Diocesi di Novara Migrantes, Commissione Giustizia e Pace, Caritas Diocesana, Liberazione e speranza-Onlus, Usmi (Unione Superiori Maggiori d’Italia), Cism (Conferenza Italiana Superiori Maggiori). PRIMA GIORNATA INTERNAZIONALE DI PREGHIERA E RIFLESSIONE CONTRO LA TRATTA DI PERSONE Sabato, 7 febbraio 2015 ore 20,45 Chiesa San Francesco alla Rizzottaglia - Via Lualdi 19 1 La tratta di esseri umani è una delle peggiori schiavitù del XXI secolo. E riguarda il mondo intero. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) e l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc) circa 21 milioni di persone, spesso povere e vulnerabili, sono vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale o lavoro forzato, espianto di organi, accattonaggio forzato, servitù domestica, matrimonio forzato, adozione illegale e altre forme di sfruttamento. Ogni anno, circa 2,5 milioni di persone sono vittime di traffico di esseri umani e riduzione in schiavitù; il 60 per cento sono donne e minori. Spesso subiscono abusi e violenze inaudite. D’altro canto, per trafficanti e sfruttatori la tratta di esseri umani è una delle attività illegali più lucrative al mondo: rende complessivamente 32 miliardi di dollari l’anno ed è il terzo “business” più redditizio, dopo il traffico di droga e di armi. L’obiettivo della giornata è innanzitutto quello di creare maggiore consapevolezza del fenomeno e riflettere sulla situazione globale di violenza e ingiustizia che colpisce tante persone, che non hanno voce, non contano, non sono nessuno: sono semplicemente schiavi. Al contempo provare a dare risposte a questa moderna forma di tratta di esseri umani, attraverso azioni concrete. Per questo è fondamentale, da un lato, ribadire la necessità di garantire diritti, libertà e dignità alle persone trafficate e ridotte in schiavitù e, dall’altro, denunciare sia le organizzazioni criminali sia coloro che usano e abusano della povertà e della vulnerabilità di queste persone per farne oggetti di piacere o fonti di guadagno. Inoltre, la Giornata mondiale contro la tratta 2015 si inserisce significativamente anche all’interno dell’Anno dedicato alla Vita Consacrata e sarà dunque da stimolo per tutte le religiose e i religiosi sparsi per il mondo a leggere i “segni dei tempi” e a ripensare in termini profetici il presente e il futuro della vita consacrata stessa. 2 Canto iniziale O Signore fa’ di me uno strumento, fa’ di me uno strumento della tua pace, dov’è odio che io porti l’amore, dov’è offesa che io porti il perdono, dov’è dubbio che io porti la fede, dov’è discordia che io porti l’unione, dov’è errore che io porti verità, a chi dispera che io porti la speranza. Dov’è errore che io porti verità, a chi dispera che io porti la speranza. O Maestro dammi tu un cuore grande, che sia goccia di rugiada per il mondo, che sia voce di speranza, che sia un buon mattino per il giorno di ogni uomo. E con gli ultimi del mondo sia il mio passo lieto nella povertà, nella povertà. (2 v.) O Signore fa’ di me il tuo canto, fa’ di me il tuo canto di pace; a chi è triste che io porti la gioia, a chi è nel buio che io porti la luce. È donando che si ama la vita, è servendo che si vive con gioia, perdonando che si trova il perdono, è morendo che si vive in eterno. Perdonando che si trova il perdono, è morendo che si vive in eterno. Introduce don Mario Bandera (direttore dell’Ufficio Diocesano per la Pastorale sociale e il Lavoro, Giustizia e Pace e Salvaguardia del Creato) Mons. Franco Giulio Brambilla, Vescovo di Novara: Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo Assemblea: Amen Vescovo: Il Signore della vita che illumina la mente e il cuore di chi si affida a Lui, sia con tutti voi Assemblea: E con il tuo spirito Vescovo: Signore, una delle peggiori schiavitù dei nostri giorni è la tratta di esseri umani, in questo incontro di preghiera vogliamo riflettere e prenderne coscienza. Fa che la Chiesa aiuti la nostra comunità ad avere maggiore consapevolezza delle sofferenze che vivono milioni di uomini e donne che non hanno voce, non contano, non sono nessuno: sono semplicemente schiavi. Aiutaci ad avere a cuore il problema di questi nostri fratelli. 3 IN ASCOLTO DELLA PAROLA Dal Vangelo secondo Luca (4,14-21) Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi. Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore. Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi». Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca Dal Vangelo secondo Matteo (11, 2-6) Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?». Gesù rispose: «Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me» 4 Preghiera1 Eterno Padre, sappiamo che tu nutri un amore particolare per i poveri e per i più piccoli e difendi coloro ai quali la vita viene calpestata. Oggi la nostra attenzione è rivolta alle persone offese ingiustamente, vendute come merce di mercato: giovani, donne e bambini, la cui vita viene valutata meno di trenta denari d’argento. Padre santo e pieno di amore, noi crediamo che Tu non li dimentichi: il loro nome è scritto sul palmo della tua mano. Aiutaci a capire che noi pure abbiamo un compito in questo mondo dove i mercati decidono non solo i prezzi delle cose ma anche quello delle persone. Donaci il coraggio di alzare la voce contro le ingiustizie e gli abusi, e di stare dalla parte delle persone offese nella loro dignità. Padre santo, noi ti chiediamo di infondere in coloro che lottano contro il traffico di persone conoscenza e determina-zione: e nelle vittime coraggio e confidenza in te. Padre misericordioso, ti preghiamo per coloro che, per il loro egoismo e ignoranza, sono causa di questo traffico e lo diffondono nel mondo. Possano diventare consapevoli delle loro responsabilità. Te lo chiediamo nel nome di Gesù, tuo Figlio e nostro fratello. Amen. Maria Adele Garavaglia (autrice del romanzo/verità “Clienti”) introduce lo spettacolo di Mariarosa Franchini Rappresentazione “Clienti” di Mariarosa Franchini (con Mariarosa Franchini, Sara Mennella e Daniele Mennella) 1 Questa è la preghiera che la rete delle religiose cattoliche europee – R.E.N.A.T.E Religious in Europe Networking Against Traffiching and Exploitation -, impegnate a sostenere le vittime della tratta, propone da alcubni anni in occasione della Giornata Europea contro il traffico di esseri umani che si celebra ogni anno il 18 ottobre. 