
politiche strutturali in grado di innalzare permanentemente il potenziale produttivo.
Si propone, in tal modo, un nuovo policy-mix: l’adozione di una manovra di
segno espansivo per il 2015 e la scelta di non operare correzioni sulle dinamiche
tendenziali dei saldi per tutto il 2016. Solo nel 2017 la manovra di finanza pubblica
tornerebbe a incidere nel senso di una riduzione dell’indebitamento, assicurando, in
tal modo, il raggiungimento del pareggio strutturale di bilancio.
Per il 2015, la modifica di impostazione si accompagna alla scelta di operare in
disavanzo con misure di sostegno dell’economia.
Gli obiettivi programmatici del DEF 2014 erano iscritti all’interno di un
percorso di crescita dell’economia che ha però mancato di realizzarsi. I segnali di
rafforzamento della congiuntura, evidenziati dalle indagini qualitative fra la fine
dello scorso anno e l’inizio del 2014, non si sono infatti trasmessi ai dati reali e nel
primo semestre del 2014 il Pil si è contratto dello 0,3 per cento: un ripiegamento
osservato anche nella media dell’Eurozona, dove i saggi di attività si sono fortemente
ridimensionati nel corso del 2014.
Nella Nota di aggiornamento 2014 si prende atto del mancato avvio della
ripresa, incorporando nel quadro tendenziale un sensibile ribasso delle previsioni di
crescita. Il Pil è atteso ridursi nel 2014 dello 0,3 per cento (la terza flessione
consecutiva) e il vuoto di prodotto superare il 4 per cento, un valore molto più
elevato della soglia rappresentativa di normali condizioni cicliche e che segnala la
condizione di grave recessione.
La Nota prende atto anche dell’inatteso andamento dei prezzi, molto al di sotto
del valore obiettivo del 2 per cento assunto dalla Banca centrale europea.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 33
All’interno del nuovo quadro tendenziale, contrazione dell’attività reale e calo
dell’inflazione si combinano nel determinare una crescita del Pil nominale - la
grandezza rilevante cui rapportare i saldi di finanza pubblica - molto inferiore alle
precedenti aspettative. Il prodotto nominale potrebbe aumentare appena dello 0,5 per
cento nel 2014 e dell’uno per cento nel 2015.
Questi andamenti si inquadrano entro uno scenario internazionale che, già molto
instabile al momento della presentazione del DEF, ha incorporato nuovi e più gravi
elementi di incertezza e di rischio: un insieme di cambiamenti orientati, per lo più, in
direzioni sfavorevoli. L’intera area europea ne è rimasta influenzata negativamente.
La stessa economia tedesca, fortemente integrata con i paesi dell’Europa dell’est,
subisce gli effetti della crisi ucraina e della caduta delle importazioni della Russia.
Non mancano, peraltro, fattori favorevoli come, soprattutto, la forte flessione
delle quotazioni del petrolio e delle materie prime.
Ad avviso della Corte, la Nota di aggiornamento del DEF recepisce in misura
parziale le indicazioni che provengono da tali contrastanti fattori. Lo scenario
proposto evidenzia un andamento della crescita internazionale e del commercio
mondiale ancora relativamente robusto, sulla base di ipotesi di incerta realizzabilità
nelle fasi – come quella in atto - di rapido cambiamento dello scenario. Il rischio
principale è di avere assunto ipotesi di cambio debole e tassi d’interesse bassi senza
considerare adeguatamente i timori di rallentamento della congiuntura internazionale
da cui scaturiscono tali andamenti.
L’interruzione del percorso di rientro verso l’Obiettivo di Medio Termine
(OMT), che nelle intenzioni del Governo ha una natura temporanea, costituisce una
novità nell’impostazione recente della politica di bilancio italiana. Gli interventi
varati con le leggi di stabilità 2013 e 2014 e con il d.l. 35/2013, che pure hanno avuto
natura espansiva, non avevano infatti pregiudicato la diminuzione dell’indebitamento
strutturale, che nel biennio 2014-2015 è invece ora stimato attestarsi su un livello
superiore a quello del 2013.
La Nota di aggiornamento sembra anche evidenziare come, nella valutazione del
Governo, il grado di cogenza dell’OMT risulti indebolito dalla fragilità dell’impianto
analitico che presiede alla sua definizione. Appare piuttosto esplicita, da questo
punto di vista, l’affermazione per cui “l’utilizzo del prodotto potenziale e dell’output
gap nel contesto di regole fiscali, legate anche all’applicazione di verifiche e
sanzioni, va improntato a grande cautela, anche per evitare rischi di politiche procicliche.” Una conclusione che dovrebbe richiamare l’attenzione europea sulla
necessità di rivedere e semplificare gli attuali criteri di sorveglianza rafforzata, con
l’intento di accrescerne il grado di intelligibilità per l’opinione pubblica e per il
policy maker. Nell’incertezza generata dalle metodologie di calcolo al momento
adottate, il Governo sembra aver ancorato la propria strategia a un obiettivo più
facilmente riconoscibile, e per questo più credibile, come è la soglia di massimo
indebitamento nominale del 3 per cento.
Il peggioramento programmato dei saldi di bilancio, che si estende per tutto il
periodo della previsione, per quanto consistente non appare, nella valutazione della
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 34
Corte, sufficiente ad imprimere, se non accompagnato da un’azione di riforma di più
ampio raggio, un impulso risolutivo per il riavvio della crescita.
Più che la dimensione dell’impulso, ciò che sembra effettivamente caratterizzare
il percorso programmatico delineato nella Nota, è la presa d’atto della necessità di
prevedere un più realistico quadro dei risparmi di spesa conseguibili e degli effetti
attesi dalle riforme avviate.
Sotto questo profilo, la Nota non elimina la preoccupazione per il crescente peso
che si trasferirebbe sugli anni a venire in termini di revisione della spesa, assistita o
meno da clausole di salvaguardia (relative all’IVA o ai sistemi di agevolazione
fiscale). Riprendere il processo di convergenza verso l’OMT non è agevole, anche
nell’ipotesi di tassi di crescita medi, nel quadriennio 2015-2018, ben superiori a
quelli del decennio passato .
La chiave di volta rimane, quindi, la capacità effettiva delle riforme avviate, di
rileggere l’intervento pubblico alla luce della caduta di prodotto conosciuta negli
anni della crisi e della necessità di rimuovere squilibri antichi per garantire la
“ripartenza” dell’economia.
2.10. Audizione sul disegno di legge di stabilità per il 2015.
A pochi giorni di distanza dall’audizione sulla Nota di aggiornamento del DEF,
la Corte è intervenuta nuovamente nel ciclo delle audizioni riservate al disegno di
legge di stabilità per il 2015.
Nel breve intervallo di tempo intercorso, il Governo ha accolto l’invito della
Commissione europea ad assicurare nel 2015, in ottemperanza alle regole
comunitarie, un rafforzamento della correzione del saldo strutturale.
La manovra originariamente proposta dal Governo prevedeva interventi per circa
36 miliardi nel primo anno e circa 45 miliardi tanto nel 2016 che nel 2017.
Nel 2015 gli interventi disposti determinavano un incremento dell’indebitamento
netto di 10,4 miliardi, mentre negli anni successivi la manovra comportava un
miglioramento del saldo delle amministrazioni pubbliche di circa 200 milioni nel
2016 e di 6,9 miliardi nel 2017.
A seguito delle modifiche disposte dal Governo in esito alle consultazioni con la
Commissione, la dimensione complessiva della manovra verrebbe a ridursi a circa 32
miliardi nel 2015, mentre il finanziamento in disavanzo si ridurrebbe nel 2015 a 5,9
miliardi (dallo 0,7 allo 0,4 per cento del Pil), rafforzandosi, invece, il miglioramento
dei saldi negli anni successivi.
La copertura della manovra è assicurata principalmente dalla riduzione delle
spese delle amministrazioni territoriali e centrali a cui si aggiungono gli utilizzi di
fondi accantonati per la riduzione del prelievo fiscale (per questi ultimi si tratta di 3
miliardi per il 2015 che salgono rispettivamente a 4,6 e 4,1 miliardi nel biennio
successivo).
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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I Ministeri concorrono direttamente per 2,3 miliardi nel 2015 e nel 2016 e per
2,4 miliardi nel 2017. Solo marginale è, poi, il contributo assicurato dalla riduzione
dei trasferimenti alle imprese e dalla revisione della disciplina dei crediti d’imposta.
Gli importi più consistenti sono attesi dai risparmi di spesa corrente delle
Amministrazioni territoriali: 8,5 miliardi nel 2015 che crescono ad oltre 10,5 nel
2017. Di questi, 4 miliardi sono richiesti alle Regioni, mentre la restante somma è
attesa dagli Enti locali, che tuttavia ottengono una rilevante riduzione degli obiettivi
del patto di stabilità interno (circa 3,4 miliardi), che è previsto si traduca in una
crescita della spesa in conto capitale di pari ammontare.
Infine, maggiori entrate sono attese dall’innalzamento dell’aliquota di tassazione
per i Fondi pensione (dall’11 al 20 per cento), nonché dall’incremento della
tassazione della rivalutazione del trattamento di fine rapporto dall’11 al 17 per cento
e dall’introduzione nell’ordinamento nazionale del sistema dell’inversione contabile
per le operazioni relative al settore energetico e del gas e per le prestazioni di servizi
di pulizia e per gli acquisti delle Pubbliche Amministrazioni. Inoltre, sono attesi circa
1,6 miliardi nel 2015 (5,2 miliardi nel triennio) da una maggiore cooperazione tra
l’amministrazione finanziaria e i contribuenti e dalla revisione del sistema di
tassazione del gioco.
La manovra proposta con la legge di stabilità conferma, nella sostanza,
l’impianto annunciato con la Nota di aggiornamento.
Nonostante il minor peggioramento dei saldi prefigurato nel nuovo quadro
programmatico in risposta ai rilievi della Commissione europea, le misure disposte
non modificano le indicazioni programmatiche: esse mirano a cambiare le aspettative
degli operatori economici e a sostenerne la fiducia, con interventi strutturali di
modifica del mercato del lavoro e del sistema fiscale. Così, a misure sul lato della
domanda interna (bonus fiscale, intervento per i nuovi nati), si accompagnano
interventi sul lato dell’offerta (taglio dell’Irap, decontribuzione, nuovi contratti di
lavoro). Una azione di stimolo che, ridotto a poco meno di 6 miliardi il ricorso al
peggioramento dei saldi, per la gran parte continua a basarsi su interventi di carattere
redistributivo.
Nell’opinione della Corte, si tratta di una opzione non priva di rischi, ma
giustificata dalle difficili condizioni economiche del Paese. Occorrerà, pertanto, una
riflessione accurata sui provvedimenti assunti nei tempi e nelle modalità proposte,
ma soprattutto nella loro concreta realizzazione.
La mobilitazione di risorse consistenti, specie se poste in rapporto con i vincoli
di finanza pubblica, richiede un attento monitoraggio degli interventi per assicurarne,
in fase di attuazione, l’efficacia e, soprattutto, l’effettivo carattere aggiuntivo.
Si tratta anche di leggere gli interventi in relazione all’effettiva capacità di
affrontare la crisi del sistema produttivo, che è sì riconducibile ad un eccesso di
pressione fiscale ma è anche connessa alla stagnazione della produttività totale dei
fattori. Crisi che richiede un adeguato intervento sulle condizioni di contesto in cui
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operano le imprese e, tra queste, una Amministrazione che non sia più percepita
quale elemento di freno ma di supporto alla crescita.
In particolare nel caso delle misure di contenimento della spesa degli apparati
pubblici, è urgente che esse siano accompagnate da un processo di riforma
dell’Amministrazione che ne delinei funzioni e limiti.
Ad avviso della Corte, le coperture individuate, specie quelle dal lato della spesa
delle Amministrazioni territoriali, mantengono margini di incertezza per il timore sia
che da esse derivino peggioramenti nella qualità dei servizi, sia che esse inducano ad
aumenti delle imposte locali.
La Corte ha, infine, sottolineato il crescente impegno che grava sul futuro per
ulteriori tagli di spesa, al momento sostituiti da clausole di salvaguardia: 16 miliardi
nel 2016, oltre 23 miliardi nel 2017, che si aggiungono ai 3 miliardi di ulteriori tagli
alla spesa a partire dal 2016. Un profilo di risparmi che appare alla Corte di non
agevole realizzazione, tanto più se ricercato entro i confini presenti
dell’Amministrazione e dell’intervento pubblico. Ancora una volta, pertanto, la Corte
sollecita Governo e Parlamento ad operare nella direzione di scelte non più eludibili,
che puntino gradualmente a circoscrivere l’area e le funzioni oggi di competenza del
“pubblico”, che appare ormai incompatibile con le mutate condizioni di contesto
(bassa crescita economica, invecchiamento della popolazione, disoccupazione).
Al di là di tali considerazioni di natura “strategica”, l’occasione offerta
dall’audizione sul disegno di legge di stabilità ha consentito alla Corte di porre a
disposizione del Parlamento un robusto contributo analitico su alcune delle principali
tematiche affrontate con il d.d.l., anche al fine di considerare l’opportunità di
introdurre, nel corso della discussione parlamentare, modifiche utili a correggere
possibili esiti indesiderati delle misure proposte.
2.11 Audizione sul disegno di legge recante “delega al governo per la riforma del
terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”.
Nel mese di novembre la Corte è stata chiamata ad esprimere le proprie
valutazioni davanti alla XII Commissione (Affai sociali) della Camera dei Deputati
sul disegno di legge delega avente ad oggetto la riforma del Terzo settore,
dell’impresa sociale e la disciplina del servizio civile nazionale.
Nell’occasione la Corte ha preliminarmente osservato come l’iniziativa
legislativa rappresenta un intervento da tempo auspicato, in considerazione
dell’importanza non solo sociale ma anche economica - sotto il profilo delle risorse
movimentate e della dinamica occupazionale - delle attività svolte da enti che
operano in un contesto normativo caratterizzato da molteplici interventi, non sempre
tra loro coordinati.
L’intervento normativo all’esame, secondo la Corte, ha l’indubbio merito di
prevedere un’organica e completa disciplina della materia, con una definizione del
relativo perimetro che pone al centro l’attività svolta e le finalità perseguite e non più
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le caratteristiche oggettive e soggettive dei diversi enti che operano senza finalità di
lucro.
Con riferimento al primo ambito di intervento, relativo alla riforma della
normativa di carattere generale contenuta nel codice civile (da riferire a tutte le
società senza scopo di lucro) la Corte ha osservato che andrebbe meglio definito il
rapporto con le altre deleghe previste, allo scopo di evitare la introduzione di una
normativa troppo orientata sulle caratteristiche di organismi che operano più
propriamente nel campo della solidarietà e della sussidiarietà sociale.
Appaiono inoltre generici e poco dettagliati i criteri direttivi per l’esercizio della
delega.
Con riferimento alla revisione della normativa sugli enti rientranti nel Terzo
settore, la Corte ha sottolineato che la decisione di riportare a livello nazionale la
materia del riconoscimento giuridico, del controllo dei requisiti per l’iscrizione alle
diverse categorie - ispirata ad evidenti esigenze di semplificazione e di tendenziale
omogeneizzazione della disciplina - non dovrebbe comunque indebolire il rapporto
di ciascun ente con la sottostante realtà territoriale. Gli ambiti di attività coperti dal
Terzo settore riguardano, infatti, principalmente materie quali la sanità e l’assistenza
ai soggetti più deboli, che rientrano nelle competenze delle Regioni e degli Enti
locali.
Fra i criteri direttivi contenuti nel disegno di legge delega, la Corte ha
sottolineato l’opportunità di approfondire e meglio dettagliare la materia relativa ai
controlli. Proprio il passaggio da un sistema basato sui requisiti soggettivi per
l’appartenenza al Terzo settore al nuovo assetto, che pone al centro l’attività in
concreto svolta, impone una costante verifica sull’attività gestionale degli enti e sui
risultati conseguiti, per evitare di attribuire benefici e sovvenzioni sulla base della
sola autodichiarazione di intenti contenuta negli statuti o negli atti costitutivi.
In ogni caso, appare difficilmente ipotizzabile che un effettivo ed incisivo
controllo sulla molteplicità degli enti che operano del Terzo settore possa essere
praticato a costo zero, avvalendosi di strutture e uffici già esistenti.
Particolarmente delicato il tema relativo ai profili tributari della delineata
riforma.
La valutazione d’insieme del disegno normativo, effettuata dalla Corte
evidenziato l’esistenza di incertezze e rischi, connessi a:
ha
- l’estensione del perimetro dei soggetti appartenenti al Terzo settore, nella
misura in cui i requisiti per farne parte non siano adeguatamente ancorati a parametri
vincolanti;
- l’incertezza circa l’intensità dei trattamenti agevolati assicurati dalla riforma,
considerato che la genericità dei principi e criteri direttivi non consente un puntuale
confronto con l’assetto normativo vigente;
- le conseguenti difficoltà a verificare il rispetto della clausola di neutralità
finanziaria.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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L’ampliamento del perimetro degli “enti non commerciali”, anche a soggetti che
operano in parte sul mercato, potrebbe determinare, infatti, ricadute effetti sulla spesa
fiscale (riconoscimento di detrazioni e deduzioni e aliquote agevolate )
Inoltre, l’auspicato incremento delle donazioni in favore di enti del Terzo settore
e le conseguenti deduzioni, determinano inevitabilmente un minor gettito di Ires e di
Irpef che va valutato alla luce del recupero di una capacità programmatica, volta al
pieno riconoscimento, nel complessivo sistema del welfare, delle attività svolte dagli
enti del Terzo settore, in un’ottica di complementarietà e sussidiarietà e nel rispetto,
ovviamente, dei vincoli di finanza pubblica.
Sempre in tema di benefici fiscali, la riforma strutturale del 5 per mille, delineata
nel disegno di legge supera solo in parte le problematiche evidenziate dalla Corte
nell’ambito di una specifica indagine di controllo sulla gestione. In particolare, si
osservava in quella sede la persistenza di due fenomeni opposti: da un lato, una
indubbia situazione di vantaggio per gli organismi di maggiori dimensioni e più
strutturati, in grado di investire in attività promozionali, volte ad ottenere la
preferenza dei contribuenti; dall’altro, una dispersione eccessiva, in favore di una
pletora di beneficiari che determina, tra l’altro, costi di gestione non indifferenti, un
rallentamento delle procedure di erogazione e il rischio di indebolire l’istituto,
trasformandolo in un inutile contributo a pioggia.
Ulteriori problematiche sul fronte del gettito potrebbero infine scaturire dalla
prevista revisione della disciplina riguardante le organizzazioni non lucrative di
utilità sociale (ONLUS)
Per tali organismi, ad avviso della Corte, sarebbe in ogni caso necessario
ribadire nei criteri direttivi per l’esercizio della prevista delega il vincolo di non
prevalenza delle attività “connesse” rispetto a quelle istituzionali e non sottovalutare
le conseguenze di un eventuale alterazione del rapporto, esistente, oggi pari al 66 per
cento.
Difficile in tale contesto effettuare una verifica ex ante di eventuali oneri
finanziari connessi con l’esercizio delle deleghe. Non era al momento disponibile,
infatti, - ha osservato la Corte - una quantificazione delle ricadute sulla finanza
pubblica degli oneri connessi con gli interventi di sostegno già previsti a legislazione
vigente, base necessaria per valutare attraverso un opportuno raffronto, l’impatto
delle innovazioni proposte.
Con riferimento alla revisione della normativa in materia di impresa sociale, la
Corte ha osservato che i criteri direttivi contenuti nel d.d.l. accentuano le
caratteristiche più propriamente commerciali e imprenditoriali prevedendo, in
particolare, la possibilità per i decreti delegati di consentire non meglio precisate
forme di remunerazione del capitale sociale e di ripartizione degli utili, previsione
che sembrerebbe escludere l’impresa sociale da una piena “cittadinanza” all’interno
del Terzo settore
Merita una attenta riflessione, inoltre, con riferimento al principio di libera
determinazione degli associati, la previsione di una obbligatoria attribuzione della
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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qualifica di impresa sociale con assoggettamento vincolante alla relativa disciplina di
tutti gli enti che abbiano astrattamente i previsti requisiti.
Riguardo, infine, al quarto ambito di intervento, relativo alla riforma del servizio
civile, la Corte osservava come l’introduzione dell’aggettivo “universale” sembra
ipotizzare la creazione di un diritto per tutti i soggetti rientranti nella prevista fascia
di età a partecipare all’iniziativa.
In realtà, sinora, anche in relazione alla scarsa entità delle risorse disponibili, nel
periodo di applicazione della legge n. 64 del 2001, i soggetti ammessi sono stati
complessivamente poco più di trecentomila, con un massimo di circa 57 mila
soggetti nel 2006. A partire da tale data il numero dei posti è progressivamente
diminuito fino al 2012, anno in cui non vi è stato alcun bando di selezione.
Pur tenendo conto delle risorse finanziarie già stanziate, anche (ma non solo) per
tale finalità dall’art. 17, comma 21, del disegno di legge di stabilità per il 2015 (50
milioni per il 2015, destinati a diventare 190 a regime dal 2017), non sembra
ipotizzabile una generalizzazione “universale” dell’iniziativa.
2.12. Audizione sull’andamento dell’armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali
Il 27 novembre 2014, nel corso dell’audizione su “armonizzazione dei bilanci
degli enti territoriali e sistema contabile delle Regioni” - seguita all’entrata in vigore
del d.lgs. n. 126/2014, modificativo ed integrativo del d.lgs. n. 118/2011 - oltre ad
una analisi sull’avvio della riforma, la Corte ha fornito un quadro delle più rilevanti
criticità emerse nei giudizi di parificazione sui rendiconti generali delle Regioni nel
biennio 2012/2013.
La riforma, mentre per gli enti locali introduce rilevanti modifiche nel TUEL,
per le Regioni dà avvio al nuovo ordinamento contabile, a sostituzione del d.lgs. n.
76/2000. La Corte evidenzia che le attuali differenze nei sistemi contabili regionali
dovrebbero essere superate con l’effettiva attuazione dell’armonizzazione contabile,
allo stesso tempo con evidenti riflessi sulla confrontabilità degli andamenti finanziari
e gestionali del comparto e, pertanto, sull’effettività dei controlli previsti dalla legge.
Nel contesto delle disposizioni comunitarie, tendenti a migliorare il
monitoraggio sull’osservanza delle regole di bilancio degli Stati membri, la legge 30
ottobre 2014, n. 161 “Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013-bis” seguendo i principi della direttiva 2011/85/UE del Consiglio dell’Unione europea in
materia di quadri di bilancio - con l’articolo 30 attribuisce rilevanza comunitaria ai
controlli della Corte dei conti sui bilanci di tutte le pubbliche amministrazioni.
L’analisi si sofferma di nuovo sulle operazioni legate all’accertamento
straordinario dei residui attivi e passivi, alla quantificazione del fondo crediti di
dubbia esigibilità ed al conseguente accantonamento nel risultato di amministrazione.
Tali operazioni sono alla base di una ”operazione verità”, che coinvolge sia la classe
politica e dirigenziale che le competenti strutture tecniche, fin dall’avvio della
riforma. Così la Corte ha espresso l’esigenza che, soprattutto a livello politico ed in
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ogni Ente, vi sia una presa di coscienza che porti a rappresentare la reale situazione
dei conti ed i veri rischi che possano compromettere gli equilibri di bilancio.
Vengono richiamati gli organi di revisione, i direttori delle ragionerie regionali
ed i responsabili dei servizi finanziari degli Enti locali a prestare la massima
attenzione al corretto svolgimento delle prime fasi di attuazione della riforma - sulle
quali la Corte procederà ad un sistematico monitoraggio sull’attuazione - essenziali
perché gli enti territoriali operino in condizioni di sana gestione finanziaria.
La Corte evidenzia inoltre che, poiché la riforma investe sia la contabilità
finanziaria che quella economico-patrimoniale, con la giusta combinazione tra i
diversi moduli contabili sarà possibile valutare lo stato reale dei conti di ogni Ente.
Si sottolinea inoltre che le nuove disposizioni vanno lette in relazione al
rafforzamento dei controlli sulle Regioni, da parte della Corte, introdotti dal decreto
legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla legge n. 213 del 7 dicembre 2012. Per
gli enti regionali, il titolo III del novellato d.lgs. n. 118/2011 ha codificato uno
specifico ed unitario ordinamento contabile che valorizza, tra l’altro, l’istituto del
giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione. Un corretto rispetto
delle tempistiche specificate nelle recenti norme permetterà di rendere più incisivi i
controlli, con l’auspicio che ne guadagni anche la confrontabilità dei dati e degli
andamenti finanziari e gestionali dell’intero comparto regionale. L’armonizzazione,
se letta in un contesto generale di divieto di legiferare autonomamente in materia di
regole di bilancio e con una intensificazione dei controlli ai sensi del d.l. n.
174/2012, è finalizzata ad assicurare il monitoraggio e la salvaguardia degli equilibri
di bilancio e della sostenibilità del debito del comparto.
A corredo del documento sono presenti 5 allegati, riguardanti i tempi di
attuazione della riforma, il nuovo trattamento dei residui, i primi esiti della
sperimentazione, il punto sui giudizi di parificazione dei rendiconti regionali per gli
esercizi 2012 e 2013, con le schede di sintesi per l’esercizio 2013.
2.13 Audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla “Attuazione ed efficacia
delle politiche della UE in Italia” (14 gennaio 2015), su deliberazione approvata
nell’adunanza del 15-16 dicembre 2014).
La Corte dei conti ha ricevuto una richiesta di audizione da parte della XIV
Commissione permanente della Camera dei Deputati per le Politiche dell’Unione
europea, nel quadro di una indagine conoscitiva sull'attuazione e sull'efficacia delle
politiche dell'UE in Italia.
Il Presidente della Corte dei conti ha delegato la Sezione di Controllo per gli
Affari comunitari ed internazionali a partecipare a tale audizione. Al riguardo, la
Sezione ha predisposto un testo di intervento (deliberazione n.6/2014, approvata
nell'adunanza del 15-16 dicembre 2014) nel quale:
-
si fa riferimento allo stato di attuazione delle programmazione 2007-2013 e si
mettono in luce le criticità attuative, comparandole anche con i profili
problematici rilevati nella programmazione 2000-2006, quali indicati anche a
seguito di una relazione speciale sulla conclusione di quel ciclo programmatorio
a suo tempo condotta dalla Sezione. Da ciò emerge che un più efficace utilizzo
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 41
-
-
delle risorse della politica di coesione è strettamente collegato ad un effettivo
miglioramento della capacità progettuale e delle correlate capacità istituzionali,
amministrative e gestionali a livello centrale e locale;
sono menzionati gli esiti di una ulteriore indagine speciale della Sezione,
concernente un controllo sulla attuazione di alcune misure di semplificazione
nell'ambito dei fondi strutturali. Tale indagine ha consentito di individuare e di
esaminare l'attività di semplificazione svolta in Italia da quattordici enti
territoriali, con riguardo al Fondo sociale europeo, e di valutare i benefici
conseguenti all'applicazione delle procedure di semplificazione ed, in
particolare, dell'utilizzazione di nuove modalità di definizione della spesa, come,
ad esempio, le unità di costi standard;
sul tema del monitoraggio e della prevenzione delle irregolarità e delle frodi,
sono illustrate la struttura e le modalità operative della banca dati istituita presso
la Sezione (SIDIF-ConosCO) e sono sottolineate le potenzialità offerte dalla
stessa banca dati per una migliore gestione dei fondi. In particolare, si sottolinea
che la banca dati consente di effettuare un costante controllo sulle attività poste
in essere dalla Amministrazioni per prevenire i fenomeni delle frodi comunitarie
e, ove del caso, per ristorare l'erario nazionale e quello dell'UE. Si indica inoltre
che in tale settore la Sezione ha promosso, nel corso del testé concluso Semestre
di Presidenza italiana dell'UE, un'azione di più stretta concertazione in ambito
europeo al fine di pervenire, nella materia, a forme più incisive di raccordo e di
armonizzazione.
3. La Relazione sul rendiconto generale dello Stato
La decisione e la Relazione della Corte sul Rendiconto generale dello Stato
configurano una delle più significative espressioni della funzione ausiliaria che la
Corte esplica nei confronti del Parlamento e si pongono come momento di chiusura,
consacrato nella solennità del rito della parificazione, di un articolato sistema di
controlli, costantemente implementato in virtù di specifiche previsioni normative e
per effetto dell’autonomo esercizio della facoltà della Corte stessa di selezionare
annualmente settori di attività da sottoporre ad indagini di controllo successivo sulla
gestione.
La Relazione sul Rendiconto generale dello Stato per il 2013 che, secondo la
previsione normativa si affianca alla decisione di parificazione del Rendiconto stesso
e ne integra il “giudizio”, offre un’analisi retrospettiva delle principali vicende
refluenti nella finanza pubblica, che hanno interessato in particolare la gestione del
bilancio e del patrimonio dello Stato.
Essa interviene a poca distanza temporale dal Rapporto sul coordinamento della
finanza pubblica con il fine di fornire agli organi rappresentativi una valutazione
sulla gestione del bilancio dello Stato, attenta non solo ai profili di carattere
finanziario e contabili, ma anche alla realtà dei fenomeni gestori sottostanti.
In quest’ottica essa si è sostanziata in due volumi: il primo contenente
considerazioni di quadro complessivo sulle tendenze della finanza pubblica, anche
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 42
nel contesto europeo; l’osservazione dei risultati dell’esercizio nelle sue componenti
dei principali saldi di bilancio, degli andamenti generali dell’entrata e della spesa,
della gestione del patrimonio; l’illustrazione dei principali istituti dell’ordinamento
contabile alla luce delle novità normative intervenute; i profili di maggior rilievo
nella revisione degli assetti organizzativi statali e nella gestione del personale.
Il secondo è invece specificamente dedicato alla verifica degli effettivi risultati
conseguiti nella gestione nelle Amministrazioni dello Stato, osservate nelle singole
articolazioni per Ministeri, in riferimento agli obiettivi programmati, con eventuali
rilievi riguardanti irregolarità amministrativo contabili, mancato rispetto delle norme
sui procedimenti, disfunzioni nell’organizzazione delle strutture, centrali e
periferiche.
In ordine alla valutazione degli equilibri complessivi della finanza pubblica, di
fondamentale importanza è stata la messa a punto, già avviata a titolo sperimentale
dal 2012, di elementi di raccordo a consuntivo tra la contabilità statale, le risultanze
finanziarie, cioè proprie del Rendiconto generale dello Stato, che vengono asseverate
in sede di giudizio di parificazione (accertamenti e incassi sul fronte dell’entrata e
impegni e pagamenti su quello della spesa), e i corrispondenti aggregati di contabilità
nazionale, costruiti secondo le regole standardizzate del Sistema Europeo dei Conti
(SEC). Ciò ha consentito di disporre di più trasparenti elementi di informazione sui
flussi della finanza statale, nel quadro generale dei conti pubblici, al fine di valutare
l’impatto che il bilancio dello Stato comporta in termini di indebitamento netto, in
altri termini, il contributo effettivo che lo Stato fornisce alla complessiva evoluzione
delle finanze pubbliche. Resta sullo sfondo il tema di un graduale superamento
dell’attuale contabilità finanziaria a favore di un sistema di contabilità economica
ispirata al sistema europeo dei conti recentemente affinato con il passaggio dal
SEC’95 al SEC’2010 e con l’introduzione di principi contabili (European public
sector accounting standard- EPSAS) fondati sugli attuali (International public sector
accounting standard- IPSAS).
L’analisi della gestione del bilancio statale nell’ambito delle singole
Amministrazioni ha messo in luce in primo luogo gli orientamenti gestionali che
emergono dall’osservazione delle attività e dei risultati conseguiti in riferimento alle
missioni ed ai programmi.
Il contenuto della Relazione non si esaurisce comunque in questa, pur
fondamentale, disamina delle modalità e del grado di raggiungimento degli obiettivi
perseguiti dalle politiche pubbliche.
Nell’ottica dell’avviato, e recentemente potenziato, processo di revisione della
spesa, nella duplice direzione di una riduzione del perimetro dell’intervento pubblico
e della progressiva eliminazione delle spese non produttive e degli sprechi,
l’impegno della Corte nell’esame del bilancio dello Stato è stato anche quello di
indirizzare verso percorsi di ripensamento dell’organizzazione stessa delle pubbliche
funzioni, che, attraverso la riforma delle procedure, dei modelli di programmazione e
gestione, della fisionomia degli apparati pubblici centrali, si affianchino in modo
coerente alle stringenti misure di contenimento finora adottate. Ciò, nel doppio
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 43
intento di promuovere processi virtuosi per l’azione delle Amministrazioni e di
fornire, nello stesso tempo, un efficace quadro valutativo a disposizione del
Parlamento.
Ampi sono risultati gli aspetti oggetto di approfondimento nell’esame della
gestione nelle Amministrazioni centrali. Essi spaziano dai profili organizzativi
ancora aperti, all’andamento delle spese di funzionamento, oggetto di specifiche
disposizioni di contenimento (in particolare i redditi da lavoro ed i consumi
intermedi), alla formazione di debiti pregressi, che mette in crisi l’annualità del
bilancio e la stessa rappresentatività del consuntivo, all’evoluzione delle spese di
investimento, maggiormente incise dalle misure restrittive.
Anche nel 2013 le maggiori criticità del bilancio pubblico si sono manifestate
dal lato delle entrate. É stata registrata una diminuzione dello 0,3 per cento
nell’aggregato e dell’1 per cento nella sola componente tributaria. Nella serie storica
degli ultimi cinquant’anni, una caduta delle entrate totali si rinviene solo nel 2009, in
coincidenza con la grande recessione dell’economia mondiale.
Sull’inattesa riduzione delle entrate tributarie correnti hanno pesato gli
andamenti delle imposte indirette (-3,6 per cento) e dei contributi sociali (-0,5 per
cento), solo parzialmente compensati dall’aumento delle imposte dirette (0,6 per
cento) e delle altre entrate correnti non tributarie (4,9 per cento).
Rispetto alle iniziali proiezioni programmatiche, il consuntivo vede mancare
quasi 14 miliardi di gettito.
L’andamento del gettito riflette l’operare di diversi fattori. In senso sfavorevole
hanno influito il prolungamento della recessione e la conseguente erosione delle basi
imponibili; in direzione di una ricomposizione hanno operato le manovre adottate nel
corso dell’anno, che hanno spostato, sia pur temporaneamente, il peso fiscale
dall’imposizione indiretta (eliminazione dell’IMU sull’abitazione principale e rinvio
dell’aumento dell’aliquota ordinaria IVA) all’imposizione diretta (aumento degli
acconti di imposta); in senso accrescitivo, infine, hanno agito le manovre degli anni
passati, che hanno introdotto misure di incremento delle entrate pari, nelle stime
ufficiali, a circa 4,4 miliardi di euro.
Più in generale, si deve osservare come la flessione del gettito, se da un lato ha
reso più difficile il conseguimento degli obiettivi di saldo, dall’altro ha consentito
una prima riduzione della pressione fiscale, discesa, nel 2013, di due decimi di punto.
In tal modo, l’andamento delle entrate è tornato a svolgere una funzione
stabilizzatrice del ciclo economico; un ruolo sacrificato, nel 2012, alle esigenze
dell’emergenza finanziaria.
Negli andamenti del 2013 e nel confronto con i valori programmatici,
l’equilibrio di bilancio è stato conseguito attraverso una riduzione della spesa totale,
che ha compensato la diminuzione registrata dal gettito tributario. La sostituzione fra
spese ed entrate non è stata però virtuosa: contrariamente alle attese il
ridimensionamento delle uscite ha, infatti, interessato la sola componente in conto
capitale.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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Il consuntivo 2013 conferma sostanzialmente le previsioni contenute nella nota
di aggiornamento al DEF del mese di settembre che aveva rivisto in leggero
incremento l’andamento della predetta grandezza rispetto alle previsioni contenute
nel DEF per il 2013, all’interno del quale si ipotizzava un calo pari all’1 per cento.
Il conto consolidato delle Amministrazioni Centrali rilevato da ISTAT a marzo
2014 quantifica, in valore assoluto, la spesa in conto capitale 2013 in poco più di
22,5 miliardi, con un decremento del 19,2 per cento rispetto al valore 2012 di 27,9
miliardi. Gli investimenti fissi lordi mostrano una riduzione di 980 milioni: rispetto
alla previsione DEF 2013, la riduzione è di 2,5 miliardi, pari al 38,8 per cento. I
contributi agli investimenti diminuiscono in una percentuale ancora più accentuata:
30,7 per cento agli investimenti esterni e 9,4 per cento a Enti pubblici. Su tali valori
hanno inciso i minori esborsi alle società Ferrovie dello Stato e ANAS, a causa della
mancata sottoscrizione dei relativi contratti di programma, parte investimenti, ed alle
Regioni e Province autonome, alle quali sono stati trasferiti 1,4 miliardi di euro per
pagamento debiti arretrati e che hanno utilizzato solo in minima parte le assegnazioni
per la realizzazione di interventi ricompresi nelle intese istituzionali di programma.
Risulta, comunque, confermato - sia pure con una minor evidenza rispetto alle
previsioni - il trend avviato a partire dal 2011, con una diminuzione cumulata della
spesa nell’ultimo triennio pari al 4,6 per cento (quasi 8 miliardi in valore assoluto).
Con riferimento al Rendiconto dello Stato, l’andamento è diverso, registrandosi
nella categoria degli investimenti fissi lordi, anche la spesa per armamenti militari e
per la ricerca (che nel consolidato nazionale è, invece, registrata tra i consumi
intermedi). Il bilancio dello Stato, infatti, evidenzia un incremento rispetto al 2012
del 30 per cento, con riguardo agli stanziamenti definitivi, e del 35 per cento, con
riguardo agli impegni. In realtà, il quadro torna ad essere preoccupante ove si
consideri la voce dei pagamenti complessivi, che rispetto al 2012 si riducono del 2,5
per cento.
Anche la complessiva spesa in conto capitale dello Stato è in aumento (del 52
per cento in termini di stanziamenti definitivi, del 44 per cento in termini di impegni
e del 27,8 in termini di pagamenti complessivi), ma il dato è fortemente inciso dalle
risorse destinate al pagamento dei debiti arretrati, da quelle destinate a partecipazione
a banche, fondi, e organismi internazionali e da quelle destinate alla contribuzione
per la sottoscrizione al capitale del Meccanismo Europeo di Stabilità, che,
complessivamente, hanno determinato un’integrazione di risorse in corso d’anno di
circa 24 miliardi. Al netto di tali voci i pagamenti si riducono di oltre l’11 per cento.
La flessione dei pagamenti deve inoltre ricondursi, almeno in parte, all’ utilizzo
degli stanziamenti di spese in conto capitale per fronteggiare sopravvenute esigenze
di flessibilità o crisi di liquidità. Un’analisi effettuata nell’ambito del Rapporto sul
coordinamento della finanza pubblica, e confermata dai risultati del rendiconto,
evidenzia una maggiore stabilità degli stanziamenti e di capacità di spesa per gli
investimenti in ambito militare, maggiormente condizionati da impegni
internazionali, mentre più consistente risulta il trasferimento di risorse da capitoli in
conto capitale a capitoli di parte corrente nel Ministero delle infrastrutture e trasporti
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 45
(in particolare nell’ambito del sostegno all’auto trasporto e dei contributi in conto
impianti). Contribuisce a tale ultimo fenomeno un’eccessiva permanenza in bilancio
degli stanziamenti di risorse che solo in minima parte vengono utilizzate in conto
competenza determinando una scarsa elasticità della spesa e un incremento eccessivo
di residui.
Con riferimento all’andamento della spesa corrente, un apposito capitolo della
relazione è stato come di consueto dedicato agli approfondimenti sull’andamento
della spesa per il personale pubblico.
Nel 2013, secondo i dati diffusi dall’ISTAT agli inizi dello scorso mese di
marzo, la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Pubbliche Amministrazioni si
attesta su un valore pari a circa 164 miliardi (il 10,5 per cento del prodotto interno
lordo) con una riduzione dello 0,7 per cento rispetto al precedente esercizio. Il
predetto risultato deriva dall’efficacia - superiore alle attese come più volte
sottolineato dalla Corte - delle misure di contenimento della spesa introdotte con il
decreto legge n. 78 del 2010, rese progressivamente più complete e severe dalla
legislazione successiva, più volte prorogate (da ultimo, dalla legge di stabilità per il
2014).
Si tratta di una strategia incentrata sul blocco della contrattazione collettiva per i
pubblici dipendenti (ormai ferma al biennio 2008-2009), sulla fissazione di rigorosi
limiti al turnover del personale, sul divieto di crescita dei trattamenti economici
individuali, con particolare riferimento alle componenti accessorie della retribuzione,
anche attraverso la previsione di un tetto al dimensionamento dei fondi unici che
alimentano la contrattazione di secondo livello.
La relazione ha rilevato, infine, un aspetto critico che la Corte da tempo segnala,
soprattutto in vista di percorsi di riequilibrio dei conti ancora gravosi e in presenza di
una crescita economica limitata. Si tratta della sostanziale rinuncia a costruire un
bilancio pubblico con meno spese e meno entrate; in altri termini, ad affrontare il
tema del “perimetro” dell’intervento pubblico nell’economia, che appare oggi di una
estensione incompatibile con i vincoli presenti e prossimi venturi.
Al contrario, i provvedimenti adottati nel 2013 avrebbero determinato un
aumento della dimensione sia della spesa che delle entrate (rispettivamente di 4,6 e
3,3 miliardi).
Solo con il recente d.l. n. 66 del 2014 (convertito con modificazioni dalla legge
n. 89/2014) sembra emergere un’impostazione diversa, che prevede il finanziamento
di sgravi di imposta con una revisione della spesa corrente.
Rafforzare questa direzione di marcia permetterebbe di compiere quella scelta
decisa, in termini di ricomposizione del bilancio pubblico, che ha mancato di
concretizzarsi nel corso del 2013. Anche questo passaggio costituirebbe, per la
politica di bilancio italiana, un’innovazione fondamentale.
Anche per il Rendiconto relativo all’anno 2013, le Sezioni Riunite della Corte
hanno confermato i criteri di svolgimento delle attività di auditing, volte alla
misurazione del grado di affidabilità dei conti, come strumento integrativo del
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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giudizio di parificazione, utilizzando strumenti di verifica e di analisi del rendiconto,
anche sulla base di schemi europei. E’ emerso, anzitutto, che trasparenza e leggibilità
possono essere compromesse dalla permanenza di un’area di capitoli promiscui, di
quelli per memoria, in gran parte collegati a corrispondenti poste di entrata e di
capitoli fondo.
Come di consueto, anche per l’analisi svolta con riferimento all’esercizio
finanziario 2013, la Corte dei conti ha potuto operare solo sulle risultanze del
“pagato”, persistendo l’impossibilità di accedere direttamente al c.d. “conto impegni”
del Sistema informativo integrato Corte dei conti-RGS. A tale riguardo non può non
ribadirsi quanto già evidenziato nella precedente relazione in merito alla prioritaria
esigenza informativa. Tale esigenza costituisce base necessaria per la messa a punto
di un più ampio sistema conoscitivo della Corte, finalizzato a mettere la Corte stessa
nella condizione di svolgere al meglio i compiti di referto e di controllo sulla
gestione che ad essa sono dalla legge assegnati. È auspicabile, pertanto, che la
questione trovi adeguata soluzione ai competenti livelli istituzionali.
Le Sezioni Riunite hanno ritenuto di confermare in 400 il numero dei titoli da
sottoporre ad esame, al fine di ottenere nuove opportunità di audit nei settori ritenuti
di maggiore interesse.
L’attività di valutazione della regolarità amministrativo-contabile dei singoli atti
di spesa oggetto del campione selezionato ha riguardato le Amministrazioni centrali
dello Stato, con le quali si è sviluppato un costruttivo contraddittorio con la
fondamentale collaborazione degli Uffici centrali di bilancio. In particolare, a seguito
dell’estrazione del campione è stata inoltrata, per il tramite degli Uffici centrali di
bilancio e delle Ragionerie territoriali competenti, la richiesta della documentazione
giustificativa della spesa, corredata di eventuali elementi illustrativi sul procedimento
presupposto all’emissione dell’ordinativo di pagamento. Con riferimento ai 53 titoli
pagati attraverso le Ragionerie territoriali dello Stato, per l’acquisizione della
documentazione, ci si è avvalsi della cooperazione dell’Ispettorato generale di
finanza, titolare del coordinamento delle citate Ragionerie.
L’accertamento di regolarità amministrativo-contabile è stato svolto,
relativamente ad ogni titolo di spesa, sugli atti presupposti e la relativa
documentazione giustificativa. Inoltre, sono stati convocati i responsabili del
procedimento di emissione del titolo di spesa delle Amministrazioni centrali dello
Stato, competenti per materia, che, in audizione ovvero successivamente con separate
note, hanno fornito elementi di informazione e di valutazione.
Le irregolarità riscontrate sul Rendiconto 2013 hanno riguardato una
percentuale, calcolata in termini di rapporto tra l’importo del titolo e l’ammontare
della spesa campionata, che non suscita allarme sul piano dell’affidabilità dei conti.
Con riferimento alla evoluzione della normativa in materia di contabilità
pubblica la Corte ha osservato come in attesa della necessaria revisione o della legge
quadro di contabilità, gli adempimenti più urgenti per adeguare il sistema alle nuove
regole costituzionali siano stati effettuati mediante “veicoli” normativi alquanto
impropri: il decreto legislativo di attuazione della direttiva comunitaria sui quadri di
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 47
bilancio, la legge di stabilità, il decreto legge sull’avvio del piano “Destinazione
Italia” e il decreto legge di fine anno, cosiddetto “Milleproroghe”.
Il primo provvede a modificare e integrare alcune disposizioni della legge
quadro di contabilità e finanza pubblica, in materia di contenuto del Documento di
economia e finanza e dà informazioni sia sulle passività potenziali che possono avere
riflessi sui bilanci pubblici, sia sulle gestioni fuori bilancio; interviene, inoltre, sul
sistema dei controlli e sulla trasparenza dei dati mediante riconciliazione obbligatoria
con il sistema europeo dei conti SEC’95. In particolare, l’integrazione normativa
dispone una relazione governativa in caso di “errore significativo”, rilevato
dall’Ufficio parlamentare di bilancio rispetto alle risultanze di consuntivo, tale da
incidere sulle previsioni macroeconomiche per almeno quattro anni consecutivi,
obbligo che non appare perfettamente in linea con il comma 3 dell’articolo 18 della
legge “rinforzata” n. 243 del 2012, che prevede una richiesta parlamentare qualificata
per le relazioni governative.
Il secondo veicolo, la legge di stabilità per il 2014, integra il contenuto del
Documento di economia e finanza con le revoche dei finanziamenti per lo sviluppo e
la coesione, oltre ad ampliare i controlli di regolarità amministrativo-contabile; il
terzo, introduce l’obbligo di rendicontare nei documenti di programmazione
pluriennale una serie di dati per i contratti di programma.
Il quarto, infine, proroga, per gli Enti pubblici non territoriali, al 31 dicembre
2014 i termini per l’emanazione dei regolamenti sulla revisione delle disposizioni su
amministrazione e contabilità e sullo schema di bilancio consolidato e sposta al
biennio 2015-2016 la sperimentazione per la tenuta della contabilità finanziaria sulla
base di una nuova configurazione del principio della competenza, secondo la quale le
obbligazioni giuridicamente perfezionate sono registrate nelle scritture contabili con
imputazione all’esercizio di scadenza. Il complessivo processo di adeguamento è
proseguito anche nel 2014 in modo molto parziale e disorganico sia con le norme che
prevedono un documento, da presentare alle Camere contestualmente alla Nota di
aggiornamento al Documento di economia e finanza, sui risultati annuali in tema di
lotta all’evasione e un rapporto sulle spese fiscali da allegare al disegno di legge di
bilancio; sia con quelle che dispongono la libera accessibilità dei dati SIOPE delle
Amministrazioni Pubbliche gestiti dalla Banca d’Italia, secondo modalità definite
con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, nel rispetto del codice
dell'amministrazione digitale.
Sul piano generale, i ritardi nell’adeguamento della legge quadro condizionano
negativamente la legislazione, con il il rischio che si possano consolidare tendenze
non ispirate a un disegno complessivo coerente, con effetti negativi sull’azione
amministrativa.
Resta ad esempio aperta la problematica relativa alla copertura dei
provvedimenti legislativi. Non è allo stato attuale chiaro se la stessa debba essere
espressa solo in termini nominali, come sembra desumersi dal novellato terzo comma
dell’articolo 81 della Costituzione, ovvero anche in termini strutturali, come
sembrerebbe discendere dai primi commi degli articoli 81 e 97. Le due impostazioni
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 48
potrebbero dar luogo a discrasie, come nel caso di poste una tantum escluse dai saldi
strutturali. Recenti iniziative anche normative confermano la rilevanza della
problematica sollevata, quantificando la quota strutturale di entrate derivanti dal
contrasto all’evasione fiscale utilizzate a copertura. Analogamente, resta da
approfondire se la decisione legislativa debba essere espressa solo in termini di
contabilità finanziaria, come fatto sinora, ovvero anche in termini di contabilità
nazionale, atteso il vincolo dell’equilibrio strutturale del bilancio.
4.
Il Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica
Il 4 giugno scorso è stato presentato il quinto Rapporto sul coordinamento della
finanza pubblica che ha guardato, in questa edizione, più che nel passato, al percorso
che attende il Paese nei prossimi anni. Un percorso particolarmente stringente, che
può rivelarsi di non facile realizzabilità e che, tuttavia, l’elevato peso del debito
pubblico e la vulnerabilità che ne deriva rende ancora più difficile e urgente.
Il documento ha messo in evidenza come nel 2013, gli obiettivi di finanza
pubblica siano stati conseguiti con un indebitamento rimasto stabile al 3 per cento del
Pil in termini nominali e diminuito di sei decimi di punti in termini strutturali. Un
risultato cui hanno contribuito il forte contenimento della spesa di conto capitale (12,8 per cento rispetto al 2012) e della spesa per interessi (in flessione del 5,1 per
cento) a fronte di un’evoluzione di segno opposto delle uscite primarie correnti che
sono cresciute dell’1,3 per cento. Andamenti che non sembrano aver compromesso i
progressi realizzati negli anni precedenti. Nell’ambito delle spese correnti è
proseguita la flessione della spesa per consumi intermedi (-1,4 per cento) e per
redditi (-0,7 per cento). Si rafforza, pertanto, il contributo al processo di risanamento
degli interventi sul personale pubblico ma al contempo si accentuano le criticità e le
debolezze del sistema del pubblico impiego in Italia su cui dovrà intervenire il
processo di riforma.
Alla luce di quanto delineato nel DEF 2014, il Rapporto si soffermava sugli
andamenti tendenziali prefigurati come particolarmente virtuosi: il disavanzo, a fine
periodo, sarebbe sceso allo 0,3 per cento del Pil, un livello equivalente a quello del
1960 e il più basso dal 1946; il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale
era affidato nel DEF alla predisposizione di una manovra correttiva di 0,3 punti di Pil
nel 2015 e 0,6 punti nel 2016. A seguito di questa correzione, il sentiero
programmatico prevedeva il conseguimento, nel 2018, di un attivo di bilancio (+0,3
in termini nominali), un risultato che l’Italia non realizza dal lontano 1925 e che,
dall’anno dell’Unificazione, ha conseguito solo 16 volte. Il percorso delineato nel
DEF già incorporava i margini di flessibilità, richiesti dal Governo e autorizzati dal
Parlamento, a fronte delle circostanze recessive eccezionali ereditate del 2013: un
aggiustamento strutturale per il 2014 di “soli” due decimi di punto di prodotto e il
rinvio al 2016 del pareggio strutturale. L’adozione di un ampio ventaglio di riforme
economiche e istituzionali e un diverso passo imposto alla loro realizzazione
costituivano, nella valutazione del Governo, i presupposti capaci di dare credibilità a
questo percorso programmatico.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 49
L’analisi svolta nel Rapporto evidenziava come la regola del pareggio del saldo
strutturale può comportare vincoli stringenti in fase di crescita economica e, quindi,
di chiusura dell’output gap. Per meglio inquadrare la questione dal punto di vista
quantitativo, sono state condotte alcune simulazioni econometriche, volte a misurare
l’impatto di shock favorevoli di crescita (misure di espansione del bilancio, aumento
delle agevolazioni fiscali agli investimenti in R&S, riforme volte a rendere più
efficiente il funzionamento del mercato del lavoro e dei prodotti) sul percorso di
rientro del deficit.
Tutti gli esercizi hanno evidenziato un aumento del Pil effettivo rispetto allo
scenario base, ma diverso è invece l’effetto sul Pil potenziale e quindi sui saldi
strutturali. Anche in presenza di shock positivi sulla crescita, il raggiungimento del
pareggio del saldo strutturale, infatti, non può prescindere dall’attuazione degli
interventi correttivi già programmati; solo un aumento della produttività totale dei
fattori, elevando in misura consistente il livello del prodotto potenziale,
consentirebbe di avvicinare il pareggio limitando l’intensità della correzione di
finanza pubblica.
Nell’insieme, si è confermata l’esigenza di politiche dirette ad aumentare il
grado di efficienza del sistema produttivo. All’interno dell’attuale schema europeo,
una discrezionalità sul livello di indebitamento nominale può essere recuperata solo
dopo essere riusciti a stimolare un aumento del prodotto potenziale.
Determinante per il raggiungimento degli obiettivi resta un significativo
contenimento della spesa. Come messo in rilievo nel secondo capitolo del Rapporto
sulla base di un confronto internazionale, l’Italia nella precedente fase di crescita del
ciclo, ad inizio del decennio scorso, ha lasciato crescere le spese rinviando le
riforme. La Germania invece ha realizzato tra il 2002 e il 2007, un piano di riforme
che ha consentito una riduzione di 4,2 punti dell’incidenza sul Pil della spesa al netto
degli interessi. Ciò ha permesso allo Stato tedesco una politica fiscale anticiclica
durante la crisi del 2008 e di giungere alla nuova fase di ripresa in una situazione
economica migliore, sia della media UE che dell’Italia. Il nostro è stato tra i pochi
Paesi ad adottare solo limitate misure espansive durante la crisi del 2008, lasciando
operare gli stabilizzatori automatici. La successiva crisi dei debiti sovrani e la
sfiducia dei mercati hanno costretto l’Italia a compiere un severo aggiustamento di
finanza pubblica nel pieno della recessione, con evidenti effetti pro-ciclici.
Nel 2014 era attesa una nuova fase di espansione, ora rinviata all’esercizio in
corso. Occorre che l’opportunità non vada perduta. Nell’ipotesi che l’Italia voglia
giungere, al termine della fase espansiva, con un rapporto spesa/Pil simile a quello
della Germania nel 2007 (circa il 41 per cento) si dovrebbero realizzare risparmi pari
a circa 5 punti di prodotto. Secondo il DEF 2014, una parte del percorso era scontata
nel tendenziale: a fine periodo, la spesa primaria si attesta al 42,8 per cento del Pil;
gli ulteriori 2 punti (circa 32 miliardi) dovrebbero essere oggetto della spending
review del programma di governo.
Un contenimento della spesa è la strada obbligata per ridurre il peso della
tassazione sull’economia che, alla fine del 2013, era pari al 43,8 per cento del Pil,
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 50
quasi tre punti oltre il livello del 2000 e quasi quattro rispetto al valore medio degli
altri ventisei paesi UE. Ancora più significativo risultava il divario fra Italia ed
Europa con riferimento alla distribuzione del prelievo complessivo. L’eccesso di
prelievo gravante sul fattore lavoro trova conferma nei dati dell’OCSE, che
evidenziano un cuneo fiscale pari al 47,8 per cento in Italia rispetto a una media UE a
21 paesi del 42 per cento.
La spinta verso una riduzione ed un riequilibrio della pressione tributaria,
avviata dal Governo, si deve confrontare con i vincoli della finanza pubblica e con
l’idoneità degli strumenti a disposizione.
Nella terza parte del Rapporto le analisi sono state incentrate sul trade-off entro
il quale cercano di trovare spazio le politiche redistributive basate su una
concomitante riduzione del livello del prelievo e della spesa pubblica, ovvero su uno
spostamento del carico impositivo tutto interno al sistema tributario.
Fra queste ultime, un ruolo determinante ha avuto, e continua ad avere, l’Irpef
per il rilievo in termini di gettito (36 per cento delle entrate PA e oltre 41 milioni di
contribuenti), per la capacità d’influire, unitamente al prelievo contributivo, sulla
misura del cuneo fiscale, per le responsabilità ad essa accollate in termini di gettito,
di redistribuzione del reddito, di finanziamento degli enti territoriali, di riferimento
per la regolazione e la selezione degli accessi alla spesa sociale.
Il suo funzionamento, basato sui parametri ufficiali, è tuttavia falsato da due
fenomeni che influiscono pesantemente sul livello e sulla distribuzione del prelievo:
l’evasione e l’erosione.
Il confronto internazionale, riferito al più ampio fenomeno dell’economia
sommersa, vede l’Italia ai vertici quanto a dimensioni del fenomeno: il 21,1 per cento
del Pil nel 2013. Di oltre 50 miliardi è l’evasione stimata per il solo 2011 per Iva e
Irap che, con 150 miliardi, spiegano un quinto delle entrate tributarie complessive
della PA: mentre per l’Irpef, le stime più recenti (peraltro risalenti al 2004) indicano
un tasso medio di evasione pari al 13,5 per cento dei redditi.
Il fenomeno dell’erosione fiscale, secondo il censimento del Gruppo di lavoro
istituito presso il MEF, presenterebbe, poi, dimensioni anche superiori a quelle
dell’evasione: la quota che insiste sulla struttura dell’Irpef è molto significativa, sia
nel numero delle agevolazioni (176 su 720, circa un quarto del totale), sia nelle
ricadute sul gettito (105 miliardi), configurando quasi come una “fuga” dalla
progressività dell’imposta. L’operare di tutte le agevolazioni in essere (deduzioni e
detrazioni d’imposta) produce un forte ridimensionamento dell’aliquota media
effettiva, che passa dal 27,3 per cento al 19 per cento; i benefici si distribuiscono in
maniera nettamente differenziata per classi di reddito: dai 18/14 punti di quelle
iniziali (fino a circa 15 mila euro) ai 3/2 punti delle classi di reddito più alte (oltre i
70 mila euro).
Fra i limiti sopravvenuti all’operatività dell’Irpef vi é l’intreccio crescente con le
addizionali destinate al finanziamento di Comuni e Regioni. L’esplosione del
fenomeno, associata ad una forte diversificazione territoriale delle aliquote, ha finito
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 51
per impattare sull’Irpef, alterandone l’incidenza e distorcendo ancor più gli equilibri
distributivi. Il Rapporto dà conto dei risultati di un’analisi che testimonia come, a
risentire di tale intreccio, oltre ai contribuenti, sia la politica fiscale che, da un lato,
vede ristretta l’area entro cui esercitare i propri obiettivi redistributivi e di gettito e,
dall’altro, deve confrontarsi con scelte non sempre in sintonia effettuate da parte
degli enti territoriali.
Evasione, erosione, “fughe” dalla progressività, ma anche politiche redistributive
basate sulle detrazioni d’imposta (in larga parte vanificate dal fenomeno
dell’incapienza) sono all’origine di un sistematico svuotamento della base imponibile
dell’Irpef, finendo per intaccare la portata e l’efficacia redistributiva dell’imposta.
Tutte scelte che allontanano e rendono più difficile l’attuazione di un disegno equo e
strutturale di riduzione e di redistribuzione dell’onere tributario.
Questa consapevolezza è all’origine dell’adozione dell’ISEE e della
combinazione redditi-patrimonio ai fini della “prova dei mezzi” per accedere alla
spesa sociale. A distanza di quindici anni dalla sua introduzione, si è recentemente
proceduto ad una sua revisione. Il potenziamento del nuovo ISEE riflette il
rafforzamento dell’attività di controllo, conseguente alla disponibilità di banche dati
e degli accresciuti poteri dei controllori: un significativo valore aggiunto rispetto al
passato, che promette un salto della qualità delle informazioni raccolte sulla base
delle dichiarazioni rese dai cittadini e consente di discriminare con maggiore equità
tra i diversi nuclei richiedenti l’accesso alle prestazioni sociali.
Una attenzione specifica è stata rivolta nel Rapporto agli assetti organizzativi
delle amministrazioni centrali: non soltanto per i risparmi che possono derivare dal
ridimensionamento delle strutture, ma anche per la razionalizzazione del loro assetto
a fronte del mutare della ripartizione dei compiti istituzionalmente attribuiti ai diversi
livelli di governo. A partire dal 2001, competenze e spesa pubblica avrebbero dovuto
orientarsi, in misura crescente, verso le Amministrazioni territoriali, mentre una
tendenza di segno opposto avrebbe dovuto segnare l’Amministrazione centrale.
La ricognizione avviata dalla Corte ha evidenziato, invece, accanto ad una
ancora forte presenza dello Stato centrale, una pluralità di società partecipate e di enti
strumentali che ricevono finanziamenti pubblici. Una compresenza che, quando non
sia finalizzata a fornire, con una chiara distinzione di ruoli, ben identificati servizi
alla collettività, può determinare sovrapposizioni di compiti, talvolta duplicando
funzioni e costi.
Nell’analisi si è proposta una misurazione della spesa che il bilancio dello Stato
mobilita per il funzionamento dell’intera “costellazione” riferibile, secondo le stime
della Corte, all’Amministrazione centrale, nei diversi programmi o settori di attività:
allo stato dell’indagine, l’ammontare delle risorse “pagate” annualmente dallo Stato
agli enti e alle società del “censimento” risulterebbe dell’ordine di 25 miliardi.
Quesiti più critici in tema di mantenimento, soppressione o revisione
organizzativa e della spesa sono affrontati nell’ambito di due specifici
approfondimenti settoriali, relativi alla cultura e all’agricoltura.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 52
Il Rapporto ha, poi, messo in evidenza come fondamentale per il raggiungimento
degli obiettivi complessivi di finanza pubblica sia stato il contributo che è venuto e
che è atteso per i prossimi anni dalle amministrazioni locali e quindi da buon
funzionamento degli strumenti di coordinamento il Patto di stabilità interno e il Patto
della salute.
Nel 2013 le amministrazioni locali hanno contribuito in modo determinante ai
risultati di finanza pubblica, con un avanzo primario di 3,6 miliardi e una spesa
complessiva per il terzo anno consecutivo in contrazione in termini assoluti. Invariata
la spesa corrente non sanitaria, ciò si è tradotto in una flessione ulteriore di quella in
conto capitale. Il quadro tendenziale del DEF 2014 non presenta le condizioni per un
allentamento degli obiettivi: tra il 2014 e il 2016 la spesa corrente, al netto della
sanità, avrebbe dovuto ridursi di 7 decimi di punto in rapporto al Pil, con una
flessione in termini nominali di oltre il 5 per cento; la spesa in conto capitale avrebbe
segnato ulteriori riduzioni attestandosi all’1,5 per cento del Pil, rispetto al già
modesto 1,8 per cento del 2013.
Il pieno conseguimento degli obiettivi del Patto di stabilità interno, il suo rispetto
da parte di tutte le Regioni e della gran parte degli Enti locali (sono risultati
inadempienti solo il 2,2 per cento dei Comuni e il 10,7 per cento delle Province), non
annulla il rilievo dei limiti di tale strumento per il coordinamento della finanza
pubblica. Limiti che vengono approfonditi nel Rapporto e che richiamano la
necessità di un intervento di riforma specie se, a tale strumento, a partire dal 2015,
sarà affidato il contributo ulteriore di questi enti agli obiettivi di finanza pubblica.
In questi anni, l’efficacia delle misure di contenimento della spesa è stata
affidata più a meccanismi di riduzione delle risorse che all’operare di una regola
fiscale, di volta in volta modificata per rispondere a esigenze ulteriori o per
rimuovere difficoltà operative. Le incertezze sulla disponibilità delle risorse, i tagli,
le difficoltà di operare una effettiva programmazione dell’esercizio, piuttosto che gli
ostacoli attribuiti alla regola fiscale, hanno finito per incidere sulla gestione. Senza
un’attenta revisione e selezione delle funzioni da conservare a garanzia dei Livelli
essenziali di assistenza (LEA) e per gli interventi a sostegno della crescita, ulteriori
inasprimenti rischiano di tradursi in maggiori differenze nelle garanzie offerte a
cittadini e alle imprese o, peggio, in squilibri nascosti destinati a generare costi
futuri.
L’esperienza del Patto della salute si conferma positiva. Anche il 2013 ha
confermato i progressi, già evidenziati negli ultimi esercizi, nel contenimento dei
costi per l’assistenza sanitaria. La spesa complessiva ha continuato a ridursi, pur se a
ritmi inferiori allo scorso biennio. Inferiore alle attese per circa 2 miliardi, ha
confermato la sua stabilizzazione in termini di prodotto al 7 per cento. Il
miglioramento trova conferma dal lato del risultato economico complessivo che
emerge dai dati del sistema informativo sanitario (NSIS). Le perdite (1,6 miliardi) si
riducono del 14,4 per cento rispetto al 2012, mentre le Regioni in Piano di rientro
registrano il miglioramento più netto (-21 per cento).
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Rimangono, tuttavia, incertezze nella qualità dei servizi resi,
nell’appropriatezza, nell’organizzazione delle strutture. Inoltre i buoni risultati non
possono far sottovalutare alcune questioni. Una, ereditata dal passato e avviata a
soluzione: i debiti delle aziende sanitarie. L’armonizzazione contabile ha consentito
di porre in rilievo criticità sia sul fronte dell’efficacia delle misure assunte a
copertura dei disavanzi sanitari, che della corretta gestione dei flussi tra Regioni e
aziende sanitarie. Le misure previste dovrebbero impedire il ripetersi di ritardi e,
naturalmente, di fenomeni di distrazioni di risorse per altre esigenze. Un’altra
questione è legata al reperimento, all’interno del settore, delle risorse da destinare ai
nuovi bisogni di una popolazione sempre più anziana e al finanziamento degli
investimenti. Un fabbisogno di risorse alla cui copertura, oltre che attraverso un più
appropriato utilizzo delle strutture si dovrà far fronte anche con una revisione del
ruolo attribuito al sistema di compartecipazione alla spesa.
L’importanza e l’urgenza di accelerare gli interventi di riadeguamento delle
strutture e di miglioramento dell’appropriatezza delle prestazioni richiede, poi, la
revisione e il potenziamento degli strumenti a disposizione delle Amministrazioni
territoriali per la gestione delle prestazioni. Tutto ciò non può essere, tuttavia, un
alibi per un allungamento senza limiti del riassorbimento degli squilibri.
5. Esame dei contratti collettivi 2014
In un anno caratterizzato ancora dal blocco della contrattazione collettiva
concernente l’ordinaria dinamica retributiva dei pubblici dipendenti le Sezioni
riunite, ai sensi dell’articolo 47 del d.lgs. n. 165 del 2001, hanno esaminato sotto il
profilo della compatibilità economico - finanziaria tre ipotesi di accordo riguardanti
taluni aspetti del trattamento economico del personale della scuola.
La prima (delibera n. 9/SSRRCO/CCN/14 del 6 agosto 2014) ha avuto ad
oggetto il riconoscimento al personale ATA di un emolumento una tantum avente
carattere stipendiale previsto dall’art. 1-bis del decreto-legge n. 3 del 2014 convertito
dalla legge n. 41 del medesimo anno.
La normativa citata era volta a sanare l’avvenuta corresponsione al predetto
personale degli emolumenti connessi con la attribuzione di posizioni economiche,
che in vigenza dei vincoli posti dall’art. 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del
2010 avrebbero dovuto avere effetto a fini esclusivamente giuridici.
In sede di certificazione la Corte ha preso atto della decisone del legislatore di
sanare una situazione di irregolarità derivante da difficoltà interpretative di un quadro
normativo più volte stratificato e non sempre coerente.
In relazione alla copertura finanziaria assicurata da una riduzione del fondo per
l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi
di cui alla legge n. 440 del 1997 la Corte ha, poi, osservato che tale decurtazione
assume particolare rilievo, se si considera la finalizzazione del predetto fondo
destinato ad interventi per l’incremento dell’offerta formativa e per il miglioramento
dell’efficacia e dell’efficienza del complessivo sistema scolastico.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 54
La riduzione delle risorse presenti nel predetto fondo rischia, infatti, di
pregiudicare la piena realizzazione di importanti obiettivi, quali l’introduzione
dell’insegnamento di una seconda lingua comunitaria nelle scuole medie,
l’innalzamento del livello di scolarità e del tasso di successo scolastico, la
formazione del personale della scuola, gli interventi perequativi in favore delle
istituzioni scolastiche particolarmente disagiate, la creazione di laboratori scientifico
tecnologici.
La seconda ipotesi di accordo esaminata riguarda il reperimento delle risorse da
destinare per le finalità di cui all’art. 8, comma 14, del decreto legge n. 78 del 2010,
convertito nella legge n. 122 del 2010 e all’art. 4, comma 83, della legge n. 183 del
2011, cioè il recupero dell’utilità dell’anno 2012 ai fini della maturazione degli
scatti di anzianità, con un costo pari a 350 milioni a regime.
Anche in tal caso la Corte ha preso atto di una esplicita volontà legislativa di
superare gli effetti previsti dal decreto legge n. 78 del 2010 che aveva previsto la
sterilizzazione degli anni 2011-2012 e 2013 al fine del computo della anzianità
necessaria al conseguimento degli scatti legati alla anzianità di servizio per il
personale della scuola.
Con riferimento alla quantificazione dell’onere stimato in un importo annuo
costante nel tempo, in mancanza di dati puntuali relativi alla anzianità di servizio dei
singoli dipendenti, la Corte ha sottolinealo come l’addensamento del personale in
particolari fasce di anzianità potrebbe provocare in alcuni anni picchi di spesa,
alterando la programmazione finanziaria e contribuendo alla evidenziazione a
consuntivo di eccedenze sanate con la legge di approvazione del rendiconto.
Gli effetti economici del contratto dovrebbero avere, peraltro, nel lungo periodo
un andamento progressivamente decrescente con la conseguenza che gli ipotizzati
tagli lineari al Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa potrebbero risultare
sovradimensionati.
Di qui il richiamo alla necessità di un opportuno monitoraggio dell’effettivo
costo del contratto, allo scopo di provvedere ad un tempestivo ripristino di un
dimensionamento corretto delle risorse da destinare alle diverse voci che
compongono la retribuzione fissa ed accessoria del personale.
Sotto tale profilo ha osservato la Corte che l’introduzione del cedolino unico
dovrebbe consentire in sede di impostazione del bilancio, di dimensionare le risorse
sui diversi piani di gestione che compongono la spesa per retribuzioni in modo tale
da tener conto degli effetti connessi con l’effettivo costo da sostenere, in ciascun
anno, per gli scatti di anzianità e le ricostruzioni di carriera.
Con riferimento alla compatibilità economica, la Corte ha ribadito quanto già più
volte segnalato in sede di certificazione di altri CCNL relativi al comparto scuola in
merito alla perdurante tendenza ad utilizzare i risparmi provenienti da manovre di
razionalizzazione e semplificazione, nonché le risorse destinate alla valorizzazione e
allo sviluppo professionale della carriera del personale della scuola per corrispondere
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PAG. 55
emolumenti fissi e continuativi al personale non legati ad una valutazione dei risultati
e dell’impegno individuale.
Ha osservato infine la Corte come il citato decreto legge n. 3 del 2014 ha
affidato alla sessione negoziale relativa al recupero dell’annualità 2012 anche il
compito di sanare la situazione di irregolarità venutasi a creare per effetto
dell’attribuzione agli interessati del riconoscimento dell’annualità 2013, esclusa dal
calcolo per effetto della entrata in vigore, peraltro in prossimità della chiusura
dell’esercizio finanziario, del d.P.R. n. 122 del 2013.
Appare pertanto necessario chiarire il raccordo tra il contenuto dell’ipotesi in
esame e la predetta previsione normativa.
La terza ipotesi esaminata, infine, ha riguardato il riconoscimento ai Direttori dei
servizi generali ed amministrativi delle scuole dell’indennità prevista dall’art. 19,
comma 5-bis, del decreto legge n. 98/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge
n. 111/2011, come integrato dall’art. 4, comma 70, della legge n. 183/2011.
In linea con quanto già attuato per i dirigenti scolastici, a seguito delle misure di
razionalizzazione della rete scolastica introdotte con l’art. 64 del decreto-legge n. 112
del 2008, la norma citata ha disposto che il posto di organico del profilo di Direttore
dei servizi generali e amministrativi (DSGA) possa essere presente solo nelle
istituzioni scolastiche con un numero di alunni superiore a 600 (400 nei comuni
montani, isolani, ecc.). Con riferimento alle scuole cosiddette sottodimensionate, il
relativo incarico dovrà essere conferito a titolo di reggenza a soggetti già titolari in
esclusiva di una funzione presso altra scuola, con il riconoscimento ai DSGA titolari
anche di un incarico di reggenza, negli anni scolastici 2012/2013 e 2013/2014, di
un’indennità mensile avente carattere di competenza fissa e continuativa, entro il
limite massimo del 10 per cento dei risparmi derivanti dalla nuova misura
organizzativa.
La Corte, nel rilevare come la copertura dei costi contrattuali trova riscontro in
un intervento strutturale di razionalizzazione organizzativa che, a regime, dovrebbe
comportare rilevanti risparmi di spesa, ha sottolineato come la quantificazione
dell’onere sia il risultato di stime relative agli effettivi beneficiari, nonostante
l’accordo abbia ad oggetto anni scolastici già trascorsi.
Il rapporto di certificazione allegato alla delibera n. 15/14 del 10 dicembre 2014
richiama, in relazione a quanto sopra, l’attenzione dell’amministrazione sulla
necessità di un’indispensabile implementazione ed aggiornamento delle banche dati
che non consentono a tutt’oggi di rilevare con esattezza la collocazione del personale
nelle diverse fasce di anzianità e rendono quindi difficile la programmazione
finanziaria delle risorse finanziarie ed il rispetto dei vincoli di spesa.
6. Le Relazioni quadrimestrali sulla legislazione di spesa
6.1 L’evoluzione del contesto ordinamentale
La Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate
nelle leggi approvate nel periodo considerato e sulle tecniche di quantificazione dei
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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relativi oneri è prevista dall’ordinamento contabile sin dal 1988 per permettere al
Parlamento di cogliere con periodicità i più rilevanti aspetti metodologici concernenti
le modalità con cui si svolge l’ordinario processo legislativo finanziariamente
rilevante, avuto riguardo alla precipua angolazione delle tecniche utilizzate in ordine
alle coperture finanziare e alle quantificazioni degli oneri. La legge di contabilità
assegna dunque a questo documento una funzione ben precisa: partendo dall’esame
della singola legge, rendere edotto il circuito politico decisionale – in primis il
Parlamento – dei problemi metodologici che si evidenziano nel processo deliberativo
per quanto concerne gli aspetti finanziariamente rilevanti.
Le Relazioni quadrimestrali costituiscono di conseguenza anche la sede nella
quale la Corte svolge riflessioni in ordine alla continua attuazione dell’ordinamento
contabile quale è desumibile non solo dalla singola legge ordinaria approvata, ma
anche dalla stessa legislazione delegata, in entrambi i casi per gli aspetti
finanziariamente rilevanti. La Corte offre in tal modo, anche in questo caso anzitutto
al Parlamento, una panoramica, la più completa ed aggiornata possibile, sul diritto
contabile vivente, per evidenziare al contempo eventuali problematicità che
consentano al decisore politico di assumere le determinazioni ritenute più opportune
in ordine all’assetto normativo-contabile. Si tratta dunque di una funzione
particolarmente pregnante in una fase, come quella in corso, in cui si assiste ad un
rapido mutamento del quadro ordinamentale in materia di contabilità pubblica in
virtù dell’operare di vari meccanismi, tra cui, soprattutto, la sempre maggiore
connessione tra l’ordinamento interno ed il quadro di regole di matrice comunitaria.
Ed è in quest’ultima cornice che si situano notoriamente le recenti modifiche
costituzionali in materia di finanza pubblica, rispetto alla cui attuazione vengono
svolte, nell’ambito delle Relazioni quadrimestrali, considerazioni e riflessioni che
risultano coerenti con le funzioni di garanzia che al riguardo spettano alla Corte.
Sotto quest’ultimo profilo va colta la profonda connessione di tale lavoro con i
nuovi compiti assegnati all’Istituto dalla legge n. 161 del 2014, in riferimento, in
particolare, all’attività di monitoraggio sull’osservanza delle regole di bilancio
nell’ambito delle funzioni di controllo.
In un tale contesto è essenziale altresì che la Corte colga l’occasione, nelle varie
Relazioni quadrimestrali, di sintetizzare l’evoluzione della giurisprudenza
costituzionale in riferimento non solo agli istituti consolidati, ma anche alle
implicazioni delle novelle ordinamentali. Impegnative si presentano sotto questo
profilo anche le conseguenze riferite alla finanza pubblica non statale, atteso che il
nuovo primo comma dell’art. 97 Cost. pone un vincolo di equilibrio al livello della
Pubblica Amministrazione complessivamente considerata. E non è un caso che, con
il decreto legge n. 174 del 2012, convertito dalla legge n. 213 del 2012, il Legislatore
abbia espressamente previsto - nell’ambito della funzione ausiliare della Corte dei
conti nei confronti delle Assemblee legislative regionali - analisi semestrali sulla
copertura delle leggi regionali di spesa, rispetto alle quali la Relazione
quadrimestrale si pone peraltro come punto di riferimento metodologico, considerata
anche la omogeneità, tra i vari livelli delle Pubbliche Amministrazioni, del quadro di
regole in ordine alla copertura finanziaria.
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PAG. 57
Un ambito operativo che potrebbe essere oggetto di ampliamento nelle Relazioni
quadrimestrali riguarda, al di là degli aspetti metodologici, gli approfondimenti sulle
tecniche di quantificazione ex ante degli oneri di maggior rilievo, tenuto conto della
documentazione offerta dal Governo nel corso dell’iter parlamentare delle leggi,
peraltro non sempre esaustiva. Si tratta di un’attività certamente complessa, che
richiede necessari interventi di carattere organizzativo e che va affrontata con grande
cautela, ma su cui il lavoro da svolgere, nel panorama istituzionale del nostro Paese,
presenta margini di miglioramento, anche tenuto conto delle modalità della decisione
politico-legislativa, che non risultano sempre tali da permettere di cogliere in tutta la
loro dimensione, anche temporale, gli effetti di modifiche talora profonde
dell’ordinamento normativo. Si tratta di un punto cruciale in ordine alla credibilità
delle decisioni finanziarie che si vanno ad assumere e su cui il sistema è chiamato ad
esprimere un approccio dal livello qualitativo progressivamente superiore. Ciò anche
tenendo conto sia dei confronti sempre più impegnativi, sotto questo profilo, con le
competenti sedi comunitarie, sia della particolare attenzione richiesta in materia dalla
giurisprudenza costituzionale, che in più occasioni ha ribadito che la copertura
finanziaria, a garanzia del rispetto dell’art. 81 Cost., deve essere “credibile,
sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale”.
Circa l’evoluzione dell’ordinamento contabile appare utile peraltro il richiamo,
per le possibili implicazioni anche sul quadro delle coperture finanziarie ammissibili,
all’impostazione dei documenti programmatici del 2014, che per alcuni versi hanno
costituito la prima applicazione di alcuni istituti della legge rinforzata n. 243 del
2012 (e in particolare dell’art. 6, in tema di eventi eccezionali e scostamenti
dall’obiettivo programmatico strutturale).
E’ stata fornita un’interpretazione, a tale ultimo riguardo, in base alla quale la
forte recessione degli anni recenti consente di configurare quell’evento eccezionale
che rende opportuni - in funzione anticiclica - il pagamento dei debiti residui delle
Pubbliche Amministrazioni e la deviazione temporanea del saldo strutturale
dall’obiettivo programmatico. E’ stato contestualmente esplicitato l’intento di
inquadrare tali decisioni anche all’interno delle procedure di cui all’art. 3, comma 4,
della citata legge rinforzata n. 243 del 2012, in base a cui gli obiettivi programmatici
del saldo del conto consolidato possono, in conformità all’ordinamento europeo,
tenere conto dei riflessi finanziari delle riforme strutturali con un impatto positivo
significativo sulla sostenibilità delle finanze pubbliche.
6.2 Le Relazioni quadrimestrali nel 2014
Con riguardo all’attività svolta nel corso del 2014 sono state approvate tre
Relazioni quadrimestrali riferite, la prima, all’ultimo quadrimestre del 2013, mentre
le altre due alle leggi di spesa approvate nel corso dei primi due quadrimestri
dell’anno di riferimento. Si segnala, in riferimento al primo dei tre documenti citati,
che è stata inserita un’Appendice dedicata ad un’analisi sulle prospettive della
finanza pubblica alla luce del nuovo quadro economico internazionale ed interno,
nonché degli effetti delle disposizioni approvate con la legge di stabilità 2014. Con
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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tale approfondimento la Corte si propone di arricchire le valutazioni tradizionalmente
dedicate all’esame delle leggi di spesa per rispondere alle esigenze poste dall’entrata
in vigore del nuovo testo costituzionale relativo agli equilibri di bilancio e agli
obiettivi di medio termine europei.
Numerosi sono i fenomeni rimarcati nelle tre Relazioni quadrimestrali citate.
Tra i più significativi merita di essere rilevato anzitutto il concentrarsi della
normativa con conseguenze finanziarie in un numero relativamente ristretto di
provvedimenti d’urgenza, la cui versione iniziale non di rado risulta
significativamente modificata a seguito dell’approvazione di emendamenti presentati
nel corso del procedimento di conversione. E’ stata richiamata l’attenzione sugli
effetti non sempre fisiologici determinati da questo modo di procedere, sotto il
profilo finanziario: frequente è, infatti, l’approvazione di disposizioni introdotte in
sede di conversione supportate da documentazioni insufficienti. Gli approfondimenti
sono poi spesso resi difficili dai tempi ristretti dell’esame parlamentare - in molti casi
sostanzialmente limitato ad una sola delle due Camere - determinati dalle necessità di
rispettare i termini costituzionali di conversione.
Peraltro, poiché con un tale modus procedendi si è accentuata la tendenza ad
introdurre nei provvedimenti d’urgenza disposizioni di carattere eterogeneo, è stata
costantemente ricordata, nelle varie Relazioni quadrimestrali, la necessità di
rispettare con il massimo scrupolo le prescrizioni della legislazione in essere, nonché
i moniti rivenienti dalla giurisprudenza costituzionale e dal Presidente della
Repubblica in ordine al rispetto del principio di omogeneità di materia da parte dei
decreti legge.
Una tale situazione dà luogo ad una difficoltà nella funzione di verifica delle
decisioni assunte sotto il profilo sia della valutazione degli oneri dichiarati sia dei
possibili riflessi di spesa delle disposizioni assunte come finanziariamente neutre sia,
infine, per quanto concerne la congruità degli stanziamenti rispetto alle esigenze che
si intende soddisfare. Tra l’altro, esauritasi di fatto la funzione dei fondi speciali,
essenzialmente per il venir meno di risorse disponibili per finanziare una politica di
medio-periodo, ciò ha determinato il reperimento delle risorse attraverso un
frequente ricorso allo spostamento delle disponibilità in essere da un obiettivo ad un
altro, al di fuori di un quadro di priorità di carattere programmatico.
Si continua a registrare, in particolare, un diffuso utilizzo dell’istituto della
clausola di neutralità, senza però convincenti dimostrazioni, che in molti casi
mancano del tutto, circa la sostenibilità di una tale indicazione. Talvolta sembrerebbe
trattarsi piuttosto di una clausola di stile che non l’esito di una adeguata
ponderazione delle variabili rilevanti. Ciò, oltre a risultare in contrasto con il dettato
della legge di contabilità, rischia di porre le premesse per un’incompleta applicazione
della normativa (a meno di non ipotizzare ogni volta improbabili recuperi di
produttività). Non va peraltro dimenticato che la mancata o inefficace soluzione del
problema di una valutazione realistica degli oneri effettivi può creare le premesse per
rendere necessario l’appostamento di nuovi stanziamenti nei bilanci successivi. Da
questo punto di vista merita di essere ricordato che la giurisprudenza della Corte
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 59
costituzionale ritiene insufficiente la mera apposizione in legge di una clausola di
neutralità ai fini del giudizio circa il corretto assolvimento dell’obbligo di copertura,
in presenza di oneri che si appalesano come ragionevolmente certi.
Continuano poi a persistere nel 2014 forme di copertura consistenti in “tagli
lineari” di spese: al riguardo, la Corte ha messo in luce, nelle varie Relazioni
quadrimestrali, che tale perdurante tecnica, dall’esito finanziario spesso incerto, oltre
a rendere progressivamente non più sostenibili le varie clausole di neutralità (anche
implicite) disseminate nella legislazione vigente, è destinata inevitabilmente ad
intaccare le omologhe clausole di salvaguardia diffuse nell’ordinamento in vigore.
Va evidenziandosi peraltro un modello legislativo tale da accentuare, per un
verso, le flessibilità già in essere circa le modalità di gestione del bilancio e da
prevedere, per altro verso, in non pochi casi esplicite deroghe di settore
all’ordinamento contabile in vigore. Si tratta di due fenomeni di cui è stata
sottolineata la particolare delicatezza, attese le evidenti implicazioni anche in termini
di trasparenza e controllabilità dell’uso delle risorse pubbliche.
