SOMMARIO / N° 4 - LUGLIO-AGOSTO 2013 BERE MANGIARE RESPIRARE 43 | ALLEVAMENTO PORCI E FELICI 47 | ELETTROSMOG UN NEMICO INVISIBILE? I MOVIMENTI DELL’INFORMAZIONE 82 | NONVIOLENZA LA SIRIA CHE NON CI RACCONTANO In collaborazione con Pressenza 83 | LIBRI 50 | CICLOTURISMO SOTTO QUESTO SOLE È BELLO PEDALARE SI... MA C’È DA SUDARE? NELLE MANI DI GOLIA In collaborazione con Peacelink PAROLA DI LETTORE MARCHE – LA TERRA RACCONTA 88 | POSTA 52 | MARCHE MARCHE, CHE CHARME! BARRICATE E PALAZZI 03 | COPERTINA 56 | POLITICA AMBIENTALE SALVIAMO IL PAESAGGIO! IL BOLLITO È SERVITO intervista a Olimpia Gobbi e Riccardo Picciafuoco 05 | DIRITTI CIVILI 58 | SUCCEDE DOMANI CÉCILE KYENGE E LA NUOVA FOTOGRAFIA DELL’ITALIA Rubrica SCHERZARE CON IL GAS È MOLTO PERICOLOSO Intervista a Cécile Kyenge Kashetu 59 | ENERGIA E COMITATI DI LOTTA 09 | ECONOMIA QUI DI SOVRANO C’È SOLO IL DEBITO Intervista a Nino Galloni SIAMO CITTADINI, NON SUDDITI intervista a Adriano Mei 62 | MARCHE TRE GIORNI A SPASSO Rubrica 13 | FISCO TASSE: LA GIUSTA RICETTA PER UN PAESE FARABUTTO 16 | CIVISMO CITTADINI PROTAGONISTI LA CULTURA DIETRO LE RIGHE 67 | LETTERATURA LE REALTÀ DEL FANTASY intervista a Silvana De Mari 18 | MOVIMENTI SENZA CAPI NÈ PADRONI 21 | MOVIMENTI ANOMALIE DELL’ONDA 73 | IL PUNTO DI VISTA 02 | IVAN “HURRICANE” MANUPPELLI 04 | MAURO BIANI 07 | SIMONE “NIGRAZ” PONTIERI 08 | DAVIDE PASCUTTI 10 | ELISA BEE 20 | ROBERTO LA FORGIA 23 | PASQUALE LA FORGIA 24 | MARILENA NARDI 27 | PASQUALE “SQUAZ” TODISCO 30 | DIEGO MIEDO 31 | NAZARENO GIUSTI 33 | STEFANO ZATTERA 41 | SERGIO PONCHIONE 42 | ELENA RAPA / SS - SUNDA 46 | ALBERTO CORRADI 47 | DANILO “DAST” STRULATO 51 | FABIO TONETTO 55 | PAOLO CASTALDI 66 | MICHELE PETRUCCI 67 | DALIA DEL BUE 72 | ANDREA BERSANI 72 | FABRIZIO “BICIO” FABBRI 77 | DAVIDE CECCON 77 | DAVIDE CAVIGLIA 81 | MASSIMO GIACON 84 | EDITORIA GRAFICA MAMMA! 86 | FUMETTO A STRISCE BALLONS LE VERITÀ SCOMODE intervista a Don Andrea Gallo 78 | CINEMA PAROLA, MON AMOUR VOCI SOLIDALI LINGUAGGI GRAFICI 45 | INSERTO RAGAZZI B! RAGAZZI a cura di Harry Vanva intervista a Luigi Lo Cascio 24 | DIRITTI UMANI DIRITTI IN CAMMINO 28 | GUERRA EXTREMA (IR)RATIO Intervista a Giovanni De Luna 31 | FORZE DELL’ORDINE SBIRRO E RADICALE intervista a Ennio Di Francesco 36 | ARTE E SOCIETÀ DISEGNI DI GIUSTIZIA 38 | MISSIONI L’OASI PER I FIGLI DI NESSUNO intervista a Suor Maria Mastino Non capisco perchè questa macchina non riesce più a fare i 250 km. all’ora eba &S BARRICATE DI GIUSTIZIA Filo 34 | ABUSI DI POTERE CRESCITA ZERO EDITORIALE COLOPHON BARRICATE L’INFORMAZIONE IN MOVIMENTO anno 1°_ numero 4 _ LUGLIO 2013 registrazione Tribunale di Pesaro n°7/2012 del 23/08/2012 DIRETTORE RESPONSABILE Giancarlo Ridolfi DIRETTRICE DI REDAZIONE Maria Chiara Ballerini REDATTORI Francesco Ballerini, Michele Boato, Martino Campagnoli, Pablo Castellani, Eleonora Celi, Franco Cittadini, Monique De Monique, Massimiliano De Simone, Mauro Ferri, Andrea Galli, Marco Gaudenzi, Nazareno Giusti, Giancarlo Iacchini, Franco Marincioni, Domenico Alessandro Mascialino, Max Olla, Laura Tussi DISEGNATORI Alessandro Baronciani, Elisa Bee, Andrea Bersani, Mauro Biani, Dario Campagna, Martino Campagnoli, Paolo Castaldi, Davide Caviglia, Davide Ceccon, Maja Celija, Sauro Ciantini, Alberto Corradi, Pino Creanza, Elisabetta Deco Decontardi, Dalia Del Bue, Fabrizio Bicio Fabbri, Filo & Seba, Massimo Giacon, Nazzareno Giusti, Matteo Gubellini, Pasquale La Forgia, Roberto La Forgia, Ivan Hurricane Manuppelli, Diego Miedo, Stefano Milani, Marilena Nardi, Davide Pascutti, Michele Petrucci, Sergio Ponchione, Simone Nigraz Pontieri, Elena Rapa, Giuseppe Scapigliati, Danilo Dast Strulato, SS-Sunda, Stefano Persichetti Bros Tartarotti, Pasquale Squaz Todisco, Fabio Tonetto, Lucio Villani, Stefano Zattera FOTOGRAFI Archivio Acanto, Carlo Cardarelli, Dante Farricella, Matthias Canapini, Marinella Correggia, Luciano Dolcini, Gianluca Guidi, Insidefoto, Luciano Manna, Federico Mosconi, Tonino Mosconi, Paolo Rosso, Federico Tamburini, Mauro Tamburini WEB Walter Del Prete – E-Leva GRAFICA Carlotta Campagnoli, Filippo Emiliani IMPAGINAZIONE Susanna Galeotti, Acanto STAMPA Nuovo Istituto Italiano d’Arti Grafiche Be Printers - Bergamo DISTRIBUZIONE Messaggerie Periodici Spa - Milano via Ettore Bugatti, 15 di Maria Chiara Ballerini “Lei è all’orizzonte. [...] Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare.” (Eduardo Galeano, “Finestra sull’utopia”, Parole in cammino) “Io voglio sempre mettermi in discussione! Io domani voglio essere più uomo, più umano, più cristiano, più prete, più anticapitalista, antifascista, più non violento, ogni giorno!” (Don Andrea Gallo, Il Vangelo di un utopista) Intravista, amata, costruita tappa dopo tappa, interrotta e poi ripresa; costellata di fatica, di dolore, di continue lotte con esiti incerti e altalenanti. La tortuosa strada dei diritti è stata imboccata per scelta consapevole dagli esseri umani, spinti dal riconoscimento reciproco della propria fragile condizione e dalla volontà di arginare la feroce irrazionalità dell’esistenza. Il cammino dei diritti rispecchia l’asimmetricità del mondo con i suoi equilibri ittizi e le sue contraddizioni. Il potere che abusa, il colpevole impunito, la vittima doppiamente colpita. L’informazione che disinforma, la scuola che non insegna, la missione di pace che porta guerra, il denaro che viaggia mentre la gente è bloccata. La nostra terra che viene disprezzata e consumata, tanto che non c’è più acqua e mancherà presto l’aria. Il mondo è asimmetrico, il mondo è storto, raddrizziamolo! E facciamolo insieme, tutti, sembrano dire le voci che vivono in questo numero. Dai rappresentanti delle istituzioni agli intellettuali, dagli artisti agli studenti, un solo canto: la giustizia è tale solo se garantisce dignità e libertà ad ogni persona. Una ministra, Cécile Kyenge, si batte per il diritto dei cittadini, nessuno escluso, ad essere uguali di fronte alla legge ed esorta ad aprire gli occhi sulla realtà di una nuova convivenza sociale; uno storico, Giovanni De Luna, denuncia la crescente endemicità e incontrollabilità delle guerre; un funzionario di polizia Ennio Di Francesco, scrive libri afinché si completi l’opera di democratizzazione delle forze dell’ordine; una scrittrice, Silvana De Mari, fa appello alla Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, così bella e tuttavia ininite volte tradita. E risuonano le lacrime di Ilaria Cucchi che chiede conto di una morte assurda; e splende il sorriso di suor Maria, che in una Palestina tormentata dà accoglienza a figli nati “per errore”. E poi c’è “il prete che si è fatto uomo”, don Andrea Gallo dei marciapiedi, degli ultimi, dell’anarchia e della Costituzione, che ci ha lasciato i suoi sei personalissimi Vangeli, scritti in nome dell’amore e dell’umanità. Raddrizziamo il mondo. Un’armonia sarà forse ristabilita e l’utopia raggiunta quando i diritti di ogni persona non saranno più il frutto di una conquista, ma una indiscutibile premessa. DISTRIBUZIONE IN LIBRERIA Joo Distribuzione – Via F. Argelati, 35 – Milano illustrazioni Marilena Nardi EDITORE Italo Campagnoli SEDE LEGALE Strada di Monteballante, 12 - 61122 - Pesaro [email protected] [email protected] [email protected] www.barricate.net COPERTINA Black&Blue Band LUGLIO 2013 - BARRICATE 1 BARRICATE E PALAZZI COPERTINA IL BOLLITO È SERVITO Con stile gattopardesco, Re Giorgio manovra ainché tutto cambi per restare eternamente uguale Franco Cittadini Siamo felici che le tre copertine di Barricate pubblicate inora abbiano ricevuto estesi apprezzamenti, non tanto e non solo per lo stile graico, ma soprattutto per l’intuizione premonitrice nella rafigurazione dei soggetti scelti. In effetti… Abbiamo iniziato con Monti/primate quando era ancora saldamente al governo e osannato come salvatore della patria, caduto pochi giorni dopo la pubblicazione del primo numero ino a ridursi politicamente al lumicino con l’avventura delle elezioni politiche. Poi è toccato a Bersani “pettinatore di bambole”: anche in questo caso, il leader del PD era dato come il vincitore delle elezioni persino dai bookmakers anglosassoni, ma poi sappiamo com’è inita. Inine Grillo. Quando siamo usciti con la copertina che lo ritraeva nei panni di Mosè che detta le leggi, il leader a cinque stelle era il vincitore assoluto delle elezioni che veleggiava con il vento a favore invocando il 100% dei consensi; bene, anche lui ha subito un forte ridimensionamento nelle amministrative di maggio. Ora la “tiriamo” a Napolitano, augurandoci di essere ancora una volta le Cassandre che avvertono –purtroppo inascoltate- i potenti e interpretano lucidamente i sentimenti dei cittadini. Amenità a parte, il “bollito italiano” che il Presidente ci propone non solo è stracotto, ma è inaccettabile. Da anni Napolitano si è messo in cabina di regia, da cui manovra con stile gattopardesco afinché tutto cambi per restare eternamente uguale. È riuscito a farsi rieleggere ad una veneranda età dopo aver giurato che mai e poi mai l’avrebbe fatto; è stato in grado di resuscitare tutti i partiti e capi politici sconitti; ha messo in piedi un governo che va nella direzione opposta alla volontà dei cittadini, espressa sempre più coscientemente e attentamente ad ogni scadenza elettorale, anche