5 La “voce” di papa Francesco contro la tratta di persone Mi ha sempre addolorato la situazione di coloro che sono oggetto delle diverse forme di tratta di persone. Vorrei che si ascoltasse il grido di Dio che chiede a tutti noi: «Dov’è tuo fratello?» (Gen 4,9). Dov’è il tuo fratello schiavo? Dov’è quello che stai uccidendo ogni giorno nella piccola fabbrica clandestina, nella rete della prostituzione, nei bambini che utilizzi per l’accattonaggio, in quello che deve lavorare di nascosto perché non è stato regolarizzato? Non facciamo finta di niente. Ci sono molte complicità. La domanda è per tutti! Nelle nostre città è impiantato questo crimine mafioso e aberrante, e molti hanno le mani che grondano sangue a causa di una complicità comoda e muta2. La tratta delle persone è proprio la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo.3 Il traffico degli esseri umani, che è la nuova schiavitù del nostro tempo trasforma le persone in merce di scambio, privando le vittime di ogni dignità4. La tratta delle persone è un’attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si dicono civilizzate. Sfruttatori e clienti a tutti i livelli dovrebbero fare un serio esame di coscienza davanti a se stessi e davanti a Dio5. Desidero invitare ciascuno, nel proprio ruolo e nelle proprie responsabilità particolari, a operare gesti di fraternità nei confronti di coloro che sono tenuti in stato di asservimento. Chiediamoci come noi, in quanto comunità o in quanto singoli, ci sentiamo interpellati quando, nella quotidianità, incontriamo o abbiamo a che fare con persone che potrebbero essere vittime del traffico di 2 Evangelii Gaudium n° 211. Messaggio Urbi et orbi 31 marzo 2013 4 Discorso al Consiglio d’Europa 25 novembre 2014. 5 Discorso al Pontificio Consiglio della pastorale dei migranti 24 maggio 2013. 3 6 esseri umani... Alcuni di noi, per indifferenza, o perché distratti dalle preoccupazioni quotidiane, o per ragioni economiche, chiudono un occhio. Altri, invece, scelgono di fare qualcosa di positivo, di impegnarsi nelle associazioni della società civile o di compiere piccoli gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto valore! – come rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza, aprire strade, cambiare la vita ad una persona che vive nell’invisibilità, e anche cambiare la nostra vita nel confronto con questa realtà. Dobbiamo riconoscere che siamo di fronte ad un fenomeno mondiale che supera le competenze di una sola comunità o nazione. Per sconfiggerlo, occorre una mobilitazione di dimensioni comparabili a quelle del fenomeno stesso. Per questo motivo lancio un pressante appello a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, e a tutti coloro che, da vicino o da lontano, anche ai più alti livelli delle istituzioni, sono testimoni della piaga della schiavitù contemporanea, di non rendersi complici di questo male, di non voltare lo sguardo di fronte alle sofferenze dei loro fratelli e sorelle in umanità, privati della libertà e della dignità, ma di avere il coraggio di toccare la carne sofferente di Cristo, che si rende visibile attraverso i volti innumerevoli di coloro che Egli stesso chiama «questi miei fratelli più piccoli» (Mt 25,40.45)6. Lettura della Dichiarazione del 2 dicembre 2014 dei leader religiosi contro la schiavitù moderna "Noi firmatari siamo oggi qui riuniti per un'iniziativa storica volta ad ispirare azioni spirituali e pratiche da parte di tutte le religioni del mondo e delle persone di buona volontà per eliminare per sempre la schiavitù moderna entro il 2020. 6 Dal messaggio per la celebrazione della 48^ giornata mondiale della pace (1° gennaio 2015) 7 Agli occhi di Dio, ogni essere umano, ragazza o ragazzo, donna o uomo, è una persona libera, destinata a esistere per il bene di ognuno in eguaglianza e fraternità. Le diverse forme di schiavitù moderna, come la tratta degli esseri umani, il lavoro forzato e la prostituzione, il traffico di organi e qualsiasi altra pratica contraria ai concetti fondamentali di uguaglianza, libertà e pari dignità di ogni essere umano, deve essere considerata crimine contro l'umanità. Qui e oggi, assumiamo l'impegno comune di fare tutto il possibile, all'interno delle nostre comunità di credenti e all'esterno di esse, per ridare la libertà a chi è vittima di schiavitù o di tratta di esseri umani, restituendo loro speranza nel futuro. Oggi abbiamo la possibilità, la consapevolezza, la saggezza, i mezzi innovativi e le tecnologie necessarie a raggiungere questo obiettivo umano e morale". I firmatari: Chiesa cattolica: Papa Francesco Religione induista: Sua Santità Mata Amritanandamayi (Amma) Religione buddhista: il Maestro Zen Thich Nhat Hanh (Thay) (rappresentato dalla Venerabile Bhikkhuni Thich Nu Chan Khong) Religione buddhista: il Venerabile Datuk K Sri Dhammaratana, Sommo Sacerdote della Malesia Religione ebraica: il Rabbino Dr. Abraham Skorka Religione ebraica: il Rabbino Capo David Rosen KSG, CBE Chiesa ortodossa: Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo Religione musulmana: Mohamed Ahmed El-Tayeb, Grande Imam di Al Azhar (rappresentato dal Dr. Abbas Abdalla Abbas Soliman, Sottosegretario di Stato di Al Azhar Alsharif) Religione musulmana: il Grande Ayatollah Mohammad Taqi al-Modarresi Religione musulmana: il Grande Ayatollah Sheikh Basheer Hussain al Najafi Religione musulmana: lo Sceicco Omar Abboud Chiesa anglicana: Sua Grazia Justin Welby, Arcivescovo di Canterbury. Illustrazione del Fondo per la libertà e la dignità di ogni donna 8 Preghiera comunitaria Vieni a salvarci, o Dio della vita! Si aprano gli occhi dei ciechi e si schiudano le orecchie dei sordi (Is.35,5). Possa gridare di gioia la lingua del muto e riacquistino coraggio gli smarriti di cuore (Is. 35,4). Tu che hai messo davanti a noi vita e morte, aiutaci a scegliere sempre la vita, amandoTi con tutte le nostre forze, obbedendo alla Tua Parola e restando uniti a Te (Dt.30,19-20). Vieni a salvarci, o Dio della speranza! Le ginocchia vacillanti siano rese salde e le mani fiacche riacquistino forza (Is. 35,3), l’angoscia sia spazzata via dal cuore di coloro che si sentono schiacciati dal peso della vita: sia data forza allo stanco e moltiplicato il vigore allo spossato (Is. 40,29). Vieni a salvarci, o Dio della liberazione! Ogni persona sia rispettata nella sua dignità. Nessuno pensi di avere il diritto di pestare la faccia ai poveri (Is.3,15) e tutti facciano a gara nell’imparare a fare il bene e a soccorrere l’oppresso (Is.1,17). Felicità perenne risplenda sul nostro capo; gioia e voglia di vivere prendano il posto della tristezza e dell’angoscia (Is. 35,10). Vieni a salvarci, o Dio della giustizia! I poveri possano vedere che le Tue promesse si realizzano; la lacrime di chi piange siano asciugate (Is.25,8); l’umiliazione di chi è nella miseria venga tolta per sempre. Alle infinite ingiustizie che imperversano ovunque sulla terra sia posto finalmente termine. Siano tolti di mezzo l’oppressione e il parlare empio (Is.58,9) e tutte le nostre città siano chiamate “Signore-nostra-giustizia” (Ger.33,16). 