Vengono in rilievo al riguardo diversi princìpi di contabilità pubblica, con le
conseguenti ricadute in tema di uso delle risorse intermediate, ossia, anzitutto, la
significatività e la trasparenza del bilancio dello Stato: da questo punto di vista la
garanzia migliore rimane quella fornita dalla gestione ordinaria del bilancio. Tale
assunto comporta una riflessione anche sul tema immediatamente correlato, relativo
alle reali possibilità di controllo ai vari livelli ad opera delle istituzioni a ciò deputate.
Il continuo ricorso alle diverse forme di gestioni fuori bilancio, ormai da lungo
tempo esclusivo per determinati tipi di intervento (come per le calamità naturali, ad
esempio, ovvero per la gestione di alcune forme d’incentivo all’attività economica), è
indirettamente indicativo di un’inadeguatezza delle ordinarie procedure di bilancio
rispetto alle esigenze di flessibilità nella gestione di determinati comparti.
E’ stato altresì rimarcato l’operare in dimensioni rilevanti di tecniche consistenti
nell’inclusione degli effetti indiretti nel calcolo degli oneri netti ovvero nella
prospettazione delle coperture, anche al di fuori della sede fisiologica costituita dalla
sessione di bilancio. La Corte ha avuto modo di sottolineare l’assoluta problematicità
di tali tecniche in ordine alla garanzia dell’allineamento temporale tra oneri e
coperture, nonché per quanto concerne una quantificazione sufficientemente
sostenibile delle dimensioni di tali effetti.
Si è anche avuto modo di far presente l’opportunità di conferire sistematicità
all’innovativo quadro delle coperture quale si è manifestato nella legislazione a
partire dal 2013 per importanti aspetti. Si può qui accennare tra l’altro all’operare dei
cd. “fattori rilevanti” (si considerino, ad esempio, i decreti-legge nn. 35 e 102, in
materia di pagamento dei debiti pregressi, nonché, da ultimo, il richiamato decretolegge n. 66 del 24 aprile 2014, in materia di competitività e giustizia sociale, in
riferimento alla medesima causa, ossia la copertura con il saldo netto da finanziare
degli oneri derivanti dal pagamento dei debiti pregressi delle Pubbliche
Amministrazioni). Tali fattori sono stati infatti riconosciuti come utilizzabili da parte
dell’ordinamento comunitario al verificarsi di circostanze puntualmente determinate,
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 60
al fine di poter praticare coperture finanziarie extra ordinem, almeno sulla base delle
interpretazioni invalse successivamente alla legge di contabilità n. 468 del 1978, tali
da escludere, ad esempio, coperture degli oneri con debito e con mezzi più incerti.
Altro frequente fenomeno segnalato con particolare attenzione – tale da dare
adito anche a profonde considerazioni di carattere anche istituzionale - riguarda il
fatto di demandare spesso a norme subprimarie la definizione degli aspetti finanziari
della normativa per quanto riguarda la fase sia dell’individuazione degli oneri sia del
reperimento delle occorrenti fonti di copertura. Ciò finisce con l’infondere nel
sistema elementi di incertezza circa la portata finanziaria delle norme legislative.
E’ stata poi messa in luce la tendenza a modificare i contenuti dei documenti di
finanza pubblica con leggi ordinarie. Ciò è avvenuto anche con le leggi di stabilità ed
introduce elementi di scarsa omogeneità ed organicità nell’ordinamento contabile,
peraltro non ancora aggiornato. Il contenuto dei documenti di finanza pubblica, che
oltretutto dovrebbe corrispondere ormai a prescrizioni di carattere comunitario,
finisce in tal modo con il risultare sovraccaricato di una serie di funzioni collegate a
materie di varia portata.
Più in generale, è stato fatto rilevare come l’entrata in vigore del nuovo quadro
di regole di carattere soprattutto costituzionale finisca con l’avere implicazioni anche
in materia di assetto delle coperture finanziarie delle leggi ordinarie. Uno dei temi
oggetto di valutazione riguarda, per esempio, le implicazioni, sotto questo aspetto,
del vincolo in termini di equilibrio strutturale di cui al primo comma degli artt. 81 e
97 Cost.. Attesa la coesistenza di tali princìpi con quello, più tradizionale, di cui al
terzo comma del citato art. 81, riferito all’obbligo di copertura, il problema è anche
se il regime delle coperture finanziarie delle leggi possa essere espresso in futuro
solo in termini nominali (come si desume dal richiamato terzo comma) ovvero anche
in termini strutturali, come potrebbe essere implicato dai richiamati primi commi
degli artt. 81 e 97 Cost.
La Corte ha avuto modo di sottolineare al riguardo la profonda connessione –
resa ora esplicita - tra obbligo di copertura (che costituzionalmente attiene ad un
vincolo in termini di flusso) e quadro (ugualmente di natura costituzionale) di
obiettivi in materia di equilibrio dei bilanci e sostenibilità del debito pubblico, che, ai
sensi dei richiamati artt. 81 e 97 Cost., fanno tra di loro sistema interagendo ed
evolvendo come un tutto. Ciò significa che l’esame dei migliori assetti in materia di
coperture finanziarie presenta più evidenti connessioni (rispetto al passato), alla luce
del nuovo quadro costituzionale e ordinamentale, con le problematiche che attengono
agli obiettivi riferiti tanto ai vari saldi di bilancio (inclusa, al loro interno, la regola
della spesa) quanto al debito delle pubbliche amministrazioni.
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CAPITOLO II
IL RUOLO DELLA CORTE DEI CONTI NEL CONTESTO INTERNAZIONALE
1. L’attività della Corte dei conti in ambito internazionale
L’attività internazionale della Corte dei conti nel corso del 2014 è stata
particolarmente intensa, assicurando una partecipazione attiva, sia in sede
multilaterale che bilaterale, mediante contributi originali nei vari contesti europei e
mondiali.
L’intensa attività svolto ha portato a risultati concreti sotto il profilo strategico e
avuto riguardo alle iniziative che sono state portate a compimento sotto la guida
italiana o con la preminente partecipazione della Corte dei conti3.
Nel 2014, la Corte ha organizzato, con notevole successo, due grandi eventi: la X
Joint Strike Fighter Conference e il Meeting del VAT Core Group 1, da noi
presieduto, sul “Reverse Charge Mechanism”4.
Nell’ambito del Comitato di contatto delle Istituzioni Superiori di Controllo
dell’Unione europea, la Corte ha sostenuto l’esigenza di configurare in termini più
efficaci la cooperazione tra Istituzioni nazionali e la Corte dei conti europea. Del
resto questo è stato il tema dominante del 2014 e lo sarà anche nell’anno successivo,
dovendo l’ECA corrispondere alle richieste del Comitato di bilancio del Parlamento
Europeo.
In proposito, nel mese di marzo si è tenuto un incontro ufficiale tra il Presidente
della Corte dei conti italiana e il Presidente della Corte dei conti europea, nel corso
del quale è stata sottolineata la rilevanza dell’apporto della Corte dei conti italiana
con riguardo a specifiche attività di significativo rilievo:
-
-
nell’ambito del Comitato di contatto, l’analisi comparata condotta dalla Corte
dei conti sulla Spending Review che ha coinvolto 23 Paesi dell’Unione e ha
permesso di avere un quadro particolarmente completo delle diverse modalità
con le quali il tema viene affrontato;
l’efficacia dei controlli paralleli nel settore dei Fondi strutturali e l’esigenza di
rafforzare i controlli coordinati sui fondi strutturali;
l’apporto della Corte dei conti italiana nell’istituzione dell' Early warning
mechanism (un Osservatorio delle Istituzioni Superiori di Controllo sui processi
normativi dell’Unione europea);
3
La strategia perseguita, in una logica di continuità con la più recente esperienza, è stata quella di
seguire, nei vari contesti (Comitato di contatto delle Istituzioni Superiori di Controllo dell’Unione
europea, EUROSAI ed INTOSAI, cooperazione bilaterale, peer reviews) lo stesso modello operativo,
basato sulla proposta di temi specifici, laddove non già predeterminati, ovvero sulla scelta di un tema
principale.
4
La Corte assumerà la Presidenza dell’intero VAT Working Group nel 2015.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 63
-
-
l’impegno della Corte dei conti sul piano europeo, quale organo neutrale che
esprime la sua funzione di garanzia, anche ai fini del rispetto del “Pareggio di
bilancio”, costituzionalmente previsto e ne conferma la rilevanza, nel ruolo di
organo tecnico di elevata professionalità in grado di offrire un apporto
significativo nel quadro delle riforme economiche e sociali;
l’esigenza di approfondire temi quali la supervisione bancaria ed il ruolo della
BCE, la disciplina di bilancio nazionale e locale, il rapporto tra corruzione, gara
d’appalto ed informazioni non corrette, sempre nell’ottica di mettere in comune
le best practices sui temi di rilevanza economica, come quello della politica
energetica.
In occasione del meeting del Comitato di contatto, tenutosi a Lussemburgo in
ottobre, la Corte dei conti ha presentato due proposte per due distinte iniziative dalle
stesse coordinate.
La prima costituisce l’esito del consenso ottenuto nello stesso Comitato di
contatto dallo speech presentato dall’Italia su: “Enhancing cooperation between EU
SAIs concerning their assessments in the reports to National Parliaments on the
national authorities policies, in the context of the European semester.” La
prospettiva è quella di costituire un “Expert Network” guidato dalla Corte dei conti e
composto dalle ISC che hanno un’esperienza significativa nell’elaborazione di
rapporti ai Parlamenti nazionali che analizzano le politiche economiche pubbliche,
tenendo conto del quadro della “European Governance”5.
La seconda iniziativa che verrà portata avanti nell’ambito del Comitato di
contatto, concerne l’armonizzazione delle strategie e delle attività finalizzate alla
prevenzione ed al contrasto della corruzione e consegue al Seminario, tenutosi a
Roma in settembre sotto l’egida della Presidenza italiana del Consiglio dell’UE.
Nell’ambito di EUROSAI, spiccano le analisi e le presentazioni della Corte dei
conti in tema di innovazione ed in particolare di Information Technology. La
partecipazione italiana è avvenuta su due fronti: la presentazione dei nostri Intelligent
business systems e quella dell’audit sull’interoperabilità in settori di grande rilievo,
come quello della Difesa6.
La Corte oltre ad affrontare temi di grande attualità come quello del “debito
pubblico” e delle valutazioni sulle analisi delle politiche pubbliche, ha anche portato
un suo approfondimento sugli indicatori del benessere dai quali si attende, sul piano
economico e finanziario, un impatto sui bilanci degli enti locali (ad es.: il tasso di
realizzazione della “raccolta differenziata”).
5
Del resto la progressiva estensione del ruolo delle ISC, sempre più coinvolte, sia sul piano nazionale
che su quello internazionale, in tale contesto, sarà oggetto di analisi costante nel 2015. In particolare,
nel prossimo meeting del GALF-Global Audit Leadership Forum, che riunisce un numero ristretto di
ISC dell’INTOSAI e che si terrà in marzo a Wellington, verrà presentato un paper su “The
progressive expansion of SAI’s role: the Italian case-from the Audits to the analysis of public policies
up to the approval and monitoring of the bail-out plans of local entities”.
6
L’evento di maggior importanza al riguardo è stato il IX EUROSAI Congress de L’Aja.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 64
L’approccio comparato alla “Spending Review”, che costituisce sul piano
nazionale un tema cruciale per la nostra Istituzione, sulla scorta della Survey condotta
e conclusa dalla Corte nell’ambito del Comitato di contatto, ha trovato momenti di
confronto in diverse occasioni, come nel GALF di Città del Messico e nell’incontro
presso l’Ambasciata del Regno Unito a Roma, consentendo di affermare come la
Corte sia in grado di fornire un utile apporto con le sue analisi.
La recente estensione dell’interesse di EUROSAI alla materia dell’imposizione
diretta ha potuto contare sulla relazione della Corte sul livello di coerenza del sistema
di “Tax compliance” oggetto di un importante Audit della Sezione centrale di
controllo sulle gestioni.
Va infine fatto cenno alla partecipazione alla Task Force, che si è ora
trasformata in un Working Group, che si occupa degli Audits sui fondi destinati alla
prevenzione ed alla ricostruzione per i danni causati dai disastri e dalle catastrofi
naturali.
In proposito, va sottolineato come la Corte dei conti abbia partecipato all’Audit
coordinato in materia, con l’indagine sul Terremoto de L’Aquila ed alla prima
riunione del Working Group del 5 febbraio 2015 con una presentazione su “The
experience of the Corte dei conti on the earthquake of 6th April 2009 in L’Aquila and
its environs”.
Nel 2015, l’attività internazionale si prospetta intensa. In particolare, vedrà la
Corte dei conti in prima linea anche sul fronte della giurisdizione con le attività del
Forum delle giurisdizioni e delle procure, attualmente composto da 10 ISC
dell’INTOSAI, che culmineranno in una Conferenza internazionale che si terrà a
Parigi nel novembre 2015.
Le Istituzioni che hanno sia le funzioni di controllo che quelle giurisdizionali
avranno quindi una presenza specifica nell’ambito INTOSAI e questo è un passo
particolarmente importante che indica come il modello italiano, il più completo tra
quelli esistenti, possa costituire un punto di riferimento, soprattutto in un momento in
cui, su scala mondiale, è in primo piano la lotta alla corruzione.
2. I rapporti finanziari con l’Unione europea
Nella Relazione annuale approvata con Delibera n. 11/2013 nell'adunanza del 23
dicembre 2013, la Sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali ha
esaminato i rapporti finanziari tra l'Unione Europea e l'Italia e l’utilizzo dei fondi
comunitari nell’esercizio 2013.
2.1. Fonti di finanziamento del bilancio
L'indagine relativa all'esercizio 2013 ha evidenziato, sul piano generale, che:
-
il totale delle somme versate dagli Stati membri all'UE, pari a 139,8 miliardi di
euro, ha segnato un incremento dell'8% rispetto al 2012;
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 65
-
l'ammontare delle somme accreditate dall'UE agli Stati membri ha registrato un
totale di erogazioni pari a 128,7 miliardi, corrispondente a un incremento
dell'8,3% rispetto alle somme accreditate nel 2012.
Rispetto alla posizione dell'Italia è risultato che nel 2013:
-
i versamenti complessivi effettuati dal nostro Paese all'UE sono ammontati a
17,2 miliardi, con un incremento del 4,4% rispetto al 2012;
l'UE ha accreditato complessivamente al nostro Paese la somma di 12,3 miliardi,
con un incremento del 14,8% rispetto al 2012.
L'aspetto di maggiore criticità per l'Italia ha riguardato, come in passato, il dato
negativo del saldo netto nei rapporti con l'UE, dovuto al disavanzo tra i versamenti
effettuati dal nostro Paese e gli accrediti ricevuti; saldo che, secondo un rapporto di
mera differenza aritmetica, è giunto nel 2013 a 4,9 miliardi.
Sulla scorta degli specifici criteri di calcolo, elaborati dalla Commissione
europea, invece, il risultato differenziale per l'esercizio in questione è stato pari a 3,8
miliardi.
2.2. La politica di coesione socio-economica
Nell'ambito della politica europea di coesione socio-economica, si è proceduto
all'esame dello stato di utilizzo dei fondi strutturali della programmazione 20072013. Al riguardo, si è constatato che le Amministrazioni italiane, a livello centrale e
regionale, sono state costantemente impegnate in una corsa contro il tempo per
cercare di far fronte ai forti ritardi iniziali nell'avvio dei progetti ed alle difficoltà
attuative sorte in itinere.
A misura in cui si è andato profilando il rischio di una possibile perdita di
risorse, il Governo si è attivato nella ricerca di soluzioni correttive. La via prescelta è
stata quella di operare, d'intesa con la Commissione europea e con le Regioni
interessate, una riduzione della quota del cofinanziamento nazionale, realizzata con
le cinque riprogrammazioni definite nell'ambito del Piano di Azione Coesione. In tal
modo, ferme restando le risorse comunitarie attribuite, si è ridotto l'ammontare
complessivo delle spese da certificare all'UE ed il correlato rischio di disimpegno
automatico per le iniziative maggiormente in ritardo.
La rimodulazione delle risorse ha inteso, quindi, accelerare l'attuazione della
programmazione 2007-2013, ma anche riorientare gli interventi, concentrare le
risorse stesse ed avviare nuove azioni. Nel complesso, sono stati trasferiti a favore
degli interventi ricompresi nel Piano di Azione Coesione oltre 11 miliardi di euro,
con una corrispondente riduzione delle risorse della programmazione. Tale riduzione
è stata quasi interamente applicata all'Obiettivo “Convergenza”.
Per quanto riguarda l'attuazione finanziaria nel citato Obiettivo “Convergenza”,
grazie anche alle riprogrammazioni sopra menzionate, gli impegni assunti hanno
raggiunto, al 30.6.2014, il 105,9% del contributo totale. Non altrettanto elevati sono
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risultati, sempre al 30.6.2014, i pagamenti, che ammontano al 53,9% del contributo
totale.
Quest'ultimo dato desta preoccupazione in quanto certifica che, in "coda" di
programmazione, restano ancora da spendere circa metà delle risorse allocate per
l'intera programmazione (32,5 miliardi di euro). Il rischio che nelle quattro Regioni
dell'Obiettivo “Convergenza” (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia) non si riesca a
monetizzare tutte le risorse impegnate appare molto concreto.
L'esame dell'attuazione finanziaria per fondo mostra che, al 30.6.2014, il FERS
ha assunto impegni pari al 110% del contributo totale, mentre il FSE si è fermato al
90,4%. La situazione si capovolge se si esamina il livello dei pagamenti, sempre al
30.6.2014: il FSE ha raggiunto il 64,51%, mentre il FERS (che dispone dei
finanziamenti più cospicui) si è fermato al 51,3%.
Sul piano generale, si può osservare che la disciplina di bilancio europea e la
situazione economico-finanziaria del Paese hanno portato alla scelta sopra indicata di
ridurre il cofinanziamento nazionale, reindirizzando le risorse verso finalità ritenute
con più alto livello di priorità e con tempi di realizzazione più estesi.
Ma, al contempo, non possono essere sottaciuti i risvolti di un affievolimento del
principio di addizionalità (ancorché comprensibile per l'attuale stato della finanza
pubblica nazionale), di una dilatazione temporale della spesa e di una posticipazione
degli effetti degli interventi.
Le vicende del complesso processo di attuazione della programmazione 20072013 dimostrano, in definitiva, che il più efficace utilizzo delle risorse della politica
di coesione è strettamente collegato ad un effettivo miglioramento della capacità
progettuale e delle complessive capacità istituzionali, amministrative e gestionali, a
livello centrale e locale.
All'esigenza di cui sopra ha inteso rispondere la creazione di una "Agenzia per la
coesione territoriale", istituita con d.l. n.101/2013, convertito nella legge n.125/2013.
Tale nuova struttura ha il compito di svolgere verifiche e monitoraggi più sistematici
dell'utilizzo delle risorse, di fornire maggior sostegno ed assistenza tecnica alle
Amministrazioni ed alle Regioni interessate e di assumere, in alcuni casi, poteri
sostitutivi.
In tema di controlli, le criticità emerse inducono a raccomandare di porre una
sempre maggiore attenzione alla corretta gestione per rendere più efficaci gli
interventi ed evitare di incorrere in possibili sanzioni finanziarie.
I Programmi dell'Obiettivo Competitività regionale e Occupazione hanno lo
scopo di assistere le Regioni nel miglioramento del proprio tessuto produttivo e nella
creazione di nuove attività e gestiscono, nel complesso, una dotazione finanziaria che
supera i 15 miliardi di euro ed è relativa a 33 Programmi operativi (16 sul FESR, 17
sul FSE di cui uno, il PON "Azioni di sistema", a livello nazionale).
I dati complessivi relativi all'attuazione finanziaria erano pari, a fine giugno
2014, al 97,9 % per gli impegni e al 71,8% per i pagamenti. Seppure migliori rispetto
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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al passato, essi testimoniano, in entrambi i Fondi, il permanere della situazione di
difficoltà congiunturale che caratterizza il Paese.
I dati dell'attuazione finanziaria per Fondo relativamente ai pagamenti erano
pari, sempre a fine giugno 2014, al 68,7% per il FESR ed al 74,9% per il FSE.
Tale situazione evidenzia che il FESR ha risentito maggiormente delle difficoltà
di accesso al credito e della dimensione progettuale richiesta per gli interventi gestiti;
ma anche il FSE, seppure agevolato dalla normativa europea sulla semplificazione
della rendicontazione della spesa, registra difficoltà a perseguire completamente i
propri obiettivi (anche in presenza di iniziative progettuali adeguate alle necessità del
territorio), in mancanza — allo stato — di adeguate politiche del lavoro a livello
nazionale.
Complessivamente, va rilevata, per entrambi i Fondi, al primo semestre 2014
una accelerazione della spesa nella quale il FSE evidenzia, nei pagamenti, una
performance migliore rispetto al FESR. Ciò è indice di una maggiore capacità di
realizzazione del FSE, dovuta a vari fattori, fra i quali la peculiarità degli interventi
finanziati, prevalentemente di tipo immateriale e spesso meno soggetti alla
dilatazione temporale che caratterizza, invece, quelli gestiti con il FESR.
L'Obiettivo "Cooperazione territoriale europea" è articolato in tre sezioni:
Cooperazione transfrontaliera; Cooperazione transnazionale; Cooperazione
interregionale.
Esso è finanziato - per quanto riguarda la parte di provenienza comunitaria principalmente con il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR).
La Cooperazione Territoriale coinvolge anche Paesi non facenti parte degli Stati
membri dell'UE ed opera anche attraverso finanziamenti diretti dalla Commissione;
ciò avviene, ad esempio, per i programmi "ENPI" e "IPA", che operano negli ambiti
delle politiche, rispettivamente, di prossimità e di preadesione.
L'Obiettivo è articolato in Programmi Operativi. Per quanto riguarda quelli che
vedono la partecipazione italiana, la dotazione finanziaria complessiva è di circa 2,7
miliardi di euro, comprensivi anche della quota di cofinanziamento nazionale.
Al 31.12.2013, Il livello di attuazione finanziaria dell'Obiettivo risulta in
miglioramento rispetto all'anno precedente, anche sul fronte dei pagamenti. La
forbice tra impegni e pagamenti rimane, tuttavia, ancora elevata, soprattutto per
alcuni programmi operativi (segnatamente proprio quelli ENPI e IPA), per i quali i
pagamenti si attestano su medie di circa il 30% della dotazione finanziaria.
In considerazione del fatto che il periodo di programmazione si è chiuso proprio
con il 31.12.2013, e pur tenendo conto della possibilità di arrivare con i pagamenti —
per la cooperazione transfrontaliera — fino al 31.12.2016, appare auspicabile un
incremento sostanziale del livello di attuazione dei programmi, per evitare il rischio
che non siano realizzati gli obiettivi prefissati.
In positivo si può evidenziare la buona realizzazione media per i programmi di
cooperazione transfrontaliera "frontiere interne", che sono ad Autorità di Gestione
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 68
italiana, attestatisi, come dato tendenziale, ad oltre il 60% al 30.6.2014. Analoga
valutazione si può esprimere anche per i programmi della cooperazione
interregionale, i cui pagamenti superano il 70%.
Tra le cause delle cennate difficoltà di spesa, in parte evidenziate dalle stesse
Autorità di Gestione, oltre ad alcune complessità e lentezze procedurali, ha un ruolo
senz'altro preminente la situazione di crisi economica, che non favorisce la capacità
di spesa e la liquidità dei partecipanti, soprattutto nei programmi interessanti aree
geografiche molto estese ed economicamente molto differenziate.
2.3. Prospettive per il 2015
Relativamente alla Programmazione 2014-2020, nell'elaborare I' "Accordo di
Partenariato" con la Commissione europea, le Autorità italiane si sono proposte di
superare le criticità emerse nei cicli di Programmazione precedenti, fonti dei notevoli
ritardi nell'utilizzo delle risorse approntate dai Fondi strutturali.
Tali criticità sono state individuate:
-
nella programmazione inadeguata ,
-
nelle diffuse carenze di ordine istituzionale, amministrativo e tecnico,
-
nell'assenza di piani settoriali nazionali di riferimento.
A tali criticità l"Accordo" intende ovviare attraverso, tra l'altro: una
programmazione più trasparente e verificabile; un monitoraggio permanente ed un
supporto all'attuazione ad opera della citata "Agenzia"; piani settoriali nazionali di
riferimento; piani di rafforzamento amministrativo per le Amministrazioni centrali e
per le Regioni.
Il pacchetto normativo dell'UE sulla politica di coesione, relativamente alla
Programmazione 2014-2020, è sostanzialmente incentrato sulla cultura dei risultati,
per cui l'utilizzo dei finanziamenti dei Fondi sarà costantemente monitorato e
valutato, in modo da garantire il raggiungimento dei risultati previsti. L'erogazione
delle risorse sarà, inoltre, subordinata ad alcuni prerequisiti, destinati a porre in
essere le condizioni richieste per massimizzare l'impatto degli investimenti.
La concentrazione tematica in quattro settori chiave (ricerca ed innovazione,
piccole e medie imprese, trasporti sostenibili, economia a bassa emissione di
carbonio), l'orientamento ai risultati e la condizionalità ex ante figurano in primo
piano tra i nuovi principi introdotti nei regolamenti comunitari.
In particolare, lo strumento della condizionalità ex ante, previsto per il nuovo
impianto programmatorio, dovrebbe garantire che sussistano le condizioni quadro
programmatiche, regolatorie, di pianificazione, di strumentazione operativa, e di
capacità amministrativa necessarie ad assicurare l'efficacia degli interventi. Tali
specifiche condizionalità devono essere soddisfatte ex ante cioè sin dall'inizio della
Programmazione e come prerequisito per la spesa finanziata con le risorse dei Fondi
comunitari.
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PAG. 69
Da tale quadro emerge che, nella predisposizione della Programmazione 20142020, sono state riconosciute ed individuate le carenze e le criticità dei precedenti
cicli programmatori ed è stata definita, per superarle, l'articolata e complessa
metodologia di azione sopra delineata.
La Sezione si propone di verificare se, alla prova dei fatti, il nuovo impianto e le
conseguenti iniziative adottate dall'Italia dimostreranno la loro validità ed efficacia in
termini operativi, consentendo al nostro Paese il pieno, tempestivo e produttivo
utilizzo delle risorse comunitarie ad esso assegnate.
2.4. La politica agricola comune
Nel settore della politica agricola comune (PAC), gli operatori agricoli italiani
hanno beneficiato, nell'esercizio finanziario 2013, di contributi per 4,541 miliardi di
euro, che sono stati loro liquidati dagli Organismi pagatori italiani. A fronte di tale
importo, i rimborsi comunitari spettanti all'Italia, al netto di riduzioni e sospensioni
di pagamenti, sono ammontati a 4,531 miliardi di euro, con una differenza negativa
di 10 milioni di euro.
Si registra in senso positivo la conferma, nel settore lattiero-caseario, del rispetto
della quota di produzione assegnata all'Italia, e quindi della mancanza del
presupposto per l'applicazione del prelievo supplementare. Con riferimento tuttavia
al problema del recupero presso i produttori delle somme già versate dallo Stato
all'Unione europea, relative al prelievo supplementare degli anni precedenti, si
segnala che la procedura d'infrazione in corso, su una ipotesi di "aiuto di Stato" non
consentito, avviata dalla Commissione con nota di costituzione in mora del 21
giugno 2013, è giunta alla fase della ingiunzione da parte della stessa Commissione.
Questa, con "parere motivato" del 10 luglio 2014, ha definito e quantificato il
mancato recupero: rispetto ad "un ammontare globale di 2.265 milioni di euro di
multe accumulate tra il 1995 e il 2009 da produttori italiani, devono essere recuperati
ancora 1.395 milioni di euro".
L'avvio del nuovo regime della politica agricola comune, previsto per il 2014, ha
subito uno slittamento per effetto del Regolamento (UE) 1310/2013 del 20 dicembre
2013, in relazione alla tardività dell' adozione, avvenuta solo il 17 dicembre 2013,
dei regolamenti che hanno fornito la struttura normativa per il periodo di
programmazione 2014-2020,
Con riferimento al Fondo per lo sviluppo rurale (FEASR), la quota di
esecuzione, a tutto il 2013, del programma settennale 2007/2013 ha raggiunto per
l'Italia il 72% del totale, cifra che ci colloca anche per l'anno in riferimento al di sotto
della media europea, con significativi scostamenti, tra l'altro, da Regione a Regione.
In ordine alle preoccupazioni espresse nella relazione dello scorso anno sul
rischio di perdere stanziamenti in quota FEASR 2010/2011 per il meccanismo di
disimpegno n+2, posto al 31 dicembre 2013, si registrano positivi risultati dello
sforzo di aumentare la performance di spesa delle Regioni più in ritardo. Con ciò è
stato scongiurato il verificarsi di un massiccio disimpegno.
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2.5. Frodi ed irregolarità
Con riguardo alle frodi ed alle irregolarità, si può registrare, nel 2013 e nel
primo semestre del 2014, un decremento complessivo degli importi della spesa
irregolare rispetto alle precedenti annualità. I Programmi maggiormente interessati
sono quelli regionali, le cui irregolarità incidono per il 67% sugli importi
complessivi, di cui il 60,4% è relativo a fenomeni riscontrabili nelle Regioni
meridionali, l'11,8% in quelle centrali e il 27,8% nelle Regioni del nord.
Nell'ambito dei Fondi strutturali, il FESR è quello per il quale sono individuabili
i più alti importi di spesa irregolare, pari a 17,8 milioni di euro. Le Regioni nelle
quali si registrano i maggiori importi sono: la Calabria (7,7 milioni), la Campania
(3,3 milioni), la Toscana (2,4 milioni) e la Sardegna (2,3 milioni).
Per quanto riguarda, invece, le irregolarità in materia di politica agricola
(FEAGA/FEASR), esse si presentano in netto incremento. Gli importi da recuperare
più rilevanti risultano a carico di AGEA, che è Organismo Pagatore per molte
Regioni.
Il monitoraggio evidenzia l'ampia diffusione del fenomeno delle irregolarità e
delle frodi, che interessa tutte le tipologie di Fondi, con conseguente preoccupante
estensione dei livelli di rischio.
In questo contesto, gli importi più rilevanti da recuperare sono riferibili alle
Regioni meridionali inserite nell'Obiettivo Convergenza (già Obiettivo 1). Ciò è
riconducibile alla circostanza che esse sono destinatarie di rilevanti risorse europee e
sono influenzate dalla particolare situazione socio-economica locale, caratterizzata
da vari fattori negativi connessi anche alla presenza sul territorio della criminalità
organizzata ed a un più marcato ritardo nella crescita economica rispetto alle altre
aree. Importi da recuperare, sia pure meno consistenti, per irregolarità a danno del
FSE e del FESR esistono anche nelle Regioni del Nord.
Anche l'ampio ricorso alla decertificazione, operato dalle Autorità di Gestione,
costituisce un ragguardevole vulnus per l'Erario nazionale. Le risorse decertificate,
infatti, non incidono per il bilancio UE, mentre il loro recupero rimane totalmente a
carico dell'Erario nazionale.
Il fenomeno delle irregolarità desta allarme, anche in considerazione del fatto
che, fra i sistemi di frode utilizzati, è frequente la mancata realizzazione delle attività
finanziate, soprattutto nel settore dei contributi pubblici. Tale condotta non solo è
strumentale alla illecita distrazione dei fondi concessi, ma danneggia le finalità
specifiche delle sovvenzioni, rivolte alla riqualificazione professionale dei lavoratori
e allo sviluppo delle attività imprenditoriali, vanificando l'obiettivo di incentivare la
crescita delle Regioni interessate.
Notevoli sono, quindi, le risorse europee che continuano ad essere sottratte alle
finalità programmate a causa di irregolarità e frodi.
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3. Relazioni speciali
La Sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali ha svolto, nel
corso del 2014, un'indagine in forma di audit parallelo, in collegamento con le ISC di
dodici Stati membri dell'UE, sulla semplificazione delle procedure relative ai Fondi
strutturali (deliberazione n. 4/2014, approvata in data 29 maggio 2014).
L'indagine ha consentito di esaminare l'attività di semplificazione, svolta in Italia
da quattordici Enti territoriali (capofila la Toscana), relativamente al Fondo Sociale
Europeo, in attuazione di diversi regolamenti comunitari.
Tale attività ha posto in essere nuove modalità di definizione della spesa (unità
di costo standard, importi forfettari, costi indiretti), individuate in base ad un'attenta
analisi dei costi storici, che è stata resa più agevole dall'elevata uniformità delle
iniziative finanziate e gestite dal FSE.
A questo riguardo, degna di nota è risultata la metodologia seguita per
l'elaborazione delle unità di costo standard, utili per la definizione dei costi e delle
modalità di calcolo delle spese individuate nell'ambito dei due settori della
formazione e dell'avviamento al lavoro.
E' proseguita l'istruttoria della relazione speciale relativa all' analisi dei sistemi
di accertamento dei dazi doganali e di messa a disposizione di tali risorse a favore
dell'UE, con particolare riferimento agli interessi pagati dall'Italia per ritardato
versamento degli importi dovuti a tale titolo.
E' stata avviata l'istruttoria della relazione speciale sul tema degli strumenti di
ingegneria finanziaria. L'indagine si propone di analizzare il fenomeno del ricorso a
tali strumenti.
E' proseguita l'istruttoria della relazione speciale sui fondi strutturali della
programmazione 2007-2013 utilizzati per la conservazione e la valorizzazione dei
beni culturali, con particolare riguardo alle azioni per lo sviluppo turistico e per
l'incremento dell'occupazione (POIN "Attrattori culturali, naturali e turismo").
In considerazione delle avvenute riprogrammazioni degli interventi, operate
dalle competenti Autorità nazionali e regionali, il controllo si orienterà, in
particolare, sulla fase di chiusura dell'intervento.
E' proseguita l'istruttoria della Relazione speciale sul Programma di
cooperazione transfrontaliera Italia-Francia "Marittimo". L'indagine si propone di
verificare lo stato attuale di attuazione finanziaria del Programma ed il
raggiungimento degli obiettivi prefissati nonché di esaminare il sistema dei controlli
e le eventuali criticità riscontrate.
Le Istituzioni Superiori di controllo di 11 Paesi dell'Unione Europea , fra cui
l'Italia, hanno partecipato al “Gruppo di lavoro sui fondi strutturali VI” ed hanno, nel
corso del 2014, avviato un controllo sulle analisi delle tipologie di errori negli appalti
pubblici comunitari e nazionali all’interno dei programmi sui Fondi strutturali,
nell'ambito della programmazione 2007/2013.
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Detta attività si è sostanziata, nel primo semestre del 2014, nella definizione, a
seguito di un incontro tra gli Stati partecipanti, del Programma di Audit, della
tempistica dei lavori e nell'individuazione dell'applicazione da parte dell'Italia delle
Linee Guida COCOF n. 07/003/37 con il relativo studio della documentazione tratta
anche da banche dati. L'attività istruttoria ha avuto inizio a luglio del 2014 con l'invio
di richieste istruttorie a 42 Amministrazioni statali e regionali.
Attualmente, l'attività istruttoria è ancora in corso con l'esame dei dati e
documenti inviati dalle Amministrazioni coinvolte. Sono stati altresì utilizzati gli
elementi presenti nella banca dati SIDIF sulle irregolarità . Gli elementi raccolti di
particolare interesse verranno evidenziati in una specifica relazione.
La Sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali è altresì
impegnata in un gruppo di lavoro per la elaborazione della Strategia nazionale di
riforma appalti pubblici presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con il
coinvolgimento di diverse amministrazioni nazionali per evidenziare, fra l'altro, le
principali criticità in materia di appalti.
4. L’attività di external auditor presso organismi internazionali e la
cooperazione tra le Istituzioni Superiori di controllo.
Sul piano internazionale, la Sezione di controllo per gli affari comunitari e
internazionali ha svolto, in virtù del mandato quadriennale (rinnovabile), assegnatole
nel 2011, l'attività di controllo dell'Unione Internazionale delle Telecomunicazioni
(ITU), che è una delle Agenzie specializzate del sistema delle Nazioni Unite,
rilasciando la certificazione relativa alla correttezza dei rendiconti dell'anno 2013.
La Sezione ha, al riguardo, analizzato in modo approfondito la complessa
organizzazione dell'ITU, caratterizzata da più sedi in ciascun Continente e da
funzioni differenti, svolte da Divisioni dotate di parziale autonomia, che riguardano,
tra l'altro, l'attribuzione delle frequenze radiofoniche e dei prefissi nazionali, la
promozione dello sviluppo delle telecomunicazioni in Paesi meno avanzati e la
fissazione degli standard nel settore.
Oltre al rilascio della certificazione (deliberazione n.5/2014, approvata
nell'adunanza del 28 luglio 2014), la Sezione ha valutato la performance dell'ITU
sotto l'aspetto della sana gestione finanziaria, senza trascurare i risvolti del rispetto
formale e sostanziale dei principi che devono guidare l'Organizzazione nel quadro
della più generale missione delle Nazioni Unite.
La presentazione della relazione al Consiglio dell'ITU, svoltosi nel mese di
ottobre a Busan (Corea del Sud), in coincidenza con la Conferenza Plenipotenziaria
quadriennale degli Stati membri, ha riscosso l'interesse dei delegati delle varie
Nazioni, confluito nell'ampio, convinto e condiviso apprezzamento dei
Plenipotenziari che hanno attestato che la Sezione ha eseguito il controllo dei conti
dell'Unione "con massima cura, competenza ed accuratezza".
E' stata altresì presentata al Consiglio, come richiesto con risoluzione della
Conferenza dei Plenipotenziari, la relazione sul principale evento annuale dell'ITU,
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denominato " ITU Telecom World" (deliberazione n.3/2014, approvata in data 29
maggio 2014), predisposta anche a seguito di apposito sopralluogo nella sede di
svolgimento dell'evento stesso.
Nel corso dell'anno, la Sezione ha anche ricevuto le consegne da parte della
Corte dei conti francese, precedente External Auditor dell' Organizzazione
Internazionale dell'Aviazione Civile (ICAO). E', infatti, entrata a regime anche
questa attività di audit, a seguito della assegnazione alla Corte dei conti nel corso del
2013 del mandato di controllore esterno dell' ICAO per il triennio 2014-2016 (con
facoltà di rinnovo per un ulteriore triennio),
L'ICAO, creata nel 1944, in quanto agenzia specializzata delle Nazioni Unite ha
il compito di promuovere lo sviluppo ordinato e sicuro dell'aviazione civile nel
mondo intero. Ad essa aderiscono 191 Paesi, tra cui l'Italia.
Con questo ulteriore incarico, la Corte dei conti rafforza la propria presenza
nell'ambito del controllo internazionale, e in particolare tra le Organizzazioni
internazionali del sistema delle Nazioni Unite, e contribuisce anche al monitoraggio
dell'impiego più efficace ed efficiente dei contributi erogati dagli Stati membri (tra
cui l'Italia) alle suddette Organizzazioni internazionali, per il perseguimento degli
obiettivi statutari concordati.
Inoltre, in quanto controllore esterno di Organizzazioni che si ricollegano al
sistema onusiano, la Corte è membro del "Panel" dei controllori delle Nazioni Unite,
alle cui riunioni annuali, oltre che in sede di "Technical Group", partecipa ai massimi
livelli assieme alle Istituzioni Superiori di Controllo di altri undici Paesi.
La 55^ sessione del "Panel" si è svolta a New York presso la sede dell' Onu nel
dicembre del 2014. In tale occasione, la delegazione della Corte, presieduta dal
Presidente Squitieri, ha esposto le proprie considerazioni in materia di validazione
delle attività della funzione di controllo interno delle Agenzie specializzate, sulla
base dei principi ISSAI.
La Sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali ha anche
avviato i contatti con l’International Centre for Genetic Engineering and
Biotechnology (ICGEB) per lo svolgimento del mandato di controllo triennale 20152017. Si tratta di una Organizzazione internazionale con sedi a Trieste, New Delhi e
Cape Town che opera dal 1987 con l'obiettivo di offrire, soprattutto agli scienziati
dei paesi in via di sviluppo, un centro di eccellenza per la ricerca e la formazione nel
campo della biologia molecolare e delle biotecnologie.
Nel quadro dell'attività di controllo, da parte delle Istituzioni Superiori di
Controllo dei quattro Paesi (Regno Unito, Germania, Spagna ed Italia) che
partecipano al "Consorzio per lo sviluppo del velivolo militare Eurofighter", la
Sezione ha partecipato, insieme alle altre tre ISC, ad un incontro a Monaco di
Baviera, svoltosi nel giugno 2014, presso la "Nato Eurofighter and Tornado
Mananagement Agency" e ad un incontro, sempre a Monaco di Baviera, svoltosi nel
dicembre 2014, presso la sede regionale della Corte dei conti tedesca. Gli incontri
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hanno avuto lo scopo di fare il punto sull'attuale fase di sviluppo del progetto e sulle
sue prospettive future , con particolare riguardo alla problematica dei controlli.
Nell'ambito della cooperazione tra le Istituzioni Superiori di Controllo in sede
europea, la Sezione ha partecipato al seminario europeo sugli "IPSAS/EPSAS",
svoltosi nel marzo scorso a Bonn, su iniziativa della ISC tedesca, volto a stimolare
riflessioni delle ISC sul progetto Eurostat di introduzione di una contabilità basata su
standard "IPSAS/EPSAS" in tutti i Paesi dell'Unione.
La Sezione ha, al riguardo, intrattenuto anche contatti con la Ragioneria
Generale dello Stato, nell'ottica della valutazione dei risvolti nazionali dell'eventuale
applicazione della nuova contabilità in sede europea.
Sempre in tema di cooperazione europea, la Sezione ha organizzato, nel marzo
del 2014, un Seminario, finanziato dalla Commissione Europea-OLAF, sul tema
"Attività conoscitiva e di formazione diretta allo scambio di esperienze tra le Corti
dei conti di Francia, Spagna, Portogallo, Grecia ed Italia e le Istituzioni Comunitarie
nell'azione di prevenzione e di contrasto alle frodi ed alle irregolarità che ledono gli
interessi finanziari dell'Unione".
In tale occasione sono stati confrontati i sistemi di prevenzione e di contrasto
attuati dalle Corti partecipanti, sia sotto il profilo dei controlli che della giurisdizione,
con l'intento di trovare soluzioni comuni che possano rivelarsi utili per arginare il
fenomeno. Il confronto è stato esteso anche agli strumenti di contrasto alla
corruzione, fenomeno strettamente collegato a quello delle frodi.
A tale riguardo, è stata auspicata la prosecuzione del confronto anche in vista
della formulazione di proposte di armonizzazione della disciplina in ambito europeo,
al fine di ridurre la dispersione dei fondi comunitari e di rafforzare la sana gestione,
anche attraverso la creazione di un "forum" di discussione fra le diverse II.SS.CC.
connotate dalla giurisdizione.
Nell'ambito delle iniziative attuate in Italia nel corso del Semestre di Presidenza
italiana del Consiglio dell'Unione Europea, la Sezione ha organizzato a Roma il 30
settembre 2014 un Convegno sul tema "Prevenzione e contrasto alle irregolarità ed
alle frodi a tutela dell'erario comunitario: profili di armonizzazione e raccordo
nell'azione delle ISC degli Stati membri dell'Unione Europea".
A tale Convegno hanno partecipato dodici ISC degli Stati membri dell'UE, le
principali Istituzioni comunitarie (Parlamento Europeo, Consiglio, Commissione) e
la Corte dei conti europea.
L'iniziativa si proponeva di approfondire possibilità ed ipotesi di rafforzamento
della prevenzione e del contrasto alle irregolarità ed alle frodi comunitarie e di
ulteriore armonizzazione della disciplina esistente.
Il Convegno ha, in effetti, consentito di realizzare un confronto tra le varie ISC
partecipanti e le Istituzioni europee, di comparare le modalità di approccio, sia nel
campo della prevenzione che in quello del contrasto, di analizzare gli interventi
effettuati, i risultati ottenuti e le "best practices" adottate.
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A questo ultimo riguardo, la Sezione ha colto l'occasione per presentare una
"best practice" da essa di recente realizzata: la "Banca dati per il monitoraggio delle
irregolarità e delle frodi".
A conclusione del convegno il Presidente della Corte dei conti ha proposto
l'istituzione, nell'ambito del Comitato di contatto delle ISC, di un Gruppo di lavoro
con l'obiettivo di formulare suggerimenti migliorativi in tema di armonizzazione
della disciplina comunitaria nella materia e di realizzare maggiori sinergie tra le ISC
nell'azione di prevenzione e di contrasto alle irregolarità ed alle frodi.
Tale proposta, presentata al Comitato di Contatto svoltosi a Lussemburgo il 16 e
17 ottobre, ha poi riscosso ampio consenso ed è stata inserita nell'agenda della
prossima riunione del Comitato per una definitiva valutazione.
Si ricorda infine, la partecipazione, su delega del Presidente, ad un’audizione
presso la XIV Commissione Permanente della Camera dei Deputati per le Politiche
Europee, nel quadro di una indagine conoscitiva sull'attuazione e sull'efficacia delle
politiche dell'UE in Italia (già trattata al capitolo I).
5. Il monitoraggio delle attività di controllo
Nel 2014 la Sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali ha
svolto varie attività che costituiscono anche supporto alle proprie analisi sui rapporti
finanziari tra l'Unione europea e l'Italia e sull'utilizzazione dei Fondi comunitari
È proseguita l'attività di raccordo e di monitoraggio delle visite effettuate dalla
Corte dei conti europea in territorio italiano al fine di svolgere attività di audit. In
tale quadro, la Sezione ha partecipato ai lavori dell'audit della Corte dei conti
europea svoltosi in Roma dal 1° al 4 dicembre 2014, nell'ambito di un controllo di
gestione sul funzionamento della procedura per i disavanzi eccessivi (EDP), tuttora
in corso di svolgimento.
L'analisi è stata effettuata col supporto dell'apposito sistema informatico
elaborato con il contributo della D.G.S.I.A. L'applicativo, accessibile nella rete
intranet dell'Istituto, rende possibile la registrazione della corrispondenza e dei dati
relativi alle procedure in questione e quindi, oltre a contribuire alla puntuale gestione
dei contatti con le Istituzioni e gli organismi interessati, consente anche scelte
razionali in ordine alle collaborazioni della Sezione con la Corte dei conti europea
nell'ambito dei citati controlli.
Per il settore della politica agricola comune, la Sezione ha coadiuvato i lavori
della Corte dei conti europea per un controllo FEARS sulle gestione degli aiuti alle
infrastrutture rurali in Sicilia, svoltosi nel novembre 2014 e per un controllo FEARS
sulle Misure 114 e 123 in Piemonte, svoltosi nel marzo 2014.
La Sezione ha, inoltre, supportato la Corte dei Conti europea nell'attività di un
audit di performance svoltosi in Italia, ai primi di ottobre 2014, presso 10
Amministrazioni su "Le misure idonee ed efficaci per affrontare il problema degli
errori rilevati nell'area degli appalti pubblici nell'ambito dei progetti cofinanziati dai
fondi strutturali europei, al fine di valutare l'adeguatezza e l'efficacia delle misure
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 76
adottate dalla Commissione e dagli altri Sati membri". A seguito dell'invio delle
constatazioni preliminari sono state predisposte e trasmesse le relative
controdeduzioni.
La Sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali ha partecipato
anche ai lavori dell'audit della Corte dei conti europea svoltasi a Roma dal 1° al 4
dicembre 2014, nell'ambito di un controllo sul funzionamento della procedura per i
disavanzi eccessivi (EDP), tuttora in corso di svolgimento.
Nel corso del 2014 la Corte ha proseguito la propria attività nell'ambito del
monitoraggio delle irregolarità e delle frodi comunitarie, attribuendo importanza
crescente a tale attività.
La Sezione ha infatti costituito uno specifico sistema informativo (SIDIFConosCO) che si avvale del collegamento alla banca dati IMS —System dell'OLAF
Irregularity Management (Ufficio europeo per la lotta anti-frode) "sia per le
irregolarità nei Fondi strutturali che per quelle in agricoltura e nella pesca", che
partendo dai dati comunicati periodicamente dalle Amministrazioni nazionali
all'OLAF, fornisce elementi conoscitivi su svariati piani, anche con riguardo alle
somme da recuperare, consentendo alla Corte di svolgere un controllo costante sulle
azioni poste in essere dalle Amministrazioni per ristorare l'erario nazionale e
comunitario.
La costante rilevazione dei dati ha consentito di riscontrare e risolvere le
problematiche emerse presso le diverse Amministrazioni, con riguardo alla
difformità dei dati, anche a beneficio delle Sezioni regionali di controllo e di
evidenziare altresì la duplicazione di importi relativi a diversi casi, agevolando la
riduzione delle somme soggette a recupero in misura significativa. Tale monitoraggio
ha assunto una grande importanza nell'analisi dei rischi, consentendo di valutare le
modalità attraverso cui sono poste in essere le diverse fattispecie.
Al riguardo, è motivo di preoccupazione constatare la presenza di diversi casi di
sospetta frode nel settore dell'agricoltura. Fonte ulteriore di allarme è l'entità, ancora
rilevante, delle somme da recuperare a carico di diverse Amministrazioni nazionali.
E' in fase di sperimentazione un maggiore raccordo con alcune Sezioni regionali
di controllo e con la Procura Generale, a cui sono state rilasciate le credenziali di
accesso per lo svolgimento di autonome attività di analisi. Sono in corso di studio le
modalità di raccordo con le Procure regionali ai fini di individuare i procedimenti,
nell'ambito dei giudizi pendenti, per il recupero dei relativi fondi.
È proseguita la rilevazione dei documenti approvati da altre Sezioni della Corte,
centrali e periferiche, recanti analisi di tematiche attinenti alla gestione di Fondi di
interesse europeo e alle Risorse proprie dell'UE.
La ricerca è rivolta a dare conto delle valutazioni effettuate, nell'ottica dei rispettivi criteri di indagine, sui flussi monetari che coinvolgono il nostro Paese, sul
versante appunto delle entrate dell'Unione e su quello delle contribuzioni erogate
dalla stessa.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 77
I dati raccolti al riguardo vengono riportati in un apposito elenco, allegato alle
Relazioni annuali della Sezione, a partire da quella concernente l'esercizio 2010.
È altresì continuata l'analisi dell'impatto finanziario del contenzioso tra l'Italia e
I'UE, con riferimento:
-
alle procedure di infrazione instaurate nei confronti della Repubblica italiana, ai
sensi degli artt. 258 e 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
-
ai rinvii pregiudiziali proposti, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea, da organi giurisdizionali italiani, nonché da
giudici stranieri per fattispecie che possano avere riflessi anche per
l'ordinamento italiano;
-
ai procedimenti avviati dalla Commissione europea nei confronti della
Repubblica italiana, a sindacato degli "aiuti di Stato" concessi da quest'ultima, ai
sensi dell'art. 108, par. 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 78
CAPITOLO III
L’ATTIVITÀ DI CONTROLLO PREVENTIVO DI LEGITTIMITÀ SUGLI ATTI DEL
GOVERNO E DELLE AMMINISTRAZIONI DELLO STATO
Quadro di sintesi
Il controllo preventivo e successivo di legittimità è svolto dalla Corte in
conformità alle previsioni di legge che ne definiscono i contenuti, i tempi, i modi e le
procedure. La Sezione del controllo preventivo di legittimità sugli atti delle
Amministrazioni centrali dello Stato e i relativi Uffici di controllo sugli atti della
Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri devono necessariamente
procedere all’esame di tutti gli atti contemplati dall’art. 3, comma 1, della l. 20/1994,
ancora oggi quadro di riferimento normativo del controllo di legittimità, adottati
dalle amministrazioni centrali dello Stato.
La medesima attività viene altresì svolta dalle Sezioni regionali di controllo sugli
atti delle amministrazioni dello Stato che operano in sede territoriale. A tal fine,
nell’ambito di ogni singola Sezione sono individuati due magistrati ai quali sono
assegnate, rispettivamente, le funzioni di consigliere delegato e di magistrato
istruttore.
Le funzioni di coordinamento dell’intera attività, svolta sia in sede centrale sia in
sede regionale, sono attribuite al Presidente della Sezione centrale di controllo di
legittimità.
La tipologia di atti che il Legislatore ha voluto assoggettare a tale forma di
controllo, pur essendo assai varia è caratterizzata da un fattore comune, l’essere atti
che per la loro natura e per gli effetti incidono in via diretta e indiretta su aspetti
organizzativi e su fenomeni di carattere finanziario di peculiare rilievo.
L’attività della Corte dei conti nell’ambito della funzione di controllo di
conformità a legge dell’attività delle amministrazioni centrali dello Stato è scandita
dalla trasmissione degli atti al controllo, legata a sua volta alle principali fasi di
gestione del bilancio e all’attuazione degli atti di programmazione e di indirizzo
politico-amministrativo. Pertanto, la previsione per legge di termini perentori entro i
quali esercitare la funzione, l’imprevedibilità della quantità e della qualità dei
provvedimenti per i quali è prescritto il controllo della Corte dei conti, le urgenze
determinate dalle contingenze organizzativo-ordinamentali o economico-finanziarie,
rendono impossibile alcuna attività di pianificazione dell’esercizio della funzione.
Nel 2014 è proseguita l’attività di informatizzazione delle procedure di
trasmissione degli atti da assoggettare a controllo preventivo e successivo di
legittimità, in conformità alle norme contenute nel codice dell’Amministrazione
digitale (d.lgs. n. 82/2005).
Sul punto delle procedure di inoltro degli atti dalle amministrazioni alla Corte,
merita di essere segnalata la novità introdotta dall’art. 33 del d.l. n. 91 del 2014
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 79
(convertito dalla l. n. 116/2014). La citata disposizione, nel prevedere l’eliminazione
del controllo di regolarità amministrativa e contabile da parte degli uffici della
Ragioneria Generale dello Stato con riferimento agli atti per i quali è previsto il
controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, ha disposto la trasmissione
dei provvedimenti da parte delle amministrazioni direttamente alla Corte e non più
per il tramite degli uffici della Ragioneria Generale dello Stato (uffici centrali di
bilancio e ragionerie territoriali).
L’attuazione della norma ha richiesto una intensa attività di raccordo con la RGS
al fine di agevolare l’avvio della nuova procedura, la quale ha comportato alcune
difficoltà interpretative e operative. La Sezione si è adoperata al fine di assicurare
uniformità alla conseguente attività degli uffici di controllo.
Con riferimento alla specifica attività della Sezione, meritano di essere segnalate
le delibere che hanno avuto ad oggetto il regolamento di organizzazione del
Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (del. n. 12/2014) e del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali (del. n. 17/2014), per entrambi con esito
di ammissione al visto, nonché le delibere che hanno interessato l’attività del CIPE –
Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica – le cui delibere sono
inviate alla Corte dei conti al fine del controllo preventivo di legittimità ai sensi
dell’art. 3, comma 1, lett. d), della l. n. 20/1994 (delibere nn. 4, 16, 33 e 37 del 2014).
Per quest’ultima tipologia di atti, la Sezione del controllo ha dovuto esaminare
diverse fattispecie che hanno posto in rilievo criticità già più volte segnalate, in
particolare: a) i ritardi con i quali il CIPE trasmette gli atti al controllo, non
raramente a diversi mesi di distanza dalla data della loro adozione; b) la non corretta
o esaustiva indicazione della sostenibilità finanziaria dei costi dei lotti. Non è raro
infatti che le delibere approvino la realizzazione di interventi in assenza di
finanziamenti certi, dando avvio ad opere che, nel corso di esecuzione, richiedono
ulteriori risorse per intervenute varianti sostanziali ed economiche, a cui i soggetti
aggiudicatori non sono in grado di fare fronte. Di tale criticità è risultata altresì
responsabile una progettazione preliminare non sempre apparsa adeguata, con ritardi
che si traducono non raramente in richieste di lodi arbitrali determinanti ulteriore
incrementi nei costi .
1.
L’attività di controllo preventivo
Nel corso del 2014, la Sezione di controllo preventivo di legittimità sugli atti del
Governo e delle amministrazioni dello Stato ha adottato, in sede di adunanza, 37
deliberazioni, nessuna delle quali è stata oggetto di richiesta, da parte del Governo, di
registrazione con riserva.
Si deve rilevare che, come già evidenziato nelle precedenti relazioni, il
coinvolgimento della Sezione riguarda un numero limitato di provvedimenti, in
quanto l’attività svolta dagli uffici di controllo, di norma, è funzionale a evitare dubbi
interpretativi sulle norme che regolano i procedimenti amministrativi.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 80
A questo riguardo, si segnala l’intensa attività istruttoria dei suddetti Uffici, che
trova espressione in numerosi fogli di osservazione (c.d. rilievi), attraverso i quali
viene indirizzata l’attività delle amministrazioni controllate e che determina, di
norma, lo spontaneo adeguamento alle indicazioni della Corte da parte delle
medesime amministrazioni.
Non è infrequente, peraltro, la richiesta di ritiro da parte delle amministrazioni
degli atti assoggettati al controllo preventivo di legittimità, per un riesame degli
stessi.
In particolare, nel 2014 complessivamente sono pervenuti al controllo
preventivo di legittimità 26.677 provvedimenti, ai quali ne vanno aggiunti 1.806
trasmessi negli ultimi mesi del 2013 per un totale di 28.483 atti. Ne sono stati
esaminati 26.864, dei quali 25.402 sono stati ammessi a registrazione e 1.462 sono
stati restituiti o ritirati, e sono stati formulati 1.930 rilievi istruttori, concernenti 3.315
provvedimenti.
Nell’ambito del controllo successivo di legittimità su atti, sono stati trasmessi 22
provvedimenti, ai quali ne vanno aggiunti 51 di giacenza iniziale, per un totale di 73
atti. Ne sono stati ammessi a registrazione 24, restituiti e ritirati 38.
Dalla lettura delle deliberazioni, che costituiscono il dato più significativo della
complessa attività della Sezione, emerge il quadro della varietà e della rilevanza delle
questioni esaminate e definite in sede istruttoria dagli Uffici di controllo e, ove
necessario, nella sede collegiale.
2.
Le delibere della Sezione di controllo
Oltre a quelle già evidenziate (deliberazione SCCLEG/12/2014/PREV in tema di
Regolamento di organizzazione del Ministero dell’istruzione, dell’Università e della
ricerca e deliberazione SCCLEG/17/2014/PREV in tema di Regolamento di
organizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), si richiamano di
seguito le altre significative deliberazioni della Sezione di controllo preventivo di
legittimità sugli atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato.
Di particolare rilievo è stata la deliberazione (SCCLEG/1/2014/SUCC), adottata
nell’ambito del controllo successivo di legittimità ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. n.
123/2011, avente ad oggetto un provvedimento di collocamento a riposo adottato nei
confronti di un Dirigente generale, pedissequamente attuativo di quello presupposto
di conferimento di funzioni dirigenziali, limitativo della durata di trattenimento in
servizio. La Sezione ha precisato che, in presenza di un atto pedissequamente
attuativo di un precedente provvedimento, non più soggetto a riesame o gravame per
consolidamento delle situazioni giuridiche costituite, il controllo di legittimità sul
primo verte sull’esatta attuazione di quanto disposto nell’atto presupposto, non
essendo consentito formulare interpretazioni che travalichino il dispositivo stesso. E
ciò anche in presenza di una motivazione dell’atto presupposto ampia e articolata la
quale, se pure suscettibile di ultronee interpretazioni, non può che riferirsi al solo
oggetto del provvedimento.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 81
Parimenti significativa risulta la deliberazione (SCCLEG/2/2014/PREV) in tema
di istituzione, presso il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo,
della Direzione generale per le politiche del turismo. In essa la Sezione ha
evidenziato che, fermo restando che, per l’istituzione e la disciplina organizzativa di
uffici dirigenziali di livello generale, occorre lo strumento normativo del c.d.
“regolamento governativo” approvato con D.P.R, il decreto posto all’esame della
Sezione può essere ritenuto conforme a legge - in relazione alla peculiarità della
fattispecie - in quanto ad esso è stata affidata una funzione meramente ricognitiva,
necessitata dalla pronta attivazione delle nuove strutture, che aveva avuto un
prodromo nel D.P.C.M. di trasferimento e una successiva consacrazione nella legge
di bilancio 27 dicembre 2013, n. 148. Al riguardo, la Sezione ha, inoltre, evidenziato
che nel nuovo sistema di contabilità dello Stato, derivante dalla recente riforma
costituzionale, la mancata riproposizione del terzo comma dell’art. 81 Cost., che
stabiliva il divieto di introdurre, con essa, nuovi tributi e nuove spese, ha elevato il
livello innovativo della legge di bilancio trasformandola da “formale” a
“sostanziale”. Infine, si è chiarito che non è legittima, invece, “la sostanziale
equiparazione” fra il livello apicale del Segretario generale del Ministero e quello del
Capo Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in quanto, non
sussistendo un vero e proprio rapporto gerarchico tra il Segretario generale ed i
dirigenti preposti alle Direzioni generali, deve rilevarsi che i compiti attribuiti alle
predette figure dirigenziali sono tra di loro ontologicamente diversi. Infatti, dalla
lettura sistematica delle norme di settore recate dal d.lgs. n. 300/1999 e dal d.lgs. n.
165/2001, emerge che al Segretario generale spettano compiti di coordinamento e
vigilanza sull’attività del Ministero, mentre la gestione amministrativa viene
attribuita esclusivamente ai Direttori generali.
Con una pluralità di deliberazioni, la Sezione è intervenuta in tema di
conferimento di incarichi di consulenza e collaborazione. In particolare, con la
deliberazione SCCLEG/3/2014/PREV, avente ad oggetto il conferimento di un
incarico di collaborazione ai sensi dell’art. 7, comma 6, d.lgs. n. 165/2001, la
Sezione ha ritenuto non conforme a legge il provvedimento con il quale la Scuola
nazionale dell’amministrazione ha attribuito il terzo incarico allo stesso collaboratore
per lo svolgimento della medesima prestazione riguardante la redazione del
“Rapporto formativo sui fabbisogni” (l’esperto individuato dalla Scuola, peraltro, fin
dall’anno 2000, aveva costantemente redatto tale rapporto, seppure con la diversa
qualifica di “Responsabile di settore”). In proposito, difatti, l’art. 7, comma 6, del
d.lgs. n.165/2001, come modificato dall’art.1, comma 147, della l. n. 228/2012, pone
il divieto di rinnovo dei contratti di collaborazione. Invero, è stato chiarito che tale
divieto deve essere inteso non solo con riguardo al soggetto destinatario, ma anche e
soprattutto con riferimento all’oggetto della prestazione, poiché ciò che la norma
mira a scongiurare è la ripetizione di un negozio giuridico precedentemente
instaurato, seppure nuovo e autonomo rispetto al precedente, che riveli
incontestabilmente l’assenza dei requisiti di straordinarietà e limitatezza nel tempo
dell’esigenza dell’amministrazione, confermando l’orientamento già espresso dalla
Corte, secondo cui non possono essere stipulati contratti di collaborazione per
rispondere a fabbisogni permanenti dell’amministrazione, a scapito di una
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 82
progressiva e adeguata strutturazione dell’Ufficio in grado di curare l’attività
lavorativa in questione.
Con la deliberazione SCCLEG/5/2014/PREV, è stato altresì evidenziato che la
possibilità di conferire incarichi individuali ad esperti di particolare e comprovata
specializzazione anche universitaria, prevista dall’art. 7, comma 6, del d.lgs. n.
165/2001, riguarda prestazioni necessariamente temporanee e compiti diversi dallo
svolgimento delle funzioni ordinarie. In particolare, è emerso che l’attività di esame
della posizione di ciascun lavoratore, del piano pluriennale di occupazione e del
successivo bando, nonché l’assistenza agli uffici nella corretta applicazione delle
norme in materia di personale, rientrano tra i compiti ordinari che dovrebbero essere
espletati dal personale in servizio. Nella medesima deliberazione è stato, inoltre,
precisato che il requisito procedurale dell’espletamento di un’apposita procedura
selettiva ai fini dell’individuazione del contraente, non può ritenersi assolto
nell’ipotesi di ricorso ad un albo interno di professionisti, nella specie avvocati,
qualora, per l’espletamento dell’attività oggetto del contratto, non sia necessaria
l’iscrizione all’albo degli avvocati.
Con deliberazione SCCLEG/7/2014/PREV, la Sezione ha ulteriormente
precisato che gli incarichi attribuiti ai sensi dell’art. 7, comma 6, del d.lgs. n.
165/2001 debbono avere natura temporanea, in quanto conferiti allo scopo di
sopperire ad esigenze di carattere temporaneo, per le quali l’amministrazione non
possa oggettivamente fare ricorso alle risorse umane e professionali presenti al suo
interno. Inoltre, la Sezione ha ribadito che, ancorché sia stata espletata una procedura
selettiva, il divieto di rinnovo, introdotto dall’art. 1, comma 147, della l. n. 228/2012,
deve essere inteso non soltanto con riguardo al soggetto destinatario, ma anche con
riferimento all’oggetto della prestazione, poiché la norma mira ad evitare la
ripetizione di un rapporto giuridico precedentemente instaurato, seppure nuovo ed
autonomo rispetto al precedente, il quale riveli l’assenza dei requisiti di
straordinarietà e limitatezza nel tempo dell’esigenza dell’amministrazione.
La deliberazione SCCLEG/8/2014/PREV ha chiarito ulteriori aspetti relativi al
conferimento di incarichi esterni da parte di Università senza il previo espletamento
di procedura comparativa, affermando che, per il conferimento di incarichi esterni, il
criterio della chiamata diretta, avvalendosi di deroga inserita in un regolamento
universitario, risulta elusivo dell’obbligo di espletare una previa procedura
comparativa, come stabilito dall’art. 7, comma 6-bis, del d.lgs. n. 165/2001. Tale
norma, infatti, impone l’obbligo dell’espletamento di una procedura comparativa e si
presenta come espressione del principio di buon andamento dell’azione
amministrativa, sancito dall’art. 97 della Costituzione. La Sezione ha tuttavia
precisato che, ferma restando l’obbligatorietà delle procedure comparative richiamate
dal citato art. 7, comma 6-bis, le amministrazioni possono scegliere il tipo di
procedura da intraprendere e le forme di pubblicità da dare alla stessa.
Sempre in materia di conferimento di incarichi individuali di natura
professionale ed occasionale ai sensi dell’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001 non
preceduti da procedura selettiva, la Sezione, confermando il consolidato
orientamento
giurisprudenziale
della
Sezione,
con
deliberazione
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 83
SCCLEG/14/2014/PREV, ha ribadito che anche nelle fattispecie di conferimento di
incarico individuale di natura professionale ed occasionale per la revisione
linguistica di un testo giuridico deve ritenersi necessario l’espletamento della
procedura comparativa, come previsto dall’art. 7, commi 6 e 6-bis, del citato decreto
legislativo, non ostandovi quanto disposto dalla circolare del Dipartimento della
funzione pubblica n. 2/08. Infatti il menzionato art. 7, comma 6-bis, che impone
l’obbligo dell’espletamento di una procedura comparativa – sia pure con una
procedura comparativa minima, regolamentata dalle singole Università, che tenga
conto dei parametri di trasparenza e pubblicità dell’incarico (ad esempio con la
pubblicità sul sito web) lasciando, quindi, la scelta della procedura comparativa da
adottare alle Università stesse – si presenta come espressione del principio di buon
andamento dell’azione amministrativa, sancito dall’art. 97 della Costituzione.
Un’ulteriore precisazione sul tema degli incarichi di consulenza e studio è stata
fornita dalla deliberazione SCCLEG/19/2014/PREV, con la quale la Sezione ha
dichiarato che il bando di selezione per l’affidamento di un incarico individuale con
contratto di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, può
derogare al principio generale in base al quale, ai fini del rispetto del termine,
occorre prendere in considerazione la data di trasmissione della domanda e non
quella di ricezione della stessa, purché la predetta deroga sia espressa in modo chiaro
ed inequivoco. La pronuncia ha in proposito precisato che la locuzione utilizzata nel
caso di specie (la domanda di partecipazione dovrà pervenire al dipartimento entro e
non oltre il..), può considerarsi sufficientemente chiara ed inequivoca.
La deliberazione SCCLEG/20/2014/PREV ha chiarito che le Università degli
studi, in ipotesi di incarichi di collaborazione, ai sensi dell’art.7, comma 6, del d.lgs.
n.165/2001, interamente a carico di terzi, possono prescindere dalla selezione
comparativa per la scelta del candidato, qualora questa sia stata effettuata dall’ente
finanziatore nella precedente fase di individuazione del progetto da realizzare. Nella
specie, l’Università di Pavia aveva recepito l’indicazione del collaboratore da parte
dell’ente finanziatore Fondazione CARIPLO, selezionato a seguito di istruttoria di un
apposito Comitato tecnico, tesa alla valutazione dei progetti presentati, completi
altresì del nominativo dell’esperto che, in possesso dei requisiti richiesti dalla
specifica ricerca, sarebbe stato in grado di portarla ad esecuzione.
Con riferimento agli incarichi esterni, la Sezione è poi intervenuta con una
pluralità di deliberazioni, al fine di chiarire la normativa in tema di conferimento di
incarichi esterni a soggetti in quiescenza.
In
particolare,
con
deliberazioni
n. SCCLEG/23/2014/PREV
e
SCCLEG/26/2014/PREV ha affermato che l’art. 6 del d.l. n. 90/2014, convertito con
modificazioni dalla l. n. 114/2014, è da intendere nel senso che il divieto di conferire
incarichi esterni a soggetti in quiescenza è circoscritto agli “incarichi di studio” e agli
“incarichi di consulenza”, oltre che agli “incarichi dirigenziali”. Tale divieto, in
quanto norma limitatrice, è da valutare alla stregua del criterio di stretta
interpretazione enunciato dall’art. 14 delle preleggi, che non consente operazioni
ermeneutiche di indirizzo estensivo, fondate sull’analogia. Non potendo applicarsi il
divieto oltre i casi espressamente indicati nella norma limitatrice, il Collegio ha
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 84
ritenuto che le fattispecie in esame (rispettivamente, conferimento di incarichi per
lavori di falegnameria e conferimento di incarico per lavori di manutenzione
ordinaria e straordinaria e di realizzazione di dispositivi tecnici: pluviometri) non
rientrino nel novero di queste ipotesi e ha proceduto alla registrazione dei contratti.
Invece,
con
le
deliberazioni
SCCLEG/27/2014/PREV,
SCCLEG/28/2014/PREV, SCCLEG/29/2014/PREV, SCCLEG/30/2014/PREV E
SCCLEG/35/2014/PREV, la Sezione ha ritenuto che contratti di consulenza e
collaborazione (nelle fattispecie esaminate, rispettivamente: un contratto di
consulenza professionale riguardante l’attività di “Progettazione di una Learning
Factory - LF - Fabbrica per Apprendere - orientata alle lavorazioni meccaniche con
particolare riferimento alla scelta e definizione a livello esecutivo delle principali
componenti strutturali, architettoniche ed operative che garantiscano l'esercizio
ottimale della LF nel pieno rispetto delle normative di sicurezza e impatto
ambientale: strutture in fondazione e in elevazione; impianti tecnologici - impianto
elettrico, aria compressa, idrico-sanitario, climatizzazione, pretrattamenti di rifiuti
speciali -; opere murarie e di rifinitura; sistemi di allarme e sicurezza”; una
collaborazione coordinata e continuativa ed una prestazione d’opera autonoma
professionale riguardanti attività finalizzate alla realizzazione dell’integrazione e
dell’estensione del progetto “Azione di sistema per il monitoraggio e la valutazione
del microcredito in Italia”; un contratto di collaborazione coordinata e continuativa
riguardante una prestazione straordinaria e temporanea per lo svolgimento della
attività di “Organizzazione e gestione di una banca dati di interesse biomedico,
ricerca dati bibliografici, organizzazione e gestione di un archivio di dati
sperimentali”; un contratto per prestazione autonoma occasionale riguardante
sviluppo di un controllo remoto dei parametri di governo dei mezzi ai fini della
manutenzione evolutiva in uno scenario portuale; un contratto per prestazione
autonoma occasionale ex art. 2222 c.c. avente ad oggetto la produzione e la fornitura
di un supporto digitale) rientrano, sia sotto il profilo soggettivo (quale pensionato) sia
sotto il profilo oggettivo (per la natura della prestazione richiesta), nell’area degli
incarichi di studio e di consulenza, per i quali l’art. 6 del d.l. n. 90/2014, convertito
con modificazioni dalla l. n. 114/2014, ha introdotto il divieto di conferimento. La
Sezione ha pertanto stabilito di ricusare il visto e la registrazione dell’atto. Il
Collegio ha in proposito sottolineato che il predetto divieto potrebbe porre in
evidenza alcuni aspetti problematici sul pieno rispetto degli articoli 3 e 51 della
Costituzione, in relazione rispettivamente al principio di uguaglianza e alla
possibilità di accedere ai pubblici uffici in condizioni di uguaglianza, fermo restando,
tuttavia, che in sede di controllo preventivo non è possibile per la Corte dei conti
sollevare questioni di costituzionalità in via incidentale per motivi diversi dalla
violazione dell’art. 81 della Costituzione.
Pronunce di elevato rilievo sono, inoltre, intervenute su deliberazioni del
Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE). In particolare,
con la deliberazione SCCLEG/4/2014/PREV la Sezione ha affermato che il ritardo
con il quale una delibera CIPE viene inviata alla Corte dei conti per il prescritto
controllo preventivo di legittimità, nonostante comporti l’impossibilità di
raggiungere le finalità previste dalla legge - che ha assegnato i relativi finanziamenti,
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 85
prevedendo un termine perentorio per la loro utilizzazione -, non determina
l’illegittimità dell’atto. La Sezione ha pertanto ammesso al visto e alla conseguente
registrazione la delibera stessa, evidenziando tuttavia la contestuale assunzione da
parte dell’Amministrazione dell’obbligo di revocare gli stanziamenti medesimi,
come peraltro previsto dalla normativa stessa (d.l. n. 69/2013, art. 18, commi 3 e 11).
Con pronuncia SCCLEG/16/2014/PREV, avente ad oggetto la deliberazione
n.73 del CIPE in data 8 novembre 2013 (relativa al “Programma delle infrastrutture
strategiche - l. 443/2001 -. Corridoio viabilità autostradale Civitavecchia – Orte –
Mestre. Collegamento autostradale E45-E55 Orte-Mestre. Approvazione progetto
preliminare e proposta del promotore”), la Sezione ha chiarito che in ipotesi di
intervento la cui copertura finanziaria viene assicurata dalle misure in materia di
compensazione fiscale introdotte dall’art.18 della l. n. 183/2011 (legge di stabilità
2012), tenuto conto del contributo pubblico a fondo perduto, trattandosi altresì di
opera con procedura di finanza di progetto dichiarata di pubblico interesse il 9
dicembre 2003, la mancata adozione della norma che escluda la stessa dall'ambito di
applicazione dell'art.19 del d.l. n. 69/2013 - recante una serie di modificazioni ad
alcuni articoli del d.lgs. n. 163/2006 e con la previsione, al comma 2, che le
disposizioni di cui al precedente comma 1, lett. b), c), d) ed e) non si applicano alle
procedure di finanza di progetto le cui proposte sono state già dichiarate di pubblico
interesse alla data di entrata in vigore del decreto legge 21.06.2013, n.69 – inficia la
legittimità del provvedimento. In proposito il Collegio ha osservato che le delibere
del CIPE rivestono carattere programmatorio e, in questo senso, costituiscono un
unicum con i successivi bandi di gara, con la conseguenza che l’impossibilità di dare
seguito a questi ultimi incide ai fini della valutazione della legittimità dell’atto
programmatorio. Ulteriore considerazione formulata dal Collegio riguarda gli effetti
negativi che l’incertezza normativa genera sul piano economico. Nella fattispecie
esaminata, il Collegio ha altresì ritenuto che l’eccezionalità della regolamentazione,
evidenziata dalle amministrazioni, non possa consentire un’interpretazione
derogatoria in punto di diritto dei principi sopra tracciati. Infine, sono stati ritenuti
assorbiti da tali argomentazioni altri profili oggetto di osservazione (nello specifico,
la previsione della componente aggiuntiva “extra WACC”, non prevista nel quadro
regolatorio vigente nel settore autostradale, denominata in modo non pertinente
secondo quanto rappresentato dalle amministrazioni).
Con la deliberazione SCCLEG/22/2014/PREV, in tema di approvazione della
delibera n. 19/2014 del CIPE (concernente l’approvazione del progetto definitivo del
1° lotto funzionale Bicocca – Augusta, dell’opera “Velocizzazione della linea
ferroviaria Catania-Siracusa: tratta Bicocca-Targia”, compresa nel Programma delle
infrastrutture strategiche di cui alla legge n.443/2001), si è affermato che in materia
di esecuzione di opere pubbliche di competenza statale, in applicazione del principio
tempus regit actum, in via interpretativa non si può ritenere che l’amministrazione sia
soggetta all’osservanza dell’obbligo di richiedere il parere, di cui all’art. 127, comma
3 del d.lgs. n. 163/2006, del Consiglio superiore dei lavori pubblici sul progetto
definitivo, (ancorché sia mancante il parere sul progetto preliminare), trattandosi di
opera strategica, in merito alla quale l’attuale normativa, art. 2, lett. b del d.P.R. n.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 86
204/2006, prevede, al chiaro fine di semplificazione ed accelerazione delle
procedure, il parere del richiamato Consiglio sui progetti preliminari.
Con riguardo alle delibere CIPE sono da segnalare due ulteriori importanti
pronunce.
Con la SCCLEG/33/2014/PREV, (relativa alla delibera n. 20/2014 del CIPE del
18 aprile 2013, adottata ai sensi della legge 21 dicembre 2001, n. 443, c.d. “legge
obiettivo”, ed avente ad oggetto “Via del Mare, collegamento A4-Jesolo e Litorali CUP H41B0900116005 -. Parere su schema di convenzione e piano economico
finanziario di cui alla proposta del promotore”), il Collegio ha ritenuto che in sede di
esame di una delibera CIPE - con la quale si valuta favorevolmente, con prescrizione,
lo schema di convenzione di un intervento avente ad oggetto la realizzazione di un
tratto stradale, con pedaggio, in ambito regionale - alla Corte dei conti in sede di
controllo preventivo di legittimità non è precluso alcun esame, estendendosi la sua
competenza alla piena conoscenza degli atti tutti della procedura seguita, ivi
compreso lo schema di convenzione. In proposito, in assenza di un atto
endoprocedimentale, quale l’accordo - che, ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge
regionale n. 15/2002, deve intercorrere tra Regione Veneto e Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti -, la delibera CIPE non può essere considerata conforme
a legge, a nulla valendo l’inserimento dell’opera da realizzazione nel Piano
Infrastrutture Strategiche (PIS), previsto dall’art. 1, comma 1, della l. n. 443/2001 ed
allegato al Documento di economia e finanza (DEF), attesa la diversa natura
dell’accordo richiesto dalla legge rispetto alla decisione politica di comprendere
l’intervento nel PIS. In proposito, la Sezione ha chiarito che, pur non sussistendo allo
stato e in via generale l’obbligo del preventivo assenso della Commissione Europea
sulla proroga di una concessione, alla luce della giurisprudenza nazionale e
comunitaria, una clausola convenzionale che ne preveda la possibilità - ancorché
finalizzata a riportare in equilibrio il piano economico-finanziario - non può non
essere sorretta dal formale richiamo al rispetto delle norme e dei principi comunitari:
ed invero, il ricorso all’istituto della proroga è utilizzabile solo in via eccezionale, in
quanto di per sé realizza una violazione dei principi e delle norme del Trattato in
tema di tutela della concorrenza, non discriminazione, parità di trattamento,
pubblicità e trasparenza.
Infine, si segnala la deliberazione n. SCCLEG/37/2014/PREV, riguardante una
delibera CIPE di variazione del soggetto aggiudicatore, con la quale si è precisato
che la funzione di programmazione delle opere strategiche finanziabili con la l. 21
dicembre 2001, n. 443 può essere svolta esclusivamente dal CIPE. Non è dunque
consentito, da parte di soggetti terzi rispetto a quest’ultimo Comitato, l’esercizio
delle funzioni programmatorie e di finanziamento delle opere pubbliche, avendo
queste ultime il carattere della “irrinunciabilità”. Anche l’individuazione e la
variazione del soggetto aggiudicatore rientra pienamente nell’attività
programmatoria, non potendo essere qualificata quale atto gestionale.
Con la deliberazione SCCLEG/6/2014/PREV, adottata in sede di adunanza
generale della Sezione, si è stabilito che il decreto del Direttore preposto alla
Direzione regionale dei beni culturali e paesaggistici di fissazione o modifica dei
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 87
prezzi dei biglietti di ingresso a istituti e luoghi della cultura come definiti dall’art.
101 del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) - da effettuare
su proposta dei Direttori degli istituti stessi, delle Soprintendenze o degli organi
competenti ai sensi dell’art. 3, del D.M. 11 dicembre 1997, n. 507 - non è atto
soggetto al controllo preventivo di legittimità, poiché non rientra in alcuna delle
fattispecie previste dall’art. 3, comma 1, lett.c), della legge n. 20/1994. In particolare,
è stato chiarito che tale decreto direttoriale non può essere ricondotto alla categoria
dell’“atto normativo a rilevanza esterna” in quanto, secondo la giurisprudenza della
Corte dei conti in sede di controllo preventivo di legittimità, detta categoria di atti si
connota per la precettività, l’innovatività e la capacità di esercitare una propria
incidenza sulla generalità dei consociati, caratteri non tutti ricorrenti nel caso del
decreto direttoriale esaminato. L’Adunanza generale ha dunque ritenuto che detto
atto risulti privo del carattere della “generalità”, quale espressione dell’esercizio di
un potere coercitivo dell’amministrazione con effetti generali, indistinti e non
dipendenti da comportamenti attivi da parte di quei soggetti che risultino interessati
alla fruizione di un bene o di un servizio. Infatti, nel caso dei decreti in esame, la
portata dell’atto risulta circoscritta a quella percentuale dei consociati che
manifestino la volontà di fruire del bene culturale, e non opera, quindi, in alcun modo
nei confronti dei soggetti non interessati a detta fruizione. La Sezione ha comunque
precisato che, anche tenuto conto dell’incidenza che la corretta gestione della politica
di fissazione dei prezzi dei biglietti di ingresso ai luoghi della cultura assume sotto il
profilo delle entrate pubbliche, devono essere chiamati a controllo preventivo, ai
sensi dell’art. 3, comma 1, lett. g), della l. n. 20/1994, tutti i contratti e le convenzioni
che le strutture periferiche dell’amministrazione concludono con soggetti privati
nell’ambito dell’attività di valorizzazione dei beni culturali, che costituiscono
presupposto dei decreti direttoriali suddetti o sono comunque conclusi nell’ambito
dei servizi a questa afferenti.
Rilevante è stata la deliberazione SCCLEG/9/2014/PREV, che ha dichiarato la
conformità a legge del decreto con il quale un dirigente apicale del Ministero
dell’istruzione, dell’Università e della ricerca, chiamato a far parte del collegio dei
revisori del conti dell’ASI, viene collocato in posizione di fuori ruolo, fermo
restando l’obbligo di adeguata motivazione del provvedimento.
Va, altresì, segnalata la deliberazione SCCLEG/10/2014/PREV, in tema di
approvazione di un atto aggiuntivo, con il quale l’amministrazione, previa
rimodulazione delle prestazioni al medesimo costo del contratto principale, provvede
alla proroga di quest’ultimo. Con tale deliberazione, la Sezione ha affermato che è
conforme a legge il decreto di approvazione di un atto aggiuntivo avente ad oggetto
la proroga di un contratto, previa rimodulazione delle prestazioni e al medesimo
costo complessivo di quest’ultimo, la cui spesa viene coperta con i risparmi ottenuti
nel corso della gestione del contratto principale conseguenti ai tagli della spesa
pubblica disposti da norme di legge, potendosi configurare una fattispecie
riconducibile nell’ambito dell’art. 311, comma 2, lett. a), del d.P.R. n. 207/2010, di
individuazione dei casi cui sono ammesse variazioni contrattuali.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 88
La deliberazione SCCLEG/11/2014/PREV ha, poi, pronunciato importanti
principi in tema di approvazione di un contratto di locazione di un immobile adibito
a sede dell’Archivio notarile distrettuale di Latina, affermando che i contratti di
locazione passiva delle amministrazioni dello Stato debbono essere stipulati secondo
le modalità previste dall’art. 2, comma 222, l. n. 191/2009, ovverosia previa
compilazione del piano triennale di fabbisogno e indagine preventiva di mercato,
ferma in ogni caso la necessità di nulla-osta dell’Agenzia del demanio. Nella specie
la Sezione - pur sottolineando la cogenza delle citate disposizioni e il fatto che esse
sono applicabili alla generalità dei contratti di locazione - ciò nondimeno ha ritenuto
legittimo l’atto di approvazione del contratto di locazione, ancorché privo dei
suddetti requisiti in quanto susseguente a procedimento contenzioso: il Collegio,
infatti, ha tenuto conto delle conseguenze pregiudizievoli per l’Erario in caso di
mancata adesione al contratto stipulato per effetto di mediazione ex art. 12, del d.lgs.
n. 28/2010, ossia imposta dal Giudice adito dal locatore dell’immobile, detenuto sine
titulo dall’amministrazione degli Archivi notarili di Latina.