con il ricorso disperato e sempre più diffuso all’astensione; ha mescolato destra e sinistra in nome degli interessi del Paese. Ma quale Paese? Napolitano e i suoi partiti non intendono toccare i propri privilegi: non lo hanno mai fatto, né tagliando i propri costi, né restituendo ai cittadini una legge elettorale decente. Probabilmente per il Presidente e compagnia, il “Paese” ha due categorie distinte di cittadini, quelli a cui è possibile cambiare le regole in corsa e quelli che hanno diritti consolidati e intoccabili (un esempio: le pensioni maturate in un lunga vita di sacriici per i primi e regalie inaccettabili per i secondi). Oggi abbiamo un governo “democristiano”, che con stile equilibrato e toni pacati porta avanti l’opera devastatrice compiuta dei governi di centro destra: grandi opere inutili, costose e di ambigua liceità, svendita del patrimonio pubblico, afidamento dei beni comuni ai privati. Temiamo che anche le brave persone coinvolte nel governo - e ce ne sono diverse, forse per dare allo stesso una facciata di serietà e credibilità - verranno fagocitate, i loro risultati neutralizzati e i loro sforzi resi inutili. Siamo convinti che i cittadini abbiano capito che ormai è in atto un scontro diretto tra loro e un potere che si auto-riproduce sempre uguale, nascondendosi dietro a facce e simboli diversi. Il vero problema resta come noi cittadini possiamo far sentire la nostra voce. I partiti, chi più chi meno, stanno comodi alla corte di Re Giorgio. I nuovi movimenti o si adeguano velocemente alle modalità partitiche oppure non riescono ad esprimere un modello diverso, ancora una volta, da quello del capo supremo che, in quanto tale, prima o poi inirà per innamorarsi di tanto potere. La strada è lunga e dificile, è fatta di partecipazione, di apertura, di consapevolezza e di impegno personale. “Non vale la pena di godere di diritti che non derivino dall’aver compiuto il proprio dovere” diceva il Mahatma Gandhi. In quanti sarebbero disposti a sottoscrivere questo pensiero? LUGLIO 2013 - BARRICATE 3 LINGUAGGI GRAFICI: MAURO BIANI 4 LUGLIO 2013 - BARRICATE BARRICATE E PALAZZI DIRITTI CIVILI Intervista a Cécile Kyenge Kashetu CÉCILE KYENGE E LA NUOVA FOTOGRAFIA DELL’ITALIA Il meticciato della convivenza può essere vissuto come diicoltà o come ricchezza, ma in ogni caso è una realtà concreta. E come tale va afrontata Ph: Dante Farricella Maria Chiara Ballerini Da sempre impegnata sul fronte dei diritti umani e civili e nella promozione dell’integrazione e della convivenza paciica tra popoli diversi, Cécile Kyenge Kashetu si trova ora ad afrontare un incarico “trasversale” cercando su questi temi dei percorsi di dialogo con gli altri ministeri. Le sue dichiarazioni sull’abolizione del reato di clandestinità e sulla necessità di una riforma del diritto di cittadinanza hanno suscitato diatribe da diverse fazioni. Non solo per questo, però, la nuova Ministra incarna una forza dirompente ed è oggi uno dei membri del governo più noti e al centro dell’attenzione: la sua esperienza, la professionalità, la capacità di mantenere sempre toni razionali e pacati, rendono Kyenge un’interprete d’eccezione di quel cambiamento della società che è già in atto e che va saputo rappresentare con un linguaggio politico nuovo. Come considera la nomina a Ministro dell’Integrazione alla luce del suo lungo e intenso impegno sociale e politico? Direi che è un buon punto di partenza per un lavoro concreto e anche un riconoscimento del mio percorso sia nella società civile sia all’interno di un partito politico, un cammino di lotta con l’obiettivo di mettere al centro di ogni progetto la persona e i diritti umani. Occuparmi proprio di integrazione riassume quindi l’impegno di tutti questi anni, è una soddisfazione personale ma anche di tutte le persone che mi hanno accompagnata. Come intende esattamente il termine “integrazione”? La realtà è una società formata da cittadini autoctoni e stranieri, l’obiettivo è una società in cui i cittadini siano uguali davanti alla legge. In Italia esistono quasi 5 milioni di abitanti di origine straniera che chiedono attenzione e risposte. La base per avviare un discorso d’integrazione è attuare politiche che realizzino una convivenza civile e una nuova coesione sociale tra italiani e migranti. Il mio ministero si occuperà anche di scuola, sanità, lavoro, in collaborazione con tutti i ministeri; è un ministero trasversale che deve parlare con tutti e di tutti i temi, realizzando una vera “interazione”, senza “g”. Cosa potrà cambiare con il suo operato nel diritto di cittadinanza? Una riforma della legge sulla cittadinanza è necessaria, è un