9 Dalla “Ballata della speranza” di David Maria Turoldo (…) Oh, se sperassimo tutti insieme tutti la stessa speranza e intensamente, ferocemente sperassimo sperassimo con le pietre e gli alberi e il grano sotto la neve e gridassimo con la carne e il sangue con gli occhi e le mani e il sangue; sperassimo con tutte le viscere con tutta la mente e il cuore, Lui solo sperassimo; oh, se sperassimo tutti insieme, con tutte le cose sperassimo Lui solamente desiderio dell’intera creazione; e sperassimo con tutti i disperati, con tutti i carcerati come i minatori quando escono dalle viscere della terra, sperassimo con la forza cieca del morente che non vuole morire, come l’innocente dopo il processo in attesa della sentenza, oppure con il condannato avanti il plotone d’esecuzione sicuro che i fucili non spareranno; se sperassimo come l’amante che ha l’amore lontano e tutti insieme sperassimo, a un punto solo, tutta la terra uomini e ogni essere vivente sperasse con noi e foreste e fiumi e oceani, la terra fosse un solo oceano di speranza e la speranza avesse una voce sola un boato come quello del mare (…). 10 Intervento del Vescovo Franco Giulio Brambilla Canto del “PADRE NOSTRO” Benedizione finale Il Signore ci benedica e ci protegga, il Signore faccia risplendere su di noi il Suo volto e ci sia propizio, il Signore volga su di noi il Suo volto e ci conceda pace (Num. 6,24-26)! Amen Il Signore ci benedica e ci dia un cuore docile e saggio che sappia distinguere il bene dal male (1 Re 3,9.12) e il male dal bene, le tenebre dalla luce e la luce dalle tenebre, l’amaro dal dolce e il dolce dall’amaro (Is. 5,20)! Amen Il Signore ci benedica e ci indichi le Sue vie, ci faccia camminare per i Suoi sentieri (Is. 2,3) così che la nostra bocca si apra al sorriso e la nostra lingua si sciolga in canti di gioia (Sal. 126,2). Amen E la benedizione di Dio onnipotente Padre e Figlio + e Spirito Santo, discenda su noi e con noi rimanga sempre. Amen Canto finale: Santa Maria del cammino Mentre trascorre la vita, solo tu non sei mai Santa Maria del cammino sempre sarà con te. Vieni o Madre, in mezzo a noi vieni, Maria quaggiù: cammineremo insieme a te, verso la libertà (Rit). Quando qualcuno ti dice: “nulla mai cambierà”. Lotta per un mondo nuovo, lotta per la dignità. (Rit) Lungo la strada la gente chiusa in se stessa va; offri per primo la mano a chi è vicino a te. (Rit) Quando ti senti ormai stanco e sembra inutile andar, tu vai tracciando un cammino un altro ti seguirà. (Rit) 11 A Maria, donna vera ! Santa Maria, donna vera, icona del mondo femminile umiliato in terra d’Egitto, sottomesso alle sevizie dei faraoni di ogni tempo, condannato al ruolo di abbrustolirsi la faccia dinanzi alle pentole di cipolle e a cuocere i mattoni per la città dei prepotenti, noi Ti imploriamo per tutte le donne della terra. Da quando sul Calvario Ti trafissero l’anima, non c’è pianto di madre che Ti sia estraneo, non c’è solitudine di vedova che tu non abbia sperimentato, non c’è avvilimento di donna di cui non senta l’umiliazione. Se i soldati spogliarono Gesù delle sue vesti, il dolore spogliò Te dei suoi prestigiosi aggettivi. E apparisti semplicemente donna, al punto che il Tuo unigenito morente non seppe chiamarTi con altro nome: Donna, ecco Tuo figlio. Tu che rimanesti in piedi sotto la croce, statua vivente della libertà, fa’ che tutte le donne, ispirandosi alla Tua fierezza femminile, sotto il diluvio delle sofferenze di ogni specie, al massimo pieghino il capo ma non curvino mai la schiena. Santa Maria, donna vera, icona del mondo femminile che ha intrapreso finalmente le strade dell’esodo, fa’ che le donne, in questa faticosa transumanza quasi da un’era antropologica all’altra, non si disperdano come gli ebrei nel mare dei giunchi. Ma sappiano individuare i sentieri giusti che le portino lontano dalle egemonie dei nuovi filistei. E perché la Tua immagine di donna veramente riuscita possa risplendere per tutte, come la nube luminosa nel deserto, aiuta anche la Tua Chiesa a liberarsi da quelle caparbie desinenze al maschile con cui ha declinato, talvolta, perfino la Tua figura. Santa Maria, donna vera, icona del mondo femminile approdato finalmente nella terra promessa, aiutaci a leggere la storia e a interpretare la vita, dopo tanto maschilismo imperante, con le categorie tenere e forti della femminilità. In questo mondo così piatto, contrassegnato dall’intemperanza del raziocinio sull’intuizione, del calcolo sulla creatività, del potere sulla tenerezza, del vigore dei muscoli sulla morbida persuasione dello sguardo, Tu sei l’immagine non solo della donna nuova, ma della nuova umanità preservata dai miraggi delle false liberazioni. Aiutaci, almeno, a ringraziare Dio che, se per umanizzare la terra si serve dell’uomo senza molto riuscirci, per umanizzare l’uomo vuol servirsi della donna: nella certezza che stavolta non fallirà. Amen. (Tonino Bello, Maria donna dei nostri giorni, Ed. San Paolo 1983, 81-82). 12 Discorso di papa Francesco ad un gruppo di nuovi ambasciatori in occasione della presentazione delle lettere credenziali (12 dicembre 2013) Oggi desidero affrontare con voi una questione che mi preoccupa molto e che minaccia attualmente la dignità delle persone: è la tratta di esseri umani. È una vera forma di schiavitù, purtroppo sempre più diffusa, che riguarda ogni Paese, anche i più sviluppati, e che tocca le persone più vulnerabili della società: le donne e le ragazze, i bambini e le bambine, i disabili, i più poveri, chi proviene da situazioni di disgregazione familiare e sociale. In essi, in modo speciale, noi cristiani riconosciamo il volto di Gesù Cristo, che si è identificato con i più piccoli e bisognosi. Altri, che non si riferiscono ad una fede religiosa, in nome della comune umanità condividono la compassione per le loro sofferenze, con l’impegno di liberarli e di lenire le loro ferite. Insieme possiamo e dobbiamo impegnarci perché siano liberati e si possa mettere fine a questo orribile commercio. Si parla di milioni di vittime del lavoro forzato, lavoro schiavo, della tratta di persone per scopo di manodopera e di sfruttamento sessuale. Tutto ciò non può continuare: costituisce una grave violazione dei diritti umani delle vittime e un’offesa alla loro dignità, oltre che una sconfitta per la comunità mondiale. Quanti sono di buona volontà, che si professino religiosi o no, non possono permettere che queste donne, questi uomini, questi bambini vengano trattati come oggetti, ingannati, violentati, spesso venduti più volte, per scopi diversi, e alla fine uccisi o, comunque, rovinati nel fisico e nella mente, per finire scartati e abbandonati. E’ una vergogna. La tratta delle persone è un crimine contro l’umanità. Dobbiamo unire le forze per liberare le vittime e per fermare questo crimine sempre più aggressivo, che minaccia, oltre alle singole persone, i valori fondanti della società e anche la sicurezza e la giustizia internazionali, oltre che l’economia, il tessuto familiare e lo stesso vivere sociale. 