r Quotidiano d’informazione indipendente Direttore Mimmo Porpiglia Quotidiano fondato nel 1999 anno XVi domenica 1 marZo 2015 N* 33 www.genteditalia.com ed iz ion e s u d a m eri ca usd 1,25 - euro 1,00 - urY 30 pesos Direzione, Amministrazione Porps International Inc. - La Gente d’Italia Cronache degli italiani dal mondo - Trademark n° 75/829279 IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI IN VISITA ALLA REDAZIONE DI GENTE D’ITALIA GIRO:“Uruguay, non c’è solo Garibaldi c’è anche il futuro…” A rriva puntualissimo, il sottosegretario Mario Giro, insieme con il capo della sua segreteria, Luis Cavalieri il nostro ambasciatore Vincenzo Palladino. "Ispeziona"la redazione, si ferma colpito dalle prime pagine del giornale immortalate in grandi quadri appesi alle pareti, chiede notizie sui giornalisti e collaboratori, si affaccia al balcone a mirare la spiaggia brulicante di bagnanti, poi chiede un bicchier d'acqua e dice:"Sono pronto....Ma ricordate che alle 18 devo essere alla Casa degli Italiani....." Appartiene alla Comunità di Sant’Egidio, Mario Giro. E ci tiene a ricordarlo. "Per molti anni mi sono occupato di poveri, di Africa, di cooperazione allo sviluppo e di pace, in particolare di mediazioni per risolvere i conflitti nel mondo..." dice al suo arrivo alla redazione di Gente d'Italia. Omettendo, perché dato per scontato, che dal 3 maggio 2013, nominato dal governo Letta Sottosegretario agli Affari Esteri con delega all’America Latina e Centrale, all’Africa australe della SADC, alla promozione della lingua e cultura italiana, é stato riconfermato il 28 febbraio 2014 dal governo Renzi, mantenendo la competenza in materia di relazioni con l’America Latina e Centrale e la promozione culturale e linguistica. Sono state aggiunte anche le deleghe agli italiani all’estero ed ai rapporti con il Canada. servizio a pag.4 le storie ANTONIO STUTO, da Latina a Tacuarembó LA RELAZIONE ANNUALE DEI SERVIZI SEGRETI ITALIANI TERRORISMO, Isis, Expo, Brigatismo: Italia sotto attacco di matteo forciniti 'L'ora del Rosario" per il nuovo Fiorello di franco esposito Ritorno a sorpresa, inatteso. E dal vivo. Centocinquanta minuti sulla scena, una piacevole novità. Nel senso che nessuno pensava ad un ritorno così, dopo le dichiarazione di abbandono definitivo delle apparizioni al vivo, in conseguenza di quello strano incidente stradale. “L’ora del Rosario” è il titolo dello spettacolo che Rosario Fiorello, proprio lui, ha presentato in prima nazionale a Novara. Spettatori pazzi di gioia, presi e conquistati dalla comicità esilarante e dall’umorismo del comico. Il pubblico viene sistematicamente coinvolto da battute, smorfie, invenzioni, improvvisazioni, e sullo sfondo le piccole cose della vita. Uno spettacolo senza tregua, un filare via che è piacere e appagamento partecipativo. segue a pag. 2 Il premier: “Martedì in Cdm anche il piano per la banda ultralarga E' l'altrui debolezza la vera forza di Renzi 2 primo piano DOMENICA 1 MARZO 2015 SALVINI A ROMA, ieri il V-day del fronte anti-Renzi CasaPound lancia l'altro Matteo:"E'il leader, vinceremo “Da Roma parte la sfida per conquistare il Paese". Così Salvini commenta la manifestazione di ieri a Piazza del Popolo. E cala proprio dal Pincio la marcia silenziosa dei camerati sotto i vessilli di CasaPound. Un fiume di teste rasate, che sventolano la tartaruga nera. Piazza del popolo è avvolta dalla nebbia verde dei fumogeni leghisti. Piazza piena, non pienissima, “strepitosa, 100 mila persone”, dicono gli organizzatori. Venti, forse trenta mila. Piazza che intona, con ritmo: “Renzi, Renzi, vaffa….o”. Nasce a Roma la nuova destra. Il “fronte” nazionale italiano anti-Renzi. Simone di Stefano di Casa Pound urla dal palco: “Oggi nasce un fronte comune con un leader, Matteo Salvini, e arriveremo alla vittoria”. Destra vera, destra incazzata, linguaggio d’antan. Giorgia Meloni, pasionaria arringa mettendo a rischio le corde vocali: “Basta tasse, che sono bellissime solo quando le pagano gli altri. E basta immigrati, noi italiani non possiamo essere discriminati a casa nostra. Prima gli italiani. Questi sono i temi del fronte anti-Renzi. L’unico Nazareno che riconosciamo è Gesù”. Musica assordante per cuori forti, Carmina Burana, che pare un rullo di tamburi, usata già per scaldare i raduni sull’umido prato di Pontida. Matteo Salvini non sta fermo un attimo, gira sul palco con l’I-Pad, filma la folla, stringe mani, camicia bianca e maglietta “Sto con Stacchio”. “Matteo”, “Matteo”, si gode la giornata in cui la sua leadership è già un culto. Panino e birretta con i giovani e la new entry Barbara Saltamartini da Giolitti (la Saltamartini sul palco starà accanto a Zaia e Maroni), poi la piazza. I maxischermi mandano le sue interviste, come se fosse il Vangelo. E poi, “Matteo, facciamoci un selfie”, “Matteo, fatti baciare”. Il Vangelo secondo Matteo è fatto soprattutto di vaffa. Ci gioca, ogni qual e non si capisce cosa voglia dire. Fiorello tratta anche l’argomento hooligans. Proprio loro, gli olandesi violenti e beceri che hanno seguito la squadra del Feyenoord a Roma, mettendo a soqquadro il centro della città e sfasciando monumenti e vetrine dei negozi. Uno scempio, davvero qualcosa di schifoso. “Andrei in Olanda a deturpargli i monumenti, ma non me hanno”, li frusta con la parola Fiorello, che non dimentica l’Isis. Toccata e fuga, due frasi e via. “Vogliamo sconfiggerla? Alleiamoci, perdono si sicuro”. Momenti di alta ironia, il pubblico mostra di apprezzare e gradire. Fiorello fa centro. I titoli dei giornali scomodano l’iperbole per definire il ritorno dal vivo di Fiorello. Uno tsunami, un uragano, un ciclone, come lo definiscono tre titoli che appaiono sul maxi schermo. “Mi sa tanto che sono una tragedia ambulante”. Il comico non salva nessuno, non risparmia nessuno. Ce n’è per tutti, anche per Expo 2015. “Cantone per salvarlo si sta facendo in quattro”. Nel mirino umoristico anche riflessioni sul linguaggio dei giovani. “a loro basta dire tanta roba e spacca”. E i giochi di parole, una specialità della casa. “Il papà di Tiziano Ferro è Tito Stagno, e la zia Asia Argento”. E tanta musica, bella musica, il maestro Enrico Camoranesi a fargli da spalla. Due duetti virtuali con Tony Renis, nella versione swing e inglese di “Quando quando quando”. Un filmato Rai di Studio 1 per il duetto con Mina, anch’esso virtuale, in “Baby it ‘s could out-side”. Fiorello si arrampica con classe e raggiunge la vetta più alta del suo umorismo nel momento in cui manifesta l’idea di ridimensionare le canzoni che parlano di insopportabili esagerazioni. “Ti amo” diventa “Ti stimo”, e via così: “All’alba pareggerò” e “Vorrei incontrarti tra tre giorni”. Geniale nella sua semplicità. Fiorello si riprende la scena a teatro, mentre in Italia impazzano voci e anticipazioni sull’attesa riforma dei teatri. Da un’idea dei ministri Bray e Franceschini, che il direttore del Mibact, Salvo Nastasi, sta seguendo con estrema attenzione. La riforma, in buona sostanza, riguarda anche gli spettatori. Sembra perciò destinata a dare uno scossone all’assetto del teatro in Italia, immobile da almeno 60 anni. L’idea punta a migliore spettacoli e servizi culturali. Sette teatri promossi Teatri Nazionali con pubbliche funzioni culturali sul territorio. È bastato l’annuncio per scatenare mugugni e polemiche. Soprattutto in riferimento alla nuova ripartizione dei finanziamenti elargiti in base a tre criteri: quantità, qualità indicizzata, qualità assegnata dalla commissione prosa in base ai programmi triennali presentati. Il Piccolo, primo nella lista dei Nazionali con il massimo punteggio di qualità, 30, si dice che dovrebbe mantenere il contributo di 3 milioni e 268mila