tema che non può rimanere inascoltato. Diicile però dire ora come, anche perché dovrò lavorare trasversalmente, cercando uno spazio comune e un percorso di condivisione. Nel Paese esistono realtà evidenti che non si possono ignorare, devono essere riconosciute. Il tema della cittadinanza va discusso sulla base dei diritti umani fondamentali e sulla base di criteri che tengano conto del vissuto di una persona su un territorio, del percorso scolastico. Io punto all’agevolazione e alla sempliicazione dell’iter burocratico e credo che mettere tutto sul piano dei diritti velocizzerebbe l’espletamento delle pratiche amministrative. Sarà il Parlamento a decidere, ma io richiamo l’attenzione sull’esistenza del problema. Non risolverlo determinerebbe il peggiorare delle cose. Come si può migliorare secondo lei la gestione dei CIE (Centri di Identiicazione ed Espulsione), dove accade che vengano violati i diritti fondamentali della persona? I CIE non sono di mia diretta competenza, ma del Ministero degli Interni e della Giustizia. È chiaro che essendo il mio un ministero trasversale, potrò intervenire su punti che riguarderanno politiche di integrazione, buone pratiche o individuazione di problemi che possono creare disagio al cittadino, cercanLUGLIO 2013 - BARRICATE 5 BARRICATE E PALAZZI Ph: Dante Farricella do un dialogo. A proposito di dialogo, è la prima volta che in un governo di larghe intese sono compresenti due partiti storicamente e ideologicamente distanti, PD e PDL. Lei che ha militato tanti anni nel Partito Democratico durante la sua carriera politica, come vive questa singolare situazione? La scommessa è proprio questa: tanti partiti, tante realtà messe insieme che devono cercare di dialogare. Di certo su alcuni punti, con alcuni partiti, faremo fatica, ma l’obiettivo è cercare un nuovo linguaggio per parlare di politica. Dobbiamo (e lo si deve pretendere da parte del governo) assumerci a responsabilità di scelte politiche per il bene di tutti, indipendentemente dai risultati cui arriveremo. Come si colloca a suo avviso l’Italia in tema di diritti umani, e in particolare di diritti civili, rispetto ad altri Paesi europei? In Italia ci sono ancora molte questioni che devono essere risolte e spero che si possano afrontare già da questa legislatura, approittando anche della presenza così massiccia in Parlamento della società civile e dell’esperienza della Presidente della Camera Laura Boldrini. Ricordiamo che l’UNHCR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ndr) ha più volte condannato l’Italia a suo tempo… È necessaria la collaborazione di tutti ainché l’Italia possa portare le politiche sui 6 LUGLIO 2013 - BARRICATE diritti umani a livello europeo. Dico questo con un particolare riferimento alle politiche per l’immigrazione: sono abbastanza recenti e devono essere ricondotte alle caratteristiche del fenomeno migratorio veriicatosi dopo gli anni ’90, diverso rispetto ad altri Stati che hanno vissuto un’immigrazione più antica e forte da Paesi ex colonie. A immigrazione diversa è corrisposta una politica diversa, ma ciò non toglie che oggi vada migliorata. Quali passi preliminari sono necessari? Bisogna palare sempre più di cittadinanza attiva e manifestare questa nuova fotograia dell’Italia, il “meticciato” della convivenza, che è ormai una realtà concreta. Anche attraverso la comunicazione e i media dobbiamo imparare a utilizzare le parole giuste, un linguaggio nuovo in grado di descrivere questo cambiamento. Ora che è Ministro riesce a mantenere i contatti con la base? Non è facile… Oltre agli impegni istituzionali ora vivo sotto l’accompagnamento della scorta, non sono più libera negli spostamenti, anche se sto cercando di mantenere un contatto, compatibilmente con le restrizioni per la sicurezza. Spero che anche la società civile possa fare un passo verso di me. Laddove venga a mancare la mia presenza, ci sarete voi a venirmi incontro! Cécile Kyenge Kashetu nasce in Repubblica Democratica del Congo. In Italia dal 1983, si laurea in medicina e chirurgia, specializzandosi successivamente in oculistica e si impegna al servizio della promozione sociale e dell’integrazione. Nel 2004 viene eletta in una circoscrizione del comune di Modena per i Democratici di Sinistra e in seguito diviene la responsabile provinciale del Forum della Cooperazione Internazionale ed immigrazione. Nel 2009 è eletta consigliere provinciale a Modena per il Partito Democratico e diventa responsabile regionale delle politiche dell’immigrazione del PD. Nel 2010 è scelta come testimonial nella campagna di sensibilizzazione sull’immigrazione realizzata dall’Uicio di Roma dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM). È Presidente dell’Associazione Interculturale DAWA, dell’Associazione Giù le Frontiere e del comitato scientiico dell’Istituto Italiano Fernando Santi ed è portavoce nazionale della rete Primo Marzo. Il 25 febbraio 2013 è eletta deputato alla Camera per il PD in Emilia Romagna. Dopo l’elezione, promuove con altri irmatari una proposta di legge sul riconoscimento della cittadinanza ai igli di immigrati nati sul suolo italiano. Dal 28 aprile 2013 è Ministra dell’Integrazione. IL DIRITTO DI CITTADINANZA Ius soli: diritto del suolo. La cittadinanza è conseguenza della nascita nel territorio di uno Stato, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta dai genitori. Ius sanguinis: diritto del sangue. La cittadinanza è conseguenza della nascita da un genitore in possesso di una determinata cittadinanza. In Italia, tranne rare eccezioni, vige lo ius sanguinis in una versione particolarmente restrittiva rispetto ad altre nazioni europee ed ormai inadeguata ai mutamenti demograici e sociali. La riforma legislativa proposta da Cécile Kyenge si potrebbe deinire uno ius soli “temperato”: cittadinanza italiana a chi nasce in Italia da genitori stranieri regolarmente residenti nel Paese da almeno cinque anni, o a minori che abbiano completato almeno un ciclo di studi scolastici. Nigraz Aka Simone Pontieri nasce ad Ancona nel maggio 1979. Inizia a lavorare in teatro come realizzatore di scenograie, collaborando anche con Dario Fo. Nel mondo del disegno, prima a Roma poi a Milano, realizza story board, concept design e animazioni per svariati spot tv, cartoni animati e video games. Dopo lun- ghe esperienze viene preso dal desiderio di fare altro e se ne ritorna nelle terre natie, dove in umile povertà inizia a fare ciò che vuole. Trova rifugio presso lo studio Kojac, dove ha la possibilità di sperimentarsi come disegnatore di fumetti e illustrazioni. I suoi disegni sono apparsi su libri e riviste underground e non, come Eli edizioni, AI, NPE, Comma 22 e Frigidaire. Ha collaborato con la Adriatica Produzioni Films e fondato nel 2011 assieme ad amici il Collettivo Ruvida, realizzando Live Painting e pubblicazioni auto prodotte. www.nigraz.blogspot.it LUGLIO 2013 - BARRICATE 7 LINGUAGGI GRAFICI: DAVIDE PASCUTTI 8 LUGLIO 2013 - BARRICATE BARRICATE E PALAZZI ECONOMIA Intervista a Nino Galloni QUI DI SOVRANO C’È SOLO IL DEBITO L’Italia, come gli altri Stati dell’Eurozona, ha abdicato alla propria sovranità monetaria aderendo all’Euro. Il risultato è la dipendenza da ogni forma di potere esterno, dai mercati e la Bce agli Stati più forti. Ne abbiamo parlato con un economista critico verso l’attuale sistema monetario. Per cercare le possibili vie d’uscita Domenico Alessandro Mascialino È possibile essere sovrani su un territorio e nel contempo essere schiavi di ogni potere esterno? È il paradosso nel quale si trova ogni giorno il popolo italiano, titolare ex Costituzione della sovranità e in realtà coninato a bordo campo, citando una canzone di qualche anno fa. Tralasciamo per un momento la lieve invadenza sulla vita del nostro popolo di Chiesa, Massoneria, Stati Uniti, maie, lobby industriali, lobby sindacali e concentriamoci invece su un aspetto che negli ultimi anni è diventato di importanza sempre crescente: il controllo della moneta. Della moneta e del suo funzionamento si sono occupate inora solo due categorie di persone. E cioè: 1) Chi con la moneta lavora professionalmente (banchieri, economisti, grandi aziende, politici ecc.); 2) I cosiddetti “complottisti”, che su Internet denunciano da tempo quella che considerano una trufa ai danni dell’umanità, chiamata “signoraggio”. Che consiste nella differenza tra il valore nominale della moneta in termini di beni e servizi (es. tutto ciò che può essere acquistato con 100 euro) e il valore intrinseco della moneta all’atto dell’emissione dalla banca centrale (es. il costo di carta, inchiostro, lavorazione). Le banche centrali, spesso private, sono accusate di accumulare proitti ai danni degli Stati e dei cittadini, che si indebitano (impegnando beni reali) per farsi prestare, fondamentalmente, carta straccia. Questo prima della crisi. Adesso, con l’avvento dell’Euro e la crescente inluenza dell’Unione Europea, sommati alla scarsità di lavoro e ammortizzatori sociali, la questione monetaria è diventata un argomento di primo piano. Giornalisti, professori, membri delle istituzioni sempre più si interrogano se l’adesione alla moneta unica sia stata, o no, un bene per il nostro Paese. Le leve della ricchezza di una nazione Per sovranità monetaria si intende la capacità dello