13 Tuttavia, occorre una presa di responsabilità comune e una più decisa volontà politica per riuscire a vincere su questo fronte. Responsabilità verso quanti sono caduti vittime della tratta, per tutelarne i diritti, per assicurare l’incolumità loro e dei familiari, per impedire che i corrotti e i criminali si sottraggano alla giustizia ed abbiano l’ultima parola sulle persone. Un adeguato intervento legislativo nei Paesi di provenienza, nei Paesi di transito e nei Paesi di arrivo, anche in ordine a facilitare la regolarità delle migrazioni, può ridurre il problema. I governi e la comunità internazionale, cui spetta in primo luogo di prevenire e di impedire tale fenomeno, non hanno mancato di prendere misure a vari livelli per bloccarlo e per proteggere e assistere le vittime di questo crimine, non di rado collegato al commercio delle droghe, delle armi, al trasporto di migranti irregolari, alla mafia. Purtroppo, non possiamo negare che talvolta ne sono stati contagiati anche operatori pubblici e membri di contingenti impegnati in missioni di pace. Ma per ottenere buoni risultati occorre che l’azione di contrasto incida anche a livello culturale e della comunicazione. E su questo piano c’è bisogno di un profondo esame di coscienza: quante volte infatti tolleriamo che un essere umano venga considerato come un oggetto, esposto per vendere un prodotto o per soddisfare desideri immorali ? La persona umana non si dovrebbe mai vendere e comprare come una merce. Chi la usa e la sfrutta, anche indirettamente, si rende complice di questa sopraffazione. Ho voluto condividere con voi queste riflessioni su una piaga sociale dei nostri tempi, perché credo nel valore e nella forza di un impegno concertato per combatterla. Esorto pertanto la comunità internazionale a rendere ancora più concorde ed efficace la strategia contro la tratta delle persone, perché, in ogni parte del mondo, gli uomini e le donne non siano mai usati come mezzi, ma vengano sempre rispettati nella loro inviolabile dignità. 14 Parole di papa Francesco in occasione della cerimonia per la firma della dichiarazione contro la schiavitù da parte dei leader religiosi (2 dicembre 2014). Signore e Signori, ringrazio tutti i leader religiosi qui riuniti per il loro impegno in favore dei sopravvissuti alla tratta delle persone, e tutti i presenti per l’intensa partecipazione a questo atto di fraternità, specialmente verso i più sofferenti fra i nostri fratelli. Ispirati dalle nostre confessioni di fede, oggi ci siamo riuniti per un’iniziativa storica e un’azione concreta: dichiarare che lavoreremo insieme per sradicare il terribile flagello della schiavitù moderna in tutte le sue forme. Lo sfruttamento fisico, economico, sessuale e psicologico di uomini e donne, bambini e bambine attualmente incatena decine di milioni di persone alla disumanità e all’umiliazione. Ogni essere umano – uomo, donna, bambino, bambina – è immagine di Dio; Dio è amore e libertà, che si dona nelle relazioni interpersonali; quindi ogni essere umano è una persona libera, destinata a esistere per il bene degli altri, in uguaglianza e fraternità. Ogni persona e tutte le persone sono uguali e si deve riconoscere loro la stessa libertà e la stessa dignità. Qualsiasi relazione discriminante che non rispetta la convinzione fondamentale che l’altro è come me stesso costituisce un delitto, e tante volte un delitto aberrante. Per questo dichiariamo in nome di tutti e di ognuno dei nostro credo che la schiavitù moderna – in forma di tratta delle persone, lavoro forzato, prostituzione, traffico di organi – è un crimine di “lesa umanità”. Le sue vittime sono di ogni condizione, ma il più delle volte si riscontrano tra i più poveri e i più vulnerabili dei nostri fratelli e sorelle. A nome di costoro, che stanno chiamando all’azione le nostre comunità, e che senza eccezione respingano completamente tutte le privazioni sistematiche della libertà individuale con fine di sfruttamento personale e commerciale, a nome di costoro facciamo questa dichiarazione. Malgrado i grandi sforzi di molti, la schiavitù moderna continua ad essere un flagello atroce che è presente, su larga scala, in tutto il mondo, persino come turismo. Questo crimine di “lesa umanità” si maschera dietro apparenti abitudini accettate, ma in realtà fa le 15 sue vittime nella prostituzione, nella tratta delle persone, il lavoro forzato, il lavoro schiavo, la mutilazione, la vendita di organi, il consumo di droga, il lavoro dei bambini. Si nasconde dietro porte chiuse, in luoghi particolari, nelle strade, nelle automobili, nelle fabbriche, nelle campagne, nei pescherecci e in molte altre parti. E questo succede sia nelle città che nei villaggi, nei centri di accoglienza delle nazioni più ricche e di quelle più povere del mondo. E la cosa peggiore è che questa situazione, disgraziatamente, si aggrava ogni giorno di più. Chiamiamo all’azione tutte le persone di fede, i leader, i governi, le imprese, tutti gli uomini e le donne di buona volontà, affinché diano il loro forte appoggio e si aggiungano al movimento contro la schiavitù moderna, in tutte le sue forme. Sostenuto dagli ideali della nostra confessione di fede e dai nostri valori umani condivisi, tutti possiamo e dobbiamo innalzare lo stendardo dei valori spirituali, gli sforzi comuni, la visione liberatrice così da sradicare la schiavitù dal nostro pianeta. Chiedo al Signore che ci conceda oggi la grazia di convertire noi stessi nel prossimo di ogni persona, senza eccezioni, offrendo aiuto attivamente e sempre a coloro che incontriamo sulla nostra strada - si tratti di un anziano abbandonato da tutti, di un lavoratore ingiustamente schiavizzato e disprezzato, di una rifugiata o di un rifugiato catturati dai lacci della malavita, di un giovane o di una giovane che cammina per le strade del mondo vittima del commercio sessuale, di un uomo o di una donna indotti alla prostituzione con l’inganno da gente senza timore di Dio, di un bambino o di una bambina mutilati degli organi - e che richiamano la nostra coscienza, facendo eco alla voce del Signore: Vi dico che ogni volta che l’hanno fatto a uno dei miei fratelli, lo hanno fatto a me. Cari amici, grazie per questa riunione. Grazie per questa impegno trasversale, che ci impegna a tutti. Tutti siamo riflesso dell’immagine di Dio e siamo convinti che non possiamo tollerare che l’immagine del Dio vivo sia soggetta alla tratta più aberrante. Molte grazie ! 