Con deliberazione SCCLEG/13/2014/SUCC, adottata in sede di controllo
successivo di legittimità ai sensi dell’art. 10, d.lgs. n. 123/2011, in tema di
conferimento al Comandante in seconda della Guardia di Finanza, del trattamento di
ausiliaria, comprensivo della speciale indennità pensionabile (S.I.P.) spettante al
Comandante Generale del Corpo in servizio, è stato chiarito che il principio, a mente
del quale la valutazione della speciale indennità pensionabile, di cui all’art. 2186 del
codice militare non può più essere effettuata nei confronti dei soggetti che hanno
ricoperto la funzione di Vice Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri
successivamente all’entrata in vigore del nuovo codice militare (d.lgs. n. 66/2010),
non trova applicazione nei confronti del Comandante in Seconda del Corpo della
Guardia di finanza, tenuto conto della diversa genesi dell’indennità di cui all’art. 5,
comma 3, della l. n. 121/1981, destinata alle Forze di polizia, e l’indennità prevista
dall’art. 65, comma 4, del d.lgs. n. 490/1997 per le Forze Armate.
Sul tema del conferimento di reggenze di funzioni dirigenziali, è intervenuta la
deliberazione n. SCCLEG/15/2014/PREV, con la quale si è affermato che, poiché la
carriera dirigenziale, caratterizzata da specifico incarico, è differente dalla carriera
propria delle posizioni economiche, ne consegue che gli incarichi su posizioni
dirigenziali, attribuiti a personale non appartenente alla medesima carriera, non
rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 52, comma 2, del d. lgs. n. 165/2001. Ciò
premesso, tuttavia, la Sezione ha ammesso al visto e alla registrazione l’atto, in
presenza di situazione eccezionale (nella specie, connessa alla complessità delle
materie trattate, all’interno di competenze tecniche molto specifiche nel settore
strategico dell’agroalimentare italiano, a tutela del prodotto italiano e nello
svolgimento di un ruolo strategico per il contrasto di fenomeni fraudolenti, quali la
contraffazione dei prodotti), tenendo presenti le esigenze straordinarie a cui
l’Amministrazione è chiamata a far fronte, in vista della necessaria continuità del
servizio e in applicazione del principio di buon andamento dell’azione
amministrativa, espresso dall’art. 97 della Costituzione.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 89
Sul tema dei decreti di accertamento residui “a zero”, con eccedenze, è
intervenuta la deliberazione n. SCCLEG/18/2014/PREV, con la quale la Sezione ha
chiarito che i provvedimenti di accertamento dei residui relativi a capitoli di spesa,
per i quali risultino eccedenze di impegno rispetto alle somme stanziate che non
trovano compensazione nell’ambito di un’unità di voto, costituiscono una palese
violazione del limite autorizzativo imposto dalla legge di bilancio, che può essere
esclusivamente sanato in via legislativa nella sede della legge di approvazione del
Rendiconto generale dello Stato. Infatti, in tali ipotesi, nelle quali non è possibile
pervenire alla parificazione dei capitoli interessati in sede di giudizio sul rendiconto
generale dello Stato in quanto le eccedenze di impegno in parola si pongono in
contrasto con il limite di spesa di natura legislativa imposto dalla legge di bilancio, la
funzione di controllo preventivo di legittimità su tali provvedimenti costituisce il
naturale momento di chiusura del sistema di verifiche e valutazioni, presupposto dal
giudizio di parificazione della Corte dei conti.
La deliberazione n. SCCLEG/21/2014/PREV ha affermato che, ai fini del
rispetto del termine di novanta giorni previsto dall’art. 19, comma 8 del d.lgs. n.
165/2001 per l’adozione del provvedimento di conferma dei dirigenti di prima fascia
apicali nei casi di spoils system, non è sufficiente la mera formulazione della
proposta del Ministro competente, ma è, invece, necessario che intervenga la
deliberazione del Consiglio dei Ministri, in quanto fase decisoria necessaria nella
quale si esprime la volontà collegiale del Governo.
Due importanti pronunce sono intervenute, inoltre, con riferimento al tema di
conferma di dirigenti di seconda fascia ai sensi dell’art. 19, comma 2, del d.lgs. n.
165/2001. In particolare, con deliberazioni SCCLEG/24/2014/PREV e
SCCLEG/25/2014/PREV, si è chiarito che, per l’adozione del provvedimento di
conferma nelle funzioni dei dirigenti di seconda fascia, non è obbligatoria
l’applicazione della procedura di cui all’art. 19, comma 1-bis del citato decreto
legislativo, in quanto la specifica fattispecie del rinnovo può essere considerata una
casistica a sé, sottratta agli obblighi di pubblicità introdotti in via generale da parte
del d.lgs. n. 150/2009. Le particolari esigenze di servizio atte a giustificare il
provvedimento di conferma devono essere rese ostensive nel provvedimento stesso,
costituendo il presupposto che consente di fare ricorso a tale istituto, alternativo al
nuovo conferimento, che implica la conseguenza di procedere in deroga al generale
criterio della concorsualità.
Con deliberazione SCCLEG/31/2014/PREV, in tema di attività di consulenza
esterna al MATTM attribuita alla SOGESID S.p.a. al di fuori del rapporto
convenzionale già in essere, la Sezione ha affermato che il ricorso, da parte di
un’amministrazione, ad una consulenza esterna, relativamente a specifiche tematiche,
affidata ad una società in house, è soggetta al controllo preventivo di legittimità ai
sensi dell’art. 3, comma 1, lett. f-ter, della l. n. 20/1994. Inoltre, ha ritenuto che il
ricorso ad una consulenza esterna, tenuto conto della presenza, nell’ambito della
Direzione generale di un apposito Ufficio deputato e della possibilità, in genere, di
avvalersi, per i casi più complessi, dell’Avvocatura generale dello Stato, deve essere
oggetto di specifica motivazione, specie se l’oggetto del contratto risulta, in tutto o in
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 90
parte, coincidente con quello di altra convenzione stipulata tra il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e la stessa società. Infine, ha
chiarito che le somme destinate alla consulenza devono affluire al conto dell’entrata
e non possono essere direttamente corrisposte da parte dei soggetti privati.
Analogamente, con deliberazione n. SCCLEG/32/2014/PREV, in tema di attività
di consulenza esterna al MATTM attribuita all’Avv. Giampaolo Schiesaro, si è
ulteriormente precisato che il ricorso, da parte di un’amministrazione, ad una
consulenza esterna per svolgere attività istituzionali deve essere adeguatamente
motivato. Ai fini del conferimento di un incarico individuale, occorre il previo
esperimento di una procedura selettiva-comparativa per l’individuazione del
contraente e la determinazione del relativo compenso deve essere direttamente
parametrata, previa valutazione di congruità, alla specifica prestazione professionale
richiesta. Si è poi ribadito che le somme destinate alla consulenza devono affluire al
conto dell’entrata e non possono essere direttamente corrisposte da parte di soggetti
privati. Infine, la Sezione ha chiarito che i prodotti dell’ingegno realizzati dal titolare
della consulenza restano nella piena ed esclusiva disponibilità dell’amministrazione
che ha conferito l’incarico.
Con la deliberazione SCCLEG/34/2014/PREV, la Sezione ha dichiarato che il
controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti nei confronti dei
provvedimenti commissariali, adottati in attuazione delle ordinanze del Presidente
del Consiglio dei Ministri, emanate per l’assunzione di interventi urgenti di
protezione civile, è stato abrogato e, pertanto, non sono assoggettabili a tale forma di
controllo i decreti di pagamento, adottati dal Capo della Protezione civile, sempre in
attuazione delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di
protezione civile, con i quali è stata disposta la liquidazione dell’indennità per
ingiustificato arricchimento dovuta all’appaltatore, per i lavori eseguiti, nonostante
l’annullamento dell’aggiudicazione del servizio.
Infine, con deliberazione SCCLEG/36/2014/PREV, in tema di conferimento di
incarico dirigenziale generale, la Sezione ha dichiarato che la procedura prevista dal
dettato dell’art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001 e ss.mm.ii., pone in capo
all’amministrazione un onere di previa verifica circa la sussistenza delle risorse
umane interne, in possesso dei requisiti professionali richiesti dall’incarico,
determinando una necessaria funzionalizzazione della procedura valutativa a tale
obiettivo prioritario, rimettendo a una fase successiva ed eventuale, conseguente
all’esito infruttuoso della prima, la ricerca all’esterno finalizzata al conferimento di
un incarico ai sensi del comma 6, che, in ogni caso, deve discendere da una rinnovata
volontà discrezionale dell’amministrazione medesima, debitamente motivata.
3. Prospettive
L’esercizio delle funzioni di controllo preventivo e successivo di legittimità ha
posto in evidenza l’esigenza di una riflessione in merito alla corrispondenza delle
previsioni di cui all’art. 3, della l. n. 20/1994 alla attuale realtà operativa delle
amministrazioni, i cui atti sono assoggettati al controllo della Corte.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 91
L’eterogeneità delle fattispecie contemplate nel citato articolo, la non sempre
chiara individuazione delle materie e delle tipologie degli atti, comporta in taluni casi
difficoltà di carattere interpretativo nella valutazione della assoggettabilità o meno
dei provvedimenti al controllo preventivo di legittimità. Da ciò consegue la necessità
di adire la Sezione del controllo al fine di definire l’ambito di competenza della
Corte in tale sede.
A titolo esemplificativo si segnala in particolare il contenuto del comma 13, il
quale esclude dal controllo in parola gli atti adottati nelle materie monetaria,
creditizia, mobiliare e valutaria. Già nel 2013, la Sezione ha affrontato tale
problematica con riferimento a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di
individuazione delle risorse da destinare alla sottoscrizione di strumenti finanziari
emessi da un Istituto di credito (delibera n. 4/2013). In tale circostanza, la
problematica è stata superata a seguito di esplicita richiesta del Presidente del
Consiglio dei ministri di assoggettamento del provvedimento al controllo;
problematica che, peraltro, si è riproposto all’inizio del 2015 all’esame della Sezione,
con riguardo al “Regolamento in materia di presentazione al pagamento in forma
elettronica degli assegni bancari e circolari, emesso ai sensi dell’articolo 8, comma 7,
lett. d), del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla l. 12
luglio 2011, n. 106”.
Il lungo lasso di tempo ormai trascorso dalla approvazione della legge n. 20 del
1994, che ha apportato significative modifiche all’attività di controllo della Corte,
richiederebbe una riflessione sulla adeguatezza della identificazione delle materie e
delle fattispecie per le quali è previsto il controllo preventivo di legittimità.
Nel corso del 2013 sono da segnalare due particolari fattispecie nell’ambito della
funzione di controllo di conformità a legge dei provvedimenti delle amministrazioni
centrali dello Stato.
In primo luogo, il Governo ha fatto ricorso alla facoltà prevista dalla lettera l) del
comma 1 dell’art. 3 della legge 14 gennaio 1994 n. 20, che prevede che alla Corte dei
conti possano essere sottoposti per il controllo preventivo gli atti che il Presidente del
Consiglio dei Ministri richieda di sottoporre temporaneamente a controllo
preventivo, per un periodo determinato. Ci si riferisce agli atti relativi alla complessa
vicenda del Monte dei Paschi di Siena, in particolare al d.p.c.m. 28 dicembre 2012,
adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, ammesso al visto e
alla
conseguente
registrazione
in
sede
collegiale
(delibera
n.
SCCLEG/4/2013/PREV), e al successivo decreto del Ministro dell’economia e delle
finanze.
Con il citato d.p.c.m. sono state individuate le risorse per sottoscrivere strumenti
finanziari emessi dal Monte dei Paschi di Siena s.p.a., ai sensi dell’art. 23-undecies
del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla l. 7 agosto 2012
n.135.
In ordine alla assoggettabilità del richiamato provvedimento a controllo
preventivo di legittimità, la Sezione del controllo di legittimità sugli atti delle
amministrazioni centrali dello Stato ha affermato che detto controllo – radicandosi
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 92
sulla esplicita richiesta dello stesso Presidente del Consiglio dei Ministri di
sottoporre a controllo preventivo, ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. l), della l. 14 gennaio
1994 n. 20, gli atti attuativi della disciplina legislativa in materia di emissione di
“nuovi strumenti finanziari” contenuta negli articoli da 23-sexies a 23-duodecies
della citata disciplina normativa – viene esercitato, ancorché la norma di riferimento
preveda una mera “comunicazione” alla Corte dei conti e si incentra sugli aspetti
finanziari e di legittimità, in coerenza con le competenze della Sezione, che
escludono ex se valutazioni di merito, quali quelle attinenti alla convenienza
economica della operazione, nel cui ambito ricadono le valutazioni di ordine
propriamente mobiliare e creditizio.
La possibilità di deroga alla contabilità pubblica, consentita dall’art.23-sexies del
d.l. 95/2012, è indice di una volontà legislativa di regolare l’intera unitaria disciplina
di cui agli artt. da 23-sexies a 23-duodecies della citata normativa, con ciò
consentendo il discostarsi dalle ordinarie regole e procedure contabili, anche con
riguardo al provvedimento governativo di individuazione delle risorse finanziarie,
provvedimento assistito dal parere favorevole della competente Commissione
parlamentare.
Successivamente, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 26
febbraio 2013, anch’esso trasmesso per essere assoggettato al controllo, è stata
approvata la conseguente sottoscrizione di nuovi strumenti finanziari per un importo
complessivo di 4,071 miliardi di euro. Tale ultimo provvedimento è stato ammesso al
visto anche alla luce della su richiamata delibera.
La seconda fattispecie, che per la prima volta è stata sottoposta all’esame della
Sezione centrale di controllo, attiene al deferimento alla sede collegiale di alcuni
provvedimenti adottati dal Ministero della difesa, di concessione di una speciale
indennità pensionabile (s.i.p.), a favore di ufficiali dell’Arma dei Carabinieri che
avevano svolto funzioni di vice Comandante generale dell’Arma. Questi
provvedimenti sono stati inviati alla Corte ai sensi dell’art. 10 del d.lgs. 123/2011 e
sulla base della delibera delle Sezioni riunite della Corte in sede di controllo (n.
9/CONTR/12 del 27 marzo 2012). Con detta delibera è stato sancito il principio in
base al quale gli atti ai quali i competenti Uffici centrali di bilancio della Ragioneria
generale dello Stato danno corso su disposizione del dirigente responsabile – in
contrario avviso alle osservazioni degli stessi Uffici centrali di bilancio – devono
essere assoggettati al controllo successivo di legittimità. Inoltre, è stato affermato che
la competenza a deliberare sugli stessi è attribuita alla Sezione centrale del controllo
di legittimità.
Sulla legittimità dei provvedimenti in parola, poi, si è osservato quanto segue.
L’art. 1870, comma 3, lettera m) del Codice dell’Ordinamento militare (d.lgs. 15
marzo 2010 n. 66) esclude espressamente la speciale indennità pensionabile dalle
componenti utili al calcolo dell’indennità di ausiliaria, introducendo un criterio di
determinazione del trattamento economico, connesso al particolare status di tale
posizione, diretto a ottenere un aggiornamento dell’assegno di ausiliaria
esclusivamente con riguardo ai trattamenti dei pari grado in servizio, che non
rivestano un carattere particolare e personale. Tale criterio deve estendersi alla
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 93
valutazione ai fini della determinazione dell’assegno di ausiliaria attribuito ai
Generali che hanno svolto le funzioni vicarie del Comandante generale dell’Arma dei
Carabinieri, posto che le disposizioni del libro VII del codice riguardano, oltre che il
personale militare, anche quello appartenente alle forze di polizia con ordinamento
militare e quindi anche i Carabinieri. L’applicazione di tale attuale parametro non
può che avvenire successivamente alla data di entrata in vigore del codice
dell’ordinamento militare, e cioè dal 9 ottobre 2010.
A questa due novità si è accompagnata una delibera che merita di essere
menzionata, anche per la sua rilevanza sistematica, adottata in sede di esame di un
decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di variazione di bilancio, che
traeva risorse dal fondo di riserva per le spese impreviste, di cui all’art. 28 della
legge 31 dicembre 2009 n. 196,
Il Collegio ha ritenuto conforme a legge l’integrazione di un capitolo di bilancio
attraverso il prelevamento dal “fondo”, nei casi in cui l’incapienza del capitolo
interessato sia dovuta a un fatto non prevedibile, determinato da un evento
eccezionale. Al contrario, una non adeguata programmazione delle risorse in sede di
predisposizione del bilancio di previsione, ovvero eventuali tagli delle risorse
disposti nel corso della gestione per effetto di norme di legge finalizzate al controllo
della spesa, non possono essere considerati “eventi eccezionali” e, pertanto, legittimi.
Inoltre, è stato sottolineato che il ricorso al fondo di riserva per le spese
impreviste non può essere consentito per il ripiano di debiti pregressi ovvero al fine
di evitare il formarsi di nuovi debiti, atteso che non si è in presenza di spese
impreviste determinate da eventi eccezionali. Eventi che, comunque, devono sempre
essere adeguatamente motivati e dei quali si deve fornire idonea documentazione.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 94
CAPITOLO IV
L’ATTIVITÀ DI CONTROLLO SULLA GESTIONE
DELLE AMMINISTRAZIONI DELLO STATO
1.
Considerazioni generali
L’evoluzione del controllo sulle gestioni delle amministrazioni dello Stato ha
confermato, anche nel quadro della comparazione internazionale, come la
valutazione dei risultati ottenuti costituisca, soprattutto allorquando il controllo sia
concomitante, lo strumento più adeguato per verificare l’idoneità dell’azione
amministrativa per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Viene sempre più avvertita l’esigenza di un’azione di controllo che sia il più
possibile corrispondente a fasi significative di programmi e progetti finalizzati a
soddisfare le esigenze della collettività.
Al tempo stesso è importante che, fin dalla fase della programmazione, siano
individuati, tempestivamente, i contesti che meritano un’azione di controllo
incisiva, al fine di evidenziare tempestivamente patologie che, nel tempo, possano
rivelarsi sempre più estese e non recuperabili. In particolare, in un contesto di crisi
economica, si impone la necessità di garantire l’ottimale allocazione delle risorse,
realizzando le condizioni per consentire una diversa destinazione delle stesse,
allorquando dalle indagini emerga l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi
originari o l’eccessiva onerosità dei medesimi.
Nell’ambito europeo, ed in particolare nel quadro di convergenza che è stato
completato con le regole del “Two Pack”, l’efficacia delle politiche economiche è
legata alla concreta realizzazione degli interventi, la cui valutazione assume
un’importanza determinante.
Da qui l’insufficienza di un approccio che sia limitato ad una verifica della
regolarità (compliance), ovvero sia, seppure accurato, orientato solo all’analisi
finanziaria (financial).
Come in altra parte della relazione viene ampiamente evidenziato, la Corte ha
prospettato in ambito europeo, in base alla sua esperienza, un impegno delle ISC
che parta dall’analisi delle politiche economiche e delle misure peculiari, che si
concretizzano negli interventi di settore, per valutarne i risultati ed, al tempo stesso,
la tenuta del sistema nel suo complesso.
Gli audits non costituiscono, quindi, solamente analisi specifiche di un
determinato contesto, ma le valutazioni che vengono effettuate e le misure
correttive che si individuano, concorrono, nel loro insieme, a verificare l’attualità
degli obiettivi perseguiti anche al livello macro.
Il set degli strumenti che costituiscono il know-how della Sezione è ormai
collaudato e tutt’ora all’avanguardia, come si è potuto constatare anche in recenti
incontri bilaterali e multilaterali. Sono messi in campo, infatti, strumenti
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 95
programmatori e metodologici diretti ad assicurare l’efficienza e l’efficacia degli
audits.
E’ importante sottolineare come assuma sempre maggior rilievo l’analisi del
“Follow-up”, risultando, soprattutto in alcuni casi, particolarmente significativo il
livello di adeguamento delle amministrazioni alle indicazioni della Corte ed il
miglioramento dell’azione amministrativa.
Anche tale analisi, che rappresenta in sé un riscontro dell’efficacia dell’azione
della Corte e che viene essa stessa inviata al Parlamento, contribuisce ad affermare
la trasparenza dell’attività di audit, nei confronti del Parlamento stesso e della
collettività, evidenziando contestualmente il livello di efficienza, efficacia ed
economicità dell’azione delle amministrazioni pubbliche, secondo l’art.97 della
Costituzione.
Il “Follow-up” si pone a valle di un processo complesso che si compone di una
serie di elementi posti a garanzia del corretto andamento dell’audit e che vanno
dalle linee-guida, che sono parte della programmazione, al cronoprogramma, al
contraddittorio, all’esame di un apposito gruppo della bozza di relazione, per poi
giungere alla deliberazione della Sezione del controllo. Il sistema descritto è in
linea con i principi stabiliti dall’INTOSAI, tradotti nei cosiddetti ISSAI –
International Standards of Supreme Audit Institutions.
Dall’analisi che segue è possibile trarre il livello conseguito dalla Sezione che
ha curato, con grande attenzione, le fasi alle quali si è fatto cenno, in modo da
accentuare il profilo della trasparenza e la rappresentazione dei nostri audits
nell’ambito internazionale.
Alla stessa stregua, nel consolidare le migliori technicalities nella conduzione
degli audits, nel 2015 il profilo della tempestività sarà ancor più curato, unitamente
a quello della qualità, meritevole di sempre maggiore attenzione.
2.
Indagini approvate nel corso del 2014
Nel 2014, la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni
dello Stato ha approvato, e trasmesso al Parlamento, molteplici relazioni relative ad
altrettante indagini condotte su settori prescelti sulla base del quadro di
riferimento e dei criteri definiti in sede di programmazione annuale delle attività7.
Si evidenziano, in questa sede, le indagini che hanno affrontato le tematiche di
maggior interesse ed attualità.
Vanno in tale ottica sicuramente richiamati i controlli intersettoriali svolti per
verificare lo stato di attuazione di alcune delle misure adottate dal legislatore al
fine di contenere la spesa pubblica relativa al personale e razionalizzare i costi di
7
Nel corso dell’anno sono state approvate 3 ulteriori delibere aventi ad oggetto la Programmazione
annuale per l’anno 2015”, la “Programmazione triennale 2015-2018” e il “Monitoraggio sulle
modalità di adeguamento da parte delle amministrazioni dello stato alle osservazioni formulate dalla
Sezione centrale di controllo sulla gestione nell’anno 2013”.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 96
funzionamento della p.a..
Per quanto concerne le misure di riduzione della spesa del lavoro, merita di
essere segnalata l’indagine su “Gli interventi di riduzione degli assetti organizzativi
e delle dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato” (vedi deliberazione
n. 23/2014/G).
L’istruttoria - svolta nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri,
di tutti i Ministeri, oltre che dell’Agenzia delle entrate e di quella delle dogane e
dei monopoli - ha evidenziato che la concreta realizzazione dei risparmi attesi è
stata frenata dalle difficoltà connesse al continuo susseguirsi delle norme che,
progressivamente ed a cascata, hanno inciso sull’attuazione delle decisioni
precedentemente assunte, snaturando anche lo spirito che le caratterizzava.
Non migliore è il quadro emerso a seguito delle indagini che hanno esaminato
“Gli adempimenti volti a dare attuazione agli obiettivi di contenimento della spesa
inerente al fabbisogno allocativo delle amministrazioni statali (art. 2, comma 222,
della l. n. 191/2009)” e l’“Attuazione delle disposizioni per il contenimento della
spesa, di cui all’art. 2, commi 618, 619, 620, 621, della l. n.244/2007 (Legge
finanziaria per il 2008): spese ordinarie e straordinarie per la manutenzione degli
immobili utilizzati a fini istituzionali dai Ministeri”, i cui esiti sono stati,
rispettivamente approvati con le deliberazioni n. 2 e n. 3/2014/G.
Le analisi effettuate hanno fatto emergere i limitati risultati finora conseguiti e
le difficoltà applicative riscontrate nell’ambito di ciascuna delle amministrazioni
esaminate.
Per quanto riguarda la prima indagine, pur rilevandosi che una serie di
interventi sono stati effettuati e che, quindi, si è di fronte ad un tendenziale cambio
di passo delle amministrazioni verso atteggiamenti più attenti all’ottimizzazione
degli spazi utilizzati ad uso ufficio ed al contenimento della spesa per locazioni,
l’istruttoria ha evidenziato l’assenza, al livello centrale, di una reale conoscenza
delle esigenze tale da consentire un’efficace pianificazione degli interventi.
Anche per le disposizioni in materia di manutenzione delle sedi, la Sezione ha
segnalato le rilevanti difficoltà applicative incontrate dai Dicasteri.
Si è, inoltre, avuto modo di accertare che, nei casi in cui dai rendiconti annuali
si desuma una riduzione della specifica spesa, essa va ricondotta ai rilevanti tagli
apportati agli stanziamenti di bilancio dalle leggi finanziarie che si sono
susseguite, e non costituisce, quasi mai, conseguenza di un attento monitoraggio
degli andamenti della spesa da parte dei centri responsabili della gestione nel
quadro di un preordinato programma di contenimento.
Ancora non adeguata è la struttura stessa dei documenti contabili, dai quali non
è dato desumere con facilità l’effettiva entità delle spese in parola e i risparmi
maturati. Si segnala, inoltre, l’esigenza di un periodico aggiornamento della
situazione degli immobili utilizzati, con riferimento al loro valore, alle tipologie
giuridiche e alle effettive destinazioni d’uso, anche alla luce di più recenti norme
tendenti ad assicurare una riduzione degli spazi occupati e ad assicurare la
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 97
sicurezza dei luoghi di lavoro.
Ove si abbia riguardo al profilo dell’organizzazione, vanno richiamate le
incisive osservazioni, anche di carattere propositivo, contenute nella relazione su
"Lo stato di attuazione ed i problemi di operatività del Fondo Unico Giustizia"
(FUG)" (vedi deliberazione n. 6/2014/G).
La relazione ha approfondito i diversi aspetti problematici e le criticità della
complessa attività di acquisizione, lavorazione e versamento delle risorse
amministrate dal sistema giustizia.
In particolare, dagli elementi informativi acquisiti, sono emerse difficoltà nei
rapporti tra l'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità
organizzata (ANBSC) e l'Agenzia del demanio, tuttora depositaria dei fascicoli dei
compendi sequestrati, in precedenza dalla stessa gestiti.
Altrettanto rilevante è l'esistenza della "accertata mancata volturazione di
molte delle liquidità oggetto di sequestro e poi di confisca, in forza di
provvedimenti ablatori antecedenti al 2009, anno di istituzione del FUG, giacché in
precedenza non esisteva un obbligo in tal senso in capo all'amministrazione
giudiziaria".
Solo su sollecitazione della Sezione di controllo, l'ANBSC ha esteso, già nel
corso dell’istruttoria, le operazioni di verifica delle procedure pregresse (oltre
1.800 gestite in atto) per favorire l'emersione delle liquidità non volturate e
richiamato gli amministratori al puntuale soddisfacimento degli adempimenti
imposti.
Di particolare interesse sono anche alcune relazioni che hanno approfondito
tematiche che, in base alla ripartizione decisa in sede di programmazione, rientrano
nella ampia categoria “Politiche sociali, previdenza, solidarietà”.
Fra le altre si segnala quanto emerso a seguito dell’indagine che ha esaminato
"L’evoluzione del sistema degli ammortizzatori sociali e relativo impatto
economico" (vedi deliberazione n. 4/2014/G), approfondendo sia il contesto
emergenziale che ne ha fortemente marcato l'utilizzazione, sia quello della Riforma
del mercato del lavoro, varata nel 2012 e tuttora in corso di applicazione.
Si sono rilevati, in particolare, due aspetti significativi: il ricorso eccessivo agli
istituti in deroga (cassa integrazione ed indennità di mobilità) - che hanno assunto
un ruolo di assoluta preponderanza nel contesto in esame - e l’introduzione
dell’istituto dell’ASpI - Assicurazione sociale per l’impiego - che ha già sostituito
l’indennità di disoccupazione e che sostituirà quella di mobilità.
Sono state, inoltre, rilevate criticità per quanto riguarda gli interventi di
politica attiva, sostanzialmente concentrati sulla formazione professionale, dei
quali si è rimarcata l’assoluta genericità e la scarsa aderenza alle competenze
professionali utili alla ricollocazione del lavoratore.
Va, ad ogni buon conto, segnalato che la Riforma in atto reca disposizioni
coerenti con le conclusioni della Corte e, ancor prima, il Regolamento, all'epoca "in
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 98
itinere" e successivamente emanato con il decreto n. 83473 del 1° agosto u.s. del
Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell' economia e delle finanze, sia
anch'esso in linea con dette conclusioni.
Di rilievo sono anche alcune relazioni che hanno indagato il delicato settore
della difesa.
Ci si riferisce, in particolare, alle indagini che hanno riferito al Parlamento in
ordine alla "Interoperabilità: tecnologie e comunicazioni nell'ambito della difesa"
(vedi deliberazione n. 15/2014/G), e su “Il processo di razionalizzazione e
valorizzazione degli arsenali militari gestiti dal Ministero della difesa” (vedi
deliberazione n. 22/2014/G).
La prima – che ha vagliato l'evoluzione tecnologica del processo di
realizzazione del sistema unitario di comunicazione della Difesa - ha evidenziato
risultati non omogenei tra i programmi finalizzati all'operatività militare e quelli
gestionali, laddove i primi hanno raggiunto un soddisfacente livello di attuazione,
mentre i secondi hanno risentito delle problematiche legate a carenze progettuali,
ma, soprattutto, alla frammentazione dell'organizzazione, nonché a procedure
contabili e gestionali non rispondondenti ad un modello univoco.
La seconda ha, invece, sottolineato la carenza di risorse adeguate, che ha
impedito al Ministero della difesa di adeguare le strutture ed il personale degli
arsenali alle nuove esigenze imposte dalla tecnologia e dalla evoluta qualità delle
nuove costruzioni navali.
La situazione di stallo che ne è derivata merita, a giudizio della Sezione, un
riesame politico istituzionale che, ove venga confermata la scelta strategica di
mantenere tre arsenali, prenda in considerazione una serie di misure come lo
sblocco del turn over, il riavvio della formazione e l’accelerazione del processo di
adeguamento del patrimonio infrastrutturale, snellendo i processi burocratici che
rallentano l’ultimo dei Piani approvati.
Si segnala, infine, che le verifiche condotte dalla Corte hanno fatto emergere
notevoli disfunzioni anche nel settore delle entrate. L’“Indagine sugli effetti
dell’azione di controllo fiscale in termini di stabilizzazione della maggiore tax
compliance” (vedi deliberazione n. 17/2014/G), dopo aver ricordato quali siano le
dimensioni dell’evasione fiscale in Italia e richiamate le strategie di contrasto
adottate fino ad oggi, ha evidenziato l’incoerenza del sistema di accertamento.
L’indebolimento del sistema sanzionatorio ed il mancato potenziamento
operativo dell’apparato di controllo, hanno vanificato la razionalità teorica di un
sistema fiscale basato sull’adempimento spontaneo, quale è quello che riguarda i
circa cinque milioni di contribuenti che operano nel settore delle attività
indipendenti e che sono, pertanto, in grado di autodeterminare almeno in parte il
loro grado di lealtà fiscale.
I risultati dell’analisi svolta evidenziano l’esigenza di una diversa strategia di
contrasto dell’evasione, basata sull’impiego della tecnologia che consentirebbe di
ottenere risultati efficaci.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 99
Ciò vale ai fini della naturale emersione delle basi imponibili, attraverso
l’introduzione della fatturazione elettronica nei rapporti tra soggetti IVA e la
diffusione degli obblighi di pagamento tracciato e di comunicazione telematica dei
corrispettivi.
Altrettanto importante è l’Information Technology, in chiave persuasiva e
conoscitiva, che assicura al contribuente la tempestiva e preventiva conoscenza dei
dati fiscalmente significativi (fatture di acquisto e di vendita, pagamenti ed incassi,
dati strutturali, consumi privati, ecc.).
3.
Il follow up del controllo eseguito
Particolare rilevanza, sul piano organizzativo della funzione del controllo,
riveste il monitoraggio sulle misure conseguenziali assunte dalle amministrazioni
statali in esito alle osservazioni e raccomandazioni formulate nel corso dell’anno
precedente, oggetto di apposita relazione che, con riferimento alle delibere adottate
nel 2013, è stata approvata dalla Sezione con deliberazione n. 20/2014/G.
Nel fare ad essa rinvio, si ritiene in questa sede di soffermarsi su alcune indagini
che, più delle altre, hanno consentito di apprezzare gli effetti di questo tipo di
controllo.
Meritano in tal senso di essere segnalate le iniziative adottate per ovviare alle
molteplici disfunzioni rilevate dall’indagine che si era occupata del “Fondo per le
politiche giovanili” (vedi deliberazione n. 2/2013/G).
Il competente Dipartimento della Presidenza del Consiglio, infatti, non solo ha
approntato gli strumenti necessari sulla cui base costruire un effettivo monitoraggio
qualitativo degli interventi finanziati a livello centrale, così da individuare le best
practices, ma ha anche dimostrato un certo recupero nella governance del rapporto
con INVITALIA ed una più attenta considerazione delle attività connesse alle
procedure di liquidazione, sulla cui base è stato possibile realizzare un abbattimento
complessivo della massa di residui in perenzione pari al 28%.
Notevole è stato, poi, l’impegno profuso per quanto concerne le iniziative gestite
a livello territoriale, in relazione alle quali, in linea con le indicazioni della Corte, si
è pervenuti ad un’intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni grazie alla quale le
Regioni, le Province autonome e le Autonomie locali, provvederanno, in maniera
sinergica, ad individuare interventi mirati a realizzare centri/forme di aggregazione
giovanile, atte a migliorare le condizioni di “incontro” dei giovani. Con successivo
decreto - nel quale, così come nell’intesa, è data ampia visibilità ai passaggi salienti
della relazione della Corte – si è provveduto a disciplinare la procedura di
erogazione dei finanziamenti e delle attività che l’ente deve porre in essere per
evitare la restituzione delle somme.
In uno stretto rapporto di causa-effetto con un’altra intesa, adottata nell’ambito
della stessa Conferenza, si pone anche l’indagine che ha esaminato il “Programma
denominato Contratti di quartiere II”. In tale contesto si è provveduto ad individuare
le modalità operative finalizzate alla conclusione del Programma, introducendo nel
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 100
sistema le misure idonee a recuperare l’incisività del monitoraggio e controllo, con
attivazione, ove ne ricorrano i presupposti, di poteri di revoca e sostitutivi. Anche in
questo caso, nelle premesse dell’intesa adeguata evidenza è stata data alla delibera
della Sezione ed alle criticità dalla stessa evidenziate.
Interessanti risultati sono stati conseguiti anche dall’indagine che ha riguardato
“Le opere infrastrutturali di ampliamento, ammodernamento e riqualificazione dei
porti” (vedi deliberazione n. 5/2013/G). La competente Direzione generale del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha comunicato, infatti, che è stata
accolta la raccomandazione di vincolare le Autorità portuali all’invio contestuale al
MIT della documentazione tecnico-contabile esibita agli Istituti di credito mutuanti,
per ottenere l’erogazione parziale della quota di mutuo in base allo stato di
avanzamento dei lavori. L’iniziativa, attuata subito dopo l’indagine, ha consentito di
disporre del quadro puntuale degli interventi monitorati lungo tutto il corso
dell’anno.
Inoltre, in coerenza con la raccomandazione della Corte, è stato elaborato, a
regime, un sistema di monitoraggi che permette di accertare il grado di realizzazione
del Programma triennale delle opere marittime; di verificare le risorse assegnate ai
Provveditorati interregionali e l’adempimento a carico delle stazioni appaltanti
dell’onere di pubblicazione, sul sito web del Ministero, delle informazioni previste
dall’art. 1, comma 32, della l. n. 190/2012.
Ovviamente, assumono particolare rilievo le fattispecie in cui è stato posto
rimedio alle disfunzioni evidenziate dalla Sezione, con norme di legge, soprattutto
laddove esse sono diretta conseguenza delle analisi della Corte e della conseguente
iniziativa dell’amministrazione.
E’ questo il caso dell’indagine sull’“Impiego di un contingente delle Forze
Armate in supporto alle Forze dell’ordine, con compiti di controllo del territorio e di
vigilanza sugli obiettivi sensibili” (vedi deliberazione n. 4/2013/G), a seguito della
quale il Ministero dell’interno si è attivato per sopprimere il vincolo di destinazione
previsto dall’art. 24, comma 74, del d.l. n. 78/2009, le cui conseguenze negative
erano state analiticamente messe in luce dal referto.
Altre norme sopravvenute hanno corrisposto alle esigenze rappresentate dalla
Sezione, come è avvenuto per la relazione che ha approfondito il tema
dell’”Assistenza e la rieducazione dei detenuti” (vedi deliberazione n. 6/2013/G),
laddove l’art. 3 bis del d.l. n. 78/2013 introdotto dalla legge di conversione n.
94/2013, ha previsto una serie di modifiche alla normativa vigente, volte a sostenere
il diritto al lavoro esterno di coloro che stanno scontando una pena detentiva o sono
appena usciti dal carcere.
Ancor più significativa è la nuova disciplina normativa, introdotta dall’art. 29
del d.l. n. 133/2014, che si pone in linea con le indicazioni fornite dalla citata
relazione su “Le opere infrastrutturali di ampliamento, ammodernamento e
riqualificazione dei porti” - che aveva censurato la carenza di una visione strategica
del settore.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 101
Tale articolo dispone, infatti, che le Autorità portuali sono tenute a predisporre
un resoconto degli interventi correlati a progetti in corso di realizzazione o da
intraprendere, corredato dai relativi cronoprogrammi e piani finanziari, da inviare
alla Presidenza del Consiglio che, da parte sua, dovrà pronunciarsi sul loro
inserimento nel piano strategico nazionale della portualità e della logistica.
Deve, comunque, sottolinearsi che non sempre le amministrazioni hanno dato
atto dell’avvio di meccanismi auto-correttivi delle irregolarità e delle inefficienze
rilevate dalla Corte. In particolare, inadeguate sono state le comunicazioni rese in
esito all’indagine sulla “Destinazione e gestione del 5 per mille dell’Irpef”, per la
quale, peraltro, si è reso necessario richiamare le amministrazioni a dare adeguata
risposta alle indicazioni e raccomandazioni a suo tempo formulate.
Nello specifico referto, che ne è conseguito (approvato con deliberazione n.
16/2014/G), viene chiaramente stigmatizzato che le criticità rilevate hanno avuto
ulteriore conferma, in particolare per quanto concerne la dispersione delle risorse.
I nuovi dati, recentemente pubblicati, relativi alle erogazioni per l’anno 2012,
attestano che i beneficiari sfiorano, ormai, il numero di 50 mila. Per le onlus e gli enti
del volontariato, quasi 9 mila enti ottengono un contributo inferiore ai 500 euro ed
oltre mille non hanno ottenuto nemmeno una firma, accentuandosi, così, la
frammentazione e la dispersione delle risorse già evidenziate dal referto depositato
nel 2013.
Di particolare rilievo è stata, poi, l’azione della Sezione nel contesto della
“gestione degli interventi di recupero delle somme pagate dallo Stato in luogo degli
allevatori per eccesso di produzione in tema di quote latte”, che era stata oggetto di
ben due pronunce della Sezione, con le quali era stato ampiamente sottolineato la
perdurante inattività da parte delle amministrazioni interessate. L’ulteriore istruttoria
effettuata, allo scopo di accertare quale fosse il livello effettivo dei rientri è sfociata
nella trasmissione degli atti alla Procura della Corte (vedi deliberazione n.
12/2014/G).
Consta che, nell’arco temporale immediatamente successivo all’avvio
dell’attività requirente ,siano state finalmente attivate le procedure che dovrebbero
portare celermente ai dovuti recuperi. Un risultato significativo, quest’ultimo, di
come meriti un’adeguata attenzione il rapporto tra esiti del controllo e attività
requirente, laddove emergano profili di danno erariale.
L’esperienza finora conseguita nell’analisi del follow up indica che è necessario
proseguire nell’opera di affinamento nella individuazione delle criticità e, soprattutto,
nella prospettazione delle raccomandazioni delle misure correttive che le
amministrazioni sono invitate ad adottare individuando i percorsi concreti che
riterranno opportuni.
Non può, peraltro, sottacersi che il meccanismo attuale impatta su di un duplice
ordine di problemi: da un lato, la mancanza di un sistema sanzionatorio in caso di
non adempimento delle amministrazioni, dall’altro, la più volte rilevata esigenza di
modificare adeguatamente la normativa primaria e/o secondaria.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 102
4.
Ulteriori attività svolte dalla Sezione
Nel corso del 2014 sono state, inoltre, svolte le sotto indicate attività di
monitoraggio che, ormai da tempo, la Sezione svolge con carattere di continuità, sia
sul bilancio dello Stato che sulle misure conseguenziali adottate in esito alle proprie
indagini.
I monitoraggi in questione - funzionali alle attività di controllo, non solo della
Sezione centrale – consentono, attraverso l’incrocio di dati contabili, finanziari ed
economici, classificati in modo sintetico, di avere notizie circa l’andamento
gestionale di programmi e/o consistenti nuclei di risorse e di gestire in maniera
integrata gli obiettivi del controllo, inserendo un metodo di pianificazione a ciclo
continuo, basato su un’attività di reportistica sistematica, continua e puntuale.
Oggetto di controllo continuativo sono stati:
a) gli andamenti delle entrate erariali. Il controllo ha il precipuo scopo di
evidenziare le variazioni intervenute mensilmente e, per quanto, possibile, le loro
cause;
b) i magazzini dello Stato, i cui esiti sono stati trasfusi in apposito referto che
viene trasmesso annualmente alle Sezioni Riunite per la Relazione sul rendiconto
generale dello Stato;
c) le partite di spesa che presentano elementi sintomatici di criticità. Tale
controllo ha ad oggetto 378 capitoli di spesa, previamente individuati, afferenti a 13
amministrazioni statali, per lo più relativi alle indagini incluse nella programmazione
triennale, dei quali viene seguita, attraverso specifici rapporti, la movimentazione
delle relative risorse stanziate, che ammontano complessivamente a circa 152
miliardi di euro.
Nei rapporti è stata evidenziata l’esistenza di chiari sintomi di non equilibrata
gestione delle risorse pubbliche, sia nell’adozione degli impegni, che risultano di
modesta entità rispetto agli stanziamenti di bilancio, sia nello smaltimento dei
residui, che appare esiguo rispetto alla loro iniziale quantificazione. Il quadro che ne
emerge è, quindi, quello di un inadeguato utilizzo delle risorse finalizzate a interventi
di sostegno all’economia e alla promozione dell’occupazione e della formazione
professionale che, nell’attuale congiuntura, dovrebbero, al contrario, avere una corsia
preferenziale per fronteggiare la situazione di crisi in cui versano le imprese ed i
lavoratori, e che richiede misure concrete e, in primo luogo, tempestive. La
situazione risulta speculare anche in quei settori, come quello delle infrastrutture o
della salvaguardia dei beni culturali e paesaggistici, che avrebbero, invece, bisogno
di un forte impulso. L’azione amministrativo-contabile, attuativa degli obiettivi
politici, risulta esageratamente lenta, determinando prolungati e improduttivi
immobilizzi di ingenti risorse finanziarie, tanto più inaccettabile in un periodo, come
l’attuale, caratterizzato da una grave crisi dell’intero sistema economico del Paese.
d) lo stato di realizzazione delle infrastrutture strategiche di interesse
nazionale, attraverso l’individuazione e la dinamica delle risorse finanziarie
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 103
utilizzate, delle procedure eccezionali ed accelerate previste dalle norme di
attuazione della l. n. 443/2001 e dal d.lgs. n. 163/2006, nonché delle delibere CIPE
inerenti all’attuazione e al finanziamento delle predette iniziative.
Nel periodo all’attenzione, l’attività di rilevamento ed elaborazione dei dati
contabili del capitolo 7060 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha
comportato l’effettuazione di specifiche interrogazioni sul sistema integrato della
Ragioneria generale dello Stato–Corte dei conti, cui ha fatto seguito una complessa
attività di consultazione del sistema finanza statale (per circa n. 500 operazioni
trimestrali), al fine di imputare correttamente a ciascuna opera i correlativi impegni e
pagamenti.
Tramite la rilevazione delle clausole impegni e dei mandati di pagamento, sono
state individuate e raffigurate in tabelle, suddivise per regioni di appartenenza, ben
157 opere infrastrutturali (per le quali lo Stato ha reso disponibili 2,19 miliardi di
euro), che hanno formato oggetto di 4 articolati rapporti di monitoraggio, dai quali
risulta che le risorse finanziarie sono state ripartite per il 36,44% al Sud, il 32,99% al
Nord e il 30,56% al Centro. Nelle relazioni trimestrali è stata evidenziata una
persistente, significativa lentezza nell’avanzamento del Programma degli interventi
infrastrutturali. E’ stato, tuttavia, rilevato che l’esigenza di favorire l’afflusso di
risorse verso alcune opere che presentano una reale capacità di proficuo impiego
delle stesse, ha trovato rispondenza nella loro acquisizione, a differenza di quelle
che, al contrario, hanno appalesato un grave improduttivo immobilizzo. In tale logica
di spostamento di risorse è stato istituito - con l’art 18 del d.l. n. 69/2013, convertito
in l. n. 98/2013, un apposito fondo per il quadriennio 2013–2017, nello stato di
previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Cap. 7536 – Fondo per la
continuità del cantieri), con dotazione complessiva di 2.030 milioni di euro. Il
recente d.l. n. 133/2014, cosiddetto ”Sblocca-Italia”, per consentire nell’anno 2014
la continuità dei cantieri in corso ovvero il perfezionamento degli atti contrattuali
finalizzati all’avvio dei lavori, ha incrementato il suddetto Fondo di complessivi
3.890 milioni di euro.
5.
Prospettive per il 2015
Il programma di controllo deliberato dalla Sezione per l’anno 2015, riportato
nell’allegato A, mantiene la sua struttura per categorie, che si è rivelata valida,
coprendo tutte le aree di interesse per la collettività (entrate; organizzazione,
innovazione e sviluppo delle pubbliche amministrazioni; investimenti e infrastrutture
strategiche; tutela dell’ambiente e del territorio; politiche agricole; politiche sociali e
della previdenza; promozione e sostegno all’economia; scuola, università e ricerca;
beni culturali e turismo; difesa).
Si è cercato, per quanto possibile, di coniugare la rilevanza strategica della
gestione con l’entità delle risorse attribuite, anche perché l’incidenza che un
determinato programma ha sul bilancio, determina una significativa variazione degli
equilibri in caso di inefficienze od altre patologie che non consentono il corretto
impiego delle risorse finanziarie.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 104
I fattori organizzativi costituiscono, a loro volta, un profilo di grande
importanza, poiché una effettiva “spending review” non può non tenerne conto, così
come delle procedure in essere che possono rivelarsi farraginose e di ostacolo al
corretto perseguimento dei fini pubblici.
In conformità alle prassi già adottate, sono state confermate, anche per il 2015, a
sostegno della attività di controllo sulla gestione propriamente intesa, le attività di
monitoraggio sul comparto entrate, sulle partite di spesa che presentano elementi di
criticità sintomatici di inefficienze nella gestione delle risorse pubbliche, sui
magazzini dello Stato, sugli esiti del controllo eseguito e sullo stato di realizzazione
delle infrastrutture strategiche di interesse nazionale.
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CAPITOLO V
L’ATTIVITÀ DI CONTROLLO SUGLI ENTI
CUI LO STATO CONTRIBUISCE IN VIA ORDINARIA
1.
Il contesto normativo
Negli ultimi anni numerose sono state le novità normative, per lo più volte al
contenimento della spesa pubblica, che hanno interessato la gestione degli Enti a cui
lo Stato contribuisce in via ordinaria, e, conseguentemente, l’attività di controllo che
la Sezione svolge sugli stessi.
Più di recente si sono succeduti ulteriori interventi normativi che hanno
interessato l’ambito di controllo della Sezione. Tra questi: il d.l. n. 69/2013,
convertito dalla l. n. 98/2013, che ha riguardato, tra l’altro, EXPO S.p.A., il
completamento e la riorganizzazione di ANAS S.p.A. e Croce Rossa italiana; il d.l.
n. 66/2014, convertito dalla l. n. 89/2014, riguardante RAI S.p.A. e EUR S.p.A.,
provvedimento che reca inoltre ulteriori disposizioni in materia di contenimento della
spesa pubblica riferite anche alle società partecipate; il d.l. n. 133/2014, convertito
dalla l. n. 164/2014, che introduce nuove disposizioni relative a Ferrovie dello Stato
S.p.A., nonché al potenziamento di Cassa Depositi e Prestiti e a INAIL.
Quanto alle norme che hanno in qualche modo inciso sulla struttura degli enti
controllati dalla Sezione, è da segnalare come il d.l. n. 83/2014, convertito dalla l. n.
106/2014, abbia trasformato l’Agenzia ENIT in ente pubblico economico, al fine di
assicurare risparmi della spesa pubblica e di migliorare l’immagine unitaria
dell’offerta turistica nazionale e favorirne la commercializzazione. La medesima
legge ha modificato nuovamente la disciplina per l’individuazione delle fondazioni
lirico-sinfoniche, che possono dotarsi di forme organizzative speciali.
Ancora, la legge di stabilità per l’anno 2014 (l. n. 147/2013) ha disposto la
fusione per l’incorporazione di SICOT – Sistemi di consulenza per il Tesoro s.r.l., in
CONSIP S.p.A. (art 1, comma 330), ai fini della razionalizzazione e del riassetto
industriale nell’ambito delle partecipazioni detenute dallo Stato.
Da ultimo, la legge di stabilità per il 2015 (l. n. 190/2014) – oltre ad introdurre
numerose disposizioni che fanno riferimento ad enti e società controllati dalla Corte al fine di razionalizzare il settore della ricerca e della sperimentazione nel settore
agroalimentare e di realizzare il contenimento della spesa, ha disposto
l’incorporazione dell’Istituto nazionale di economia agraria (INEA) nel Consiglio per
la sperimentazione in agricoltura (CRA), che assume la denominazione di Consiglio
per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, conservando la natura
di ente nazionale di ricerca e sperimentazione (comma 381).
Già nelle precedenti relazioni si è rappresentato che non è stata ancora
completata l’evoluzione delle istituzioni, determinata, in primo luogo, dal
progressivo riassestamento – in corso da circa dieci anni - dei rapporti funzionali fra
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l'amministrazione centrale dello Stato e quella decentrata per enti e società
(pubbliche o semi-pubbliche); comparto, quest’ultimo, che sta generalizzando
l’utilizzazione di moduli privatistici per una gestione in un’ottica economica e
patrimoniale dei compiti pubblici.
Sulla graduale trasformazione delle istituzioni pubbliche stanno influendo, in
maniera considerevole, le ripetute misure di razionalizzazione degli enti attraverso la
riduzione delle strutture e la ricollocazione delle funzioni - ed in specie di quelle
esercitate da enti di modeste dimensioni - operanti in settori omogenei.
A tali misure, imposte dall’aggravarsi della situazione economica del Paese, si è
andata sommando l’attuazione delle deleghe legislative per il riordino della
contabilità pubblica (l. n. 196/2009), volte a pervenire ad una razionalizzazione e ad
una maggiore organicità della relativa normativa al fine di soddisfare le esigenze di
coordinamento e di consolidamento dei conti pubblici poste dall’attuazione del
federalismo fiscale.
2.
Profili funzionali
Come è ben noto, le funzioni di controllo sugli enti a cui lo stato contribuisce in
via ordinaria, di cui alla l. n. 259/1958, vengono assolte attraverso l’elaborazione di
referti sulla gestione finanziaria di tali enti, con l'esclusione di quelli per i quali la
contribuzione dello Stato risulti di modesta entità e di quelli di interesse
esclusivamente locale.
Sul punto si è già osservato per il passato che la nozione di ente, cui si è riferita
la l. n. 259/1958, è suscettibile di essere riferita a soggetti giuridici che, pur non
potendo ricondursi alla generale nozione di ente pubblico, vengono, ciononostante,
sottoposti a controllo perché a finanza parzialmente o totalmente derivata dallo Stato,
od in quanto, pur avendo una connotazione privatistica e pur conducendo una
gestione sulla base di moduli civilistici, fruiscono di un apporto al patrimonio da
parte dello Stato in capitale, servizi o beni, o mediante la concessione di garanzia
finanziaria.
Ciò ha determinato, nel tempo, con l’aumento del numero degli organismi
pubblici, l’ampliamento dell’area del controllo della Corte.
A tale riguardo si segnala la sottoposizione al controllo ex art. 12 della l. n.
259/1958 delle gestioni di Investimenti Immobiliari Italiani Società di Gestione del
Risparmio S.p.A. (InvImIt SGR S.p.A.) e dell’Istituto Luce - Cinecittà s.r.l.. In
quest’ultimo ente sono confluite le risorse umane, strumentali, patrimoniali e i
rapporti giuridici attivi e passivi di Cinecittà luce S.p.A., società già controllata dalla
Corte e posta in liquidazione sulla base delle disposizioni del d.l. n. 98/2011
convertito, con modificazioni, dalla l. n. 111/2011.
Si soggiunge che la Sezione, nel 2014, ha ritenuto di riferire al Parlamento sui
documenti contabili di “chiusura” di enti soppressi nell’ambito delle ultime manovre
finanziarie e della spending review (d.l. n. 95/2012, convertito dalla l. n. 135/2012),
quali INRAN e UNIRE-ASSI.
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Gli enti operanti nel settore previdenziale hanno continuato a formare oggetto di
un’attenta analisi da parte della Sezione.
A tale ultimo riguardo si ricorda l’audizione tenutasi il 27 febbraio 2014 e
proseguita il successivo 20 marzo, di cui si è già dato atto al capitolo I.
Si rappresenta inoltre che, all’inizio del corrente anno, al fine di corrispondere
alle richieste del Commissario governativo per la spending review, è stato effettuato
un approfondimento circa l’assetto di enti e società pubbliche inserite nell’elenco
ISTAT, con particolare riguardo agli enti di piccola e media dimensione controllati
dalla Sezione, individuando parametri economico-finanziari significativi tali da
consentire alle autorità governative di fare le opportune valutazioni.
Complessivamente, nel 2014, gli enti sottoposti al controllo della Corte hanno
raggiunto il numero di 303. Di essi, 222 sono enti pubblici, 34 società e 47 persone
giuridiche private diverse dalle società. Di tali enti e società pubbliche, 46 sono
controllati nelle forme di cui all’art. 12 della l. n. 259/1958; 191 nelle forme di cui
all’art. 2 della stessa legge e 4 in base alla l. 20/1994.
3.
Principali determinazioni di controllo
Di particolare rilievo sono stati, nel 2014, i referti sulla gestione finanziaria degli
Enti e Società di cui si riassumono, le risultanze:
ANAS S.p.A. (esercizio 2012, determinazione n. 21 del 21 marzo 2014).
Nell’esercizio 2012, per il quinto anno consecutivo, la gestione economicopatrimoniale dell’ANAS S.p.A. si è chiusa con un risultato positivo pari a 2,16
milioni di euro, nonostante un calo generalizzato del traffico sulla rete, anche
autostradale, conseguente al perdurare della crisi economica.
Con riguardo alla situazione patrimoniale, emerge un incremento degli
investimenti nella realizzazione di strade e autostrade rispetto all’esercizio
precedente.
Il conto economico consolidato evidenzia un saldo della gestione caratteristica
pari a -74,3 milioni di euro con un peggioramento di 20,6 milioni di euro rispetto al
2011. In particolare, si evidenzia una riduzione dei ricavi delle vendite e delle
prestazioni (passati da 757,5 milioni di euro nel 2011 a 733,7 milioni di euro del
2012), imputabile principalmente alla riduzione della voce “Integrazione Canone
Annuo” corrisposto direttamente ad ANAS (art. 1 comma 1020, l. n. 296/2006, come
richiamato nell’art. 19, comma 9 bis, della l. n. 102/2009).
La gestione finanziaria chiude con un saldo positivo e un incremento di 2,6
milioni di euro (più 3,5 %).
Sotto il profilo ordinamentale è da rilevare come la cornice normativa di
riferimento di ANAS abbia subito significative modifiche per effetto
dell’emanazione dell’art. 36 del d.l. n. 98/2011 convertito in l. n. 111/2011 e s.m.i. e
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dell’art. 11, commi 5 e 6, del d.l. n. 216/2011, convertito in l. n. 14/2012, che hanno
disciplinato il riordino della Società.
Ad oltre due anni dall’emanazione di tali disposizioni legislative sono stati
necessari 10 interventi correttivi alla disciplina originaria, i quali hanno inciso
sull’ordinario svolgimento delle attività di competenza della Società e, ad oggi, il
riordino di ANAS si è sostanziato nel solo trasferimento, dal 1° ottobre 2012, al
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti delle competenze di ente concedente e
di vigilanza e controllo sui concessionari autostradali e, quindi, delle risorse
finanziarie, umane e strumentali relative all'IVCA.
Di fatto, l’Agenzia, prevista in origine dall’art. 36 d.l. n. 98/2011, non è mai
divenuta operativa ed, infine, è stata soppressa.
E’ stata, altresì, abrogata la norma che prevedeva il trasferimento delle
partecipazioni detenute da ANAS, tenuto conto che la sua attuazione avrebbe
comportato una serie di criticità di carattere regolamentare, operativo e finanziario,
ed è stata soppressa - in linea con quanto auspicato anche dalla Corte nella
precedente Relazione - la norma che prevedeva l’introduzione di modifiche statutarie
al fine di configurare l’ANAS come “organo in house della P.A.”.
In tale quadro, la disciplina dettata dall’art. 25 d.l. n. 69/2013 (convertito nella l.
n. 98/2013) sembra aver dato compiuta definizione alla regolamentazione del
riordino di ANAS, prevedendo le modalità per il trasferimento al Ministero delle
risorse umane e finanziarie relative all’ex IVCA. Detta, inoltre, il nuovo termine
(rispettato) del 30/11/2013 per l’approvazione del nuovo Statuto - recante modifiche
alla tempistica per la ricostituzione in forma collegiale della governance della Società
- nonché per la predetta soppressione della qualificazione di ANAS come organo “in
house” della pubblica amministrazione.
Consiglio nazionale delle ricerche
determinazione n. 10 del 18 febbraio 2014).
(C.N.R.) (esercizi
2011 e
2012,
L’attività del CNR in esame è stata in gran parte dedicata all’attuazione della
disciplina di riordino di cui al d.lgs. n. 213/2009.
E’ stato adottato un nuovo Statuto dell’ente, contenente, in particolare, le norme
di razionalizzazione della rete scientifica e dell’amministrazione centrale, ed è stata
avviata la redazione dei nuovi regolamenti.
Sotto il profilo organizzativo, di forte rilievo è stato il processo di riduzione dei
dipartimenti, unito ad una intensa opera di revisione e riorganizzazione degli Istituti,
nel cui ambito ampia resta ancora la frammentazione delle sedi decentrate. E’
proseguita, inoltre, la riorganizzazione dell’amministrazione centrale che ha
consentito di superare le anomalie concernenti il disallineamento tra il numero degli
uffici dirigenziali e i posti in organico.
E’ stato avviato anche nel CNR il processo di revisione della spesa in cui si
inseriscono le azioni di contenimento della spesa di beni e servizi, nonché le misure
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 110
di razionalizzazione nei settori della gestione del patrimonio immobiliare e delle
società partecipate.
In quest’ultimo settore si rileva l’avvio di un processo di monitoraggio,
razionalizzazione e dismissione delle partecipazioni non strategiche dell’ente, che
tuttavia non esclude la necessità, più volte segnalata, di valutare lo stato di salute
degli organismi partecipati e definire il valore effettivo delle quote societarie o
consortili possedute.
Quanto alla gestione finanziaria, l’andamento delle entrate segna una brusca
frenata nel 2012, malgrado la crescita dei finanziamenti ordinari provenienti dal
MIUR, nel cui ambito si rileva, tuttavia, una riduzione molto significativa della parte
libera da vincoli e destinata al finanziamento dell’attività ordinaria a fronte di una
spiccata crescita delle assegnazioni vincolate.
La forte contrazione dei finanziamenti riguarda, in particolare, quelli provenienti
da regioni ed enti locali e da altri enti pubblici.
Dal lato delle spese, si rileva una crescita delle spese correnti ascrivibile
all’incremento delle risorse destinate alla realizzazione di progetti ed alla
conseguente necessità di raggiungere tutti gli obiettivi e i risultati contrattualmente
previsti.
ENEL S.p.A. (esercizio 2012, determinazione n. 51 del 30 maggio 2014).
L’analisi condotta sulla gestione di Enel S.p.A. e del suo Gruppo, ha evidenziato
che la gestione è stata impostata sulla razionalizzazione ed innovazione dei processi
operativi e sulla massimizzazione dei profitti, mediante una politica di espansione ed
assestamento nel mercato internazionale, una diversificazione tecnologica e
geografica del business, un bilanciamento tra attività “regolate” e “non regolate” ed
una significativa presenza nel campo delle energie rinnovabili.
Tale strategia aziendale ha consentito, pur in presenza di una situazione di
generale instabilità ed incertezza economico-finanziaria, che si riflette
particolarmente sul mercato dell’energia dei principali paesi europei di riferimento
(Italia e Spagna), di realizzare, comunque, risultati economici positivi.
Sia il bilancio di esercizio che quello consolidato si sono chiusi, infatti, in utile
(rispettivamente di 3.427 milioni di euro e di 2.075 milioni di euro), benché, nel
secondo caso, in misura inferiore a quello realizzato nell’esercizio 2011 (- 1%).
In considerazione del suo carattere multinazionale, Enel S.p.A. si è dotata, a
partire dal 2012, di una nuova struttura organizzativa (il c.d. modello “one
company”), allo scopo di consentire un più efficace e funzionale esercizio delle
funzioni di indirizzo strategico e di coordinamento da parte della Capogruppo ed un
avvicinamento alle linee di business.
La Società ha continuato a perseguire una strategia di accesso diretto al mercato
dei capitali e del credito, in quanto ritenuta la più efficace al fine di assicurare, ad un
tempo, una migliore ridistribuzione del mix di indebitamento (bancario e
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PAG. 111
obbligazionario), una diversificazione della base degli investitori e l’allungamento
della durata media del debito di Gruppo. Nel corso del 2012, è stato portato a termine
un programma di prefinanziamento, per un ammontare complessivo superiore a 7
miliardi di euro circa, ad un tasso medio in linea con il costo medio ponderato
dell’indebitamento di Gruppo, così rafforzandosi ulteriormente, con la sopradescritta
strategia operativa la posizione di liquidità.
L’indebitamento finanziario netto si è attestato, alla fine dell’esercizio, a 42.948
milioni di euro, con un discreto miglioramento (-3,76%) rispetto all’esercizio
precedente.
All’esito delle analisi effettuate la Corte ha, tra l’altro, posto l’accento:
- sulla deliberazione con cui il Consiglio di amministrazione - conformandosi
alle raccomandazioni formulate negli esercizi precedenti, in considerazione della
contingente situazione di difficoltà del contesto economico, nonché all’analogo
auspicio espresso dal socio pubblico di maggioranza - ha previsto (in sede di
Relazione sulla remunerazione) di operare, nell’anno 2013 e con il consenso degli
interessati, una sensibile diminuzione della retribuzione variabile di breve termine
dell’Amministratore delegato, del Presidente del Consiglio di amministrazione e
dell’intero management;
- sulla fiducia riposta dai risparmiatori nella solidità della Società e il
mantenimento di un’elevata affidabilità creditizia nei confronti del sistema bancario;
- sulla necessità di un’incisiva azione ai fini di una quanto più celere riduzione
dell’indebitamento, rimanendo il suo livello, nonostante l’ulteriore riduzione del
7,20% registratasi alla fine del 2013 (39.862 milioni di euro), abbastanza elevato.
La Corte ha posto, poi, in risalto come - nonostante la persistenza dello scenario
di crisi nei mercati europei di riferimento (dove la Società riveste una posizione di
leadership), che si riflette in un progressivo calo della domanda di energia - la
Società, grazie alle azioni strategiche programmate nel piano industriale 2013/2017,
ha conseguito, nel 2013, un deciso miglioramento dei risultati operativi, sia con
riferimento al budget, sia con riguardo al bilancio relativo all’esercizio 2012
(EBITDA +7,6%; EBIT +46,1%; risultato netto del gruppo a 3.235 milioni di euro).
Ha inoltre raccomandato, conclusivamente – stanti le prospettive ancora incerte
in ordine ad una ripresa del ciclo economico e, conseguentemente, ad un
miglioramento della situazione relativa alla domanda di energia elettrica nei mercati
maturi europei di riferimento - di proseguire con il massimo impegno nelle azioni,
quali programmate con i piani industriali sin qui approvati, volte al contenimento e
all’ottimizzazione degli investimenti, alla riduzione dei costi operativi e alla
dismissione di partecipazioni non strategiche, in vista di una progressiva riduzione
del livello di indebitamento.
ENI S.p.A. (esercizio 2013, determinazione n. 88 del 24 ottobre 2014).
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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I risultati del 2013 riflettono le complessità dello scenario. L’utile operativo
adjusted del Gruppo è stato di 12,62 miliardi di euro e l’utile netto adjusted 4,43
miliardi di euro, in riduzione di circa un terzo rispetto ai corrispondenti valori del
2012. Le cause di questo peggioramento sono da ricondursi a fattori geopolitici
nell’E&P, che hanno causato una perdita di produzione di circa 110 mila
barili/giorno (-5% rispetto al 2012), alla contrazione dei margini sulle vendite di gas,
energia elettrica, carburanti e commodity chimiche (in parte assorbita dalle azioni di
ristrutturazione) ed al crollo della redditività di Saipem.
Nonostante tali fattori negativi, Eni S.p.A. ha conseguito un utile netto, in
aumento del 23%, pari a 5,2 miliardi di euro ed ha realizzato un flusso di cassa della
gestione operativa di 11 miliardi di euro.
Il flusso di cassa è stato determinato, per 6,4 miliardi di euro, dalle dismissioni e,
principalmente, dall’operazione Mozambico e dallo smobilizzo delle partecipazioni
finanziarie Snam e Galp. Tali flussi hanno consentito di finanziare investimenti
tecnici in linea con il trend degli ultimi anni, e 3,95 miliardi di euro di dividendi agli
azionisti, mantenendo costanti l’indebitamento finanziario netto e il leverage.
Sulla base dei risultati conseguiti è stato distribuito un dividendo di 1,10 euro
per azione (1,08 euro nel 2012).
In particolare, sotto il profilo operativo, nell’esercizio 2013:
- la produzione di idrocarburi: è stata di 1,619 milioni di boe/giorno, in riduzione
del 4,8% a causa di interruzioni straordinarie in Libia, Nigeria e Algeria, i cui effetti
sono stati parzialmente compensati dagli avvii di nuovi giacimenti e dalla crescita dei
campi avviati;
- le riserve certe di idrocarburi: a fine anno si sono attestate a 6,54 miliardi di
boe, con un tasso di rimpiazzo organico del 105%. La vita residua è di 11,1 anni;
- le vendite di gas naturale: sono state di 93,17 miliardi di metri cubi, con una
riduzione del 2,3% rispetto al 2012, in un quadro di perdurante debolezza della
domanda, di pressione competitiva e di eccesso di offerta.
La società prevede di mantenere il leverage tra il 10% e il 30%, usando questa
flessibilità per assorbire le fluttuazioni temporanee del prezzo del petrolio, dei
mercati e dei risultati di business ed ha in programma investimenti per 56,8 miliardi
di euro per il periodo 2013-2016, con un incremento, a parità di cambio euro/dollaro,
di circa 1,6 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo del piano precedente.
Incremento in gran parte legato alle nuove opportunità di crescita di E&P, tra cui
quelle relative al Mozambico.
Nel piano di investimenti è prevista una generazione di cassa di 20 miliardi di
euro l’anno grazie all’aumento della produzione E&P.
Nel 2013, Eni S.p.A. ha conseguito un utile netto d’esercizio di 4,41 miliardi di
euro (in diminuzione, rispetto al 2012, del 51,4%) ed un patrimonio netto di 40,8
miliardi di euro (in incremento, rispetto al 2012, esercizio nel quale era ammontato a
40,6 miliardi di euro).
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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Gli importanti segnali rilevati nella relazione, quali la riduzione dei ricavi nei
principali settori della gestione caratteristica; la circostanza che l’utile 2013, e quello
del primo semestre 2014 abbiano beneficiato di plusvalenze connesse a dismissioni
(in particolare di quella di Mamba), che si sono riflesse anche sul flusso di cassa; le
limitate prospettive di crescita in Europa; la delicata situazione sociale e politica e di
incertezza che ancora perdura e si aggrava in più di uno dei Paesi produttori; la
diminuzione della domanda e l’eccesso di offerta in vari settori di attività della
Società, sono tutti fattori che, ha affermato la Corte dei conti, il nuovo management
dell’Eni dovrà tenere nella dovuta considerazione, anche attuando efficaci politiche
per la semplificazione e la razionalizzazione dei processi e per uno snellimento della
struttura organizzativa atto a determinare significative riduzioni dei costi.
INAIL (esercizio 2012, determinazione n. 50 del 30 maggio 2014).
Il referto ha preso in esame la situazione del bilancio generale e delle singole
gestioni dell’INAIL nonché l’assetto organizzativo e strutturale, a seguito
dell’incorporazione, dalla data del 31 maggio 2010 dei due Enti IPSEMA e ISPESL.
L’Istituto ha provveduto a garantire la continuità nelle attività correnti degli Enti
soppressi nonché l’avvio del piano delle attività progettuali necessarie per la
riconduzione della gestione del personale in un unico ambito.
E’ stato, altresì, evidenziato come sia stata oggetto di valutazione – in sede sia
governativa sia parlamentare – l’individuazione di un riassetto normativo della
governance dell’Ente, con riferimento agli organi, alle modalità di interazione tra gli
stessi, nonché al sistema dei controlli interni, al fine di calibrarne più adeguatamente
le funzioni e i poteri.
I dati di bilancio confermano la sostanziale solidità dell’Istituto, considerato che
la gestione 2012 si è conclusa con un avanzo finanziario pari a 1.230 milioni di euro
e con un avanzo patrimoniale di 3.973 milioni di euro. Sono risultati in aumento
anche l’avanzo di cassa e quello di amministrazione.
I conti generali dell’Istituto continuano, però, ad essere appesantiti
dall’esposizione debitoria della Gestione Agricoltura verso la Gestione Industria per
complessivi 32.525 milioni di euro (32.392 milioni di euro nel 2011).
Quanto all’attività assicurativa, la tutela è garantita attraverso la gestione di circa
3 milioni di euro e 300 mila posizioni assicurative territoriali e di 808.477 rendite.
E’ stata, altresì, evidenziata la mancata attuazione delle politiche patrimoniali,
sia di dismissione, stante il perdurare della crisi del settore, sia quanto agli interventi
di valorizzazione e di investimento, considerato che da oltre 10 anni permangono
inutilizzati cespiti di grande valore e che resta ancora da realizzare il progetto in
Abruzzo per la ricostruzione dell’area aquilana.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 114
Ferrovie dello Stato italiane S.p.A. (esercizio 2013, determinazione n. 71 del 18
luglio 2014).
Dall’ analisi della gestione 2013 di Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. emerge
come, in piena continuità con quanto verificatosi negli anni precedenti, il Gruppo
abbia confermato, anche per l’esercizio in analisi, il raggiungimento degli obiettivi
strategici e gestionali definiti nel Piano di Impresa. La Corte ha osservato, in
particolare, che il bilancio consolidato del Gruppo FS Italiane 2013 ha registrato un
risultato netto di 460 milioni di euro, in aumento rispetto all'esercizio precedente di
79 milioni di euro (più del 20%).
Tale positivo risultato si fonda principalmente sull’incremento dei ricavi
operativi del Gruppo (+101 milioni di euro), che hanno sostanzialmente guidato la
crescita del margine operativo lordo (+112 milioni di euro), nonché sull’aumento di
tutti gli altri risultati intermedi (risultato operativo +99 milioni di euro e risultato ante
imposte +155 milioni di euro).
Anche il bilancio di esercizio di Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. evidenzia un
miglioramento, con un risultato netto dell’esercizio 2013 pari a 76 milioni di euro, a
fronte dei 73 milioni di euro dell’anno precedente.
Il margine operativo lordo della Capogruppo presenta, nel 2013, un decremento
di 32 milioni di euro, essendo passato da un valore positivo di 11 milioni di euro ad
un valore negativo di 21 milioni di euro, per l’effetto combinato dell’aumento dei
ricavi operativi di 3 milioni di euro e dell’incremento dei costi operativi di 35 milioni
di euro. Sull’aumento dei costi operativi ha inciso, particolarmente, la variazione
delle rimanenze per 34 milioni di euro per effetto delle svalutazioni di immobili e
terreni di trading (+31 milioni di euro) al fine di allineare il valore contabile degli
stessi all’effettivo valore di mercato, a seguito di un’analisi puntuale del patrimonio
immobiliare della società attuata attraverso un aggiornamento delle perizie, anche in
considerazione della congiuntura economica ed in particolare della perdurante
generale regressione del mercato immobiliare.
Per quanto riguarda gli andamenti delle due realtà operative di maggiore
rilevanza del Gruppo – RFI S.p.A. e Trenitalia S.p.A. – la Corte ha evidenziato
quanto segue:
RFI, Gestore della infrastruttura ferroviaria, nel 2013 ha ottenuto un utile pari a
circa 270 milioni di euro, superiore di quasi il 70% rispetto al risultato dell’anno
precedente; significativa la crescita del margine operativo lordo rispetto a quello del
2012 del 37%, ascrivibile per il 9% a ricavi e per il 91% a una riduzione dei costi
operativi. RFI è sempre più orientata verso il mercato anche in conseguenza
dell’applicazione della Direttiva 34/2012 dell’UE, delle decisioni dell’Autorità di
regolazione dei trasporti (ART) che ne ha, di recente, ridotto in modo significativo il
canone di utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria, della prevista cessione della rete
elettrica e dei servizi accessori.
La gestione 2013 di Trenitalia vede un decremento di 25 milioni di euro del
risultato netto dell’esercizio (-12%), pur a fronte di un miglioramento del margine
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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operativo lordo di circa il 3% e del risultato operativo ugualmente del 3%; risultato
sul quale ha particolarmente inciso l’incremento del saldo delle imposte sul reddito
rispetto all’anno precedente (+71 milioni di euro pari ad oltre il 200%) derivante
dalla non ripetitività, nel 2013, dell’accertamento che la società aveva effettuato nel
2012 per le maggiori imposte anticipate riferite alle perdite fiscali pregresse.
Relativamente al Gestore della rete, la Corte evidenzia come il recepimento della
normativa europea (Direttiva UE 35/2012 il cui termine ultimo per il recepimento
obbligatorio è fissato per il 16 giugno 2015) si tradurrà in un nuovo modello di
governance dell’Azienda, con una evidente focalizzazione e separazione dei diversi
segmenti di attività in termini di gestione, organizzazione ed impiego degli assets,
distinguendo chiaramente le attività regolatorie da quelle a mercato.
Poste italiane S.p.A. (esercizio 2012, determinazione n. 13 del 28 febbraio
2014).
I positivi risultati conseguiti costantemente dal 2002 e da ultimo nell’esercizio
2012, costituiscono conferma della validità del modello di business adottato in Poste
italiane S.p.A. e delle scelte gestionali operate
E’ però necessario - ha osservato la Corte - che il management della Società
mantenga costantemente elevato il livello di impegno e di attenzione su quei profili
di gestione che necessitano ancora di interventi migliorativi in tema di qualità dei
servizi, di conformità normativa, di sicurezza e di contenimento dei rischi.
Il secondo semestre del 2013 ha visto l’avvio di approfondimenti da parte del
Consiglio di amministrazione di Poste italiane finalizzati a valutare l’opportunità di
un eventuale ingresso nel capitale sociale di Alitalia – Compagnia Aerea Italiana
S.p.A. -, con la sottoscrizione dell'eventuale inoptato fino alla concorrenza di 75
milioni di euro.
L’operazione - che, ad avviso della Società, si inserisce nell’ambito del vasto
progetto industriale di Poste italiane volto a perseguire politiche di investimento e di
crescita attraverso un modello di business che consenta l’integrazione di nuove aree
di attività - è stata autorizzata dal Consiglio di amministrazione il 18 dicembre 2013.
Il settore postale nel corso dell’anno è stato oggetto di segnalazioni ed interventi
istruttori da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, tutti volti ad
assicurare l’effettiva apertura alla concorrenza dei relativi mercati in un contesto
normativo e regolamentare ritenuto per taluni aspetti non adeguato a tale obiettivo.
Parimenti anche dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – nella sua qualità
di Regolatore del settore postale – sono stati segnalati taluni profili di non coerenza
con il quadro comunitario di liberalizzazione delle disposizioni di cui al d.lgs. n.
58/2011.
BancoPosta si conferma anche per il 2012 come settore trainante di Poste
italiane S.p.A.. Le attività promozionali e le iniziative di marketing adottate dalla
Società nell’ambito dell’offerta dei conti correnti privati, tese ad incentivare la
raccolta di nuova liquidità e a trattenere l'uscita di masse detenute da quelle fasce di
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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correntisti più facilmente attratte da forme di remunerazioni offerte dalla
concorrenza, hanno apportato un incremento del numero dei conti correnti in essere
pari al 5,5%.
Permangono profili di criticità nel comparto antiriciclaggio, come emerso anche
nell’accertamento ispettivo di vigilanza, condotto dalla Banca d’Italia nel periodo 20
febbraio/24 agosto 2012.
La Corte ha raccomandato il massimo impegno della Società, per l’adozione di
ulteriori urgenti interventi, finalizzati a porre rimedio definitivo alle carenze emerse.
Dall’esame dei dati gestionali di Poste italiane S.p.A., per il 2012 emerge che la
Società ha chiuso l’esercizio con un risultato positivo di 722,2 milioni di euro ed in
aumento del 3,4% sul precedente esercizio (698,5 milioni di euro), di cui 342,7
milioni di euro di competenza del Patrimonio BancoPosta; all’utile ha contribuito
l’iscrizione in bilancio del provento straordinario di 270,3 milioni di euro,
corrispondente alla somma per la quale la Società ha presentato istanza di rimborso a
seguito del riconoscimento, attuato dal d.l. 201/2011, dell’integrale deducibilità
dall’imponibile IRES dell’IRAP sostenuta sul costo del lavoro a valere dall’esercizio
2012. Anche senza tener conto del citato provento straordinario, il risultato realizzato
nell’anno in riferimento sarebbe stato positivo per 451,9 milioni di euro, sebbene
inferiore del 35,3% rispetto al 2011.
Il Patrimonio netto della Società, alla chiusura dell’esercizio, è pari a 4.312,9
milioni di euro incrementato di 2.311,1 milioni di euro rispetto all’anno di
comparazione per effetto, principalmente, delle oscillazioni positive degli
investimenti in titoli del Patrimonio Bancoposta.
Rai - Radiotelevisione italiana S.p.A. (esercizi 2011 e 2012, determinazione n. 7
del 4 febbraio 2014).
Le risultanze gestionali e patrimoniali della società RAI nel biennio 2011–2012
hanno evidenziato profili sostanzialmente diversi.
Nel 2011 la capogruppo ha chiuso il bilancio con un utile di 39,3 milioni di euro,
mentre nell’esercizio 2012 con una perdita di 245,7 milioni di euro.
In corrispondente andamento sono risultati i valori del conto economico
consolidato, rispettivamente, positivo nel 2011 per 4,1 milioni di euro, e negativo per
244,6 milioni di euro nel 2012.
Il patrimonio netto di Rai S.p.A., aumentato nel 2011 a 427,5 milioni di euro
(nel 2010 374,8 milioni di euro), nel 2012 si è ridotto a 294 milioni di euro per
effetto della diminuzione delle riserve per il ripianamento delle perdite registrate nel
periodo.
Rilevanti sono stati i debiti finanziari, pari a 282,5 milioni di euro nel 2011 e a
371,6 milioni di euro nell’anno seguente.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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Nel biennio in rassegna, come negli esercizi precedenti, si è registrato lo
sbilancio negativo tra ricavi e costi della produzione, nella misura di 23,3 milioni di
euro (2011) e di 215 milioni di euro (2012), segnale preoccupante per la situazione
economico-patrimoniale e finanziaria della Società di proprietà pubblica.
Sul versante dei ricavi, l’introito derivante dal pagamento del canone
radiotelevisivo ha rappresentato circa il 60,5% (il 68% nel 2012) del totale delle
entrate aziendali, contro circa il 31,3% (26% nel 2012) della pubblicità e circa l’8,2
% (il 6% nel 2012) degli altri ricavi.
L’entrata da canone è rimasta notevolmente compromessa dalle crescenti
dimensioni dell’evasione, stimata nel biennio nell’ordine del 27% circa, superiore
per quasi 19 punti percentuali rispetto alla media europea.
Anche il ricavo derivante dalla pubblicità ha evidenziato sostanziale flessione
rispetto agli esercizi pregressi e si è attestato in 965 milioni di euro nel 2011, e in
745,3 milioni euro nell’esercizio successivo.
Gli altri ricavi, ossia quelli tipicamente commerciali, hanno presentato nel 2011
una timida ripresa rispetto all’esercizio precedente, ma sono poi calati nel 2012.
Per quanto riguarda i costi operativi – pur scontando l’assenza, come in ogni
esercizio dispari, di quelli afferenti ai grandi eventi sportivi – nel 2011 si è registrata
una diminuzione del 5,9%; nell’anno successivo, peraltro detti oneri si sono
incrementati di 18,1 milioni di euro.
Il costo del personale, cresciuto nel 2011 del 2,7%, si è ulteriormente
incrementato nel 2012, anche in ragione di un accantonamento di 62 milioni di euro
stanziati per il piano di esodo agevolato.
Con riferimento ai costi della produzione, è apparsa indispensabile una loro
sostanziale riduzione, in particolare per quelli riconducibili al festival di Sanremo,
alle fiction e alla programmazione finanziata con fondi diversi da quelli derivanti dal
canone radiotelevisivo.
Nella prospettiva della riduzione dei costi di produzione, si inscrive la
liquidazione o l’incorporazione di talune società controllate (RAISat S.p.A., Rai
Trade S.p.A., Rai Net S.p.A. e Rai Corporation).
La Corte, pur constatando la diminuzione delle società controllate, ha
rappresentato l’esigenza di una rigorosa verifica della loro attuale necessità, tenuto
conto che l’apporto complessivo delle controllate appare assai modesto, in quanto, ad
eccezione di Sipra (ora Rai Pubblicità), la quasi totalità del fatturato è verso la RAI,
senza alcuna significativa espansione all’esterno del perimetro delle proprie attività.
Si è altresì segnalata:
-
l’esigenza di assumere tutti gli interventi che si riterranno più idonei per
mantenere sotto stretto controllo l’andamento del costo del lavoro e degli oneri
connessi, sia per la Società che per il Gruppo, considerata l’incidenza di oltre il
30% di tale fattore sugli oneri della produzione;
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-
la necessità di promuovere efficaci interventi finalizzati a contrastare l’evasione
dal pagamento del canone, non adottati o anche solo pianificati nel corso del
biennio in rassegna, in particolare per il canone speciale, riscosso direttamente
dalla società;
-
la necessità che il contratto di servizio per il triennio 2013 – 2015 venga
negoziato dando effettiva attuazione a principi già presenti nei precedenti
contratti. Più in particolare, al principio secondo il quale il finanziamento delle
attività di servizio pubblico deve essere garantito con carattere di certezza e
congruità, per il triennio di vigenza, attraverso il canone radiotelevisivo;
-
la necessità che l’Azienda attivi ogni misura organizzativa, di processo e
gestionale, idonea ad eliminare inefficienze e sprechi, proseguendo, laddove
possibile e conveniente, nel percorso di internalizzazione delle attività e
concentrando gli impegni finanziari sulle priorità effettivamente strategiche, con
decisioni di spesa che siano - singolarmente e nel loro complesso – strettamente
coerenti con il quadro di riferimento.
FINTECNA S.p.A. (esercizio 2012, determinazione n. 15 dell’11 marzo 2014).
Cassa depositi e prestiti S.p.A. è il nuovo azionista unico della Società e, come
tale, esercita nei confronti della stessa l’attività di direzione e coordinamento ex art.
2497 ss. c.c.
A seguito del trasferimento dell’intero pacchetto azionario, sono state apportate
nel 2013 alcune modifiche allo Statuto, tra le quali, di rilievo, quella che prevede
partecipazioni esclusivamente in società o enti che risultino in stabile situazione di
equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico nonché caratterizzati da adeguate
prospettive di redditività.
Nell’ottobre 2013, Cassa depositi e prestiti ha trasmesso a Fintecna le “linee
guida” in materia di gestione dei rischi connessi all’operatività in titoli azionari, alla
gestione della liquidità e all’uso di derivati, previa valutazione e approvazione,
nell’ottica di una possibile centralizzazione della gestione della tesoreria presso la
stessa Cassa dall’inizio del 2014. Inoltre, dal 1° novembre 2013 sono state trasferite
da Fintecna S.p.A. all’azionista unico le partecipazioni in Fintecna Immobiliare s.r.l
e Quadrante S.p.A..