euro. Altrettanto il Teatro di Roma, con 1,7 milioni. Laddove il programma pensato è di 2,4 milioni. Ancora voci, tutte da prendere con le molle. Genova grida intanto allo scandalo: risulta esclusa dalla lista dei sette nuovi Teatri volta nomina Renzi nel suo discorso: “Renzi è una pedina, il servo sciocco di chi, da Bruxelles vuole controllare e amministrare l’economia italiana”. “Renzi, Renzi, vaffa….o” intona la folla. Salvini insiste: “Attenti che quello mette la tassa sul vaffa al tre per cento più Iva”. Tocca pure alla Fornero: “Vaffa a lei e a chi ce l’ha messa”. È il V-day dei lepenisti italiani: insulti, linguaggio da trivio, autocompiacimento dell’insulto e del trivio. L’unico applauso vero al noioso intervento di Zaia è sul finale: “Torneremo in regione e gli faremo un culo così” (accompagnato dalla mimica delle mani). esposito - segue dalla prima Applausi e tutto esaurito. Sold out in tutti i teatri dove “L’ora del Rosario” verrà rappresentato. Pavia, Assisi, Trento, Gallipoli, Cremona, Bergamo, Montecatini, Chiavari. A Novara la prima tappa del tour inatteso, non pubblicizzato, per espresso desiderio del protagonista. Rosario Fiorello itinerante nei teatri di provincia, location non enormi. Una scelta anche questa a sorpresa: lui potrebbe tranquillamente riempire il Forum di Assago o il Palalottomatica di Roma. Il tour gli serve per ritrovare attorno a sé il calore fisico, gli applausi in diretta, le risate in diretta, dopo tanta radio. Il teatro Fraschini di Pavia, poi: la sede adatta per dare un tocco di nobiltà allo spettacolo. Fiorello ama la provincia, e non ha nascosto mai questa personale predilezione. Gli serve per attingere notizie, ritenendo i luoghi della provincia italiana una inesauribile fonte di documentazione. Gli autori del lavoro (Francesco Bozzi, Claudio Fois, Piero Guerrera, Pierluigi Montebelli, Federico Taddia) anticipano di qualche giorno la compagnia nelle cittadine scelte per l’esibizione di Fiorello. Leggono i giornali locali, si dedicano alla ricerca di spunti per battute spiazzanti per il pubblico: mai nessun cittadino pensa che un artista come Rosario Fiorello possa prendere di mira il sindaco o il lento procedere del posto. La vita di provincia trattata con ironia e umorismo. Il lavoro offre anche riferimenti all’attualità. Tipo l’astronauta italiana Cristoforetti che appare in video silente, ogni tanto, e non si sa Gruppo Editoriale Porps Inc. 7110 Fairway Drive apt. 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Il sindaco Doria chiede di conoscere i criteri della bocciatura e minaccia ricorsi. La delusione dovrebbe riguardare anche Roma: il Teatro Nazionale non potrà godere degli auspicati aumenti di contributi. Clamoroso a Napoli: sotto inchiesta per 30 assunzioni, il Teatro di Napoli diretto da Luca De Fusco riceverà finanziamenti triplicati. Partiva da 400mila euro, dovrebbe incassare 1,2 milioni. Nonostante abbia ricevuto la più bassa valutazione sulla qualità artistica. Buone notizie per Torino. Il teatro diretto da Mario Martone e Filippo Fonsatti pare debba salire da 1,8 a 2,2 milioni di euro. Grazie al numero di giornate lavorative. News positive in arrivo anche per il Teatro del Veneto, nato dalla fusione con Teatro Nuovo Verona, probabile destinatario di 1,5 in virtù di un progetto cosmopolita, e il Teatro di Toscana. Il privato Pergola più Fondazione Pontedera potrà contare su 1,6 milioni di euro. “Un inchino al presidente Renzi”, ironizza la concorrenza. Nessun inchino e niente agevolazioni, replica il presidente della Commissione Prosa, Luciano Argano. “I finanziamenti sono l’effetto del meccanismo di calcolo stabilito dal decreto. Complicato ma oggettivo”. I dati ufficiali si conosceranno il 3 marzo. Ma un numero è già possibile anticipare: secondo il Ministero, i teatri pubblici non saranno più di 16. COLLABORATORI: Mimmo Carratelli, Giusy Federici, Giacomo Di Amato, Marco Ferrari, Enzo Ghionni, Silvana Mangione, Franco Manzitti, Pietro Romano, Stefano Casini. distribuzione: diario la repuBlica( montevideo e sud america ) pubblicità ed abbonamenti: tariffe di abbonamento un anno usd $ 165,00 sei mesi usd $ 90,00 in europa euro 210,00 sostenitori un anno $ 5000,00 una copia usd $ 1,00 arretrati il doppio porps international “impresa beneficiaria, per questa testata, dei contributi di cui alla legge n. 250/90 e successive modifiche ed integrazioni” DOMENICA 1 MARZO 2015 primo piano 3 LA RELAZIONE ANNUALE DEI SERVIZI SEGRETI ITALIANI TERRORISMO, Isis, Expo, Brigatismo: Italia sotto attacco E’ alta l'attenzione dei Servizi riguardo la mobilitazione contro l'Expo a Milano, in particolare per la protesta che l'area antagonista sta organizzando per la giornata inaugurale della fiera il primo maggio ROMA E’ alta l'attenzione dei Servizi riguardo la mobilitazione contro l'Expo a Milano, in particolare per la protesta che l'area antagonista sta organizzando per la giornata inaugurale della fiera il primo maggio 2015. E' quanto si legge nella Relazione dell'Intelligence 'Sulla politica dell'informazione per la sicurezza relativa al 2014 e trasmessa al Parlamento, che sarà diffusa sul sito della Sicurezza nazionale. EXPO - "Il circuito antagonista lombardo che contesta l'esposizione come paradigma del nuovo modello di sfruttamento umano e dei territori - spiega la relazione del Dis al Parlamento - si è fatto promotore di una campagna di occupazioni specie nelle aree limitrofe dell'area espositiva, con l'obiettivo di disporre di punti strategici per la gestione della protesta". ISIS - "La minaccia del terrorismo internazionale interessa anche l'Italia, potenziale obiettivo di attacchi pure per la sua valenza simbolica di epicentro della cristianità evocata, di fatto, dai reiterati richiami alla conquista di Roma presenti nella propaganda jihadista"."Ad oggi si legge nel testo - non sono comunque emerse attività o pianificazioni ostili in territorio nazionale riconducibili allo Stato Islamico o ad altre formazioni del jihad globale". C'è quindi un "crescente rischio di attacchi" terroristici ad opera "di varie categorie". Tra queste ci sono anche donne - mogli, familiari o amiche - di combattenti "attratte dall'eroismo dei propri cari, specie se martiri". Il "rischio di infiltrazioni terroristiche nei flussi via mare" è una "ipotesi plausibile", si legge ancora nella Relazione dell'Intelligence. Un rischio che, si precisa però nel testo, "sulla base delle evidenze informative disponibili non ha sinora trovato concreto riscontro". "Si pongono tuttavia quale potenziale vettore di minaccia le rilevate collaborazioni e intese contin- genti in estese zone del Nord Africa e della regione sahelo-sahariana tra organizzazioni di trafficanti e gruppi armati di matrice islamista, favorite talora dai legami tribali o familiari esistenti tra componenti delle diverse formazioni. Sempre all'attenzione è poi l'eventualità - spiegano dal comparto dell'Intelligence - che circuiti radicali di ispirazione jihadista possano ricercare, a fini di proselitismo, spazi d'influenza nei Centri di immigrazione presenti sul territorio nazionale, esposti a ricorrenti situazioni di congestione e permeabili all'azione di sodalizi criminali interessati a favorire la fuga dei migranti". Non solo: i rischi di attacchi terroristici in Italia sono legati anche "dal fermento manifestato dalla diaspora turco-curda presente in Italia e, in particolare, dal segmento di simpatizzanti del PKK turco, per le incursioni delle milizie dell'IS nei territori curdi in Iraq e Siria". Brigatismo - Sono "ipotizzabili azioni dimostrative di modesto spessore" di stampo brigatista, "riconducibili a elementi determinati ad orientare politicamente le