16 MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA CELEBRAZIONE DELLA XLVIII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 1° GENNAIO 2015 NON PIÚ SCHIAVI, MA FRATELLI 1. All’inizio di un nuovo anno, che accogliamo come una grazia e un dono di Dio all’umanità, desidero rivolgere, ad ogni uomo e donna, così come ad ogni popolo e nazione del mondo, ai capi di Stato e di Governo e ai responsabili delle diverse religioni, i miei fervidi auguri di pace, che accompagno con la mia preghiera affinché cessino le guerre, i conflitti e le tante sofferenze provocate sia dalla mano dell’uomo sia da vecchie e nuove epidemie e dagli effetti devastanti delle calamità naturali. Prego in modo particolare perché, rispondendo alla nostra comune vocazione di collaborare con Dio e con tutti gli uomini di buona volontà per la promozione della concordia e della pace nel mondo, sappiamo resistere alla tentazione di comportarci in modo non degno della nostra umanità. Nel messaggio per il 1° gennaio scorso, avevo osservato che al «desiderio di una vita piena … appartiene un anelito insopprimibile alla fraternità, che sospinge verso la comunione con gli altri, nei quali troviamo non nemici o concorrenti, ma fratelli da accogliere ed abbracciare».[1] Essendo l’uomo un essere relazionale, destinato a realizzarsi nel contesto di rapporti interpersonali ispirati a giustizia e carità, è fondamentale per il suo sviluppo che siano riconosciute e rispettate la sua dignità, libertà e autonomia. Purtroppo, la sempre diffusa piaga dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo ferisce gravemente la vita di comunione e la vocazione a tessere relazioni interpersonali improntate a rispetto, giustizia e carità. Tale abominevole fenomeno, che conduce a calpestare i diritti fondamentali dell’altro e ad annientarne la libertà e dignità, assume molteplici forme sulle quali desidero brevemente riflettere, affinché, alla luce della Parola di Dio, possiamo considerare tutti gli uomini “non più schiavi, ma fratelli”. In ascolto del progetto di Dio sull’umanità 2. Il tema che ho scelto per il presente messaggio richiama la lettera di san Paolo a Filemone, nella quale l’Apostolo chiede al suo collaboratore di 17 accogliere Onesimo, già schiavo dello stesso Filemone e ora diventato cristiano e, quindi, secondo Paolo, meritevole di essere considerato un fratello. Così scrive l’Apostolo delle genti: «E’ stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo» (Fm 15-16). Onesimo è diventato fratello di Filemone diventando cristiano. Così la conversione a Cristo, l’inizio di una vita di discepolato in Cristo, costituisce una nuova nascita (cfr 2 Cor 5,17; 1 Pt 1,3) che rigenera la fraternità quale vincolo fondante della vita familiare e basamento della vita sociale. Nel Libro della Genesi (cfr 1,27-28) leggiamo che Dio creò l’uomo maschio e femmina e li benedisse, affinché crescessero e si moltiplicassero: Egli fece di Adamo ed Eva dei genitori, i quali, realizzando la benedizione di Dio di essere fecondi e moltiplicarsi, generarono la prima fraternità, quella di Caino e Abele. Caino e Abele sono fratelli, perché provengono dallo stesso grembo, e perciò hanno la stessa origine, natura e dignità dei loro genitori creati ad immagine e somiglianza di Dio. Ma la fraternità esprime anche la molteplicità e la differenza che esiste tra i fratelli, pur legati per nascita e aventi la stessa natura e la stessa dignità. In quanto fratelli e sorelle, quindi, tutte le persone sono per natura in relazione con le altre, dalle quali si differenziano ma con cui condividono la stessa origine, natura e dignità. E’ in forza di ciò che la fraternità costituisce la rete di relazioni fondamentali per la costruzione della famiglia umana creata da Dio. Purtroppo, tra la prima creazione narrata nel Libro della Genesi e la nuova nascita in Cristo, che rende i credenti fratelli e sorelle del «primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29), vi è la realtà negativa del peccato, che più volte interrompe la fraternità creaturale e continuamente deforma la bellezza e la nobiltà dell’essere fratelli e sorelle della stessa famiglia umana. Non soltanto Caino non sopporta suo fratello Abele, ma lo uccide per invidia commettendo il primo fratricidio. «L’uccisione di Abele da parte di Caino attesta tragicamente il rigetto radicale della vocazione ad essere fratelli. La loro vicenda (cfr Gen 4,1-16) evidenzia il difficile compito a cui tutti gli uomini sono chiamati, di vivere uniti, prendendosi cura l’uno dell’altro».[2] Anche nella storia della famiglia di Noè e dei suoi figli (cfr Gen 9,1827), è l’empietà di Cam nei confronti del padre Noè che spinge 18 quest’ultimo a maledire il figlio irriverente e a benedire gli altri, quelli che lo avevano onorato, dando luogo così a una disuguaglianza tra fratelli nati dallo stesso grembo. Nel racconto delle origini della famiglia umana, il peccato di allontanamento da Dio, dalla figura del padre e dal fratello diventa un’espressione del rifiuto della comunione e si traduce nella cultura dell’asservimento (cfr Gen 9,25-27), con le conseguenze che ciò implica e che si protraggono di generazione in generazione: rifiuto dell’altro, maltrattamento delle persone, violazione della dignità e dei diritti fondamentali, istituzionalizzazione di diseguaglianze. Di qui, la necessità di una conversione continua all’Alleanza, compiuta dall’oblazione di Cristo sulla croce, fiduciosi che «dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia … per mezzo di Gesù Cristo» (Rm 5,20.21). Egli, il Figlio amato (cfr Mt 3,17), è venuto per rivelare l’amore del Padre per l’umanità. Chiunque ascolta il Vangelo e risponde all’appello alla conversione diventa per Gesù «fratello, sorella e madre» (Mt 12,50), e pertanto figlio adottivo di suo Padre (cfr Ef 1,5). Non si diventa però cristiani, figli del Padre e fratelli in Cristo, per una disposizione divina autoritativa, senza l’esercizio della libertà personale, cioè senza convertirsi liberamente a Cristo. L’essere figlio di Dio segue l’imperativo della conversione: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo» (At 2,38). Tutti quelli che hanno risposto con la fede e la vita a questa predicazione di Pietro sono entrati nella fraternità della prima comunità cristiana (cfr 1 Pt 2,17; At 1,15.16; 6,3; 15,23): ebrei ed ellenisti, schiavi e uomini liberi (cfr 1 Cor 12,13; Gal 3,28), la cui diversità di origine e stato sociale non sminuisce la dignità di ciascuno né esclude alcuno dall’appartenenza al popolo di Dio. La comunità cristiana è quindi il luogo della comunione vissuta nell’amore tra i fratelli (cfr Rm 12,10; 1 Ts 4,9; Eb 13,1; 1 Pt 1,22; 2 Pt 1,7). Tutto ciò dimostra