Quanto ai risultati economici-patrimoniali, l’utile d’esercizio di Fintecna è di
182 milioni di euro e si incrementa rispetto al 2011 di circa 127 milioni di euro (+
232%) - favorito sia dalla sempre minore incidenza delle partite non ricorrenti, sia
dai citati effetti della politica aziendale tesa a ottimizzare i rendimenti delle
disponibilità – ed è stato destinato dall’Assemblea degli azionisti per € 100.000.000 a
titolo di dividendo e per € 81.365.235 a riserva di utili a nuovo. Il patrimonio netto
(2.503 milioni di euro), in conseguenza del citato utile, si incrementa del 6,5%.
La Corte ha ritenuto che - nell’ottica dell’armonico e ordinato rapporto tra Cassa
depositi e prestiti S.p.A. e Fintecna S.p.A. - debbano essere superati taluni profili di
criticità che hanno caratterizzato la fase di transizione dal precedente (M.E.F.) al
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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nuovo azionista unico: al riguardo vale, infatti, richiamare il buon andamento
delineato dalla Carta Costituzionale e la proficuità dei risultati cui entrambe le
Società, dai rilevanti interessi pubblici, sono tenute.
Occorre, altresì: a) monitorare l’entità delle riserve al fine di non pregiudicare la
copertura dei fondi rischi per i contenziosi ancora in atto; b) considerare con la
dovuta prudenza i possibili rischi, anche di controparte, connessi alle operazioni di
prestito titoli; c) valutare con sempre adeguata prudenza le transazioni, nella materia
del contenzioso; d) perseverare nell’azione di indirizzo e di verifica nei confronti
delle controllate, in un quadro di coerenza e di compatibilità con gli obiettivi
programmati.
Associazione italiana della Croce Rossa (CRI) (esercizio 2013, determinazione
n. 80 del 7 ottobre 2014).
Notevoli discrasie organizzative e funzionali hanno determinato lunghi periodi
di commissariamento della Croce Rossa Italiana (negli ultimi 32 anni la CRI è stata
commissariata per quasi 25 anni). L’Associazione, già commissariata dal 1° gennaio
al 31 dicembre 2005, è stata di nuovo commissariata dall’ottobre 2008, per manifesta
impossibilità di funzionamento. Tale regime di commissariamento è cessato con la
nomina del Presidente nazionale in data 8 febbraio 2013, a seguito delle elezioni
indette in attuazione della normativa di riforma dell’Ente.
In particolare la riforma prevede che:
-
dal 1° gennaio 2014 i Comitati provinciali e locali si trasformino in associazioni
private di promozione sociale;
-
dal 1° gennaio 2015 la Croce Rossa Italiana, cambiando denominazione (“Ente
strumentale alla Croce Rossa Italiana”), svolga funzioni di supporto a tali
associazioni;
-
dal 1° gennaio 2017 l’Ente venga soppresso e posto in liquidazione.
Sotto il profilo gestionale le risultanze emerse mostrano una ripresa dell’attività
della CRI rispetto al passato e la prosecuzione del miglioramento nella gestione
contabile ed amministrativa avviata nel 2011.
In particolare, a differenza di quanto accaduto sino al 2010, anche il consuntivo
2013, (come è accaduto nel 2011 e nel 2012), è stato approvato nei termini di legge.
Persistono, tuttavia, alcune criticità gestionali ed organizzative:
-
il 2013 si è chiuso con un disavanzo di € 24.471.809,74 delle Unità territoriali e
di € 26.244.135,69 del Comitato centrale, pari ad un disavanzo finanziario
consolidato dell’Associazione di € 50.715.945,43;
-
si sono incrementati i disavanzi delle sedi periferiche delle Regioni Lazio ed
Umbria determinati, principalmente, da quelli dei Comitati provinciali di Roma,
Latina e Perugia;
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PAG. 120
-
i residui attivi, in massima parte provenienti dagli esercizi pregressi, sono
aumentati del 12,3%. Anche i residui passivi si sono incrementati del 13,8%;
-
la dotazione organica del personale militare non è stata definita nel 2013. La
ricordata riforma prevede, peraltro, che il Corpo militare, costituito
esclusivamente da personale volontario, transiterà in un ruolo ad esaurimento
nell’ambito del personale civile della CRI;
-
non si è ancora concluso il contenzioso con la società SI.S.E. in liquidazione
(della quale la Croce Rossa Italiana è socio unico), essendo fallito il tentativo di
una soluzione in via transattiva.
EXPO 2015 S.p.A.- (esercizio 2013, determinazione n. 107 del 5 dicembre
2014).
La Sezione controllo Enti, nella relazione sulla gestione di Expo 2015 S.p.A. per
il 2013, ha rilevato che l’esercizio si è chiuso con una perdita economica di 7,42
milioni di euro, affermando tuttavia che tale negativo risultato è da riferirsi alla nota,
particolare natura della Società che, quale società di scopo, vede la concentrazione
della maggior parte dei costi nei primi anni di attività e la posticipazione dei ricavi
alla data di realizzazione dell’Evento.
Peraltro, i ricavi (di 67,13 milioni di euro) sono comunque aumentati rispetto ai
28,67 milioni di euro del 2012, per effetto, principalmente, dei diritti di sponsorship
provenienti dai grandi partners commerciali; la maggiore perdita rispetto all’esercizio
2012 (2,39 milioni di euro) è da ricondursi in gran parte al pianificato aumento dei
costi della produzione.
L’incremento delle disponibilità liquide (dai 186,89 milioni di euro del 2012, ai
348 milioni di euro del 2013) e la sensibile misura dell’avanzo finanziario, sono
sintomi degli effetti dei ritardi connessi con la consegna frazionata dei terreni che,
incidendo sul cronoprogramma dei lavori, ha determinato lo slittamento al 2014 di
alcuni investimenti e, di conseguenza, anche consistenti varianti in corso d’opera
(pari a 38,5 milioni di euro) e rilevanti “riserve” da parte delle imprese appaltatrici.
A tale proposito, la Corte ha anche ricordato come, dopo alterne ipotesi, l’area
effettivamente individuata quale “sito espositivo” risulti per l’85% di proprietà
privata, e come tale circostanza abbia indubbiamente determinato diverse criticità,
sia per i costi di acquisizione che per le difficoltà operative connesse alle procedure
di rilascio delle aree, ed ha evidenziato come la convergenza di interessi pubblici e
privati, che ne ha costituito lo scenario di fondo – tipico del partenariato pubblico
privato –, avrebbe potuto essere caratterizzato da un diverso e più omogeneo
coinvolgimento degli operatori privati coinvolti, specie nella ripartizione dei rischi e
nell’uso efficiente delle risorse, in ragione della loro natura pubblica.
Tra le criticità, fin da subito manifestatesi, per la società di gestione
nell’acquisire la disponibilità dei terreni privati, la Corte ha evidenziato quelle
connesse alle divergenti vedute tra Regione Lombardia e Comune di Milano, circa il
regime giuridico da adottare per l’acquisizione delle aree, con la conseguenza che tali
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 121
vicende hanno condizionato tutta la fase iniziale di gestione dell’evento,
compromettendone l’efficiente programmazione preliminare e la tempestiva
operatività.
Tale situazione di stallo non si è risolta neanche dopo la costituzione, a giugno
2011, di un’apposita società pubblica, la Arexpo S.p.A., incaricata dell’acquisizione
dei terreni, a causa dei tempi tecnici delle procedure di esproprio e compravendita,
che si sono protratti sino a luglio 2012.
Ha influito negativamente sull’azione della società anche la flessione del
sostegno finanziario dei soci, Provincia e (in misura minore) Camera di commercio
di Milano; in effetti, a fronte degli interventi di tali due Enti, pari rispettivamente al
2,40% e al 2,18%, del totale cumulato per azionista, nel 2013 il Ministero
dell’Economia e delle Finanze ha contribuito per l’84%, il Comune di Milano per il
14,15% e la Regione Lombardia per il 10,87%.
A tali vicende si è aggiunta la complessa disciplina – solo nel biennio 2012/2013
sono intervenuti 15 provvedimenti legislativi concernenti l’Expo – che ha
determinato una cornice normativa in continua evoluzione.
Sotto un profilo più generale, la Corte ha osservato che il regime derogatorio
introdotto con specifiche ordinanze presidenziali del 2007 e del 2010, poi confermate
con la l. n. 71/2013 – pur se motivato con i rischi per le incolumità delle persone e
per la tutela dei beni, nonché con i ritardi cumulatisi per cause esterne alla Società –
necessita di valide strategie compensative, affinché sia comunque garantita la
scrupolosa osservanza dei principi generali negli affidamenti di opere pubbliche, non
senza osservare come una auspicabile disciplina ‘dedicata’ ai grandi eventi, piuttosto
che la rilevante quantità di deroghe alla normativa ordinaria, meglio potrebbe
intervenire sulla gestione di tali peculiari opere pubbliche, approntando nel contempo
gli strumenti di controllo più idonei a garantirne la legalità.
A tale proposito, la Corte ha ricordato come, in seguito alle note indagini
giudiziarie relative ad ipotesi corruttive a carico anche di due dirigenti della società,
il d.l. n. 90/2014 (convertito nella l. n. 114/2014) abbia attribuito al Presidente
dell’Autorità nazionale anticorruzione compiti di alta sorveglianza e garanzia della
correttezza e della trasparenza delle procedure connesse alla realizzazione delle
opere.
Sotto il profilo operativo, eventi rilevanti nel 2013 sono stati:
-
il raggiungimento del numero di 140 dei Paesi partecipanti ufficiali;
-
l’affidamento di lavori, per complessivi 288 milioni di euro circa (di cui, 171
milioni di euro, mediante procedure ad evidenza pubblica e 43,6 milioni di euro
attraverso procedure negoziate), e di forniture e servizi, per circa 115 milioni di
euro;
-
l’istituzione, ai sensi del d.l. 43/2013, del Commissario unico delegato del
Governo per l’Expo, che si è affiancato al Commissario generale di sezione del
padiglione Italia subentrando al Commissario straordinario (Sindaco di Milano)
ed al Commissario generale (Presidente della Lombardia), con compiti di
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 122
vigilanza e poteri in deroga e sostitutivi, di impulso per la esecuzione delle
opere.
Nel 2013, la Società è finalmente entrata in pieno nella fase operativa. Si rivela
ora indispensabile, a pochi mesi dall’inaugurazione dell’Esposizione, che la società
gestisca in modo incisivo e trasparente i problemi ancora presenti, tra i quali quelli
conseguenti ai procedimenti giudiziari in corso, assicurando la legalità delle
procedure di affidamento delle opere e dei servizi, al fine di salvaguardare, con il
corretto impiego delle risorse impegnate, anche l’immagine del Paese nel contesto
internazionale.
INPS (esercizio 2012, determinazione n. 101 del 22 novembre 2013).
La Corte conferma l'esigenza di un costante monitoraggio degli effetti delle
riforme del lavoro e della previdenza obbligatoria sulla spesa pensionistica, e di una
crescente attenzione al profilo dell’adeguatezza delle prestazioni collegate al metodo
contributivo, e degli eccessivi divari nei trattamenti connessi a quello retributivo,
unitamente all’urgenza di rilanciare la previdenza complementare.
Evidenzia, nuovamente, la necessità di un intervento finalizzato a ridisciplinare
l’intero ordinamento e, comunque, a riequilibrare la governance dell’Istituto, oltre
che a ridisegnare assetto e attribuzioni dell’organo di controllo interno e della
vigilanza ministeriale.
Sottolinea, altresì, che l’incorporazione di INPDAP ed ENPALS ha accentuato
l’urgenza di una revisione delle articolazioni della direzione generale e di una
accelerazione nella sperimentazione sul territorio del modello di direzione unificata.
Ribadendo analoghe precedenti osservazioni, la Corte richiama una attenta e
responsabile riflessione sulla perdurante criticità dell’invalidità civile, che ha
ampiamente confermato l’improrogabilità di un intervento legislativo volto a
completare il trasferimento delle competenze dell’intero procedimento in capo
all’INPS.
Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (es. 2013, determinazione del 7 ottobre 2014).
Considerato il rilevante ruolo che la Cassa riveste nel contesto degli interventi
pubblici nell’economia, si ritiene, nelle more dell’imminente approvazione della
relazione al Parlamento sul 2013, di segnalare i principali dati economicopatrimoniali dell’esercizio.
Si conferma la tendenza all’aumento del totale dell’attivo dello stato
patrimoniale, passato da 273.586 milioni di euro nel 2010 a 314.685 milioni di euro
nel 2013 (+ 3,03% rispetto all’anno precedente, + 11,64% nel 2012 rispetto al 2011).
Il rafforzamento della struttura patrimoniale del gruppo è evidenziato dal valore
del patrimonio netto, il quale, a fine 2013, si è assestato ad oltre quota 18.138 milioni
di euro. L’aumento, rispetto al 2012, è stato del 7,74% e deriva dall’incremento delle
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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riserve (+27,62%), anche da rivalutazione (+1,04%), parzialmente controbilanciato
da un minor utile d’esercizio (-17,70%).
Il risultato di gestione, pari a 2.953 milioni di euro, conseguito nel 2013, è in
flessione, rispetto al 2012, del 19,69%, dato questo tuttavia imputabile,
principalmente, alla diminuzione del margine d’interesse (-27,90%), passato da 3.522
milioni di euro nel 2012 a 2.539 milioni di euro l’anno seguente, nonostante
quest’ultimo aggregato sia stato compensato dall’incremento del valore dei dividendi
e degli utili percepiti (+21%), che ammontano a 2.080 milioni di euro.
Il riassetto delle partecipazioni azionarie, ridefinito nell’esercizio 2013, correlato
ad obiettivi di piano ambiziosi ed ampliativi della mission aziendale, ha determinato
la concentrazione nella Cassa di altre società pubbliche impegnate sul fronte del
sostegno industriale e della caratterizzazione internazionale delle imprese italiane.
Nel complesso, nel 2013, il valore di tali partecipazioni ha confermato, infatti, la
tendenza ad aumentare, incrementandosi di 2.123.159 migliaia di euro, pari a 6,95%
in più rispetto all’anno precedente (+ 54,19% nel 2012 rispetto al 2011).
Si riportano di seguito le valutazioni di sintesi, quali risultano dalle singole
relazioni della Sezione, su enti aventi analoga struttura e chiamati alla medesima
funzione istituzionale.
Parchi nazionali
La l. n. 394/1991, nel dettare i principi fondamentali per l’istituzione e la
gestione delle aree naturali protette, ha previsto la costituzione, oltre che dei parchi
regionali e delle aree marine, di parchi nazionali gestiti da Enti con personalità di
diritto pubblico, soggetti alla l. n. 70/1975 e, conseguentemente, alle norme
sull’ordinamento contabile di cui al d.p.r. n. 97/2003.
Questa Corte, nel corso del 2014, ha espresso referti al Parlamento su 16 Enti,
rispetto a 23 Enti Parco complessivi.
I predetti referti sulla gestione, hanno evidenziato alcune difficoltà operative
gestionali, tra le quali si rileva:
- la mancata adozione di strumenti di pianificazione del territorio e delle attività
(Piano per il parco, Regolamento, Piano pluriennale economico-sociale), in gran
parte dovuta alle difficoltà dell’iter approvativo che vede coinvolti numerosi soggetti,
(Regioni, Province, Comuni e Comunità Montane), spesso in contrasto tra loro;
- i ritardi nella nomina degli organi, talvolta riconducibili alle stesse
problematiche di cui al punto precedente;
- la dipendenza, pressoché totale sotto il profilo finanziario, dai trasferimenti
statali, la progressiva riduzione dei finanziamenti degli enti locali, la scarsissima
rilevanza delle entrate proprie.
Su questi temi occorrerebbe una riflessione di natura ordinamentale al fine
consentire agli Enti Parco una maggiore tempestività nella decisione degli atti della
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 124
programmazione, nella composizione degli organi e in una maggiore autonomia
finanziaria.
E’ comunque da rilevare come le disposizioni contenute nel recente d.p.r. n.
73/2013, siano intervenute riducendo i componenti degli organi collegiali di gestione
dei Parchi anche in coerenza con la disciplina sulle riduzioni degli oneri. Sono in fase
di aggiornamento, nel rispetto delle indicazioni del citato d.p.r., anche gli statuti degli
enti in questione.
Inoltre, anche in considerazione del fatto che il numero degli Enti parco, appare
sovradimensionato rispetto al territorio nazionale, parrebbe opportuna l’adozione di
più misure, sia alternative che concomitanti, quali: l’accorpamento di parchi
insistenti su aree territoriali vicine o limitrofe; la trasformazione di alcuni parchi in
parchi regionali con eventuali accorpamenti a livello regionale; la semplificazione
delle procedure di approvazione degli strumenti di programmazione e di nomina
degli organi.
Enti di ricerca e formazione
Nell’ambito degli enti soggetti al controllo della Sezione, i 24 enti di ricerca e
formazione costituiscono un insieme con tratti eterogenei quanto a configurazione
giuridica, struttura e dimensione.
Peraltro, anche sotto il profilo delle modalità di svolgimento delle funzioni
istituzionali, prevalgono profili gestionali di difficile comparabilità.
L’esame delle gestioni evidenzia, infatti, la carenza di una regia unitaria nella
programmazione e nella scelta dei progetti di ricerca, nonché di meccanismi di
valutazione dei risultati in relazione alle risorse impiegate.
Emerge anche il rischio di sovrapposizioni nelle attività istituzionali,
specialmente con riguardo ad enti che operano in aree scientifiche similari, che non
consentono di ottimizzare le, già scarse, risorse a disposizione.
E’ da rilevare che queste criticità (come pure a suo tempo venne prospettato)
avrebbero potuto trovare soluzione con l’adozione di interventi intesi ad accorpare
gli enti vigilati dal MIUR che rappresentano, sia sotto il profilo numerico che delle
risorse impiegate, la maggioranza degli enti in parola.
La gestione finanziaria evidenzia l’assoluta prevalenza dei contributi statali quali
fonti di entrata e la scarsa incidenza sui bilanci delle entrate proprie o di entrate di
provenienza privata.
I referti riguardanti importanti enti di ricerca mostrano disavanzi finanziari ed
economici, anche notevoli, solo in parte dovuti alla riduzione dei contributi statali e/o
al ritardo con i quali vengono accreditati i fondi. I risultati negativi appaiono,
talvolta, riconducibili anche alla scarsa incidenza delle iniziative di riorganizzazione
interna, di riduzione della spesa per il personale e/o per consumi intermedi.
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Le spese di gestione della struttura, comprese quelle per il personale non addetto
alla ricerca, continuano ad incidere in misura notevole, talvolta anche prevalente, sui
costi totali. Alcuni Enti di rilievo, quali ENEA e ISS, in notevole sofferenza
finanziaria e patrimoniale, sono tuttora commissariati. I risultati gestionali sono,
spesso, influenzati da rilevanti masse di residui attivi e passivi, talvolta risalenti nel
tempo.
Non si registrano iniziative di rilievo volte al riordino e alla razionalizzazione
delle numerose partecipazioni in società e consorzi di alcuni importanti enti di
ricerca, quali CNR, ENEA ed ASI.
Persistono problematiche in ordine alla gestione del patrimonio, talvolta di
notevole entità, ma non adeguatamente valorizzato.
Autorità portuali
Le Autorità portuali sottoposte al controllo della Corte sono 24 e cioè tutte
quelle classificate di rilevanza nazionale ed internazionale in base alla legge istitutiva
n. 84/94.
Le Autorità portuali, enti pubblici non economici, rivestono un ruolo essenziale
nell’ambito della competitività dell’economia nazionale per il volume dei traffici
passeggeri e commerciali di import-export, specie per alcuni prodotti strategici, quali
quelli energetici e di materie prime e merci.
Dall’esame dei risultati gestionali, la maggioranza delle Autorità portuali
esaminate nel 2014 presenta un saldo economico e di amministrazione positivo,
malgrado la crisi economica internazionale che ha inciso sui risultati di bilancio. Le
entrate correnti sono costituite, in larghissima misura, dalle entrate dei traffici
passeggeri e mercantili, nonché dalle entrate per canoni demaniali. Gli interventi di
manutenzione e riqualificazione delle infrastrutture portuali sono finanziate in larga
misura dal capitale pubblico. Le Autorità portuali sono sottoposte alla vigilanza del
Ministero delle infrastrutture e del Ministero dell’economia e sono soggette
anch’esse ai vincoli ed alla regole imposte dalla normative anche in materia di spesa
pubblica.
Nel corso del 2014 sono stati approfonditi alcuni temi che non avevano trovato
presso le singole autorità univoche interpretazioni. Tra questi, in particolare, la
natura pubblica/privata del rapporto di lavoro dei dipendenti delle AP, sul quale la
Corte si è pronunciata riaffermando l’applicazione anche nell’ambito delle Autorità
portuali della disciplina in materia di reclutamento del personale delle
amministrazioni pubbliche e segnalando l'esigenza di un quadro di riferimento
normativo che disciplini la materia delle assunzioni nelle A.P. in conformità ai
principi costituzionali, e che regolamenti il ricorso alla contrattazione di secondo
livello al fine del contenimento dei costi.
Altro tema oggetto di approfondimento è stata la costituzione, e/o
partecipazione, a Fondazioni da parte delle A.P., sul quale si ravvisa, ancora una
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 126
volta, l’opportunità che la materia sia compiutamente regolamentata sul piano
legislativo-amministrativo, al pari delle società partecipate.
La Corte si è, inoltre, soffermata nelle sue analisi sulla gestione delle Autorità
portuali, su numerosi altri aspetti gestionali, quali:
-
l’allocazione in bilancio della spesa per consulenze, suscettibile di rendere più
difficile la verifica dei limiti di spesa previsti dalla legislazione vigente;
-
il patrocinio legale dell'Avvocatura dello Stato;
-
la natura, l’ entità ed attendibilità dei residui attivi e passivi;
-
le cause dei ritardi nelle procedure di adozione degli strumenti di
programmazione con specifico riferimento al Piano regolatore portuale (PRP).
Nel corso dell’attività di analisi e di realizzazione dei referti, questa Corte aveva
espresso il convincimento che sarebbe stato utile intervenire a livello legislativo per
aggiornare una normativa che è stata emanata da più di venti anni, valorizzando
l’integrazione con il territorio, per qualificare la filiera della logistica e quindi
aumentare la competitività dei porti e dei territori.
Il recente d.l. n. 133/2014, convertito nella l. n.164/2014 sembra evolvere in tale
prospettiva poiché prevede tra l’altro l’adozione di un “Piano strategico nazionale
della portualità e della logistica” (art. 29).
Anche a livello europeo è stata di recente approvata la direttiva 2014/23/UE
sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, che si propone di sostenere, anche
attraverso nuove procedure per le concessioni demaniali, la competitività delle
Autorità portuali e dei territori.
Nel 2014 è stata sottoposta a referto la gestione di 7 Autorità portuali, per un
totale di 15 esercizi finanziari.
Enti assistenziali, culturali e ricreativi.
Gli enti controllati dalla Corte in questo comparto sono complessivamente 50.
Di questi, 17 hanno riguardo ad attività lirico–sinfoniche concertistiche o assimilate,
21 a servizi culturali e 12 perseguono un interesse pubblico di “protezione sociale”.
Avuto riguardo alle prime due tipologie di enti, si premette che, in materia, sono
intervenuti il d.l. n. 91/2013, convertito nella l. n. 112/2013, nonché, da ultimo, il d.l.
n. 83/2014 convertito nella l. n. 106/2014. Quest’ultimo articolato legislativo, in
particolare, introduce il c.d. “art bonus”, valido anche per le fondazioni liricosinfoniche, secondo il quale il privato o l’azienda che intenda effettuare donazioni
per la manutenzione, la protezione o il restauro dei beni culturali riceve
un’agevolazione del 65% per gli anni 2014 e 2015 e del 50% per il 2016.
Sono, altresì, previsti nuovi finanziamenti e prepensionamenti per il personale in
esubero con retribuzione pari al 50% di quella normalmente percepita. Entro il 31
dicembre 2014 le fondazioni lirico sinfoniche dovranno conformare i propri statuti al
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d.l. Valore Cultura 2014, individuando, a cura del Ministro competente in base a
criteri scelti di concerto con il M.E.F., le fondazioni che potranno percepire
contributo del FUS.
Le suddette misure legislative appaiono necessarie, appena si consideri che il
sostegno pubblico del settore, che rappresenta circa il 90% delle contribuzioni, è
andato riducendosi soprattutto per i tagli operati al FUS e per la mancata o minore
erogazione dei fondi straordinari. Peraltro, la ricerca di nuovi ricavi attraverso forme
di sponsorizzazione e partnership, sia nazionali che internazionali, non può essere
disgiunta da un ulteriore contenimento e razionalizzazione dei relativi costi.
Tutto ciò vale, parimenti, per le istituzioni che perseguono finalità culturali che
vanno incontrando sempre maggiori difficoltà a mantenere in equilibrio la propria
gestione finanziaria senza ridurre drasticamente i loro compiti istituzionali.
Con riguardo, infine, agli enti di protezione sociale, per alcuni di essi, che
svolgono funzioni assistenziali specifiche e di integrazione previdenziale per
circoscritte categorie di dipendenti pubblici, la Corte, pur prendendo atto degli
interventi normativi di razionalizzazione, emanati di recente, richiama l’attenzione
sull’opportunità di riconsiderarne le funzioni e il ruolo nel quadro di una normativa
organica che armonizzi i trattamenti dei pubblici dipendenti (F.A.F., Cassa FF.AA.,
Cassa trasporti). In tale categoria si collocano altri Enti che svolgono attività più
propriamente assistenziale e che godono di aiuti contributivi dalle amministrazioni
pubbliche (C.A.I.). Anche per essi la riduzione dei trasferimenti pubblici sta recando
sempre maggiori difficoltà nella gestione finanziaria. Soltanto una più oculata
gestione dei fondi a disposizione, insieme alla ricerca di un sempre maggior apporto
del volontariato, potrà permettere loro di sopravvivere.
Casse previdenziali professionali private.
Nell’ambito dei compiti istituzionali svolti dalla Sezione, rilievo assume il
controllo sugli enti previdenziali privatizzati ai sensi del d.lgs. n. 509/1994 o
costituiti in soggetti - sempre con natura giuridica privata - in attuazione delle
disposizioni di cui al d.lgs. n. 103/1996.
Si tratta di un settore particolarmente delicato e nei confronti del quale forte è
stata negli ultimi anni l’attenzione del legislatore.
In particolare si è assistito, per gli effetti anche conseguenti alla qualificazione
delle Casse come organismi di diritto pubblico ed alla loro inclusione nell’elenco
delle amministrazioni pubbliche predisposto dall’Istat ai fini di finanza pubblica, ad
una più stringente connotazione pubblicistica che trova la propria ragione ultima
nella circostanza che gli enti in parola, pur in possesso di una soggettività giuridica di
diritto privato, perseguono una finalità di pubblico interesse sulla quale lo Stato
esercita la propria vigilanza.
Quanto al perseguimento delle finalità istituzionali è da rilevare come, a fronte
di un quadro legislativo volto ad assicurare in modo più stringente la sostenibilità
delle gestioni previdenziali nel cinquantennio, la generalità delle casse professionali
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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si è trovata nella necessità di adottare interventi di riforma che, per alcune casse,
hanno riguardato il compimento di un percorso già iniziato verso il passaggio dal
sistema retributivo al contributivo pro rata per le anzianità già maturate e che,
comunque, nella generalità dei casi hanno avuto riguardo (pur nella permanenza di
un sistema retributivo) all’allungamento del periodo per il calcolo delle retribuzioni
pensionabili, al graduale aumento dei contributi soggettivi e minimi, e
all’innalzamento dei requisiti di età per accedere ai trattamenti previdenziali.
L’osservatorio della Corte consente di affermare che le manovre attuate dalle
casse professionali hanno consentito, almeno in via tendenziale, di rispettare i
parametri dell’equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni; equilibrio
cui, in alcuni casi e solo per periodi di tempo limitato, possono contribuire anche i
rendimenti del patrimonio.
Purtuttavia, avuto riguardo ad un orizzonte temporale più limitato, emergono
dalle più recenti relazioni al Parlamento della Corte, con riguardo almeno ad alcune
Casse, elementi di preoccupazione connessi alla flessione di un indice importante
quale è quello del rapporto tra le prestazioni previdenziali erogate e i contributi
previdenziali accertati.
Squilibrio questo accentuato non solo dal generale andamento demografico, ma
anche dagli effetti della crisi economica che si riflette, per alcune categorie, sulla
dinamica degli iscritti e dei redditi in base ai quali vengono determinate le
contribuzioni.
Nelle relazioni al Parlamento le criticità in parola sono state oggetto di specifici
approfondimenti, così come non si è mancato di richiamare l’attenzione degli enti
interessati sulla necessità, nei casi in cui lo squilibrio assume maggiore rilevanza, di
adottare misure idonee ad incidere sul rapporto tra entrate contributive e uscite
previdenziali, così da riportare in equilibrio almeno tendenziale i saldi della gestione
caratteristica.
Elemento di criticità, per molti versi collegato a quanto appena detto, è
l’inadeguatezza delle prestazioni particolarmente evidente con riguardo ai trattamenti
erogati dalle casse di cui al d.lgs. n. 103/1996.
Ancorché la vigente legislazione abbia affidato alla Covip il controllo sugli
investimenti delle risorse finanziarie gestite dalle casse, le relazioni della Sezione
analizzano la composizione dell’ingente patrimonio detenuto dagli enti in parola e
riferiscono sull’entità degli assets immobiliari e mobiliari e sui relativi rendimenti,
non senza formulare ragionati inviti alla prudenza e, comunque, ad effettuare
investimenti coerenti con le finalità proprie di questi enti previdenziali.
Ancora, tutte le relazioni forniscono elementi di conoscenza e valutazione sulle
misure adottate dagli enti previdenziali per il contenimento della spesa corrente e, più
in generale, sul rispetto delle disposizioni di legge applicabili alle casse in quanto
soggetti inclusi nell’elenco delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma
2, della l. n. 196/2009 di finanza e contabilità pubblica.
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CAPITOLO VI
L’ATTIVITÀ DELLA CORTE DEI CONTI
E IL SISTEMA DELLE AUTONOMIE
Premessa
Il sistema delle autonomie territoriali costituisce snodo cruciale
dell’articolazione istituzionale della Repubblica e si pone come componente
fondamentale dell’assetto della finanza pubblica del nostro Paese.
In tale ottica l’equilibrio dei conti degli enti territoriali – ormai canonizzato a
livello costituzionale – va adeguatamente preservato. Per le regioni l’applicazione del
pareggio di bilancio registra anzi una accelerazione (con un anticipo – introdotto
dalla legge di stabilità per il 2015 – dell’operatività al 1 gennaio 2015 rispetto alla
data del 1 gennaio 2016, prevista dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213). Per
corrispondere alle esigenze di coordinamento della finanza pubblica, il decreto-legge
10 ottobre 2012, n. 174, convertito con modificazioni in legge 7 dicembre 2012, n.
213, ha inteso, da un lato, rafforzare il controllo della Corte dei conti sugli enti locali
e, dall’altro, introdurre una variegata tipologia di controlli sulle regioni.
In questa prospettiva sono state ridisegnate le attribuzioni della Sezione delle
autonomie e delle Sezioni regionali, per potenziarne il sistema di controllo a rete,
finalizzato a monitorare gli andamenti complessivi della finanza territoriale e a
rilevare la devianza dei singoli enti dal principio della sana gestione finanziaria.
Alla Sezione delle autonomie – accanto ai tradizionali compiti di referto al
Parlamento – sono state assegnati peculiari compiti di orientamento dei controlli,
attraverso l’elaborazione di specifiche linee guida e, più in generale, funzioni di
coordinamento delle Sezioni regionali, anche per minimizzare gli effetti di una
legislazione caotica e spesso contraddittoria.
Un profilo marcatamente innovativo, emerso nell’ultimo anno, assume il
coinvolgimento, sempre più ampio, della Sezione nelle audizioni parlamentari (cfr.
All.3) su specifici provvedimenti all’esame del Parlamento, riguardanti il mondo
delle autonomie territoriali (armonizzazione dei sistemi contabili e schemi di bilancio
delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi; città metropolitane, province,
unioni e fusioni di comuni; disposizioni urgenti in materia di finanza locale).
Si tratta di una attività connessa a quella referente, che completa il ruolo
ausiliario della Sezione nei riguardi el Parlamento; ruolo che andrebbe ulteriormente
valorizzato nell’ambito della riforma costituzionale in itinere.
A livello locale il controllo delle Sezioni regionali è diretto a segnalare agli enti
le situazioni pregiudizievoli della sana gestione finanziaria al fine di stimolare i
processi di autocorrezione; funzione questa che non è esercitata solo nell’interesse
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 131
dell’ente controllato, quanto nel superiore generale interesse dello Stato Comunità ed
è rivolta a garantire il rispetto degli equilibri finanziari e la sana gestione da parte di
tutti i soggetti che compongono la Repubblica, secondo il costante indirizzo della
Corte costituzionale.
Analoghe finalità riveste anche l’attribuzione di un organico insieme di
strumenti volti al controllo dei bilanci preventivi e dei rendiconti delle regioni,
nonché del funzionamento dei loro controlli interni, anche con riferimento alla
vigilanza sugli organismi partecipati e sugli enti del sistema sanitario nazionale
(SSN).
Lo stretto raccordo tra gli strumenti del controllo è evidente nella relazione
semestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate per le nuove leggi di
spesa e, soprattutto, nel giudizio di parificazione, che intervenendo prima
dell’approvazione della legge sul rendiconto, esalta la funzione di ausiliarietà delle
Sezioni regionali di controllo rispetto alle assemblee elettive.
Non c’è dubbio che al plesso organizzativo Sezione delle autonomie/Sezioni
regionali di controllo è affidata – alla luce anche della legge 24 dicembre 2012, n.
243, recante disposizioni per l’attuazione del novellato art. 81, sesto comma, della
Costituzione – la funzione di guardiano dell’equilibrio dei bilanci delle regioni e
degli enti locali, al fine di evitare l’ulteriore accumulo di debito da parte degli enti
territoriali.
1.
Il controllo sugli equilibri finanziari delle Autonomie territoriali
L’introduzione del principio del pareggio di bilancio, quale risulta dal novellato
quadro costituzionale di cui agli artt. 81, 97, 117 e 119 della Costituzione e dalla
legge n. 243/2012, rappresenta il perno su cui si incentrano le politiche di riduzione
strutturale del debito pubblico e di contrasto ai fenomeni di gestione in disavanzo.
Intorno ad esso non può che ruotare anche il progetto di riforma volto a rafforzare gli
strumenti per il coordinamento della finanza pubblica nonché l’assetto dei controlli e
dei presidi della gestione delle risorse finanziarie da parte degli enti territoriali.
La copertura e la sostenibilità finanziaria della spesa costituiscono, infatti,
presidi indefettibili che devono trovare coerente sviluppo non solo nel momento
programmatorio della spesa, ma anche nelle risultanze effettive della gestione, in
modo che siano assicurati costantemente tanto la regolarità e la migliore efficacia ed
efficienza della spesa, quanto il corretto equilibrio del bilancio.
Nell’intento di valorizzare le esigenze che sottendono al principio del pareggio
di bilancio nel rispetto dell’autonomia finanziaria dei livelli di governo territoriali
garantita dalla riforma del Titolo V, Parte II, della Costituzione, hanno ripreso
slancio le iniziative legislative che vedono nel ruolo della Corte dei conti lo
strumento principe su cui far leva per garantire una fedele rappresentazione ed una
valutazione imparziale dei riflessi finanziari derivanti dagli atti e dalle gestioni dei
diversi enti in cui si articola la Repubblica.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 132
Lo stimolo alla introduzione di più estesi controlli esterni sugli enti di autonomia
territoriale ha trovato, infatti nel decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito
con modificazioni in legge 7 dicembre 2012, n. 213, il suo più efficace compimento,
con scelte che hanno inteso privilegiare la centralità delle funzioni di coordinamento
volte a rendere uniformi gli indirizzi del controllo in chiave “collaborativa” rivolto al
sistema delle comunità e delle istituzioni locali.
Punto di arrivo della riforma legislativa è la costruzione di un coerente e
compiuto sistema di controlli finanziari affidati alle Sezioni regionali di controllo in
grado di assicurare la cogenza delle prescrizioni correttive incidenti sulla diretta
operatività degli enti.
Sotto questo profilo, specie dopo il superamento del vaglio di legittimità
costituzionale, la riforma dei controlli offre alla Corte la possibilità di inibire i
programmi di spesa degli enti locali e del servizio sanitario nazionale nei casi di
accertamento di squilibri economico-finanziari, di mancate coperture di spesa, di
violazioni di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, o
del mancato rispetto degli obiettivi posti con il Patto di stabilità interno.
Analoghi effetti interdittivi, che possono finanche prevedere l’avvio di una
apposita procedura per lo scioglimento del Consiglio dell'ente locale, discendono,
altresì, dalle pronunce delle Sezioni regionali di controllo che accertano
comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli obiettivi
della finanza pubblica allargata e irregolarità contabili o squilibri strutturali del
bilancio dell'ente locale in grado di provocarne il dissesto finanziario.
Allo stesso modo, la previsione di una parallela procedura di riequilibrio
finanziario pluriennale diretta alla stabilizzazione strutturale del bilancio ed al
recupero dei disavanzi di amministrazione accertati, offre agli enti l’opportunità di
avviare una rigorosa operazione di revisione dei costi dei servizi erogati e di tutti gli
organismi e società partecipate posti, comunque, a carico del proprio bilancio.
Si tratta di uno strumento di rilevante impegno per gli enti, al cui utilizzo hanno
fatto ricorso anche comuni di importanti dimensioni. Presso la commissione
ministeriale ex art. 155 TUEL, secondo dati del Ministero dell’interno, sono in corso
di istruttoria n. 44 piani di riequilibrio finanziario pluriennale di cui 43 comuni e una
amministrazione provinciale (Caserta). Le somme prenotate sul fondo di rotazione,
nel riparto del primo semestre 2014, ammontano complessivamente a 45.693.660.
euro.
Va rilevato, invero, che questa procedura di risanamento finanziario disciplinato
dagli artt. 243-bis e seguenti del TUEL, si è rivelato un rimedio più complesso nella
sua pratica attuazione rispetto alla prospettiva di uno strumento caratterizzato da
segmenti adempimentali puntuali e concatenati diretti a costruire e realizzare, in
tempi celeri, un attendibile piano di risanamento. Infatti si sono registrate non poche
difficoltà applicative a causa delle quali la fase istruttoria condotta dalla
Commissione ministeriale si è protratta per molto tempo, tanto che, al momento della
decisione della Corte dei conti, la situazione finanziaria dell'ente poteva essere
cambiata.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 133
Le esigenze prospettate potrebbero essere quelle sottese alle innovazioni
introdotte dal decreto legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito dalla legge 2 maggio
2014, n. 68 che rivisitando la materia ha codificato misure di “alleggerimento” della
“pressione” prodotta dalla sequela procedimentale voluta dal d.l. n. 174/2012. Tra
tali misure di sicuro impatto appaiono sia la possibilità, inizialmente prevista solo per
il 2014, ma prorogata anche per il 2015 (art. 1, comma 546, legge di stabilità 2015),
di ripresentare il piano di riequilibrio “bocciato” dalla Sezione regionale di controllo
della Corte dei conti ovvero delle Sezioni riunite, sia la facoltà di ricorrere alla
procedura di riequilibrio anche nella, quasi, imminenza della dichiarazione di
dissesto da parte del Consiglio comunale e cioè fino alla scadenza del termine
assegnato dal Prefetto per la relativa deliberazione consiliare (art. 3,co. 3 lett.a, d.l. n.
16/2014).
Previsioni non scevre da aspetti critici in quanto comportano la dilatazione di
una già accertata condizione di fragilità degli equilibri strutturali del bilancio, mentre
il venir meno dell’effetto di concreta cogenza delle prescrizioni della Corte, che si
legano soprattutto all’obbligo della dichiarazione di dissesto, nell’eventualità
dell’insufficienza delle misure correttive ai fini del ripristino delle condizioni di
equilibrio, attenua l’efficacia dell’azione di controllo per l’indebolimento della
valenza collaborativa della stessa azione che necessita della convinta partecipazione
dell’ente controllato.
Alle modifiche sul piano procedimentale fa riscontro anche la maggiore
flessibilità nella previsione delle misure per risanare il bilancio, soprattutto sul piano
dell’indebitamento finalizzato a tale scopo, tra le quali quella che consente di
superare i limiti di cui all’art. 204 TUEL anche per destinare le nuove risorse alla
copertura di spese di investimento (art. 3, comma 3 lett.b) del già ricordato d.l. n.
16/2014, laddove nell’originaria versione dell’art. 243-bis TUEL l’indebitamento era
consentito solo per pagare debiti fuori bilancio riferiti a spese di investimento, limite
da rispettare anche nel caso di accesso al fondo di rotazione.
Ma anche la destinazione del fondo di rotazione di cui all’art. 243-ter TUEL,
annoverato tra i rimedi per il graduale riequilibrio finanziario attraverso il pagamento
dei debiti presenti nel piano di riequilibrio, ha allargato le sue possibilità di impiego
per effetto della novella introdotta dall’art. 43 del d.l. n. 133 del 12 settembre 2014,
che consente di destinare tali risorse anche per il ripiano del disavanzo di
amministrazione e per il pagamento indistinto dei debiti fuori bilancio. È evidente
che uno strumento destinato originariamente a creare liquidità da impiegare solo per
superare le momentanee condizioni di sofferenza della cassa, ma senza determinare
nuove coperture di spese, utilizzato per coprire disavanzi e partite fuori bilancio, può
generare ulteriori precarietà strutturali se a tale uso non corrispondono misure di
rafforzamento altrettanto strutturali degli equilibri finanziari.
Ancora sull’impianto generale delle funzioni di controllo va ricordato che nei
confronti delle Regioni, le Sezioni regionali sono chiamate a svolgere il loro
controllo su specifici profili innovativi che attengono, principalmente, alle relazioni
annuali dei Presidenti di regione, alle relazioni dei revisori delle Regioni sui bilanci
di previsione e sui rendiconti, al giudizio di parificazione dei rendiconti regionali,
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 134
alla verifica della copertura delle leggi regionali di spesa, al controllo sui rendiconti
dei gruppi consiliari regionali nonché alla verifica dell’attuazione delle misure
collegate alla spending review.
A garanzia della sana gestione finanziaria, i controlli esterni della Corte dei conti
si innestano sui controlli interni degli organi di revisione presso le regioni ai sensi
dell’art. 14, co. 1, lett. e), del d.l. n. 138/2011 (come modificato dall’art. 30, comma
5, legge n. 183/2011). L’attività dei Collegi dei revisori, ai quali il d.l. n. 174/2012 ha
affidato funzioni particolarmente qualificanti, è stata disciplinata dall’art. 72, co. 1,
d.lgs. n. 118/2011, emendato dal d.lgs. n. 126/2014; disposizioni che acquistano
maggiore significatività per effetto dalla l. n. 161/2014, nella parte in cui dispone che
gli organi di revisione contabile delle amministrazioni pubbliche, tra cui le
regioni/province autonome, siano gli interlocutori necessari della Corte, quali
destinatari delle metodologie e delle linee guida emanate nell’esercizio delle funzioni
di controllo (art. 30, co. 2). Muovendo dall’esito di questi controlli, le Sezioni
regionali esercitano un’autonoma funzione istruttoria che si risolve, in caso di
accertamento di comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria o di mancato
rispetto degli obiettivi posti dal Patto di stabilità interno, nell’adozione di una
specifica pronuncia di irregolarità.
Nel descritto contesto operativo, l’azione della Corte ha dovuto superare le
difficoltà connesse alla eterogeneità dei sistemi contabili che governano i bilanci
regionali e degli enti locali, da un lato, e quelli societari e degli enti del SSN,
dall’altro. Nel difficile compito di evidenziare l’impatto finanziario delle risultanze
gestionali delle società partecipate e delle aziende sanitarie sulla costruzione degli
equilibri del bilancio degli enti territoriali, la Corte è impegnata da tempo a creare le
condizioni per realizzare una opportuna integrazione tra i due sistemi contabili ai fini
della costruzione di un bilancio consolidato, così da superare la tradizionale
incapacità del vigente sistema contabile di offrire un’adeguata e completa
rappresentazione dei fatti economici gestionali.
Seguendo gli sviluppi della fase di sperimentazione avviata nel 2012 per definire
i contenuti della disciplina contabile in base alla quale pervenire all’armonizzazione
dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali ai sensi del d.lgs.
23 giugno 2011, n. 118, la Corte guarda con attenzione all’obiettivo del
miglioramento del grado di trasparenza dei conti per favorire il governo unitario
della finanza pubblica nazionale.
In coerenza con i principi e le regole stabilite per la tenuta dei sistemi di
contabilità nazionale a livello europeo (Sistema Europeo dei Conti – SEC 2010), la
riforma introdotta dal d.lgs. 10 agosto 2014, n. 126 mira a realizzare una profonda
revisione del sistema informativo-contabile degli enti territoriali, attraverso la
riclassificazione del bilancio alla luce del principio contabile generale della
competenza finanziaria “potenziata”, l'affiancamento della contabilità economicopatrimoniale e l'elaborazione del bilancio consolidato con i rispettivi organismi ed
enti strumentali.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 135
La corretta attuazione del nuovo impianto di contabilità economico-finanziaria
costituisce un banco di prova anche per le Sezioni regionali di controllo, le quali
sono chiamate a svolgere un ruolo decisivo per il positivo avvio della riforma
attraverso una costante azione di vigilanza e di monitoraggio dell’azione degli enti
controllati nel processo di armonizzazione contabile.
Nel quadro che emerge dagli accennati interventi normativi, un ruolo di rilievo è
affidato alle funzioni di indirizzo e coordinamento della Sezione delle autonomie,
organo centrale della Corte cui è tradizionalmente riservata la prerogativa di riferire
al Parlamento anche sui risultati dei controlli effettuati dalle Sezioni regionali sulla
gestione finanziaria delle Regioni e degli Enti locali.
L’esigenza di garantire l’unitarietà di indirizzo dei controlli attribuiti alla Corte
trova nella Sezione delle autonomie non solo il momento di raccordo in cui si
esprime in modo unitario l’orientamento delle Sezioni regionali di controllo in ordine
a questioni di particolare rilievo, ma anche il luogo ove si compongono i contrasti
interpretativi insorti fra le medesime Sezioni regionali (c.d. funzione “nomofilattica”
in materia di controllo).
Particolarmente pregnante è, altresì, il ruolo di coordinamento svolto con
l’adozione di specifiche Linee guida relativamente alle relazioni annuali dirette ad
evidenziare la legittimità e la regolarità delle gestioni di regioni, province e comuni,
nonché alle relazioni degli Organi di revisione economico-finanziaria per le verifiche
ex art. 1, commi 166 e ss., della l. n. 266/2005, previste per i bilanci preventivi ed i
rendiconti consuntivi delle Regioni, degli Enti locali e degli enti del SSN. Con i dati
raccolti secondo le metodologie indicate nelle predette Linee guida, le Sezioni
regionali possono attingere alle informazioni necessarie a realizzare un costante e
diffuso monitoraggio del ciclo di bilancio, così da poter effettuare, in modo
omogeneo e funzionale, i riscontri di regolarità contabile e finanziaria relativi
all’azione degli enti territoriali controllati.
Per favorire l’uniformità di comportamento delle Sezioni regionali negli ambiti
di competenza riguardanti il giudizio di parificazione, la verifica della copertura delle
leggi regionali di spesa, il controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari regionali e
sulle spese elettorali nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, la
Sezione delle autonomie ha adottato specifiche pronunce di orientamento.
Anche per la definizione delle metodologie necessarie per la verifica
dell’attuazione della spending review in sede regionale e locale, previste dall’art. 6,
comma 3, d.l. n. 174/2012, si pongono specifiche esigenze di coordinamento, giacché
per aprire un “focus” sull’intera organizzazione della spesa dell’ente e sulla sua
effettiva sostenibilità in bilancio occorre realizzare complesse tipologie di
monitoraggio in grado di supportare analisi e valutazioni di contesto sui diversi
profili dell’efficacia, dell’ efficienza e dell’economicità della spesa.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 136
2.
Le attività di referto della Sezione delle autonomie nell’anno 2014
Nel corso del 2014, la Sezione delle autonomie si è pronunciata sullo stato della
finanza regionale e locale con quattro distinti referti, che costituiscono il principale
supporto informativo utile al Parlamento per valutare, sulla base dei dati ufficiali di
contabilità, il quadro finanziario e le linee di tendenza del settore degli enti
territoriali nell’ambito degli equilibri di finanza pubblica.
Tenendo
conto
della
programmazione
annuale
(delibera
n.1/SEZAUT/2014/INPR), la Sezione ha ritenuto di dover svolgere analisi
complessive sugli andamenti della finanza territoriale, mediante l’elaborazione di
due referti generali; il primo basato sui dati di cassa, per regioni ed enti locali, (reso
disponibile attraverso i sistemi SIOPE e SICO) e il secondo basato sui dati di
competenza desunti dai rendiconti di Regioni ed Enti locali (resi disponibili mediante
i sistemi ConTE e SIRTEL).
I predetti referti sono stati affiancati, con significativa innovazione rispetto agli
anni precedenti, da due relazioni monotematiche riguardanti aspetti di particolare
rilievo per la gestione della finanza territoriale (organismi partecipati e Patto di
stabilità).
2.1.
Il referto sugli organismi partecipati dagli enti territoriali
I risultati della gestione delle società partecipate dagli enti territoriali hanno
costituito uno dei temi più significativi del controllo svolto dalla Corte dei conti, a
livello centrale e territoriale, per la verifica del rispetto degli equilibri di bilancio
degli enti proprietari. La specifica indagine svolta dalla Sezione delle Autonomie
(deliberazione n. 15/SEZAUT/2014/FRG), avvalendosi anche dei dati e delle
informazioni raccolti dalle Sezioni regionali di controllo, ha avuto l’intento di
prevenire o di contenere i fenomeni elusivi dei vincoli di finanza pubblica, con
particolare attenzione alla neo-costruzione del “bilancio consolidato delle
amministrazioni pubbliche”, fermo restando che l’omogeneità conoscitiva sarà
pienamente realizzata con la compiuta attuazione dell’armonizzazione dei bilanci
degli enti territoriali e dei loro organismi partecipati (d.lgs. n. 118/2011).
I dati di bilancio degli organismi presenti nella banca dati SIQuEL della Corte
dei conti, così come comunicati dagli Organi di revisione, sono stati esaminati
ponendoli in relazione ai flussi finanziari erogati dai
soggetti
partecipanti/controllanti.
Dall’indagine è emerso che gli organismi operanti nei servizi pubblici locali
risultano essere numericamente limitati (il 33,86% del totale) rispetto al totale degli
organismi censiti, pur rappresentando, tuttavia, una parte importante del valore della
produzione (il 69,15% dell’importo complessivo). La maggior parte degli organismi
censiti (66,14%) opera, invece, nelle diversificate attività definite come
“strumentali”.
Nei 1.521 organismi a totale partecipazione pubblica, con uno o più soci, è
emersa la netta prevalenza degli affidamenti in house; fenomeno meritevole di
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 137
attenzione per la rigidità dei presupposti legittimanti, tra cui spicca il “controllo
analogo”.
Ciò posto, vi è la necessità di verificare l’effettività e la coerenza dei controlli
che gli enti proprietari sono tenuti a svolgere sulle società che godono di tale regime
privilegiato, poiché, diversamente, si determinerebbe una palese violazione delle
regole sulla concorrenza e del conseguenziale obbligo di procedere a forme di
affidamento con gara.
Tale esigenza si rende ancora più stringente nell’ipotesi in cui gli organismi, a
totale proprietà pubblica, siano partecipati da più enti territoriali; in tali ipotesi è
necessario che sussista il “controllo analogo congiunto” in capo a ciascun ente
affidante, riconoscibile anche nell’ipotesi di conclusione di patti parasociali idonei ad
influenzare le decisioni dell’organismo.
Dall’indagine è altresì emerso che affinché si possa eseguire una complessiva
valutazione sulla convenienza ad attuare una gestione esternalizzata dei servizi è di
primaria importanza tener conto del complesso delle risorse impegnate ed
effettivamente erogate dal soggetto pubblico, la cui entità denota il grado di “
dipendenza” dell’organismo dall’ente partecipante/controllante.
É di tutta evidenza, infatti, la centralità del contratto di servizio, quale strumento
privilegiato con il quale gli enti affidanti esercitano il potere di vigilanza e di
controllo sugli organismi partecipati/controllati.
Sono apparse, inoltre, degne di nota le situazioni in cui le somme impegnate
superano quelle pagate, con una più elevata incidenza del complesso delle erogazioni
sul valore della produzione negli organismi a totale partecipazione pubblica.
In particolare, dall’analisi di dettaglio degli organismi partecipati da unico socio
pubblico (850 organismi su 4.264 esaminati) emerge che, nella gran parte dei casi, le
risorse complessivamente impegnate e pagate dagli enti proprietari tendono a
coincidere con l’importo dei valori della produzione degli organismi destinatari delle
erogazioni.
Significative sono, infatti, le fattispecie caratterizzate da oneri per contratti di
servizio eccedenti il valore della produzione e, in generale, dal riconoscimento di
ulteriori contributi che risultano non adeguati alle potenzialità produttive del soggetto
affidatario; anche se in taluni casi, l’eccedenza delle erogazioni sul valore della
produzione può essere parzialmente giustificata dal risultato di esercizio negativo,
dove le maggiori erogazioni sono dovute alla copertura delle perdite o alla
ricostituzione del capitale sceso sotto il limite legale. Cospicue erogazioni, in altri
casi, sono associate a bilanci in utile e, pertanto, appaiono di difficile interpretazione.
Può soltanto osservarsi che tali maggiori importi rappresentano un contributo
pubblico ai risultati conseguiti dall’organismo partecipato/controllato.
Maggiori perdite d’esercizio si sono riscontrate nelle partecipate pubbliche al
100% rispetto al complesso degli organismi osservati.
Simmetricamente, sono stati rilevati valori medi più elevati di incidenza del
costo del personale sul costo della produzione negli organismi a totale partecipazione
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 138
pubblica (37,16%), laddove il dato complessivo medio evidenzia una percentuale del
30,33%. Ciò può essere indicativo della scarsa efficacia dei vincoli assunzionali e, in
generale, delle politiche di contenimento del costo del lavoro nei confronti di tali
società nelle partecipate pubbliche al 100%, che appaiono caratterizzate da una
prevalenza del fattore produttivo umano rispetto all’apporto tecnologico.
La gestione finanziaria dimostra una netta prevalenza dei debiti sui crediti, in
tutti gli organismi che hanno formato oggetto dell’indagine. É di interesse constatare
che il rapporto crediti/debiti verso controllanti, nelle partecipazioni pubbliche al
100%, è sbilanciato in favore dei primi. Ciò dimostra la forte dipendenza delle
partecipazioni totalitarie dagli enti controllanti, pur in presenza di un rilevante
indebitamento verso terzi.
2.2
Il referto sul Patto di stabilità interno degli enti territoriali per l’esercizio
2013
La relazione, approvata dalla Sezione delle autonomie con deliberazione n.
17/SEZAUT/2014/FRG, intende riunire le tradizionali analisi sui dati di
monitoraggio del Patto delle Regioni e degli enti locali (comuni e province) per
offrire una visione d’insieme delle problematiche e degli effetti finanziari che nel
corso del tempo hanno interessato l’intero comparto delle Autonomie territoriali.
Le analisi sono precedute da specifici riferimenti alla disciplina del Patto ed alla
sua evoluzione negli ultimi anni, con raffronto tra i diversi parametri utilizzati per
definire gli obiettivi e le finalità perseguiti.
Lo studio congiunto dei fattori che concorrono a determinare le risultanze del
Patto ha consentito alla Corte di focalizzare le modalità con cui i diversi enti sono
riusciti a raggiungere gli obiettivi, pur in un quadro di reiterate manovre di finanza
pubblica, le quali, nel quinquennio 2009-2013, si sono tradotte in un abbattimento
complessivo di spesa pari rispettivamente a 17,2 miliardi di euro per il settore
regionale (di cui 10,5 miliardi per le Regioni a statuto ordinario e 6,7 miliardi per le
Regioni a statuto speciale) ed a 16,3 miliardi per il comparto enti locali (di cui 3,9
miliardi per le Province e 12,4 miliardi per i comuni).
Per lo stesso arco temporale (nel corso del quale il Patto è sempre stato rispettato
da tutte le Regioni ad eccezione dell’anno 2009), la Sezione ha osservato come la
spesa delle Regioni a statuto ordinario vincolata al Patto sia costituita, per i due terzi,
da spese in conto capitale, senza che la tendenza ad escludere le spese di
investimento dal Patto abbia prodotto l’effetto di agevolare gli investimenti regionali.
Questi ultimi, infatti, si sono ridotti molto più rapidamente delle spese correnti (con
una contrazione aggiuntiva stimabile nell’ordine di circa 5 miliardi), evidentemente
per effetto della loro minore rigidità, che meglio si presta a favorire il
raggiungimento degli obiettivi del Patto.
La disciplina del Patto di stabilità per le Regioni a statuto speciale ha penalizzato
gli investimenti in modo più significativo di quanto non abbia fatto la normativa
dettata per le Regioni a statuto ordinario, determinando il rallentamento dei
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 139
pagamenti ed un maggior accumulo di residui passivi. Ciò induce a ritenere che il
metodo di programmazione sin qui seguito, per quanto temperato da meccanismi di
premialità introdotti per gli enti virtuosi ma mai seriamente attuati, tende a
penalizzare le Amministrazioni più efficienti. La stessa introduzione, a decorrere dal
2014, di un unico tetto di spesa espresso in termini di competenza euro-compatibile
non solo potrebbe rendere di più difficile attuazione la gestione dei patti di solidarietà
territoriale (il cui ruolo andrebbe invece valorizzato), ma potrebbe anche concorrere
a determinare la caduta verticale della spesa per investimenti, qualora non venissero
diversificati gli obiettivi della spesa corrente da quella in conto capitale.
Dall’analisi del rapporto di composizione del peso finanziario imposto dalle
manovre di risanamento, emerge che il 25,3% delle misure di risparmio ha inciso su
Comuni e Province. Quanto alle componenti del saldo, è significativo notare che i
risparmi sulla spesa corrente del sotto-settore “Amministrazione locale” (composto
da regioni, province, comuni, enti del comparto sanitario locale, e altri enti compresi
nelle Amministrazioni locali) sono imputabili per il 34,7% a province e comuni, per
il 32,8%, suddetti enti della sanità locale e per il 30,8% alle regioni. I comuni (nel cui
ambito sono da considerare, per la prima volta, anche gli enti compresi nella fascia
demografica tra 1.000 e 5.000 abitanti) hanno raggiunto gli obiettivi del Patto con
notevole miglioramento (su 5.516 comuni, risultano inadempienti solo 121, pari al
2,2%, per la maggior parte di piccole dimensioni). Per le Province, invece, il
differenziale tra il saldo finanziario conseguito ed il saldo obiettivo è risultato di
minori proporzioni (su 102 enti, le Province inadempienti sono 11, pari al 10,8%).
Il fenomeno trova spiegazione nella diversa strategia seguita dagli enti nella
gestione delle risorse. Mentre i comuni hanno ridotto sensibilmente i pagamenti in
conto capitale, utilizzando la maggior parte delle anticipazioni di cassa rese
disponibili dal d.l. n. 35/2013 (cd. “sblocca debiti”) per ripianare i debiti correnti di
funzionamento, le Province hanno inteso assorbire i tagli con risparmi sulla spesa
corrente, potenziando lo smobilizzo dei debiti, soprattutto di parte capitale, con i
mezzi straordinari di pagamento del medesimo d.l. n. 35 del 2013.
Una lettura attenta dello stato di salute finanziaria dei comuni mostra, peraltro,
come le disponibilità in esubero, costituite dal maggior differenziale del saldo di
competenza rilevante ai fini del Patto, siano sintomatiche, piuttosto che di equilibri di
bilancio meno precari, di una endemica debolezza strutturale del ciclo di bilancio,
caratterizzato da una forte contrazione dei flussi di cassa quale effetto di una
prolungata sovrastima delle riscossioni in entrata e di un conseguente accumulo di
debiti correnti di funzionamento, ripianabili solo grazie ad una massiccia iniezione di
liquidità.
2.3. Il referto sugli andamenti della finanza territoriale attraverso l’analisi dei flussi
di cassa negli anni 2011-2013
I risultati della finanza territoriale negli esercizi 2011, 2012 e 2013, esposti nella
relazione al Parlamento approvata con deliberazione n. 20/SEZAUT/2014/FRG, sono
stati esaminati utilizzando, prevalentemente, i dati reperibili dal SIOPE, che registra i
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 140
flussi di cassa degli enti territoriali, e dal SICO, il sistema informativo che raccoglie
le informazioni relative alla spesa di personale.
La Sezione ha riunito in un unico referto le analisi sui dati di cassa sia delle
Regioni che degli Enti locali, offrendo così una visione d’insieme delle
problematiche e degli effetti finanziari che nel corso del 2013 hanno interessato le
riscossioni ed i pagamenti dell’intero comparto delle Autonomie territoriali.
Il quadro che emerge dalle analisi effettuate sui dati di cassa risulta fortemente
influenzato dall’immissione di liquidità avviata dal d.l. n. 35/2013 e proseguita dal
d.l. n. 102/2013 e n. 66/2014, con la quale il Governo ha cercato di imprimere una
accelerazione dei pagamenti dei debiti commerciali delle Amministrazioni pubbliche
maturati alla data del 31 dicembre 2012, rendendo disponibili agli enti territoriali
maggiori risorse per un totale di complessivi 23,7 miliardi di euro nell’anno 2013 e
24,7 miliardi di euro per il 2014.
I risultati dell’indagine confermano come le misure di alleggerimento dei
vincoli del patto di stabilità interno siano state interamente utilizzate da Regioni e
Province ma non dai Comuni, i quali hanno usufruito degli spazi finanziari in misura
inferiore del previsto.
Nel complesso, sono rimasti inutilizzati circa 3,6 miliardi, pari al 15% delle
risorse disponibili, nonostante l’evidente carenza di liquidità del comparto, come
sembra dimostrare il diffuso ricorso alle anticipazioni di cassa, in aumento rispetto al
precedente esercizio.
Sul piano della spesa, il comparto regioni e province autonome fa registrare
movimenti di cassa in uscita con ritmo crescente (201,2 miliardi di euro nel 2011,
208,1 miliardi nel 2012 e 256,1 miliardi nel 2013). I maggiori importi sono
imputabili a spesa corrente (141,7 miliardi di euro nel 2011, circa 142 miliardi nel
2012, e 144,7 miliardi nel 2013), la metà della quale è assorbita da cinque enti
regionali (Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Piemonte).
Per tutte le Regioni a statuto ordinario, è crescente l’incidenza della spesa
corrente non sanitaria sul totale del Titolo I, in particolare di quella per acquisto di
beni e servizi; aumento che potrebbe essere influenzato dal pagamento dei debiti
pregressi, ai sensi dei dd.ll. n. 35/2013 e 102/2013.
Con riferimento alla spesa in conto capitale, la positiva inversione di tendenza
riscontrabile nel totale del Titolo II, che cresce di 1,8 miliardi nel 2013 rispetto
all’anno precedente, si riflette anche sulla spesa al netto della componente sanitaria,
soprattutto nelle Regioni a statuto ordinario. Nel triennio 2011-2013, accanto a
variazioni percentuali altamente positive di tale categoria di spesa (in particolare in
Campania e Puglia), si registrano importanti scostamenti negativi in Veneto, Liguria,
Emilia-Romagna e Toscana, che riferiscono di investimenti concentrati nel settore
sanitario. Cresce anche la spesa per partecipazioni azionarie, che rappresenta una
parte minimale della spesa netta in conto capitale (circa il 2%), in controtendenza
rispetto alle misure intese a disincentivare il ricorso allo strumento delle società
partecipate.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 141
In ordine all’andamento della gestione sanitaria, si rilevano talune incertezze
nella ricostruzione dei dati, dovute alle modalità di registrazione nelle contabilità
speciali delle anticipazioni ricevute dallo Stato e dei relativi rimborsi. Allo stato, per
quanto riguarda la spesa sanitaria delle Regioni, essenzialmente caratterizzata da
trasferimenti, si evidenzia una sostanziale stabilità nel triennio preso in
considerazione. Nel 2013, infatti, la spesa resta, sostanzialmente, sui livelli del 2012,
dopo l’aumento, seppur contenuto (+1,47%), segnato rispetto al 2011. Le maggiori
entrate dovute ai dd.ll. n. 35 e 102/2013 non sembrano aver inciso sul livello di
spesa.
Sul versante degli enti dei Servizi sanitari regionali, si evidenzia un andamento
in crescita dei pagamenti correnti (da 113,8 miliardi del 2011, a 119,2 miliardi del
2013), cifre che potrebbero essere ritoccate in aumento per effetto di operazioni non
collegate al SIOPE in quanto gestite da enti attualmente non previsti dal sistema (ad
es. centrali di committenza). Per contro il dato dovrebbe essere depurato dei
pagamenti che danno luogo a movimentazioni all’interno del sistema sanitario
pubblico, ma che non sono esattamente perimetrabili - nel sistema informativo - sul
fronte spese. Sul versante riscossioni, invece, nel periodo considerato le entrate
dovute a riscossioni tra enti sanitari pubblici ammontano a circa 10 miliardi, somme
che dovrebbero trovare riscontro in uguali partite di spesa e che andrebbero sottratte
dal totale dei movimenti.
Per quanto riguarda gli Enti locali, per le province si registra un miglioramento
delle entrate correnti (+3%), nonostante la significativa riduzione, nel corso del 2013,
del fondo sperimentale di riequilibrio, che nel 2013 ha generato incassi per soli 88,8
milioni contro i 241,2 milioni del 2012. Tale carenza è stata, in qualche misura,
compensata da un incremento delle entrate da trasferimenti (+11,21%),
presumibilmente motivato da regolazione di partite pregresse e recupero entrate. Una
dinamica virtuosa si rileva per le entrate in conto capitale, ove gli incassi hanno fatto
registrare un incremento delle alienazioni di beni immobili; la carenza di liquidità,
invece, ha verosimilmente determinato l’incremento delle anticipazioni di tesoreria.
Per i comuni nel 2013, si è assistito ad una complessiva tenuta delle entrate
correnti (0,64% rispetto al 2012), sia pure contestualmente ad una ricomposizione dei
valori all’interno dei titoli, dove il decremento delle entrate proprie (circa il 7,18%),
causato dal mancato gettito dell’IMU sull’abitazione principale, risulta
sostanzialmente pareggiato, in valore assoluto, da un incremento dei trasferimenti
compensativi (circa il 22,67%).
Nell’ambito delle entrate proprie spicca l’incremento (23,82%) delle tasse da
ascrivere principalmente alla TARES; in valore assoluto i comuni hanno incassato
1,6 miliardi in più rispetto al 2012.
Le entrate in conto capitale fanno registrare un decremento degli incassi da
alienazione e trasferimenti di beni immobili (-9,02% rispetto al 2012), mentre
riprende l’indebitamento (57,65%), peraltro per un importo di modesta rilevanza, in
valore assoluto, pari a poco più di 1,6 miliardi per l’intero comparto dei comuni.
Molto significativo è l’aumento delle riscossioni da anticipazioni di cassa (31,93%)
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 142
determinato dalla necessità di fare fronte al mancato gettito da tassazione
immobiliare per le norme intervenute nel corso del 2013.
A differenza delle province per le quali la spesa corrente si riduce del 4,96%,
includendo la flessione delle spese per il personale e per la prestazione di servizi, nei
comuni la stessa cresce dell’8,2% anche se quale risultante della diminuzione - in
linea con il trend dell’ultimo triennio - della spesa per il personale (-2,98%) e
dell’incremento della spesa per l’acquisto di beni (0,33%) e per la prestazione di
servizi (12,03%). Quest’ultima voce aumenta per tutte le fasce demografiche: più
contenuta nei comuni appartenenti alle fasce fino a 5000 abitanti e decisamente più
elevata in quelli di medie e grandi dimensioni.
Gli investimenti non dimostrano un cambiamento di tendenza significativo nel
comparto considerato, anche se le Province, nonostante il forte decremento delle
risorse a disposizione, hanno fatto registrare una leggera spinta in avanti delle spese
in conto capitale (+28,59%), mentre per i Comuni (-6,33%) si confermano le
condizioni finanziarie negative, che determinano il gap infrastrutturale.
Un’osservazione specifica è stata condotta anche sugli interventi normativi
finalizzati alla revisione della spesa corrente, dalla quale è emersa, da una parte, la
ancora evidente, insufficienza di misure organiche idonee a determinare effetti stabili
di una revisione selettiva, dall’altra parte l’attuale carenza di valide alternative
all’imposizione di specifici obiettivi di risparmio garantiti in ogni casi da misure di
recupero sulle risorse disponibili.
Un’ulteriore focalizzazione è stata condotta sull’effettivo rafforzamento dei
controlli interni degli enti locali, disegnati dal d. l. n. 174/2012, da cui si evince che i
controlli tradizionali si sono in buona parte consolidati, mentre per i controlli di
nuova istituzione si registrano notevoli difficoltà sotto il profilo organizzativo e
funzionale. Il capitolo sullo stato d’applicazione della nuova disciplina sui controlli
interni di cui all’art. 148 del TUEL ha dimostrato come siano migliorati i presupposti
per un più soddisfacente collegamento tra controlli interni ed esterni. Tra gli effetti
positivi della più recente riforma sui controlli interni, va registrata una maggiore
“assimilazione” da parte degli enti locali dello strumento degli indicatori, che
consentono di misurare più agevolmente i risultati.
Rispetto ai controlli tradizionali, è stato dato ampio spazio alle verifiche di
regolarità amministrativa e contabile.
Il rinnovato controllo di regolarità amministrativa e contabile ha registrato da un
lato un ampio adeguamento delle delibere degli organi di indirizzo politico ai pareri
del responsabile del servizio finanziario e, dall’altro, riferisce del diffuso ricorso alle
neo istituite tecniche di campionamento (tecniche applicate nel 77% dei casi, a fronte
di una percentuale di atti assoggettati appositamente ad esame pari a circa il 10% del
totale). I riscontri svolti a campione hanno denunciato circoscritte irregolarità,
peraltro sanate con il ricorso alle abituali misure di correzione. In più dell’80% dei
casi l’organo d’indirizzo politico si è adeguato ai pareri espressi dal responsabile
finanziario, sugli squilibri potenziali di cui al novellato art. 49 del TUEL.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 143
Dai riscontri effettuati emerge che sta decollando il controllo sugli equilibri
finanziari, considerando che gli esiti del loro rispetto sono stati rilevati nel 66% dei
casi. Non si è quasi rinvenuta traccia dell’applicazione dell’art. 153, co.6 del TUEL,
sulle segnalazioni degli squilibri da indirizzare a svariati destinatari, tra cui la locale
Sezione della Corte dei conti.
Relativamente alla spesa di personale del comparto Regioni ed autonomie locali,
dalla rilevazione SICO emerge che il comparto, complessivamente, occupa circa
550.000 dipendenti. La spesa totale dell’intero comparto ammonta a circa 15 miliardi
di euro.
Nel 2012, per l’insieme degli enti esaminati a livello nazionale, la spesa media
per un dipendente regionale ammonta a 35.050 euro, a fronte di 27.780 relativi al
dipendente comunale e di 28.358 per il dipendente provinciale. La spesa media per il
personale dirigente è di 92.735 nelle Regioni, 87.054 nei comuni e 96.554 nelle
province.
L’impatto della spesa di personale sul complesso della spesa corrente si
evidenzia dall’analisi dei pagamenti registrati in SIOPE, da cui si evince, per il 2013,
un valore del 16,27% per le regioni e le province autonome (ove il totale del Titolo I
è stato depurato della spesa sanitaria), del 28,86% per i comuni e del 27,23% per le
Province.
La distribuzione non uniforme del personale sul territorio nazionale, con punte
di maggiore concentrazione nelle Regioni del Sud e in Sicilia, si riflette anche sul
rapporto di incidenza tra dipendenti e dirigenti, mentre nel complesso delle regioni
l’incidenza è di un dirigente ogni 17 unità di personale, nei comuni diventa di 1/60 e
nelle province di 1/40, con significative variazioni da regione a regione. In taluni casi
(riferibili al personale delle regioni e di alcuni comuni), tale rapporto, pur essendo
ampiamente favorevole rispetto alla media, non può essere considerato indicativo di
un’ottimale organizzazione del lavoro, in relazione alla presenza di un elevato
numero di personale dipendente.
Sotto un profilo più generale, si assiste ad una riduzione delle unità annue, nel
triennio 2010/2012, nelle RSO e nelle RSS, pari a -2,07%, con una flessione della
spesa totale di -1,10%. Variazioni di maggior rilievo si registrano nei comuni (con
una riduzione dei segretari comunali/direttori generali di -4,18%, dei dirigenti pari a 12,59% e dei non dirigenti pari a -4,68%), a fronte di una diminuzione della spesa
totale complessiva del 5,10%, e nelle Province ove alla flessione del personale
(segretari provinciali/direttori generali di -3,30%, dirigenti -15,42%, non dirigenti 5,17%) corrisponde un decremento della spesa totale del 5,40%.
Ai fini dell’analisi del costo del personale altro indicatore significativo,
indipendente dal numero dei soggetti, è costituito dalla spesa media che, in presenza
dei noti vincoli/blocchi stipendiali, dovrebbe rimanere stabile. Se ne rileva, invece, la
tendenza incrementale in talune realtà regionali e locali caratterizzate dalla sensibile
contrazione della consistenza del personale dirigente; il che appare sintomatico della
reiterata prassi di ripartire le risorse del trattamento accessorio tra i dirigenti rimasti
in servizio, in contrasto con il disposto dell’art. 9, co. 2-bis, d.l. n. 78/2010. Ciò
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 144
potrebbe significare che la riduzione di personale, in alcuni casi, non comporta
risparmi, ma, al contrario, aumenti della spesa.
2.4. Il referto sulla gestione finanziaria degli enti territoriali nell’esercizio 2013
Con tale referto, approvato con deliberazione n. 29/SEZAUT/2014/FRG, si
chiude il ciclo annuale dell’attività referente della Sezione. Nell’esporre ed
analizzare, in un unico contesto, i risultati della gestione della finanza regionale e
locale, la Sezione ha inteso portare a compimento le verifiche del rispetto degli
equilibri di bilancio da parte di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni,
offrendo un quadro di sintesi in ordine ai seguenti temi di indagine:
-
gli effetti cumulati complessivi riferibili alle principali manovre succedutesi nel
periodo 2008-2013 (capitolo 1);
-
il processo in atto di armonizzazione dei sistemi contabili degli enti territoriali
finalizzato alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica definiti in ambito
nazionale, attraverso i principi posti dal d.lgs. 23 giugno 2011, n. 118 (e
successive m. e i.);
-
gli effetti delle misure di stimolo alla crescita attraverso l’accelerazione dei
pagamenti dei debiti delle amministrazioni territoriali (decreti legge nn. 35 e 102
del 2013, legge di stabilità 2014 e decreto legge n. 66 del 2014), soffermandosi
anche sulla tematica delle anticipazioni di liquidità (capitolo 3);
-
l’evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale per talune materie di
interesse (capitolo 4);
-
i risultati della gestione patrimoniale delle regioni, province e comuni ai fini
della verifica degli equilibri di bilancio (capitolo 5).
Con riguardo ai risultati da rendiconto 2013, il referto espone, come di consueto,
dettagliatamente i risultati della gestione finanziaria delle province e dei comuni – e,
per taluni profili, delle Unioni di comuni - (parte II), soffermandosi su fatti e
momenti della gestione meritevoli di specifica considerazione (quali gli strumenti di
finanziamento degli enti locali, i primi risultati della TASI, i margini e gli equilibri di
bilancio, le gravi patologie del sistema con riguardo alle situazioni di dissesto
finanziario degli enti locali).
Con riferimento ai risultati delle regioni (parte III), è di particolare rilevanza la
materia dell’indebitamento, nelle sue diverse componenti (mutui, obbligazioni ma
anche anticipazioni di liquidità per il pagamento dei debiti pregressi) e la sua
copertura mediante il ricorso a strumenti di finanza derivata; analisi che si rivela
cruciale ai fini dell’esame degli equilibri dei bilanci regionali e dell’andamento delle
entrate e delle spese regionali.
Per la gestione sanitaria (parte IV) si fornisce una panoramica delle varie
prospettive di rilevazione (dati di contabilità nazionale e confronto con i principali
Paesi OCSE, risultati di conto economico degli enti sanitari e di rendiconto
finanziario delle Regioni). Particolare attenzione è stata dedicata ai temi dei
disavanzi dei servizi sanitari regionali e dell’indebitamento.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
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L’analisi introduttiva muove dalle misure di contenimento della spesa e di
stimolo alla crescita economica per accertare in quale misura siano stati raggiunti gli
obiettivi di spesa del legislatore e quali riflessi abbiano prodotto sul comparto degli
enti regionali e locali le iniziative di accelerazione dei pagamenti dei debiti pregressi
delle Amministrazioni territoriali.
I risultati dell’indagine, condotta sugli aggregati di contabilità nazionale
aggiornati al SEC 2010, confermano il raggiungimento degli obiettivi di risparmio
previsti dalle manovre finanziarie, con consistenti tagli ai trasferimenti correnti e
l’emersione di un cospicuo avanzo di cassa. Dati che, pur nella loro apparente
contraddittorietà, ben esprimono la momentanea situazione finanziaria degli enti
territoriali, i quali dispongono di ampia liquidità per il pagamento dei debiti
pregressi, ma di ridotte risorse per provvedere ai servizi essenziali, con il
conseguente rischio di generare nuovi debiti.
Il peso delle manovre restrittive degli ultimi anni è gravato sulle
Amministrazioni territoriali in modo non proporzionato all’entità delle risorse
gestibili dalle stesse. Ciò ha generato un più ampio divario nella capacità di spesa tra
i diversi sottosettori della Pubblica amministrazione, da cui risultano maggiormente
penalizzate le Regioni, i cui tagli alla spesa primaria hanno raggiunto il 16% nel
triennio 2010 - 2012.
A livello territoriale, gli effetti delle manovre hanno penalizzato principalmente
le Amministrazioni del Mezzogiorno, alle cui difficoltà si sono aggiunte le
consistenti contrazioni di risorse soprattutto in conto capitale.
In particolare la situazione della finanza locale deve essere letta tenendo conto
del complesso percorso di riequilibrio dei conti pubblici iniziato nel 2009, passato
attraverso molteplici manovre finanziarie che, in termini complessivi, a consuntivo
2012, hanno fatto registrare una riduzione di spesa primaria del 28,3% per le
Province (corrispondente, in valore assoluto, ad un taglio di 2,9 miliardi) e del 14,5%
per i Comuni (commisurata in valore assoluto, a 8,4 miliardi).
Una situazione che rappresenta l’assestamento, per certi versi, necessitato delle
politiche di bilancio degli enti locali stretti tra tagli delle risorse e vincoli alla spesa,
ai quali hanno reagito con un incremento della pressione fiscale sulle proprie basi
imponibili ed una contrazione drastica degli investimenti (per Comuni e Province,
ha raggiunto, mediamente, il 60% delle economie di spesa). Sul fronte delle entrate
correnti l’avvio sperimentale dell’IMU nel 2012 e lo spazio di manovra della leva
fiscale ha irrobustito l’autonomia finanziaria, che tuttavia non è bastata ad affrancare
gli enti locali dalla strutturale fragilità dei bilanci a seguito dei ripetuti e consistenti
tagli delle risorse: ne è prova il forte incremento nel 2013, rispetto al precedente
esercizio, del ricorso alle anticipazioni di cassa sia per i comuni, + 35,1%, sia per le
Province + 404% dato, quest’ultimo, abnorme: in valore assoluto passa da 58 mln di
euro di entrate accertate per anticipazioni di cassa nel 2012 a 292,3 mln di euro nel
2013.
Si dedica un’attenzione specifica al processo in atto di armonizzazione dei
sistemi contabili, diretto a rendere i bilanci di tutte le amministrazioni pubbliche
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omogenei, confrontabili ed aggregabili, in quanto elaborati con le stesse metodologie
e sulla base degli stessi principi contabili, al fine di soddisfare le esigenze
informative connesse al coordinamento della finanza pubblica ed alla verifica del
rispetto delle regole comunitarie.
Il processo di armonizzazione è pervenuto - attraverso una sperimentazione
durata tre anni e alla quale hanno preso parte circa 400 Enti locali e 3 Regioni - ad
una tappa cruciale, rappresentata dall’entrata in vigore a regime per tutti gli Enti, a
partire dal 1° gennaio 2015, del principio della competenza finanziaria potenziata.
Esso si basa sull’operazione del riaccertamento straordinario dei residui attivi e
passivi, nonché sulla conseguente definizione del fondo pluriennale vincolato e del
fondo crediti di dubbia esigibilità. Dalle prime risultanze della sperimentazione
effettuata risulta un andamento decrescente dei residui passivi, influenzato, anche,
dalle anticipazioni di liquidità ex d.l. n. 35/2013.
Sul versante dei conti patrimoniali del comparto regionale si evidenzia un
complessivo miglioramento, con le Regioni a statuto ordinario del Nord che
mostrano i maggiori segnali di sofferenza, mentre le Regioni a statuto speciale e le
Province autonome sembrano consolidare in modo significativo i propri saldi
patrimoniali.
Il profilo degli equilibri di bilancio delle Regioni è cruciale per la valutazione
dei conti pubblici. Le difformità tuttora esistenti negli ordinamenti regionali,
peraltro, comportano difficoltà a riportare gli aggregati contabili a rappresentazioni
omogenee. Ulteriori motivi di complicazione nella lettura dei risultati sono costituiti
dalle modalità di contabilizzazione delle anticipazioni e dei rimborsi delle somme
destinate al finanziamento della sanità, e dalle anticipazioni di liquidità ex dd.ll. nn.
35 e 102 del 2013 (10,86 mld), registrate tra le entrate in conto capitale e destinate
anche al pagamento di spese correnti. Conseguentemente i risultati esposti possono
presentare un certo margine di approssimazione.
Quanto agli esiti delle rilevazioni, si nota che, il saldo complessivo della
gestione di competenza 2013 è pari a +5,2 miliardi, contro i risultati negativi del
biennio precedente e che anche la gestione di cassa risulta in avanzo (+3,7 miliardi).
Scomponendo i dati di bilancio nelle macro-aree gestionali, il risultato della
gestione corrente di competenza, considerando in entrata l’applicazione del fondo
pluriennale vincolato per le Regioni in sperimentazione (Lombardia, Lazio,
Basilicata) il 2013 presenta un saldo complessivo di +2,6 miliardi. Anche la gestione
di cassa espone un saldo positivo.
La gestione in conto capitale di competenza mostra saldo positivo. Il risultato è
dovuto all’immissione di liquidità a seguito dei provvedimenti ex dd.ll. n. 35 e n. 102
del 2013. L’andamento della gestione di cassa del comparto è coerente con
l’andamento rilevato sotto il profilo della competenza.
Criticità si evidenziano nella gestione delle contabilità speciali (partite di giro),
in quanto, a fronte della teorica neutralità di questo comparto sulla gestione effettiva,
si registrano in varie Regioni disavanzi consistenti.
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I risultati della gestione finanziaria delle entrate effettive del comparto regionale
segnano, per il 2013, una crescita assai più sostenuta dell’esercizio precedente, con
accertamenti complessivi che ammontano a quasi 186 miliardi, cui si associa, sul
piano della cassa, il sensibile rafforzamento delle riscossioni tributarie, cresciute in
un solo anno di oltre 30 miliardi.
Due i fattori a cui devono essere ricondotti, principalmente, tali risultati: da un
lato, le anticipazioni di liquidità concesse dallo Stato per far fronte al pagamento dei
debiti pregressi, dall’altro, le movimentazioni di cassa dipendenti da regolarizzazioni
contabili relative a pregresse anticipazioni del fondo sanitario nazionale.
Entrambi i fattori hanno prodotto un sensibile ridimensionamento dei residui
attivi regionali, passati da 138 a 106 miliardi, di cui i residui correnti risalenti ad
esercizi anteriori al 2009 ammontano a circa 5 miliardi.
Con riferimento all’indebitamento regionale, dall’indagine è emerso che il limite
quantitativo all’indebitamento, rispettato dalla maggior parte delle Regioni, risulta
notevolmente oltrepassato dalla Regione Piemonte.
Nell’esercizio 2013, l’indebitamento complessivo regionale (incluso il debito
con oneri a carico dello Stato) si è attestato a 58,47 miliardi, in crescita rispetto
all’esercizio 2012, im cui ammontava a 52,84 miliardi; mentre l’indebitamento, con
oneri a esclusivo carico delle Regioni, passa da 46,03 miliardi del 2012 a 52,77
miliardi del 2013, registrando un incremento dell’11,48% rispetto al biennio 20112012.
Il debito, con oneri a carico delle Regioni a statuto ordinario, ammonta a 44,02
miliardi a fine 2013 in crescita rispetto all’esercizio 2012, mentre il debito a carico
delle Regioni a statuto speciale ascende a 8,75 miliardi e subisce, invece, una
flessione rispetto all’esercizio 2012.
All’incremento del debito regionale, ha contribuito il ricorso, da parte delle
Regioni, all’istituto delle anticipazioni di liquidità, ottenute ai sensi degli articoli 2 e
3 del d.l. n. 35/2013.