istanze più radicali della protesta, nonché a stimolare fenomeni emulativi e spinte aggregative nell'area di riferimento". "Le realtà oltranziste d'ispirazione brigatista, tuttora contrassegnate -rilevano i servizi di sicurezza nella Relazione al Parlamentoda esiguità numerica e frammentazione interna, hanno continuato ad impegnarsi su programmi di lungo termine, volti alla formazione di nuove forze rivoluzionarie, in linea con l'esperienza delle organizzazioni armate degli anni '70-'80". In questo senso, "specifico rilievo assumono i perduranti legami con gli "irriducibili" del circuito carcerario, tradizionali depositari dell'ortodossia ideologica. Alcuni di essi, convinti delle favorevoli opportunità offerte dalla difficile congiuntura economica, hanno elaborato documenti teorico-propagandistici che mirano a riproporre una lettura di classe - incentrata sulla storica contrapposizione tra lavoro e capitale - delle più significative manifestazioni di protesta sociale in atto. L'intento è di attualizzare la proposta rivoluzionaria, favorendo il passaggio delle lotte dal piano rivendicativo a quello di radicale sovvertimento del sistema costituito". Sul piano più propriamente?operativo, in prospettiva, "restano ipotizzabili azioni dimostrative di modesto spessore, riconducibili a elementi determinati ad orientare politicamente le istanze più radicali della protesta, nonché a stimolare fenomeni emulativi e spinte aggregative nell'area di riferimento". Nuova generazione di terroristi - Sono giovani, esperti di informatica ma con poca conoscenza della dottrina: i servizi segreti lanciano l'allarme sulla "nuova generazione di jihadisti" che si sta formando in Europa. L'Ue, scrivono gli 007, è "permeabile alle attività di proselitismo e reclutamento" e "si moltiplicano i segnali di cooptazione ideologica di aspiranti mujaheddin". Ed è in questo quadro che "è emersa la presenza di quella che potrebbe essere definita come una nuova generazione di jihadisti". Questa nuova leva di aspiranti combattenti, sottolineano i Servizi, è composta da soggetti "molto giovani, spesso con scarse conoscenze sul piano dottrinale ma ben informati sulla pubblicistica d'area e con ottime competenze informatiche". Accanto a questa nuova generazione, che si radicalizza grazie ai messaggi che circolano sul web, resiste la cosiddetta 'vecchia guardia' che continua nella sua opera di proselitismo. Si tratta di "imam estremisti stanziali o itineranti, latori di messaggi istigatori, se non veri e propri reclutatori". Sono questi ambienti "nei quali potrebbe ricrearsi un humus fertile per l'azione di sostegno logistico a estremisti, reduci, ex detenuti o militanti di movimenti messi al bando nei rispettivi paesi d'origine". Rischio emulazione - La "praticabilità di azioni terroristiche con gli strumenti offensivi più disparati", promossa dall'Isis rappresenta "di per sé un moltiplicatore del rischio, che accentua la possibilità di attivazioni e scie emulative da parte di soggetti più permeabili al messaggio radicale". Terrorismo 'social'- "In Europa, la minaccia terroristica di matrice jihadista, attestata negli ultimi anni su livelli significativi ma stabili, nel 2014 ha fatto registrare un trend crescente", culminato, nel gennaio scorso, nell'attentato di Parigi a Charlie Hebdo. Sono i Servizi di sicurezza, nella Relazione dell'Intelligence 'Sulla politica dell'informazione per la sicurezzà relativa al 2014 e trasmessa al Parlamento, a sottolineare che "gli eventi francesi valgono a ribadire i tratti, l'attualità e la concretezza di una minaccia" che "trova il profilo di maggiore insidiosità nell'estremismo homegrown, un'area di consenso verso il jihad violento che spesso riflette processi di radicalizzazione individuali ed 'invisibili'". "Nel contempo -rileva l'Intelligence- il rischio di nuovi attacchi in territorio europeo, e più in generale in Occidente, rimanda alle più recenti evoluzioni del quadro della minaccia, caratterizzato dalla progressiva affermazione di al Baghdadi e dalla connessa, rivitalizzata effervescenza del jihad globale". 4 esteri DOMENICA 1 MARZO 2015 IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI IN VISITA ALLA REDAZIONE DI GENTE D’ITALIA GIRO:“Uruguay, non c’è solo Garibaldi c’è anche il futuro…” ..... URUGUAY A rriva puntualissimo, il sottosegretario Mario Giro, insieme con il capo della sua segreteria, Luis Cavalieri e il nostro ambasciatore Vincenzo Palladino. "Ispeziona"la redazione, si ferma colpito dalle prime pagine del giornale immortalate in grandi quadri appesi alle pareti, chiede notizie sui giornalisti e collaboratori, si affaccia al balcone a mirare la spiaggia brulicante di bagnanti, poi chiede un bicchier d'acqua e dice:"Sono pronto....Ma ricordate che alle 18 devo essere alla Casa degli Italiani....." Appartiene alla Comunità di Sant’Egidio, Mario Giro. E ci tiene a ricordarlo. "Per molti anni mi sono occupato di poveri, di Africa, di cooperazione allo sviluppo e di pace, in particolare di mediazioni per risolvere i conflitti nel mondo..." dice al suo arrivo alla redazione di Gente d'Italia. Omettendo, perché dato per scontato, che dal 3 maggio 2013, nominato dal governo Letta Sottosegretario agli Affari Esteri con delega all’America Latina e Centrale, all’Africa australe della SADC, alla promozione della lingua e cultura italiana, é stato riconfermato il 28 febbraio 2014 dal governo Renzi, mantenendo la competenza in materia di relazioni con l’America Latina e Centrale e la promozione culturale e linguistica. Sono state aggiunte anche le deleghe agli italiani all’estero ed ai rapporti con il Canada. Dunque, onorevole sottosegretario Mario Giro, finalmente un politico del governo arriva in Uruguay, domani ( oggi per i lettori ) rappresenterá il nostro Paese all’insediamento del nuovo Presidente Tabaré Vasquez, che succede a Don Pepe Mujica molto apprezzato a livello internazionale… “Sí, è un personaggio molto amato, anche in Italia, perché ha saputo interpretare in modo del tutto originale il rapporto con la politica. Il suo stile è unico, ci ha dato a tutti noi una lezione su come poter diminuire le disuguaglianze nella società ed essere coerente con i principi. È stata, inoltre, una figura fondamentale nel panorama delle sinistre in America Latina… Che cosa si aspetta il governo italiano dal nuovo Presidente uruguayo Tabarè Vazquez? Da Tabaré Vázquez mi aspetto un rilancio, soprattutto a livello economico delle relazioni tra Italia e Uruguay. Naturalmente l’Uruguay è un paese con tre milioni di abitanti però è comparabile ad altri paesi perchè è un paese che cresce. E quindi cercheremo di entrare anche in Uruguay in alcuni settori con i nostri progetti: tenteremo di fare con l’Enel Green Power un primo passo, però non è sufficiente.... Certo, ma se l’Italia continua a ridurre la propria presenza – storicamente importante – in America Latina, come sta facendo, e proprio nel momento in cui la regione è invece tornata ad essere protagonista d e l l ’ e c o n o m i a mondiale…addio nuovi pro- getti... “Per molti, tanti anni l’America Latina è rimasta sullo sfondo dell’interesse italiano istituzionale. E'vero, ma dal governo Letta e poi col governo Renzi, questo è cambiato. Lo si vede soprattutto nelle visite istituzionali. Ma anche, e sottolineo, dall’interesse maggiore che le imprese italiane stanno avendo sempre di più per l’America Latina. Quindi io direi che siamo in una fase duplice: da una parte l’Italia ritorna, comincia a rientrare in America Latina, con le sue imprese e con le istituzioni. Dall’altra parte capisco il riferimento quando, mi rivolgete la domanda, l’Italia qui non è l’Italia, ma è lo Stato, continua la politica