come la Buona Novella di Gesù Cristo, mediante il quale Dio fa «nuove tutte le cose» (Ap 21,5)[3], sia anche capace di redimere le relazioni tra gli uomini, compresa quella tra uno schiavo e il suo padrone, mettendo in luce ciò che entrambi hanno in comune: la filiazione adottiva e il vincolo di fraternità in Cristo. Gesù stesso disse ai suoi discepoli: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che 19 fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15). I molteplici volti della schiavitù ieri e oggi 3. Fin da tempi immemorabili, le diverse società umane conoscono il fenomeno dell’asservimento dell’uomo da parte dell’uomo. Ci sono state epoche nella storia dell’umanità in cui l’istituto della schiavitù era generalmente accettato e regolato dal diritto. Questo stabiliva chi nasceva libero e chi, invece, nasceva schiavo, nonché in quali condizioni la persona, nata libera, poteva perdere la propria libertà, o riacquistarla. In altri termini, il diritto stesso ammetteva che alcune persone potevano o dovevano essere considerate proprietà di un’altra persona, la quale poteva liberamente disporre di esse; lo schiavo poteva essere venduto e comprato, ceduto e acquistato come se fosse una merce. Oggi, a seguito di un’evoluzione positiva della coscienza dell’umanità, la schiavitù, reato di lesa umanità,[4] è stata formalmente abolita nel mondo. Il diritto di ogni persona a non essere tenuta in stato di schiavitù o servitù è stato riconosciuto nel diritto internazionale come norma inderogabile. Eppure, malgrado la comunità internazionale abbia adottato numerosi accordi al fine di porre un termine alla schiavitù in tutte le sue forme e avviato diverse strategie per combattere questo fenomeno, ancora oggi milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù. Penso a tanti lavoratori e lavoratrici, anche minori, asserviti nei diversi settori, a livello formale e informale, dal lavoro domestico a quello agricolo, da quello nell’industria manifatturiera a quello minerario, tanto nei Paesi in cui la legislazione del lavoro non è conforme alle norme e agli standard minimi internazionali, quanto, sia pure illegalmente, in quelli la cui legislazione tutela il lavoratore. Penso anche alle condizioni di vita di molti migranti che, nel loro drammatico tragitto, soffrono la fame, vengono privati della libertà, spogliati dei loro beni o abusati fisicamente e sessualmente. Penso a quelli tra di loro che, giunti a destinazione dopo un viaggio durissimo e dominato dalla paura e dall’insicurezza, sono detenuti in condizioni a volte disumane. Penso a quelli tra loro che le diverse 20 circostanze sociali, politiche ed economiche spingono alla clandestinità, e a quelli che, per rimanere nella legalità, accettano di vivere e lavorare in condizioni indegne, specie quando le legislazioni nazionali creano o consentono una dipendenza strutturale del lavoratore migrante rispetto al datore di lavoro, ad esempio condizionando la legalità del soggiorno al contratto di lavoro… Sì, penso al “lavoro schiavo”. Penso alle persone costrette a prostituirsi, tra cui ci sono molti minori, ed alle schiave e agli schiavi sessuali; alle donne forzate a sposarsi, a quelle vendute in vista del matrimonio o a quelle trasmesse in successione ad un familiare alla morte del marito senza che abbiano il diritto di dare o non dare il proprio consenso. Non posso non pensare a quanti, minori e adulti, sono fatti oggetto di traffico e di mercimonio per l’espianto di organi, per essere arruolati come soldati, per l’accattonaggio, per attività illegali come la produzione o vendita di stupefacenti, o per forme mascherate di adozione internazionale. Penso infine a tutti coloro che vengono rapiti e tenuti in cattività da gruppi terroristici, asserviti ai loro scopi come combattenti o, soprattutto per quanto riguarda le ragazze e le donne, come schiave sessuali. Tanti di loro spariscono, alcuni vengono venduti più volte, seviziati, mutilati, o uccisi. Alcune cause profonde della schiavitù 4. Oggi come ieri, alla radice della schiavitù si trova una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un oggetto. Quando il peccato corrompe il cuore dell’uomo e lo allontana dal suo Creatore e dai suoi simili, questi ultimi non sono più percepiti come esseri di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità, ma vengono visti come oggetti. La persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, con la forza, l’inganno o la costrizione fisica o psicologica viene privata della libertà, mercificata, ridotta a proprietà di qualcuno; viene trattata come un mezzo e non come un fine. Accanto a questa causa ontologica – rifiuto dell’umanità nell’altro –, altre cause concorrono a spiegare le forme contemporanee di schiavitù. Tra queste, penso anzitutto alla povertà, al sottosviluppo e all’esclusione, specialmente quando essi si combinano con il mancato accesso all’educazione o con una realtà caratterizzata da scarse, se non inesistenti, 21 opportunità di lavoro. Non di rado, le vittime di traffico e di asservimento sono persone che hanno cercato un modo per uscire da una condizione di povertà estrema, spesso credendo a false promesse di lavoro, e che invece sono cadute nelle mani delle reti criminali che gestiscono il traffico di esseri umani. Queste reti utilizzano abilmente le moderne tecnologie informatiche per adescare giovani e giovanissimi in ogni parte del mondo. Anche la corruzione di coloro che sono disposti a tutto per arricchirsi va annoverata tra le cause della schiavitù. Infatti, l’asservimento ed il traffico delle persone umane richiedono una complicità che spesso passa attraverso la corruzione degli intermediari, di alcuni membri delle forze dell’ordine o di altri attori statali o di istituzioni diverse, civili e militari. «Questo succede quando al centro di un sistema economico c’è il dio denaro e non l’uomo, la persona umana. Sì, al centro di ogni sistema sociale o economico deve esserci la persona, immagine di Dio, creata perché fosse il dominatore dell’universo. Quando la persona viene spostata e arriva il dio denaro si produce questo sconvolgimento di valori».