Queste ultime hanno, peraltro, inciso in maniera rilevante nella determinazione
del risultato di amministrazione 2013 della Regione Piemonte, fattispecie per la
quale la competente Sezione regionale di controllo, in sede di giudizio di
parificazione, ha sollevato questione di legittimità costituzionale.
Risultano, attualmente, in corso le operazioni di ristrutturazione del debito
regionale, a cui sono state ammesse, ai sensi dell’art. 45 del d.l. n. 66/2014, nove
Regioni; all’esito di tale operazione, finalizzata anche al riacquisto dei titoli
obbligazionari (buy back), il debito delle Regioni verso il mercato sarà sostituito da
un debito delle stesse verso il Tesoro.
L’indebitamento derivante da emissioni obbligazionarie risente, invece, dei
vincoli legislativi apposti da ultimo dalla legge di stabilità 2014 e, pertanto, si assiste,
nel 2013, ad una contrazione della componente obbligazionaria rispetto all’esercizio
precedente; tuttavia, si ravvisano criticità connesse ai contratti di swap di
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ammortamento del debito nonché rischi ad esclusivo carico delle Regioni, per
eventuali default dei titoli presenti nel portafoglio dei sinking fund.
Sul versante, invece, della spesa sostenuta dalle Regioni l’analisi della gestione
del bilancio, mediante comparazione degli stanziamenti iniziali con quelli definitivi,
ha confermato la tendenza delle Regioni stesse a sottostimare le proprie esigenze di
spesa e, comunque, a presentare al Consiglio regionale, per l’approvazione, bilanci
previsionali recanti valori ben lontani da quelli che l’Ente andrà poi effettivamente a
gestire.
Dall’analisi del ciclo di spesa nell’esercizio 2013 si è evidenziato che i
pagamenti in conto competenza hanno raggiunto, a livello nazionale, l’81,51% circa
della quota impegnata, per effetto della buona performance delle RSO (che sfiora
l’84%) .
Va osservato che talune Regioni aderenti alla sperimentazione hanno registrato
pagamenti in conto competenza per importi ben al di sotto della media nazionale,
mentre l’applicazione del principio della competenza potenziata avrebbe dovuto
migliorare il risultato.
L’analisi dell’andamento della spesa nel triennio 2011 – 2013 ha
sostanzialmente mostrato, per gli impegni relativi ai primi tre titoli di spesa (corrente,
in conto capitale e per rimborso di prestiti), una crescita della spesa regionale
(+5,49%).
L’analisi della gestione dei residui passivi ha evidenziato, invece, una flessione
dei residui finali totali, nel triennio pari a -6,49%, in coerenza con la riduzione,
nell’esercizio 2013, dei residui finali rispetto agli iniziali (da 76,73 a 66,94 miliardi).
Nel dettaglio emergono situazioni tra loro diversificate, ove la tendenza in
diminuzione interessa maggiormente i residui provenienti dagli esercizi precedenti e,
in misura ridotta e non generalizzata, quelli in conto competenza, che a livello
nazionale restano sostanzialmente stabili nel triennio (+0,45% nell’anno base).
Il referto dedica particolare attenzione agli andamenti della gestione sanitaria,
nelle varie prospettive in cui questa è oggetto di rilevazione.
Secondo i dati di contabilità nazionale e le rilevazioni sulla base dei conti
economici degli enti dei servizi sanitari regionali, si è passati da una fase di
contenimento della spesa ad una di contrazione nell’ultimo triennio.
Per quanto riguarda le principali componenti della spesa sanitaria corrente, in
termini di incidenza, riducono il loro peso sulla spesa complessiva, le spese di
personale (dal 34,97 nel 2002 al 32,19% nel 2013) e la spesa farmaceutica
convenzionata (dal 14,98% nel 2002 al 7,86% nel 2013). L’esito del monitoraggio
condotto dall’AIFA sulla spesa farmaceutica dello scorso anno ha confermato
l’efficacia delle misure di contenimento della farmaceutica territoriale e la difficoltà
a contenere quella ospedaliera: il risultato per il 2013, anche se positivo perché la
spesa diminuisce complessivamente del 3,6% rispetto all’anno precedente (-0,62
miliardi in valore assoluto), è prodotto da un incremento del 7,6% della spesa
ospedaliera e da un calo del 7,2% di quella territoriale. La riduzione della spesa
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farmaceutica, che nel 2013 ha registrato il decremento percentualmente maggiore
rispetto alle altre componenti di spesa del conto economico del SSN, è dovuta,
quindi, esclusivamente al contenimento della farmaceutica convenzionata netta.
Questo andamento si riscontra anche nel periodo gennaio-luglio 2014.
Relativamente ai risultati delle gestioni sanitarie, il sistema sanitario nel suo
complesso, malgrado persistenti criticità dei servizi sanitari regionali in alcune
Regioni sottoposte a piano di rientro, sta riassorbendo i disavanzi pregressi grazie
agli efficaci meccanismi di monitoraggio.
La spesa corrente sanitaria è stata analizzata anche in base alle risultanze dei
rendiconti delle Regioni, che seguono il criterio della competenza finanziaria.
Secondo i dati di rendiconto, gli impegni per spesa corrente sanitaria dell’intero
comparto Regioni/Province autonome ammontano, nel 2013, a 117,87 miliardi di
euro. Il peso della spesa sanitaria su quella corrente complessiva è pari nel 2013 al
75,87%, contro il 76,50% del 2012.
In termini di cassa (pagamenti), l’incidenza della spesa sanitaria corrente sulla
spesa corrente si ragguaglia al 74,83%, riducendosi rispetto al 2012 (-2,37%).
Circa l’indebitamento nel settore sanitario, da un’analisi complessiva si
evidenziano i primi risultati nella riduzione della massa debitoria, specie per la parte
relativa ai debiti commerciali. Il debito verso fornitori degli enti del SSN, infatti,
registra una costante riduzione nel triennio 2011 - 2013, in cui si rileva una
diminuzione di oltre 9,5 miliardi (l’andamento è riferito all’aggregato Regioni
escluse Toscana e Calabria, di cui non sono disponibili i dati del 2013). La
diminuzione maggiore riguarda soprattutto alcune delle Regioni che hanno
beneficiato delle anticipazioni di liquidità destinate all’ambito sanitario.
3. L’attività di indirizzo e di coordinamento dei controlli delle Sezioni
regionali
Nell’affrontare i nodi problematici posti dalla continua evoluzione normativa e
dalla diffusa attività di controllo sul territorio svolta dalle Sezioni regionali, la
Sezione delle autonomie ha esercitato la funzione di indirizzo e coordinamento su
più direttrici, cercando sempre di valorizzare gli elementi unificanti della composita
struttura di controllo che si integra organicamente e si completa nella visione
d’insieme tracciata dal d.l. n. 174/2012.
Nella sua concreta operatività, l’azione di coordinamento della Sezione si è
svolta mediante le Linee guida previste dalla legge e le delibere di orientamento
assunte per salvaguardare la tendenziale omogeneità delle pronunce delle Sezioni
regionali di controllo.
3.1. Le Linee guida
In particolare, con deliberazione n. 5/2014/SEZAUT/INPR del 7 marzo 2014,
sono state approvate le Linee guida per le relazioni dei revisori dei conti sui
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rendiconti delle Regioni per l'anno 2013, secondo le procedure di cui all’art. 1,
commi 166 e seguenti, l. 23 dicembre 2005, n. 266, richiamato dall’art. 1, comma 3,
d.l. n. 174/2012.
Predisponendo gli strumenti atti ad esaminare gli specifici profili contabili e di
correttezza gestionale, le nuove indicazioni istruttorie si ispirano ad esigenze di
razionalizzazione e di semplificazione degli adempimenti richiesti dalla legge, in
coerenza con i seguenti ambiti di controllo: regolarità della gestione amministrativa e
contabile; sostenibilità dell’indebitamento e rispetto dei vincoli; esternalizzazione dei
servizi in società e altri organismi partecipati; rispetto degli obiettivi posti dal Patto
di stabilità interno e dal Patto per la salute.
Con riguardo alla relazione intestata all’Organo di vertice della Regione sulla
regolarità della gestione, sull’efficacia e sull’adeguatezza del sistema dei controlli
interni, come prevista dall’art. 1, comma 6, del d.l. n. 174/2012, sono state adottate le
relative Linee guida per l’anno 2013 con deliberazione n. 9/2014/SEZAUT/INPR del
18 aprile 2014.
Con la delibera n. 10/2014/SEZAUT/INPR, la Sezione ha approvato le linee
guida per le relazioni dei revisori dei conti sui bilanci di previsione delle Regioni per
l’anno 2014. La Corte ribadisce che l’esame del bilancio di previsione deve essere
svolto dalle Sezioni regionali in termini di giudizio di attendibilità, secondo criteri
che tengano conto, per i diversi ambiti di controllo individuati dalla legge (equilibri
di bilancio e rispetto del patto di stabilità; rispetto dei vincoli e sostenibilità
dell’indebitamento; sana gestione economico-finanziaria degli enti; effetti sul
bilancio dei risultati delle partecipate e degli enti del sistema sanitario regionale).
Con riferimento agli enti locali, le linee guida che ogni anno la Sezione delle
autonomie adotta, ai sensi dell’art. 1, commi 166 e seguenti della l. n. 266/2005, sono
state approvate, per il rendiconto 2013, con delibera n. 11/2014/SEZAUT/INPR. Le
linee guida ed i relativi questionari tendono ad introdurre elementi di semplificazione
al fine di evitare inutili ripetizioni e richieste di dati acquisibili attingendo da altre
fonti ufficiali a disposizione della Corte dei conti. Tuttavia, alla luce dell’anomalo
differimento al 30 novembre del termine per l’approvazione del bilancio di
previsione 2013, è stata prevista un’appendice di approfondimento sulla gestione
dell’esercizio provvisorio in continuità con le indicazioni della delibera n.
23/2013/SEZAUT/INPR. Infine, in considerazione degli adempimenti prescritti agli
enti in sperimentazione ex d.lgs. n. 118/2011 sono stati inseriti, in altra appendice,
quesiti riferiti al fondo pluriennale vincolato, ai provvedimenti adottati a seguito
dell’eventuale emersione di un disavanzo al 31 dicembre derivante dal
riaccertamento straordinario dei residui e alle anticipazioni di tesoreria.
Per gli enti del Servizio sanitario nazionale, con la deliberazione n.
13/2014/SEZAUT/INPR dell’8 maggio 2014 sono state emanate, in continuità con
l’impostazione già seguita in precedenza, le Linee guida cui devono attenersi i
collegi sindacali per l’attuazione dell’art. 1, comma 170, della l. n. 266/2005,
relativamente al bilancio di esercizio 2013. A corredo delle predette linee guida sono
state elaborate delle “Note metodologiche di lettura dei questionari-relazione dei
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collegi sindacali degli Enti dei Servizi Sanitari regionali”, come strumento di ausilio
all’attività di verifica delle Sezioni regionali di controllo.
Per il referto annuale del Sindaco per i Comuni con popolazione superiore ai
15.000 abitanti e del Presidente della Provincia sul funzionamento dei controlli
interni, è stata, da ultimo, adottata la deliberazione n. 28/2014/SEZAUT/INPR.
Con la suddetta deliberazione sono state approvate le Linee guida per il referto
annuale del Sindaco per i Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e del
Presidente della Provincia sul funzionamento dei controlli interni (art.148 TUEL) per
l’esercizio 2014. Ciò in attuazione dell’art.33 del d.l. 24 giugno 2014, n. 91,
convertito dalla l.11 agosto 2014, n. 116, che incentra le verifiche sul funzionamento
dei controlli interni e sulla loro adeguatezza ed efficacia.
Nell’ottica della semplificazione la citata novella normativa ha stabilito una
diversa periodicità della relazione, che originariamente semestrale è diventata, ora,
annuale, analogamente a quanto stabilito per la relazione dei Presidenti delle Regioni
dall’art.1, comma 6, del d.l. n. 174/2012.
3.2. Pronunce di indirizzo e di orientamento
L’attività di coordinamento è esercitata dalla Sezione delle autonomie anche
mediante l’elaborazione di linee di indirizzo e di orientamento.
Sono state adottate deliberazioni al fine di garantire il corretto ed omogeneo
funzionamento dei controlli affidati alle Sezioni regionali e di superare contrasti
interpretativi nell’applicazione delle norme di finanza pubblica.
In tale contesto, con deliberazione n. 8/2014/SEZAUT/INPR, la Sezione delle
autonomie, come ogni anno, ha fissato i tempi e le modalità degli adempimenti ai
quali sono tenuti gli Enti locali, in forza di quanto disposto dall’art. 227, comma 6,
del TUEL (nel testo introdotto dall’art. 28, comma 6, l. 27 dicembre 2002, n. 289,
come modificato dall’art. 1-quater del d.l. 31 marzo 2003, n. 50, convertito dalla l. 26
febbraio 1982, n. 51), ed in particolare l’invio telematico, attraverso il sistema
SIRTEL, dei rendiconti approvati dai Consigli alla Sezione delle autonomie, in vista
della predisposizione del referto al Parlamento sui risultati dell’esame compiuto in
merito alla gestione finanziaria ed al buon andamento dell’azione amministrativa
degli Enti.
Sono state poi emanate le linee di orientamento ai fini del giudizio di
parificazione del rendiconto generale della Regione, ai sensi dell’art. 1, comma 5, d.l.
n. 174/2012 (deliberazione n. 14/2014/SEZAUT/INPR). L’esperienza maturata nelle
Sezioni regionali di controllo, infatti, ha reso necessario fare il punto della situazione
in ordine a determinati aspetti, procedurali e contenutistici, in vista di possibili
miglioramenti dell’attività di verifica intestata alla Corte dei conti. Tale giudizio
consiste, sostanzialmente, in un’attività di controllo, peraltro rivestita delle formalità
della giurisdizione contenziosa, sul modello collaudato per la parifica del rendiconto
generale dello Stato e dei consuntivi delle Regioni a statuto speciale. Esso interviene
prima dell’approvazione della legge sul rendiconto (assumendo funzione di
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ausiliarietà rispetto alle assemblee elettive), ed offre la possibilità di accesso alla
Corte costituzionale, per sollevare questioni di legittimità costituzionale correlate
all’art. 81, co. 4, Cost.
A completamento degli adempimenti previsti dalla norma, è intervenuta anche la
deliberazione n. 18/SEZAUT/INPR dell’8 maggio 2014, riguardante gli indirizzi per
i Comuni e le Province per una gestione dell’esercizio provvisorio, ispirata ai
principi di prudenza e salvaguardia della permanenza in corso d’esercizio degli
equilibri di bilancio. Con questa deliberazione la Sezione ha deciso, in continuità con
la deliberazione 23/SEZAUT/INPR/2013, di soprassedere all’adozione dei
questionari che, di norma, sono specificamente annessi alle Linee Guida EE.LL. al
Bilancio di previsione, collegandoli ad un successivo momento, ossia alla raccolta
dei dati relativi ai Rendiconti dei due esercizi. La finalità perseguita è quella di
verificare come l’ente abbia gestito la fase di esercizio provvisorio (protratto, in
ipotesi, fino ad undici dodicesimi) in assenza di strumento autorizzatorio approvato.
Allo scopo, la Corte ha inteso richiamare i canoni fondamentali ed i principi contabili
che devono governare anche l'esercizio provvisorio del bilancio, sottolineando in
particolare, l’esigenza che siano garantite trasparenza e correttezza contabile degli
atti gestori. Sono state così fornite indicazioni per una gestione dell’esercizio
provvisorio improntata a principi di prudenza e atta a salvaguardare la permanenza in
corso d’esercizio degli equilibri di bilancio.
La delibera ribadisce il ruolo centrale degli strumenti di programmazione, che
dovrebbero operare in tempi congrui, allo scopo di orientare la gestione
dell’esercizio mentre, di fatto, alla luce dell’endemico rinvio operato negli ultimi
anni del termine per la loro adozione, finiscono per vedere svilita la propria funzione.
La delibera rammenta le principali situazioni di rischio connesse al protrarsi
dell’esercizio provvisorio, fra cui il negativo impatto sugli equilibri di competenza e
di cassa, la difficoltà di adozione, ad esercizio inoltrato, di efficaci manovre
finanziarie per la riduzione della spesa, nonché di eventuali azioni di riequilibrio, in
caso di manifesti disavanzi finanziari.
3.3. Pronunce di orientamento su questioni di massima
L’art. 6, comma 4, del d.l. n. 174/2012, come modificato dal comma 2, lett. b),
art. 33, del d.l. n. 91/2014, assegna alla Sezione delle Autonomie compiti di
coordinamento e di indirizzo interpretativo nei confronti delle Sezioni regionali di
controllo competenti a pronunciarsi sulle richieste di parere in materia di contabilità
pubblica ai sensi dell’art. 7, comma 8, della l. 5 giugno 2003, n. 131. Le attribuzioni
in questione si inquadrano nell’ambito della funzione nomofilattica già assegnata alle
Sezioni riunite ai sensi dell’ l’art. 17, comma 31, del d.l. 1° luglio 2009, n. 78,
convertito, con modificazioni, in l. 3 agosto 2009, n. 102, ora circoscritta ai casi di
eccezionale rilevanza ai fini del coordinamento della finanza pubblica ovvero agli
ambiti di applicazione di norme che coinvolgono l’attività delle Sezioni centrali di
controllo.
Nel 2014 sono state deliberate dalla Sezione 15 questioni di massima.
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Sul tema della trasformazione di organismi partecipati esercenti servizi pubblici
locali la Sezione, con deliberazione n. 2/2014/SEZAUT/QMIG, ha enunciato i
seguenti principi di diritto: a) l’operazione di trasformazione eterogenea di una
società di capitali che gestisce un servizio pubblico a rilevanza economica (nella
specie, il servizio idrico) in azienda speciale consortile, è compatibile sia con le
norme civilistiche, trattandosi di organismi entrambi dotati di patrimonio separato,
a garanzia dei terzi e dei creditori, e sia con le disposizioni pubblicistiche, intese a
ricondurre tali organismi ad un regime uniforme quanto al rispetto dei vincoli di
finanza pubblica; b) a seguito dell’intervenuta abrogazione dell’art. 9, co. 6, d.l. n.
95/2012, è consentita la liquidazione di una società di capitali e la costituzione ex
novo di un’azienda speciale consortile.
Sulla rimborsabilità delle spese legali sostenute da un amministratore, assolto in
sede penale con la formula “perché il fatto non sussiste”, la Sezione, con
deliberazione n. 3/2014/SEZAUT/QMIG, ha dichiarato l’inammissibilità della
questione per estraneità del quesito alla “materia di contabilità pubblica” di cui
all’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131; confermando l’orientamento
già espresso deliberazione n. 5/2006. La norma non ha conferito una funzione di
consulenza di portata generale e, pertanto, una richiesta di parere è ammissibile se
trattasi di questione che, tendenzialmente, attenga ad una competenza tipica della
Corte dei conti in sede di controllo delle autonomie territoriali. La presenza di
pronunce di organi giurisdizionali di diversi ordini può costituire un indicatore
sintomatico dell’estraneità della questione alla “materia di contabilità pubblica”. È
riduttivo ed insufficiente il mero criterio dell’eventuale riflesso finanziario di un atto
(di rimborso, nel caso in esame) sul bilancio. Una materia comunemente afferente
alla gestione amministrativa può venire in rilievo sotto il profilo della contabilità
pubblica solo ove sia oggetto di specifica e particolare considerazione da parte del
legislatore, nell’ambito della funzione di coordinamento della finanza pubblica.
Con deliberazione n. 4/2014/SEZAUT/QMIG, è stato affrontato il tema della
applicabilità dell’art. 5, comma 7, ultimo periodo, del d.l. 31 maggio 2010, n.78 del
2010, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia di retribuzioni, gettoni,
e indennità o altri emolumenti, ai componenti dei Consigli di amministrazione dei
Consorzi di Enti locali che siano partecipati anche dalle Regioni. La questione trova
soluzione nei seguenti criteri di orientamento: la legittimazione soggettiva alla
richiesta di parere alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti non viene
meno nei casi in cui il criterio orientativo che si chiede di esprimere sia destinato ad
avere effetti nella sfera operativo-amministrativa di un soggetto diverso dal
richiedente, purché sia giustificata dall’esercizio di attribuzioni intestate all’ente
formalmente legittimato. Resta fuori da quest’ambito la mera funzione di “nuncius”
che il soggetto legittimato potrebbe assumere, ove si limitasse solo a proporre una
questione interpretativa la cui soluzione non potrebbe avere alcun effetto nell’ambito
delle proprie attribuzioni. Il divieto di erogazione degli emolumenti ex art. 5, comma
6, d.l. n.78/2010, si applica anche ai componenti dei consigli di amministrazione dei
consorzi di enti locali.
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La deliberazione n. 6/SEZAUT/2014/QMIG ha esaminato la questione relativa
alle procedure di riproposizione dei piani di riequilibrio ex art. 243-bis, del Tuel, ai
sensi dell’art. 1, comma 573, della legge di stabilità 2014. Il principio di diritto
enunciato stabilisce la facoltà di riproposizione del piano di riequilibrio pluriennale per quegli enti che alla scadenza del termine di cui all’art. 243-bis, comma 5 del
TUEL non abbiano presentato il piano di riequilibrio e facciano valere una decisione
di sostanziale revoca del ricorso al piano e per i quali non sia intervenuta ancora la
dichiarazione di dissesto - è esercitabile entro il termine di trenta giorni stabilito dalla
legge anche se dovesse essere più lungo rispetto a quello eventualmente assegnato
dal Prefetto per la dichiarazione di dissesto. Preclude la riproposizione del piano
l’avvenuto decorso del termine di venti giorni assegnato dal Prefetto per la
dichiarazione di dissesto, anche in assenza della formalizzazione della stessa. La
riproposizione del piano interrompe la fase della procedura preordinata alla
dichiarazione di dissesto che si estingue se il piano viene presentato e approvato dalla
Sezione regionale di controllo e riprende, invece, in caso di inutile decorso del
termine nuovo assegnato dalla legge o in caso di diniego di approvazione del piano.
Con deliberazione n. 7/SEZAUT/2014/QMIG, sul tema degli incentivi ex
comma 6 dell’art. 92 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, la Sezione ha ritenuto
condivisibili gli argomenti su cui si fonda l’indirizzo interpretativo maggioritario,
che riconosce di “palmare evidenza” il riferimento della definizione “atto di
pianificazione comunque denominato” alla materia dei lavori pubblici e di
conseguenza reputa l’ambito applicativo della stessa, apparentemente ampio ed
indefinito, in realtà, limitato esclusivamente all’attività progettuale e tecnico
amministrativa direttamente collegata alla realizzazione di opere e lavori pubblici. Le
disposizioni di cui ai commi 5 e 6 del citato art. 92 esprimono, in modo evidente, il
favor legis per l’affidamento a professionalità interne alle amministrazioni
aggiudicatrici di incarichi consistenti in prestazioni d’opera professionale e, pertanto,
ove non ricorrano i presupposti previsti dalle norme vigenti per l’affidamento
all’esterno degli stessi, le amministrazioni devono fare ricorso a personale
dipendente, al quale applicheranno le regole generali previste per il pubblico
impiego; il cui sistema retributivo è basato sui due principi cardine di
omnicomprensività della retribuzione, sancito dall’art. 24, comma 3, del d.lgs. 30
marzo 2001, n. 165, nonché di definizione contrattuale delle componenti
economiche, fissato dal successivo art. 45, comma 1. Nulla è dovuto oltre il
trattamento economico fondamentale ed accessorio, stabilito dai contratti collettivi,
al dipendente che abbia svolto una prestazione rientrante nei suoi doveri d’ufficio.
Con deliberazione n. 12/2014/SEZAUT/QMIG, è stata affrontata la delicata
questione dei profili organizzativi in materia di controllo delle spese elettorali
previsti dall’art. 13, comma 7, legge 6 luglio 2012, n. 96, come modificato dall’art.
14-bis del d.l. n. 149/2013. Per la corretta interpretazione della norma la Sezione ha
espresso i seguenti principi di diritto: Il termine di 45 giorni “dall’insediamento
delle rispettive Camere”, previsto dall’art. 12, comma 1, della l. n. 515/1993, come
modificato dall’art. 14-bis, comma 1, della l. n. 13/2014, di conversione, con
modificazioni, del d.l. n. 149/2013 deve intendersi riferito, in materia di controllo
delle spese elettorali nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti di cui
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 155
all’art. 13 della l. n. 96/2012, al periodo temporale compreso tra la data
dell’insediamento del Consiglio comunale e l’ultimo giorno utile affinché i
rappresentanti di partiti, movimenti, liste e gruppi di candidati presenti all'elezione
comunale possano depositare presso la Sezione regionale di controllo della Corte
dei conti competente per territorio il consuntivo relativo alle spese per la campagna
elettorale e alle relative fonti di finanziamento; i principi generali in tema di
garanzie del procedimento sanzionatorio amministrativo, richiamati nelle Sezioni I e
II del Capo I della l. n. 689/1981, trovano applicazione anche nei casi in cui, ai
sensi dell’ dall’art. 14-bis, comma 2, della l. n. 13/2014, il Collegio incardinato
presso la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti sia competente a
comminare la sanzione amministrativa pecuniaria in conseguenza del mancato
deposito dei consuntivi delle spese elettorali da parte di partiti, movimenti politici,
liste e gruppi di candidati presenti all'elezione comunale; in caso di procedimenti
istruttori radicati dalle Sezioni regionali di controllo prima dell’entrata in vigore
dell’art. 14-bis, della l. n. 13/2014, i Collegi istituiti presso le medesime Sezioni
regionali subentrano nel procedimento in itinere con salvezza delle attività
istruttorie ed eventualmente sanzionatorie poste in essere dalle Sezioni regionali nel
quadro delle funzioni di controllo referente ad esse attribuito.
Con deliberazione n. 16/2014/QMIG la Sezione si è pronunciata in merito alla
questione di massima concernente la corretta interpretazione delle disposizioni recate
dall’art. 1, comma 439, della l. n. 296/2006, ove si prevede espressamente che “per
la realizzazione di programmi straordinari di incremento dei servizi di polizia, di
soccorso tecnico urgente e per la sicurezza dei cittadini, il Ministro dell’Interno e
per sua delega i Prefetti, possono stipulare convenzioni con le Regioni e gli Enti
Locali, che prevedano la contribuzione logistica, strumentale e finanziaria degli
stessi enti territoriali”. La Sezione ha, ricordato come la Costituzione, pur
attribuendo allo Stato la competenza esclusiva in materia di ordine pubblico e
sicurezza (art.117, comma 2, lett. h), riconosca nella nuova formulazione dell’art.118
l’esigenza di stabilire, con legge statale, forme di coordinamento fra le
amministrazioni centrali e periferiche, in vista del potenziamento della sicurezza a
livello locale.
Pertanto, ferma restando l’importanza degli strumenti di concertazione
interistituzionale e la rilevanza degli obiettivi di potenziamento della sicurezza
pubblica da perseguire nell’ambito degli appositi programmi, di cui all’art. 1, comma
439, della citata legge finanziaria per il 2007, la Sezione ha ritenuto che non possano
rientrare nell’ambito degli anzidetti strumenti le forme di contribuzione come quella
in esame, volta al pagamento del canone di locazione di un immobile di proprietà
privata adibito a caserma della locale stazione dei Carabinieri. Ciò anche in
considerazione del carattere non episodico della contribuzione, che deve presumersi
possa interessare la gestione del bilancio dell’ente ben oltre l’esercizio in corso e che,
pertanto, mal si attaglia alla natura transitoria degli accordi in questione, la cui durata
in generale è annuale.
La deliberazione n. 19/SEZAUT/2014/QMIG si esprime sulla corretta iscrizione
in bilancio delle anticipazioni ex artt. 2 e 3, d.l. 8 aprile 2013, n. 35, convertito dalla
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 156
l. 6 giugno 2013, n. 64. Il principio di diritto enunciato dalla Sezione delle autonomie
è il seguente: “le Sezioni regionali di controllo, nell’ambito delle valutazioni di
competenza finalizzate alla salvaguardia degli equilibri di bilancio e delle regole
sull’indebitamento, verificano la corretta applicazione delle clausole contrattuali e
dei principi di corretta contabilizzazione in bilancio delle anticipazioni di liquidità
concesse ai sensi degli art. 2 e 3, d.l. n. 35/2013, tenendo conto dell’esigenza di
evitare che le relative somme possano concorrere alla determinazione del risultato
di amministrazione, generando effetti espansivi della capacità di spesa”.
Con deliberazione n. 21/2014/QMIG la Sezione delle autonomie ha espresso il
proprio avviso in merito alla questione di massima concernente la possibilità o meno
per l’ente locale di escludere dal computo delle spese di personale, ai sensi del
comma 557 dell’art. 1 della l. n. 296/2006 (e s.m.i., gli oneri coperti mediante
finanziamenti aggiuntivi e specifici pubblici, in ragione della specifica destinazione
conferita da norme di legge e nei limiti di quanto regolarmente speso e rendicontato.
La soluzione adottata ribadisce quanto già affermato in proposito oltre che dalle
Sezioni Riunite nella delibera n. 27/CONTR/2011, anche dalla giurisprudenza
maggioritaria delle Sezioni regionali di controllo. Al riguardo, la Sezione ha ritenuto
che i vincoli imposti dal legislatore statale all’incremento dell’aggregato “spesa di
personale” debbano considerarsi cogenti ed, in assenza di una specifica previsione
normativa, in ragione della specifica fonte di finanziamento, possano essere esclusi,
dal computo della spesa di personale, ai fini della verifica del rispetto dei limiti
fissati dal predetto art. 1, comma 557, della l. n. 296/2006, solo gli importi derivanti
da contratti di assunzione, il cui costo sia totalmente finanziato a valere su fondi
dell’Unione Europea o privati. Ciò in considerazione della finalità stessa della
vigente disciplina in materia di riduzione della spesa di personale, che si innesta nel
concorso delle autonomie locali al rispetto degli obiettivi di riequilibrio della finanza
pubblica, che connotano, coerentemente con gli obblighi assunti nei confronti
dell’U.E., l’intera disciplina vincolistica in materia di spesa di personale, la cui
riduzione, non episodica, ma strutturale, impone, anche alla luce delle novità
intervenute in materia, una programmazione effettiva dei fabbisogni, in vista, per
quanto possibile, dell’ottimizzazione delle risorse che si rendano, eventualmente,
disponibili sulla base delle indicazioni, da ultimo, fornite dal legislatore.
La deliberazione n. 22/2014/QMIG affronta la questione della qualificazione del
termine di cui all’art. 1, comma 15, del d.l. n. 35/2013, previsto in ordine alla
procedura di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243-bis del TUEL.
L’interpretazione applicativa è espressa nei seguenti termini: “l’inutile decorso del
termine di cui all’art. 1, comma 15, del d.l. n. 35/2013 non equivale all’ipotesi di
mancata presentazione del piano contemplata dall’art. 243-quater, comma 7, del
TUEL. Il predetto comma 15 nel prescrivere la modifica del piano per gli enti che
richiedono l'anticipazione di liquidità di cui al comma 13 dello stesso articolo,
introduce una condizione legale di sospensione, per la durata di sessanta giorni
decorrenti dalla concessione dell’anticipazione, del decorso del termine assegnato
alla commissione ministeriale dal comma 1 dell’art. 243-quater; il procedimento
sospeso riprende il suo corso una volta spirato detto termine con il completamento,
da parte della commissione di cui all’art. 155 TUEL, della necessaria istruttoria
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 157
condotta sull’originario piano di riequilibrio. La mancata modifica del piano, una
volta decorso il predetto termine non integra una condizione di inammissibilità, ma
determina la decadenza dalla possibilità di provvedere al riguardo, per cui non è
consentita una modifica del piano oltre il termine di legge”.
La questione di massima, risolta con la deliberazione n. 23/2014/QMIG, attiene
al criterio di computo del limite massimo previsto per l’anticipazione di tesoreria di
cui all'art. 222, comma 1 del TUEL. Ad essa è data soluzione nel senso che: “il limite
massimo delle anticipazioni di tesoreria concedibili (avente ad oggetto tanto le
anticipazioni di tesoreria che le entrate a specifica destinazione di cui all’art. 195
TUEL), fissato dall’art. 222 TUEL nella misura dei tre dodicesimi delle entrate
correnti accertate nel penultimo anno precedente è da intendersi rapportato, in
modo costante, al saldo tra anticipazioni e restituzioni medio tempore intervenute”.
Con deliberazione n. 24/SEZAUT/2014/QMIG è stata data soluzione ad una
questione sulla modalità di calcolo dell’indennità di funzione mensile spettante al
Sindaco ed ai componenti della Giunta comunale, secondo il seguente criterio di
orientamento: “la previsione di cui all’art. 1 comma 54 della legge 26 dicembre
2005, n. 266 non incide sul meccanismo tabellare per scaglioni previsto dal D.M.
119/2000, ancora vigente, talché, nel caso in cui l’Ente transiti in diversa classe
demografica, l’indennità su cui operare la riduzione del 10% dovrà essere
determinata in conformità”.
La deliberazione n. 25/SEZAUT/2014/QMIG, in merito al computo della spesa
del personale ai fini del rispetto del limite di cui all’art.1, comma 557, della legge n.
296/2006, ha espresso il il seguente principio di diritto: “a seguito delle novità
introdotte dal nuovo art. 1, comma 557 - quater, della legge n. 296/2006, il
contenimento della spesa di personale va assicurato rispetto al valore medio del
triennio 2011/2013, prendendo in considerazione la spesa effettivamente sostenuta in
tale periodo, senza, cioè, alcuna possibilità di ricorso a conteggi virtuali. Nel
delineato contesto, le eventuali oscillazioni di spesa tra un’annualità e l’altra, anche
se causate da contingenze e da fattori non controllabili dall’ente, trovano fisiologica
compensazione nel valore medio pluriennale e nell’ampliamento della base
temporale di riferimento”.
La deliberazione n. 26/SEZAUT/2014/QMIG risolve la questione relativa
all’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento
accessorio del personale e vincoli di spesa ex comma 2-bis dell’art. 9, d.l. 31 maggio
2010, n. 78, enunciando il seguente principio di indirizzo: “Le risorse del bilancio
che i Comuni di minore dimensione demografica destinano, ai sensi dell’art. 11 del
CCNL 31 marzo 1999, al finanziamento del trattamento accessorio degli incaricati
di posizioni organizzative in strutture prive di qualifiche dirigenziali, rientrano
nell’ambito di applicazione dell’art. 9, comma 2-bis, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78,
convertito, con modificazioni, in l. 30 luglio 2010, n. 122, e successive
modificazioni”.
La deliberazione n. 27/SEZAUT/2014/QMIG, sulla questione riguardante il
calcolo della possibilità di assunzione di personale in relazione alla disciplina del
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 158
turnover e al calcolo dei limiti delle risorse da destinare alle assunzioni di personale
per l’ente che è passato ad applicare il patto di stabilità dal 2013, in ragione
dell’ultimo intervento legislativo (d.l. n. 90/2014, art. 3), dà soluzione nei seguenti
termini: “per quanto riguarda la spesa del personale si ribadisce che deve essere
considerato principio cardine quello di contenimento della spesa complessiva, con
riferimento a quella media sostenuta nel triennio precedente, ai sensi dell’art. 1,
comma 557 e seguenti della legge n. 296/2006. Il limite di spesa per procedere alle
assunzioni nel 2014 e 2015 deve essere calcolato sulla base del 60% della spesa
relativa a quella del personale di ruolo cessato nell’anno precedente, mentre per gli
anni successivi i limiti vengono ampliati fino al 100%. Dal 2014 le assunzioni
possono essere programmate destinando alle stesse, in sede di programmazione del
fabbisogno e finanziaria, risorse che tengano conto delle cessazioni del triennio”.
3.4. Potenziamento dei sistemi informativi
Tutte le attività istituzionali sopra descritte sono supportate dai sistemi
informativi di cui la Corte dei conti si è dotata per gestire in modo unitario e
condiviso i dati contabili e le informazioni che gli enti e gli Organi di revisione
contabile inviano alla Corte mediante supporti elettronici on line. In questa logica, si
muovono i sistemi gestionali integrati di raccolta, controllo e verifica dei dati
(SIRTEL - Sistema Informativo Rendicontazione Telematica Enti Locali; SIQuEL Sistema Informativo Questionari degli Enti Locali; ConTe - Contabilità territoriale).
Essi, uniti al sistema conoscitivo in uso della Corte (ConosCo - data warehouse della
Finanza Locale) consentono l’acquisizione telematica, la gestione, l’elaborazione e il
confronto non solo dei dati contabili di bilancio e rendiconto degli enti territoriali
diretti a soddisfare le esigenze informative connesse al coordinamento della finanza
pubblica e alle verifiche del rispetto delle regole comunitarie, ma anche delle
informazioni extracontabili necessarie ad indagare aspetti gestionali più complessi e
articolati che possono manifestare l’esigenza di specifici approfondimenti istruttori.
Con tali supporti è possibile ottenere una drastica riduzione sia dei tempi che dei
costi necessari al recepimento dei dati informativi, con conseguente miglioramento
del sistema di controllo e referto per l’intero comparto degli enti territoriali con
riflessi positivi sulle articolazioni regionali della Corte.
Il potenziamento dei sistemi informativi è, infatti, finalizzato a dare maggiore
sostegno all’attività delle Sezioni regionali di controllo, anche mediante
l’integrazione dei richiamati sistemi con quelli utilizzati dalla Corte per lo
svolgimento delle attività istituzionali di referto e di controllo sulla finanza delle
Amministrazioni territoriali.
Tra questi, il SICO – Sistema conoscitivo del personale dipendente delle
pubbliche amministrazioni, il SIOPE – Sistema informativo sulle operazioni degli
enti pubblici e la banca dati sul Patto di stabilità; supporti da includere nel sistema
integrato per la finanza territoriale (Fi.T.Net).
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 159
Ciò al fine di pervenire a un supporto conoscitivo omogeneo che possa
costituire la base per le istruttorie in sede regionale, affinché le Sezioni di controllo
possano adempiere al meglio alle rilevanti funzioni loro assegnate e, allo stesso
tempo, sia semplificata la raccolta dei dati ai fini del referto al Parlamento.
In sintesi, detti sistemi informativi nascono dall’esigenza di rendere più efficaci
e tempestive tutte le attività istituzionali di referto e di controllo sulla finanza delle
Amministrazioni territoriali, ed hanno come obiettivo quello di contribuire ad attuare
il disegno costituzionale in tema di coordinamento e controllo della finanza pubblica.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 160
CAPITOLO VII
L’ATTIVITÀ DELLE SEZIONI REGIONALI DI CONTROLLO
1. Profili generali
Nell’anno trascorso le Sezioni regionali di controllo hanno offerto un vasto
panorama applicativo delle novità normative introdotte dal decreto-legge 10 ottobre
2012, n. 174, convertito con modificazioni in legge 7 dicembre 2012, n. 213,
unitamente a tipologie consolidate, come il controllo preventivo o l’attività
consultiva.
Come noto, in parallelo ad una concezione di finanza pubblica quale risultante
dell’azione di più livelli di governo, si è radicato negli anni un sempre più compiuto
sistema dei controlli finalizzato a monitorare gli andamenti complessivi della finanza
regionale e locale, affidato alla Corte dei conti, magistratura indipendente, dotata di
una struttura ramificata sul territorio. Ed è in questo scenario che si inquadrano le
novità introdotte dal citato decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, che hanno
riguardato tutta la finanza degli enti territoriali, corroborando gli strumenti di
controllo interno e intensificando i controlli esterni affidati alla Corte dei conti.
Del resto, il rafforzamento del controllo esterno della Corte dei conti sulle
autonomie locali trova fondamento direttamente nell’art. 100, secondo comma, della
Costituzione, che, come chiarito dalla Corte costituzionale già con le sentenze n.
179/2007 e n. 198/2012, deve considerarsi esteso ai bilanci di tutti gli enti che
costituiscono l’insieme della finanza pubblica.
Peraltro, anche nel 2014, sono stati celebrati innanzi alla Corte Costituzionale
giudizi aventi ad oggetto i rapporti tra Stato e regioni in materia di autonomia
finanziaria, aventi riguardo proprio le riforme che hanno coinvolto il rapporto della
Corte dei conti con le autonomie territoriali. A tale riguardo vanno sottolineate le
precisazioni sul ruolo della Corte dei conti ravvisabili nelle sentenze n. 39/2014 e n.
40/2014, con le quali la Corte costituzionale, ribadendo quanto già sostenuto nella
sentenza 60/2013, ha affermato la compatibilità dei controlli della Corte dei conti con
le autonomie territoriali, anche ad autonomia speciale.
In particolare, con la sentenza 39/2014, vertente su giudizi di illegittimità
costituzionale promossi dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, dalla
Provincia autonoma di Trento e dalla Regione autonoma Sardegna con riferimento a
diversi articoli del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con legge 7
dicembre 2012, n. 213, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione
di legittimità posta in riferimento all’ampliamento dei controlli della Corte dei conti
nei confronti delle Regioni anche a statuto speciale, accogliendo, invece, la tesi
dell’illegittimità del comma 7 dello stesso articolo 1 del decreto legge, nella parte in
cui prevedeva la possibilità della Corte stessa di incidere sulla la potestà legislativa
del Consiglio regionale nell’approvazione di leggi regionali di approvazione del
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 161
bilancio o del rendiconto. La medesima sentenza ha, altresì, dichiarato non fondata la
questione di legittimità posta in riferimento ai controlli della Corte dei conti,
introdotti dal decreto legge in parola, sui rendiconti dei Gruppi consiliari regionali.
Limitando i richiami, nella sentenza in parola (n. 39/2014), ai soli aspetti che
riguardano direttamente le attribuzioni della magistratura contabile, la Consulta ha,
inoltre, precisato che i controlli attribuiti alla Corte dei conti, non si sovrappongono
alle funzioni e ai compiti riservati alle autonomie speciali dalle norme statutarie e di
attuazione evocate a parametro, atteso che le prime disciplinano controlli
dichiaratamente finalizzati ad assicurare la sana gestione finanziaria degli enti
territoriali, a prevenire squilibri di bilancio e a garantire il rispetto del patto di
stabilità interno e del vincolo in materia di indebitamento posto dall’ultimo comma
dell’art. 119 della Costituzione (tra le tante, sentenze n. 60 del 2013 e n. 179 del
2007), anche in vista della tutela dell’unità economica della Repubblica e del
coordinamento della finanza pubblica. E ciò in forza del diverso interesse alla
legalità costituzionale-finanziaria e alla tutela dell’unità economica della Repubblica
perseguito dai suddetti controlli – non soltanto in riferimento all’art. 100 Cost., ma
anche agli artt. 81, 119 e 120 Cost. – rispetto a quelli spettanti alle autonomie
speciali. Da questi ultimi infatti si differenziano, quanto a parametro e finalità
perseguite, i controlli della Corte dei conti, attribuiti ad un organo di garanzia terzo e
indipendente, a fini di tutela degli obiettivi di coordinamento della finanza pubblica
(sentenza n. 29 del 1995; nonché sentenze n. 60 del 2013; n. 179 del 2007; n. 267 del
2006).
Con sentenza n. 40/2014, la stessa Corte costituzionale ha nuovamente precisato
che la competenza delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di
istituire forme di sindacato sugli enti locali del proprio territorio non pone in
discussione la finalità di uno strumento, quale il controllo affidato alla Corte dei
conti, «in veste di organo terzo (sentenza n. 64 del 2005) a servizio dello “Statocomunità” (sentenze n. 29 del 1995 e n. 470 del 1997), [garante del rispetto]
dell’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva. Del resto, la necessità di
coordinamento della finanza pubblica [...] riguarda pure le Regioni e le Province ad
autonomia differenziata, non potendo dubitarsi che anche la loro finanza sia parte
della “finanza pubblica allargata”, come già affermato dalla medesima Corte (in
particolare sentenza n. 425 del 2004 e sentenza n. 267 del 2006).
2. Controlli sulle Regioni
2.1. La parificazione dei rendiconti regionali
Nel sistema dei controlli sulle Regioni delineato dall’art. 1 del decreto legge 10
ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n.
213 la manifestazione più significativa delle nuove attribuzioni conferite alla Corte
dei conti è costituita dal giudizio di parificazione del rendiconto regionale, esteso
anche alle regioni a statuto ordinario che, unitamente alle altre competenze di
controllo previste e disciplinate nello stesso testo normativo, si inserisce, secondo
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 162
l’espressa dichiarazione del Legislatore, nel quadro di un generale rafforzamento
della partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria delle
Regioni, ai fini del coordinamento della finanza pubblica - che va realizzato, in
primis, tra i due più rilevanti livelli di governo (statale e regionale) - e della garanzia
del rispetto dei vincoli finanziari derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione
europea.
Si realizza, quindi, in questa sede, in una azione conoscitiva ad ampio raggio, di
approfondimento e di valutazione, quella attività collaborativa che, nella più
moderna accezione del ruolo assegnato alla Corte dei conti dall'ordinamento, è ora
una delle caratteristiche essenziali dell'attività di controllo, intesa in senso lato.
L’istituto trova la sua genesi nell’ordinamento giuscontabile statale, disciplinato
quest’ultimo dal T.U. delle leggi sulla Corte dei conti del 193411.
La pronuncia di parificazione interviene nel periodo intercorrente tra la proposta
del rendiconto regionale predisposta dalla Giunta regionale e la legge di
approvazione del rendiconto (artt. 38 e 43 R.D. n. 1214/1934, art. 38, L. n. 196/2009
e art. 149, R.D. n. 827/ 1924). Come la finalità fondamentale della resa del conto è
quella di consentire il controllo politico del potere legislativo sul rispetto dei limiti
posti con la programmazione finanziaria alla gestione delle risorse pubbliche da parte
dell’Esecutivo, nella stessa linea logica la pronuncia di parificazione, con la quale la
Corte esprime le sue valutazioni sulla regolarità del conto stesso, si pone in un
rapporto di ausiliarietà nei confronti degli organi legislativi.
La funzione del giudizio di parificazione risiede, dunque, nel fornire alle
Assemblee legislative gli elementi necessari ed utili per esaminare la gestione
finanziaria, addivenire all’approvazione del rendiconto e, sulla base di un giudizio
sulle politiche pubbliche realizzate, impostare la manovra di bilancio per l’esercizio
successivo, essendo teleologicamente collegata alla legge di approvazione del
rendiconto stesso2.
1
Infatti, l’art. 1, comma 5, del D.L. n. 174 del 2012 dispone che “Il rendiconto regionale è parificato
dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti ai sensi degli articoli 39, 40 e 41 del testo
unico di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214. Alla decisione di parifica è allegata una
relazione nella quale la Corte dei conti formula le sue osservazioni in merito alla legittimità ed alla
regolarità della gestione e propone le misure di correzione e gli interventi di riforma che ritiene
necessari al fine, in particolare, di assicurare l’equilibrio del bilancio e di migliorare l’efficacia e
l’efficienza della spesa. La decisione di parifica e la relazione sono trasmesse al presidente della
giunta regionale e al consiglio regionale.”
2
Quanto alle procedure, peculiare caratteristica del giudizio di parificazione è che esso si svolge, a
norma dell’art. 40 del citato T.U. delle leggi sulla Corte dei conti, “nelle formalità della giurisdizione
contenziosa”, con la partecipazione, dunque, del Pubblico Ministero, rappresentato nella specie dal
Procuratore Regionale, che svolge in udienza la sua requisitoria orale. Le “formalità della
giurisdizione contenziosa” implicano il riconoscimento, da un lato, della natura sostanziale di
controllo delle attività di parificazione, dall’altro, del carattere di certezza che le risultanze del
rendiconto generale assumono una volta che sia stato emessa la decisione di parificazione.
Alla decisione di parifica è allegata la relazione nella quale la Corte dei conti formula le sue
osservazioni in merito alla legittimità e alla regolarità della gestione e propone le misure di correzione
e gli interventi di riforma che ritiene necessari al fine, in particolare, di assicurare l'equilibrio del
bilancio e di migliorare l'efficacia e l'efficienza della spesa.
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PAG. 163
A tal fine, nel corso del 2014, molte Sezioni regionali, sulla scia
dell’orientamento delle Sezioni di controllo di Regioni a statuto speciale3, hanno
adottato, quale attività propedeutica alla parifica, una procedura di stima
sull’attendibilità e affidabilità degli aggregati contabili, attraverso un campionamento
statistico individuato sulla base di modelli già sperimentati per il rendiconto generale
dello Stato, modelli peraltro adottati dalla Corte dei conti europea per effettuare, nel
contesto della Dichiarazione di Attendibilità delle Scritture (cosiddetta DAS), i testi
di convalida delle stesse.
Il conferimento alla Corte dei conti delle attribuzioni di controllo in cui si
sostanzia il procedimento di parificazione del rendiconto generale delle Regioni
costituisce conferma del riconoscimento, nell’attuale assetto istituzionale, del ruolo
dell’Istituto quale controllore “dell’equilibrio economico-finanziario del complesso
delle Amministrazioni pubbliche a tutela dell’unità economica della Repubblica, in
riferimento a parametri costituzionali (artt. 81, 109 e 120 della Costituzione ) ed ai
vincoli derivanti dall’appartenenza all’Unione europea (artt. 11 e 117, primo comma
Cost.): equilibrio e vincoli che trovano generale presidio nel sindacato della Corte dei
conti quale magistratura contabile neutrale e indipendente, garante imparziale
dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico” (Corte Costituzionale
sentenza n. 70 del 2013).
E ciò si rivela ancor più significativo a seguito dell’introduzione nella Carta
costituzionale del principio dell’obbligo di rispettare gli equilibri di bilancio da parte
di tutti i livelli di governo.
Come noto, le disposizioni sul giudizio di parificazione previste dall’art. 1,
comma 5, DL n. 174/2012, sono state ritenute immediatamente cogenti per le
Regioni a statuto ordinario e operative sin dall’esercizio finanziario 2012 (v. C. conti,
SS.RR. in sede di controllo, 31 dicembre 2012, n. 31/CONTR/12). Tanto le Sezioni
Riunite, quanto la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti hanno quindi da
subito approfondito i numerosi profili organizzativi, procedurali e contenutistici
relativi al giudizio di parificazione nelle Regioni a statuto ordinario, precisando che
la fondamentale operazione da compiere è la verifica della corrispondenza tra i valori
indicati nel conto del bilancio, sia per l’entrata che per la spesa e quelli esposti nella
legge di bilancio e successive variazioni4.
3
Sezione di controllo per il Friuli Venezia Giulia, che contempla espressamente la DAS nella
normativa di attuazione statutaria; Sezione di controllo per la Regione siciliana; Sezione di controllo
per la Sardegna.
4
Cfr., delibera 7/SSRRCO/QMIG/13 delle SSRR in sede di controllo e la deliberazione 9/2013 della
Sezione delle autonomie. Con la recente deliberazione 14/2014/INPR della Sezione delle
Autonomie sono stati ulteriormente precisati, in coerenza con la rispettiva autonomia di
competenza, valutativa e decisionale, i rapporti tra la Sezione di controllo e la Procura
regionale, individuando modalità sinergiche di svolgimento del percorso istruttorio che
consentano di rendere “funzionale e nel contempo aderente all’oggetto della parifica fissato
dall’art. 39 R.D. n. 1214/1934 l’intervento del Procuratore regionale”. Nella stessa
deliberazione sono stati individuati il significato del contradittorio sviluppato con
l’Amministrazione nel corso dell’istruttoria, chiarendo che il contraddittorio sostanziale con
l’Amministrazione regionale trova piena esplicazione durante la fase istruttoria e che, “in aderenza al
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 164
Le Sezioni Regionali di controllo della Corte dei conti nell’esercizio 2014 hanno
celebrato tutte il giudizio di parificazione dei rendiconti regionali 2013, ad eccezione
delle Sezioni regionali di controllo per l’Abruzzo e per la Campania, per le quali
l’Amministrazione regionale non ha fatto pervenire al 31 dicembre 2014 lo schema
di legge relativo al rendiconto 2013.
Gli esiti dei giudizi di parificazione sono stati differenti.
Le Sezioni di controllo della Liguria (delibera 46/2014/PARI) 5, della Calabria
(delibera 36/2014/PARI)6 e del Piemonte (delibera 237/2014/PAR) hanno
parzialmente parificato il rendiconto generale delle rispettive regioni. In particolare,
la Sezione di controllo per il Piemonte, rilevando come la modalità di
contabilizzazione dell’anticipazione di liquidità ricevuta dallo Stato ai sensi del D. L.
35/2013 risultasse stata contabilizzata in maniera difforme rispetto al principio di
diritto enunciato dalla Sezione delle Autonomie con la deliberazione 116/2014 ha,
con ordinanza n. 49/2014, sollevato questione di legittimità costituzionale in
relazione agli articoli 81, quarto comma e 119, sesto comma, della Costituzione,
delle l.r. n. 16/2013 e n. 19/20137.
Le restanti Sezioni hanno parificato i rispettivi rendiconti regionali, formulando
osservazioni contenute nelle relazioni allegate alle decisioni di parifica. Appare
tuttavia opportuno sottolineare l’importanza della relazione unita alla decisione, in
cui la Corte esprime le proprie valutazioni sulle dinamiche delle finanze pubbliche e
sui loro riflessi sul bilancio, ponendo sotto osservazione i fenomeni gestori e
formulando osservazioni sul comportamento dell’Amministrazione regionale in
principio di ausiliarietà che lega l’attività di parificazione alle attribuzioni dell’Assemblea legislativa
regionale”, il deposito della decisione di parificazione deve essere contestuale alla conclusione
dell’udienza, al fine di consentirne l’immediata trasmissione al Consiglio regionale unitamente alle
copie originali del progetto di rendiconto esaminato.
5
A seguito dell’analisi compiuta sull’ impatto che i contratti di finanza derivata rimasti in essere e non
estinti dalla Regione Liguria possono avere sulla tenuta degli equilibri di bilancio (come
espressamente specificato da Corte Cost. 18 febbraio 2010 n. 52), la Sezione di controllo per la
Liguria non ha parificato il risultato di amministrazione risultante dal rendiconto 2013, nella misura in
cui non esponeva un ulteriore vincolo prudenziale per 17.531.438 euro, discendente dai flussi dei
contratti di swap di ammortamento ancora in essere. La sentenza delle Sezioni Riunite in sede
giurisdizionale in speciale composizione, con sentenza n. 38 del 2014, nel confermare la giurisdizione
della Corte dei conti in materia di parifica dei rendiconti regionali (in tal senso cfr. la precedente
sentenza n. 27/2014), ha dichiarato inammissibile il ricorso con cui la Regione Liguria ha impugnato
la decisione di parifica del rendiconto ad eccezione delle suddette poste (cd. parifica parziale).
6
Il Rendiconto generale 2013 della Regione Calabria è stato parificato dalla Sezione di Controllo solo
parzialmente, con correzione del risultato di amministrazione, per residui attivi dichiarati insussistenti
dalla Sezione di importo pari a € 136.195.183,59. Conseguentemente è stata richiesta la correzione
del Conto del patrimonio nella parte relativa alle attività patrimoniali per il medesimo importo .
7
La situazione finanziaria della Regione Piemonte rilevata dalla Sezione in esito al giudizio di
parifica si presenta estremamente critica: il risultato finanziario dell’esercizio 2013, risultante dal
progetto di rendiconto è negativo per euro 364.983.307,71, ma l’esatta determinazione dipenderà dalla
soluzione che darà la corte Costituzionale . Se venissero confermati i dubbi di costituzionalità della
Sezione, il disavanzo finanziario aumenterebbe di euro 2.554.603.200,01 e potrebbe lievitare ad euro
2.919.586.507,72.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 165
ordine all’osservanza delle discipline amministrative e finanziarie, che ritiene
opportune per una migliore gestione del pubblico denaro. Come chiarito dalla
sezione delle Autonomie nella deliberazione 14/2014/INPR le misure di
autocorrezione, adottate dall’Amministrazione in relazione alle osservazioni critiche
contenute nelle relazioni allegate alla decisione di parifica, costituiscono oggetto di
verifica da parte della Sezione regionale di controllo (cd. follow up) nell’esercizio
successivo.
Le principali criticità rilevate possono essere così riassunte: mancanza di idonea
evidenziazione nel sistema contabile regionale dei vincoli per le entrate a specifica
destinazione, che possono essere quindi utilizzate per pagamento di spese diverse da
quelle cui sono destinate per legge; improprio utilizzo di risorse in sede di gestione
dei fondi comunitari; impropria applicazione dell’avanzo presunto al risultato di
amministrazione 2013; problematiche relative alle modalità di contabilizzazione dei
contratti di finanza derivata e delle somme riscosse a titolo di anticipazione di
liquidità ex d.l. 35/2013; perdite derivanti da partecipazioni a società ed organismi
partecipati; mancanza di adeguata considerazione dell’impatto finanziario che il
contenzioso pendente può avere sugli equilibri di bilancio; esistenza di potenziali
debiti fuori bilancio privi di corrispondenti accantonamenti a titolo prudenziale, con
possibilità di gravi squilibri finanziari futuri; violazione del principio di trasparenza
nonché superamento del limite di spesa per studi e consulenze esterne; improprio
utilizzo dei fondi per spese obbligatorie, impropria contabilizzazione di somme
riscosse in capitoli di partite di giro/spese per conto terzi.8
2.2. Le altre tipologie di controllo sulle Regioni
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 39 del 2014, ha esaminato l’articolo
1, commi da 1 a 12, del D.L. 174 del 2012, riconducendo le nuove ed accresciute
tipologie di controllo, e dunque anche nei confronti dell’Ente Regione nell’alveo
della “natura collaborativa”, già delineata dalla nota sentenza n. 29 del 1995 della
stessa Corte, così dichiarando implicitamente la non illegittimità del corpus
normativo esaminato nel suo complesso.
Permane pertanto, dopo lo scrutinio della Consulta, il controllo delle sezioni
regionali di controllo sui bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi delle
regioni, con le modalità e secondo le procedure di cui all'articolo 1, commi 166 e
seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per la verifica del rispetto degli
obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell'osservanza del vincolo
previsto in materia di indebitamento dall'articolo 119, sesto comma, della
Costituzione, della sostenibilità dell'indebitamento e
dell'assenza
di
irregolarità suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri
economico-finanziari degli enti (art. 1, comma 3 del D.L. . n 174 del 2012. E’ stato,
8
Per una utile rassegna si rinvia alle schede di sintesi sui giudizi di parificazione dell’esercizio
2013 allegate all’audizione parlamentare su “Armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali e
sistema contabile delle Regioni” resa il 27 novembre 2014, di cui già si è fatto cenno al capitolo I.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 166
tuttavia,
espunto, per gli aspetti di controllo “sanzionatorio” ivi presenti,
limitatamente ai bilanci preventivi ed ai bilanci consuntivi regionali, il comma 7
dell’articolo 1, secondo cui risultava preclusa “l’attuazione dei programmi di spesa
per i quali è stata accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa
sostenibilità finanziaria”.
Anche le Relazioni sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate nelle leggi
regionali - controllo sempre introdotto dal D. L. n. 174 del 2012 (articolo 1, comma
2,) sono state rilevanti, facendo emergere ricorrenti tipologie di rilievi, quali: la
apodittica e non circostanziata “stima” della spesa, con una previsione di importi
spesso priva di alcuna precisazione in ordine al metodo adottato e alle variabili
considerate; un utilizzo spesso non appropriato della c.d. clausola di irrilevanza
finanziaria o, financo, il ricorso in sede di relazioni di accompagnamento a una mera
declaratoria di stile circa l’assenza di oneri; la mancata distribuzione degli oneri
aventi incidenza su più di un esercizio nell’arco di tempo oggetto di previsione del
bilancio pluriennale; l’assenza della c.d. clausola di salvaguardia; l’impropria
predisposizione, dal punto di vista metodologico e quantitativo, di una adeguata
copertura finanziaria.
E’ inoltre emerso che le previste relazioni di
accompagnamento alle leggi regionali, non sempre assolvono adeguatamente alle
funzioni alle quali sono deputate: illustrare le finalità dell’intervento normativo;
rendere palese la decisione sulla quantificazione finale degli oneri finanziari
necessari; agevolare e responsabilizzare il dibattito da svolgersi in sede consiliare ;
rendere compiuta e corretta formazione della voluntas legislativa nella sede a ciò
deputata.
L’invio delle relazioni sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate nelle
leggi regionali alle Sezioni regionali , a seguito della modifica introdotta dall'art. 33,
comma 2, lettera a), legge n. 116 del 2014, ha cadenza annuale e non più semestrale.
Le verifiche sui rendiconti dei gruppi consiliari, relativi all’esercizio 2013,
hanno richiesto un massiccio sforzo organizzativo ed istituzionale, a causa della
variegata e complessa documentazione da verificare in sede istruttoria. Trattasi di
attività svolta nel 2014 da parte di tutte le Sezioni regionali di controllo.
Le irregolarità più ricorrenti, riscontrate nell’ambito del controllo sui rendiconti
consiliari dell’anno 2013, hanno riguardato, oltre che spese per le quali non è
risultata documentata l’inerenza della spesa con il fine istituzionale del Gruppo, né
con il fine di rappresentanza di cui all’art. 1, comma 4, lett. g), delle linee guida,
spese destinate ai rapporti di collaborazione instaurati dai gruppi consiliari con
soggetti terzi.
Anche su tale materia si è pronunciata nel corso del 2014 più volte la Corte
Costituzionale. In particolare, con la sentenza n. 39 del 2014 la Corte costituzionale
ha precisato sia il rapporto di tali rendiconti con il rendiconto regionale (“il
rendiconto delle spese dei gruppi consiliari costituisce parte necessaria del
rendiconto regionale, nella misura in cui le somme da tali gruppi acquisiti e quelle
restituite devono essere conciliate con le risultanze del bilancio regionale”), sia la
tipologia del controllo esercitabile (“Il sindacato della Corte dei conti assume, infatti,
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 167
come parametro la conformità del rendiconto al modello predisposto in sede di
Conferenza e deve, pertanto, ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel
merito delle scelte discrezionali rimesse all’autonomia politica dei gruppi, nei limiti
del mandato istituzionale”)9.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 263/2014 depositata in data 26
novembre 2014, decidendo sul conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione
Basilicata in relazione alle deliberazioni dalla n. 51 alla n. 60 del 18 marzo 2014
della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Basilicata, relative al
controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari regionali, ha dichiarato in parte
inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione e, per il resto, lo ha respinto
dichiarando che “spettava alla Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la
Basilicata, operare la verifica della regolarità dei rendiconti consiliari anche sulla
base dei criteri introdotti dalla legge regionale 21 dicembre 2012, n. 28
(Recepimento d.l. 174/2012 convertito nella legge 7 dicembre 2012, n. 13. Modifiche
alla legge regionale 2 febbraio 1998, n. 8)” 10.
L’art. 33, comma 2, letta) della legge 116/2014 ha introdotto un nuovo periodo
al comma 12 dell’art. 1 del D.L. 174/2012, prevedendo testualmente che “avverso le
Con la stessa sentenza state dichiarati costituzionalmente illegittimi: l’art.1, comma 10,
primo periodo limitatamente alle parole “che lo trasmette al presidente della Regione”;
l’art.1, comma 10, secondo periodo limitatamente alle parole “ al presidente della Regione
per il successivo inoltro”; l’art.1, comma 11, primo periodo, nella parte in cui prevede “il
presidente della Regione” anziché il “presidente del consiglio regionale”; l’art.1, comma
11, terzo periodo; l’art.1, comma 11, quarto periodo, nella parte in cui prevede che l’obbligo
di restituire le somme ricevute a carico del bilancio del consiglio regionale e non
rendicontate consegue alla “decadenza di cui al presente comma”, anziché all’omessa
regolarizzazione di cui allo stesso comma 11; l’art.1, comma 12, la dove prevede che “La
decadenza e l’obbligo di restituzione di cui al comma 11 conseguono” anziché prevedere
che “L’obbligo di restituzione di cui al comma 11 consegue”.
10
Si ricorda anche che le Regioni Emilia Romagna, Veneto e Piemonte hanno sollevato
innanzi alla Corte Costituzionale conflitto di attribuzione in relazione alle deliberazioni nn.
12 e 15 della Sezione delle Autonomie ed alle deliberazioni delle rispettive Sezioni regionali
di controllo, relative al controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari regionali dell’anno 2012.
Con la sentenza n. 130 del 2014 la Corte costituzionale ha accolto il ricorso, dichiarandolo
fondato e, per l’effetto, annullando le deliberazioni impugnate. Non spettava allo Stato e, per
esso, alla Corte dei conti, Sezione delle autonomie e sezioni regionali di controllo, adottare le
deliberazioni con cui si è, rispettivamente, orientato ed esercitato, in relazione all'esercizio
finanziario 2012, il potere di controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari a norma dell'art. 1,
commi 9, 10, 11 e 12, del d.l. n. 174/2012, convertito in l. n. 213/2012, con conseguente
annullamento delle deliberazioni medesime ed assorbimento delle ulteriori censure. Invero,
l'art. 1, comma 9, del d.l. n. 174/2012, convertito in l. n. 213/2012, subordina il controllo in
esame alla previa individuazione dei criteri per il suo esercizio e ciò sul presupposto della
loro indispensabilità. Il sindacato della Corte dei conti assume, infatti, come parametro la
conformità al modello predisposto in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e deve, pertanto, ritenersi
documentale, non potendo addentrarsi nel merito delle scelte discrezionali rimesse
all'autonomia politica dei gruppi, nei limiti del mandato istituzionale.
9
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 168
delibera della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, di cui al presente
comma, è ammessa l'impugnazione alle Sezioni riunite della Corte dei conti in
speciale composizione, con le forme e i termini di cui all'articolo 243-quater, comma
5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.”.
A chiusura del sistema dei controlli sull’Ente, l’articolo 1, comma 6, del D.L. n.
174 del 2012 fa carico al Presidente della Regione l’obbligo di trasmettere una
relazione annuale sulla regolarità della gestione, sull’efficacia e adeguatezza del
sistema dei controlli interni, intendendo così intestare all’Organo di vertice della
Regione la responsabilità politica in relazione ai più rilevanti aspetti gestionali, al
funzionamento delle strutture amministrative, al grado di raggiungimento dei risultati
attesi ed all’effettività dei controlli interni. Varia è stata la modalità di attuazione
data dalle Sezione regionali: alcune hanno redatto una autonoma delibera11, altre
hanno incluso le risultanze di detto controllo nella Relazione allegata alla decisione
di parifica12.
3. Controlli sui Servizi sanitari regionali
Anche nel 2014, la sanità ha continuato a rappresentare, per le sezioni regionali
di controllo, oggetto di particolare approfondimento, potendo, per il secondo anno
consecutivo, fare affidamento, anche in questo specifico settore, sugli ulteriori
strumenti messi a disposizione dal d.l. 174/2012: il giudizio di parifica, così come
l’esame delle prime relazioni dei revisori sui bilanci di previsione e sui rendiconti
delle regioni, sono stati l’occasione per analizzare in maniera più penetrante gli
aspetti riguardanti la rappresentazione dei flussi finanziari delle risorse dedicate alla
sanità nel bilancio della regione, nonché le relazioni finanziarie fra il bilancio
regionale e quello delle aziende sanitarie, ferme restando le puntuali analisi
finanziarie sull’evoluzione della spesa nei rispettivi S.S.R.
In particolare si è potuta verificare, in tali sedi, la corretta perimetrazione delle
entrate e delle uscite relative al finanziamento del Servizio sanitario regionale nel
rendiconto 2013, così come nei correlati documenti di programmazione finanziaria,
secondo le previsioni di cui al d.lgs. 118/2011 in materia di armonizzazione dei conti
pubblici.
Inoltre, l’esame sui rendiconti regionali del 2013 ha fatto emergere profili di
criticità, già rilevati lo scorso anno, nella correlazione fra i rendiconti finanziari della
regione e i conti consolidati degli enti del S.S.R., aspetto che assume particolare
rilevanza, condizionando la trasparenza e la veridicità dei risultati ivi rappresentati.
Oggetto di attenzione è stata anche la non piena attuazione delle disposizioni
sulla gestione accentrata13, così come, in alcune realtà, la non piena definizione della
11
Fra queste la Sezione regionale di controllo per la Calabria e la Sezione regionale di controllo per la
Campania.
12
Si richiama la Sezione regionale di controllo per l’Umbria.
13
La gestione diretta di una quota del finanziamento del servizio sanitario da parte della regione,
piuttosto che attraverso il trasferimento alle aziende sanitarie, per la quale il d.lgs. 118/2011 ha
previsto adempimenti contabili alla stregua di quelli previsti per le aziende.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 169
procedura volta a garantire l’integrale raccordo e riconciliazione tra le poste iscritte e
contabilizzate in termini di contabilità economica e quelle iscritte in termini di
contabilità finanziaria. Criticità queste ultime che contribuiscono alla determinazione
di disallineamenti, non solo fra il conto consolidato e i bilanci delle singole aziende
sanitarie, ma anche fra i valori del consolidato e quelli riportati nel rendiconto
finanziario regionale.
Si sono inoltre rilevate alte percentuali di residui attivi vetusti, per lo più
correlati a trasferimenti statali, fenomeno particolarmente rilevante specie ove trattasi
di residui attivi relativi a risorse corrispondenti a mancati trasferimenti alle aziende
sanitarie.
Anche nel 2014 sono stati posti in essere gli specifici controlli sugli enti del
Servizio sanitario nazionale previsti dall’art. 1, co. 170, della già citata legge
266/200514. Come noto, il d.l. 174/2012 ha introdotto novità anche rispetto a questo
tipo di controllo, pur lasciando immutate le disposizioni appena richiamate, con un
rilevante impatto, sia sulla procedura che sull’oggetto delle verifiche in parola15,
novità che nel 2014 hanno superato anche il vaglio della Corte Costituzionale nelle
sentenze sopra richiamate. Peraltro, come accennato, con l’estensione dei controlli
anche ai bilanci regionali (preventivo e successivo), operata dal D.L. 174 del 2012,
l’esame sugli Enti del Servizio sanitario regionale ha acquistato completezza nelle
modalità di indagine, consentendo verifiche sull’intero sistema.
Continua a trattarsi di verifiche obbligatorie, che investono tutti gli enti del
servizio sanitario pubblico: aziende sanitarie locali, aziende ospedaliere, policlinici
universitari, istituiti di ricovero e cura a carattere scientifico.
Anche nel 2014, nel rispetto delle indicazioni fornite nelle linee guida dettate
dalla Sezione delle autonomie, le verifiche si sono concentrate sui rendiconti dei
precedenti esercizi degli enti del S.S.R., mantenendo in ogni caso, in sede di tale
14
Nell’estendere agli enti del SSN le disposizioni contenute nei co. 166 e 167, riguardanti gli enti
locali, si è prescritto che i collegi sindacali dei predetti enti trasmettano alle competenti sezioni
regionali di controllo della Corte dei conti una relazione sulla base di criteri e linee guida definiti
unitariamente dalla stessa Corte e deliberati annualmente dalla Sezione delle autonomie, precisando
che, nel caso di enti che non abbiano rispettato gli obblighi previsti, la Corte trasmetta la propria
segnalazione alla regione interessata per i conseguenti provvedimenti.
15
In particolare, l’art. 1, co. 7, del citato decreto legge applica anche ai controlli sugli enti del s.s.n. i
passaggi procedurali previsti per le verifiche sui bilanci delle regioni e degli enti locali, e dunque
precisa che l’accertamento, da parte delle competenti sezioni regionali di controllo della Corte dei
conti, di squilibri economico-finanziari, della mancata copertura di spese, della violazione di norme
finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria comporta l’obbligo di adottare, entro
sessanta giorni dalla comunicazione del deposito della pronuncia di accertamento, i provvedimenti
idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio, da trasmettere alle sezioni
regionali di controllo della Corte dei conti, che li verificano nel termine di trenta giorni dal
ricevimento. Qualora, infine, la regione non provveda alla trasmissione dei suddetti provvedimenti o
la verifica delle sezioni regionali di controllo dia esito negativo, è preclusa l’attuazione dei programmi
di spesa.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 170
esame, alcuni momenti di verifica di rispondenza della gestione rispetto ai bilanci
preventivi.
L’attività istruttoria per tale tipologia di controlli ha comportato la necessità di
approfondimenti connessi alla tipologia della contabilità utilizzata, del quantitativo
ingente di risorse pubbliche impiegate, della varietà e rilevanza delle problematiche
da affrontare. Ove siano emerse gravi irregolarità, segnalate dal Collegio sindacale o
a seguito di specifica istruttoria, le Sezioni regionali hanno adottato una pronuncia
specifica o comunque segnalato le irregolarità rilevate16.
Al di là degli squilibri strutturali che interessano buona parte delle aziende
sanitarie, si sono rilevati: scostamenti in termini di costi tra il bilancio previsionale e
il bilancio d’esercizio; la pressoché generale mancata istituzione delle centrali di
approvvigionamento di beni e servizi; i ritardi nella razionalizzazione di talune
tipologie di spesa indicate dal legislatore; criticità nella rilevazione dei costi indiretti
dell’attività intramoenia; l’assenza di inventario dei beni mobili e immobili; il
costante aumento dell’esposizione debitoria verso i fornitori; in generale una forte
crisi di liquidità.
Anche i ritardi nell’adozione e approvazione dei bilanci delle aziende sanitarie
sono stati stigmatizzati, per le importanti conseguenze sulla programmazione del
servizio sanitario, sia a livello regionale che aziendale, oltre che sui relativi controlli.
4. Controlli sugli Enti locali
Valenza centrale nell'ambito dei controlli sugli enti locali continuano a rivestire
le verifiche sulla gestione finanziaria effettuate ai sensi dell’articolo 1, comma 166 e
ss., legge 266 del 2005 e 148 bis TUEL che, nel decorso anno, hanno costituito un
momento centrale dell’attività delle Sezioni regionali. Si tratta di verifiche articolate
attraverso un'interlocuzione con l'Amministrazione tesa a verificare il reale rispetto
del patto di stabilità interno (anche per gli effetti del disposto della legge 183/2011),
del limite di indebitamento ovvero, in generale, la presenza di gravi irregolarità
suscettibili di pregiudicare gli equilibri, anche prospettici, di bilancio. Gli esiti
dell’attività istruttoria svolta sono stati poi definiti in deliberazioni trasmesse agli
Enti territoriali.
L’analisi delle deliberazioni depositate evidenzia varie criticità. A titolo
riepilogativo della ampia e variegata tipologia emersa, si elencano di seguito le
fattispecie maggiormente ricorrenti: squilibrio di parte corrente del bilancio;
equilibrio raggiunto mediante il finanziamento di spese di parte corrente ripetitive
con entrate a carattere straordinario ovvero non ripetitive (in molti casi neanche
riscosse); non corretta applicazione delle disposizioni legislative sul riaccertamento
ovvero sulla eliminazione dei residui, in presenza di residui attivi vetusti del titolo I
e III17; mancata costituzione del fondo svalutazione crediti secondo quanto previsto
16
Sezione regionale di controllo per le Marche; Sezione regionale di controllo per il Molise; Sezione
regionale di controllo per la Valle D’Aosta; Sezione regionale di controllo per la Basilicata.
17
Anche alla luce della entrata in vigore dal 1 gennaio 2015 del nuovo sistema di contabilità
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 171
dell'art. 6, comma. 17 del d.l. n. 95/2012; utilizzo dell'avanzo di amministrazione in
violazione del principio della prudenza; disallineamento tra i residui attivi e passivi
di parte capitale, indicativo di un utilizzo per cassa di risorse destinate ad
investimenti ovvero di un ritardo nell'utilizzazione di fondi destinati agli stessi;
mancato rispetto degli equilibri di parte capitale; totale dei residui passivi superiore
al totale dei residui attivi con fondo di cassa pari a zero; frequente ricorso alle
anticipazioni di tesoreria; impropria modalità della gestione di cassa, in particolare
mancata contabilizzazione delle movimentazioni relative all'anticipazione di liquidità
e mancata restituzione dell'anticipazione di tesoreria entro il 31 dicembre 2012;
esistenza di numerosi procedimenti di esecuzione forzata; elevato volume
complessivo della spesa del personale e violazione dei limiti di legge ; mancata
conciliazione delle partite in conto terzi o non corretta imputazione all'interno della
voce “altri c/terzi”, con possibile elusione del patto di stabilità; mancata adozione
delle misure previste dalla normativa vigente in tema di tempestività dei pagamenti;
spese di rappresentanza non rispondenti alle finalità ed all'interesse istituzionale
dell'Ente.
Con particolare riguardo agli organismi partecipati, pur a fronte dell'imminente
avvio del nuovo sistema di contabilità e della operatività, dell'art. 147 quater, comma
4 Tuel, è risultata una diffusa mancanza di idonee misure organizzative volte alla
redazione del bilancio consolidato o, comunque, di forme di consolidamento dei
conti. Si è dunque rilevata la mancata conciliazione dei reciproci rapporti
debitori/creditori con le società partecipate, nonché la presenza di diversi organismi
partecipati in perdita.
Il dettato dell’art. 148 bis TUEL, così come introdotto dal D. L. n. 174 del 2012,
prevede che, in caso di pronuncia, l’Ente adotti entro sessanta giorni misure
correttive da comunicare tempestivamente alla Sezione, che, entro i successivi trenta
giorni, opera una valutazione sulla idoneità delle stesse a sanare le irregolarità
accertate. Se l’Ente non provvede ad inviarle o la verifica affidata alla Sezione dia
esito negativo è preclusa l’attuazione dei programmi di spesa per i quali è stata
accertata la mancata copertura o l’insussistenza della relativa sostenibilità
finanziaria.
Tali controlli sono stati svolti da alcune Sezioni in via sperimentale con modalità
procedurali innovative18, integrando i dati contabili risultanti dalle Linee guida sui
rendiconti 2012 emesse dalla Sezione delle Autonomie con indicatori considerati di
particolare significatività, estrapolati dal Si.Que.L. (Sistema informativo Questionari
degli Enti Locali), dal SIRTEL (Sistema informativo Rendicontazione Telematica
Enti Locali), dal ConosCo (Sistema conoscitiva della Corte dei Conti).
Valido ausilio nell'approfondimento e nell'attività di riscontro è stato offerto
dagli ulteriori strumenti conoscitivi a disposizione della Sezione, quali la Relazione
resa, ai sensi dell'art. 148 TUEL, dal Presidente della Provincia e dal Sindaco sul
armonizzata ai sensi del D. Lgs. n. 118 del 2011, come integrato e modificato dal D. Lgs. n. 126 del
2014, ciò anche ai fini di una corretta quantificazione del fondo svalutazione crediti e
dell’applicazione dell'avanzo di amministrazione.
18
Sezione di controllo per le Marche.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 172
sistema dei controlli interni e la Relazione di fine mandato di cui all'art. 4 del D.Lgs.
n. 149 del 6 settembre 2011 e successive modificazioni, facendo rilevare, in molti
casi: organizzazioni dei servizi non adeguatamente strutturate sulla base delle
esigenze della popolazione; carente adeguamento alle norme in materia di servizi
pubblici locali; mancato confronto della convenienza economica tra
esternalizzazione e gestione diretta; assenza di accantonamenti per il contenzioso in
essere; non adeguamento del regolamento di contabilità all'art.147-quinquies del
Tuel. L’esame di dette linee di attività sono, in alcuni casi, confluite nelle delibere
sui rendiconti 2012 degli Enti territoriali19, mentre in altri hanno costituito oggetto di
specifiche delibere20.
L’art. 3, comma 1, lett. r) del D. L. n. 174/2012, che ha inserito gli artt. 243 bis e
ss. Tuel, ha anche previsto la possibilità per gli enti locali che versino in condizioni
di squilibrio del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario e qualora le
misure ex artt.193-194 del TUEL non siano sufficienti a superare tali condizioni, di
ricorrere alla cd. procedura di riequilibrio finanziario pluriennale.
Va, al riguardo, rappresentato il notevole sforzo delle Sezioni regionali di
controllo impegnate in questa nuova tipologia di verifica, alcune delle quali in modo
alquanto significativo, sia per il numero di piani di riequilibrio sottoposti all’esame 21,
sia per la complessità delle singole fattispecie esaminate. Tale attività prevede, in
caso di approvazione del piano, l’avvio di controlli semestrali ciclici finalizzati alla
verifica del raggiungimento degli step intermedi di risanamento, preventivati nel
piano medesimo, ovvero il riesame dello stesso se il piano di riequilibrio sia stato
ripresentato, ai sensi dell’art. 1, commi 573 bis e 573 ter della legge 147 del 2013
(legge di stabilità 2014), come modificato dall’art. 3 della legge n. 68 del 2014.
Per il 2014, la facoltà di riproposizione introdotta al comma 573 bis della legge
27 dicembre 2013 n. 147 (Stabilità 2014) dal D.L. n. 16 del 2014, risultava riferita ai
piani di riequilibrio presentati nel 2013, nei casi di intervenuta pronuncia di diniego
di approvazione da parte della Sezione regionale di controllo o dalle Sezioni Riunite
in sede giurisdizionale in speciale composizione della Corte dei conti22. La
riproposizione è stata subordinata all'avvenuto conseguimento, da parte dell'ente, di
un miglioramento ( inteso sia come aumento dell'avanzo di amministrazione che
come diminuzione del disavanzo) registrato nell'ultimo rendiconto approvato. La
predetta possibilità si accompagnava a quella prevista dal comma 573, di ripresentare
il piano di riequilibrio anche nel caso di diniego d'approvazione da parte del
consiglio comunale23.
19
Sezione di controllo per la Puglia.
Sezione di controllo per il Lazio; Sezione di controllo per il Piemonte; Sezione di controllo per
l’Abruzzo
21
Sezione di controllo per la Campania; Sezione di controllo per la Puglia; Sezione di controllo per la
Calabria; Sezione di controllo per la Sicilia.
20
22 Nel caso di impugnazione ex articolo 243-quater, comma 5, del Tuel della decisione della predetta Sezione.
23
Quest'ultima facoltà - esercitabile, analogamente alla precedente, entro il termine di
centoventi giorni dall'entrata in vigore dello stesso D.L. n. 16/2014 - era subordinata alla
diversa circostanza che gli enti locali interessati dimostrassero dinanzi alla competente
Sezione regionale di controllo un miglioramento della condizione di ente strutturalmente
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 173
La legge 23 dicembre 2014, n. 190 (stabilità 2015), al comma 546 dell'articolo
unico, ha disposto l'applicazione anche per l'esercizio 2015 delle sole disposizioni
contenute nel comma 573-bis della legge 27 dicembre 2013 n. 147.
5. Controllo successivo sulla gestione
Nell’esercizio di detta funzione le Sezioni regionali sono chiamate a verificare
la legittimità e la regolarità delle gestioni, il funzionamento dei controlli interni a
ciascuna amministrazione e la rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa
agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi
dello svolgimento dell’azione amministrativa.
Al controllo sulla gestione, nell’accezione, quindi, del controllo sui risultati
complessivi o settoriali delle gestioni di cui alla legge n. 20 del 1994, si sono negli
anni affiancati gli ulteriori compiti intestati dalla legge a ciascuna Sezione, a cui si è
sin qui fatto cenno, che hanno assorbito notevoli risorse umane e strumentali al punto
da ridurre la possibilità di programmare ulteriori indagini.
Ciò nonostante, anche nel 2014 molte Sezioni di controllo hanno portato a
compimento indagini di controllo sulla gestione o comunque hanno programmato
indagini che risultano allo stato in corso di svolgimento24.
deficitario, ai sensi dell'articolo 242 del Testo unico, secondo i parametri indicati nel decreto
del ministro dell'Interno
24
Sezione di controllo per la Valle D’Aosta (relazione sulla gestione regionale delle funzioni statali);
Sezione di controllo per il Piemonte (controllo sugli atti di spesa relativi a incarichi di rappresentanza,
pubblicità, mostre e convegni, nonché a collaborazioni, consulenze studi e ricerche ai sensi dell'art. 1,
comma 1.73 L. n. 266/2005; controllo sui regolamenti inerenti gli incarichi di collaborazione esterna
approvati dagli enti locali, ai sensi del comma 57 dell'art. 3 della legge n. 244/2007; utilizzo dei fondi
strutturali nell’ambito della relazione sulla parifica); Sezione di controllo per l’Abruzzo (indagine sul
concreto impiego delle risorse finanziarie erogate per gli interventi di ricostruzione nonché
economicità, efficacia ed efficienza della gestione delle stesse a seguito dell’evento sismico
del 6 aprile 2009 in L’Aquila e nelle rimanenti aree colpite dal sisma); Sezione di controllo per
la Sardegna (specifici controlli: sulla gestione delle partecipazioni della Regione, della Provincia di
Cagliari e degli altri enti territoriali; sulla gestione delle risorse finanziarie e sulle forme di gestione
delle aree marine protette; sulla gestione finanziaria dell’Agenzia governativa regionale “Sardegna
promozione”; rilevazione di aperture di credito - funzionari delegati della Regione; finanziamenti
della Regione al Sistema Universitario Regionale; interventi regionali finanziati con programmi
comunitari) Sezione di controllo per la Basilicata (utilizzo delle risorse generate dall’estrazione
petrolifera in Basilicata); Sezione di controllo per la Sicilia (relazione sulla finanza locale; verifica
delle misure adottate a seguito di precedenti indagini in materia di partecipate regionali e degli enti
locali); Sezione di controllo per le Marche (provvedimenti conseguenziali alla deliberazione nei
confronti dell’Inrca); Sezione di controllo per il Friuli Venezia Giulia (utilizzo dei fondi strutturali;
indagine sulle società partecipate); Sezione di controllo per il Molise (indagini sulle spese relative a
consulenze esterne, nonché ad attività di relazioni pubbliche, convegni mostre, pubblicità e
rappresentanza; adempimenti conseguenti alle deliberazioni nn.36 del 14 giugno 2010 e 37 del 15
luglio 2010 adottate in merito agli interventi post-sisma); Sezione di controllo per il Trentino Alto
Adige – sede di Trento (controllo sulla gestione dell’Università di Trento). Alcune Sezioni hanno
ricondotto a questa tipologia di controllo la verifica degli esiti del controllo svolto sulla sana gestione
finanziaria e sul funzionamento dei controlli interni (Sezione di controllo per l’Umbria).