di spending review e questo significa la riduzione di strutture, Ambasciate, Consolati, Istituti di Cultura, e tutta quanta strutturazione all’estero… Però la nostra idea è quella di vedere se si riesce in minori risorse perché le risorse sono calate e continueranno a cala- re, a inventarci in maniera creativa e concreta nuovi strumenti pubblico privati di presenza. C’è l’esempio tedesco. Quando ho chiuso l’Istituto di Cultura di Wolfsburg, città storica della i direi che siamo in una fase duplice: da una parte l’italia ritorna, comincia a rientrare in america Latina, con le sue imprese e con le istituzioni. Volkswagen, ci siamo inventati una partnership con il comune e quindi adesso esiste ancora un Istituto italiano, non è più quello ufficiale, ma un istituto culturale italiano pagato dai tedeschi con il nostro personale. Quindi non ci sono più il sosten- tamento pubblico, l’intervento del pubblico come c’erano più; vale per i ministeri e vale per tutte le parti dell’amministrazione pubblica italiana anche all’estero. Abbiamo una grandissima rete consolare, più grande in comparazione a quella del resto dell’Europa, che hanno invece una rete delle Ambasciate più espansa. Io ho anche scritto che l’idea di inventare nuovi strumenti di presenza diplomatiche più flessibili, più leggere. Non è mia intenzione chiudere e basta. Però è chiaro che non possiamo più permetterci quello che abbiamo avuto fino adesso, in termini generali. La nuova emigrazione, sempre più italiani, soprattutto giovani arrivano in America Latina. Come vede il governo italiano questo fenomeno? È un fenomeno interessante che riguarda alcuni punti in particolare. In Italia i giornali ne parlano come: “la fuga dei cervelli” è vero. Però è anche vero che i giovani di oggi che emigrano non sono più quelle delle generazioni passate. Si muovo più facilmente. C’è sempre un certo movimento, la cosiddetta generazione Erasmus come dicono in Europa. Ho incontrato per esempio a San Paolo, in Brasile, la vecchia comunità e la nuova comunità: sono perfettamente fuse insieme. A differenza con il passato, i giovani che vanno via sono mediamente più formati, hanno una laurea, a differenza dei loro nonni e bisnonni. Esiste comunque nel DNA del nostro Paese questa tendenza allo spostamento, è nei nostri geni quella di muoverci. Guardiamo a questo fenomeno: da una parte il problema di evitare che succedano fenomeni di emulazione come avviene nel caso di Londra. Succede per esempio che essendo una città è molto popolare, i ragazzi partono senza avere molto chiaro che cosa vanno a fare. Ma esistono anche delle collettività nuove italiane, che si creano nel mondo e che vediamo con inte- segue DOMENICA 1 MARZO 2015 resse: i ricercatori. È il caso di Norvegia e Danimarca, dove non c’erano italiani e ora ci sono. Addirittura ce ne sono tanti al livello che si potrebbe avere un Comites, quindi più di 3000. Ed è tutta gente di un certo livello di studi. Le elezioni dei Comites servono anche a questo, che io ho voluto fare,e lo sottolineo perché volevo dei Comites rinnovati con integranti più giovani e con i quali discutere caso mai la riforma e il sistema della rappresentanza degli italiani all’estero. Ecco, la nuova emigrazione… È chiaro che c’è si la nuova emigrazione all’estero, ma sono emigrazioni di due tipi: da una parte c’è l’aspetto fuga, nel senso che non essendoci opportunità, si vanno a cercare altrove. Dall’altra parte però c’è anche l’aspetto ricerca del meglio, che è sempre stato presente, che non vuol dire che uno non torna, è una circolarità che si è creata. Ma dovremmo aspettare per capire meglio.. Ci sono dei Consolati come per esempio quello di Londra che hanno messo su un programma che si chiama “Primo approdo” specifico per questi ragazzi che partono e approdano senza obiettivi chiari, ma solo sull’onda si quello che vedono alla tivù o leggono. Tornando al discorso della presenza dell’America Latina in Italia, c’è stato un momento in cui non c’era molto interesse, adesso se ne sente più parlare, si ricomincia a parlarne ai giornali… Quarantatré delle 50 città più violente del 2014 in zone non interessate da guerre o conflitti si trovano in America Latina, mentre tutte e 50, eccetto tre, si trovano nell’emisfero occidentale – queste le stime di un report pubblicato lunedì mattina al centro di ricerca messicano Seguridad, Justicia y Paz. Anche qui in Uruguay si avverte una certa insicurezza….L’Italia come potrebbe aiutare a risolvere questo problema? Noi stiamo collaborando con i nostri partner centroamericani. Sappiamo che è un grossissimo problema, un problema della violenza diffusa in zone non di guerra o di post guerra. Che è per esempio quello a cui che temiamo si dovrà preparare anche la Colombia una volta che ci sarà l’accordo di pace. Questo problema riguarda da tanto tempo, il narcotraffico e della presenza de “las pandillias” e quindi delle piccole gang giovanili in Centro America con Guatemala, Honduras e Salvador, questi i paesi più “afectados”. Abbiamo già applicato e svolto a questo riguardo un Plan de Apoyo a la Estrategia de Seguridad para Centro America e adesso siamo alla fase due. È un programma che ci costa, però lo vogliamo fare e continuare, perché ci importa tantissimo, perché l’Italia a causa della sua storia ha un’eccellenza di contrasto delle mafie del nostro paese. È il Paese che più ne sa di questo.. Questo significa: antiriciclaggio, intercettazioni, sequestro dei beni, la repressione e poi c’è la parte prevenzione che riguarda i giovani. Questo programma ha dato addito a un aumento di relazio- ni su questo tema con il Messico. In Honduras bbiamo mandato magistrati, compreso l’attuale Presidente del Senato, Piero Grasso, quando era ancora magistrato ed è rimasto mesi in Centro America. E ancora: poliziotti, carabinieri, finanzieri, prefetti, ecc. Quindi questo ha attirato l’attenzione dei messicani, anche loro molto “afectados”. Ma almeno loro hanno la forza, come grande stato, di opporsi a questi fenomeni, che nel caso dei piccoli come Salvador e Honduras sono presi completamente da questo tsunami criminale. Ora quindi anche la cooperazione si sta allargando con il Messico e aggiungo, anche l’Argentina si sta interessando a questo nostro programma. Abbiamo quindi in animo aumentare le nostre relazioni con l’America Latina in generale e fare in modo che la nostra eccellenza nel contrasto al narcotraffico globale diventi un terreno di cultura comune. Anche se ce ne vogliono anni… E a Montevideo, qui in Uruguay? Adesso vedremo, ma dipenderà dalle nostre relazioni bilaterali… -Le elezioni per il Comites erano inizialmente previste il 19 dicembre e poi sono state rinviate ad aprile. Molti cittadini hanno percepito una certa confusione riguardo l’organiz- zazione e ci sono state proteste per l’esclusione di alcune liste, come é successo qui a Montevideo dove in pratica correranno sempre gli stessi: esponenti politici e dei patronati, quindi altro che cambio... In base a questo che rappresentatività potranno avere i nuovi Comites? “La legittimità sicuramente è maggiore dei Comites eletti dieci anni fa. Questo è un punto fondamentale da capire. Avevamo due soluzioni: o eliminarli completamente come suggerivano molti o rinnovarli dopo questi continui ed impopolari rinvii. È opportuno ricordare che le consultazioni elettorali erano attUaLita’ 5 state rinviate in passato non per i tagli alla spesa, ma per altri motivi. Il Governo doveva mantenere la promessa di nuove elezioni così come chiesto dagli stessi membri dei comitati. Sul fatto del rinvio bisogna chiederlo al Senato che ha preso la decisione. Volevamo mandare un messaggio di chiarezza ed almeno farle si ma con