[5] Altre cause della schiavitù sono i conflitti armati, le violenze, la criminalità e il terrorismo. Numerose persone vengono rapite per essere vendute, oppure arruolate come combattenti, oppure sfruttate sessualmente, mentre altre si trovano costrette a emigrare, lasciando tutto ciò che possiedono: terra, casa, proprietà, e anche i familiari. Queste ultime sono spinte a cercare un’alternativa a tali condizioni terribili anche a rischio della propria dignità e sopravvivenza, rischiando di entrare, in tal modo, in quel circolo vizioso che le rende preda della miseria, della corruzione e delle loro perniciose conseguenze. Un impegno comune per sconfiggere la schiavitù 5. Spesso, osservando il fenomeno della tratta delle persone, del traffico illegale dei migranti e di altri volti conosciuti e sconosciuti della schiavitù, si ha l’impressione che esso abbia luogo nell’indifferenza generale. Se questo è, purtroppo, in gran parte vero, vorrei ricordare l’enorme lavoro silenzioso che molte congregazioni religiose, specialmente femminili, portano avanti da tanti anni in favore delle vittime. Tali istituti operano in contesti difficili, dominati talvolta dalla violenza, cercando di spezzare le catene invisibili che tengono legate le vittime ai loro trafficanti e sfruttatori; catene le cui maglie sono fatte sia di sottili meccanismi 22 psicologici, che rendono le vittime dipendenti dai loro aguzzini, tramite il ricatto e la minaccia ad essi e ai loro cari, ma anche attraverso mezzi materiali, come la confisca dei documenti di identità e la violenza fisica. L’azione delle congregazioni religiose si articola principalmente intorno a tre opere: il soccorso alle vittime, la loro riabilitazione sotto il profilo psicologico e formativo e la loro reintegrazione nella società di destinazione o di origine. Questo immenso lavoro, che richiede coraggio, pazienza e perseveranza, merita apprezzamento da parte di tutta la Chiesa e della società. Ma esso da solo non può naturalmente bastare per porre un termine alla piaga dello sfruttamento della persona umana. Occorre anche un triplice impegno a livello istituzionale di prevenzione, di protezione delle vittime e di azione giudiziaria nei confronti dei responsabili. Inoltre, come le organizzazioni criminali utilizzano reti globali per raggiungere i loro scopi, così l’azione per sconfiggere questo fenomeno richiede uno sforzo comune e altrettanto globale da parte dei diversi attori che compongono la società. Gli Stati dovrebbero vigilare affinché le proprie legislazioni nazionali sulle migrazioni, sul lavoro, sulle adozioni, sulla delocalizzazione delle imprese e sulla commercializzazione di prodotti realizzati mediante lo sfruttamento del lavoro siano realmente rispettose della dignità della persona. Sono necessarie leggi giuste, incentrate sulla persona umana, che difendano i suoi diritti fondamentali e li ripristinino se violati, riabilitando chi è vittima e assicurandone l’incolumità, nonché meccanismi efficaci di controllo della corretta applicazione di tali norme, che non lascino spazio alla corruzione e all’impunità. E’ necessario anche che venga riconosciuto il ruolo della donna nella società, operando anche sul piano culturale e della comunicazione per ottenere i risultati sperati. Le organizzazioni intergovernative, conformemente al principio di sussidiarietà, sono chiamate ad attuare iniziative coordinate per combattere le reti transnazionali del crimine organizzato che gestiscono la tratta delle persone umane ed il traffico illegale dei migranti. Si rende necessaria una cooperazione a diversi livelli, che includa cioè le istituzioni nazionali ed internazionali, così come le organizzazioni della società civile ed il mondo imprenditoriale. Le imprese[6], infatti, hanno il dovere di garantire ai loro impiegati condizioni di lavoro dignitose e stipendi adeguati, ma anche di vigilare 23 affinché forme di asservimento o traffico di persone umane non abbiano luogo nelle catene di distribuzione. Alla responsabilità sociale dell’impresa si accompagna poi la responsabilità sociale del consumatore. Infatti, ciascuna persona dovrebbe avere la consapevolezza che «acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico».[7] Le organizzazioni della società civile, dal canto loro, hanno il compito di sensibilizzare e stimolare le coscienze sui passi necessari a contrastare e sradicare la cultura dell’asservimento. Negli ultimi anni, la Santa Sede, accogliendo il grido di dolore delle vittime della tratta e la voce delle congregazioni religiose che le accompagnano verso la liberazione, ha moltiplicato gli appelli alla comunità internazionale affinché i diversi attori uniscano gli sforzi e cooperino per porre termine a questa piaga.[8] Inoltre, sono stati organizzati alcuni incontri allo scopo di dare visibilità al fenomeno della tratta delle persone e di agevolare la collaborazione tra diversi attori, tra cui esperti del mondo accademico e delle organizzazioni internazionali, forze dell’ordine di diversi Paesi di provenienza, di transito e di destinazione dei migranti, e rappresentanti dei gruppi ecclesiali impegnati in favore delle vittime. Mi auguro che questo impegno continui e si rafforzi nei prossimi anni. Globalizzare la fraternità, non la schiavitù né l’indifferenza 6. Nella sua opera di «annuncio della verità dell’amore di Cristo nella società»[9], la Chiesa si impegna costantemente nelle azioni di carattere caritativo a partire dalla verità sull’uomo. Essa ha il compito di mostrare a tutti il cammino verso la conversione, che induca a cambiare lo sguardo verso il prossimo, a riconoscere nell’altro, chiunque sia, un fratello e una sorella in umanità, a riconoscerne la dignità intrinseca nella verità e nella libertà, come ci illustra la storia di Giuseppina Bakhita, la santa originaria della regione del Darfur in Sudan, rapita da trafficanti di schiavi e venduta a padroni feroci fin dall’età di nove anni, e diventata poi, attraverso dolorose vicende, “libera figlia di Dio” mediante la fede vissuta nella consacrazione religiosa e nel servizio agli altri, specialmente i piccoli e i deboli. Questa Santa, vissuta fra il XIX e il XX secolo, è anche oggi testimone esemplare di speranza[10] per le numerose vittime della schiavitù e può sostenere gli sforzi di tutti coloro che si dedicano alla lotta 24 contro questa «piaga nel corpo dell’umanità contemporanea, una piaga nella carne di Cristo».