Stato di stampare una propria moneta, attraverso una Banca centrale nazionale o il ministero del Tesoro. In questo caso, è lo Stato a decidere quanta moneta immettere in circolo e quanta ritirarne, manipolando leve come l’inlazione e la spesa pubblica. Viceversa, quando non si ha moneta propria ma la si prende a prestito (come nel caso dell’Euro, che viene immesso dalla Banca centrale europea nei mercati di capitali privati), gli Stati sono costretti a procurarsela da chi la detiene, cioè investitori, banche, altri Stati e così via. Ne consegue che la capacità dello Stato in questione di essere “aidabile” per restituire i prestiti e la sua competitività sui mercati internazionali diventano questione di LUGLIO 2013 - BARRICATE 9 10 LUGLIO 2013 - BARRICATE illustrazioni Elibee vita e di morte. Nel senso letterale del termine perché, nel caso in cui il Paese rimanga a secco di prestiti, il risultato è non avere più i mezzi per pagare le spese necessarie alla cittadinanza, come stipendi di dipendenti pubblici e pensioni. Aggiungeteci le richieste di austerity che ci vengono dall’Europa anche grazie al Fiscal Compact, e si spiega perché lo Stato non può a norma di legge intervenire per salvare tutti quei poveracci che non riescono più a tirare avanti e che aumentano di giorno in giorno. Per capire l’importanza della questione, potremmo citare l’aforisma attribuito al banchiere tedesco Mayer Amschel Rothschild (1744-1812), che osservò: “Datemi il controllo della moneta di una nazione e me ne inischierò di chi ne scriverà le leggi”. Cercare soluzioni Restando in tema di citazioni, due anni fa il premio Nobel per l’economia, Paul Krugman, afermava: “Adottando l’Euro l’Italia si è ridotta allo stato di una nazione del Terzo Mondo, che deve prendere in prestito una moneta straniera, con tutti i danni che ciò implica”. Nel numero precedente, Barricate ha intervistato il giornalista Paolo Barnard, che riteneva che il problema della sovranità monetaria fosse da risolvere uscendo dalla moneta unica, tornando a stampare valuta nazionale e impostando politiche di stampo neokeynesiano per sostenere famiglie e imprese. Sul sito del giornalista è possibile consultare il “Programma di salvezza economica per l’Italia”, stilato con gli economisti della scuola Memmt (Mosley Economic Modern Money Theory). A livello politico, negli ultimi tempi si è interessato alla questione anche il Movimento 5 Stelle, che con un intervento alla Camera del deputato Carlo Sibilia ha denunciato il fenomeno del signoraggio, chiedendo al presidente Letta, “uomo Bilderberg, come il suo predecessore Mario Monti e come il presidente della Bce, Mario Draghi” per quale motivo “se la moneta è di proprietà dei cittadini, dello Stato, banche private ce la prestano”. Tra le realtà che si interessano del problema c’è l’Unione dei Movimenti, un progetto nato nel maggio 2012. I suoi promotori denunciano “una deriva oligarchico-inanziaria del sistema, gestita da poteri e forze che hanno deviato la nostra democrazia e lo spirito della Costituzione”, tra cui “massonerie iniltratesi nei gangli delle istituzioni, delle professioni e dei poteri tramite ricatti e minacce”. Nel loro progetto per una nuova politica, prevedono “la sovranità monetaria e la nazionalizzazione della Banca d’Italia”. Per questo numero, Barricate ha sentito uno dei suoi promotori, l’economista Nino Galloni, in passato direttore del Ministero del Lavoro e funzionario del Ministero del Bilancio. Dott. Galloni, sul tema della sovranità monetaria lei è molto critico verso la cessione che ne è stata fatta. Ci spiega il motivo? La sovranità monetaria viene di solito esercitata dallo Stato o da un’istituzione che ne ha il potere e consiste nell’attribuire valore legale alla moneta. Ciò vuol dire che nessuno può riiutarla per estinguere i propri crediti, nemmeno lo Stato. I cittadini potrebbero, in teoria, esercitare direttamente questa sovranità, in modo complementare o esclusivo. Il problema è che oggi merci e servizi abbondano, mentre la BARRICATE E PALAZZI moneta scarseggia anche per gli investimenti socialmente necessari. Ciò signiica che la sovranità monetaria è male amministrata. Gli Stati nazionali, come l’Italia, se ne sono privati, invece avevano solo il potere di delegarla a un’autorità sovraordinata come la Bce. Quest’ultima ha garantito liquidità per migliaia di miliardi di euro alle banche (che li perdono in attività speculative assurde e poi fanno scarseggiare il credito all’economia reale), però nulla arriva alle imprese e alle famiglie. Quindi, o la Bce riporta la moneta alla sua funzione, oppure non c’è stata delega di sovranità, ma la