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 174
6. Controllo preventivo di legittimità su atti e successivo
Le Sezioni regionali – accanto al tradizionale controllo di legittimità - ai fini
dell’apposizione del visto e della registrazione - sugli atti delle Amministrazioni
periferiche dello Stato aventi sede nella circoscrizione territoriale di competenza ed
ai controlli sui rendiconti dei funzionari delegati, esercitano un controllo successivo
di legittimità su atti, ai sensi dell'art. l'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo
30 giugno 2011, n. 123. In base a tale norma, gli atti ai quali si dà seguito sotto la
responsabilità del dirigente, nonostante le osservazioni del competente ufficio di
controllo (ufficio centrale di bilancio – U.C.B.), devono essere trasmessi, corredati
dalle osservazioni e dalla relativa documentazione, al competente ufficio di controllo
della Corte dei conti. Tale tipologia di controllo, da esercitarsi secondo le
indicazioni contenute nella deliberazione delle Sezioni Riunite n. 9/CONTR/2012,
richiede di sottoporre “ad un particolare ed immediato esame gli atti che non hanno
superato il vaglio dell’ufficio di controllo di ragioneria, ai fini di una valutazione
puntuale della correttezza da parte del dirigente dell’esercizio della facoltà di dare
corso comunque ai provvedimenti in parola”.
7. Attività consultiva
L’attività consultiva svolta ai sensi dell'art. 7, comma 8, della legge n.131/2003
riguarda le richieste di pareri in materia di contabilità pubblica inoltrate dalla
Regione e dagli Enti locali alla Sezione di controllo competente per territorio.
Rappresenta una attività che riveste un sempre maggiore interesse negli Enti
territoriali, i quali si trovano a dover dare applicazione ad un insieme di norme, il cui
dettato letterale appare spesso non del tutto chiaro e coerente rispetto al corpus
normativo nel quale va ad innestarsi.
Le Sezioni regionali nell’anno 2014 sono state chiamate a pronunciarsi su una
variegata pluralità di argomenti. Si segnalano, in particolare, numerosi pareri in
materia di spese di personale dell’ente locale25 e delle società partecipate26,
argomento ricorrente anche nelle Regioni a Statuto speciale27. Ricorrenti sono state
inoltre le richieste di pareri in materia di corretta gestione contabile dei debiti fuori
bilancio28, destinazione dei proventi derivanti dalle sanzioni per le violazioni al
25
Deliberazioni 43/2014, 146/2014 e 184/2014 Sezione di controllo per il Molise; Deliberazioni
37/2014 e 155/2014 Sezione di controllo per la Campania; Deliberazioni 171/2014, 181/2014 e
188/2014 Sezione di controllo per l’Emilia Romagna; Deliberazioni 5/2014, 15/2014, 18/2014 e
92/2014 Sezione di controllo per la Basilicata; Deliberazioni 61/2014 e 67/2014 Sezione di controllo
per le Marche; Deliberazioni 15/2014, 53/2014, 176/2014 Sezione di controllo per l’Umbria.
26
Deliberazione 19/2014 Sezione di controllo per la Liguria; Deliberazione 325/2014 Sezione di
controllo per la Lombardia
27
Deliberazioni 113/2014, 114/2014 e 159/2014 Sezione di controllo per il Friuli Venezia Giulia;
Deliberazioni 36/2014, 99/2014 e 114/2014 Sezione di controllo per la Regione siciliana;
28
Deliberazione 173/2014 Sezione di controllo per il Molise; Deliberazione 100/2014 Sezione di
controllo per il Piemonte; Deliberazione 31/2014 Sezione di controllo per la Liguria; Deliberazioni
10/2014 e 29/2014 Sezione di controllo per la Basilicata.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 175
codice della strada29, utilizzazione di entrate a specifica destinazione30, modalità di
gestione degli organismi partecipati31.
Sono stati sottoposti all’attenzione dei Collegi delle Sezioni regionali di
controllo, altresì le seguenti tematiche: le modalità di composizione del Fondo per la
contrattazione integrativa32; la normativa in materia di incarichi di studio, consulenza
e ricerca33; questioni riguardanti le indennità, i rimborsi e gli oneri in favore degli
amministratori locali34; le modalità di applicazione dell’incentivo previsto dall’art.
92, comma 5, del D. Lgs. n. 163/2006 (come modificato dalla l. 114/2014 e dal D. L.
n. 90/2014)35; il rimborso spese legali sostenute da amministratori di Enti
territoriali36; la capacità negoziale degli enti locali con riferimento agli atti a titolo
gratuito37; problematiche legate all’acquisto, manutenzione e noleggio di autovetture
pubbliche38; gli oneri previdenziali a favore di amministratori che svolgono lavoro
autonomo39; il divieto di stipula dei contratti di finanza derivata40; infine
l’interpretazione della normativa dettata dal codice dei contratti pubblici (D.Lgs.
12-4-2006 n. 163), oggetto di continue modifiche41.
Le Sezioni regionali di controllo nel corso del 2014, a fronte di nuove norme
meritevoli di interpretazione unitaria, per le ricadute sulla finanza pubblica ovvero
del profilarsi di un nuovo orientamento interpretativo rispetto a quello in precedenza
adottato da altre Sezioni, hanno deferito varie questione alla Sezione delle
Autonomie, ai sensi dell’articolo 6, comma 4, del d.l. 174/2012, per l’individuazione
di un criterio generale di orientamento. Resta comunque vigente il disposto
dell’articolo 17, comma 31, del D. L. n. 78 del 2009, convertito con modificazioni
dalla Legge n. 102 del 2009, che assegna al Presidente della Corte la facoltà di
29
Deliberazione 96/2014 Sezione di controllo per il Molise; Deliberazione 66/2014 Sezione di
controllo per l’Umbria.
30
Deliberazione 61/2014 Sezione di controllo per la Regione siciliana.
31
Deliberazione 55/2014 Sezione di controllo per la Liguria; ; Deliberazione 143/2014 Sezione di
controllo per le Marche; Deliberazioni 8/2014 e 13/2014 Sezione di controllo per la Regione Valle
D’Aosta;
32
Es. Deliberazione 25/2014 Sezione di controllo per la Basilicata; Deliberazione 176/2014 Sezione
di controllo per la Puglia.
33
Deliberazione 131/2014 Sezione di controllo per la Puglia.
34
Deliberazioni 112/2014 e 123/2014 Sezione di controllo per la Puglia; Deliberazione 145/2014
Sezione di controllo per il Molise; Deliberazioni 267/2014 e 273/2014 Sezione di controllo per il
Piemonte; Deliberazione 16/2014 Sezione di controllo per l’Umbria.
35
Deliberazione 33/2014 Sezione di controllo per la Puglia; Deliberazioni 8/2014, 39/2014 e
197/2014 Sezione di controllo per il Piemonte; Deliberazione 183/2014 Sezione di controllo per
l’Emilia Romagna; Deliberazione 141/2014 Sezione di controllo per le Marche; Deliberazioni
246/2014 e 247/2014 Sezione di controllo per la Lombardia;
36
Deliberazione 185/2014 Sezione di controllo per il Molise; Deliberazione 21/2014 Sezione di
controllo per l’Umbria.
37
Deliberazione 205/2014 Sezione di controllo per la Campania; Deliberazione 174/2014 Sezione di
controllo per il Molise; Deliberazione 188/2014 Sezione di controllo per l’Umbria.
38
Deliberazione 225/2014 Sezione di controllo per l’Emilia Romagna.
39
Deliberazioni 27/2014 e 47/2014 Sezione di controllo per le Marche.
40
Deliberazione 222/2014 Sezione di controllo per la Lombardia.
41
Deliberazione 189/2014 Sezione di controllo per la Campania; ; Deliberazione 17/2014 Sezione di
controllo per la Regione siciliana.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 176
rimettere l’esame della questione alle Sezioni Riunite in sede di controllo, nei casi
riconosciuti dal Presidente stesso di eccezionale rilevanza ai fini del coordinamento
della finanza pubblica ovvero quando si tratti di applicazione di norme che
coinvolgono l’attività delle Sezioni centrali di controllo.
8. Altre tipologie di controllo
L'art. 13, comma 6 della legge n. 96/2012, che richiama la disciplina di cui
all’’art.12, comma 3, legge n. 515/1993 prevede la verifica dei rendiconti per le spese
elettorali sostenute dalle Liste elettorale avuto riguardo alle risorse che le hanno
finanziate, con esiti di accertamento dichiarativo e, ove ne ricorrano i presupposti
motivati, di condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria. L’attività è stata
espletata dai Collegi per le spese elettorali, incardinati presso le rispettive Sezioni
regionali di controllo in conformità alle indicazioni della Sezione delle Autonomie
circa la genetica natura referente ed ausiliaria della funzione svolta, e si è concretata
in deliberazioni collegiali, strutturate in forma di relazioni.
L’art. 11 del decreto legge 8 agosto 2013 n. 91, convertito, con modificazioni,
dalla legge 7 ottobre 2013 n. 112 ha dettato una articolata normativa per il
risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, gravate da situazioni di particolare
difficoltà economico-patrimoniale. In particolare è stato previsto, tra l’altro, l’invio
alla Sezione regionale di controllo del contratto aziendale di lavoro, perché
quest’ultima certifichi l'attendibilità dei costi quantificati e la loro compatibilità con
gli strumenti di programmazione e bilancio, deliberando entro trenta giorni dalla
ricezione, decorsi i quali la certificazione si intende effettuata positivamente. Se la
certificazione è positiva, la fondazione è autorizzata a sottoscrivere definitivamente
l'accordo. In caso di certificazione non positiva della Sezione Regionale di controllo
della Corte dei conti competente42, le parti contraenti non possono procedere alla
sottoscrizione definitiva dell'ipotesi di accordo e la fondazione riapre le trattative per
la sottoscrizione di una nuova ipotesi di accordo, comunque sottoposta alla predetta
procedura di certificazione. Avverso le delibere delle Sezioni regionali di controllo le
parti interessate possono ricorrere alle Sezioni Riunite della Corte dei conti in
speciale composizione ai sensi dell'articolo 1, comma 169 della legge 24 dicembre
2012, n. 228.
Infine, in adesione all'indicazione della legge n. 131/2003, per cui la Corte
assicura alle amministrazioni territoriali "forme di collaborazione" anche diverse da
quelle normativamente tipizzate, la Sezione di controllo per la Toscana ha accolto la
proposta dell'Amministrazione regionale di effettuare una due diligence sulla
funzionalità dei controlli attualmente praticati dalla Regione Toscana sugli enti del
Servizio sanitario regionale.
42
In merito si sono pronunciate la Sezione di controllo per la Campania con la deliberazione n.
194/2014 e la Sezione di controllo per la Toscana con la deliberazione n. 23/2014.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 177
CAPITOLO VIII
L’ATTIVITÀ GIURISDIZIONALE
1.
Gli ambiti della giurisdizione contabile.
E’ incontroverso che la “questione di giurisdizione” debba essere risolta dal
giudice adito per il merito in via prioritaria, dal momento che la potestas iudicandi è
un presupposto del processo e che il giudice non può decidere sul merito prima di
aver riscontrato l’esistenza di tutti i presupposti.
La nozione di pregiudizialità, ovviamente, va intesa come necessità che la
relativa questione sia risolta prima delle questioni sull’esistenza del diritto
sostanziale dedotto in causa, ancorché non necessariamente in una fase processuale
strutturalmente distinta e cronologicamente anteriore rispetto a quella destinata
all’accertamento sul merito.
La giurisdizione rappresenta un requisito indefettibile per l’emanazione di
provvedimenti validi da parte del giudice, posto che la stessa deve sussistere affinché
il processo possa pervenire alla sentenza che accoglie o respinge la domanda,
affermando o negando il diritto (nel caso della responsabilità amministrativocontabile: diritto a risarcimento o ad una restituzione o ad altra misura a contenuto
patrimoniale) azionato dall’attore che ha attivato il giudizio.
L’indefettibilità del requisito in discorso - presidiata da rimedi quali il
regolamento preventivo o quello successivo di giurisdizione definiti dalle Sezioni
Unite civili della Corte di Cassazione, che possono rispettivamente condurre a
paralizzare il prosieguo del processo contabile oppure a determinarne la caducazione
postuma (eccetto i casi della “translatio iudicii” oggi normativamente disciplinata) spiega del resto come i giudizi e le decisioni della Corte dei conti siano sovente resi
oggetto di impugnative proposte innanzi al giudice regolatore del riparto di
giurisdizione.
Nel 2014, come in passato, le Sezioni Unite sono state più volte chiamate a
pronunciare su questioni riguardanti la potestà cognitiva contabile ed hanno
provveduto a chiarirne, attraverso la delimitazione del concetto di motivi inerenti alla
giurisdizione, l’ambito soggettivo e oggettivo.
Fra i temi in rilievo vi è quello dell’osservanza del divieto (in generale) del “ne
bis in idem”, veicolata attraverso motivi di impugnazione concernenti il rapporto tra
il giudizio contabile ed altri giudizi attivati, talvolta in parallelo, innanzi al giudice
ordinario penale, civile od al giudice amministrativo.
Una prima decisione ha chiarito che l'azione di responsabilità amministrativa
esperibile da parte del Procuratore della Corte dei conti, anche dopo l'entrata in
vigore dell'art. 1 della legge n. 20/1994, nei confronti dei dipendenti di un ente
pubblico economico (nella specie, l'Ente Poste privatizzato, con riguardo a fatti
anteriori alla trasformazione in società per azioni), non esclude la possibilità del
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 179
datore di lavoro di promuovere l'ordinaria azione civilistica risarcitoria, per
violazione della disciplina contrattuale del rapporto di lavoro privatistico, poiché la
giurisdizione civile e quella contabile sono reciprocamente indipendenti nei loro
profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale, sicché il
rapporto tra le due azioni si pone in termini di alternatività anziché di esclusività,
dando luogo a questioni non di giurisdizione, ma di proponibilità della domanda. 43
Una seconda decisione, riguardante il rapporto intercorrente tra
l'Amministrazione ed i soggetti beneficiari di risorse pubbliche, ha ribadito
l'autonomia del giudizio amministrativo - contabile dal giudizio ordinario, civile o
penale o amministrativo che può esser instaurato nei confronti degli stessi soggetti
passivi dell'azione contabile.
L’autonomia (locuzione espressiva forse meglio calzante della cd. “separatezza”
dei processi) scaturisce dalla diversità tra l'azione del Procuratore contabile e quella
che l'amministrazione può autonomamente promuovere nei confronti del soggetto
autore del danno per farne valere la responsabilità, agendo il Procuratore Generale
della Corte dei conti nell'esercizio di una funzione obiettiva e neutrale, rivolta alla
repressione dei danni erariali conseguenti ad illeciti amministrativi, rappresentando
l'interesse generale al corretto esercizio delle attività dei soggetti attratti nell'orbita
dell'organizzazione amministrativa per realizzarne le finalità, interesse direttamente
riconducibile al rispetto dell'ordinamento giuridico nei suoi aspetti generali ed
indifferenziati.
Una terza decisone ha ribadito che una dedotta incoerenza tra proscioglimento
intervenuto in sede penale e sussistenza della responsabilità erariale per la medesima
condotta non integra una questione che possa essere considerata esorbitante dai
limiti interni della giurisdizione contabile. 44
In sintesi, la giurisdizione contabile sussiste indipendentemente dall'esercizio di
azioni civili o penali o amministrative di responsabilità dei soggetti, anche privati,
per i medesimi fatti materiali. 45
La notevole rilevanza ordinamentale del tema è confermata dalla circostanza
che, nel corso del 2014, anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo
ha avuto occasione di occuparsi del “ne bis in idem”, pronunciandosi per due volte
sulla coerenza del sistema legislativo italiano con due fondamentali principi sanciti
dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
I diritti portati in controversia sono il diritto ad un equo processo (art. 6 § 1
della CEDU) ed il diritto a non essere giudicati o puniti due volte per lo stesso fatto
(art. 4 del Protocollo n.72).
Le ragioni sulle quali si fondano le eventuali violazioni dei diritti all’equo
processo e a non essere giudicati o puniti due volte per lo stesso fatto sono radicate in
43
44
45
SS.UU. sent. n. 63/14.
SS.UU. sent. n. 11229/14.
SS.UU. ord. n. 22114/14.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 180
orientamenti europei ormai ampiamente sedimentati, sia della Corte di Strasburgo
(CEDU), sia della Corte di Lussemburgo (CGUE).
Entrambe offrono un’interpretazione sostanzialistica della natura penale delle
norme di diritto interno, piuttosto che una qualificazione collegata al “nomen” di
volta in volta utilizzato dai sistemi ordinamentali di riferimento.
La simmetria ermeneutica è chiara, anche se talvolta nelle decisioni emerge una
distonia solo apparente, in quanto, da un lato, la Corte di Strasburgo afferma che la
Convenzione EDU osta a misure di doppia sanzione, amministrativa e penale e non
sembra estendere la sfera applicativa del ne bis in idem in via generale, ma solo per
le ipotesi in cui la procedura amministrativa trasmodi in una procedura penale in
ragione della particolare afflittività della sanzione; dall’altro lato, la Corte di
Lussemburgo, pur ammettendo in via generale la combinazione di sanzioni fiscali
(amministrative) e penali, sembra imporre al giudice l’obbligo di verificare che, in
concreto, esse non rivelino invece una doppia sanzione penale, alla luce di criteri
analoghi ed in parte ulteriori rispetto a quelli fissati dalla Corte EDU.
Ad ogni modo, la CEDU ha rammentato la sua costante giurisprudenza in
base alla quale, al fine di poter ricondurre una determinata figura normativa –
sanzionatoria nella materia penale (cioè al fine di stabilire che si trovi al cospetto di
una «accusa in materia penale») occorre tener presente tre criteri (noti come criteri
di Engel): 1) la qualificazione giuridica della misura; 2) la natura della misura; 3) la
natura e il grado di severità della «sanzione».
Gli anzidetti criteri sono definiti come alternativi e non cumulativi e, pertanto,
affinché si possa parlare di «accusa in materia penale» è sufficiente che l’illecito in
causa sia di natura «penale» rispetto alla Convenzione o abbia esposto l'interessato a
una sanzione che, “per natura e livello di gravità”, rientri in linea generale
nell’ambito della «materia penale».
In ogni caso, l’alternatività dei criteri ermeneutici enucleati non impedisce di
adottare un approccio unitario quando l'analisi separata di ciascuno di essi non
permette di arrivare ad una conclusione chiara in merito alla sussistenza di una
«accusa in materia penale»
Orbene, con la sentenza pronunciata nella causa “Grande Stevens e altri contro
Italia” la CEDU ha ravvisato l’avvenuta violazione dei principi, in considerazione
del fatto che, in un procedimento avente natura formalmente amministrativa (e da
ritenersi invece sostanzialmente di natura penale) erano state irrogate sanzioni riferita
ad un illecito formalmente di tipo amministrativo, ma sostanziatosi in un'accusa di
natura penale.
Di contro, con la sentenza pronunciata nella causa “Rigolio contro Italia”, è
stata decisamente esclusa la violazione del divieto del ne bis in idem.
La pronuncia ha chiarito, infatti, che la condanna della Corte dei conti in materia
di responsabilità amministrativa è volta al risarcimento di un pregiudizio avente
“natura finanziaria” e non alla comminatoria di una pena.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 181
In sintesi, la natura essenzialmente risarcitoria (quindi non “sanzionatoria”) della
responsabilità amministrativa su cui giudica la Corte dei conti esclude - in radice e
fintanto che rimanga tale nel sistema ordinamentale italiano - che possa configurarsi
il “bis in idem” quando l’agente responsabile abbia risposto presso un diverso plesso
giurisdizionale per gli stessi fatti materiali, ma ad altro titolo.
Una distinta problematica - stavolta di profilo squisitamente processuale - è stata
risolta dalla Cassazione con riferimento alle questioni di giurisdizione ed al loro
emergere nei giudizi di responsabilità.
Confermando indirizzi maturati da tempo, è stato ribadito che in applicazione
del terzo comma dell'art. 360 c.p.c., come modificato dall'art. 2 del d.lgs. n. 40/2006
non è direttamente ed immediatamente impugnabile per cassazione la sentenza che
abbia deciso soltanto sulla questione di giurisdizione, senza definire il giudizio. Il
principio è applicabile anche con riferimento alle sentenze emesse in grado di
appello o in unico grado da un giudice speciale, che possono essere impugnate con
ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione solo nell'ipotesi in cui il
giudice speciale abbia affermato la propria giurisdizione ed abbia definito, sia pure
parzialmente, il giudizio. 46
In relazione all’ambito “oggettivo” della potestà cognitiva e decisionale
esercitabile dal giudice contabile, invece, vanno segnalati gli arresti giurisprudenziali
47
che hanno escluso la riconducibilità alla perimetrazione dei limiti esterni della
giurisdizione di questioni attinenti, rispettivamente:
- al presupposto dell’esistenza di una “specifica e concreta notizia di danno” che
costituisce condizione di proponibilità dell’azione di responsabilità erariale,
affermando che le questioni concernenti la sussistenza di tale requisito non
riguardano i limiti esterni della giurisdizione contabile, né l’essenza stessa della
funzione giurisdizionale, ma solo la sua modalità operativa, integrando soltanto
eventuali errores in procedendo o in iudicando, come tali afferenti i limiti interni
della giurisdizione.
- alla sindacabilità del cd. eccesso di potere giurisdizionale quanto ad una
decisione della Corte dei conti che, lungi dall'escludere l'astratta proponibilità
dell'impugnazione incidentale ove un possibile diverso esito della controversia
possa dipendere dall'accoglimento del gravame principale, abbia dichiarato
tardivo l'appello incidentale, qualificandolo come autonomo, sull'assunto che
l'interesse ad impugnare la decisione non possa essere fatto discendere
dall'impugnazione principale essendo state le parti condannate, in primo grado, a
pagare solo una quota parte del danno da risarcire, trattandosi di soluzione che
può integrare un "error in procedendo", non inerente all'essenza della
giurisdizione o allo sconfinamento dei suoi limiti esterni, ma solo al modo in cui è
stata esercitata.
46
47
SS.UU. sent. n. 25139/14.
SS.UU. n. 5490, n. 7847, n. 22114 e n. 22951.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 182
- alla sindacabilità di un’asserita scelta discrezionale riservata alla competenza di
una Regione, non essendo invece ravvisabile nessun eccesso di potere
giurisdizionale da parte della Corte dei conti costituendo l'interesse che persegue
il Procuratore e la finalità che il giudizio contabile è diretto a realizzare - la
reintegra del patrimonio pubblico - il fondamento del suo potere di agire d'ufficio
al di fuori ed anche contro le determinazioni dell'amministrazione e pur dopo
l'acquisizione dei visti e pareri degli organi amministrativi di controllo e senza
perciò vulnerare l'autonomia legislativa o organizzativa della Regione essendo
l'esercizio dell'azione contabile consequenziale al programma di interesse
pubblico dalla stessa stabilito.
- alla sussistenza di un’ipotesi di eccesso di potere giurisdizionale perpetrato ai
danni del legislatore con riferimento ad un'attività interpretativa di norma di legge
- non dell'esito dell'interpretazione - nessun eccesso essendo configurabile le volte
in cui emerga, con evidenza, che una interpretazione sia stata svolta (e ciò vale
anche per l'ipotesi opposta di eccesso di natura "creatrice") 48 .
Peraltro, com'è noto, non è consentita alcuna verifica degli errores in iudicando
o in procedendo eventualmente commessi dal giudice speciale.
Pure la tematica della sussistenza o meno della giurisdizione contabile su società
di diritto privato partecipate da socio pubblico ha registrato, nell’anno 2014,
numerose pronunce della Cassazione.
Sono state trattate vicende contenziose riferite a società caratterizzate da
peculiari situazioni normative o statutarie, con l’affermazione della giurisdizione
speciale:
- nel caso di ANAS s.p.a. avendo la società caratteristiche specifiche tali da far
ritenere che il suo patrimonio abbia conservato i connotati pubblicistici, che sono
l'indispensabile presupposto della giurisdizione contabile e che, correlativamente,
coloro i quali per essa agiscono incidendo su quel patrimonio rientrino nel novero
dei soggetti ai quali detta giurisdizione si estende. Depone in questo senso,
anzitutto, la genesi stessa della Società, direttamente derivante da un atto
normativo e non, come è naturale in società di diritto privato, da un atto negoziale,
ancorché posto in essere dalla pubblica amministrazione in forza della capacità di
agire iure privatorum che ad essa compete. Sotto questo profilo appare quindi
lecito adoperare, a tal proposito, la definizione di "società legale": società che,
perciò stesso, si pone su un piano diverso dal fenomeno negoziale previsto e
disciplinato dal codice civile, ancorché possa mutuarne, per espressa previsione di
legge, una o più caratteristiche. Non meno indicativa è la circostanza che il suo
statuto e le eventuali successive modificazioni di esso debbano essere approvati
con decreto ministeriale, e che sempre con decreto ministeriale sia determinato il
capitale sociale, al quale i residui passivi spettanti all'Anas sono conferiti
mediante un atto amministrativo del competente ministero. Infine, il permanere
48
SS.UU. decisioni dalla n. 22951 alla n. 22979 del 2014.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 183
dei connotati pubblicistici dell'Anas è testimoniato anche da ulteriori significative
disposizioni. 49
- nel caso di Società di servizi dal cui Statuto emergono speciali caratteristiche
quali: a) oggetto sociale coincidente con il fine istituzionale demandato alla
Provincia affidante del servizio e che diviene la destinatala dell'attività principale
della società, le cui iniziative sono limitate ad attività complementari e connesse;
b) potere dell'ente affidante di ingerenza, coordinamento e supervisione
dell'amministrazione - "controllo dinamico" - e sulla regolarità amministrativa e
contabile - controllo strategico - per valutare l'adeguatezza delle scelte gestionali
compiute in termini di congruenza tra risultati conseguiti ed obiettivi predefiniti;
c) potestà di indirizzo ed influenza vincolanti sulle strategie e politiche aziendali;
d) scelta preponderante o esclusiva dell'organo amministrativo; e) limitata
autonomia finanziaria, statutaria e di apertura al mercato esterno; f) autonomia
gestionale e decisionale dell'amministratore unico, dalla stessa nominato,
rigidamente vincolata; g) capacità negoziale soggetta a rigoroso controllo
preventivo e successivo dell'ente affidante; h) obbligo stringente di report
dell'attività; i) osservanza delle procedure di evidenza pubblica nella stipula dei
contratti; l) copertura dei costi con i ricavi delle tariffe imposte per il servizio, con
conseguente configurazione della società quale strumento di cui l'amministrazione
pubblica si avvale per l'autoproduzione - in house providing - del servizio
pubblico essenziale della gestione dei rifiuti. 50
- nel caso di Società che abbia intessuto con la PA un rapporto basato su
concessione del tipo cosiddetto "chiavi in mano", che comporta l'attribuzione al
concessionario di attività sicuramente pertinenti alla pubblica amministrazione,
quali la progettazione, la redazione dei progetti esecutivi e la direzione lavori,
essendo peraltro devoluto alla giurisdizione della Corte dei conti il giudizio di
cognizione introdotto con azione di responsabilità amministrativo-contabile
proposta nei confronti del concessionario per la costruzione di un'opera pubblica,
dovendosi ritenere che quel particolare tipo di concessione, in quanto idonea ad
investire il concessionario di poteri spettanti di regola all'amministrazione
concedente, non si risolve in un mero contratto d'appalto avente ad oggetto la
materiale realizzazione dell'opera, ma implica l'instaurazione di un rapporto di
servizio tale da collocare il soggetto preposto in condizione di compartecipe
dell'attività amministrativa dell'ente pubblico preponente. 51
Viceversa, la giurisdizione contabile è stata negata (in favore di quella ordinaria
del giudice civile attivabile tramite le azioni sociali civilistiche) :
- in numerosi casi di azioni di responsabilità attivate dal PM contabile nei confronti
di società di diritto privato partecipate da socio pubblico nel presupposto
dell’avvenuta verificazione di un danno erariale, ma senza considerare quanto più
volte affermato dalle Sezioni Unite in ordine al fatto che dell’azione di
49
50
51
SS.UU. sent. n. 15594 e ord. n. 16240
SS.UU. ord. n. 16622.
SS.UU. ord. n. 26942.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 184
risarcimento del danno subito da una società a partecipazione pubblica per effetto
di condotte illecite dei dipendenti può conoscere il solo giudice ordinario "in
quanto l'autonomia patrimoniale di essa esclude ogni rapporto di servizio tra
agente ed ente pubblico danneggiato e impedisce di configurare come erariali le
perdite che restano esclusivamente della società, che è regolata nel caso come
ogni altro soggetto sovrapersonale di diritto privato". La giurisdizione della Corte
dei conti è stata, invece, affermata, sia quando l'azione di responsabilità miri al
risarcimento di un danno che - come nel caso del danno all'immagine - sia stato
arrecato al socio pubblico direttamente, e non quindi quale mero riflesso della
perdita di valore della partecipazione sociale conseguente al danno arrecato alla
società, sia quando essa trovi fondamento nel comportamento di chi, quale
rappresentante dell'ente partecipante o comunque titolare del potere di decidere
per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio o li
abbia comunque esercitati in modo tale da pregiudicare il valore della
partecipazione. 52
- nel caso di Ferrovie dello Stato s.p.a., trattandosi di società che svolge un'attività
economica e commerciale in regime di mercato libero e la cui veste giuridica non
rappresenta un mero schermo di copertura di una struttura amministrativa
pubblica e la cui autonomia patrimoniale esclude ogni rapporto di servizio tra
agente ed ente pubblico danneggiato e impedisce di configurare come erariali le
perdite che restano esclusivamente della società, regolata come ogni altro soggetto
sovrapersonale di diritto privato. 53
Naturalmente il tema dei flussi finanziari indirizzati verso società di diritto
privato partecipate da socio pubblico non va erroneamente confuso con il tema,
distinto e diverso, di flussi finanziari pubblici “vincolati e finalizzati” ed oggetto di
un programma pubblicistico di cui possono diventare destinatari soggetti privati
(società ma anche singole persone fisiche) che assumono, per questo e ad ogni
effetto, la veste sostanziale di agenti pubblici in rapporto di servizio in senso lato con
la PA.
Questa seconda e diversa ipotesi, infatti, giustifica, motiva ampiamente e radica
la sussistenza della giurisdizione contabile.
La Cassazione ha ritenuto validamente esercitabile od esercitata l’azione di
responsabilità amministrativa-patrimoniale nei confronti di persone fisiche, società
semplici o società di capitale (nonché di amministratori e dipendenti anche in
rapporto di servizio in senso lato o funzionalizzato con le medesime) che abbiano
ottenuto l’erogazione (semmai indebita) di contributo pubblico oppure lo abbiano
gestito per fini diversi da quelli per i quali era stato corrisposto. Resta quindi
integrata la chiara esistenza di un “danno erariale”
ingiusto subito
dall’Amministrazione pubblica che ha erogato le provvidenze, con perdita di fondi
pubblici, e si configura così un nocumento sul quale solo la Corte contabile può
esercitare dapprima il controllo di cui all'art. 100 Cost. e poi la giurisdizione di cui
52
53
SS.UU. decisioni nn. 3201, 5491, 7177, 15942, 15943, 22608, 22609, 22615 del 2014.
SS.UU. decisioni n. 71 del 2014 e n. 1159 del gennaio 2015.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 185
all'art. 103 della stessa carta fondamentale. Solo un corretto controllo contabile del
finanziamento può “impedire l'uso indebito del danaro pubblico oggetto di esso con
conseguente necessaria cognizione della causa avente ad oggetto tale abuso di fondi
pubblici da parte dell'indicato giudice contabile, dovendo ritenersi analogo al
rapporto di servizio quello tra il percettore del finanziamento che abusa di
quest'ultimo e l'amministrazione pubblica che lo eroga con i fondi del suo bilancio”.
54
Merita infine specifica segnalazione - sempre a proposito della corretta
individuazione degli ambiti della giurisdizione contabile - la pronuncia resa dalle
SS.UU. con riferimento alla responsabilità amministrativa ascrivibile nei casi di
illecita gestione (per colpa grave, consistente in difetto di vigilanza e di rispetto di
regole minime di trasparenza contabile e buona amministrazione) dei contributi
mensili erogati ai Gruppi consiliari regionali. 55
La Cassazione ha rilevato l'assoluta non plausibilità di una tesi che escluda il
sindacato contabile sull'attività dei gruppi consiliari in seno ai Consigli regionali e
dei relativi componenti, sul presupposto della natura puramente privatistica dei
gruppi medesimi e della relativa attività.
Inoltre, nemmeno l'eventuale carattere puramente privatistico dei gruppi e dei
relativi componenti (che pure appare smentibile) assumerebbe comunque carattere
dirimente ai fini dell'esclusione del sindacato della giurisdizione contabile della
Corte dei conti sulla gestione dei contributi pubblici erogati ai gruppi consiliari per il
loro funzionamento. Secondo consolidata giurisprudenza, la giurisdizione contabile
viene, infatti, a radicarsi in funzione non della qualità dell'agente (che ben può essere
un privato), ma della natura delle risorse utilizzate e dalla predeterminazione dello
scopo attraverso di esse perseguito.
L'affermazione della giurisdizione contabile di responsabilità, in definitiva, trova
adeguata giustificazione nella prospettazione di un pregiudizio connesso a condotta
idonea a frustrare la coerenza dell'utilizzazione dei contributi pubblici erogati con gli
specifici vincoli ad essi impressi dalla legge, vincoli dettagliatamente predefiniti per
legge e con esplicito esclusivo asservimento a finalità istituzionali del Consiglio
regionale e non a quella delle associazioni partitiche o, tanto meno, alle esigenze
personali di ciascun componente.
Diversa problematica, invece, è quella riguardante l’eventuale coesistenza tra le
nuove forme di rendicontazione annuale introdotte dal D.L. n. 174/2012 a carico dei
Gruppi consiliari regionali e l’obbligo di resa di un conto giudiziale. In proposito,
adita in sede di regolamento preventivo, la Cassazione ha ritenuto opportuno rinviare
la decisione a nuovo ruolo, in attesa di pronuncia della Corte costituzionale ed in
ragione della sostanziale identità di oggetto del giudizio per regolamento di
54
55
SS.UU. decisioni n. 77, n. 3310, n. 25138 del 2014.
SS.UU. sent. n. 23257/14.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 186
giurisdizione e di quelli per conflitto di attribuzione proposti da alcune Regioni e
tuttora pendenti. 56
Numerose “questioni di giurisdizione” sono state affrontate e risolte anche dalle
Sezioni giurisdizionali di appello della Corte dei conti.
La Prima Sezione centrale ha avuto modo:
-
di confermare il diniego di giurisdizione sancito in primo grado relativamente ad
un istituto bancario chiamato a responsabilità per avere gestito un’operazione
finanziaria - esitata con cattiva performance dell’investimento - senza tener
conto che il soggetto investitore era una Pubblica Amministrazione e che,
quindi, il profilo di investimento da prescegliere doveva garantire una prudente
gestione della liquidità. Il difetto di giurisdizione è stato ritenuto derivare dalla
non riscontrabilità dei presupposti necessari per considerare sussistente una
qualificazione di “tesoriere di fatto” in capo alla Banca, stante la mancanza del
requisito della gestione delle entrate e delle uscite dell’Ente ed essendosi la
Banca limitata ad effettuare operazioni specifiche senza ingerenza nel maneggio
del denaro e, quindi, senza instaurare alcun rapporto di tesoreria di fatto. 57
-
di confermare la giurisdizione su Casinò municipale in un caso di già avvenuta e
specifica regolazione in positivo della stessa da parte della Corte di cassazione
adita in sede di regolamento preventivo (senza puntuale individuazione del
soggetto passivo (amministrazione effettivamente danneggiata), dovendosi
reputare che l’individuazione del soggetto danneggiato attiene al merito del
giudizio e rientra nel potere decisionale del Giudice contabile secondo quanto
affermato da altre Sezioni d’appello di questa Corte su fattispecie analoghe (Sez.
III, sent. n. 258/2012 e Sez. II , sent. n. 130/2013), nonché considerato il
principio secondo cui il PM contabile non è un sostituto processuale né opera in
rappresentanza dell’amministrazione danneggiata, trattandosi invece di soggetto
pubblico che agisce per la tutela di un interesse proprio all'integrità
dell'ordinamento giuridico. 58
-
di confermare la giurisdizione - in fattispecie di concorso in danno derivato dalla
redazione, da parte di medico in regime di convenzione, di ricette
ideologicamente false per la prescrizione di farmaci a carico del SSN per
patologie diverse da quelle degli assistiti o in misura notevolmente eccedente le
necessità terapeutiche dei medesimi, ovvero intestando ricette ad assistiti
risultati deceduti anteriormente alla data della prescrizione - nei confronti di
farmacisti a rapporto convenzionale con il SSN i quali, così come i medici
convenzionati, partecipano all’erogazione di un pubblico servizio e sono tenuti
all'osservanza di procedure amministrative di carattere pubblicistico, finalizzate
all'espletamento del predetto servizio pubblico, disponendo ed impegnando con
la loro attività risorse pubbliche del SSN ed inserendosi così, in modo
56
57
58
SS.UU. varie ord. interlocutorie del 22.12.2014.
Sez. Prima, sent. n. 644.
Sez. Prima, sent. n. 677.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 187
continuativo nell'organizzazione strutturale, operativa e procedimentale del
medesimo SSN. 59
-
di confermare la giurisdizione nei confronti di soggetto privato amministratore
di società che ha indebitamente percepito e gestito fondi pubblici di provenienza
UE svolgendo una rilevante serie di attività delittuose finalizzate ad incamerare e
gestire finanziamenti della Commissione europea destinati ad incentivare la
ricerca tecnologica in ambito transazionale. 60
La Seconda Sezione centrale ha avuto modo:
-
di confermare la giurisdizione nei confronti di una dipendente di Poste italiane
s.p.a., stante l’avvenuta formazione del cd. “giudicato interno” sulla questione di
giurisdizione, non avendo la soccombente in prime cure proposto appello sul
punto 61
-
di escludere la giurisdizione nel caso di ricorso proposto ex art. 615 c.p.c. per
l’annullamento di cartella esattoriale con la quale è stato intimato in riscossione
il pagamento di somma relativa a condanna pecuniaria per danno erariale emessa
dalla Corte dei conti in favore del Ministero dell’Interno. La Sezione di appello
– dopo avere ritenuto che al ricorso sarebbe applicabile il rito previsto per i
giudizi ad istanza di parte, ai sensi dell’art. 58 del RD n 1038 del 13.08.1933
(che disciplina, in via residuale, la procedura relativa agli “altri giudizi ad
iniziativa di parte, di competenza della Corte dei conti, nei quali siano
interessati anche persone od enti diversi dallo Stato”, ha affermato che in
fattispecie la giurisdizione spetta al giudice ordinario, non sussistendo una
norma derogatoria delle disposizioni processualcivilistiche che preveda, con
riferimento al giudizio di esecuzione per la soddisfazione del diritto riconosciuto
in una sentenza di condanna della Corte dei conti, la giurisdizione del giudice
contabile 62
-
di affermare la giurisdizione nei confronti di società di diritto privato svolgente
attività di assistenza tecnica e finanziaria alle imprese in temporanea difficoltà
per favorirne il rilancio e la ricollocazione sul mercato, nonché di promozione e
sostegno tecnico e finanziario alle imprese anche per la salvaguardia dei livelli
occupativi in aree di regione autonoma investite da fenomeni di
deindustrializzazione, ritenendola qualificabile come società “in house
providing” al cospetto dei tre requisiti del: 1) capitale sociale integralmente
detenuto da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi e lo statuto
vieti la cessione delle partecipazioni a privati; 2) esplicazione della attività
prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo che l’eventuale attività
accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una
valenza meramente strumentale; 3) gestione assoggettata, per statuto, a forme di
controllo analoghe a quelle esercitate dall’ente pubblico sui propri uffici, con
59
60
61
62
Sez. Prima, sent. n. 947.
Sez. Prima, sent. n. 979.
Sez. Seconda, sent. n. 325.
Sez. Seconda, sent. n. 485.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 188
modalità e intensità di comando non riconducibili alle facoltà spettanti al socio
ai sensi del codice civile 63
-
di affermare la giurisdizione nei confronti di Istituto di credito concessionario di
attività relative all’erogazione di provvidenze ai sensi della legge n. 488/1992
cui è stato imputato, nonostante la conoscenza di gravi irregolarità perpetrate da
società destinataria delle provvidenze, di avere omesso di avvisare prontamente
il dicastero erogante affinché, stante la palese inaffidabilità finanziaria della
società percipiente, provvedesse alla revoca delle provvidenze e di non avere
provveduto tempestivamente alla escussione di polizza fideiussoria nei termini
previsti, il che ha comportato sicura impossibilità di recuperare il contributo
erogato 64
La Terza Sezione centrale ha avuto modo :
-
di affermare la giurisdizione nei confronti di danni cagionati
all'amministrazione appaltante dal direttore dei lavori che abbia svolto anche
l'incarico di progettista, considerando – in conformità a principio affermato dalla
Cassazione, che il direttore dei lavori è, sia pure temporaneamente, inserito
nell'apparato organizzativo della P.A., quale organo tecnico e straordinario della
stessa, con conseguente giurisdizione del giudice contabile. Quindi, pur se, per il
progettista, la giurisdizione spetterebbe al giudice ordinario, in difetto del
rapporto di servizio e considerata la necessaria approvazione del progetto da
parte dell'amministrazione, ove il danno erariale sia prospettato come derivante
dal complesso di tali attività sussiste la giurisdizione contabile. Da tale cumulo
di incarichi deriva, infatti, una complessiva attività professionale nella quale la
progettazione è prodromica alla successiva attività di direzione. 65
-
di affermare la giurisdizione - in virtù di nuovo indirizzo giurisprudenziale
inaugurato dalle Sezioni Unite Civili della Cassazione con la sentenza n.
26283/2013 - nei confronti di organi sociali per danni al patrimonio di una
società “in house”, integrando peraltro scelta palesemente illogica, diseconomica
e incongrua, con conseguente spreco di denaro pubblico in danno del Comune,
quella con la quale una Giunta comunale
decide di procedere alla
ricapitalizzazione della società partecipata laddove sia altamente prevedibile che
tale investimento, operato in un momento in cui il bilancio societario non può
garantire la continuità aziendale, serva solo a coprire gravi perdite di
quest’ultima senza tuttavia salvarla dallo scioglimento e liquidazione. 66
-
di negare – in fattispecie di malagestio societaria causatrice di danno diretto al
patrimonio societario e non di un danno diretto alla P.A. - la sussistenza della
giurisdizione nei confronti di società partecipata (per il 51% a capitale pubblico
e per il restante 49% a capitale privato) incaricata della gestione del servizio di
63
64
65
66
Sez. Seconda, sent. n. 495.
Sez. Seconda, sent. n. 643.
Sez. Terza, sent. n. 3.
Sez. Terza, sent. n. 137.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 189
igiene ambientale, raccolta e smaltimento rifiuti di alcuni Comuni, non
qualificabile come società in house. 67
-
di affermare la giurisdizione con riferimento al rapporto di servizio intercorrente
tra un Consorzio (società di diritto privato) ed un Comune che, ad avviso della
Sezione, sussiste a prescindere dalla sussistenza o meno della qualità di soggetto
in house, in conseguenza dell’affidamento della gestione di un servizio pubblico.
In tale ipotesi e per i danni causati dall’affidatario all’affidante, si prescinde del
tutto dalla natura – che, quindi, ben può essere privatistica - del soggetto
affidatario e del rapporto, in house o meno, con l’Amministrazione titolare del
servizio, così come si prescinde dal titolo e dallo strumento contrattuale in base
al quale viene costituito e attuato il rapporto ed avviene l’affidamento del
servizio pubblico, che può essere una concessione, un contratto di diritto privato
o, in ipotesi, può anche essere assente. Quel che rileva è l’affidamento, da parte
di un’Amministrazione, della gestione di un servizio pubblico, attraverso il quale
competenze istituzionali intestate al soggetto pubblico vengono trasferite, così
comportando l’inserimento dell’affidatario nell’organizzazione funzionale
dell’ente pubblico per l’esercizio di un’attività di natura pubblicistica quale è lo
svolgimento del pubblico servizio. 68
La Sezione giurisdizionale di appello per la Regione Siciliana ha avuto modo:
-
di affermare la sussistenza della giurisdizione contabile in fattispecie
concernente applicazione delle regole ordinarie del rapporto di lavoro in
relazione ad assenze imputabili ad un dipendente per mancanza di adeguata
giustificazione, attraverso il surrettizio utilizzo dei permessi sindacali e, quindi,
in violazione degli obblighi di servizio, precisando altresì che anche laddove si
trattasse di questione attinente al corretto esercizio delle libertà sindacali le
conclusioni, in punto di giurisdizione, non cambierebbero, costituendo
giurisprudenza del tutto pacifica l’affermazione del principio secondo cui il
giudice munito della giurisdizione sulla domanda abbia il potere-dovere di
definire le questioni che integrino antecedente logico della decisione a lui
richiesta, fino a quando le stesse rimangano su un piano delibativo e incidentale
e non aprano, per previsione dì legge o per libera iniziativa delle parti, una causa
autonoma, di carattere pregiudiziale, sulla quale si debba statuire con pronuncia
atta ad assumere autorità di giudicato, ben potendo la Corte dei conti delibare, in
via incidentale, l’effettiva spettanza (diritto) del permesso sindacale
all’interessato, senza autorità di giudicato ed ai soli fini dell’affermazione o
meno della responsabilità amministrativa. 69
-
di affermare la giurisdizione nei confronti di una società cooperativa privata che
ha assunto un appalto ritenuto (illecito) rientrante nella tipologia dei cd. appalti
“endoaziendali” (appalti anche di servizi fondati sull’affidamento ad una
impresa esterna appaltatrice di attività inerenti al complessivo ciclo produttivo
67
68
69
Sez. Terza, sent. n. 284.
Sez. Terza, sent. n. 433.
Sez. App. Reg. Siciliana, sent. n. 431.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 190
del committente e che siano a bassa intensità organizzativa), avendo la
cooperativa soltanto posto una parte della propria struttura (risorse umane) a
disposizione della P.A. per l’esercizio di una funzione che, anche se di livello
esecutivo assolutamente non complesso, concerneva la pulizia di sito avente
caratterizzazione archeologica, quindi una attività avente profili di estrema
delicatezza che non consentiva un affidamento del servizio a privati senza una
stringente forma di direzione e controllo. 70
2.
I giudizi innanzi le Sezioni riunite
L'attività delle Sezioni riunite in Sede giurisdizionale è stata, nel 2014,
particolarmente intensa come può evincersi dal relativo prospetto illustrativo.
Nel corso dell'anno, infatti, all'ordinaria attività riguardante la risoluzione di
questioni di massima e di regolamenti di competenza ex art. 42 cpc novellato a
seguito di ricorsi avverso sospensioni del processo all'esito di altri giudizi (penali,
civili o pendenti presso la Consulta), si è aggiunta la cospicua attività che le stesse
Sezioni riunite sono chiamate a svolgere in speciale composizione per effetto di
recenti normative di settore.
Si tratta di disposizioni di legge di varia natura (art. 243 quater, comma 5,
del D.lgs n. 267/2000, introdotto dall'art. 3, comma 1, lettera r) del D.L. n.
174/2012, convertito in legge n. 213/2012 in materia di piani di riequilibrio e
accessi al Fondo di rotazione degli enti locali; dell'art. 1, comma 169, della
legge n. 228/2012 in materia di ricorsi avverso l'inserzione di enti nell'elenco
annuale ISTAT delle Pubbliche amministrazioni; dell'art. 11, comma 19, del
D.L. n. 91/2013 convertito in legge n. 112/2013, in punto di Beni Culturali;
dell'art. 33, comma 2, lett. a) n. 3 del D.L. 24.6.2014 n. 91 convertito con
modificazioni nella legge 11.8.2014, n. 116 relativo alla rendicontazione dei
Gruppi consiliari regionali.
Si tratta di norme scarne che attribuiscono il relativo potere giurisdizionale ad
una speciale composizione delle Sezioni riunite, ne sanciscono il giudizio in unico
grado con il rito dei giudizi ad istanza di parte ex R.D. n. 1038/1933 e prevedono,
almeno quanto al richiamato art. 243 quater, termini processuali estremamente brevi.
Si comprende, quindi, quanto intensa sia stata l'attività giurisdizionale delle
Sezioni riunite in speciale composizione, non solo dal punto di vista quantitativo (n.
35 udienze, n. 63 sentenze e n. 15 ordinanze), ma anche qualitativamente, soprattutto
dal punto di vista ermeneutico per la novità e complessità delle questioni che si sono
poste, anche per colmare lacune normative che rendevano non tutelabili lesioni di
posizioni giuridiche insorte a seguito di delibere delle Sezioni regionali di controllo.
In questo quadro possono ricordarsi sinteticamente alcuni dei principi che sono
stati affermati.
70
Sez. App. Reg. Siciliana, sent. n. 471.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 191
In punto di giurisdizione, è stata dichiarata la "cognitio" contabile anche per i
dissesti (sent. n. 37/2014/EL), per la violazione ed elusione del patto di stabilità
interna (sent. n. 28/2014/EL), stante una "eadem ratio" con le controversie relative
ai piani di riequilibrio e anche la Corte Regolatrice ha espresso analoghe
considerazioni, sia pure in diverso giudizio; nonché in punto di impugnazione delle
delibere di diniego di parifica dei bilanci regionali anche se, nel caso della
Campania (sent. n. 27/2014/EL), del tutto particolare, la funzione intestata alla
Sezione regionale non era stata di fatto esercitata e, in altro caso — quello della
Liguria — (sent. n. 38/2014/EL) si è pervenuti ad una pronuncia di inammissibilità;
in entrambi i casi però le pronunce delle Sezioni riunite non si sono mai sostituite
nel proprio responso a quello proprio del giudizio di parifica di esclusiva
competenza delle Sezioni regionali di controllo.
Infine, prima ancora che il legislatore sancisse normativamente la competenza
giurisdizionale delle Sezioni riunite in speciale composizione sulla rendicontazione
dei Gruppi consiliari regionali, tale giurisdizione era stata già affermata in via
interpretativa (sent. n. 34/2014/EL).
In punto di giurisdizione va dunque sottolineato che il denominatore comune
della ritenuta cognizione delle Sezioni riunite in speciale composizione è
rappresentato dalle "materie di contabilità pubblica" ex art. 103, II comma, Cost. nel
quadro della giurisprudenza del giudice delle leggi e del rinnovato impianto
costituzionale derivato dalla Novella n. 1/2012 (riassumentesi nella tutela degli
equilibri di bilancio ad ogni livello), ispirata al "Fiscal Compact" e ad "Six Pack"
circa gli obblighi derivanti all'Italia dall'appartenenza all'Unione Europea.
Le Sezioni riunite hanno poi posto la loro attenzione su alcuni aspetti, sia di
natura sostanziale che processuale.
Quanto ai primi, si è chiarito il tipo di cognizione, ad esempio nell'esame dei
piani di riequilibrio: esame da compiersi in prospettiva "dinamica", pieno ed
esclusivo, ma senza alcuna sostituzione nel merito che resta di competenza delle
Sezioni di controllo, bensì solo comportante una diversa, complessiva valutazione di
elementi già insiti nel piano di riequilibrio, ma mai nuovi e, pertanto, solo
eventualmente chiariti in corso di giudizio. Tra i comuni più rilevanti, il cui piano è
stato esaminato, quelli di Napoli (sent. n. 18/2014/EL), Reggio Calabria (sent. n.
11/2014/EL) e Lamezia (sent. n. 6/2014/EL).
Così pure, nella "cognitio" della rendicontazione dei Gruppi consiliari regionali,
è stata posta in luce la natura del controllo esercitato dalle Sezioni regionali, di
veridicità, conformità e regolarità (sent. n. 42/2014/EL e n. 46/2014/EL).
Sotto l'aspetto processuale, poi, le Sezioni riunite in speciale composizione
hanno ribadito che quello che si celebra innanzi ad esse nelle forme del giudizio ad
istanza di parte non è un appello, trattandosi di pronuncia proveniente da organo non
giurisdizionale (Sezioni di controllo); che nei giudizi aventi ad oggetto la
rendicontazione dei Gruppi consiliari, l'ente regione è parte ("melius", controparte)
(sent. n. 44/2014/EL) necessaria, essendo destinatario di eventuale restituzione di
somme non rendicontabili; che la Procura generale interviene a tutela oggettiva
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 192
dell'ordinamento; che nei giudizi sui piani di riequilibrio (o similari) la Sezione
regionale non è assimilabile ad una parte in giudizio; che il regime dei termini
processuali di impugnazione è varia a secondo dei tipi di ricorsi previsti dalla legge.
Questi aspetti sono solo alcuni dei più rilevanti; ma, preme mettere in luce due
novità emerse nella prassi giuridiziaria del 2014: la lettura del dispositivo in udienza
ex art. 23 del RD n. 1038/1933 e la possibilità che le Sezioni riunite in speciale
composizione svolgano anche un'attività cautelare di sospensione della deliberazione
impugnata (sent. n. 6/2014/ORD). Nel primo caso, si è trattato di attualizzare una
norma desueta sì, ma tuttora vigente (l'art. 23 citato) che ha consentito il rispetto dei
rigorosi e stretti termini per l'adozione di una pronuncia (sentenza o ordinanza) e la
possibilità di stendere una meditata e accurata motivazione nei consueti tempi.
Nel secondo caso, è stato ritenuto coessenziale all'attività giurisdizionale
espletata e alla domanda di giustizia fatta valere con il ricorso, la possibilità di
sospendere — se del caso — l'efficacia della deliberazione impugnata; ciò, in
omaggio ad un principio di effettività della tutela in conformità anche alla
giurisprudenza comunitaria.
Questi, in estrema sintesi le principali connotazioni della giurisprudenza delle
Sezioni riunite in speciale composizione nella quale è stato sottolineato più volte, la
novità di una proficua sinergia ed interazione tra le funzioni fondamentali intestate alla
Corte, (quella del controllo e quella della giurisdizione che si rispecchiano anche nella
composizione mista dei collegi), ognuna autonoma, ma complementare e interagente
con l'altra, nella cognizione delle posizioni pubbliche in gioco, finalizzata però alla
oggettiva tutela della finanza pubblica.
Le Sezioni riunite in ordinaria composizione hanno poi continuato a svolgere la
loro attività nomofilattica nell'enunciazione di principi di diritto a seguito di
proposizione di questioni di massima.
Oltre alle enunciazioni in punto di "indebito pensionistico", può ricordarsi il
principio di diritto per cui "non è attivabile il giudizio di conto nei confronti dei
Presidenti dei Gruppi consiliari regionali relativamente alla gestione dei fondi
pubblici erogati secondo le norme regionali attuative della legge 6 dicembre 1973 n.
853" (sent. n. 30/2014/QM).
Infine, poiché, come è noto, l'art. 42 c.p.c. novellato consente di azionare il
regolamento di competenza anche in punto di sospensione dei processi, le Sezioni
riunite, che già avevano ritenuto la propria giurisdizione in materia di impugnativa
avverso ordinanze di sospensione, emanate da Sezioni giurisdizionali regionali, in
attesa degli esiti processuali di altri giudizi (penali, civili, Corte Costituzionale),
hanno confermato la loro tradizionale giurisprudenza in punto di autonomia dei
giudizi e di una eventuale sussistenza di assoluta pregiudizialità in punto di fatto per
il giudizio contabile.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 193
3.
I giudizi di responsabilità.
Serve premettere che la varietà tipologica dell’illecito contabile, notoriamente
“atipico” eccetto i requisiti fondamentali ed essenziali che concorrono ad integrare lo
stesso, fa da ostacolo ad una rassegna che possa analizzare per esteso il ventaglio
delle numerose decisioni emesse nel 2014 dalle articolazione territoriali della Corte,
anche tramite una mera elencazione didascalica delle stesse.
Appare essere più utile, pertanto, un esame ragionato di alcune linee di indirizzo
maturate per ambiti tematici.
Le stesse, in quanto affermate in sede di appello e tracciando una sorta di
minimo denominatore comune a fattispecie tra di loro molto variegate, esprimono
posizioni ermeneutiche che sono state sottoposte a vaglio giudiziale in doppio grado
e, quindi, restano connotate da un tasso significativo di stabilità tendenziale e di
continuità degli orientamenti giurisprudenziali.
3.1
Profili processuali
Per la prima volta e su prospettazione della PG è stata affrontata la questione
esegetica relativa all'applicabilità al processo contabile, in virtù del rinvio dinamico
di cui all’art. 26 del Regolamento di procedura n. 1038/1933, della novella introdotta
dalla legge n. 134/2012 (di conversione del D.L. n. 83/2012) concernente l’istituto
processuale del cd. “filtro” di ammissibilità. 71
La Prima Sezione ha rilevato che l'art. 54 di detta legge ha innovato la disciplina
dell'impugnazione, disponendo tra l’altro:
-
novità quanto a forma e contenuto dell'atto, che deve contenere a pena di
inammissibilità : 1) l'indicazione delle parti del provvedimento che si intende
appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto
compiuta dal giudice di primo grado; 2) l'indicazione delle circostanze da cui
deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione
impugnata;
-
novità concernente l'introduzione, tramite l'art. 348-bis c.p.c., della c.d. udienzafiltro ("Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza
l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, l'impugnazione è dichiarata
inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole
probabilità di essere accolta").
In sintesi, oltre alle ipotesi ordinarie nelle quali deve essere dichiarata
l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, lo stesso deve essere dichiarato
inammissibile quando non abbia una ragionevole probabilità di essere accolto; tale
enunciazione non vale per le cause in cui è obbligatoria la presenza del pubblico
ministero e nel grado di appello avverso ordinanza decisoria conclusiva di rito
sommario di cognizione ex art. 702-quater c.p.c.
71
Sez. Prima, sent. n. 31.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 194
La novella, in sostanza e per quanto qui interessa, si risolve nel riservare la
cognizione piena in appello alle sole impugnazioni che risultano manifestamente
fondate.
Ad avviso della Sezione centrale la scelta normativa presenta evidenti profili di
asistematicità in quanto, in via ordinaria, i filtri di ammissibilità sono strutturati in
modo da evitare che l'attività di cognizione piena debba occuparsi (non già di ciò che
è ragionevolmente infondato, ma) di ciò che è manifestamente infondato (o, al limite,
fondato).
La ragione di tali meccanismi è quella di evitare una complessa verifica
processuale laddove questa debba ritenersi in tutta evidenza inutile, mentre è bene si
abbia il pieno esplicarsi dell'attività di cognizione in tutti i casi in cui le questioni di
diritto e di fatto proposte presentino obiettivi margini di incertezza, in un senso o
nell’altro.
La Sezione ha decisamente negato che nei giudizi in materia contabile possa
trovare applicazione l’istituto introdotto nel codice di rito civile con l’art. 348-bis.
Innanzi tutto, l’udienza-filtro non è strumento applicabile nelle cause in cui sia
obbligatoria la presenza del Pubblico ministero, quelle cioè che si caratterizzano per
una connotazione pubblicistica; tale evenienza senza dubbio ricorre in tutti giudizi in
materia di contabilità pubblica (giudizi di responsabilità amministrativa e contabile,
giudizi di conto e anche quelli ad istanza di parte, di cui agli artt. 54 e ss.del t.u. n.
1214/1934), stante la presenza necessaria del PM.
Inoltre, il rinvio “dinamico” di cui all’art. 26 del Reg. incontra due limiti, quello
della sua compatibilità con le caratteristiche proprie del processo contabile e quello
della prevalenza della disciplina del regolamento stesso, laddove essa sia diversa ed
incompatibile con le disposizioni della fonte recepita. In altri termini, gli istituti della
procedura civile trovano integrale applicazione solo laddove essi non siano
diversamente disciplinati dal regolamento. Se tutto ciò può non causare problemi di
costituzionalità in un processo, come quello civile, caratterizzato dalla presenza di un
terzo grado di giudizio, lo stesso non può dirsi per il processo contabile, che tale
terzo grado di giudizio non prevede, al di là della limitata (e differente) ipotesi di
ricorribilità in Cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione, ex art. 111, comma
3, Cost..
Appare dunque arduo sostenere l’applicabilità dello strumento dell’udienza-filtro
in un ambito giurisdizionale nel quale esso, in ultima analisi, finirebbe per far
perdere un grado di giudizio alle parti coinvolte e nel quale, pertanto, i profili di
possibile incostituzionalità della norma - per violazione, quanto meno, degli artt. 24,
111 e 3 Cost. – emergerebbero ineludibili
Sotto un diverso (e più pratico) profilo, la Sezione ha poi osservato che la
semplificazione processuale può avere, tutto sommato, un senso per il processo
civile, configurato da una struttura ben più articolata e ponderosa di quella dei
giudizi contabili (udienza di prima comparizione, di trattazione, di precisazione delle
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 195
conclusioni), laddove, invece, nel processo contabile l’udienza dibattimentale è, di
regola, anche l’unica.
In definitiva, l’udienza-filtro rappresenta una modalità definitoria del giudizio
d’appello incompatibile con la struttura e le caratteristiche del processo contabile.
Non si vede quale risparmio di tempi o risorse possa recare l’istituto dell’udienzafiltro in un iter processuale che già di per sé è strutturato come snello e veloce: i
tempi medi di definizione dei giudizi d’appello presso la Corte dei conti ammontano
a circa due anni, a fronte di valori all’incirca doppi per la giustizia civile.
Da ultimo, è stato evidenziato come lo stesso legislatore abbia comunque già
previsto, per il processo contabile, autonomi meccanismi e strumenti di
semplificazione: possibilità di definizione agevolata di cui agli artt. 1, commi 231 e
segg. della legge n. 266/2005 e 14 del D.L. n. 101/2013; diversi istituti delineati
dalla legge n. 205/2000 per i giudizi in materia pensionistica (sentenze in forma
semplificata, perenzione dei ricorsi ultradecennali, definizione con decreto, etc.);
generale possibilità di appello, nella medesima materia pensionistica, per soli motivi
di diritto (art. 1, comma 5 della L. n. 19/1994).
La stessa Sezione si è occupata, inoltre, del tema dell’effetto devolutivo
dell’appello proposto avverso sentenza che si sia limitata a dichiarare l’intervenuta
prescrizione dell’azione. 72
Dopo aver ricordato che la questione ha dato luogo a notevoli oscillazioni di
giurisprudenza, divergenti fra l’ipotesi che sia necessario il rinvio al primo giudice e
l’opposta affermazione della necessità di trattenere il giudizio per la decisione, la
Sezione ha ritenuto che l’intervenuta l’abrogazione del 2° comma dell’art. 105 del
R.D. n. 1038/1933 comporti la necessità di rimessione della causa al giudice di prime
cure, ai sensi dell’art. 105, 1° comma, nelle sole ipotesi in cui il giudice di primo
grado si sia pronunciato esclusivamente su questioni di carattere pregiudiziale.
Pertanto, ha condiviso l’orientamento secondo cui, nei casi di riforma di una
pronuncia di prime cure dichiarativa della prescrizione – integrante una questione
preliminare di merito – si esplica in pieno l’effetto devolutivo proprio dell’appello ed
il giudice di secondo grado debba conoscere dell’intero merito della causa. Tale
orientamento risponde, fra l’altro, all’esigenza di accelerare i processi, impedendo
che il giudice di appello si limiti al solo giudizio rescindente e salvando, tuttavia, il
principio della doppia valutazione della controversia, essendo il principio del doppio
grado di giurisdizione sfornito di inderogabile garanzia costituzionale.
La questione della “specificità” dei motivi di gravame è stata più volte
affrontata e risolta dalla Terza Sezione centrale con l’affermazione secondo cui
l’appello deve recare, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., l’esposizione di motivi specifici
d’impugnazione e che tali motivi, con l’esposizione delle ragioni giuridiche e fattuali
a sostegno delle tesi dell’appellante, pur potendo concretarsi nella riproposizione
delle medesime prospettazioni enunciate in primo grado, debbono nondimeno
tradursi in una specifica critica mossa alla decisione oggetto di gravame e alle
72
Sez. Prima, sent. n. 314.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 196
argomentazioni che la sorreggono, sicché il giudice del riesame possa cogliere,
esattamente ed in modo puntuale, le statuizioni oggetto di censura e le relative,
specifiche critiche formulate. 73
La giurisprudenza civile ha ritenuto applicabile l'art. 342 c.p.c., per difetto di
specificità dei motivi soltanto quando il gravame si limiti ad un generico rinvio alle
domande, deduzioni ed argomentazioni svolte dinanzi al primo giudice, ovvero
quando non è stato assolto l'onere di indicare specificamente, per ciascuna delle voci
censurate, gli errori di fatto e di diritto attribuibili alla sentenza che ben possono
sostanziarsi anche nella prospettazione delle stesse ragioni addotte nel giudizio di
primo grado, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione
impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto
delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice.
Detto altrimenti, la specificità dei motivi di appello (al fine di evitare il
generalizzato e poco meditato ricorso al giudice di seconda istanza) esige che agli
argomenti svolti nella sentenza impugnata siano contrapposti quelli dell'appellante,
volti ad incrinare il fondamento logico giuridico dei primi; ragion per cui, alla parte
volitiva del gravame , deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa che
confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice.
Tale esigenza, tuttavia, non può impedire che il dissenso della parte
soccombente investa la decisione impugnata nella sua interezza e che esso si sostanzi
proprio in quegli argomenti che suffragavano la domanda disattesa dal primo
giudice, essendo innegabile che, in tal caso, sottoponendo al giudice d'appello detti
argomenti - perché ritenuti giusti e idonei al conseguimento della pretesa fatta valere
- si adempia pienamente all'onere di specificità.
Ne consegue che laddove si operi attraverso il generico richiamo a deduzioni,
allegazioni, eccezioni, difese o conclusioni degli atti depositati in primo grado il
giudice deve procedere a dichiarare l’inammissibilità di tale modus procedendi e non
è tenuto, alla luce di tale mero richiamo, a considerare quanto contenuto negli atti e
memorie depositati in primo grado né, tanto meno, a ricercare in essi quanto possa
valere come motivo specifico d’impugnazione.
Nell’ambito della tematica è stata affrontata e risolta anche l’ipotesi
inammissibilità “parziale” del gravame, per il caso di conferimento di procura
medesimo collegio difensivo in atti di appello nei quali si rinvengano motivi
impugnativa recanti censure nei confronti degli altri patrocinati (cd. conflitto
interessi).
di
al
di
di
La Sezione ha affermato che il conferimento dell’attività difensiva al medesimo
procuratore reca un limite intrinseco – rilevabile d’ufficio dal Giudice in quanto
concernente il diritto di difesa e il principio del contraddittorio - consistente
nell’inammissibilità di allegazioni e/o censure che si risolvano in un peggioramento
della posizione di un patrocinato rispetto all’altro. I relativi motivi di gravame sono
pertanto inammissibili, pur non viziando, in applicazione del principio di
73
Sez. Terza, sentt. n. 87, n. 165, n. 433.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 197
conservazione dei mezzi giuridici, l’intero atto di gravame, che quindi resta valido
nelle rimanenti parti. 74
Quanto invece alla problematica della inammissibilità derivata dell’appello
incidentale a seguito di declaratoria di inammissibilità dell’appello principale, la
Prima Sezione, aderendo alla giurisprudenza cassatoria, ha osservato che nel vigente
sistema processuale l'impugnazione proposta per prima determina la costituzione del
processo, nel quale debbono confluire le eventuali impugnazioni di altri
soccombenti, in modo che sia mantenuta l'unità del procedimento e sia resa possibile
la decisione simultanea: ne consegue che, nel caso di appello, le impugnazioni
successive alla prima assumono necessariamente carattere incidentale, siano esse
impugnazioni incidentali tipiche (ovvero proposte contro l'appellante principale)
oppure impugnazioni incidentali autonome, dirette a tutelare un interesse del
proponente non nascente dall'impugnazione principale, e da far valere nei confronti
di questi, ma per un capo diverso ed autonomo della pronuncia impugnata. 75
Detto principio di diritto, elaborato con riferimento all'art. 334 c.p.c. e perciò
alle impugnazioni civili ordinarie, ha carattere generale e non può che estendersi
anche al giudizio di responsabilità amministrativa per il rinvio dinamico contenuto
all’art. 26 del regolamento.
L’ammissibilità o meno dell’appello incidentale, a cagione dell’inammissibilità
dell’appello principale, ha formato oggetto di un contrasto risolto con la sentenza
SS.UU. n. 3111/1982, per la quale l'impugnazione incidentale, se tempestivamente
proposta ai sensi degli articoli 333 e 343 c.p.c, non è legata alle sorti di quella
principale di cui non costituisce il necessario contrapposto. Infatti, la rilevata
autonomia dell’appello incidentale lo rende indipendente dalle sorti della prima
impugnazione. Solo l'impugnazione incidentale tardiva - cioè quella proposta,
ancorché sia decorso il termine per impugnare, dalle parti che trovano nella
impugnativa da altri promossa l’interesse ad un proprio gravame - perde ogni
efficacia autonoma qualora, per qualsiasi motivo, sia stata dichiarata inammissibile
l'impugnazione principale. E tanto viene stabilito perché così si ripristina la
situazione che aveva indotto l’appellante in via incidentale a non gravarsi contro la
decisione di primo grado.
Pertanto, salvo che l’appello non debba essere qualificato in termini di appello
condizionato all’accoglimento del motivo di gravame principale, il principio di
diritto è che seppure l'impugnazione per prima proposta viene dichiarata
inammissibile, l'impugnazione incidentale, che sia stata tempestivamente proposta
non ne è travolta e deve essere esaminata nel merito dal giudice del gravame.
Il tema processuale della “integrazione del contraddittorio” ha registrato varie
pronunce.
La Prima Sezione ha rammentato la possibilità di una chiamata in giudizio di
soggetti ai quali il giudice ritenga essere la causa comune, espressamente prevista
74
75
Sez. Terza, sent. n. 433 cit.
Sez. Prima, sent. n. 641.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 198
dall’art. 47 del r.d. n. 1038/1933 ed in linea con l’omologo istituto disciplinato
dall’art. 107 cod. proc. civ., rispondenti entrambi all’interesse di ottenere l’economia
dei giudizi ed evitare i rischi di giudicati contraddittori in relazione a cause
caratterizzate da elementi comuni, decise separatamente; la comunanza di causa, che
costituisce il presupposto della vocatio jussu iudicis, giustifica l’insindacabile
valutazione del giudice dell’opportunità che il terzo partecipi al processo, affinché
anche nei suoi confronti la pronuncia possa fare stato. 76
La Sezione ha ricordato che l’art. 47 del Regolamento n. 1038/1933 prevede che
“chiunque abbia interesse nella controversia può intervenire in causa con atto
notificato alle parti e depositato nella segreteria della Sezione. L’intervento può
essere anche ordinato dalla Sezione, d’ufficio, o anche su richiesta del procuratore
generale o di una delle parti”.
La norma è pienamente vigente e mai è stata abrogata o dichiarata
costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale. Comunque, va pure
evidenziata la circostanza che numerose pronunzie della Corte costituzionale sugli
effetti della modifica dell’art. 111 della Costituzione, relativamente al giusto
processo, inducono ad escludere che si profili un contrasto con le garanzie
costituzionali, tenuto conto della “… ampia discrezionalità spettante al legislatore in
tema di disciplina del processo e di conformazione degli istituti processuali, con il
solo limite della manifesta irragionevolezza delle scelte compiute”. Irragionevolezza
che nel caso dell’art. 47 reg. proc. non solo non è ravvisabile (così come non appare
irragionevole l’analoga norma contenuta nel citato art. 107 c.p.c.), ma è anzi
perfettamente in linea con i principi del giusto processo, specie se valutata nel quadro
dell’attuale disciplina del processo contabile: la quale prevede per il PM l’obbligo di
iniziare l’azione, se ne sussistano i presupposti e di provvedere, in caso contrario, a
disporre l’archiviazione dell’inchiesta autonomamente e senza alcun vaglio
dell’organo giudicante (pur essendo il PM incardinato presso la Sezione
giurisdizionale regionale).
Orbene, in tale contesto la disposizione esplica la funzione di opportuno
correttivo, la cui mancanza porterebbe a risultati di assoluta irrazionalità, ampliando
a dismisura competenze incontrollate ed incontrollabili del PM che, oltre al potere di
archiviazione, avrebbe anche il potere, altrettanto incontrollato, nel caso di
corresponsabili dello stesso danno erariale, di individuare chi debba risponderne e
chi no, essendo inibito al giudice di ordinare l’integrazione del contraddittorio, pur in
presenza di una specifica disposizione che autorizza tale potere.
Né si potrebbe dubitare della terzietà del giudice che ordina l’integrazione del
contraddittorio: con la chiamata in causa di un terzo demandata al PM: il giudicante
non anticipa in alcun modo il proprio giudizio né pone limiti al diritto di difesa del
convenuto, che potrà pienamente difendersi con la produzione di atti e documenti e
con l’intervento del patrocinante in udienza.
Gli stessi principi di parziarietà e personalità della responsabilità contabile
neppure, infine, verrebbero meno a causa della (o sarebbero di ostacolo alla)
76
Sez. Prima, sent. n. 249.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 199
possibilità di chiamata in giudizio per ordine del giudice, quasi che in tale evenienza
i soggetti già presenti in giudizio fossero gravati da più onerosa responsabilità. Anzi,
occorre ribadire, il giudicante dispone in tal caso di una cognizione più completa e
adeguata alla specifica fattispecie da delibare, senza vedersi costretto a ricorrere a
funambolismi di vario genere per determinare la quota di danno attribuibile alle parti
chiamate in causa, in relazione a quella astrattamente riferibile a soggetti
indebitamente non citati in giudizio.
La Seconda Sezione ha ritenuto essere non fondata l’eccezione di violazione del
principio di terzietà del giudice in ragione della chiamata in giudizio iussu iudicis. 77
Una consolidata giurisprudenza esclude, nel caso di compartecipazione di più
soggetti a un'unica vicenda pregiudizievole per l'ente, una responsabilità cumulativa
unitaria e per conseguenza un litisconsorzio necessario in applicazione dell'art. 102
c.p.c.
E’ stato più volte chiarito che il nuovo testo dell'art. 111 della Costituzione, per
il quale “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di
parità, davanti a giudice terzo e imparziale”, non esclude il potere del giudice
contabile di disporre la chiamata in causa di soggetti non convenuti dal pubblico
ministero.
Si tratta di un potere già previsto dall'art. 47 del r.d. n. 1038/1933, per il quale
l'intervento in giudizio di un altro soggetto che abbia “interesse nella controversia”
può anche “essere ordinato dalla sezione d'ufficio”, e sostanzialmente coincide con
quello delineato dagli artt. 107 e 270 c.p.c. secondo cui “il giudice, quando ritiene
opportuno che il processo si svolga in confronto di un terzo al quale la causa è
comune, ne ordina l'intervento”.
La Terza Sezione, all’uopo richiamando propri precedenti, ha osservato come
la Procura regionale abbia il dovere di valutare le singole responsabilità dei soggetti
coinvolti nella vicenda dannosa e possa ritenere di dover escludere taluni, qualora
consideri non sussistente una loro responsabilità amministrativa (per difetto di colpa
grave, del nesso causale, ecc.).
Ciò non determina l’inammissibilità dell’azione ma, al contrario, induce a
effettuare una valutazione delle singole responsabilità derivanti da differenti
condotte, in applicazione del principio della personalità e parziarietà. 78
Ben può accadere che l’evento dannoso sia conseguenza di una comunanza di
cause ma che non tutti i soggetti - i quali hanno posto in essere condotte causative del
pregiudizio - siano da ritenere responsabili: ad esempio, allorquando talune di esse
non assurgano al livello di gravità della colpa richiesto perché possa configurarsi la
responsabilità amministrativa.
77
78
Sez. Seconda, sent. n. 407.
Sez. Terza, sent. n. 137.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 200
In altri termini, le diverse posizioni sono e restano autonome, sicché non si
radica un litisconsorzio necessario in assenza di un fatto illecito che sia a concorso
plurisoggettivo necessario.
Né si ravvisa alternatività tra le diverse condotte, posto che l’una non
escluderebbe comunque l’altra. Il che consente, in disparte ogni valutazione in
termini di opportunità - che esulerebbe dall’area di sindacato del Giudice - di non
ritenere imprescindibile il simultaneus processus e di escludere la ricorrenza di
un’ipotesi di litisconsorzio necessario. Invero, non ricorre la condizione posta
dall’art. 102 c.p.c. dell’impossibilità di pronunciare una decisione se non in
confronto di più parti: ben può essere accertata la responsabilità degli appellanti indipendentemente da quella dei soggetti non chiamati in causa, nonostante la loro
eventuale corresponsabilità - e può, quindi, essere emessa una decisione nei confronti
dei soggetti condannati in primo grado.
In linea col principio di parziarietà dell’obbligazione, deve tenersi conto
dell’apporto causale dei soggetti non convenuti in giudizio ai fini della
determinazione del quantum della condanna.
Tra le questioni prospettabili in punto di “rito”, che impattano sull’esordio dei
giudizi di responsabilità, la c.d. actio nullitatis proponibile ai sensi dell’art. 17,
comma 30 ter del D.L. n. 78/2009, convertito dalla legge n. 102 del 2009 e poi
modificato dall’art. 1 del D.L. n. 103/2009, convertito dalla legge n. 141/2009,
continua a fruire degli effetti positivi di stabilizzazione indotti dalla risoluzione di
questioni di massima e dall’affermazione di principi di diritto rispettivamente recate
dalle sentenze delle Sezioni Riunite n. 12/2011/QM e n. 13/2011/QM.
Anche nell’anno 2014 varie sono state le pronunce intervenute al riguardo.
Considerata la varietà delle fattispecie e l’esame in punto di “fatto” svolto in
proposito, si possono esemplificativamente menzionare alcune decisioni della Terza
Sezione centrale. 79
La Sezione ha rammentato come il legislatore abbia formulato tre distinte
disposizioni: una prima, che pone il divieto di atti di indagine non preceduti da una
notizia di danno specifica e concreta; una seconda, la quale limita l’esercizio
dell’azione per il risarcimento del danno all’immagine a determinati casi e modi,
condizionandolo all’esistenza di una sentenza penale irrevocabile di condanna; ed
una terza che commina in modo espresso la nullità degli atti compiuti in violazione
delle precedenti disposizioni e introduce un nuovo procedimento d’urgenza per farla
dichiarare, onde evitare l’emissione dell’atto di citazione o, almeno, paralizzare lo
svolgimento del giudizio, se già avviato.
L’actio nullitatis, alternativa all’eccezione di nullità che può essere sollevata in
corso di giudizio, è stata quindi introdotta nell’ordinamento come rimedio
invalidante, connesso alla tutela dell’interesse pubblico al corretto esercizio dei
poteri del pubblico ministero contabile, suscettibile di essere compromesso
79
Sez. Terza, sentt. n. 75, n. 87, n. 280, n. 433, n. 494.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 201
all’esercizio improprio di un’attività di controllo generalizzato, da parte delle Procure
regionali della Corte dei conti, sugli atti della pubblica amministrazione.
Si tratta di azione autonoma, svincolata (seppure ad esso connessa) dal giudizio
di merito innescato dalla successiva emissione dell’atto di citazione e ciò comporta
che l’oggetto del giudizio resti circoscritto alla sola questione di nullità proposta, con
esclusione, quindi, di ogni altra questione, ivi inclusa quella pregiudiziale di
giurisdizione, proponibile in via di eccezione nell’eventuale giudizio di merito
successivamente introdotto, con l’emissione dell’atto di citazione, in ipotesi di
mancato accoglimento delle giustificazioni addotte in risposta all’invito a dedurre.
Per dare legittimamente avvio all’attività istruttoria, sono necessarie notizie di
danni erariali attinenti a fatti - anche indiziari - che siano oggettivamente individuati
e siano quindi tali da indirizzare le indagini in una precisa direzione e in un
determinato ambito operativo.
L’organo requirente può attivarsi non in base a mere ipotesi o supposizioni di
danno, ma sulla base di una notitia damni tale da ingenerare il fondato sospetto
dell’esistenza dei presupposti per l’esercizio dell’azione di responsabilità,
sufficientemente determinata e realistica.
Così come non può dimenticarsi - e il dato è tutt’altro che marginale e
secondario - che l’azione di responsabilità amministrativo contabile mantiene pur
sempre, sulla base di norme tuttora vigenti, i caratteri propri della doverosità del suo
esercizio e della indisponibilità del correlato avvio, ove ne ricorrano i presupposti.
Le Sezioni Riunite, con la sentenza n. 12/2011, hanno affermato, tra l’altro, che
il significato da attribuire all’espressione “specifica e concreta notizia di danno” è
così precisato: il termine notizia, comunque non equiparabile a quello di denunzia, è
da intendersi, secondo la comune accezione, come dato cognitivo derivante da
apposita comunicazione, oppure percepibile da strumenti di informazione di pubblico
dominio; l’aggettivo specifica è da intendersi come informazione che abbia una sua
peculiarità e individualità e che non sia riferibile ad una pluralità indifferenziata di
fatti, tale da non apparire generica, bensì ragionevolmente circostanziata; l’aggettivo
concreta è da intendersi come obiettivamente attinente alla realtà e non a mere
ipotesi o supposizioni.
L’espressione, nel suo complesso, deve pertanto intendersi riferita non già ad
una pluralità indifferenziata di fatti, ma ad uno o più fatti, ragionevolmente
individuati nei loro tratti essenziali e non meramente ipotetici, con verosimile
pregiudizio per gli interessi finanziari pubblici, onde evitare che l’indagine del PM
contabile sia assolutamente libera nel suo oggetto, assurgendo ad un non consentito
controllo generalizzato.
Va dunque riconosciuta piena idoneità, allo scopo:
-
ad una segnalazione della Guardia di finanza, in quanto munita dei requisiti
richiesti e proveniente, per di più, da fonte qualificata a legittimare l’esercizio di
autonomi poteri istruttori da parte della Procura regionale;
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 202
-
ad una segnalazione effettuata, in applicazione dell’art. 4, comma IX della legge
n. 109 del 1994, dall’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici circa la sussistenza
di fattispecie ritenuta produttiva di danno, integrando tale comunicazione una
notizia specifica (informazione dotata di peculiarità e individualità non riferibile
a una pluralità indifferenziata di fatti) e concreta (obiettivamente attinente alla
realtà e non a mere ipotesi o supposizioni”) di danno, naturalmente da verificare
mediante attività istruttoria di competenza dell’organo inquirente, non eludibile
ed eliminabile in ragione di presunti obblighi dell’autorità di Vigilanza di
accertare essa stessa la sussistenza di un danno erariale
-
ad una circostanziata segnalazione effettuata dai revisori dei conti comunali.
Pure le tematiche correlate al c.d. “invito a dedurre”, spesso fatte oggetto di
motivi di impugnazione, impattano e sono esaminate nella fase “preliminare” del
giudizio di appello.
La Terza Sezione ha confermato che, in ipotesi di pluralità di presunti
corresponsabili del danno pubblico, l'invito a dedurre deve essere emesso
contestualmente nei confronti di tutti i presunti corresponsabili e formulato in modo
tale da far emergere le corresponsabilità, sì da consentire ai convenibili di esercitare
compiutamente le proprie difese e al procuratore regionale di promuovere un unico
processo nei confronti di tutti i soggetti ritenuti corresponsabili. 80
Già con la sentenza n. 1/2005/QM le SS.RR. hanno chiarito l’esistenza di un
ambito di contestualità dei più inviti a dedurre, nel quale una pluralità di date di
decorrenza del termine dei centoventi giorni è mera conseguenza dell'attività di
notifica, a detto scopo potendo soccorrere la disposizione di cui al terzo comma
dell'art. 7 del regolamento di procedura n. 1038/1933. Si tratta invero di una norma
processuale pienamente compatibile con la natura dell'invito a dedurre sotto ambedue
i profili strutturale e funzionale. Negli esposti limiti può pertanto affermarsi che il
dies a quo del termine di centoventi giorni stabilito dal primo comma dell'art. 5 della
legge n. 19/94 decorre dalla data dell'ultima notifica del (contestuale) invito a
dedurre.
Relativamente all’invito a dedurre si prospetta spesso, sotto forma di eccezione,
una questione di corrispondenza contenutistica dello stesso rispetto all’atto
introduttivo del giudizio (citazione).
I giudici di appello hanno ribadito e chiarito
secondo i qual:
-
80
81
82
81
consolidati principi di diritto
82
il rapporto tra i contenuti dell'invito a dedurre e della citazione non può
configurarsi in termini di immutabilità della domanda o di divieto di mutatio
libelli, poiché l'invito costituisce atto pre-processuale che non determina
l'instaurazione di un contraddittorio tra le parti, mentre l'oggetto del processo si
determina solo con l'atto introduttivo costituito dalla citazione; pertanto, la
Sez. Terza, sentt. n. 137 e n. 167.