[11] In questa prospettiva, desidero invitare ciascuno, nel proprio ruolo e nelle proprie responsabilità particolari, a operare gesti di fraternità nei confronti di coloro che sono tenuti in stato di asservimento. Chiediamoci come noi, in quanto comunità o in quanto singoli, ci sentiamo interpellati quando, nella quotidianità, incontriamo o abbiamo a che fare con persone che potrebbero essere vittime del traffico di esseri umani, o quando dobbiamo scegliere se acquistare prodotti che potrebbero ragionevolmente essere stati realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone. Alcuni di noi, per indifferenza, o perché distratti dalle preoccupazioni quotidiane, o per ragioni economiche, chiudono un occhio. Altri, invece, scelgono di fare qualcosa di positivo, di impegnarsi nelle associazioni della società civile o di compiere piccoli gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto valore! – come rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza, aprire strade, cambiare la vita ad una persona che vive nell’invisibilità, e anche cambiare la nostra vita nel confronto con questa realtà. Dobbiamo riconoscere che siamo di fronte ad un fenomeno mondiale che supera le competenze di una sola comunità o nazione. Per sconfiggerlo, occorre una mobilitazione di dimensioni comparabili a quelle del fenomeno stesso. Per questo motivo lancio un pressante appello a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, e a tutti coloro che, da vicino o da lontano, anche ai più alti livelli delle istituzioni, sono testimoni della piaga della schiavitù contemporanea, di non rendersi complici di questo male, di non voltare lo sguardo di fronte alle sofferenze dei loro fratelli e sorelle in umanità, privati della libertà e della dignità, ma di avere il coraggio di toccare la carne sofferente di Cristo[12], che si rende visibile attraverso i volti innumerevoli di coloro che Egli stesso chiama «questi miei fratelli più piccoli» (Mt 25,40.45). Sappiamo che Dio chiederà a ciascuno di noi: “Che cosa hai fatto del tuo fratello?” (cfr Gen 4,9-10). La globalizzazione dell’indifferenza, che oggi pesa sulle vite di tante sorelle e di tanti fratelli, chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità, che possa ridare loro la speranza e far loro riprendere con coraggio il cammino attraverso i problemi del nostro tempo e le prospettive nuove che esso porta con sé e che Dio pone nelle nostre mani. 25 Dal Vaticano, 8 dicembre 2014 FRANCISCUS [1] N. 1. [2] Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2014, 2. [3] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 11. [4] Cfr Discorso alla Delegazione internazionale dell’Associazione di Diritto Penale, 23 ottobre 2014: L’Osservatore Romano, 24 ottobre 2014, p. 4. [5] Discorso ai partecipanti all’Incontro mondiale dei Movimenti popolari, 28 ottobre 2014: L’Osservatore Romano, 29 ottobre 2014, p. 7. [6] Cfr Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, La vocazione del leader d’impresa. Una riflessione, Milano e Roma, 2013. [7] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 66. [8] Cfr Messaggio al Sig. Guy Ryder, Direttore Generale dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, in occasione della 103ª sessione della Conferenza dell’O.I.L., 22 maggio 2014: L’Osservatore Romano, 29 maggio 2014, p. 7. [9] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 5. [10] «Mediante la conoscenza di questa speranza lei era “redenta”, non si sentiva più schiava, ma libera figlia di Dio. Capiva ciò che Paolo intendeva quando ricordava agli Efesini che prima erano senza speranza e senza Dio nel mondo – senza speranza perché senza Dio» (Benedetto XVI, Lett.enc. Spe salvi, 3). [11] Discorso ai partecipanti alla II Conferenza Internazionale Combating Human Trafficking: Church and Law Enforcement in partnership, 10 aprile 2014: L’Osservatore Romano, 11 aprile 2014, p. 7; cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 270. 26 Dall’omelia pronunciata da Renato Corti – Vescovo di Novara, in occasione della festività di San Gaudenzio, patrono della città (22 gennaio 2000). Di forme di schiavitù ve ne sono alcune antiche e altre moderne. Vi sono nazioni nelle quali, in questo momento, i missionari ricomprano – letteralmente – degli schiavi. Se ne è vista qualche fotografia sui giornali in queste settimane. Pure da noi la schiavitù non manca. Penso a quella di chi entra nel circolo della malavita; penso alla schiavitù della droga; penso alla prostituzione, e in particolare a quella che avviluppa donne straniere venute in Italia con la speranza di una vita dignitosa. A riguardo di quest’ultimo capitolo, una religiosa missionaria ha detto che simbolo di ogni schiavitù rimane sempre la catena. E come la catena è formata da molti anelli, così è la catena di queste nuove schiave. Gli anelli sono le vittime e la loro povertà materiale; gli sfruttatori e i loro ingenti guadagni; i clienti e le loro frustrazioni e l’evasione dalle proprie responsabilità; la società con il suo permissivismo e la carenza di valori; forse, da qualche parte, la connivenza di qualche governo; il nostro silenzio e la nostra indifferenza. Da qualche anno esistono in Italia dei gruppi di volontariato che si occupano di questa emergenza umana, che esige di essere trattata con grande saggezza e delicatezza. Anche a Novara emerge una sensibilità nei confronti di questo problema. Ne dovrebbe nascere un progetto sociopastorale il cui obiettivo fondamentale è quello di creare le condizioni di base perché le donne travolte da questa forma di schiavitù possano trovare libertà e dignità. Ringraziando Dio, per qualche ragazza già si stanno spezzando le catene. (dal settimanale diocesano “L’Azione” del 28 gennaio 2000) 27 Dal “discorso alla città” pronunciato da Franco Giulio Brambilla – Vescovo di Novara - in occasione della festività di San Gaudenzio, patrono della città (22 gennaio 2015). Chiedo a tutti di far la propria parte e a ciascuno di aiutare a dare agli altri quanto vorrebbe che gli altri dessero a sé. La regola d’oro (“non fare agli altri ciò che non vuoi che gli altri facciano a te”) va rovesciata: bisogna stare nella città con una libertà che genera, consola, sostiene, aiuta, educa, fa crescere, sogna e opera per il domani. Solo con le piccole tessere di Ciascuno si costruisce il grande mosaico della città di tutti e per tutti (…). La Chiesa deve fare la sua parte: riportare le comunità cristiane a essere luoghi di fraternità, di accoglienza, di attenzione delle persone, di educazione dei giovani, di cura degli anziani, di formazione delle famiglie (…). Anche la società può fare la sua parte: ogni soggetto sociale è chiamato a una profonda revisione dei suoi stili di vita, a superare lo sperpero economico, a vincere i particolarismi, a immaginare la sua opera per costruire il poliedro della città e il caleidoscopio delle identità. Una città solidale non distribuisce solo risorse, non mette in circolo soltanto beni, non si prende cura solamente degli anziani, ma crea lavoro, combatte la corruzione, evita le raccomandazioni, disinnesca la violenza nelle famiglie e tra i gruppi, cura la convivenza civile, promuove la cultura, il senso del bello e uno sviluppo sostenibile. Non di solo pane vive l’uomo, ma vive di una parola umana che consola e trasmette un pensare positivo, presta credito a quell’anima della città e al senso trascendente della vita che esce dalla bocca del Signore come acqua zampillante. Novara ha certamente un’anima, ma ha bisogno di risvegliarla dal suo torpore. 28
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