sua cancellazione, e questo gli Stati non potevano farlo. Se la Bce non esercita la sovranità monetaria per conto dei popoli e degli Stati, questi ultimi se la devono riprendere. La questione della sovranità monetaria si lega a quella dell’economia italiana. Lei ha afermato che, a un certo punto, qualcuno ha voluto frenare l’espansione industriale del Paese. Chi è stato e perché? Alla ine degli anni ’70 l’Italia stava avvicinando la Francia e preoccupava la stessa Germania, dopo aver superato l’Inghilterra. Questo grazie ad agevolazioni alle industrie private, sviluppo delle partecipazioni statali e valorizzazione delle capacità del nostro popolo. Eravamo competitivi, ma anche molto macchiati da corruzione, clientelismi e sprechi. Così nel 1981 si decise di porre ine a tale situazione, senza preoccuparsi di travolgere anche il buono che c’era nella nostra economia, costringendo lo Stato a inanziare il proprio fabbisogno monetario ricorrendo direttamente al mercato (in realtà le grandi banche che ne approittarono) senza la collaborazione della Banca d’Italia. Dopo una decina d’anni maturarono le condizioni che avrebbero portato all’Euro. Ma questo non sarebbe stato possibile se, dopo la caduta del muro di Berlino, la Germania non avesse rinunciato al marco e la Francia non avesse accettato la riuniicazione tedesca in cambio di un indebolimento industriale e produttivo dell’Italia. Nel corso del 1989 Mitterand e Kohl si erano messi d’accordo, in Italia, con gli stessi che avevano voluto interrompere gli investimenti pubblici e l’uso della leva del cambio (Carli, Ciampi, Conindustria, ecc.), ma l’ago della bilancia era Giulio Andreotti, passato da una posizione poco europeista a consentire il fatidico passaggio. Molti approittarono, nel decennio successivo, della svendita del patrimonio pubblico a scandalosi prezzi di magazzino e l’Italia perse gran parte dei suoi strumenti industriali. Lei è piuttosto critico anche NINO GALLONI È un economista, autore di li- bri come “Chi ha tradito l’economia italiana? (2011)” e “La moneta copernicana” (2009), scritto con Marco Della Luna. Attualmente sindaco efettivo dell’Inps, è stato, tra gli altri incarichi, Direttore generale del Ministero del Lavoro e funzionario di ruolo del Ministero del Bilancio e del Tesoro. LUGLIO 2013 - BARRICATE 11 verso questa Unione Europea. Cosa le contesta? L’evidente insensatezza e insostenibilità delle varie misure di austerity (vedi il MES e il Fiscal Compact), costosissime in termini produttivi, sociali e inanziari. Anche i vincoli di Maastricht erano arbitrari e assurdamente uguali per tutti: invece di tendere alla convergenza, mettevano sullo stesso piano chi aveva molte risorse da valorizzare (disoccupazione) e chi no. La solita storia: il debole che diventa ancora più debole e il forte che diventa ancora più forte. Se l’Italia decidesse di tornare alla moneta nazionale, cosa occorrerebbe fare poi? Se l’Euro non riesce a inanziare quegli investimenti che ci porteranno all’equilibrio economico sociale, allora è meglio tornare alle valute nazionali. Quindi, o i leader tornano ad aiutare i deboli, oppure ognuno per sé. La diicoltà per l’Italia non sta nell’abbandonare l’Euro, gestire i debiti o predisporsi a una crescita dei prezzi delle importazioni necessarie (che sarebbero compensate da maggiori esportazioni e minori importazioni non necessarie), ma nel capire come questo esercito di disoccupati e precari non qualiicati possa impegnarsi in modo produttivo. Ovviamente dovremmo tornare alla situazione pre-81, non a quella pre-Euro. Lei ha ipotizzato anche soluzioni come il ricorso alla moneta complementare. L’Euro potrebbe convivere con una o più monete nazionali? Sì, nel passato abbiamo avuto doppie e triple circolazioni monetarie: moneta internazionale, moneta nazionale, moneta dei piccoli acquisti. 12 LUGLIO 2013 - BARRICATE Elibee È nata in Svizzera nel 1983. Ha studiato Cinema e Televisione all’Università di Bologna ed animazione alla Scuola Civica di Milano. Attualmente abita a Milano e si occupa di video, illustrazione e murales. Ha all’attivo 4 cortometraggi di animazione (selezionati al Cortoons Film Festival di Roma, Corto Globo Film Festival, Ginosa Film Festival e Japan Anime Fair), diversi murales sparsi per la Lombardia, numerose illustrazioni stampate su Banlieue (Le Gran Jeu Edizioni), Nurant e pubblicate su svariati siti (Milanox, Shedonism, AlilaMag e Ecxlesior Store Milano). Di recente è diventata una delle artiste della “Gallery of Fashion Art” di Winsdor&Sparrow. www.elibee.net BARRICATE E PALAZZI FISCO TASSE: LA GIUSTA RICETTA PER UN PAESE FARABUTTO Se posso dedurre