più tempo. Perché solo in alcune circoscrizioni è stata riaperta la presentazione di nuove liste? -Anche questa scelta è dovuta al Senato. La legge dice che il Console indice le elezioni e se si presenta una lista sola, sono segue 6 poLitica DOMENICA 1 MARZO 2015 comunque valide. Le liste sono state riammesse solo in quelle città dove non se ne era presentata nessuna. Voglio però sottolineare una cosa: abbiamo agito in perfetta legalità. -Oggi assistiamo ad un crescente distacco tra le comunità italiane e le istituzioni di rappresentanza nel mondo. Questa delusione è dimostrata anche dalla bassa partecipazione che sta avendo la registrazione per le elezioni del Comites. Qui in Uruguay siamo forse a ottomila.... Ridicolo....Come vede questo fenomeno? È preoccupato? “È vero che c’è una bassa partecipazione, ma io comunque distinguerei tra paesi e la situazione non è uguale in tutto il mondo. Anzi, in alcune nazioni ci sono interessanti novità. Sono cosciente che si tratta comunque di un tema delicato ma noi non possiamo convincere la gente a votare. In ogni caso, c’è un aspetto positivo: almeno rinnoveremo questa istituzione con un voto democratico. Ci sono nuove modalità per il voto dei cittadini italiani all`estero come il sistema elettronico che consentono di risparmiare molti soldi. Il governo italiano pensa di prendere questa idea in considerazione? “Magari ci potessimo arrivare al voto elettronico! Ci eravamo informati su questa modalità ma costava tantissimo. Un altro discorso, poi, è quello sulle abitudini degli elettori di ogni paese. Gli italiani votano in modo diverso rispetto ai brasiliani o ai francesi e, sinceramente, non credo che se noi mettessimo un sistema elettronico questo possa essere ben accettato dalla popolazione. C’è una cultura del voto da rispettare. Addirittura, gli italiani all’estero ci chiedono di poter venire a votare dentro i consolati o le ambasciate affinchè il rito del voto sia rispettato anche fuori. Possiamo dire che le prossime elezioni del Comites saranno un test per le prossime politiche. Vedremo… stiamo lavorando sui possibili nuovi scenari. I cittadini italiani all’estero, in Uruguay così come nel resto del mondo, hanno avuto reazioni molto negative sulla tassa introdotta pochi mesi fa dal Governo che prevede il pagamento di 300 euro per il rilascio della cittadinanza italiana. Che messaggio vuole mandare ai connazionali? -Credo che sia doveroso pagare qualcosa per ottenere il documento di un grande paese come l’Italia ed entrare in una comunità. Alle critiche rispondo con i fatti: le richieste per prendere la nazionalità italiana sono aumentate, non c’è stato nessun timore e questo credo che sia l’aspetto più importante. -Come giudica lo stato della lingua e della cultura italiana in America Latina, e in Uruguay in particolare? Sono previste nuove iniziative? -È chiaro che, attualmente, abbiamo un sistema troppo ampio che non possiamo più reggere per via dei tagli alla spesa. Dobbiamo inventarci nuove soluzioni, come ad esempio coinvolgere i privati e continuare a mantenere i servizi. La cultura, inoltre, dovrebbe essere mescolata ad altri aspetti che possono portare alta l’italianità nel mondo e penso ad esempio alle canzoni, al made in Italy o alla gastronomia. Tutto ciò è stato dimostrato con le iniziative per l’anno dell’Italia in America Latina. Stiamo valutando varie possibilità per capire come poter migliorare le nostre scuole ed i nostri centri di cultura. -Con quali settori dell’economia dell’America Latina l’Italia può collaborare? “La meccanica e l’elettronica soprattutto. Il Messico, ad esempio, sta diventando una potenza nel settore del manifatturiero e ha delle caratteristiche che sono molto simili con l’Italia. Noi dobbiamo venire in questi paesi latinoamericani ed iniziare a produrre qui. Un altro aspetto molto importante sono i lavori infrastrutturali: le strade, i ponti, le dighe, ma anche le trivellazioni e tutto ciò che ha a che vedere con il petrolio. Poi c’è il settore delle piccole e medie imprese, che è un settore molto particolare ed ha bisogno di molto tempo per essere riprodotto. In definitiva, posso dire che stiamo studiando le diverse ipotesi per poter meglio sfruttare le relazioni commerciali con questo continente. -Che importanza potrà avere l’Expo di Milano nelle relazioni con i paesi latinoamericani? “È un evento fondamentale su cui puntiamo molto. Ci aspettiamo che da questo continente vengano tante persone. Si tratta di un’occasione d’oro anche per gli stessi paesi sudamericani e cito il caso dell’Uruguay che, per la prima volta nella storia, avrà il suo padiglione. I turisti dovranno venire in Italia anche e soprattutto per scoprire le nostre eccellenze. Dobbiamo dimostrare al mondo il nostro valore. L’Expo è anche una grande manifestazione in chiave futura, dato che si affronteranno temi di straordinaria importanza come l’alimentazione… La gran parte degli italiani d’Italia considera gli italiani all’estero diciamo “ingombranti”….che non pagano le tasse….insomma come un “sassolino nella scarpa”… È vero, è un problema, Però è anche una contraddizione. Quando vado all’estero mi capita di sentire: “ma sono quasi tutti falsi questi italiani…”, “…ma diamo corsi che sono un imbroglio”, se voi pensate questo di voi stessi, perché gli italiani che sono in Italia dovrebbero pensare meglio di voi? Quindi è un vero problema che già sinizia dall’estero, la percezione da fuori. E se già la percezione è negativa in loco, figuriamoci quale può essere il giudizio dall’altra parte dell’oceano. È vero anche che non è coscienza culturale comune il fatto di avere 5 milioni di italiani all’estero. È una cifra che non possiede nessuno. Siamo la seconda diaspora mondiale dopo i cinesi. Ma c’è una seconda riflessione da fare: gli italici, cioè gli italiani che perdono la lingua rimangono italiani o quanto meno legati all’Italia. È quindi interessante che è italiano per via della famiglia, non parla la lingua ma rimane comunque legato al nostro Paese. Terzo punto: ogni comunità italiana, collettività italiana o italo-discendenti che si è installata in un Paese all’estero, non ha mai creato problemi. Anzi da questi Paesi non riceviamo mai lamentele, ma solo complimenti. Questa capacità d’integrazione fa quindi riflettere. Io sono di quelli, tra pochissimi, che é convinto che tutto questo va valorizzato, un valore che va rinnovato e non solo perché ho vissuto 15 anni all’estero. Non più e solo l’antico valore della bandiera di Garibaldi che va anche bene, ma i tempi sono cambiati…. L’internazionalizzazione delle PMI richiederebbe un maggior supporto da parte delle istituzioni rispetto a quella dei grandi gruppi, e aldila’ del supporto finanziario che e? spesso un importante nodo da sciogliere per le PMI, uno strumento che potrebbe essere reso piu attivo e’ quello dei centri tecnologici italiani, che potrebbero contribuire alla creazione di partenariati tra PMI italiane e latino-americane… Per fortuna è sempre più diffuso il made in Italy, il senso e gusto italiano, il senso del bello del buono, quello che è cultura esprime in tutte le sue forme, perché anche fare piccola e media impresa come la facciamo noi è una questione culturale. Quindi tutto questo va valorizzato, ma dobbiamo trovare un sistema, uno strumento per farlo. Per ora il mezzo che abbiamo è l’internazionalizzazione delle imprese italiane. È lì che gli italiani d’Italia lo capiscono subito! Siccome c’è un piano di questo governo per l’internazionalizzazione dell’Italia nel mondo, io ho fatto aggiungere a questo piano la parte che riguarda le collettività, cioè cultura e impresa anche degli italodiscendenti. Le nostre imprese sono molto