Sez. Prima, sent. n. 390; Sez. Seconda, sent. n. 181.
SS.RR. sent. n. 7/98/QM.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 203
circostanza che alcuni elementi contestati nell'invito a dedurre siano di tenore
diverso da quelli oggetto dell'atto di citazione, non potrebbe valere a determinare
la nullità di quest'ultimo
-
l'invito a dedurre non attiene all'esistenza o alla validità intrinseca della citazione
- le cui cause di nullità sono tassative – ponendosi invece come presupposto
processuale, i cui vizi possono inficiare la procedibilità del giudizio solo in
ipotesi di omissioni tali da privare il convenuto dei necessari elementi per
predisporre la propria difesa, nel quale sono del tutto chiari petitum e causa
petendi, tanto da avere consentito alle difese controdeduzioni complete, puntuali
e articolate
-
non è necessaria la piena e totale corrispondenza tra l’invito a dedurre e l’atto di
citazione in giudizio. La conseguenza è che la difformità tra la citazione e
l’invito può condurre a una declaratoria d’inammissibilità della citazione solo
quando assuma connotazioni tali da dover essere equiparata a vera e propria
mancanza dell’invito. Solo in questo caso, infatti, viene meno lo scopo
dell’invito a dedurre che mira a consentire al presunto responsabile di evitare il
giudizio di responsabilità, sottoponendo al vaglio della Procura regionale le
proprie anticipate difese (deduzioni, documenti, audizione personale)
-
il limite di variabilità dell’atto di citazione rispetto all’invito a dedurre è
costituito unicamente dal quadro generale della fattispecie di danno ipotizzata
nell’invito; quadro generale «che deve essere rispettato nella sua essenza tipica
di modo che la citazione … sia pur sempre ricollegabile alla fattispecie
contestata». «Solo allorquando il contenuto della citazione decampi totalmente
anche dal nucleo essenziale della causa petendi e petitum tipicizzanti la
fattispecie dannosa ipotizzata nell’invito, di modo che non possa più ad essa
ricondursi ed in essa riconoscersi, può affermarsi la violazione dell’obbligo
dell’invito», con conseguente inammissibilità della citazione.
-
ovviamente, come enunciato dalle stesse Sezioni Riunite, si tratta «di un giudizio
di merito che va svolto caso per caso dal giudice al fine di accertare se il
contenuto della citazione non sia totalmente diverso da quello dell’invito sì da
configurare una vera e propria differente ipotesi di danno in relazione alla
quale il convenuto non è stato messo in grado di controdedurre nella fase preprocessuale, di modo che sono venute a mancare le funzioni cui tende l’invito».
Merita, infine, di essere segnalata - in quanto sul piano dell’interpretazione la
norma processuale di riferimento è stata letta in connessione proprio con il tema
dell’invito a dedurre - una decisione assunta in sede giurisdizionale regionale a
proposito di audizione personale dell’invitato a dedurre, come prevista dal 1° comma
dell’art. 5 del D.L. n. 453/1993. 83
L’esegesi regionale ha preso le mosse dalla distinzione tra audizione del
presunto responsabile ed “audizioni personali” istruttorie contemplate dal successivo
comma 6, lett. c). della stessa norma. La prima, a differenza delle seconde, riguarda
83
Sez. regionale Piemonte, sent. n. 113.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 204
esclusivamente chi è stato già individuato dal requirente quale possibile responsabile
e destinatario della notificazione dell’invito a dedurre e non è impedita
dall’eventualità che l’interessato sia stato previamente sentito in sede istruttoria.
Orbene la Sezione regionale - partendo dalla premessa di non poter fare ricorso
alle norme del c.p.c. mediante il rinvio ex art. 26 R.D. n. 1038/1933, mancando nel
processo civile un istituto assimilabile a quello di specie e dalla applicazione del
c.p.p. (circa l’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari di cui
all’art. 415 bis, introdotto dalla L. n. 479/1999), stante la reciproca peculiarità dei
due processi penale e contabile - dal dato di fondo secondo cui l’invito a dedurre è
“atto proprio” del Pubblico Ministero procedente, riservato alla sua competenza
esclusiva e non suscettibile di delega in quanto rientrante nell'ambito delle attività
riservate al diretto esclusivo espletamento del PM, unico legittimato a sottoscriverlo,
desume la conseguenza (invero non logicamente, né giuridicamente necessitata,
stante l’evidente differenza tra i due atti quanto ad effetti giuridici pre-processuali)
che anche l’audizione dell’invitato, da questi specificamente richiesta nel termine
assegnato per le deduzioni, debba essere considerato essere “atto proprio” del
Pubblico Ministero requirente riservato alla sua competenza esclusiva e pertanto non
delegabile.
Le eccezioni concernenti la “prescrizione” dell’azione di responsabilità, stante
l’alto tasso di prospettazione nei giudizi sia di primo che di secondo grado nonché la
loro frequente interrelazione con il “merito” dei fatti dannosi, non consentono in
questa sede l’esposizione di una rassegna giurisprudenziale completa.
La Prima Sezione ha confermato l’estensione della interruzione del termine
prescrizionale ai sensi dell’art. 1310 del c.c. e più in generale in virtù del principio di
solidarietà, anche in base al disposto dell'art. 1, comma 1-quinquies della legge n.
20/1994,nel caso di addebiti fatti valere dal PM a titolo doloso. La giurisprudenza
contabile ha da tempo chiarito che nei casi di comportamento doloso o di illecito
arricchimento, l'accertata solidarietà nel debito comporta che l'interruzione della
prescrizione nei confronti di uno dei corresponsabili in solido determina, per
l'applicabilità dell'art. 1310 c.c., con interruzione della prescrizione anche per coloro
che non ne siano stati diretti destinatari. 84
La Seconda Sezione ha avuto occasione di precisare :
-
84
85
che la natura oggettiva dei presupposti d’operatività della disciplina del termine
d’esordio della prescrizione del danno erariale in caso di occultamento doloso
del danno di cui all’art.1 comma 2 L.20/1994 (ossia la scoperta del danno) ne
impone l’applicazione a tutti i concorrenti nel fatto dannoso, indipendentemente
dal titolo soggettivo che illumina la condotta che realizza il concorso o la
cooperazione e, quindi, anche in caso di concorrenti a titolo disomogeneo
(dolo/colpa grave); 85
Sez. Prima, sent. n. 249 cit.
Sez. Seconda, sent. n. 60.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 205
-
che l’art. 7 della legge n. 97/2001, per il quale “la sentenza irrevocabile di
condanna pronunciata” per uno dei “delitti contro la pubblica amministrazione
previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale è comunicata
al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova
entro trenta giorni l'eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale
nei confronti del condannato”, va interpretato nel senso che il termine di trenta
giorni è fissato per l’avvio del “procedimento di responsabilità”, e quindi per
l’apertura dell’istruttoria preprocessuale del Pubblico Ministero (il cui
espletamento già comporta, di per sé, un tempo superiore a 30 giorni), e non per
l’instaurazione, con l’emissione dell’atto di citazione, del giudizio di
responsabilità in senso stretto; 86
-
infine, che l’Amministrazione danneggiata è certamente “titolare del diritto” e
quindi soggetto legittimato ad interrompere la prescrizione; onde la citazione in
giudizio ed il relativo processo da essa promossi dinanzi al giudice civile per i
medesimi fatti materiali – a prescindere dal fatto che l’Amministrazione
medesima abbia o meno legittimazione processuale e che il giudice civile abbia
o meno giurisdizione sull’azione proposta – sono atti che interrompono la
prescrizione dell’azione di responsabilità ai sensi degli artt. 2943 e 2945 c.c. 87
Altre eccezioni con impatto in termini di rito attengono al regime temporale ed
al sistema della notificazioni.
In proposito la Seconda sezione centrale ha avuto modo di affermare quanto
segue:
-
86
87
nei giudizi di responsabilità la litispendenza (instaurazione del giudizio) precede
la instaurazione del contraddittorio, in quanto le norme del regolamento di
procedura prevedono in un primo momento il deposito dell'atto di citazione nella
segreteria della Sezione territoriale, e solo successivamente la emissione del
decreto presidenziale di fissazione d’udienza con fissazione dei termini a difesa,
da redigere in calce alla citazione, onde consentire la notifica di ambo gli atti al
convenuto (artt.43, 45-46 R.D.1038/1933); né si può affermare che la citazione
del P.M. sia giuridicamente inesistente prima della sua notificazione, dando
luogo a precisi effetti giuridici (iscrizione a ruolo, fissazione di udienza) già con
il suo deposito. In ogni caso, ai fini dell’interpretazione dell’art. 5, non rileva la
circostanza che il rapporto processuale venga ad instaurarsi con l’emissione
della citazione o con la sua notifica, né la maggiore o minore autonomia del
decreto presidenziale rispetto alla citazione, né quando la citazione venga a
“giuridica esistenza”; bensì rileva – trattandosi di norma che sancisce una
decadenza – a quale (omessa) attività debba essere connessa la sanzione
processuale. In quest’ottica, va ricordato che – secondo la Corte Costituzionale –
la decadenza per violazione di termini processuali può farsi discendere solo da
ritardi nel compimento di attività nella disponibilità della parte, con esclusione
delle attività che sfuggono a detta disponibilità. Pertanto, non potendo il P.M.
Sez. Seconda, sent. n. 353.
Sez. Seconda, sent. n. 675.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 206
procedere alla notifica della citazione prima dell’emissione del decreto
presidenziale di fissazione di udienza (da notificare unitamente alla citazione),
non si può imporre ad una parte in causa (il P.M.) una decadenza per un’attività
(notifica della citazione) che presuppone un adempimento del giudice (fissazione
di udienza). In conclusione, secondo un’interpretazione costituzionalmente
orientata, deve ritenersi che la “emissione della citazione” – che costituisce il
momento conclusivo della fase pre-processuale ex art.5 D.L.453/1993 – coincida
con il deposito della citazione in segreteria e che eventuali ritardi di
notificazione dovuti a ritardi nell’emissione del decreto presidenziale di
fissazione dell’udienza non rilevano a fini di declaratoria di inammissibilità. 88
-
nei giudizi innanzi alla Corte dei conti l’appello incidentale deve essere - a pena
di inammissibilità - notificato al Pubblico Ministero (procuratore regionale o
generale) entro il termine di sessanta giorni dalla notifica dell’appello principale,
così come prescrivono - con un sistema compiuto che non necessita della
integrazione delle norme del codice di procedura civile – gli artt. 65 e 66 del
regolamento di procedura n. 1038 del 1933, parzialmente modificati dall’art. 1,
comma 1, del D.L. 543/1996; 89
-
è da disattendere l’eccezione concernente la comunicazione al difensore - a
mezzo PEC - di decreto concernente istanza di definizione agevolata del giudizio
di appello; 90
è da disattendere l’eccezione concernente la comunicazione al difensore - a
mezzo PEC – di decreto di fissazione udienza. 91
-
Due decisioni emesse dalla Prima Sezione centrale si sono occupate di tematiche
connesse alla comparizione del convenuto all’udienza di trattazione ed hanno
affermato quanto segue:
-
88
89
90
91
92
l'eccezione di nullità della sentenza per asserita violazione del diritto del
convenuto a partecipare all'udienza di discussione ed ivi rendere spontanee
dichiarazioni, prospettabile in seguito a diniego di rinvio dell’udienza richiesto
per consentire al convenuto di partecipare ai lavori della Camera dei deputati
(cd. legittimo impedimento) – è priva di pregio. A prescindere dall'assenza di
una qualsivoglia norma processuale civilistica e/o contabile vigente che, anche ai
sensi del rinvio dinamico di cui all’articolo 26 del Regolamento n. 1038/1933
preveda la sussistenza di un diritto del convenuto a partecipare all'udienza
dibattimentale di discussione, va ulteriormente precisato che, nell'ambito della
procedura dei giudizi innanzi alla Corte dei conti, non è previsto che il
convenuto possa intervenire direttamente nel corso del dibattimento. La presenza
in aula, infatti, è assicurata dalla partecipazione del/dei difensori costituiti,
ragione per cui in ogni caso il convenuto mai potrebbe rendere "spontanee
dichiarazioni" . 92
Sez. Seconda, sent. n. 536.
Sez. Seconda, sent. n. 28.
Sez. Seconda, sent. n. 407.
Sez. Seconda, sent. n. 638.
Sez. Prima, sent. n. 106.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 207
-
il Regolamento n. 1038/1933 si discosta dal sistema del codice di rito civile,
tanto che il termine per comparire (“libero”) tra data di notificazione dell'avviso
di fissazione di udienza e data dell'udienza non è espressamente regolato. Lo
stesso deve rispondere unicamente a criteri di congruità e deve essere,
comunque, coerente con il termine che il presidente, nello stesso decreto di
fissazione di udienza, deve fissare per il deposito degli atti e dei documenti. Ne
consegue che ben può essere fissata una data per l'udienza di discussione della
causa tale che il termine per comparire sia inferiore a quello stabilito
dall’articolo 163-bis c.c. Detta interpretazione appare coerente con il profilo
dell'indisponibilità del termine medesimo da parte del pubblico ministero
procedente essendo, di pari, suffragata dall'articolo 17 del medesimo
regolamento che attribuisce al presidente la facoltà, nell'adottare il decreto di
fissazione di udienza, di abbreviare anche d'ufficio i termini. 93
La Seconda Sezione 94 ha trattato (e respinto) l’eccezione dedotta dalla Procura
generale circa l’inammissibilità, per violazione dell’art. 345 c.p.c., con riferimento a
documenti prodotti da parte privata appellante, in base a molteplici considerazioni:
-
in primo luogo, l’art. 345 c.p.c. è stato oggetto di diverse modifiche; in
particolare – e per quanto interessa – l’art. 46, comma 18, della legge 18 giugno
2009 n. 69 ha inciso sul 3° comma di tale articolo, aggiungendo alla
inammissibilità di «nuovi mezzi di prova» la previsione secondo cui in appello
«non possono essere prodotti nuovi documenti». In virtù delle disposizioni
transitorie recate dall’art. 58, comma 2, della stessa legge n. 69 del 2009, l’art.
345 nella parte modificata si applica unicamente «ai giudizi pendenti in primo
grado alla data di entrata in vigore della legge».
-
inoltre, la modifica recata dalla ripetuta legge n. 69 del 2009 si inserisce in un
contesto normativo che faceva salva l’ammissibilità di nuove prove e la
produzione di nuovi documenti ove il collegio li avesse ritenuti «indispensabili
ai fini della decisione della causa». Tale ipotesi di salvaguardia è stata soppressa
dall’art. 54, comma 1, del decreto legge n. 83 del 2012 convertito in legge n. 143
del 2012; non è stata incisa da modifiche o abrogazioni l’ipotesi in cui «la parte
dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per
causa ad essa non imputabile».
comunque, la parziale abrogazione intervenuta nel 2012 si applica – per quanto
disposto dallo stesso art. 54, comma 2 – «ai giudizi di appello introdotti con
ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal
trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di
conversione». Quindi, non potrebbe avere effetto in un giudizio concernente un
appello introitato nel 2008, con conseguente possibilità di consentire la
produzione di nuovi documenti (e di ammettere nuovi mezzi di prova) ove siano
ritenuti indispensabili per la decisione della causa.
-
93
94
Sez. Prima, sent. n. 322.
Sez. Seconda, sent. n. 710.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 208
Infine, ed in misura dirimente, è stato rammentato che ai sensi dell’art. 67,
comma 1, del Regolamento n. 1038/1933 «… ad istanza della parte più diligente, il
presidente della sezione, con suo decreto …, fissa il giorno dell’udienza ed il termine
entro cui le parti possono presentare nuovi documenti e memorie difensive». Deve,
quindi, affermarsi che il regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei
conti consente la presentazione di nuovi documenti in appello e, ai sensi dell’art. 26
dello stesso regolamento, tale espressa previsione prevale su quella (eventualmente
difforme ratione temporis) recata dal codice di procedura civile. In definitiva, nei
giudizi d’appello celebrati dinanzi alla Corte dei conti non trova applicazione l’art.
345 c.p.c. nella parte in cui preclude la produzione di nuovi documenti.
Il tema della “sospensione” del giudizio contabile per pendenza in parallelo di
un giudizio pendente ed in corso presso altra autorità giurisdizionale, sovente oggetto
di richieste ed eccezioni formulate dalle parti private, dopo la svolta nomofilattica
maturata dalle Sezioni Riunite attraverso le ordinanze n. 1/2012 e n. 3/2012 - che
hanno affermato l’esperibilità del regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c. - sta
registrando soluzioni applicative ormai tendenti alla stabilità, con conseguente ed
apprezzabile prevedibilità delle decisioni dei giudici, nonché certezza del diritto per
tutti.
In proposito, nel 2014:
-
-
95
la Seconda Sezione centrale ha avuto occasione di affermare che l’accertamento
penale non è pregiudiziale in senso giuridico, ma solo in senso logico rispetto al
processo penale, non essendo richiesto dalla legge un accertamento penale come
presupposto della responsabilità amministrativa. La Sezione peraltro ha avuto
modo anche di scrutinare, con riferimento alla fattispecie oggetto di giudizio, le
varie ipotesi di sospensione necessaria o facoltativa su concorde richiesta della
parti, nonché l’ipotesi di cui all’art.7 L. 96/2001, precisando che detta
disposizione non prevede un necessario collegamento tra l’azione di
responsabilità amministrativa e la condanna penale irrevocabile; infatti,
l’autonomia del giudizio di responsabilità amministrativa a prescindere è
palesata sia dallo stesso art.7 (che prevede l’”eventuale” esercizio dell’azione di
responsabilità dopo la sentenza penale irrevocabile di condanna e fa salva la
comunicazione di esercizio dell’azione penale ex art.129 disp. att. c.p.p. prima di
tale sentenza), sia dall’art.6 della stessa legge (che prevede la comunicazione
delle sentenze penali di condanna anche non irrevocabili alla Procura della Corte
dei conti). In ogni caso, la Sezione non ha dato corso a sospensione del processo
contabile. 95
la Terza sezione centrale ha avuto occasione di affermare che nel nuovo
ordinamento processuale penale, ispirato al principio accusatorio, il precedente
principio della pregiudizialità è venuto meno e vige invece il principio della
parità ed originarietà dei diversi ordini giurisdizionali e della sostanziale
autonomia e separazione dei giudizi. Ciò si desume anche dal fatto che nel
nuovo codice di procedura non è stata riprodotta la disposizione di cui all'art. 3,
Sez. Seconda, sentt. n. 579 e n. 737.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 209
comma 2, del codice abrogato (sulla sospensione necessaria della controversia
civile in pendenza del processo penale) né diverse altre disposizioni alla stessa
collegate (parte dell’art. 24 c.p.p. e ss.), e, conseguentemente, con la sua
riformulazione ad opera della legge n. 353 del 1990, è stato eliminato ogni
riferimento alla cd. pregiudiziale penale dal testo dell’art. 295 c.p.c. Il
legislatore, dunque, con il codice di procedura del 1988 ha introdotto il diverso
principio della (pressoché) completa autonomia e separazione fra giudizio civile
e giudizio penale , nel senso che, tranne alcune particolari e limitate ipotesi di
sospensione del processo civile previste dall’art. 75 c.p.p., comma 3, - peraltro
non applicabile al giudizio di responsabilità amministrativa davanti alla Corte
dei conti (v. Corte cost. n. 207/2007) - da un lato, il processo civile deve
proseguire il suo corso senza essere influenzato dal processo penale e, dall'altro,
il Giudice civile deve procedere ad un autonomo accertamento dei fatti e della
responsabilità civile dedotti in giudizio. 96
Da ultimo, sono da menzionare alcune decisioni riguardanti problematiche che
emergono non nella fase preliminare del giudizio di appello, ma in quella di
trattazione del merito ovvero in quella dell’assunzione delle statuizioni decisionali
conclusive.
In tema di vizio di extrapetizione la Seconda Sezione ha affermato che nel caso
in cui non si verte in tema di mera qualificazione giuridica del fatto contestato e la
condanna si fonda sull’individuazione di condotte antigiuridiche sostanzialmente
diverse da quelle contestate nella citazione, si configura una violazione del principio
di corrispondenza tra chiesto e pronunziato (art. 112 c.p.c.), che tuttavia non
determina il mero annullamento della sentenza, bensì – per la conversione dei vizi di
nullità in motivi di gravame (art. 161 c.p.c.) – la necessità di valutare se la condanna
sia da confermare ovvero da riformare, ovviamente alla luce e nei limiti della
domanda originaria formulata dal PM. 97
In tema, invece, di condanna alle spese:
-
96
97
la Terza Sezione ha affermato che le spese del giudizio seguono la sostanziale
soccombenza (cd. soccombenza virtuale) delle parti appellanti. In conformità
alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, non può essere esonerato dalla
condanna alle spese del grado l’appellante allorquando l’accoglimento del
gravame attenga “ad aspetti marginali”, come ad esempio quelli relativi alla
mera quantificazione del danno in relazione ai quali sostanzialmente “non muta
l’esito della lite”. Infatti, “l'individuazione del soccombente si compie in base al
principio di causalità, con la conseguenza che parte obbligata a rimborsare le
spese anticipate nel processo è quella che, col (suo) comportamento, abbia dato
causa al processo o al suo protrarsi”. In principio della soccombenza virtuale è
stato richiamato anche nel caso di avvenuta declaratoria di cessazione della
Sez. Terza, sent. n. 137 cit.
Sez. Seconda, sent. n. 594
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 210
materia del contendere a seguito di integrale restituzione, in via stragiudiziale,
delle somme costituenti il danno erariale. 98
-
3.2
la Sezione di appello della Regione Siciliana, nel respingere il motivo (unico)
proposto dal PG avverso sentenza di primo grado che aveva prosciolto nel
merito (per insussistenza di rapporto di servizio) il convenuto percettore di
contributi – motivo basato sull’errato presupposto che le stesse dovessero essere
dal giudice poste comunque a carico dell’Amministrazione erogante la
provvidenza – ha assolto l’obbligo di liquidare i compensi in sede giudiziale in
favore del soggetto dal PM ritenuto (erroneamente) convenibile con azione di
responsabilità amministrativa per il ristoro di asserito danno erariale. 99
Tipologie di danno.
La varietà tipologica dell’illecito contabile, notoriamente “atipico” eccetto i
requisiti fondamentali che concorrono ad integrare lo stesso, fa da ostacolo ad una
rassegna giurisprudenziale che possa analizzare il ventaglio di tutte le decisioni
emesse nel 2014 dalle articolazione territoriali della Corte, anche tramite una mera
elencazione didascalica delle stesse.
Appare essere più utile, peraltro, un esame ragionato di alcune linee di indirizzo
maturate per ambiti tematici che, in quanto affermate in sede di appello e segnando le
stesse una sorta di minimo denominatore comune a fattispecie molto variegate,
esprimono posizioni ermeneutiche sottoposte a vaglio giudiziale in doppio grado e,
quindi, restano connotate da un maggior tasso di stabilità tendenziale e di continuità
degli orientamenti giurisprudenziali.
Sia la Prima che la Terza Sezione si sono soffermate sui requisiti della certezza
ed attualità del danno erariale, in detto ambito rammentando che è frutto della
giurisprudenza (e della dottrina) l’avere individuato gli anzidetti caratteri ai fini del
regolare promovimento dell’azione ovvero della condanna dei convenuti. 100
In proposito, mancando specifiche definizioni di dette aggettivazioni, occorre
rifarsi al semplice significato letterale, dovendosi intendere per “certo” un
nocumento effettivo, sicuro, non dubbio, rispondente a verità, con il corollario che un
danno esclusivamente potenziale non può divenire oggetto di un giudizio di
responsabilità amministrativa, per carenza di requisito indefettibile.
La lesione è “attuale” quando sussista nel momento dell’introduzione del
giudizio (di responsabilità) e in quello della sentenza di condanna, nel mentre è
“concreta” quando è obiettivamente attinente alla realtà e non a mere ipotesi o
supposizioni, non essendo necessario che il pregiudizio risulti anche irreversibile
ossia non sanabile mediante il ricorso ad altri meccanismi satisfattori della pretesa
creditoria.
98
Sez. Terza, sentt. n. 137 cit. e n. 368.
Sez. Appello Regione Siciliana, sent. n. 23.
100
Sez. Prima, sent. n. 43 - Sez. Terza, sent. n. 165.
99
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 211
Il danno deve presentare i caratteri summenzionati con riferimento al momento
della domanda introduttiva di giudizio, come peraltro concordemente riconosciuto
dalla giurisprudenza, rimanendo a tal fine irrilevante l’astratta possibilità che lo
stesso possa in futuro essere risarcito o venir meno per cause esterne. Del resto, le
SS.RR. (sent. n. 14/2011) avevano già puntualizzato che “ un soggetto deve essere
sottoposto a processo, per quanto riguarda la giurisdizione di responsabilità
amministrativa, solo quando si siano realizzate tutte le condizioni di certezza,
concretezza ed attualità del danno, che sono gli elementi alla cui tutela è posto il
presidio della giustizia contabile […]”.
La Prima Sezione, in particolare, ha precisato che non può essere avallato il
principio secondo cui, nell’ipotesi di danno indiretto originato da pagamento
effettuato in base ad una sentenza di condanna provvisoriamente esecutiva, la lesione
del diritto di credito intestato all’ente pubblico difetta dei requisiti di certezza ed
attualità in quanto l’accertamento contenuto nella sentenza civile di primo grado
potrebbe essere travolto nei successivi gradi di giudizio.
Siffatta tesi contrasta con il precetto di portata generale consacrato nell’art. 22
DPR n. 3/1957 il quale, dopo aver statuito (comma 1) che “l’impiegato che,
nell’esercizio delle attribuzioni ad esso conferite dalle leggi o dai regolamenti,
cagioni ad altri un danno ingiusto…è personalmente obbligato a risarcirlo” ,
aggiunge (comma 2) che “l’Amministrazione che abbia risarcito il terzo del danno
cagionato dal dipendente si rivale agendo contro quest’ultimo a norma degli articoli
18 e 19…”, prescindendo del tutto dal carattere di irrevocabilità o meno della
sentenza fondante il predetto pagamento.
In tema di “danno all’immagine” si possono menzionare gli approdi di cui:
-
alla decisione che, dopo avere premesso che il riconoscimento dell’autonomia
giuridica del tentativo nell’ambito del sistema penale quale titolo autonomo di
reato è legato essenzialmente alla necessità di rispettare il principio
costituzionale di legalità da cui discendono i corollari della riserva di legge, della
tassatività e del divieto di analogia in materia penale, in base ai quali, a fronte
dell’esigenza di prevenire l’esposizione a rischio dei beni giuridicamente
protetti, viene garantito il favor rei, ha ritenuto come siffatti principi, che
vincolano il sistema penale, non operano nell’ordinamento civilistico ed ha
osservato che le fattispecie criminose “tentate” (nella specie : tentativo di
concussione) non costituiscono un minus rispetto alle fattispecie consumate,
bensì sono reati perfetti in cui la proibizione dei fatti descritti nelle norme
incriminatrici di parte speciale viene estesa, in funzione anticipatoria rispetto alla
consumazione, dalla norma di parte generale recata dall’art. 56 c.p.. Di
conseguenza, stante la stretta correlazione esistente tra il delitto tentato e il
delitto consumato anche alla luce dell’identità del bene giuridico tutelato dalla
norma, si può concludere che l’identità di trattamento tra le due figure di reato –
operante anche in campo penale in riferimento ad alcuni istituti sostanziali e
processuali – non può che valere anche nell’ambito della responsabilità
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 212
amministrativa per danno all’immagine di cui all’art. 17, comma 30 ter, del d.l.
n. 78/2009. 101
-
alle decisioni che hanno ritenuto il mero rinvio ai contenuti motivazionali della
sentenza della Corte costituzionale n. 335/2010 (che ammette “la risarcibilità
del danno per lesione dell’immagine dell’amministrazione soltanto in presenza
di un fatto che integri gli estremi di una particolare categoria di delitti”) non
essere idoneo a superare de plano i numerosi problemi interpretativi applicativi
che pone il secondo periodo del comma 30 ter, dell’art. 17 d.l. n. 78/2009, come
convertito e successivamente modificato. La sentenza della Corte costituzionale
è in parte una decisione processuale – laddove dichiara l’inammissibilità di
alcune questioni - ed in parte una pronuncia di merito – laddove dichiara
infondate le altre. In entrambi i casi, comunque, essa ha efficacia esclusivamente
inter partes. In conseguenza di ciò, resta possibile per il Giudice contabile
scegliere un’interpretazione dell’art. 17, comma 30 ter, diversa da quella fatta
propria dalla Corte costituzionale nella citata sentenza n. 355/2010. Pertanto tramite una interpretazione costituzionalmente orientata della norma in
questione - non può escludersi la perseguibilità per danno all’immagine di chi,
essendo in rapporto di servizio con l’Amministrazione, abbia commesso un
reato latu sensu contro la pubblica amministrazione. Tale imputabilità residuale
rispetto a quella di chi abbia violato uno degli articoli compresi nel capo I del
titolo II del libro secondo del codice penale è perseguibile per effetto del
rimando effettuato dalla norma dell’art. 129 disp. att. c.p.c. 102
Sempre in tema di danno all’immagine va, infine, segnalato l’atto di deferimento
di questione di massima proposta dalla PG (in attesa di risoluzione da parte delle
SS.RR.) che ha formulato quesiti in punto di diritto attinenti alla perseguibilità in
sede contabile di ipotesi di danno all’immagine discendenti da “reati comuni” (cioè
da fattispecie non annoverabili tra i delitti di cui al capo primo del titolo secondo del
libro secondo del codice penale), nonché al difetto di legittimazione del PM (come
desumibile dalla sentenza n. 13/QM/2011) nel perseguire gli effetti di danno non
patrimoniale a carico della PA correlati a siffatte tipologie di condotte criminose
tenute da agenti pubblici.
Anche la tematica del “danno da disservizio” è stata oggetto di pronunce
intervenute in gravame nel corso del 2014.
E’ stato ricordato che si tratta di un istituto elaborato già da alcuni anni dalla
giurisprudenza della Corte dei conti, il quale presuppone un pubblico servizio al
quale correlarsi, e consiste nell’effetto dannoso causato all’organizzazione e allo
svolgimento dell’attività amministrativa dal comportamento illecito di un dipendente
(o amministratore), che abbia impedito il conseguimento della attesa legalità
dell’azione pubblica e abbia causato inefficacia o inefficienza di tale azione.
In altri termini, può sussistere il danno allorché l’azione non raggiunge, sotto il
profilo qualitativo, quelle utilità ordinariamente ritraibili dall’impiego di determinate
101
102
Sez. Prima, sent. n. 614.
Sez. Prima, sentt. n. 379 e 522.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 213
risorse, così da determinare uno spreco delle stesse: si tratta, quindi, di un
pregiudizio effettivo, concreto ed attuale, che coincide con il maggiore costo del
servizio, nella misura in cui questo si riveli inutile per l’utenza.
Il riferimento alla maggior spesa per il costo del servizio, connessa con tale
figura, potrebbe evocare una diversa tipologia di danno, il c.d. danno da tangente,
che ugualmente si collega ad un maggior dispendio di risorse pubbliche, ma che si
caratterizza diversamente, in quanto riguarda le sole ipotesi dei contratti pubblici e
costituisce una indebita maggiorazione del giusto prezzo a danno
dell’amministrazione e corrispondente, in genere, all’importo della tangente ricevuta
dal dipendente infedele; allo stesso modo, il danno in esame è anche diverso dal
danno all’immagine della p.a., che costituisce – come appena visto - un danno non
patrimoniale consistente nella lesione del bene immateriale della fiducia, del rispetto
dell’autorevolezza, della legittimità e dell’imparzialità, di cui deve godere l’ente
pubblico.
Il danno da disservizio, invece, attiene alla qualità del servizio e non alla sua
materiale esecuzione.
La giurisprudenza contabile lo collega, nel settore dei pubblici servizi, al
mancato raggiungimento dell’utilità che si prevede di ricavare dall’investimento di
una certa quantità di risorse, umane e strumentali, ovvero ai costi generali sopportati
dalla pubblica amministrazione in conseguenza del mancato conseguimento della
legalità, dell’efficienza, dell’efficacia, dell’economicità e della produttività
dell’azione amministrativa; nel caso di danno collegato alla commissione di reati, di
solito corruzione o concussione, si è ritenuto costituisca danno da disservizio la spesa
investita per l’organizzazione e lo svolgimento dell’attività amministrativa, in quanto
non produttiva di risultati a favore della collettività.
Per quel che riguarda la quantificazione concreta del danno da disservizio, la
stessa è affidata, ai sensi dell’art. 1226 c.c., al prudente apprezzamento del Giudice,
il quale può riferirsi a parametri e criteri di determinazione sufficientemente sicuri
quali gli strumenti e le risorse, anche umane, impiegate dall’ufficio nell’attività poi
vanificata dal doloso comportamento dell’agente, ovvero agli oneri connessi alla
riorganizzazione, alle consulenze legali esterne ed al servizio di auditing impegnato
nelle attività di indagine interna e di ispezione collegate ai fatti dannosi in questione.
103
Relativamente ai danni che di frequente si configurano nel settore della Sanità e
sono oggetto di giudizi di responsabilità va segnalato il tema delle illiceità o
regolarità attinenti a convenzionamenti ed alla tariffazione delle prestazioni sanitarie.
104
La Sezione siciliana di appello ha potuto rammentare - con riferimento al caso di
una ASL - che la fissazione dei limiti dei tetti di spesa ai quali si correla, poi,
l’individuazione e la remunerazione delle prestazioni erogabili costituisce oggetto di
103
104
Sez. Prima, sent. n. 76.
Sez. Appello Regione Siciliana, sent. n. 117.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 214
atto autoritativo di esclusiva competenza delle Regioni e rappresenta un preciso ed
ineludibile obbligo dettato da insopprimibili esigenze di equilibrio finanziario e di
razionalizzazione della spesa pubblica.
In tale ottica, la Pubblica Amministrazione è chiamata ad operare scelte
redistributive di risorse limitate, in base ai compiti istituzionali attribuitile dalla
Costituzione e dalla legislazione ordinaria.
A fronte della garanzia costituzionale del diritto alla salute, ed alla conseguente
necessità che l’amministrazione appronti un apparato organizzativo per l’erogazione
– diretta o indiretta – delle relative prestazioni, si pone l’esigenza di disciplinare e
selezionare le attività di assistenza in ragione della limitatezza delle risorse
finanziarie, sia per la complessità delle relazioni giuridiche facenti capo allo Stato
sociale (in ordine alla presenza di plurimi interessi pubblici tutelati, concorrenti e
talora antagonisti), sia per la necessità di orientare le politiche di spesa tenendo conto
del vincolo costituito dal parametro comunitario e, in particolare, dal c.d. patto di
stabilità economica e finanziaria.
Nello stesso senso è stato ritenuto che non sussiste alcun obbligo del servizio
sanitario pubblico di rimunerare a piè di lista ed a carico dei fondi pubblici (ricadenti,
in ultima istanza, sulla fiscalità generale) - tutte le prestazioni erogate dai centri
riabilitazione motoria e psicomotoria in regime di accreditamento, purché
riconducibili alla branca di appartenenza. Nel caso di specie, non solo si era
proceduto all’autorizzazione indiscriminata dei trattamenti senza operare la costante
verifica della “Capacità Operativa Massima” (COM) della struttura accreditata, ma si
è consentita l’erogazione delle prestazioni e il conseguente pagamento (a carico del
servizio sanitario) anche per trattamenti a favore di pazienti di altre AA.SS.LL. in
assenza di nulla osta e quindi senza il consenso delle stesse a farsi carico dell’onere
conseguente alla prestazione. 105
Quanto, invece, alla tipologia di danno definito “iatrogeno”, derivato da
difettose prestazioni medico-sanitarie – spesso in trattazione quale ipotesi di danno
indiretto sofferto dagli apparati operanti nell’ambito del SSN a seguito di avvenuti
risarcimenti in sede civile o penale in favore di terzi danneggiati - ha registrato nel
2014 decisioni che, nella sostanza, hanno ripercorso e confermato le valutazioni
concernenti il nesso di causalità tra condotta medica ed evento, nonché
l’accertamento dell’elemento soggettivo dalla gravità di colpa sulla base di quanto
già affermato dal giudice ordinario e dimostrato in base a materiale probatorio
proveniente dalla diversa sede giurisdizionale. 106
Un ambito tematico specifico nel quale si sono registrate numerose sentenze del quale si è fatto già cenno quanto alle pronunce delle Sezioni Unite della
Cassazione confermative della sussistenza della giurisdizione contabile - è quello
relativo alla percezione ed all’utilizzo di contributi pubblici, nonché alla gestione dei
fondi europei.
105
106
Sez. Seconda, sent. n. 51.
Sez. reg. Emilia-Romagna, sentt. n. 104 e n. 124.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 215
In questo settore peraltro, come è noto, è da tempo attivo un canale di intensa
collaborazione interistituzionale tra la Corte dei conti e l’Ufficio europeo di lotta alla
frode (OLAF).
Le fattispecie oggetto di pronunce di condanna riguardano l’irregolare
percezione o l’indebito utilizzo dei finanziamenti, attraverso dichiarazioni mendaci,
assenza delle condizioni soggettive per l’accesso al finanziamento, omessa
realizzazione delle attività finanziate, produzione di documentazione non veritiera
sulle attività, acquisto di macchinari usati anziché nuovi, fittizia rappresentazione di
acquisti mai effettuati, inosservanza delle prescrizioni relative alla destinazione dei
beni realizzati con il finanziamento, gravi irregolarità nella realizzazione di percorsi
di formazione professionale.
Spesso i casi concreti fanno emergere, accanto alle responsabilità dei privati
percettori (persone fisiche o società), corresponsabilità di amministratori funzionari
pubblici per collusioni nell’erogazione, ovvero gravi omissioni od inerzie
nell’attività di controllo, mancate escussioni di garanzie fideiussorie, collusioni di
nonché di professionisti privati svolgenti funzioni di intermediazione, in tal modo
profilandosi un’area a buon titolo ascrivibile al più lato panorama dei fenomeni
corruttivi che affliggono lo sviluppo dell’economia del Paese.
Le Sezioni di appello hanno confermato numerose pronunce di condanna
risarcitoria emesse in primo grado. 107
Conformandosi a lucide indicazioni della Suprema Corte è stato ribadito, in
particolare nella materia delle erogazioni ai settori produttivi, che ove il soggetto
privato (persona fisica o società), per sue scelte, incida negativamente sul modo di
essere del programma imposto dalla Pubblica Amministrazione alla cui realizzazione
egli è chiamato a partecipare con l’atto di concessione del contributo, e l’incidenza
sia tale da poter determinare uno sviamento dalle finalità perseguite, egli realizza un
danno per l’ente pubblico, anche sotto il mero profilo di sottrarre ad altre imprese il
finanziamento che avrebbe potuto portare alla realizzazione del piano così come
concretizzato ed approvato dall’ente pubblico con il concorso dello stesso
imprenditore, di cui deve rispondere dinanzi al giudice contabile.
Passando al tema della legittimità degli atti di conferimento di incarichi
(consulenze), la Prima Sezione centrale ha rammentato princìpi e criteri che la
ricchissima giurisprudenza della Corte dei conti ha da tempo, e in assoluta coerenza,
fissato in materia. 108
Detti principi, fatti propri dallo stesso legislatore (v. art. 7, comma 6 del D.Lgs.
n. 165/2001 e succ. mod.), sono in grado di orientare utilmente l'interprete e
l'operatore, pur nella varietà e complessità delle situazioni concrete
Essi attengono: 1) al conferimento dell'incarico, che deve essere legato a
problemi che richiedono conoscenze ed esperienze eccedenti le normali competenze;
107
Esemplificativamente : Sez. Prima, sentt. n. 676 e n. 1115; Sez. Terza, sentt. n. 166, n. 534, n. 34 e
n. 684, Sez, appello Sicilia : sentt. nn. 3, 53, 207, 388, 400, 409, 417, 461.
108
Sez. Prima, sent. n. 389.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 216
2) al doversi l'incarico caratterizzare in quanto implicante non lo svolgimento di
attività continuativa, ma la soluzione di specifiche problematiche già individuate al
momento del conferimento, che debbono costituire l'oggetto; 3) alle caratteristiche
della specificità e della temporaneità; 4) alla circostanza che l'incarico non deve
rappresentare uno strumento per ampliare fittiziamente compiti istituzionali e ruoli
organici dell'ente; 5) al fatto che il compenso predeterminato e connesso deve essere
proporzionale all'attività svolta e non liquidato in maniera forfetaria; 6) alla necessità
che la delibera di conferimento sia adeguatamente motivata; 7) alla necessità che
l'incarico non sia generico od indeterminato; 8) alla necessità che i criteri di
conferimento non siano generici.
Ne consegue l'illegittimità e la sussistenza di un danno erariale a fronte di un
incarico assolutamente generico e non motivato. 109
Infine, e più in generale, sul versante delle qualificazioni dell’elemento
soggettivo della responsabilità amministrativa, la Prima Sezione ha premesso che
non di rado la giurisprudenza contabile, per valutare l’azione dei dipendenti pubblici
come dolosa, ha ritenuto applicabili i criteri elaborati dalla dottrina e dalla
giurisprudenza civilistica in materia di dolo c.d. contrattuale o in adimplendo,
affermandosi essere sufficiente, perché ricorra il dolo nell’inadempimento di
preesistenti doveri di comportamento nascenti dal rapporto con l’ente pubblico, che i
dipendenti tengano scientemente un comportamento violativo di un obbligo di
servizio e, quindi, non necessaria la diretta e cosciente intenzione di agire
ingiustamente a danno di altri.
In altri arresti interpretativi è stato, invece, affermato che il dolo deve consistere
nella volontà dell’evento dannoso, che si accompagni alla volontarietà della condotta
antidoverosa.
Tra le due tesi contrapposte la Sezione ha ritenuto preferibile quest’ultimo
indirizzo.
L’adozione del concetto di dolo contrattuale si porrebbe in contrasto con la più
accreditata tesi sulla natura extracontrattuale della responsabilità amministrativa,
oltre a collidere con la regola secondo cui la responsabilità amministrativa richiede
un comportamento (almeno) gravemente colposo, poiché esso sarebbe difficilmente
configurabile con riferimento alla violazione di preesistenti, specifici obblighi.
Pertanto, il dolo si può concretare ove si cumulino, con la conoscenza della
causa del danno, dati della realtà che comprovino il ricorrere di ulteriori
consapevolezze circa l’effettività e lo specifico contenuto del danno medesimo.
In questo senso il dolo “erariale” va inteso come stato soggettivo caratterizzato
dalla consapevolezza e volontà dell’azione o omissione contra legem, con specifico
riguardo alla violazione delle norme giuridiche che regolano e disciplinano
109
La sentenza n. 389 cita - ex multis - i seguenti precedenti conformi: Sez. I , 2 settembre 2008, n.
393, 17 settembre 2007, n. 248 e 31 maggio 2005, n. 187; Sez. II 11 giugno 2001, n. 208; Sez. III, 6
febbraio 2006, n. 74 e 13 aprile 2005 n. 183; Sez. siciliana d’appello, 2 aprile 2002, n. 46 e 1 agosto
2000, n. 100; Sez. riun. 12 giugno 1998, n. 27.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 217
l’esercizio delle funzioni amministrative ed alle sue conseguenze dannose per le
finanze pubbliche.
3.3
Rito alternativo per definizione abbreviata del giudizio di appello.
Nel 2014 sono state ritenute ammissibili, in difformità delle richieste della
Procura Generale, istanze di definizione abbreviata del giudizio di appello relative a
danni verificatisi dopo il 31 dicembre 2005 ma per fatti commessi in data
antecedente.
Le Sezioni centrali hanno confermato un indirizzo ermeneutico secondo cui il
tenore letterale del comma 231 dell’art.1 della legge n. 266/2005 - che al fine di
delimitare l’ambito di applicabilità dei benefici ivi previsti fa riferimento ai “fatti
commessi” (antecedenti alla data del 31 dicembre 2005) ed usa una locuzione diversa
dal “fatto dannoso” contenuta nell’art. 1 della l. n. 20/1994) - va interpretato in
termini di mera commissione della condotta contra ius entro il termine indicato nella
legge, mentre l’evento dannoso causalmente derivatone può essersi verificato anche
successivamente a tale data.
L’orientamento è rimasto fermo anche a seguito della disposizione introdotta
dall’art. 14 del decreto-legge n. 102/2013, convertito, con modificazioni, nella
n.124/2013 (poi modificata dall’art.2, comma 8, del decreto-legge n.120/2013,
convertito in legge n.137/2013), atteso che detta disposizione, nell’estendere
l’ambito applicativo della legge n.266/2005 ai “fatti avvenuti anche solo in parte
anteriormente alla data di entrata in vigore della predetta legge, indipendentemente
dalla data dell’evento dannoso”, non ha sostanzialmente introdotto elementi nuovi
tali da indurre a non confermare il suddetto indirizzo ermeneutico. 110
La Prima Sezione, inoltre, ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza restando la
proposizione della stessa preclusa quando la causa sia stata già introitata per la
discussione e per la conseguente decisione nel merito con rito ordinario ed il
Collegio giudicante abbia ritenuto utile disporre ordinanza istruttoria, anziché
definire subito il giudizio con sentenza. 111
4.
Giudizi di conto
4.1 Profili generali
Al fine di concordare una uniformità operativa al forte impulso dato all’attività
di verifica dei conti giudiziali è stata convocata a più riprese, su iniziativa del
Presidente della Corte, la Conferenza dei Presidenti delle sezioni giurisdizionali
interessate ed è stata condivisa una conformità di comportamenti che, ferma restando
l’autonomia decisionale della singola sezione, possa offrire alle Amministrazioni la
certezza degli adempimenti da adottare in una materia tanto complessa.
110
111
Sez. Seconda, decreto n. 19.
Sez. Prima, sent. n. 279.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 218
In coerenza con i processi evolutivi che la P.A. sta portando avanti per la
comunicazione informatica tra Amministrazioni ed in linea con la tendenza
normativa volta alla digitalizzazione delle relazioni istituzionali e dei flussi
documentali tra le Amministrazioni e le Istituzioni di controllo, la Corte dei conti ha
recentemente dato avvio, in modalità sperimentale, alla messa in esercizio del
“Sistema informativo per la resa elettronica dei conti giudiziali” (SIRECO). La
modalità elettronica si affiancherà a quelle tradizionali e, pertanto, sarà ancora
possibile l’invio del conto giudiziale nel formato cartaceo, per tenere conto
dell’eterogeneo universo degli enti interessati e del loro grado di informatizzazione.
Nell’anno 2014 è continuata l’attività di formazione del personale di revisione
da assegnare al settore conti giudiziali mediante l’organizzazione di altri due corsi
destinati, grazie alle risorse stanziate dal Segretario generale, anche a funzionari di
altre Sezioni giurisdizionali che non si erano mai accostati alle problematiche sottese
alle rendicontazioni giudiziali. Ciò ha comportato un rilevante allargamento della
platea dei discenti e per i docenti un maggiore impegno per rendere più semplice
l’approccio ai documenti contabili e chiarire la metodologia del controllo;
contemporaneamente il modello teorico pratico del corso è stato esteso anche al
personale di magistratura rientrando, quindi, a pieno titolo tra le attività formative del
Seminario permanente, con pubblicazione di apposite dispense corredate da
esercitazioni pratiche e simulazioni di attività di revisione.
4.2 Pareri delle Sezioni riunite
Con parere n.2/2014 del 12 settembre- 24 ottobre 2014 le Sezioni Riunite della
Corte si sono espresse con riferimento ad una richiesta della Ragioneria Generale dello
Stato - Ispettorato Generale di Finanza in materia di resa del conto giudiziale da parte di
Equitalia s.p.a. quale agente della riscossione, con riferimento a due distinti profili: la
modalità di presentazione e la parifica del predetto conto.
Circa il primo profilo, è stato ritenuto sussistente l’obbligo della società
Equitalia di presentare alle Sezioni giurisdizionali della Corte, quale agente contabile
principale, un unico conto riguardante l’intera gestione, nella quale devono confluire
le operazioni contabili poste in essere per suo conto da soggetti che per detta Società
agiscono, quali sub-agenti contabili.
Per quanto riguarda l’accertamento di concordanza tra i dati esposti nei conti resi
da Equitalia e quelli dell’Amministrazione è stato ritenuta adeguata la soluzione
derivante dall’applicazione del Protocollo di Intesa tra Dipartimento della Ragioneria
Generale dello Stato, Agenzia delle entrate ed Equitalia nel quale sono previsti nuovi
flussi telematici delle riscossioni coattive delle entrate erariali, diretti ad alimentare
direttamente i sistemi informativi del predetto Dipartimento con le informazioni
contenute nelle contabilità degli agenti contabili delle riscossioni.
Fino all’operatività di tale nuovo sistema, è stato ritenuto sussistente l’obbligo
dell’Agenzia delle entrate di parificare i conti della gestione della società Equitalia,
acquisendo dalle Ragionerie territoriali i dati necessari per la “parifica”, prima della
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 219
trasmissione alle stesse Ragionerie territoriali per i controlli di rispettiva competenza.
Con parere n.3/2014 del 12 settembre- 24 ottobre 2014 le Sezioni Riunite della
Corte hanno ritenuto, in coerenza con alcune decisioni di “orientamento” (Sezione
Veneto nn. 62/2012; 134/2013; 139/2013; 186/2013; 202/2013; 271/2013; 291/2013;
37/2014) che, in attesa di una compiuta disciplina in materia di resa del conto
giudiziale da parte delle Camere di commercio, i soggetti che maneggiano denaro
pubblico o siano incaricati della gestione dei beni delle stesse Camere sono sottoposti
all’obbligo di resa del conto giudiziale, in applicazione delle disposizioni di cui al
combinato disposto dell’art. 37 del d.P.R. n. 254/2005 e degli articoli 93 e 233 del
decreto legislativo n. 267/2000 (tuel), con conseguente obbligo di trasmissione alle
Sezioni giurisdizionali dei conti resi dal tesoriere, dal responsabile della cassa
interna, dal responsabile della gestione dei beni mobili ed immobili, nonché
dall’incaricato della gestione dei titoli azionari, con applicazione dei modelli
approvati con D.P.R. 31 gennaio 1996 n. 194, con riferimento alle amministrazioni
locali.
4.3
Le pronunce di maggiore rilevanza
Il rinnovato impulso dato all’esame dei conti giudiziali ha visto investite le varie
sezioni giurisdizionali di problematiche involgenti principi fondamentali del giudizio
di conto, in particolare quello dell’obbligo di resa del conto da parte di agenti di
alcuni enti pubblici, della necessità del c.d. visto di parifica da parte
dell’amministrazione di appartenenza dell’agente contabile prima della trasmissione
del conto alla Corte dei conti, dei requisiti formali minimi in presenza dei quali poter
considerare la documentazione depositata come un vero e proprio conto per
procedere al suo esame.
Rientra nella prima problematica (obbligo di resa del conto) la fattispecie
affrontata dalla Sezione Lazio con la sent. n. 109 con la quale è stata riaffermata la
sottoposizione al giudizio di conto di quegli agenti contabili interni (come gli
economi) o esterni (come i concessionari della riscossione) di amministrazioni
pubbliche che pure vantano autonomia amministrativa, finanziaria e contabile. La
sentenza ha ritenuto che <<Omissis…A tale obbligo non si sottraggono – in virtù dei
principi soprarichiamati – nemmeno quei soggetti pubblici che pure vantano (e
rivendicano) una speciale autonomia amministrativa, contabile e finanziaria e un
sistema di controllo interno, come recentemente riaffermato dalla Corte dei conti nei
confronti delle Autorità indipendenti (Sez. II Centr. Appello n. 463/2013).
Conseguentemente, si ritiene tuttora sussistente l’obbligo della resa del conto
giudiziale all’amministrazione di riferimento ed alla Corte dei conti degli agenti
contabili operanti nell’ambito delle Soprintendenze Speciali per i Beni Archeologici
di Roma e delle altre gestioni indicate dalla Ragioneria Territoriale nella nota prot.
n. 102204 del 3 luglio 2013.
Né tale obbligo può essere eluso facendo riferimento all’autonomia
amministrativo-contabile di cui gode la Soprintendenza Speciale, atteso che la
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 220
predetta autonomia incide sulla gestione ma non sull’obbligo di rendicontazione che,
oltre che dalla richiamata normativa, è riaffermato e specificamente disciplinato
dalla circolare ministeriale n. 103/2000 ove è precisato che i concessionari, avendo
maneggio di denaro pubblico, assumono la veste giuridica di agenti contabili dello
Stato e come tali sono soggetti agli obblighi di rendicontazione e sottoposti alla
vigilanza ed al controllo dei Ministeri per i beni culturali e dell’economia e finanze.
La stessa circolare determina le modalità per la compilazione del conto giudiziale
da inviare, per il tramite degli Uffici di bilancio, alla Corte dei conti.>>
Nella stessa sentenza è stato pure affrontato, e risolto affermativamente, la
sopravvivenza dell’approvazione del conto anche da parte della Ragioneria
Territoriale dello Stato, nei seguenti termini: <<Analogamente, si ritiene ancora
sussistente (come anche indicato dalla citata circolare n. 103/2000) l’obbligo di
sottoposizione del conto da parte dell’agente contabile per la successiva
approvazione, sia alla Soprintendenza Speciale per i Beni archeologici di Roma che
alla Ragioneria Territoriale dello Stato, in virtù, oltre che della generale previsione
dell’art. 613 del regolamento generale di contabilità dello Stato (r.d. n. 827/1924),
della recente riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile introdotta
dal d.lgs. n. 123/2011 che, all’art. 17, comma 1, prevede proprio il controllo delle
Ragionerie territoriali dello Stato sull’attività di riscossione secondo modalità che
non escludono (né potrebbero farlo secondo la consolidata giurisprudenza) il
controllo di regolarità contabile (c.d. parifica) del conto della gestione dei
concessionari.>>
La stessa Sezione si è pronunciata, con sent. n. 46, sulla necessità della resa del
conto giudiziale dell’Ufficio dei Monopoli di Stato che cura il versamento all’erario
della quota di pertinenza delle somme riscosse dai concessionari delle società del
gioco in materia di concorsi pronostici su base sportiva, scommesse sportive a
totalizzatore su eventi diversi dalle corse dei cavalli e di scommesse ippiche, per cui
sarà cura dell’Amministrazione e della struttura di controllo interna predisporre un
nuovo modello di conto giudiziale che, corredato dai sub conti degli agenti contabili
secondari, formerà il nuovo modello di conto giudiziale da sottoporre all’esame delle
Sezioni Riunite e successivamente, una volta approvato, dovrà essere predisposto
dall’agente contabile ed inviato a questa Sezione giurisdizionale per la verifica
giudiziale di competenza.
L’obbligo di resa del conto è stato riconosciuto dalla ord. n. 60 della Sezione
Sardegna in carico al direttore del servizio farmacia in ambito ospedaliero, quale
contabile principale, e degli altri soggetti, tenuti alla custodia e distribuzione dei
medesimi beni nei singoli reparti, quali contabili secondari, in applicazione dell’art.
192 e ss. del r.d. n. 827/1924 (regolamento di contabilità generale dello Stato).
E’ stato, invece, escluso (Sezione Friuli-Venezia Giulia sent. n. 64) l’obbligo
della resa del conto da parte del consegnatario di beni immobili – appartenenti alle
amministrazioni dello Stato o agli enti locali – sul presupposto che la specifica
normativa chiarisce come il giudizio di conto può ritenersi ammesso per i soli agenti
contabili che abbiano maneggio o consegna di valori e beni mobiliari.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 221
Quanto all’inosservanza del termine fissato dal giudice per la presentazione del
conto, la sent. n. 160 della Sezione Calabria ha escluso l’automatismo
dell’applicazione della sanzione pecuniaria ex art. 46, r.d. n. 1214/1923,
subordinandola alla valutazione delle circostanze obiettive e soggettive del ritardo.
La sent. n. 104 della Sezione Calabria si è pronunciata in ordine alla illegittimità
della delega di gestione economale conferita dal responsabile del servizio finanziario
- che ricopriva anche le funzioni di economo – ad altro funzionario dello stesso ente
locale e della successiva auto-parifica operata dallo stesso responsabile per assenza
della posizione di terzietà rispetto al soggetto titolare della gestione.
Circa i requisiti minimi che devono rivestire le documentazioni contabili e le
modalità di presentazione del conto, la Sezione Lazio (sent. n. 160) ha avuto modo di
precisare nuovamente i principi contabili ai quali devono essere uniformate le attività
di questi agenti contabili nonchè di ribadire i criteri di compilazione del conto
giudiziale.
L’ord. n. 107 della stessa Sezione ha affrontato il tema dei requisiti minimi che il
conto depositato deve avere per poter essere considerato tale ed essere esaminato nel
merito. L’ordinanza ha ribadito la necessità del preventivo visto di parifica
dell’amministrazione, della compilazione del conto utilizzando i modelli indicati dal
d.p.r. n. 194/1996, della presentazione della documentazione (minima) idonea a
suffragare la completezza formale delle operazioni svolte prima di valutarne la
legittimità.
Correlata all’esigenza che la documentazione allegata al conto risponda a
requisiti minimi per poter valutare la regolarità della gestione è quella della difficoltà
di reperimento dell’intera documentazione giustificativa per poter procedere al
discarico dell’agente contabile. In tale evenienza, la sent. n. 151 della Sezione
Sardegna ha ritenuto che il giudice non possa che dichiarare l’improcedibilità del
giudizio: nella fattispecie, l’impossibilità di reperimento della documentazione
derivava dal fallimento della società concessionaria della riscossione di tributi locali.
In ordine alla regolarità della compilazione del conto, la sent. n. 113 della
Sezione Sardegna ha affermato che il conto della gestione dei concessionari della
riscossione non può essere limitato alla mera esposizione delle riscossioni (conto di
cassa), ma deve ricomprendere il carico iniziale (conto di diritto) dell’agente
contabile (contribuenti e somme eventualmente rimaste da riscuotere alla fine
dell’esercizio precedente), l’indicazione delle maggiori somme riscosse nel corso
dell’esercizio cui il conto si riferisce, e di quelle che rimangono da riscuotere al
termine dell’esercizio medesimo e, infine, del discarico per le somme non più
esigibili.
Oggetto prevalente dei giudizi è stata la regolarità contabile delle gestioni delle
figure tipiche, e più ricorrenti, di agente contabile quali l’economo, il tesoriere e il
concessionario della riscossione.
Quanto all’economo è stata riscontrata la violazione dell’obbligo di limitare le
spese a quelle di modico valore e assolutamente necessitate. In sostanza, le
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 222
amministrazioni, specialmente quelle locali, affidano troppo spesso all’economo il
compito di sostenere spese di tipologia estranea a quelle ammesse dalla legge o dai
regolamenti economali eludendo il ricorso alle ordinarie procedure contabili. Così, è
stata riconosciuta la irregolarità di spese di rappresentanza (sent. n. 87 Sezione
Piemonte), o di spese sostenute per il pagamento di sanzioni ammnistrative (sent. n.
24 Sezione Trento).
Quanto al tesoriere, è stata affermata la illegittimità della erogazione a favore del
Comune di una anticipazione di cassa superiore a quella consentita di 3/12 delle
entrate accertate nel penultimo esercizio precedente a quello di richiesta (art. 222
tuel), con conseguente condanna del tesoriere alla restituzione dei maggiori interessi
percepiti (sent. n. 139 Sezione Calabria, n. 36 Sezione Veneto); la illegittimità del
pagamento in conto residui senza il loro preventivo riaccertamento ai sensi dell’art.
228 tuel (sent. n. 36 Sezione Veneto); l’illegittimità nel ritardo dei pagamenti e
l’obbligo della rifusione degli interessi creditori (sen. n. 157 Sezione Toscana).
Quanto all’agente della riscossione, è stato riscontrato in più occasioni il ritardo
nel riversamento nelle casse comunali delle somme riscosse con conseguente
condanna del medesimo al pagamento degli interessi di mora (sen.t n. 126 Sezione
Emilia-Romagna, sent. n. 27 Sezione Trento).
Fra le istruttorie in corso di particolare rilevanza si segnalano quelle affrontate
dalla Sezione Lazio con l’ord. n. 278 che, nell’esaminare la contabilità giudiziale di
alcuni agenti contabili erariali operanti presso la struttura SAISA
dell’Amministrazione delle dogane, ha appurato che i movimenti di denaro
provenienti dalle riscossioni delle varie dogane site sull’intero territorio nazionale si
concentrano presso questa struttura centralizzata che ha competenze diversificate, per
cui il magistrato istruttore ha ritenuto necessario acquisire elementi informativi
sull’intera procedura di riscossione delle entrate; e l’istruttoria, già completata, sulla
contabilità giudiziale del Servizio Bancoposta di Poste Italiane s.p.a. concernente
marche e valori bollati dichiarati fuori corso relativi all’esercizio 2010: si tratta di
una considerevole somma pari ad oltre 8.000.000 di euro di valori bollati che, dopo
le attività di distruzione, risultano ancora in carico all’agente contabile che però non
ha trovato corrispondenza con la giacenza fisica dei valori in custodia presso lo
stesso, per cui il Magistrato relatore ne ha chiesto la condanna alla refusione
dell’intero importo a favore dell’Agenzia delle Entrate.
5.
I giudizi pensionistici
In tema di giudizi pensionistici vanno, anzitutto, menzionate:
-
la sentenza della Corte Costituzionale n. 227 del 2014, depositata in data 26
settembre 2014, in relazione alla questione di legittimità costituzionale dell’art.
1, commi 774 e 776, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale – legge finanziaria 2007),
sollevata dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale d’appello per la Regione
siciliana, nella parte in cui incidono sui giudizi pendenti alla data della loro
entrata in vigore, con riferimento all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del protocollo
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 223
-
1 della Convenzione medesima, per violazione dell’art. 117 Cost.. Nella
circostanza il giudice delle leggi ha affermato la legittimità delle disposizioni
normative denunciate ribadendo i seguenti principi di diritto “ a) l’abrogazione –
ad opera del comma 776 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 – dell’art. 15,
comma 5, della legge n. 724 del 1994, non poteva considerarsi irragionevole per
contraddittorietà, «giacché essa risulta rispondente ad una esigenza di ordine
sistematico imposta proprio dalle vicende che hanno segnato la sua
applicazione»; b) inoltre, «potendo il legislatore, in sede di interpretazione
autentica, modificare in modo sfavorevole, in vista del raggiungimento di
finalità perequative, la disciplina di determinati trattamenti economici con esiti
privilegiati senza per questo violare l’affidamento nella sicurezza giuridica (sent.
n. 6 del 1994 e sent. n. 282 del 2005), là dove, ovviamente l’intervento possa
dirsi non irragionevole, nella specie è da escludersi una siffatta irragionevolezza
anche perché l’assetto recato dalla norma denunciata riguarda anche il
complessivo riequilibrio delle risorse e non può, pertanto, non essere attenta alle
esigenze di bilancio».;
la sentenza della Corte Costituzionale n. 208 del 2014, depositata in data 16
luglio 2014, in relazione alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 204
del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092
(Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei
dipendenti civili e militari dello Stato), sollevata dalla Corte dei conti, terza
Sezione centrale d'appello, in riferimento agli artt. 3, 36, primo comma, 38,
secondo comma, e 97 della Costituzione, nella parte in cui non consente la
revoca o la modifica del provvedimento definitivo di liquidazione del
trattamento pensionistico anche nel caso di errore di diritto. Nella circostanza il
giudice delle leggi ha affermato la legittimità della norma denunciata rilevando
che essa rappresenta espressione del potere di scelta esercitato dal legislatore ed
evidenziando che “non sottrae il calcolo pensionistico al criterio normativamente
previsto, sia esso contributivo o retributivo, ma prevede - entro il perimetro delle
soluzioni costituzionalmente consentite - un correttivo in nome dell'esigenza di
salvaguardare maggiormente, una volta conclusa la fase di liquidazione
interinale, la certezza del diritto e il legittimo affidamento che su di essa si
fonda”.
Con riguardo al riparto di giurisdizione, va menzionata l’ordinanza n. 4325 del
24 febbraio 2014 della Corte di cassazione, Sezioni unite civili, con la quale è stato
statuito che è devoluta alla Corte dei conti la domanda di mero accertamento della
causa di servizio proposta ai fini del riconoscimento del trattamento pensionistico
privilegiato. Di conseguenza, è rimessa al giudice speciale la valutazione
sull’ammissibilità della domanda proposta dal dipendente pubblico ancora in servizio
attivo.
In materia di ripetizione dell’indebito pensionistico e con riguardo ai limiti
della sua recuperabilità le Sezioni Riunite con sentenza n. 22 del 2014, con obiter
dictum, hanno rilevato che “la res litigiosa vede contrapposti non il contribuente e
l’amministrazione finanziaria, ma il pensionato e l’Istituto previdenziale che ha in
carico la partita pensionistica”. In particolare, riguardo alla questione della
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 224
ripetibilità dell’indebito al lordo o al netto dell’imposta le Sezioni riunite hanno
osservato che “non può parlarsi di un vero e proprio conflitto giurisprudenziale,
essendo prevalente l’orientamento che afferma la ripetibilità al lordo”.
Con riguardo a una tematica di grande rilievo in ambito pensionistico e
rappresentata dai limiti normativamente posti alla rivalutazione dei trattamenti,
corre dar conto delle ordinanze n. 57 del 2014 della Sezione giurisdizionale per la
Liguria e n. 38 del 2014 della Sezione giurisdizionale per l’Emilia Romagna, di
rimessione alla Corte costituzione, con le quali è stata sollevata la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 24, comma 25, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, nella parte in cui
limita la rivalutazione automatica secondo il meccanismo stabilito dall'art. 34,
comma l, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per gli anni 2012 e 2013,
esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il
trattamento minimo INPS, per contrasto con gli artt. 3, 36, comma l, 38, comma 2,
23, 53 Cost.. Nel caso, è stata sostenuta l’irragionevolezza dell'intervento settoriale
in considerazione che il trattamento pensionistico ordinario ha natura di retribuzione
differita (Corte costituzionale, sentenza n. 30 del 2004 e ordinanza n. 166 del 2006),
con conseguente profilo discriminatorio per il maggior prelievo tributario rispetto ad
altre categorie.
Una tematica di grande rilievo in ambito pensionistico, nel corso del 2014, è
stata rappresentata con riferimento al personale comparto scuola, dal diritto rivendicato in numerosi ricorsi proposti- al collocamento in quiescenza a far data dal
1° settembre 2012 sulla base della normativa previgente al nuovo regime
pensionistico introdotto dall’art. 24 del d.l. n. 201/2011 (Disposizioni urgenti per la
crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito con
modificazioni dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.
Sulla questione è intervenuto il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 recante
“Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione
nelle pubbliche amministrazioni”, convertito con modificazioni dalla L. 30 ottobre
2013, n. 125, che ha fornito interpretazione autentica di tali disposizioni contenute
nel decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, (c.d. riforma Monti - Fornero),
convergente alle aspettative dei pensionati del comparto scuola.
In particolare, infatti, con l’art. 2, commi 4 e 5, del d.l. 101/2013 è stato
precisato che:
“4. L'art. 24, comma 3, primo periodo, del decreto legge 6 dicembre 2011, n.
201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, si interpreta nel senso che il
conseguimento da parte di
un
lavoratore dipendente delle pubbliche
amministrazioni di un qualsiasi diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011
comporta
obbligatoriamente l'applicazione del regime di accesso e delle
decorrenze previgente rispetto all'entrata in vigore del predetto articolo 24.
5. L'articolo 24, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge 6 dicembre
2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, si interpreta nel senso
che per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni il limite
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 225
ordinamentale, previsto dai singoli settori di appartenenza per il collocamento
a riposo d'ufficio e vigente alla data di entrata in vigore del decreto-legge stesso,
non e' modificato dall'elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di
vecchiaia e costituisce il limite non superabile, se non per il trattenimento in
servizio o per consentire all'interessato di conseguire la prima decorrenza utile
della pensione ove essa non sia immediata, al raggiungimento del quale
l'amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o di impiego se il lavoratore
ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione”.
La giurisprudenza di merito ha statuito che:
il predetto art. 24 del d.l. 201 del 2011, nel modificare la disciplina del diritto
all’accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico, ha fatto salvo i precedenti
requisiti utili a pensione purchè maturati entro la data del 31.12.2011. La
salvaguardia delle norme pensionistiche previgenti è circoscritta per tutte le categorie
del pubblico impiego alla maturazione dei requisiti entro l’anno solare in corso alla
data di entrata in vigore del decreto stesso, mentre per i lavoratori della scuola deve
intendersi circoscritta all’anno scolastico in corso alla suddetta data, trattandosi di
deroga non prevista dalla normativa ( Sezione Lazio sentenza 904 del 2014);
Tra le tematiche di maggior rilievo in ambito pensionistico è da annoverare la
delicata materia dei trattamenti previdenziali conseguenti a malattie indotte
dall’assoggettamento ad inquinamento da amianto, ove le maggiorazioni figurative
conseguono all’accertata esposizione qualificata e ultradecennale alle polveri
inquinanti.
Al riguardo va ricordato che il recente decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69
“Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia” convertito con modificazioni
dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, con l’art. 42-quater ha inserito dopo il comma 14-bis
dell'articolo 7-ter del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, il comma 14 ter la cui ratio è quella
di assicurare maggiore tutela ai lavoratori nel procedimento di riconoscimento della
spettanza del particolare beneficio.
In tale materia la giurisprudenza contabile ha completato il quadro della tutela
dei lavoratori sul versante interpretativo e applicativo delle norme di settore,
precisando che:
-
con riferimento all’applicazione dell’ art. 7-ter, comma 14, del DL n. 5 del
10.02.2009, convertito in legge n. 33 del 09.04.2009, che tale disposizione
intende salvaguardare le prestazioni pensionistiche liquidate con applicazione
dei benefici pensionistici per esposizione all’amianto ai sensi dell’articolo 13,
comma 8 legge n. 257/1992, con provvedimento emesso in data anteriore al
12.04.2009 (entrata in vigore della legge di conversione), in caso di revoca della
certificazione di esposizione. La disposizione, al fine di arginare le conseguenze
delle revoche da parte dell'INAIL di un numero consistente di certificazioni, a
seguito di indagini penali, “esplica i suoi effetti nei casi in cui sia annullata la
certificazione dell'esposizione all'amianto che ha dato luogo alla concessione dei
benefici pensionistici. Tale annullamento potrebbe determinare la revoca della
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 226
-
-
pensione già concessa (qualora la maggiore anzianità riconosciuta abbia
consentito la maturazione dei requisiti per il pensionamento) ovvero la
ricostituzione della pensione stessa, con conseguente decurtazione. La norma in
esame si propone di evitare tali esiti per le pensioni già concesse in virtù di
certificazioni pregresse e in assenza di dolo dell'interessato” accertato in via
giudiziale con sentenza definitiva (II Sez. centrale d’appello, sent. n. 419 del
2014);
non è ammissibile il beneficio della rivalutazione contributiva di cui all’art. 13,
comma 8 della legge27 marzo 1992, n. 257,per gli anni di servizio trascorsi in
ambiente lavorativo nel quale era presente amianto oltre i limiti posti dalla legge
15 agosto 1991, n. 277, nel caso in cui l’interessato abbia goduto del
prepensionamento in quanto dichiarato “eccedentario” dall’Azienda,
percependo, in aggiunta alla pensione liquidatagli sulla base dell’anzianità
effettivamente posseduta, una somma ulteriore, corrispondente alla
capitalizzazione del maggior importo pensionistico spettante sulla base
dell’ulteriore periodo occorrente per conseguire la massima pensione (III Sez.
centrale d’appello, sent. n. 253 del 2014);
in ordine ai mezzi di prova ammessi in tema di esposizione all'amianto che
l’accertamento tecnico dell’INAIL offre “… presunzioni gravi, precise e
concordanti che il giudice ben può porre a base della decisione, ove non siano
state mosse specifiche contestazioni dall’interessato in ordine all’erroneità
dell’accertamento, al quale interessato … incombeva l’onere di fornire la prova
dei fatti costitutivi del diritto azionato” (I Sez. centrale d’appello, sent. n 387 del
2014).
In materia di trattamento pensionistico privilegiato spettante ai dipendenti degli
Enti locali è stato ribadito un orientamento giurisprudenziale contabile espresso nel
senso che la pensione privilegiata a favore di iscritto alla CPDEL è determinata
aumentando di un decimo l’aliquota della pensione diretta normale e, comunque, in
misura non inferiore a due terzi dell’aliquota massima (pari a 1,00). Pertanto in tali
fattispecie non trova applicazione l’art. 64 del T.U. n.1092/1973 che regola il diritto
a pensione privilegiata dei dipendenti dello Stato (III Sez. centrale d’appello, sent. n
135 del 2014).
Numerosi sono stati nel corso dell’anno anche gli arresti giurisprudenziali in
ordine ai limiti alla ripetibilità delle somme indebitamente percepite a titolo di
pensione provvisoria e al consolidamento di situazioni derivanti dal principio di
affidamento e buona fede del percipiente.
Al riguardo è stato evidenziato che:
-
preminente è comunque l’apprezzamento in concreto della buona fede del
percettore, tanto sotto il profilo soggettivo (corrispondente allo stato psicologico
dell’essere “in buona fede”) quanto sotto quello oggettivo del comportamento
“secondo buona fede” (rispettoso, cioè, dei canoni comportamentali di lealtà e
correttezza nei rapporti del pensionato con l’Istituto previdenziale - oltre che,
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 227
-
ovviamente, dell’Istituto con lo stesso pensionato): condizione che può, in
generale, ritenersi sussistente quando, usando l’ordinaria diligenza
(comportamento “secondo buona fede”) “la somma indebita – confusa
generalmente con quella effettivamente dovuta – non è riconoscibile
dall’interessato” il quale può plausibilmente (cioè “in buona fede”) ritenere che
l’importo corrisposto sia quello effettivamente spettante (Sezione Terza
Giurisdizionale Centrale d’Appello, sentenza n. 248/2014);
ribadendo un consolidato orientamento giurisprudenziale contabile, che non
spettano gli interessi legali sulle somme da restituire al pensionato a seguito di
recupero di indebito effettuato dall’Istituto previdenziale e in seguito dichiarato
irripetibile dal giudice (Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello,
sentenza n. 76/2014);
Occorre rilevare come il riconoscimento della irripetibilità delle somme
indebitamente percepite a titolo di pensione provvisoria abbia determinato un
incremento delle azioni di rivalsa da parte dell’INPS nei confronti degli Enti di
appartenenza dei pensionati ai sensi dell’art. 8, comma 2, del d.P.R. 8 agosto 1986 n.
538. Tale disposizione, infatti, prevede che “Qualora, per errore contenuto nella
comunicazione dell'ente di appartenenza del dipendente, venga indebitamente
liquidato un trattamento pensionistico definitivo o provvisorio, diretto, indiretto o di
riversibilità, ovvero un trattamento in misura superiore a quella dovuta e l'errore
non sia da attribuire a fatto doloso dell'interessato, l'ente responsabile della
comunicazione è tenuto a rifondere le somme indebitamente corrisposte, salvo
rivalsa verso l'interessato medesimo”.
Con riguardo a tale istituto si è consolidato l’orientamento affermativo della
giurisdizione della Corte dei conti ed è stato precisato che:
-
-
non sussiste una ipotesi di litisconsorzio necessario rispetto alla domanda di
irripetibilità del pensionato - trattandosi di una diversa controversia, sia per
petitum che per causa petendi - con la conseguenza di escludere la necessità di
integrazione del contraddittorio nei casi in cui l’ordinatore primario di spesa non
sia stato citato in giudizio dal titolare del trattamento pensionistico. (II Sezione
Giurisdizionale Centrale d’Appello, sentenza n. 769/2014);
la norma in esame, la quale stabilisce l'obbligo dell'ente che ha liquidato il
trattamento pensionistico errato (e poi materialmente corrisposto dall’Ente
previdenziale), di rifondere le spese in eccesso sostenute dall'ordinatore
secondario di spesa, deve ritenersi espressione di un principio di carattere
generale; tale generale obbligo di rifusione deve ritenersi operante anche nei
confronti delle amministrazioni statali, non essendo certo ipotizzabile che per
tale categoria non sussista alcuna possibilità di reintegro, da parte dell’Ente
previdenziale, nel caso di errori nella liquidazione del trattamento pensionistico
da parte dell’Amministrazione o ente ex datore di lavoro, anche perché l’art. 162
del T.U. n. 1092/1973 comunque prevede il recupero da parte dell’ente erogatore
sul pensionato, ed è evidente che nel caso di mancato recupero (per qualsiasi
motivo) a carico dell’indebito percettore non può, in astratto, ritenersi impedita
l’azione di rivalsa nei confronti dell’ente responsabile di tale errata liquidazione;
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 228
azione la cui giurisdizione va attribuita al Giudice contabile (Sezione Prima
Giurisdizionale Centrale, sentenza n. 459/2014).
Un importante arresto giurisprudenziale ha riguardato la cessazione dal servizio
per perdita del grado ai sensi dell’art. 37 della legge n. 599/54. La norma –riproposta
con una nuova formulazione dal d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, con l’art. 867, e l’art.
923, comma 5,- prevede che qualora il procedimento penale o disciplinare si
concluda con una sentenza o con un giudizio di Commissione di disciplina che
importi la perdita del grado, la cessazione del sottufficiale dal servizio permanente
si considera avvenuta, ad ogni effetto, per tale causa e con la medesima decorrenza
con la quale era stata disposta.
La giurisprudenza in merito si è consolidata nel ritenere che:
-
-
-
nella fattispecie di cessazione dal servizio per perdita del grado vengono meno le
ragioni che hanno indotto il Legislatore, nei casi di cessazione dal servizio per
invalidità, a derogare espressamente, con il citato art. 1, comma 32, l. n. 335/95,
alla nuova disciplina in materia di requisiti di accesso e decorrenza dei
trattamenti pensionistici. Opera quindi, in presenza di perdita del grado, una
sostituzione ope legis, coerente con la valenza latamente sanzionatoria dell’art.
37, di tale causa con qualsiasi altro motivo di cessazione, anche temporalmente
antecedente;
la novazione del titolo di cessazione (da ”riforma per inabilità assoluta a “perdita
del grado per rimozione”) ha come conseguenza l’applicazione delle comuni
regole generali sul trattamento di quiescenza che richiedono una maggiore
anzianità di servizio e anagrafica;
è legittima la revoca di precedente provvedimento amministrativo concessivo
della pensione annua ordinaria diretta per fisica inabilità in favore del ricorrente,
in relazione all’efficacia retroattiva del provvedimento di destituzione dal
servizio. Nel caso del sopravvenire di provvedimento di rimozione con efficacia
ex tunc, il diritto al mantenimento di un eventuale trattamento pensionistico in
godimento può tuttavia essere riconosciuto solo in presenza di espressa
disposizione di legge, o dei requisiti anagrafici e cronologici di servizio a quella
data già maturati.
In particolare ha rilevato che:
-
-
in caso di applicazione della sanzione disciplinare della perdita del grado,
l’interessato non può invocare il principio del legittimo affidamento al fine di
ottenere la pronuncia di irripetibilità dell’indebito pensionistico conseguente al
recupero dei ratei da parte dell’Amministrazione a seguito della revoca del
provvedimento di liquidazione del trattamento (I Sez. d’appello n491 del 2014)
il militare, all’atto del congedo, doveva sapere che, essendo sottoposto a
procedimento penale, rischiava di incorrere nella perdita del grado, con tutte le
conseguenze che ne potevano derivare sul piano giuridico, laddove, su tale piano
assume rilievo il titolo del congedo. Tra queste non può che rientrare anche il
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 229
computo dell’anzianità utile al conseguimento della pensione. (Sezione
Piemonte sentenza n. 21 del 2014).
Una tematica, infine, di interesse è rappresentata dal riconoscimento degli
incrementi dell’indennità integrativa speciale dopo il raggiungimento dell’età
prevista per la pensione di vecchiaia. Al riguardo, la giurisprudenza ha ribadito che le
variazioni percentuali in aumento dell’IIS, sia pur riconosciute nell’aliquota
massima, si calcolano non sull’intero importo dell’indennità spettante, senza le
decurtazioni di proporzionalità al servizio, bensì unicamente sulla quota di indennità
effettivamente spettante in base all'anzianità maturata all’atto della cessazione dal
servizio (III Sez appello n. 539 del 2014).
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 230
CAPITOLO IX
L’ORGANIZZAZIONE DELLA CORTE DEI CONTI
1. La Policy
La nuova governance dell’Istituto, insediatasi sul finire del 2013, ha avviato un
profondo rinnovamento e rafforzamento della policy, che ha inciso notevolmente
sull’azione amministrativa nel corso dell’anno di riferimento.
Con i primi atti di indirizzo del Presidente (Direttiva generale per l’azione
amministrativa del 7 aprile 2014) e del Segretario generale (Direttiva di II livello per
l’azione amministrativa e di supporto alla attività istituzionale per l’anno 2014, del
27 giugno 2014) sono state dettate le priorità politiche per l’anno 2014, da
conseguire per il tramite di una rinnovata azione amministrativa, caratterizzata da
una rafforzata visione manageriale, in linea con le più recenti riforme che mirano a
realizzare un’amministrazione maggiormente orientata al risultato e meno
autoreferenziale; un’amministrazione efficiente, efficace, economica e, al tempo
stesso, responsabile e trasparente nei confronti della collettività.
Un’attività, dunque, volta al superamento dei tradizionali modelli organizzativi
che vedevano nella conformità alle norme il principale criterio di valutazione
dell’operato pubblico, da conseguire attraverso la valorizzazione del principio
costituzionale di buon andamento, troppo a lungo interpretato senza esaltarne le tante
potenzialità espressive.
Queste spinte innovative, in prima battuta, si sono dovute confrontare con un
contesto ambientale, risultato, per varie circostanze, poco permeabile ai suddetti
cambiamenti.
La perdurante situazione di blocco contrattuale del pubblico impiego, in uno con
il succedersi delle normative sulla spending review, e, conseguentemente, il
raffreddamento delle posizioni delle organizzazioni sindacali in materia di
contrattazione decentrata, hanno provocato una situazione di stallo che, sino a tutto il
2013, ha generato un diffuso malessere fra il personale, incidendo sulle motivazioni
lavorative.
In detto contesto è stato, pertanto, necessario recuperare, con una azione intensa
da parte del Segretariato generale – non senza criticità nei rapporti con le parti
sociali, il notevole ritardo accumulato, attraverso la definizione di ben otto accordi
contrattuali che hanno riguardato le annualità del 2012, 2013 e 2014, relativamente
tanto al personale delle aree funzionali che a quello dirigenziale.
Sono state così rese disponibili le somme relative ai pertinenti fondi ed è stato
annullato, in tal modo, il grave deficit temporale che vedeva congelata l’erogazione
dei salari premiali, che hanno un ruolo essenziale nell’orientamento all’efficienza
degli uffici.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 231
Detta accelerazione è stata compiuta con l’obiettivo, come detto, di colmare un
divario temporale che rischiava di avere ricadute insostenibili sul personale.
Nelle negoziazioni in questione si è provveduto a rivedere i criteri di
attribuzione dei premi di produttività, in modo che gli stessi risultassero
effettivamente incentivanti e premiali, nel senso di una selettività tarata
proporzionalmente sull’impegno e sugli obiettivi conseguiti dal dipendente.
Questa prima azione di recupero della normale quotidiana “vita lavorativa” è
stata accompagnata da una rafforzata azione di sostegno al benessere del personale,
attraverso la destinazione di significative risorse alla categoria dei sussidi.
In questa voce l’Istituto ha inteso, tra l’altro, conseguire il duplice risultato di
contribuire al raggiungimento di un migliore standard di mobilità sostenibile,
incentivando l’utilizzo del trasporto pubblico tra i dipendenti, attraverso il rimborso
delle tessere di abbonamento ai mezzi pubblici, a fronte della rinuncia all’utilizzo
della propria autovettura per il percorso casa – ufficio e viceversa.
Operazione questa ritenuta strategica all’indomani della inaugurazione dei nuovi
Uffici, nella sede restaurata della ex caserma Montezemolo, dovuta al rilascio di
quelli di via Talli, con il relativo accentramento di tutto il personale.
Riportati ai normali livelli di confronto aperto, leale e costruttivo i tavoli di
contrattazione con le parti sindacali, è stato, dunque, possibile portare al centro
dell’attenzione la tematica della rivisitazione dei criteri di erogazione dei salari
premiali, in modo da pervenire ad una remunerazione, in certi limiti, differenziata,
proporzionale all’impegno ed ai risultati realizzati da ciascun operatore, così da
superare le vetuste logiche di distribuzione “a pioggia”.
Al tempo stesso si ha avuto piena consapevolezza che l’evoluzione normativa
degli ultimi anni, unita alle raccomandazioni degli organi internazionali ed alle
deliberazioni degli organi di controllo, rende palese l’esigenza di affinare il sistema
di valutazione delle aree funzionali e dei dirigenti, con l’obiettivo di raggiungere
elevati standard qualitativi ed economici dei servizi resi, di riconoscere il merito, di
valorizzare le capacità ed i risultati e di incrementare l’efficienza del lavoro
nell’amministrazione.
