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Lettera
Cari ragazzi,
perché ricordare la vicenda di Giorgio Perlasca ? sono passati 65 anni, tutto sommato, e la
Shoah è un fatto lontano nel tempo!
Un primo motivo lo da lui direttamente con una risposta a Giovanni Minoli che lo
intervistò nel 1990 per la trasmissione televisiva Mixer. “Vorrei – disse – che i giovani
s’interessassero a questa mia storia unicamente per pensare, oltre quello che è successo, a
quello che potrebbe succedere e sapere opporsi, se del caso, a violenze del genere”.
Giorgio Perlasca fu testimone diretto della Shoah, della persecuzione verso gli ebrei in
Ungheria ove a fine del 1944 inventandosi un ruolo non suo, quello di Console spagnolo,
lui che non era né diplomatico né spagnolo, riuscì a salvare dallo sterminio oltre 5200
ungheresi di religione ebraica oltre a contribuire in maniera decisiva a salvare dalla
distruzione il ghetto della capitale ove erano rinchiuse a morire di fame e di freddo oltre
60.000 persone.
Tornato in Italia la sua storia non la racconta a nessuno, nemmeno in famiglia, e se non
fosse stato per alcune donne ebree ungheresi che lo ritrovarono a fine anni ‘80 la sua
storia sarebbe andata dispersa. Ma il destino decise diversamente.
Perché non raccontò nulla e perché chi sapeva (e non erano pochi) tacque?
I motivi, interessanti da approfondire, sono da una parte “politici” legati alla situazione
dell’Italia negli anni del primo dopoguerra. Per Giorgio Perlasca, invece, sono diversi e
possono essere riassunti e spiegati con un racconto della tradizione ebraica che da il vestito
su misura ai Giusti: “esistono sempre al mondo 36 Giusti, nessuno sa chi sono e nemmeno
loro sanno d’esserlo ma quando il male sembra prevalere escono allo scoperto e si
prendono i destini del mondo sulle loro spalle e questo è uno dei motivi per cui Dio non
distrugge il mondo”.
Dopo tornano tranquillamente alla vita normale, quotidiana di tutti i giorni dimenticando
quasi quanto fatto perché ritengono, senza retorica, d’aver fatto solo il proprio dovere di
uomini, nulla di più e nulla di meno e che qualsiasi persona in quelle circostanze si sarebbe
dovuta comportare, con maggior o minor fortuna, nella stessa maniera.
Yad Vashem, l’istituto israeliano che concede il titolo di “Giusto fra le nazioni” pone due
condizioni: la prima aver salvato la vita di almeno un ebreo, la seconda che la storia non
può essere raccontata dalla persona interessata ma da persone terze, essenzialmente i
salvati.
Un Giusto, in sostanza è un eroe con un grande valore aggiunto: la capacità, voglia e umiltà
nel senso più alto del termine di dimenticare quanto di buono fatto.
E Giorgio Perlasca è un Giusto. In Italia e non solo – vuoi per la straordinarietà della sua
vicenda, per il numero di persone salvate, vuoi per il successo mediatico della fiction con
Luca Zingaretti, è diventato il Giusto per antonomasia.
A chi gli chiedeva perché lo aveva fatto quando poteva tranquillamente andare in Svizzera
e lì attendere la fine della guerra, rispondeva con disarmante semplicità “ ma lei cosa
avrebbe fatto al mio posto vedendo persone innocenti massacrate senza motivo. .”.
Un altro giornalista volle suggerirgli anche la risposta (l’ha fatto perché cristiano e
credente?) e ne ricevette una immediata e secca: “no, perché sono un uomo!”. Intendendo
con ciò che alcuni valori sono patrimonio comune di tutti, al di la delle religioni
d’appartenenza.
Era una persona normalissima che si trovava in Ungheria per motivi di lavoro eppure
quando vide le sofferenze altrui non si voltò dall’altra parte per non vedere e seppe dire
NO anche a rischio della propria vita. La sua storia insegna che qualsiasi di noi qualcosa
può sempre fare per opporsi al male.
Spero che queste poche righe possano aver suscitato in voi la curiosità di capire e
comprendere meglio la storia di Giorgio Perlasca, i suoi 45 anni di silenzio, il perché chi
sapeva tacque e soprattutto chi era umanamente Giorgio Perlasca.
Franco Perlasca