interessate soprattutto nel Messico perché è un paese manifatturiero esattamente come l’Italia. È molto più manifatturiero del Brasile, e qui potremmo avere una somiglianza con anche con la Colombia, andare a produrre lì. Ma non delocalizzando, così come hanno fatto tante imprese italiane perché i messicani stanno diventando una vera potenza manifatturiera. Quindi qui i settori sono legati tantissimo alla meccanica, elettronica, alla bionica, alle macchine. Poi ci sono i grandi lavori infrastrutturali come il Perù: strade, ponti, dighe, ma anche l’aspetto dei grandi lavori con il petrolio. Poi abbiamo sicuramente dei settori di eccellenza come l’Eni, la Pirelli, la Fiat. E ancora i treni sono anche un punto di forza. C’è anche l’aspetto agroindustriale. Qui siamo ancora a livelli di studio. Si lega al discorso delle PMI. Che sono un ecosistema che non si può prendere e riprodurre, ci vuole tempo, perché cultura del lavoro, relazionale, credito locale, tante cose da tenere a mente. Da sottolineare l’importanza delle PMI che sono state internazionalizzate in questi anni, e lo facciamo vedere alle PMI presenti in Italia, sono le uniche che sono riuscite a reagire meglio alla crisi, a differenza di quelle non internazionalizzate che sono cadute. Quindi dev’esistere una cultura di andare all’estero, in particolare passare il confine dall’altra parte dell’Oceano. Il discorso invece sulla cultura e scuole all’estero come si affronta in Italia? Dobbiamo ammettere che noi abbiamo un sistema abbastanza ampio si scuole qualificate e statali che non possiamo più reggere con i soldi pubblici. Quindi torniamo al discorso del principio come dell’istituto di Wolfsburg e cercare di inventarci una partnership con i privati. A questo proposito ho lanciato l’anno dell’Italia in America Latina, che consiste nel mescolare generi diversi. Non ho voluto che fosse “l’anno della cultura italiana in America Latina”, ma l’Italia in generale per farci entrare tutto e tutto si deve mescolare. In questo modo la gente s’incontra e nascono le connessioni, non solo per vedere “la mostra”, ma anche per fare la scuola per la formazione della piccola media impresa per esempio e da lì nasce anche un’altra collaborazione. O la FIAT che apre un centro culturale a Belo Horizonte, che adesso è aperto solo per l’anno dell’Italia. Quindi si mescola la cultura vera e propria con la cultura d’impresa, con la canzone, la bellezza e tutto ciò che ha che fare con l’Italia. Certo è, che sto cercando di capire come fare per le scuole, che è un discorso importante… Come fare a difendere, ma addirittura a far aumentare il nostro sistema scolastico. Durante il decennio compreso tra il 2003 ed il 2012 l’economia dei Paesi dell’America Latina e ‘stata nel complesso caratterizzata da un trend di forte crescita: perche’ questo percorso continui e si completi, un ruolo chiave e’ giocato dall’energia elettrica, che rappresenta senza dubbio un fattore fondamentale di sicurezza nonche’di sviluppo sostenibile. Tutti i cittadini e le imprese latinoamericane devono infatti poter contare sulla disponibilita’ di energia elettrica in ogni momento, a prezzi accessibili ed a condizioni sostenibili dal punto di vista ambientale. In questo contesto, l’esperienza maturata dall’Italia in ambito europeo in termini di liberalizzazioni e di sviluppo delle infrastrutture di rete e di generazione da fonti rinnovabili puo? rappresentare un esempio utile ed un supporto fondamentale per completare il percorso di crescita della regione latinoamericana? È l’unico settore su cui siamo veramente messi bene, perché abbiamo acquisito Entel. Un’operazione veramente intelligente realizzato in questi ultimi anni. Cosa che non è successo a livello di banche per esempio: ci sarebbe bisogno di banche italiane in America Latina e quando c’è stato il momento della ripresa e crescita, noi siamo andati via… È stato quindi un errore. L’Enel sta lavorando moltissimo. Il problema è l’interconnessione tra paesi. Loro sono disponibili a costruire le interconnessioni tra paesi per esempio tra il Chile e l’Argentina o Chile e Perù, ma è molto difficile perché questo è un problema politico. ( Al Forum hanno partecipato il Direttore, MIMMO PORPIGLIA E LETIZIA BAZ, STEFANO CASINI, MATTEO FORCINITI) DOMENICA 1 MARZO 2015 Il premier: “Martedì in Cdm anche il piano per la banda ultralarga Lo ha detto durante l’incontro con i parlamentari del Partito democratico al Nazareno. ROMA A l Consiglio dei ministri di martedì prossimo approderà anche il piano per la banda ultralarga. Lo ha detto il premier Matteo Renzi durante l’incontro con i parlamentari del Partito democratico al Nazareno, comunicando anche la data probabile per le elezioni regionali: il 10 maggio. Una riunione, preceduta dallo strappo di Pier Luigi Bersani. Hanno disertato la convocazione anche anche altri esponenti della minoranza dem, tra cui Pippo Civati e Gianni Cuperlo. «Un errore», per il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini. Mentre da Forza Italia arriva il sostegno ai disertori. «La minoranza del Pd scrive il Mattinale, la nota politica redatta dal gruppo azzurro alla Camera - si ribella apertamente contro Renzi. Per questo ci piace lo slogan: forza Bersani!». Da Firenze il ministro Maria Elena Boschi getta acqua sul fuoco: «Questa definizione di ultimo scontro nel Pd mi pare un po’ esagerata. Quando vengono offerti luoghi in più per discutere, non credo ci sia motivo per polemica o lamentarsi ma se uno preferisce non partecipare rispettiamo le sue scelte». Quanto al “Forza Bersani” del Mattinale, taglia corto: «Credo che gli abbiano fatto un grosso dispetto. Credo che il primo a non essere contento sarà Bersani». Pronta la replica via twitter del capogruppo Fi alla Camera, Renato Brunetta: «Boschi dice che Forza Bersani è dispetto? Allora Forza Boschi e Forza Renzi. E nessuno se ne avrà a male. #gigliomagicostaisereno». All’ordine del giorno dell’assemblea, oltre a Rai e fisco, ci sono state e misure sulla scuola (un dl e un ddl) che saranno esaminate dal Consiglio dei ministri di martedì prossimo. Presente alla riunione anche il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, da poco passata da Scelta Civica al Pd, che ha con- fermato: «180mila insegnanti saranno assunti da settembre», includendo anche i posti che saranno banditi con il nuovo concorso triennale che coprirà dal 2016 al 2019. Palazzo Chigi la prossima settimana, secondo quanto ha riferito il presidente del Consiglio, adotterà anche il piano nazionale banda ultra larga, dopo la fase di consultazione pubblica. Nelle settimane successive in diversi provvedimenti, o già incardinati in Parlamento o con dl ad hoc, saranno indicate le misure per realizzarlo. Sulla televisione pubblica, Renzi ha confermato la volontà di intervenire subito, entro due settimane, perché diventi il «primo produttore culturale del Paese». Ma lo strumento non sarà un decreto legge: si tenterà prima la via parlamentare, con un disegno di legge. Anche perché, ha ribadito il premier, «verificheremo se Grillo vuole fare sul serio» dopo l’apertura fatta ieri sulla riforma di viale Mazzini. Ad andare alla riunione al Nazareno «non ci penso proprio», ha detto Bersani nella lunga intervista sul quotidiano della Cei. «Perché io m’inchino alle esigenze della comunicazione, ma che gli organismi dirigenti debbano diventare figuranti di un film non ci sto». Su Avvenire l’ex segretario dem si è tolto più di un sassolino dalla scarpa. Il Jobs Act? «Mette il lavoratore in un rapporto di forze pre-anni 70« e perciò si pone «fuori dall’ordinamento costituzionale». Le riforme? «Il combinato disposto« tra Italicum e ddl costituzionale «rompe