I sistemi di valutazione, seppure richiedano di essere orientati secondo le
caratteristiche della neutralità, obiettività, professionalità, riducendo al minimo gli
aspetti discrezionali, devono essere in grado, contemporaneamente, di svolgere una
funzione di stimolo e di guida al cambiamento. In questa ottica sono stati ricondotti
nell’ambito dei sottosistemi di change management di utilizzo del Segretario
generale.
Con l’adozione della circolare n. 34/2014, concernente la valutazione del
personale amministrativo delle aree funzionali per l’anno 2013, e il richiamo alla
stessa effettuato dal Segretario generale nel comunicato concernente “anomalie
evidenziatesi nell'ambito delle procedure di valutazione del personale delle aree
funzionali per l'anno 2013”, del 17 settembre 2014, sono stati, dunque, fissati alcuni
punti fermi nel sistema della valutazione, sensibilizzando i dirigenti a valutare
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 232
correttamente - e nel rispetto degli ineludibili criteri della gradualità e della
differenziazione dei punteggi e delle percentuali stabilite - la performance dei
funzionari preposti e del personale degli uffici di livello non dirigenziale di supporto
all’attività istituzionale.
E’ stato, inoltre, sancito che l’attività valutativa, sempre di esclusiva
responsabilità del dirigente, richieda la preventiva acquisizione dei necessari
elementi oggettivi di valutazione dalla componente magistratuale, rappresentata dai
pertinenti Vertici, integrando gli stessi quelli di diretta conoscenza del valutatore e le
risultanze del controllo di gestione.
La nuova policy risulta così caratterizzata, da un lato, da una particolare cura
della meritocrazia, intesa come valore premiante del corretto agire dei più meritevoli,
dall’altro, da una continua attenzione all’etica pubblica, che contribuisce a definire il
suddetto agire dei pubblici funzionari al servizio della collettività, in tutta la sua
pienezza, dal rispetto della legge, sino alla soddisfazione ultima degli interessi
protetti, dalla tutela delle giuste aspirazioni dei cittadini utenti, sino al rispetto della
loro dignità.
Ciò, a maggior ragione, in seguito all’entrata in vigore della l. n. 190/2012,
recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e
dell’illegalità nella pubblica amministrazione” e del d.lgs. n. 33/2013, sul “Riordino
della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di
informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, la cui applicazione ha avuto
un significativo impatto – tanto sul piano culturale che su quello organizzativo sull’intero Istituto, come d’altronde su tutta la pubblica amministrazione.
Si è già dato conto, nella relazione dello scorso anno, di aver proceduto alle
nomine dei Responsabili della prevenzione della corruzione e della trasparenza; alla
predisposizione dei relativi piani triennali; alla riorganizzazione del sito della Corte
dei conti nella sezione dedicata all’”Amministrazione trasparente”; all’emanazione
del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici a norma del d.p.r. n. 62/2013;
alla predisposizione del Regolamento degli incarichi extraistituzionali;
all’assolvimento degli obblighi di pubblicazione concernenti gli organi di indirizzo
politico, gli incarichi di vertice, i dati relativi al personale dirigenziale e ai
consulenti, con l’osservanza di tutte le prescrizioni richieste dalla normativa, i tassi
di assenza, le informazioni sull'organizzazione, sui procedimenti dell’Istituto, sulle
posizioni organizzative del personale, sui bilanci, sui bandi per le procedure
concorsuali per il reclutamento di personale e per l’affidamento degli appalti.
Per completezza va anche annoverata, sempre nel corso dell’anno, l’operata
definizione della struttura “anticorruzione”, con l’indicazione dei Referenti,
l’effettuazione dei monitoraggi semestrale (consultabili sul sito internet dell’Istituto)
ad opera del Responsabile della prevenzione, l’implementazione del piano
dell’Istituto, la definizione delle aree a rischio e, soprattutto, la progettazione
dell’applicativo tramite il quale il personale amministrativo ha la possibilità di
segnalare eventuali condotte illecite (whistleblower).
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 233
In linea con i requisiti previsti dalla normativa, l’applicativo in questione
garantisce l’anonimato del segnalante e consente ad un ristretto gruppo di persone
dedicate – c.d. “Struttura ricevente”, costituita dal Responsabile della prevenzione
della corruzione e dal Dirigente coordinatore del Servizio per i procedimenti
disciplinari - di analizzare le segnalazioni pervenute, assumendo adeguate iniziative.
Anche sul versante della trasparenza l’azione dell’Istituto ha condotto alla
creazione di un’apposita struttura amministrativa, all’interno della Direzione
generale risorse umane, senza costi aggiuntivi per l’amministrazione, con il compito
di supportare il Responsabile della trasparenza nella verifica e nel costante
monitoraggio degli adempimenti afferenti le pubblicazioni obbligatorie sul sito
istituzionale e negli ulteriori diversificati adempimenti, fra i quali l’aggiornamento
del piano, che la legge attribuisce alla figura in questione.
Grande rilievo è stato dato alla formazione, intesa come primo baluardo contro il
fenomeno corruttivo.
In attuazione delle disposizioni contenute negli artt. 25 e 26 del citato piano di
Prevenzione della corruzione adottato dall’Istituto con d.p. n. 4/2014, sono stati
organizzati corsi sulla trasparenza, sull’etica e sui codici di comportamento, anche
attraverso la formazione erogata dalla SNA, indirizzati a tutto il personale
dirigenziale ed amministrativo. Tale formazione è stata effettuata attraverso processi
formativi definiti "misti" o "blended learning", in cui la componente on-line è stata
affiancata alla formazione tradizionale in aula, in un’ottica di contenimento della
spesa per i costi di missione.
Per maggiore puntualità, la formazione del personale dirigenziale e del personale
appartenente alla III Area è stata interamente completata nel corso dell’anno,
interessando la totalità delle unità in discorso, mentre, relativamente al personale
della II area, sono risultate coinvolte numero 133 unità.
Inoltre, per le attività formative specifiche inerenti alle aree a maggiore rischio
di corruzione definite dal piano, sono stati avviati a formazione un numero
considerevole di funzionari, in specie in materia di “Affidamento di lavori, servizi e
forniture”, attraverso i corsi organizzati presso la SNA e ancora sono stati avviati
pertinenti moduli sulle procedure contrattuali in materia, rientranti nell’area prevista
dal predetto piano, all’art. 7, comma 1, lettera b).
E’ in fieri l’organizzazione di uno specifico corso su ”Concorsi e prove selettive
per l’assunzione del personale e progressioni di carriera”, nell’ambito dell’area a
rischio prevista dall’art. 7, comma 1, lettera d) del piano di Prevenzione della
corruzione 2013-2016, per coinvolgere tutto il personale che opera nelle pertinenti
articolazioni organizzative.
Anticorruzione, trasparenza e performance sono state al centro delle scelte
strategiche dell’Istituto nell’anno di riferimento, risultando coordinate e finalizzate
ad un unico obiettivo che corrisponde ad una amministrazione eticamente orientata.
In particolare, la complementarietà della performance rispetto alla trasparenza e
alla prevenzione della corruzione si esplica nel collegamento delle misure contenute
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 234
nei programmi triennali per la trasparenza e l’anticorruzione con gli obiettivi definiti
negli strumenti di programmazione della azione amministrativa, che hanno
individuato appositi obiettivi trasversali, in stretta coordinazione con il ciclo del
bilancio.
2.
Il Personale
Al 31 dicembre 2014 l’organico magistratuale, che prevede una dotazione pari a
611 posti, si presenta con una copertura effettiva di 417 unità, cui si devono
aggiungere alcune unità in posizione di fuori ruolo e aspettativa, evidenziando una
vacanza in organico di 188 magistrati (pari a circa il 31%), che non trova riscontro in
alcuna altra magistratura.
Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio del medesimo personale, risulta
che gli stessi esercitano la propria attività, in assegnazione principale, per il 75,7%
presso le sedi regionali (numeri assoluti, 316) e per il 24,2% presso gli uffici di
Roma (numeri assoluti, 101).
I magistrati addetti ai diversi settori del controllo sono, a fine 2014, 178 (pari al
42,6%), quelli con funzioni giudicanti 129 (pari al 30,9%), mentre i magistrati con
funzioni requirenti si attestano su 107 unità (pari al 25,6%), con conseguente
scopertura sulla relativa pianta organica di 75 posti per quanto attiene all’attività
deputata al controllo, di 71 per quella giurisdizionale e di 42 per quella di Procura.
La già critica situazione dell’organico del corpo magistratuale subirà, sul finire
del corrente anno, al pari delle consorelle magistrature, un consistente aggravamento
per effetto dell’applicazione dell’art. 1 del d.l. n. 90/2014, recante “Misure urgenti
per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici
giudiziari”.
L’impossibilità ivi prevista di accordare nuovi trattenimenti in servizio e, ancor
prima, l’obbligato collocamento a riposo, alla data del 31 dicembre 2015, delle
molteplici unità con età compresa tra i 70 e 75 anni, comporterà un’ulteriore non
prevista e rilevantissima defezione, sia immediata, in relazione alle circa 40 unità che
verranno meno a fine 2015, azzerando gravemente il Vertice dell’Istituto, sia nel
successivo quinquennio, in relazione al pensionamento di circa altrettante unità che
compiranno i 70 anni nell’arco temporale in esame.
La predetta difficile situazione, che, è bene precisare, riguarda anche le altre
magistrature, diverrà certamente non fronteggiabile, per il fatto che la vigente
disciplina in materia di turn over, come noto, consente una limitata sostituzione del
personale cessato.
Al riguardo, non può sottacersi che l’istantaneo e contestuale azzeramento della
quasi totalità dei vertici istituzionali e dei preposti agli uffici giurisdizionali e di
controllo centrali e regionali, prevista per la fine del 2015, comporterà conseguenze
sul buon andamento delle funzioni di pertinenza difficilmente fronteggiabili, che non
saranno certamente risolte dalla recente indizione di una nuova procedura
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 235
concorsuale a 18 posti di referendario nel ruolo della carriera di magistratura della
Corte dei conti (d.p.50/2014, pubblicato su G.U. del 30 dicembre 2014).
Preme ancora evidenziare, per completezza, che, per via delle decurtazioni dei
trattamenti economici superiori al tetto di cui all’art. 13 del d.l. n. 66/2014, il
personale di magistratura in posizione di apicalità – cui, nel maggior numero dei casi,
appartiene quello in regime di trattenimento in servizio oltre il limite di età, del quale
si parla – e quello rientrante nella percentuale riservata alle nomine “governative”,
riceve, ormai, una remunerazione di attività sicuramente inferiore al trattamento di
quiescenza che percepirebbe in caso di pensionamento; il che fa paventare dubbi
sull’effettiva convenienza di continuare l’attività lavorativa, con conseguente rischio
di ulteriori ingenti defezioni.
Anche sul fronte del personale amministrativo emerge l’esigenza di disporre di
più adeguate risorse umane, attraverso un congruo incremento del relativo organico,
che tenga conto degli ampliati compiti dell’Istituto.
A fine 2014, a fronte delle 2.594 unità di personale amministrativo risultante
dall’attuale insoddisfacente dotazione organica, risultano in servizio n. 2.433 unità di
personale, tenuto conto anche di quello in posizione di comando.
In merito alla loro distribuzione per funzioni svolte, circa 856 unità (di cui 371
in sede centrale e 485 in sede regionale) sono adibite a compiti di supporto alla
funzione di controllo, 474 alla funzione giurisdizionale (di cui 88 in sede centrale e
386 in sede regionale) e 356 all’attività delle procure (di cui 371 in sede centrale e
485 in sede regionale), mentre il restante personale, per complessive 747 unità, è in
forza ai servizi amministrativi (gestione del personale, affari generali, bilancio,
sistemi informativi automatizzati e SAUR), nonché ai compiti di supporto alla
funzione di indirizzo politico-amministrativo, agli uffici di diretta collaborazione e a
quelli di ausilio all’Organo di autogoverno.
Le maggiori competenze attribuite alla Corte dei conti nel settore dei controlli, le
sue funzioni di garante degli equilibri generali di bilancio, le sempre crescenti attività
ad essa richieste quale organo ausiliario del Parlamento, richiedono, tuttavia, oltreché
una ben più ampia dotazione organica complessiva, di poter disporre, in misura più
consistente, di professionalità specifiche nei settori economico-finanziari e statistici.
A tale ultimo obiettivo ha inteso, in parte, corrispondere la recente assunzione,
nel mese di ottobre, dei vincitori del concorso a 18 posti di funzionario di area terza,
che sono stati assegnati – dopo un accurato studio delle effettive esigenze di organico
dei vari uffici – in parte presso la sede centrale di Roma e in parte prevalente presso
le sedi regionali dell’Istituto.
Le assegnazioni sono state effettuate tenendo conto del titolo di studio posseduto
da ciascun vincitore, in modo da privilegiare le professionalità economiche presso gli
uffici di controllo sulla gestione e quelle giuridiche presso le sezioni giurisdizionali,
le procure e gli uffici di controllo di legittimità, nonché della residenza dei medesimi,
per rendere il più possibile stabili le loro assegnazioni presso gli uffici di
destinazione.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 236
Per far fronte alla esigenza di personale, la Corte è dovuta spesso ricorrere
all’Istituto del comando e della mobilità.
Per un ottimale utilizzo di siffatti istituti, il Segretariato ha provveduto a
diramare un apposito provvedimento sulla “individuazione puntuale dei criteri, resi
conoscibili e vincolanti, per l’attivazione di assegnazioni temporanee di personale
proveniente da altre amministrazioni”, che formalizza vere e proprie linee guida
finalizzate ad ottimizzare tali strumenti di approvvigionamento di forza lavoro.
Si è dato al riguardo importanza, in primis, ai titoli di studio posseduti dalle
unità interessate ed alle potenzialità lavorative in ambiti e materie attigue a quelle
istituzionali, attraverso la preventiva accurata analisi delle posizioni giuridiche ed
economiche di provenienza e lo studio dei relativi curricula.
Alla stessa logica di ottimizzazione delle procedure di reclutamento, in funzione
della creazione di un nucleo scelto di professionalità, risponde il “progetto di
definizione del nuovo ordinamento professionale del personale amministrativo”, che,
nell’auspicata ottica di sinergica collaborazione con le organizzazioni sindacali, verrà
presentato entro l’anno in sede contrattuale.
La progettazione dell’attività concorsuale è oggi possibile grazie anche
all’ultimazione, nell’anno di riferimento, della “banca dati dei titoli di studio dei
dipendenti delle aree professionali”, che rende possibile disporre di elementi
conoscitivi sulla professionalità posseduta dal personale di ruolo.
Un rilevante contributo al processo di professionalizzazione del personale
consegue all’attività di formazione continua, assicurata attraverso le pertinenti
articolazioni organizzative.
In tema di controlli, in attuazione delle recenti normative e di conti giudiziali, è
stata avviata a formazione specifica la gran parte del personale che svolge compiti di
collaborazione e istruttori presso i Servizi di supporto della Sezione autonomie, delle
Sezioni riunite in sede di controllo e delle Sezioni regionali di controllo, nonché
presso le Sezioni giurisdizionali centrali e regionali.
Relativamente all’area controllo sono state formate in totale n. 288 unità di
personale. Particolarmente proficui sono risultati i corsi inerenti al “Ruolo della
Corte dei conti in materia di controllo sugli enti territoriali dopo l’emanazione del d.l.
n. 174/202 convertito dalla l. n. 213/2012, anche nella prospettiva delle nuove norme
in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici”.
Per quanto concerne la giurisdizione il corso su “I conti giudiziali”, ha formato
complessivamente n. 119 unità di personale.
Per il 2015 uno specifico progetto verrà varato, sotto l’egida della Sezione delle
Autonomie, sulla armonizzazione dei bilanci degli enti locali, finalizzato a costituire
un apposito gruppo di expertise che dovrà relazionarsi con i colleghi delle
amministrazioni comunali, provinciali e regionali.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 237
3.
Le politiche di spending review
Nel solco di quanto già attuato lo scorso anno l’Istituto ha continuato a porsi
quale driver di un progetto più ampio di cooperazione interistituzionale, in un’ottica
di riduzione dei sistemi IT e di concentrazione di professionalità tendenti a produrre
economie di scala, attraverso l’impiego di un minor quantitativo di risorse, ma senza
incidere sulla qualità del servizio offerto.
L'esperienza, più che positiva, maturata nel corso del processo di integrazione tra
le infrastrutture IT della Corte e quelle del CNEL ha consentito la programmazione
di ulteriori fasi evolutive del progetto, che vede impegnato questo Istituto quale
leader nell'ambito della integrazione dei datacenter della PA.
In particolare, accanto al processo di consolidamento delle proprie infrastrutture
informatiche, si è proceduto alla stipula di una seconda convenzione, il 7 novembre
2014, per dar luogo all'integrazione dei servizi IT dell'Avvocatura generale dello
Stato.
Le dimensioni complessive di questa iniziativa risultano ben più ampie di quella
realizzata con il CNEL, e i risultati che potranno essere raggiunti per entrambe le
amministrazioni sono di grande interesse reciproco.
Il modello di riferimento utilizzato è il medesimo realizzato in precedenza, ma in
questo secondo caso le potenzialità complessive di integrazione risultano di gran
lunga superiori. Le economie di scala per le due amministrazioni ed il miglioramento
complessivo dei servizi, in specie, per l’Avvocatura, sono di portata tale da
consentire alla Corte dei conti di continuare a porsi quale eccellenza nel settore
informatico e non solo in ambito pubblico.
In una tale ottica di spending review l’Istituto ha sicuramente dimostrato di
essere impegnata in prima linea nel perseguimento degli obiettivi di riduzione del
numero dei data center complessivi della pubblica amministrazione, di riduzione
progressiva delle spese di gestione degli stessi, di promozione di condivisi servizi
applicativi trasversali, dell'interscambio di dati e della cooperazione applicativa.
Vanno ancora citate, nel campo delle attività tendenti a limitare il volume della
spesa, le tante iniziative di gestione documentale e di dematerializzazione che hanno
coinvolto gli uffici della Corte in modo ampio e attraverso una diffusione capillare.
Sul fronte dell’applicazione delle normative di riduzione della spesa, emanate
nel periodo di riferimento, va citata, poi, la puntuale verifica operata dal
Segretariato, sul personale magistratuale, del rispetto delle previsioni dell’art. 13,
comma 1, del d.l. n. 66/2014 che, come è noto, ha fissato, a decorrere dal 1° maggio
2014, il nuovo limite massimo retributivo, nella somma di € 240.000, al lordo dei
contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente.
L’attività in questione è risultata tempestiva, con l’apprezzabile risultato di non
dover procedere successivamente a sproporzionati recuperi sui soggetti interessati.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 238
Anche in questo campo l’Istituto ha rivestito un ruolo guida, anticipando
soluzioni interpretative fatte poi proprie dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e
dal Ministero dell’Economia.
Di rilievo risultano anche le attività di efficiente gestione finanziaria delle risorse
volte al contenimento della spesa corrente, fra le quali si citano la prosecuzione della
sperimentazione del sistema VoiP presso le sedi centrali dell'Istituto, finalizzata
all’abbattimento delle spese per telefonia; la continuazione del processo di riduzione
delle utenze fisse abilitate verso i telefoni mobili, dei fax e delle stampanti; la
razionalizzazione delle spese postali; l’attuazione del piano di riduzione del parco
auto, in applicazione della vigente normativa, con l’attivazione delle previste
procedure di recesso anticipato per giusta causa dai contratti di noleggio in corso;
l’attuazione delle disposizioni in materia di limitazione delle spese per acquisti di
mobili e arredi.
In ultimo, un accenno va fatto alla tematica della security dell’Istituto, alla quale
il Segretariato ha prestato particolare attenzione.
Alla luce dei recenti accadimenti mondiali e nazionali e alle segnalazioni del
Nucleo dei Carabinieri operante in sede, si è, infatti, appalesata la necessità di
rafforzare il controllo dei varchi di accesso, in particolare per ciò che attiene
all’entrata di viale Mazzini, che oggi risulta essere in sicurezza.
4.
La gestione amministrativa
Le recenti innovazioni normative che, per la Corte, ridisegnano, ampliandolo, il
ruolo di controllore della finanza pubblica e confermano quello di giudice
sanzionatore degli sprechi e dei danni arrecati al pubblico erario, impongono sempre
più di prestare una particolare attenzione al compito di operare una corretta
previsione della spesa, indispensabile per un'efficace ed efficiente programmazione
dell’utilizzo delle risorse dell’Istituto.
E’ utile, al riguardo, sottolineare come la Corte dei conti, nell'ambito
dell'autonomia finanziaria ad essa attribuita dall'art. 4 della l. n. 20/1994, vieppiù
rafforzata dall'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 286/1999, ha ritenuto comunque di
recepire gli innovativi principi, in materia di contabilità pubblica, introdotti
nell'ordinamento dalla l. n. 196/2009 e successive integrazioni. Pertanto, in
attuazione dell'art. 4, comma 6, del vigente Regolamento di autonomia finanziaria, si
è ritenuto opportuno, come già operato nel 2013, articolare la nota illustrativa al
bilancio di previsione per completare ed arricchire le informazioni sul documento
contabile ed illustrare i singoli programmi di spesa, i criteri di formulazione delle
previsioni, nonché gli obiettivi da raggiungere.
Il bilancio dell’Istituto, analogamente al bilancio dello Stato, è articolato per
missioni e programmi. Pertanto, per il conseguimento della pertinente finalità
istituzionale, individuata dal Regolamento di autonomia finanziaria (art. 4 - comma
5) nella "tutela delle finanze pubbliche", la struttura del bilancio è articolata nei
quattro programmi "determinati per aree omogenee di attività e affidati a distinti
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 239
centri di responsabilità", comprendenti il complesso delle attività che risultano essere
fondamenti trasversali per garantire le risorse indispensabili al raggiungimento della
missione istituzionale, la cui realizzazione si esplica nell'attività del controllo e della
giurisdizione.
Le risorse finanziarie, disponibili allo scopo, provengono nella assoluta
prevalenza dalla dotazione iscritta nel bilancio di previsione del Ministero
dell'Economia.
Nell'ottica del contenimento della spesa pubblica permane l'orientamento già
assunto negli esercizi precedenti di adottare, come esplicitato nel precedente
paragrafo, provvedimenti atti a realizzare una riduzione della spesa, così come
prescritto dalle normative vigenti. Al riguardo si fa riferimento, da ultimo, al citato
d.l. n. 66/2014, il c.d. decreto di Spending Review 3, concernente “Misure urgenti per
la competitività e la giustizia sociale”, convertito con modificazioni nella l. n.
89/2014.
Va, tuttavia, rilevato che risultano incomprimibili le spese non rimodulabili, che,
nella specie, incidono per circa il 74% sul totale del bilancio di previsione per il
2015, a fronte dell’8% rappresentato dagli investimenti e dal 13,5% inerente
all’acquisizione di beni e servizi
Quanto alle altre voci di spesa che assumono rilievo nel bilancio della Corte (il
riferimento è alle previsioni 2015), le risorse messe a disposizione dall’Istituto per
l’esercizio delle sue funzioni istituzionali sono state ulteriormente ridotte, rispetto a
quanto preventivato con il bilancio 2014, di oltre il 6%.
La ripartizione della spesa tra le diverse funzioni che realizzano la missione
istituzionale dell’Istituto vede le risorse destinate al controllo pari a circa il 38%, a
fronte del 41,3% riservate alla funzione giurisdizionale, nel duplice versante delle
attività giudicante e di quella requirente, mentre la residua spesa è riferibile alle
funzioni obiettivo afferenti alle attività di indirizzo politico-amministrativo (6,34%) e
a quelle inerenti ai Servizi generali (14,36%).
La parte preponderante della medesima spesa, in entrambe le funzioni, afferisce
alla dimensione regionale, in linea con le più recenti normative che hanno
ulteriormente ampliato il raggio di intervento delle Sezioni regionali dell’Istituto.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 240
TABELLE
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PAG. 241
Quadro sinottico delle delibere delle Sezioni riunite
e delle Sezioni centrali di controllo
ANNO 2014
Sezioni riunite in sede di controllo
di cui:
Relazione sul Rendiconto Generale dello Stato 2013
1
Rapporto 2014 sul coordinamento di finanza pubblica
1
Audizioni del Presidente al Parlamento
7*
Relazioni quadrimestrali
3
Costo del lavoro
4
Questioni di massima
1
Altro
1
Sezione delle Autonomie
di cui:
15
33
Delibere di referto
4
Audizioni
4
Delibere di coordinamento
10
Questioni di massima
15
Sezione di controllo per gli affari comunitari e internazionali
6
Sezione centrale di controllo sulla gestione
24
Sezione centrale di controllo di legittimità
37
Sezione di controllo sugli enti
121
Sezioni riunite in sede deliberante
-
Sezioni riunite in sede consultiva
2
SS.RR. regioni Sardegna e Sicilia in sede di controllo
4
*
di cui 4 adottate con deliberazione.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 243
Sezioni riunite in sede di controllo
Deliberazione
Oggetto
SSRRCO/7/2014/PARI
Relazione sul Rendiconto Generale dello Stato 2013.
SSRRCO/5/2014/RCFP
Rapporto 2014 sul coordinamento della finanza pubblica.
Audizioni del Presidente al Parlamento
Data audizione
6 marzo 2014
Oggetto
Audizione “Attuazione e prospettive del federalismo fiscale”.
12 marzo 2014
Audizione presso la Commissione parlamentare per la semplificazione.
15 aprile 2014
Audizione sul Documento di Economia e Finanza 2014.
Deliberazione SSRRCO/2/2014/AUD
9 ottobre 2014
13 ottobre 2014
3 novembre 2014
21 novembre 2014
Audizione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul Disegno di legge in materia di
riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
Deliberazione SSRRCO/10/2014/AUD
Audizione su nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2014.
Deliberazione SSRRCO/11/2014/AUD
Audizione sul disegno di legge di stabilità per l’anno 2015.
Deliberazione SSRRCO/13/2014/AUD
Audizione sul disegno di legge recante “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore,
dell’impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale”.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 245
Relazioni Quadrimestrali
Deliberazione
Oggetto
SSRRCO/1/2014/RQ
Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate e sulle
tecniche di quantificazione degli oneri. Leggi pubblicate nel quadrimestre settembre–
dicembre 2013.
SSRRCO/6/2014/RQ
Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate e sulle
tecniche di quantificazione degli oneri. Leggi pubblicate nel quadrimestre gennaio-aprile
2014.
SSRRCO/12/2014/RQ
Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate e sulle
tecniche di quantificazione degli oneri. Leggi pubblicate nel quadrimestre maggio-agosto
2014.
Costo del Lavoro
Delibera
Contratto/Esito
SSRRCO/3/2014/CCN
Ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale Quadro per la ripartizione dei distacchi e permessi
alle organizzazioni sindacali rappresentative nelle aree della dirigenza per il triennio 2013 2015.
SSRRCO/8/2014/CCN
Ipotesi di CCNL relativo al personale del comparto Scuola per il reperimento delle risorse
da destinare per le finalità di cui all’art. 8, comma 14, del decreto legge n. 78 del 2010,
convertito nella legge n. 122 del 2010 e all’art. 4, comma 83, della legge n. 183 del 2011
- annualità 2012.
SSRRCO/9/2014/CCN
Ipotesi di CCNL relativo al personale del comparto Scuola per il riconoscimento al
personale ATA dell’emolumento una tantum avente carattere stipendiale di cui all’ art. 1bis del decreto legge n. 3 del 2014 convertito dalla legge n. 41 del 2014.
SSRRCO/15/2014/ CCN
Ipotesi di CCNL per il riconoscimento ai direttori dei servizi generali ed amministrativi
dell’indennità di cui all’art. 19, comma 5-bis, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98,
convertito con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come integrato dall’art. 4,
comma 70, della legge 12 novembre 2011, n. 183
Questioni di massima
Deliberazione
SSRRCO/4/2014/QMIG
Oggetto
Ambito e modalità del controllo effettuato dalle Sezioni regionali della Corte sui rendiconti
dei commissari delegati e per le gestioni delle contabilità speciali.
AltroDeliberazione
SSRRCO/14/2014/INPR
Oggetto
Programmazione dei controlli e delle analisi della Corte dei conti per il 2015.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 246
Sezione delle autonomie
Referti al parlamento
Deliberazione
Oggetto
8/2014/SEZAUT/INPR
Istruzioni circa la trasmissione telematica dei rendiconti 2013, da effettuare
mediante i modelli in formato XML, reperibili sul sito web www.corteconti.it. nel
periodo dal 2 maggio al 27 giugno 2014, ai sensi dell’art. 227 del T.U. delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).
15/2014/SEZAUT/FRG
Relazione sugli Organismi partecipati dagli Enti territoriali - Osservatorio sugli
Organismi partecipati/controllati da Comuni, Province e Regioni e relative analisi.
17/2014/SEZAUT/FRG
Il Patto di stabilità degli Enti Territoriali. Esercizio 2013.
20/2014/SEZAUT/FRG
Relazione al Parlamento sugli andamenti della finanza territoriale per gli anni 20112012-2013 – Volumi I; II e III.
Audizioni
Data
16 gennaio 2014
Oggetto
Audizione presso la Commissione Affari Costituzionali Senato della Repubblica,
nell’ambito dell’esame del disegno di legge recante disposizioni sulle Città
metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni - A.S. 1212.
21 marzo 2014
Audizione presso le Commissioni Riunite Bilancio e Finanze Camera dei Deputati,
nell’ambito dell’esame delle disposizioni urgenti in materia di finanza locale,
nonché misure volte a garantire la funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni
scolastiche (Salva Roma). A.C. 2162.
29 maggio 2014
Audizione presso la Commissione Parlamentare per l’attuazione del Federalismo
Fiscale, sullo schema di decreto legislativo recante “disposizioni integrative e
correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, in materia di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli
enti locali e dei loro organismi. Atto n. 92.
27 novembre 2014
Audizione presso la Commissione Parlamentare per l’attuazione del Federalismo
Fiscale, su "Armonizzazione dei bilanci degli enti territoriali e sistema contabile
delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 247
Coordinamento delle Sezioni regionali di controllo
Deliberazione
Oggetto
1/2014/SEZAUT/INPR
Programmazione dei controlli della Sezione delle autonomie per l'anno 2014
relativamente alle attività di coordinamento delle Sezioni regionali, per quanto
concerne la predisposizione delle Linee guida e delle pronunce di orientamento
negli ambiti di competenza previsti dal d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con
modificazioni, in legge 7 dicembre 2012, n. 213, nonché ai referti al Parlamento in
ordine all'andamento complessivo della finanza regionale e locale negli esercizi
2012 e 2013, da rendere in funzione della salvaguardia degli equilibri di bilancio,
del rispetto del Patto di stabilità interno e dei vincoli derivanti dall’appartenenza
dell'Italia all'Unione Europea.
5/2014/SEZAUT/INPR
Linee guida per le relazioni dei revisori dei conti sui rendiconti delle regioni per
l'anno 2013, secondo le procedure di cui all’ art. 1, commi 166 e seguenti, l. 23
dicembre 2005, n. 266, richiamato dall’ art. 1, comma 3, d.l. 10 ottobre 2012, n.
174, convertito, con modificazioni, dalla l. 7 dicembre 2012, n. 213.
8/SEZAUT/2014/INPR
Istruzioni circa la trasmissione telematica dei rendiconti 2013, da effettuare
mediante i modelli in formato XML, reperibili sul sito web www.corteconti.it., nel
periodo dal 2 maggio al 27 giugno 2014, ai sensi dell’art. 227 del T.U. delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali, (decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), nel
testo introdotto dall’art. 28, comma 6, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge
finanziaria 2003), come modificato dall’art. 1 - quater, co. 6, del decreto legge 31
marzo 2003, n. 50, convertito dalla legge 20 maggio 2003, n. 116.
9/2014/SEZAUT/INPR
Linee guida per la relazione del Presidente della Regione, per l’anno 2013, sulla
regolarità della gestione, sull’efficacia e sull’adeguatezza del sistema dei controlli
interni, ai sensi dell’art. 1, comma 6, del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 213/2012.
10/2014/SEZAUT/INPR
Linee guida per le relazioni dei revisori dei conti sui bilanci di previsione delle
Regioni, per l’anno 2014, ai sensi dell’art. 1, comma 3, del decreto legge 10
ottobre 2012, n. 174 convertito con modificazioni dalla legge n. 213/2012.
11/2014/SEZAUT/INPR
Linee guida e relativi questionari per gli organi di revisione economico finanziaria
degli Enti locali per l’attuazione dell’articolo 1, commi 166 e seguenti della legge 23
dicembre 2005, n. 266. Rendiconto della gestione 2013.
13/2014/SEZAUT/INPR
Schema di relazione-questionario sul bilancio di esercizio 2013 e le relative linee
guida cui devono attenersi i collegi sindacali degli enti del Servizio sanitario
nazionale ai sensi dell’art. 1, comma 170, della legge 23 dicembre 2005, n. 266
(legge finanziaria 2006), e dell’art. 1, comma 3, del d.l. 11 ottobre 2012 n. 174,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213.
14/2014/SEZAUT/INPR
Linee di orientamento sul giudizio di parificazione del rendiconto generale della
Regione, ai sensi dell’ art. 1, comma 5, d.l. 10 ottobre 2012, n. 174.
18/2014/SEZAUT /INPR
Indirizzi ex art. 1 co. 166 e ss. della legge 23 dicembre 2005, n. 266, relativi al
bilancio di previsione 2014, per una prudente gestione dell’esercizio provvisorio.
28/2014/SEZAUT /INPR
Linee guida per il referto annuale del sindaco per i comuni con popolazione
superiore ai 15.000 abitanti e del presidente della provincia sul funzionamento dei
controlli interni (art. 148 TUEL) per l’esercizio 2014.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 248
Questioni di massima
Data
2/2014/SEZAUT/QMIG
Oggetto
Questione di massima concernente la realizzabilità, da parte del Comune di Torino,
della trasformazione eterogenea di una società di capitali, che gestisce un servizio
pubblico di rilevanza economica, in azienda speciale consortile, ovvero la praticabilità
della procedura in due fasi - costituzione ex novo dell’azienda speciale consortile
previa estinzione/messa in liquidazione della società per azioni, alla luce della
normativa vigente.
3/2014/SEZAUT/QMIG
Questione di massima concernente la rimborsabilità delle spese legali sostenute da
un amministratore, assolto in sede penale con la formula "perché il fatto non
sussiste". Inamissibile.
4/2014/SEZAUT/QMIG
Questione di massima concernente l'applicazione dell'art. 5, comma 7, d.l. 31
maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, ai componenti dei
Consigli di amministrazione dei Consorzi di Enti locali che siano partecipati anche
dalle Regioni.
6/2014/SEZAUT/QMIG
Questione di massima posta dalla Sezione di controllo per la Regione Siciliana
concernente l’art. 1, comma 573, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità
2014). Piani di riequilibrio.
7/2014/SEZAUT/QMIG
Pronuncia di orientamento generale della Sezione delle autonomie della Corte dei
conti sulla questione di massima rimessa dalla Sezione regionale di controllo per la
Liguria in merito alla corretta interpretazione delle disposizioni contenute nel comma
6 dell’art.92 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ed, in particolare, della definizione ivi
riportata “atto di pianificazione comunque denominato”.
SEZAUT/12/2014/QMIG
Questione di massima, posta dal Presidente della Corte dei conti con l’ordinanza n.
10 del 20 marzo 2014, concerne la valutazione degli effetti delle modifiche introdotte
dall’art. 14-bis della legge n. 13/2014 di conversione, con modificazioni, del d.l.
n. 149/2013 in materia di controllo dei consuntivi delle spese elettorali. Sul tema la
Sezione delle autonomie, già nel 2013, con deliberazione n. 24/SEZAUT/2013/INPR,
ha fornito “Primi indirizzi interpretativi inerenti l’applicazione dell’art. 13 della legge 6
luglio 2012, n. 96, sul controllo delle spese elettorali nei Comuni con popolazione
superiore a 15.000 abitanti”.
SEZAUT/16/2014/QMIG
Questione di massima concernente la possibilità che il Comune di Russi (RA), imputi
legittimamente a carico del bilancio comunale la contribuzione al pagamento del
canone di locazione per un immobile di proprietà privata destinato ad essere adibito
a caserma dell’Arma dei Carabinieri. In particolare, la Sezione è chiamata ad
esprimere il proprio avviso in merito alla questione di massima concernente la
corretta interpretazione delle disposizioni recate dall’art. 1, comma 439, della legge
27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) ove si prevede
espressamente che “per la realizzazione di programmi straordinari di incremento dei
servizi di polizia, di soccorso tecnico urgente e per la sicurezza dei cittadini, il
Ministro dell’Interno e per sua delega i Prefetti, possono stipulare convenzioni con le
Regioni e gli Enti locali, che prevedano la contribuzione logistica, strumentale e
finanziaria delle stesse Regioni e degli Enti locali.”
19/2014/SEZAUT/QMIG
Questione di massima posta dalla Sezione regionale di controllo per il Piemonte, con
deliberazione n. 116/2014/SRCPIE/QMIG, in ordine alla corretta iscrizione a bilancio
delle anticipazioni, previste dagli artt. 2 e 3, d.l. 8 aprile 2013, n. 35, convertito dalla
l. 6 giugno 2013, n. 64. Delibera rettificata con decreto n.1/2014 del 28 luglio 2014.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 249
21/2014/SEZAUT/QMIG
Questione di massima sollevata dalla Sezione regionale di controllo per la Campania
con deliberazione n. 148/2014/PAR, concernente espressamente la possibilità o
meno per l’ente locale di “escludere dal computo delle spese di personale, ai sensi
del comma 557 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria
per il 2007) e s.m.i., gli oneri coperti mediante finanziamenti aggiuntivi e specifici
pubblici, in ragione della specifica destinazione conferita da norme di legge e nei
limiti di quanto regolarmente speso e rendicontato.
22/2014/SEZAUT/QMIG
Questione sollevata dalla Sezione di controllo per la Regione Campania, nella
deliberazione n. 152/2014, concerne l’interpretazione della natura del termine di cui
all'art. 1, comma 15, del D.L. 35/2013.
23/2014/SEZAUT/QMIG
Questione di massima sollevata dalla Sezione regionale di controllo per la Campania,
con delibera n. 176/2014, in ordine all’applicazione del limite massimo delle
anticipazioni di tesoreria ex art. 222 TUEL.
24/2014/SEZAUT/QMIG
Questione di massima, rimessa dalla Sezione regionale di controllo per il Piemonte
con la deliberazione n. 130/2014/QMIG, in ordine alle modalità di calcolo
dell’indennità mensile spettante al Sindaco ed ai componenti della Giunta comunale.
25/2014/SEZAUT/QMIG
Questione di massima posta dalla Sezione regionale di controllo per il Piemonte, con
deliberazione n. 149/2014/QMIG, sul computo della spesa di personale dell’esercizio
di riferimento, ai fini del rispetto del limite di cui all’art. 1, comma 557 quater, della
legge n. 296/2006.
26/2014/SEZAUT/QMIG
Questione di massima, posta dalla Sezione regionale di controllo per la Basilicata, in
merito alla applicabilità dell’art.9,comma 2-bis, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78,
convertito, con modificazioni, in l. 30 luglio 2010, n. 122, e s.m., all’utilizzo delle
risorse del bilancio, dei Comuni di minore dimensione demografica, per il
finanziamento del trattamento accessorio degli incaricati di posizioni organizzative in
strutture prive di qualifiche dirigenziali.
27/2014/SEZAUT/QMIG
Questione di massima, posta dalla Sezione regionale di controllo per la Basilicata,
concernente il calcolo della possibilità di assunzione di personale in relazione alla
disciplina del turn over e al calcolo dei limiti delle risorse da destinare alle assunzioni
di personale per l’ente che è passato ad applicare il patto di stabilità dal 2013, in
ragione dell’ultimo intervento legislativo (d.l. n. 90/2014, art. 3).
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 250
Sezione centrale di controllo per gli affari comunitari e internazionali
Deliberazione
SACEI/1/2014/INPR
SACEI/2/2014/OICERT
Oggetto
deliberazione programma di controllo per l'anno 2014.
Certificazione progetti ITU - UNDP.
SACEI/3/2014/OICERT
Audit of the world event ITU TELECOM world 2013.
SACEI/4/2014/RSUE
Semplificazione delle regole sui Fondi Strutturali.
SACEI/5/2014/OICERT
Certificazione Bilancio ITU 2013.
Audizioni
Data
14 gennaio 2015
Oggetto
Audizione nell'ambito dell’indagine conoscitiva sulla “Attuazione ed efficacia delle
politiche della UE in Italia” presso la XIV Commissione permanente – Politiche
dell’Unione Europea Camera dei Deputati.
Deliberazione SACEI/6/2014
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 251
Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato
Deliberazione
Argomento
SCCGAS/1/2014/GEST
Esiti dell'esame dei rendiconti e analisi della gestione amministrativa della
commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) - esercizi 2010-20112012.
SCCGAS/2/2014/GEST
Adempimenti volti a dare attuazione agli obiettivi di contenimento della spesa
inerente al fabbisogno allocativo delle amministrazioni statali (art.2,comma 222
della legge n.191 del 2009).
SCCGAS/3/2014/GEST
Indagine sulla attuazione delle disposizioni per il contenimento della spesa, di cui
all'art.2,commi 618,619,620,621 della legge n.244 del 24 dicembre 2007 (legge
finanziaria per il 2008): spese ordinarie e straordinarie per la manutenzione degli
immobili utilizzati a fini istituzionali dai Ministeri - Gestione relativa al periodo
2008-2012.
SCCGAS/4/2014/GEST
L'evoluzione del sistema degli ammortizzatori sociali e relativo impatto economico.
SCCGAS/5/2014/GEST
Ricerca nella sanità pubblica con riferimento alle disposizioni di cui al d.lgs. n. 502
del 30/12/1992, art.12 bis e successive modificazioni.
SCCGAS/6/2014/GEST
Lo stato di attuazione ed i problemi di operatività del " Fondo Unico Giustizia "FUG"
istituito dal d.l. n.143/08, convertito dalla legge n.181/08.
SCCGAS/7/2014/GEST
Esame dei rendiconti della gestione amministrativa dell'autorità per le garanzie
nelle comunicazioni (esercizi 2009-2012).
SCCGAS/8/2014/GEST
La gestione delle risorse destinate dall'art. 33,commma 10, della legge n.183/2011,
alla realizzazione di misure di sostegno al settore dell'autotrasporto merci (cap.7420
del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti).
SCCGAS/9/2014/GEST
Interventi per lo sviluppo e l'acquisizione delle unità navali della classe FREMM e
delle relative dotazioni operative.
SCCGAS/10/2014/ GEST
La gestione degli interventi di ristrutturazione e di adeguamento delle strutture
pubbliche per l’eliminazione delle barriere architettoniche (cap. 7344 del Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti; legge n. 104/92; DDPR nn. 503/96 e 380/01).
SCCGAS/11/2014/ GEST
Indagine di controllo sugli “Effetti del Protocollo di intesa 4 agosto 2010 tra il
Ministero del Lavoro, INPS, INAIL ed Agenzia delle entrate in materia di attività
ispettiva”.
SCCGAS/12/2014/ GEST
Valutazioni finali sulla gestione degli interventi di recupero delle somme pagate dallo
Stato in luogo degli allevatori per eccesso di produzione in tema di quote latte.
SCCGAS/13/2014/ GEST
Referto sulla gestione dei contratti pubblici segretati o caratterizzati da particolari
misure di sicurezza (art. 17, comma 5, d.lgs. 163/2006) - Anno 2013.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 253
SCCGAS/14/2014/ GEST
Destinazione e gestione del cinque per mille: le misure consequenziali finalizzate
alla rimozione delle disfunzioni rilevate.
SCCGAS/15/2014/ GEST
Relazione concernente “Interoperabilità: tecnologie e comunicazioni nell’ambito
della Difesa”.
SCCGAS/16/2014/ GEST
Destinazione e gestione dell’otto per mille.
SCCGAS/17/2014/ GEST
Indagine sugli effetti dell’azione di controllo fiscale in termini di stabilizzazione della
maggiore tax compliance
SCCGAS/18/2014/ GEST
Programma dei controlli sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato per il
triennio 2015 – 2017.
SCCGAS/19/2014/ GEST
Programma dei controlli sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato per l’anno
2015.
SCCGAS/20/2014/ GEST
Monitoraggio sulle modalità di adeguamento da parte delle Amministrazioni dello
Stato alle osservazioni formulate dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione
nell’anno 2013.
SCCGAS/21/2014/ GEST
Monitoraggio e vigilanza dell'amministrazione statale sugli interventi per la
sicurezza stradale (capitoli 7336 e 7509 del Ministero delle Infrastrutture e dei
trasporti).
SCCGAS/22/2014/ GEST
Relazione sui “Processi di razionalizzazione e valorizzazione degli arsenali militari
gestiti dal Ministero della difesa”.
SCCGAS/23/2014/ GEST
Relazione sugli “ Interventi di riduzione degli assetti organizzativi e delle dotazioni
organiche delle amministrazioni dello stato”.
SCCGAS/24/2014/ GEST
Relazione concernente “La gestione dei contratti di sviluppo”.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 254
Sezione centrale di controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle
amministrazioni dello Stato
Deliberazione
Argomento
SCCLEG/1/2014/SUCC
In tema di provvedimento di collocamento a riposo adottato nei confronti
di un Dirigente generale pedissequamente attuativo di quello presupposto
di conferimento di funzioni dirigenziali, limitativo della durata di
trattenimento in servizio.
SCCLEG/2/2014/PREV
In tema di istituzione, presso il Ministero per i beni e le attività culturali e
per il turismo, della Direzione generale per le politiche del turismo.
SCCLEG/3/2014/PREV
In tema di conferimento di incarico di collaborazione, ai sensi dell’ art. 7,
comma 6, del d.lgs n. 165/2001.
SCCLEG/4/2014/PREV
SCCLEG/5/2014/PREV
SCCLEG/6/2014/PREV
In tema di approvazione della delibera n. 60/2013 del Comitato
Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) dell’ 8 agosto
2013 (Prot. Cdc. n. 37714 del 31/12/2013).
In tema di conferimento di incarico di collaborazione, ai sensi dell’ art. 7,
comma 6-bis, del D.lgs n. 165/2001.
In tema di fissazione del prezzo del biglietto di ingresso in occasione di
alcune specifiche mostre allestite all’ interno della Galleria di Arte
moderna e contemporanea di Roma e di Villa Adriana a Tivoli.
SCCLEG/7/2014/PREV
In tema di conferimento di incarico di collaborazione, ai sensi dell’ art. 7,
comma 6, del D.Lgs n. 165/2001.
SCCLEG/8/2014/PREV
In tema di conferimento di incarico di collaborazione, ai sensi dell’ art. 7,
comma 6, del D.Lgs n. 165/2001.
SCCLEG/9/2014/PREV
In tema di collocamento fuori ruolo di un dirigente di prima fascia presso
il Collegio dei revisori dei conti dell’Agenzia spaziale italiana - A.S.I. - e
conforme a legge il decreto con il quale, un dirigente apicale del MIUR,
chiamato a far parte del collegio dei revisori del conti dell’ASI, viene
collocato in posizione di fuori ruolo, fermo restando l’obbligo di adeguata
motivazione del provvedimento.
SCCLEG/10/2014/PRE
SCCLEG/11/2014/PREV
In tema di approvazione di un atto aggiuntivo, con il quale
l’Amministrazione previa rimodulazione delle prestazioni, al medesimo
costo del contratto principale, provvede alla proroga di quest’ ultimo.
In tema di approvazione di un contratto di locazione di un immobile
adibito a sede dell’Archivio notarile distrettuale di Latina.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 255
SCCLEG/12/2014/PREV
In tema di approvazione del Regolamento di organizzazione del Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
SCCLEG/13/2014/PREV
In tema di conferimento al Comandante in Seconda della Guardia di
Finanza, del trattamento di ausiliaria, comprensivo della speciale
indennità pensionabile (S.I.P.) spettante al Comandante Generale del
Corpo in servizio (art. 10, D.Lgs. n. 123 del 2011).
SCCLEG/14/2014/PREV
In tema di conferimento di incarico di collaborazione, ai sensi dell’art. 7,
comma 6, del D.Lgs n. 165/2001.
SCCLEG/15/2014/PREV
In tema di conferimento di reggenze di funzioni dirigenziali.
SCCLEG/16/2014/PREV
In tema di approvazione della delibera del Comitato interministeriale per
la Programmazione Economica-Cipe n.4-73 dell'8 novembre 2013,
relativa al "Programma delle infrastrutture strategiche (legge 443/2009).
SCCLEG/17/2014/PREV
Relativa al DPCM concernente il Regolamento di organizzazione del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
SCCLEG/18/2014/PREV
In tema di assoggettabilità al Controllo preventivo di legittimità di decreti
di accertamento residui su capitali di opera nei quali sono risultate
eccedenze d impegno.
SCCLEG/19/2014/PREV
In tema di contratto di collaborazione coordinata e continuativa stipulato
dall'Università degli Studi di Siena
SCCLEG/20/2014/PREV
In tema di conferimento di incarichi di collaborazione ai sensi dell’art.7,
comma 6, del d.lgs.n.165/2001, interamente a carico di terzi.
SCCLEG/21/2014/PREV
In tema di adozione del provvedimento di conferma di dirigenti di prima
fascia apicali nei casi di spoils system.
SCCLEG/22/2014/PREV
In tema di approvazione della delibera n. 19/2014 del Comitato
Interministeriale per la Programmazione Economia (CIPE), concernente
l’approvazione del progetto definitivo del 1° lotto funzionale Bicocca Augusta, dell’opera
Velocizzazione della linea ferroviaria Catania Siracusa: tratta Bicocca - Targia, compresa nel Programma delle
infrastrutture strategiche di cui alla legge n.443/2001.
SCCLEG/23/2014/PREV
In tema di incarichi esterni conferiti da Università a soggetti in quiescenza.
SCCLEG/24/2014/PREV
In tema di Pubblico impiego - Decreto di conferma di dirigenti di seconda
fascia ai sensi dell’art. 19 comma 2 del d.lgs n.165/2001 - Necessità di
procedure concorsuali per l’assunzione del provvedimento di - non
sussiste.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 256
SCCLEG/25/2014/PREV
In tema di Pubblico impiego - Decreto di conferma di dirigenti di seconda
fascia ai sensi dell’art. 19 comma 2 del d.lgs n.165/2001 - Necessità di
procedure concorsuali per l’assunzione del provvedimento di - non
sussiste.
SCCLEG/26/2014/PREV
In tema di incarico esterno conferito da Università a soggetto in
quiescenza.
SCCLEG/27/2014/PREV
In tema di incarico esterno conferito da Università a soggetto in
quiescenza.
SCCLEG/28/2014/PREV
In tema di incarichi esterni conferiti a soggetti in quiescenza.
SCCLEG/29/2014/PREV
In tema di incarico esterno conferito da Università a soggetto in
quiescenza.
SCCLEG/30/2014/PREV
In tema di incarico esterno conferito da Università a soggetto in
quiescenza.
SCCLEG/31/2014/PREV
In tema di attribuzione di attività di consulenza da parte del Ministero
dell’ambiente della tutela del territorio e del mare.
SCCLEG/32/2014/PREV
In tema di attribuzione di conferimento di un incarico di collaborazione da
parte del Ministero dell’ambiente della tutela del territorio e del mare.
SCCLEG/33/2014/PREV
In tema di deliberazione n. 20/2014 del Comitato Interministeriale per la
Programmazione Economica del 18 aprile 2013 adottata ai sensi della
legge 21 dicembre 2001, n. 443 (c.d. “legge obiettivo”) avente ad oggetto
“Via del Mare, collegamento A4-Jesolo e Litorali (CUP H41B0900116005).
Parere su schema di convenzione e piano economico finanziario di cui alla
proposta del promotore”.
SCCLEG/34/2014/PREV
In tema di pagamenti fatture - Consorzio COMAP - “Servizio rimozione,
trasporto, demolizione ed avvio/recupero smaltimento imbarcazioni e
relitti situati a Lampedusa, Licata, Mazara del Vallo e Pantelleria”.
SCCLEG/35/2014/PREV
In tema di Prestazione autonoma professionale occasionale a soggetto
collocato in quiescenza - Università degli studi di Venezia.
SCCLEG/36/2014/PREV
In tema di conferimento di incarico dirigenziale, ex art. 19, c. 4 e 6 del
D.Lgvo n. 165/2001 - Direzione dell’Ufficio scolastico regionale per la
Toscana.
SCCLEG/37/2014/PREV
In tema di approvazione della delibera CIPE n. 27 del 1° agosto 2014 Programma infrastrutture strategiche - Legge 443/2001 - Schema idrico
Basento Bradano, tronco di Acerenza, distribuzione III lotto - Modifica
soggetto aggiudicatore.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 257
Attività degli uffici centrali di controllo
Atti sottoposti al controllo preventivo
Giacenza
Ufficio
al 1/1
Pervenuti
Esaminati
Rimanenza
al 31/12
Rilievi
emessi
P.C.M - Ministeri GiustiziaAffari esteri
193
3.492
3.522
163
154
Ministeri Interno e Difesa
135
2.990
2.794
331
173
Ministero Economia e Finanze
252
4.362
4.449
165
466
Ministeri Sviluppo economicoPolitiche agricole, alimentari e
forestali
401
4.942
5.006
337
223
Ministeri Infrastrutture e
trasporti- Ambiente, tutela del
territorio e del mare
601
4.937
5.175
363
123
Ministeri MIUR- Beni e attività
culturali- Salute- Lavoro e
politiche sociali
224
5.954
5.918
260
791
1.806
26.677
26.864
1.619
1.930
TOTALE
Atti sottoposti al controllo successivo
(ex art. 10 del D.Lgs. 30.6.2011, n. 123)
Giacenza
Pervenuti
Esaminati
Rimanenza
al 31/12
Rilievi
emessi
P.C.M - Ministeri GiustiziaAffari esteri
1
3
4
0
0
Ministeri Interno e Difesa
5
10
9
6
6
Ministero Economia e Finanze
2
2
4
0
0
Ministeri Sviluppo economicoPolitiche agricole, alimentari e
forestali
4
1
3
2
1
Ministeri Infrastrutture e
trasporti- Ambiente, tutela del
territorio e del mare
39
1
39
1
0
Ministeri MIUR- Beni e attività
culturali- Salute- Lavoro e
politiche sociali
0
5
3
2
3
51
22
62
11
12
Ufficio
TOTALE
al 1/1
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 258
Atti di governo
n° 64
Uffici di controllo
n. atti
Ministeri Interni e Difesa
7
Ministeri Affari esteri, Giustizia e P.C.M.
26
Ministero economia e finanza
11
Ministeri Sviluppo economico, Politiche agricole
alimentari e forestali
2
Ministeri Infrastrutture, Trasporti e Ambiente
8
Ministeri Istruzione, Beni culturali, Salute e Lavoro
10
Atti di governo
Atto
D.M. 23/12/2014
Ministero
Economia e finanze
Oggetto
Disciplina dell’uso di strumenti informatici e telematici
nell’ambito del processo tributario.
D.P.C.M. 17/1/2014
Affari esteri
Termini non superiori a 90 giorni L. 241/1990.
D.P.C.M. 11/2/2014
Salute
Regolamento di organizzazione del Ministero della salute.
D.P.C.M. 11/2/2014
MIUR
Regolamento
di
organizzazione
del
dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
Ministero
D.P.R. 19/2/2014
Presidenza Consiglio
Ministri
Individuazione delle procedure per l’attivazione dei poteri
speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale.
D.I. 14/2/2014
Economia e finanze
Commissioni applicate alle transazioni effettuate mediante
carte di pagamento.
D.M.21/2/2014
MIUR
Modalità per l’ammissione dei medici alle scuole di
specializzazione in medicina.
Economia e finanze
Modalità in base alle quali si tiene conto del rating di
legalità attribuito alle imprese ai fini della concessione di
finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni e
di accesso al credito bancario.
Interno
Disciplina del fondo di rotazione per la solidarietà alle
vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e
dell’usura.
D.I. 20/2/2014
D.P.R. 19/2/2014
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 259
Giustizia
Determinazione dei parametri per la liquidazione dei
compensi per la professione forense.
Presidenza Consiglio
Ministri
Disciplina dei procedimenti relativi alla concessione ai
comuni di contributi per le spese di gestione degli uffici
giudiziari.
D.P.C.M. 28/2/2014
Beni culturali
Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e
delle attività culturali e del turismo e dell’organismo
indipendente di valutazione della performance.
D.P.C.M. 20/2/2014
Ambiente
Regolamento di organizzazione del Ministero dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare.
D.P.C.M. 11/2/2014
Infrastrutture
D.M. 10/3/2014
D.P.R. 21/2/2014
Regolamento di organizzazione
infrastrutture e dei trasporti.
del
Ministero
delle
Affari esteri
Norme per la misurazione della performance individuale
degli esperti di cooperazione.
D.P.R. 25/3/2014
Presidenza Consiglio
Ministri
Individuazione degli attivi di rilevanza strategica nei
settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni.
D.P.R. 25/3/2014
Presidenza Consiglio
Ministri
Individuazione delle procedure per l’attivazione dei poteri
speciali nei settori dell’energia, dei trasporti e delle
comunicazioni.
Lavoro
Regolamento di organizzazione del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali.
D.M. 14/4/2014
Economia e finanze
Modalità di transito degli ufficiali del ruolo normale del
Corpo della Guardia di finanza nel ruolo aeronavale del
medesimo Corpo.
D.M. 15/5/2014
Infrastrutture
Differimento dei termini per l’adozione obbligatoria delle
norme in materia di approvazione nazionale di sistemi
ruote.
D.M. 19/5/2014
Economia e finanze
Norme di attuazione del sistema pubblico di prevenzione,
sul piano amministrativo, delle frodi nel settore del credito
di consumo, con specifico riferimento al furto di identità-.
D.M. 26/3/2014
D.P.C.M. 14/2/2014
D.M. 3/6/2014
D.P.R. 30/5/2014
D.M. 27/6/2014
D.P.C.M. 6/6/2014
Ambiente
Affari esteri
Organizzazione dell’Albo nazionale dei gestori ambientali.
Disciplina dell’elenco
cittadinanza italiana.
dei
funzionari
internazionali
di
Norme per l’istituzione del biglietto di ingresso ai
Beni e attività culturali monumenti, musei, gallerie, scavi di antichità, parchi e
giardini monumentali.
Presidenza Consiglio
Ministri
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
Individuazione delle attività di rilevanza strategica per il
sistema di difesa e sicurezza nazionale.
PAG. 260
Infrastrutture
Rimodulazione delle tabelle
riferite alle circoscrizioni
territoriali delle direzioni marittime di Genova, Bari,
Catania, e Trieste.
D.M. 11/6/2014
Giustizia
Modalità di svolgimento dei corsi di formazione per la
nomina alle qualifiche iniziali dei ruoli degli operanti
tecnici, dei revisori tecnici, dei periti tecnici e dei direttori
tecnici del corpo di polizia penitenziaria.
D.M. 30/6/2014
MIUR
Modalità per l’ammissione dei medici alle scuole di
specializzazione in medicina.
D.M. 10/4/2014
Giustizia
Tipizzazione del modello standard per la trasmissione del
contratto di rete al registro delle imprese.
D.M. 24/7/2014
Giustizia
Disciplina del trattamento dei dati sensibili e giudiziari da
parte del Ministro della giustizia.
D.M. 10/6/2014
Giustizia
Disposizioni in materia di recupero delle spese del
processo penale.
D.M. 3/6/2014
Ambiente
Organizzazione dell’Albo nazionale dei gestori ambientali.
D.P.R. 11/6/2014
D.M. 24/7/2014
D.M. 24/7/2014
D.M. 24/7/2014
D.M. 24/7/2014
D.M. 24/7/2014
D.M. 24/7/2014
Interno
Modalità di svolgimento del concorso pubblico per
l’accesso alla qualifica iniziale del ruolo dei collaboratori e
dei sostituti direttori tecnico-informatici del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco.
Interno
Modalità di svolgimento del concorso interno per l’accesso
alla qualifica iniziale del ruolo dei collaboratori e dei
sostituti direttori tecnico-informatici del Corpo nazionale
dei vigili del fuoco.
Interno
Modalità di svolgimento del concorso interno per la
promozione alla qualifica di funzionario amministrativocontabile direttore vicedirigente del Corpo nazionale dei
vigili del fuoco.
Interno
Modalità di svolgimento del concorso pubblico per
l’accesso alla qualifica iniziale del ruolo dei funzionari
amministrativo-contabili direttori del Corpo nazionale dei
vigili del fuoco.
Interno
Modalità di svolgimento del concorso pubblico per
l’accesso alla qualifica iniziale del ruolo dei collaboratori e
dei sostituti direttori amministrativo-contabili del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco.
Interno
Modalità di svolgimento del concorso interno per l’accesso
alla qualifica iniziale del ruolo dei collaboratori e dei
sostituti direttori amministrativo-contabili del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 261
D.M. 8/7/2014
D.M. 25/7/2014
Salute
Sviluppo economico
Disciplina dei rapporti tra il Ministero della salute, i medici,
ambulatoriali, specialisti e generici operanti per
l’assistenza sanitaria e medico legale al personale
navigante, marittimo e aviazione civile.
Fondo di garanzia per le vittime della caccia.
D.P.C.M. 10/7/2014
Ambiente
Regolamento di organizzazione del Ministero dell’ambiente
e della tutela del territorio e del mare e dell’Organismo
indipendente di valutazione della performance e degli
Uffici di diretta collaborazione.
D.M. 13/8/2014
Giustizia
Determinazione dei criteri e delle modalità
formazione degli amministratori di condominio.
Giustizia
Determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e
tenuta del registro degli organismi di mediazione e
dell’elenco dei formatori per la mediazione.
Presidenza Consiglio
Ministri
Criteri e modalità per la concessione dei contributi a
favore dei periodici pubblicati all’estero e delle
pubblicazioni edite in Italia e diffuse prevalentemente
all’estero.
D.M. 4/8/2014
D.P.R. 11/8/2014
D.P.C.M. 31/7/2014
MIUR
per
la
Termini non superiori a 90 giorni L. 241/1990.
Giustizia
Sgravi fiscali e sgravi contributivi a favore delle imprese
che assumono lavoratori detenuti.
Economia e finanze
Norme e criteri di investimento delle risorse dei fondi
pensione e sulle regole in materia di conflitti di interesse.
Affari esteri
Concessione di premi e contributi per la divulgazione del
libro italiano.
D.P.C.M.29/8/2014
Sviluppo economico
Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e
delle attività culturali e del turismo, degli uffici della
diretta collaborazione del Ministro e dell’organismo
indipendente di valutazione della performance.
D.M. 17/10/2014
Economia e finanze
Disciplina del microcredito.
D.M. 3/10/2014
Economia e finanze
Regolamento in materia di presentazione al pagamento in
forma elettronica degli assegni bancari e circolari.
Affari esteri
Distacchi di personale della pubblica amministrazione
presso l’Unione Europea, le organizzazioni internazionali o
Stati esteri.
Economia e finanze
Modifica in materia di documenti sottratti al diritto di
accesso.
D.M. 24/7/2014
D.M. 2/9/2014
D.M. 29/8/2014
D.P.C.M. 30/10/2014
D.M. 24/10/2014
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 262
D.M. 24/10/2014
Economia e finanze
Capitolato generale d’oneri per le forniture di beni e le
prestazioni dei servizi occorrenti per il funzionamento del
Corpo della Guardia di finanza.
D.M. 10/11/2014
Giustizia
Modalità di elezione dei componenti dei consigli degli
ordini circondariali forensi.
D.P.C.M. 30/10/2014
Presidenza Consiglio
Ministri
Modalità di funzionamento, accesso, consultazione e
collegamento con il CED della banca dati nazionale unica
della documentazione antimafia.
D.P.C.M. 10/11/2014
Presidenza Consiglio
Ministri
Attuazione e funzionamento dell’Anagrafe nazionale della
popolazione residente (ANPR) e definizione del piano per il
graduale
subentro
dell’ANPR
alle
anagrafi
della
popolazione residente.
D.P.R. 17/11/2014
Presidenza Consiglio
Ministri
Modifiche ed integrazioni in materia di criteri e procedure
per l’utilizzazione della quota dell’otto per mille dell’Irpef
devoluta alla diretta gestione statale.
Giustizia
Misure compensative per l’esercizio della professione di
ingegnere.
Sviluppo economico
Disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei
metalli preziosi.
Giustizia
Applicazione
nell’ambito
dell’amministrazione
della
giustizia delle disposizioni in materia di sicurezza e salute
dei lavoratori nei luoghi di lavoro.
Economia e finanze
Aggiornamento dell’elenco delle imperfezioni e infermità
che sono causa di non idoneità al servizio nella Guardia di
Finanza.
Giustizia
Requisiti di iscrizione nel registro degli organismi di
composizione della crisi da sovraindebitamento, nonchè in
materia di modalità di formazione e revisione del registro,
di sospensione e cancellazione degli iscritti e di
determinazione dei compensi e dei rimborsi spese
spettanti agli organismi a carico dei soggetti che ricorrono
alla procedura.
D.M. 3/12/2014
D.P.R. 26/11/2014
D.I. 18/11/2014
D.M. 16/12/2014
D.I. 24/9/2014
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 263
Sezione di controllo sugli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria
Attività di referto 2014
Enti controllati al 31/12/2014:
303
Enti sui quali si è riferito
241
Referti al Parlamento
117 *
Altre deliberazioni
(istruttorie, di programma, ecc.)
4
*Hanno esaminato 534 bilanci relativi e più esercizi finanziari.
Deliberazione
Oggetto
SCE/1/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria
dell’Associazione Croce Rossa italiana (C.R.I.) per l’esercizio 2012.
SCE/2/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) per
l’esercizio 2012.
SCE/3/2014/RGES
Determinazione e relazione del controllo eseguito sulla gestione finanziaria Cassa
nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali
(C.N.P.R.) per l’esercizio 2012.
SCE/4/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Aero Club d’Italia (Ae.C.I.) per l’esercizio 2012.
SCE/5/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Agenzia spaziale italiana (ASI) per l’esercizio 2012.
SCE/6/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Autorita’ portuale di La Spezia per gli esercizi 2011 – 2012.
SCE/7/2014/RGES
Determinazione e relazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla
gestione finanziaria della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.A. per gli esercizi 2011 e
2012.
SCE/8/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria del “Museo della fisica e Centro studi e ricerche Enrico Fermi” per l’esercizio
2012.
SCE/9/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria degli Enti Parco Nazionali: Monti Sibillini, Dolomiti Bellunesi, Foreste
Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, Pollino, Val Grande per l’esercizio 2012.
SCE/10/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria del Consiglio nazionale delle ricerche (C.N.R.) per gli esercizi 2011 e 2012.
SCE/11/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) per gli esercizi dal
2007 al 2011.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 265
SCE/12/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (I.N.F.N.) per l’esercizio 2012.
SCE/13/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria di Poste italiane S.p.A. per l’esercizio 2012.
SCE/14/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Autorita’ portuale di La Spezia per gli esercizi 2011 – 2012.
SCE/15/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria di Fintecna S.p.A. per l’esercizio 2012.
SCE/16/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Ente "Parco nazionale dell’Alta Murgia" per gli esercizi 2011-2012.
SCE/17/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Ente “Parco nazionale del Vesuvio” per l’esercizio 2012.
SCE/18/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della Fondazione festival dei due mondi di Spoleto per gli esercizi 2011 e
2012.
SCE/19/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della Società Italiana per le Imprese all’Estero S.P.A. (SIMEST) per
l’esercizio 2012.
SCE/20/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’ “Associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno
(SVI.MEZ.)" per l’esercizio 2012.
SCE/21/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria di ANAS S.p.A. per l’esercizio finanziario 2012.
SCE/22/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Autorità portuale di Taranto per gli esercizi 2011 e 2012.
SCE/23/2014/REG
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della INARCASSA - Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli
ingegneri e gli architetti liberi professionisti per l’esercizio 2012.
SCE/24/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Autorita’ Portuale di Olbia, Golfo Aranci e Porto Torres per l’esercizio
2012.
SCE/25/2014/INPR
Programma dell’attività della Sezione del controllo sugli enti per l’anno 2014.
SCE/26/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della Società per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione (MEFOP S.p.a.)
per l’esercizio 2012.
SCE/27/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGE.NA.S.) per
l’esercizio 2012.
SCE/28/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Ente nazionale di previdenza e assistenza per gli psicologi (ENPAP) per
gli esercizi 2009-2010-2011.
SCE/29/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori
(ISFOL) per l’esercizio 2012.
SCE/30/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della Fondazione Centro internazionale di Studi di architettura “A.
PALLADIO” (CISA) per l’esercizio 2012.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 266
SCE/31/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della Fondazione Casa Buonarroti per gli esercizi finanziari 2011-2012.
SCE/32/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della Fondazione Istituto nazionale di Studi Verdiani (INSV) per l’esercizio
2012.
SCE/33/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Istituto Nazionale di studi sul Rinascimento (INSR) per gli esercizi
finanziari 2011-2012.
SCE/34/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Istituto nazionale di alta matematica "FRANCESCO SEVERI"
(I.N.d.A.M.) per l’esercizio 2012.
SCE/35/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.A. CONSAP per
l’esercizio 2012.
SCE/36/2014/RGES
Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della “Rete
autostrade mediterranee S.p.a.” per gli esercizi 2011-2012.
SCE/37/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. per gli esercizi 2011 e
2012.
SCE/38/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della Fondazione Museo nazionale della scienza e della tecnologia
“LEONARDO DA VINCI” per l’esercizio 2012.
SCE/39/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della Cassa depositi e prestiti S.p.A. per gli esercizi 2011-2012.
SCE/40/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Istituto nazionale di studi romani (I.N.S.R.) per l’esercizio 2012.
SCE/41/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Autorità Portuale di Catania per gli esercizi dal 2007 al 2012.
SCE/42/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (INRAN) per
gli esercizi 2010, 2011 e sino al 7 luglio 2012.
SCE/43/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della SOGESID S.p.a. per l’esercizio 2012.
SCE/44/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Unione Nazionale Incremento Razze Equine (U.N.I.R.E.) per gli esercizi
2008, 2009, 2010, 2011 e fino al 14 agosto 2012.
SCE/45/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Ente Parco nazionale dell’appennino lucano Val D’angri-Lagonegrese
per gli esercizi 2011-2012.
SCE/46/2014/RGES
SCE/47/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della cassa di previdenza e assistenza tra i dipendenti dell’ex ministero dei
trasporti e della navigazione per l’esercizio 2011 e 2012.
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Istituto della enciclopedia italiana G. Treccani S.p.A. per l’esercizio
2012.
SCE/48/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria del Centro italiano ricerche aerospaziali (CIRA S.C.p.A.) per l’esercizio
2012.
SCE/49/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Istituto italiano di studi germanici (IISG) per l’esercizio 2012.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 267
SCE/50/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali (INAIL), per l’esercizio 2012.
SCE/51/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’ENEL S.p.a., per l’esercizio 2012.
SCE/52/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Ente nazionale di previdenza e assistenza consulenti
del lavoro (ENPACL), per gli esercizi 2011 e 2012.
SCE/53/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Ente "Parco nazionale del Gargano" per l’esercizio 2012.
SCE/54/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Ente Nazionale Risi per l’esercizio 2013.
SCE/55/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’ENIT – Agenzia nazionale del turismo - per l’esercizio 2012.
SCE/56/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della Società Generale d’Informatica (SOGEI) S.p.A. per l’esercizio 2012.
SCE/57/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria del Consorzio del Parco Nazionale dello Stelvio per gli esercizi 2011 e 2012.
SCE/58/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Ente Parco nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga per gli
esercizi 2011 e 2012.
SCE/59/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Ente Parco Nazionale dell’Aspromonte per gli esercizi 2011-2012.
SCE/60/2014/RGES
Determinazione e relazione del controllo eseguito sulla gestione finanziaria
dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.
per l’esercizio 2012.
SCE/61/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della Cassa nazionale del Notariato per l’esercizio 2012.
SCE/62/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Autorità Portuale di Savona per gli esercizi 2010, 2011 e 2012.
SCE/63/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Autorità portuale di Livorno per l’esercizio 2012.
SCE/64/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della società SO.G.I.N. S.p.A. per l’esercizio 2012.
SCE/65/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Istituto nazionale di ricerca metrologica (I.N.RI.M.), per l’esercizio
2012.
SCE/66/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA) per
l’esercizio 2012.
SCE/67/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Ente nazionale di previdenza e di assistenza farmacisti (ENPAF) per
l’esercizio 2013.
SCE/68/2014/RGES
Determinazione e Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani “Giovanni
Amendola” (INPGI) per l’esercizio 2013.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 268
SCE/69/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria degli Istituti fisioterapici ospitalieri (IFO) per l’esercizio 2012.
SCE/70/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria del Fondo di Assistenza per il Personale della Polizia di Stato per gli esercizi
dal 2008 al 2012.
SCE/71/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria delle Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. per l’esercizio 2013.
SCE/72/2014/RGES
Determinazione e relazione risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria
del Consorzio per l’Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste per l’esercizio
2012.
SCE/73/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della SICOT (Sistemi di consulenza per il tesoro s.r.l.) per l’esercizio 2012.
SCE/74/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Ente di Previdenza dei Periti Industriali e dei Periti Industriali Laureati
(E.P.P.I.) per gli esercizi 2011 e 2012.
SCE/75/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati ed invalidi del lavoro
(ANMIL) per gli esercizi dal 2010 al 2012.
SCE/76/2014/DASS
Adempimenti conseguenti alla sottoposizione al controllo della Società Istituto LuceCinecittà s.r.l. ai sensi del DPCM 7 gennaio 2014.
SCE/77/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria delle Fondazioni lirico-sinfoniche per gli esercizi 2011-2012.
SCE/78/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Istituto nazionale di economia agraria (INEA) per l’esercizio 2012.
SCE/79/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria del Club alpino italiano (CAI) per l’esercizio 2013.
SCE/80/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Associazione Croce Rossa Italiana (C.R.I.) per l’esercizio 2013.
SCE/81/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della Cassa italiana di previdenza e assistenza dei geometri liberi
professionisti (CIPAG) per l’esercizio 2013.
SCE/82/2014/RGES
Determinazione e Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della Fondazione Opera Nazionale Assistenza Orfani Sanitari Italiani
(ONAOSI) per l’esercizio 2013.
SCE/83/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria della Lega italiana per la lotta contro i tumori per gli esercizi finanziari dal
2009 al 2012.
SCE/84/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria del Fondo agenti spedizionieri e corrieri (FASC) per gli esercizi 2011 e
2012.
SCE/85/2014/DASS
Adempimenti conseguenti alla sottoposizione al controllo della società “Investimenti
immobiliari Italiani Società di Gestione del Risparmio Società per Azioni – InvImIt SGR
S.p.A. ai sensi del DPCM 7 gennaio 2014.
SCE/86/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Unione ITAliana dei ciechi e degli ipovedenti - ONLUS per gli esercizi
2010-2011-2012.
SCE/87/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria del Fondo di previdenza per il personale del Ministero dell’economia e delle
finanze per l’esercizio 2013.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 269
SCE/88/2014/RGES
Relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’ENI S.p.A.
per l’esercizio 2013.
SCE/89/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo
sviluppo economico sostenibile per gli esercizi 2011 – 2012.
SCE/90/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’”Ente Parco dell’Asinara” per gli esercizi 2011-2012.
SCE/91/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Accademia della Crusca per l’esercizio 2012.
SCE/92/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell'Automobile Club d'Italia (ACI) per gli esercizi 2011 e 2012 e dei 106
Automobile Club provinciali e locali (AA.CC.) per gli esercizi dal 2010 al 2012.
SCE/93/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Autorita’ portuale di La Spezia per l’esercizio 2013.
SCE/94/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione
finanziaria dell’Autorità portuale di Gioia Tauro per l’esercizio 2013.
SCE/95/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria dell’Istituto
nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), per gli esercizi 2011 e 2012.
SCE/96/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria della
Fondazione ENPAIA - Ente nazionale di previdenza per gli addetti a e gli impiegati in
agricoltura per gli esercizi 2012 e 2013.
SCE/97/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria della
“Società per lo sviluppo dell’arte, e della cultura e dello spettacolo Arcus S.p.A.”, per
l'esercizio 2012.
SCE/98/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria
dell’Agenzia del Demanio, per l'esercizio 2013.
SCE/99/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria dell’EUR
Spa, per gli esercizi 2011 e 2012.
SCE/100/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria dell’Ente
Parco del Vesuvio, per l'esercizio 2013.
SCE/101/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria della
"Fondazione La Biennale di Venezia", per l'esercizio 2013.
SCE/102/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria della
Società italiana per le imprese all’estero SpA (SIMEST) per l'esercizio 2013.
SCE/103/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria dell’Istituto
per gli studi di politica internazionale (ISPI) per l'esercizio 2012.
SCE/104/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria dell’Ente
nazionale per il microcredito (ENM) per l'esercizio 2012.
SCE/105/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria sull’ICEAgenzia per la promozione e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE-Agenzia)
per l'esercizio 2013.
SCE/106/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria Ente
"Parco nazionale dell’Arcipelago di la Maddalena", per gli esercizi 2012 e 2013.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 270
SCE/107/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di
EXPO 2015 S.p.A. per l’esercizio 2013.
SCE/108/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria della
Fondazione ENPAM- Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei medici e degli
odontoiatri (ENPAM) per gli esercizi dal 2010 al 2012.
SCE/109/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria della Cassa
nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti per gli esercizi
2011 e 2012.
SCE/110/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria dell’Istituto
nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia (INSMLI) per l'esercizio
2013.
SCE/111/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria dell’Ente
“Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni” per l'esercizio 2013.
SCE/112/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria Opera
nazionale di assistenza per il personale del corpo nazionale dei vigili del fuoco per
l’esercizio 2013.
SCE/113/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria dell'Ente
nazionale per l'aviazione civile (ENAC), per gli esercizi dal 2011 al 2013.
SCE/117/2014/RGES
SCE/115/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria dell’Istituto
nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale - OGS - per gli esercizi dal 2011 al
2013.
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria
dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (SVI.MEZ.), per l'esercizio
2013.
SCE/116/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria
dell’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (ANSV), per l'esercizio 2012.
SCE/117/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria di Cinecittà
Luce spa . Es. 2013.
SCE/118/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria della
Fondazione Centro sperimentale di cinematografia per gli esercizi 2012-2013.
SCE/119/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria dell’Ente
di previdenza e assistenza pluricategoriale (EPAP) - per gli esercizi 2012-2013.
SCE/120/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria della Cassa
di previdenza delle forze armate per gli esercizi dal 2010 (2° semestre) al 2012.
SCE/121/2014/RGES
Determinazione e relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria Rete
ferroviaria italiana (RFI) S.p.A. per l’esercizio 2013.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 271
Sezioni regionali di controllo
TIPOLOGIA E OGGETTO DELLA DECISIONE
QUANTITÀ
Decisione di parifica (art. 1, comma 5, del DL n. 174/2012)
22
Deliberazioni sui bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi della regione (art.
1, comma 3, 4 e 7, del DL n. 174/2012)
23
Deliberazioni sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate nelle leggi
regionali (art. 1, comma 2, del DL n. 174/2012)
19
Deliberazioni sul sistema dei controlli interni della regione (art. 1, comma 6,
del DL n. 174/2012)
16
Deliberazioni sui rendiconti dei gruppi consiliari (art. 1, commi 10 e ss, del
DL n. 174/2012
217
Pronunce sugli enti del SSR (art. 1, c. 170, della l. n. 266/2005 e art. 1, comma 3
del d.l. n. 176/2011)
54
Pronunce sugli enti locali ( art. 1, c. 166, della l. n. 266/2005 e art. 148-bis Tuel)
2.420
Deliberazioni ex art. 148 del Tuel (controllo sulla gestione degli enti locali)
121
Deliberazioni ex art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 149/2011
27
Deliberazioni ex artt. 243-bis e ss. del Tuel
174
Pareri (art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003)
935
Deliberazioni di controllo preventivo e successivo di legittimità
41
Deliberazioni di controllo sulla gestione
117
Altre deliberazioni
742
4.928
TOTALE
ATTIVITA' DI CONTROLLO DI LEGITTIMITA’
Pendenti iniziali
Introdotti
Esaminati
Rimanenza
898
16.017
16.208
707
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 273
I dati delle singole Sezioni verranno pubblicati, a cura delle medesime, in occasione dell’
inaugurazione dell’anno giudiziario 2015, presso la rispettiva sede regionale.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 274
Sezioni riunite in sede giurisdizionale
SENTENZE
Quantità
Tipologia
2
Questioni di massima
1
Regolamenti di competenza (ordinanza)
Speciale composizione
18
Piani di riequilibrio di enti locali
29
Rendiconti di Gruppi consiliari regionali e di province autonome
14
Ricorsi avverso l’inclusione nell’elenco ISTAT
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 275
Sezioni riunite in sede deliberante e consultiva
N°
Argomento
1/2014/CONS
Parere su “Prime regole tecniche ed operative per l’utilizzo della posta elettronica certificata nei
giudizi dinanzi alla Corte dei conti”
2/2014/CONS
Parere sulla procedura di presentazione, parifica e controllo di regolarità, in applicazione dell’art.
16 del d.lgs. 30 giugno 2011, n. 123, del conto giudiziale da parte di Equitalia s.p.a. in qualità di
agente contabile della riscossione delle entrate erariali.
3/2014/CONS
Parere su “Disciplina dei conti giudiziali degli agenti contabili delle Camere di Commercio”.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 277
Sezioni centrali d’appello e sezione d’appello per la Regione Siciliana
Giudizi di responsabilità e di conto
Tipologia
Pendenti
Pervenuti
Definiti
Rimanenza
445
155
136
464
Istanza di parte
2.465
734
799
2.400
Totale
2.910
889
935
2.864
Istanza del Procuratore generale
Istanze di definizione ex ar844t. 1, co. 231, 232, 233, legge 266/2005
Pendenti
Istanze presentate
Istanze accolte
Istanze rigettate
o inammissibili
79
137
100
83
Giudizi in materia pensionistica
Pendenti
Pervenuti
Definiti
Rimanenza
6.937
1.167
2.955
5.149
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 279
Esito delle sentenze riferito ai convenuti
nei giudizi di responsabilità
Assoluzione
4
Condanna
276
Totale
280
Esito delle sentenze di contabilità di 2° grado
99%
Assoluzione
Condanna
1%
Esito delle sentenze riferito ai ricorrenti
nei giudizi in materia pensionistica
Accoglimento
1.328
Rigetto
1.740
Totale
3.068
Esito delle sentenze pensionistiche di 2° grado
57%
Accoglimento
Rigetto
43%
Dati del Sistema Conoscitivo della Corte dei conti (Conosco) - Rilevazione al 14 gennaio 2015
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 280
Sezioni giurisdizionali regionali
Attività svolta in materia di responsabilità e conto
Giudizi
Pendenti
(1/1)
Pervenuti
Definiti
Rimanenza (31/12)
2.313
1.796
1.938 *
2.171
* i giudizi definiti hanno riguardato 2.627 convenuti.
Attività svolta in materia pensionistica
Giudizi
Pendenti al
1/1/2013
Rimanenza al
31/12/2013
Militari
Guerra
Civili
Militari
Guerra
Civili
Militari
Guerra
Civili
Militari
Guerra
Definiti
Civili
Sopravvenuti
8682
2981
4100
2086
896
127
5537
1573
802
5230
2304
3425
15.763
3.109
7.919 *
10.960
* i giudizi definiti hanno riguardato 12.802 ricorrenti.
Attività svolta in materia di conti giudiziali
Pendenti
(1/1)
Pervenuti
Definiti
Rimanenza
(31/12)
303.493
74.728
51.445
326.776
I dati delle singole Sezioni verranno pubblicati, a cura delle medesime, in occasione
delle rispettive inaugurazioni dell’anno giudiziario 2014.
INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2015
PAG. 281
Esito delle sentenze riferito ai convenuti
nei giudizi di responsabilità
Assoluzione
929
Condanna
1.698
Totale
2.627
Esito delle sentenze di contabilità di 1° grado
65%
Assoluzione
Condanna
35%
Esito delle sentenze riferito ai ricorrenti
nei giudizi in materia pensionistica
Accoglimento
3.082
Rigetto
9.720
Totale
12.802
Esito delle sentenze pensionistiche di 1° grado
Accoglimento
76%
Rigetto
24%
Dati del Sistema Conoscitivo della Corte dei conti (Conosco) - Rilevazione al 14 gennaio 2015
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Personale di magistratura
Al 1° gennaio 2015
Situazione del personale di magistratura
Controllo
Giurisdizione
Procura
Totale

Organico
Presenti
Vacanti
Sezioni regionali
135
116
19
Centro
121
65
56
Sezioni regionali
171
107
64
29
22
7
129
93
36
20
14
6
Sezioni regionali
435
316
119
Centro
170
101
69
Generale
605
417
188
Centro
Sezioni regionali
Centro
La dotazione organica esposta nella sopraindicata tabella, pari a 605
unità, non comprende il posto di Presidente della Corte dei conti e i 3
posti di fuori ruolo istituzionale (Giudice Costituzionale, Magistrato
delegato al controllo INPS, Magistrato delegato al controllo INAIL).
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