l’equilibrio democratico. Se la riforma della Costituzione va avanti così io non accetterò mai di votare la legge elettorale». Oggi al Gr1 Bersani ha confermato: «Attenzione che stiamo cambiando forma alla nostra democrazia e non sono cosucce da poco. Sarà ora di discutere seriamente, non per spot. Basta fare una discussione ordinata. Facciamo come abbiamo fatto col cosiddetto metodo Mattarella». Il leader di sinistradem, Gianni Cuperlo, ha invece affidato la sua posizione a una lettera. «Non partecipo al ricevimento parlamentari anche perché in tre minuti si fanno i quiz, non la riforma fiscale». La controproposta è un’agenda in sei punti: piano povertà (con la creazione di un istituto universalistico), credito d’imposta per le imprese che investono in innovazione e ricerca, reddito di cittadinanza, legge sulle unioni civili e sul fine vita («Basta rinvii»), estensione degli 80 euro ai pensionati con meno di 1000 euro al mese, tre modifiche all’Italicum (ridurre il numero dei parlamentari nominati a non più del 30%; prevedere la possibilità di apparentamento tra liste diverse in caso di ballottaggio per l’assegnazione del premio di maggioranza; prevedere una vera clausola di collegamento tra legge elettorale e legge costituzionale) e al ddl costituzionale. reGionaLi: si vota il 10 maggio? Probabilmente le elezioni regionali si svolge- ranno il 10 maggio. Lo ha detto il presidente del Consiglio Renzi ai parlamentari Pd. Sette Regioni, un incrocio di alleanze, un finale tutto da scrivere. La mappa delle forze in campo in vista delle elezioni regionali di maggio è ancora da definire, complice soprattutto il rebus della coalizione di centrodestra, a partire da quella che si presenterà in Veneto. E se il primo marzo le primarie Pd decideranno i candidati campano e marchigiano sono tanti i riposizionamenti in atto in vista del voto. Da solo, chiaramente, si presenterà il M5S. Ecco una provvisoria mappa delle alleanze: *VENETO. E’ la Regione chiave per il futuro del centrodestra italiana. Il borsino dell’alleanza tra Lega e FI è attualmente in ribasso ma resta plausibile una ricucitura nei prossimi giorni, con la convergenza degli azzurri sul candidato del Carroccio Luca Zaia. Meno probabile, ma non escluso, che il ‘ribelle’ Flavio Tosi faccia una lista a parte. Ma in quel caso avrebbe il sicuro appoggio di Italia Unica (in tal caso per la prima volta in campo) e quello potenziale di Ncd. Dall’altra parte le primarie Pd hanno incoronato Alessandra Moretti che potrebbe contare anche sull’appoggio di Sel, soprattutto in caso di centrodestra diviso. *LIGURIA. La Lega Nord è pronta a scommettere tutto su Edoardo Rixi convinta di poter sfruttare le divisioni interne al Pd, dopo le polemiche primarie di centrosinistra, che hanno visto la vittoria di Raffaella Paita. Salvini ha chiesto apertamente a Berlusconi l’appoggio di FI, mentre Ncd potrebbe sostenere proprio il candidato Dem. Sel, invece, correrà da solo. *TOSCANA. Il candidato del Pd è Enrico attUaLita’ 7 E' l'altrui debolezza la vera forza di Renzi di OTTORINO GURGO Per celebrare il primo anno di gover- no appena compiuto, Matteo Renzi potrebbe affiggere dietro alla scrivania del suo studio a palazzo Chigi un quadretto con un una di quelle frasi che, un tempo, venivano stampate sui portacenere di maiolica: “Poco se mi considero, molto sei mi confronto”. A ben vedere, infatti, è proprio questa frase, attribuita a Sant’Agostino, che si può giudicare nel modo compiuto l’operato del presidente del Consiglio nei trascorsi trecentosessantacinque giorni. Se fa un bilancio, valutando quello che ha fatto e quello che non ha fatto, il buon Matteo non ha grandi motivi per proclamarsi soddisfatto: la rivoluzione copernicana che avrebbe dovuto realizzare è al palo, delle riforme promesse soltanto una minima parte è stata portata a compimento, la vecchia Italia dei privilegi, delle pastoie burocratiche, dell’inefficienza e della corruzione che aveva garantito di poter “rottamare” è ancora là, più viva e vegeta che mai. Né si può dire che il nostro paese si sia risollevato dalla crisi economica che lo attanagliava perché, nella loro brutale crudezza, i numeri sono là a dimostrare come, tra tutti i partner europei (Grecia, ovviamente esclusa) l’Italia sia quello che più di tutti stenta ad imboccare un virtuoso percorso di crescita. Dicono i sostenitori del premier che, più di quel che ha fatto, Renzi non avrebbe potuto fare a causa degli ostacoli frapposti al suo cammino dagli avversari interni ed esterni al suo partito che, ottusamente, al sol sentir pronunciare la parola “rinnovamento” sono pronti ad erigere le barricate. Un’affermazione, questa, che certamente contiene elementi di verità, ma che solo in parte vale a giustificare la mancata attuazione del progetto riformatore poiché una leadership preveggente, prima di avventurarsi in promesse che non potrà mantenere, deve avere l’onestà intellettuale di tenere nel debito conto il contesto all’interno del quale è chiamato ad operare. Detto questo, e preso atto del fatto che Renzi, in quest’anno, non è riuscito ad acquisire i titoli atti a consacrarlo come “il grande rinnovatore” e il salvatore della patria, non possiamo, tuttavia, non rile- Rossi, scelto senza primarie. Tutto da decidere quello del centrodestra dove, a dispetto che in Veneto, l’alleanza tra FI e Lega Nord sembra reggere. Ai due partiti dovrebbero anche aggiungersi anche Ncd e Udc, ma una decisione sarà presa nei prossimi giorni. Sel, invece correrà da solo dopo che l’assemblea regionale del 21 febbraio scorso ha decretato lo stop all’alleanza con il Pd. *MARCHE. Le primarie del centrosinistra si terranno, come in Campania, l’1 marzo e non vedranno la partecipazione di Sel, che ha scelto di correre da sola. Tre i candidati, Luca Ceriscioli (Pd), Ninel Donini (Idv) e Pietro Marcolini (Pd). Un rebus la coalizione di centrodestra dove la candidatura di Gian Mario Spacca conta sul sostegno di Ap e attrae anche i berlusconiani nonostante Spacca sia stato già eletto presidente della Regione come candidato del centrosinistra. *UMBRIA. Catiuscia Marini sarà la candidata del centrosinistra e, oltre che sul Pd, otterrà il vare che, nonostante gli obiettivi di Renzi siano stati solo parzialmente realizzati, la sua posizione si è sostanzialmente rafforzata. Come è possibile? Basta, per rispondere a questo interrogativo, valutare la situazione in cui si trovano i suoi oppositori. Prescindiamo dal Movimento Cinque stelle che, pur avendo ottenuto un rilevante risultato nelle ultime elezioni politiche, è stato praticamente sterilizzato dalla politica (o, meglio, dalla non politica) dei suoi due leader, Grillo e Casaleggio. Ma, se volgiamo lo sguardo a coloro che “istituzionalmente “, al di là del demagogico qualunquismo grillino, dovrebbero opporsi a Renzi, ci accorgiamo che a nessuno come a quest’ultimo, si adatti l’antica formula del “divide et impera”. A dividere il centro destra è la prospettiva di un “dopo Berlusconi” che stenta a prender forma: una sorta di “en attendant Godot” in cui il ruolo di Godot è interpretato da colui che dovrebbe succedere all’ex Cavaliere, ma la cui identità non riesce ad assumere connotati concreti (Fitto, nonostante il suo attivismo, non sembra possedere il necessario carisma) alimentando divisioni e contrasti tra i vari esponenti della nomenklatura forzista. Né ci sembra che a risollevare le sorti del centrodestra possa essere Matteo Salvini che non può pensare di fare della volgarità, personale e politica, il metodo per affermarsi come leader di un centro-destra che ha diritto ad una guida di ben diversa caratura. Insomma, è di una vera guida che il centro-destra ha bisogno per risorgere, come la Fenice, dalle sue ceneri. Quanto alla cosiddetta “opposizione interna”, che va da Sel alla costellazione di correnti e correntine nella quale il Pd si articola, essa appare ingabbiata nei riti e nei miti di quella vecchia sinistra che non è mai riuscita a dotarsi di un’autentica cultura di governo. E non crediamo che a rilanciarla possa essere la discesa in campo di Maurizio Landini, “profeta” di un vetero sindacalismo ormai obsoleto. Ecco perché, a nostro avviso, a un anno di distanza dal suo insediamento a Palazzo Chigi, il governo Renzi è più che mai in sella. La sua vera forza è la debolezza altrui. sostegno anche di Sel. E condiviso – da Ap e FI – sarà anche il nome del centrodestra: quello del sindaco di Assisi Claudio Ricci. *CAMPANIA. Lo psicodramma delle primarie Pd, terminato con il ritiro della candidatura di Gennaro Migliore, produrrà, domenica un trionfatore tra Vincenzo de Luca, Andrea Cozzolino Nello Di Nardo e il socialista Marco di Lello, con i primi due favoritissimi. L’attuale presidente Stefano Caldoro punta alla riconferma e conta sul sostegno di FI e Ncd mentre una parte dell’Udc, in caso di vittoria del sindaco di Salerno, potrebbero sostenere proprio quest’ultimo. Sel, sabato, candiderà ufficialmente, assieme ad altre forze della sinistra, Nino Daniele. *PUGLIA. Lo scontro aperto tra Raffaele Fitto e Silvio Berlusconi potrebbe produrre l’assenza dei fittiani dalle candidature della lista azzurra, guidata da Francesco Schittulli. Per il centrosinistra il candidato è Michele Emiliano sostenuto, oltre che dal Pd, anche da Udc e Sel. 8 esteri UrUGUaY DOMENICA 1 MARZO 2015 STORIE ANTONIO STUTO, da Latina a Tacuarembó La storia di questo italiano di cinquantanove anni da poco trasferitosi in Uruguay a Tacuarembó, una zona con forti radici tricolori. Oggi vive a stretto contatto con la natura e collabora con il Circolo Italiano della città. di MATTEO fORCINITI S coprire l'Uruguay, innamorarsene, decidere di cambiare vita e venire a vivere a stretto contatto con la natura: è stata questa la scelta dell'italiano Antonio Stuto, cinquantanove anni di Latina. Nel mezzo, però, una tappa a Buenos Aires, 4 anni fa, quando decise di seguire la moglie uruguaiana conosciuta in Italia nel suo trasferimento in Argentina. Eppure, nella grande metropoli porteña Antonio non era contento, ciò che gli mancava di più era la natura e la campagna e non sopportava il troppo caos cittadino, il traffico e le contraddizioni della grande capitale. L'Uruguay l'aveva cominciato a conoscere dal 2009, quando veniva come turista a far visita ai familiari della moglie e rimaneva sempre affascinato dal Paisito. E ogni volta che ritornava sulla sponda meridionale del Río de la Plata aveva l'amaro in bocca. Un anno dopo il trasferimento a Buenos Aires, però, accadde qualcosa di imprevisto. L'azienda dove lavorava la sua compagna chiuse la sede. Di fronte c'era tanta incertezza: “O sarebbe ritornata in Italia dove c'era il forte rischio di entrare in cassa integrazione, o l'avrebbero mandata in un altro paese. Volevamo poter vivere finalmente insieme dato che per molti anni ci siamo divisi tra Latina e Padova. Facevamo avanti e indietro ed eravamo un po' stanchi”. Preoccupazioni per la crisi economica, rabbia e delusione per la situazione del paese: molteplici sono stati i motivi che hanno spinto la coppia ad approdare tra le praterie di Tacuarembó, cittadina del nord del paese con circa 50mila abitanti e a 400 chilometri a nord di Montevideo. La vita di Antonio Stuto è cambiata radicalmente: da impiegato presso l'Agenzia delle Entrate è passato a gestire un piccolo allevamento di bestiame. Nel luglio del 2013 ha acquistato un terreno di 14 ettari dove oggi ha vitelli, tori e cavalli e tanti altri progetti da portare avanti. Nella Repubblica Orientale ha potuto finalmente dedicarsi a quello che aveva sempre desiderato. Ciò che a Latina era il suo hobby, qui si è trasformato in lavoro. “Gli uruguaiani sono un popolo molto sano, hanno ancora la capacità di indignarsi” è la prima cosa che dice il latinense nel nostro incontro presso la sede dell'Agenzia Consolare della città, il suo punto di riferimento fin dall'inizio sia per le pratiche burocratiche che per i preziosi consigli utili di cui ha bisogno ogni straniero. Un aiuto importante, quello dell'agente consolare Marta Martínez un0immagine di tacuarembó foto courtesy antonio stuto foto courtesy Ambrosini che gli ha consentito di risolvere varie cose. Antonio è solo l'ultimo dei tanti italiani approdati in città; c'è una forte tradizione iniziata alla fine dell'ottocento e mai del tutto dimenticata. Tacuarembó, infatti, fu popolata da tantissime famiglie italiane: venivano soprattutto dalla Toscana e in misura minore anche dall'Emilia Romagna, dalla Liguria e dal meridione. Nel 1882 venne fondata la Società Italiana di Mutuo Soccorso che ebbe come primo presidente Juan Oliva, il nonno del più illustretacuaremboense: Carlos Gardel, il “Re del Tango”, che secondo la teoria uruguaiana venne al mondo in terra uruguaiana per poi trasferirsi da bambino a Buenos Aires. Dopo il susseguirsi di alterne vicende, l'eredità della prima associazione fu ripresa a partire dal 1983 dal Circolo Italiano, che oggi riunisce i discendenti e da poco anche il nuovo arrivato. “Abbiamo lottato con tenacia per riorganizzare la collettività. Un modo per far riunire le nuove generazioni di italouruguaiani e allo stesso tempo tutelare la cultura italiana e le nostre tradizioni” ricorda la Martínez, che è anche responsabile del gruppo. Nonostante sia molto arrabbiato per il declino politico e culturale della sua nazione, Antonio Stuto non rinuncia a frequentare il Circolo. Partecipa alle cene, agli eventi culturali e alle altre attività che vengono organizzate. Dell'Italia non ha dei bei ricordi, a parte la figlia con la quale è continuamente in contatto, la famiglia e poche altre cose. Sembra un capitolo chiuso, un qualcosa che si è ormai lasciato alle spalle. Non ha più speranza, è ferito e prova indignazione perché ama la sua terra: “Le istituzioni sono lontane e il popolo è corrotto. Il paese è sul punto di esplodere”. Degli uruguaiani ha apprezzato fin da subito “il sorriso e la tranquillità” e poi è rimasto folgorato dalla natura e dal paesaggio: “Qui il territorio è ampio e c'è poca gente, è un piccolo gioiello che spero resti tutelato”. Riconosce che l'Uruguay ha grosse problematiche da risolvere ed è un paese più povero ma in definitiva “si vive bene e ci sono tante opportunità”. l'agente consolare marta martínez ambrosini foto courtesy Assieme ad Antonio visitiamo la Scuola numero 5 “Repubblica d'Italia”, che rappresenta il cuore dell'identità italiana di Tacuarembó e si trova nel quartiere “El Molino” dove si stabilirono le prime famiglie emigrate. Tra loro c'era anche la famiglia Levratto, lui ligure e lei toscana, giunti in Uruguay dopo la seconda guerra mondiale e conosciuti in città perché coltivavano la vite e producevano il vino; furono i pionieri delle enoteche della zona. Non avendo figli, intorno agli anni settanta, la coppia donò il terreno alla scuola pubblica. Uno spazio molto piccolo che è stato totalmente modificato e migliorato con il tempo ed oggi ospita 260 studenti (ognuno di loro riceve un computer) assieme a 14 insegnanti. Su richiesta dei bambini - che sono molto curiosi e vogliono conoscere qualcosa di più sull'Italia - Antonio verrà a dare diverse lezioni sul Bel paese in questa scuola nei prossimi mesi. Un piccolo impegno da conciliare nei ritagli di tempo: “Un modo originale per raccontare le bellezze del nostro paese ai viaggiatori del futuro”.
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