tutto quello che spendo per vivere, pago il giusto e applico la Costituzione. Ma non è che poi lo Stato inisce in brache di tela e mi toglie l’assistenza sanitaria? Il rischio c’è… Mauro Ferri Ph: archivio Acanto 1- Ma voi ce lo vedete il potente e silente Vieri Ceriani, prima consulente di Tremonti, poi sottosegretario con Monti, oggi consigliere di Saccomanni, “massimo esperto di tasse in Italia ... depositario di un sapere che può valere per il Tesoro qualche miliardo di Euro” (Marco Palombi, Il Fatto Quotidiano, 12 giugno 2013), mettere in atto una simile manovra? Apriamo il libro dei sogni. Nella favola di questa estate inalmente sbocciata c’è un Governo italiano che in autunno, con la legge inanziaria, approva la riforma del sistema iscale e permette a tutti di dedurre dalla base imponibile l’intero costo del nostro vivere. Non solo. Abolisce gli studi di settore, sopprime gli Ordini professionali, ripristina il reato di falso in bilancio (forse questo potrebbe davvero farlo), toglie la cedolare secca sugli afitti.1 Nel sogno siamo tutti a raccogliere come disperati gli scontrini, a pretendere fatture e ricevute iscali, ad ammucchiare pezzi di carta di ogni genere sperando di non perderne troppi per strada, a fotocopiare quelli di carta termica, sennò sbiadiscono; per ogni spesa pensiamo anche a quante tasse risparmiamo. Poi a ine anno recuperiamo il malloppo, riordiniamo in qualche modo il tutto e lo mandiamo al isco: “Ecco, que- IN SOLDONI ... L’idea sostenuta dall’Associazione Articolo 53 (cfr. BARRICATE N° 3, maggio 2013) per rendere equo il sistema iscale italiano e applicare una volta per tutte la Costituzione si basa sul principio che ciascuno contribuisce in base alla propria capacità, tolto quello che occorre per una vita dignitosa. Quindi giù a raccogliere scontrini e fatture per tutto, cibo, vestiti, casa, auto etc. e si paga su quello che resta, in pratica sul risparmio (per chi ci riesce, a risparmiare). Troppo poco per il fabbisogno dello Stato? No, assicura l’Associazione, perché tutto il nero che emergerebbe assicurerebbe adeguata redditività. A condizione, però, di togliere gli studi di settore, perché non si possono forfetizzare le tasse (tra l’altro violando la Costituzione). In tre anni il sistema si aggiusta e non saremo più un popolo di “appena posso, evado”. Ipotesi concreta o utopica? Ecco alcuni interessanti pareri in merito. LUGLIO 2013 - BARRICATE 13 Ph: archivio Acanto 14 LUGLIO 2013 - BARRICATE Ph: Insidefoto sto è quello che ho guadagnato, questo è quello che ho speso. Quanto ti devo?” I commercialisti la smettono di fare i segretari passacarte dello Stato e possono inalmente occuparsi di dare assistenza qualiicata a imprese e professionisti. Poi il sogno vola alla prossima primavera; tra una tornata elettorale e l’altra lo Stato fa i conti. Finalmente sapremo quanta evasione abbiamo recuperato e se il gettito è quello delle attese. Ma quando il ministro competente di turno, nel sogno non ricordo se era ancora Saccomanni, appare in tv per dirci cosa è accaduto, mi sveglio. Insomma, l’accattivante idea suggerita da Roberto Innocenti Torelli e dall’Associazione che presiede potrebbe davvero funzionare, se si volesse? Il problema è solo politico, o ci sono oggettive dificoltà tecniche? Lo abbiamo chiesto a un paio di persone che queste cose le conoscono bene: Tatiana Oneta, iscalista di Altroconsumo, e Alessandro Lelli, responsabile del Dipartimento Economia e Finanze dell’Italia dei Valori, due voci con la stessa perplessità: “Non credo che il criterio di dedurre tutto possa generare lo stesso livello di entrate, che occorrono tutte, se vogliamo mantenere uno Stato sociale” sostiene Tatiana Oneta “e poi non sono d’accordo che non sia del tutto applicato l’art. 53, l’IRPEF per esempio è progressiva. Sono però d’accordo sul fatto che ci sono grossi livelli di iniquità e distorsioni enormi.” Secondo Alessandro Lelli, quello del rispetto della Costituzione è un vulnus che non riguarda solo l’art. 53, ma anche lui ritiene che scaricare tutto sia impossibile: “Il concetto è in teoria sano, ma alla ine lo Stato ci rimetterebbe. Infatti non c’è alcun Paese che applica questo criterio, nemme- no gli Stati Uniti. Se fosse davvero l’unica soluzione possibile, qualche Stato, non di quelli ‘canaglia’, lo avrebbe già applicato.” Secondo l’Associazione Art. 53 sono esclusi i beni di lusso e poi ci sono comunque alcuni parametri di indeducibilità. “Ma è dificilissimo valutare le discrezionalità dei diversi beni, per esempio, lo abbiamo detto anche a Torelli, un cappotto è un bene necessario, ma tra i quattromila euro di quello di cachemire e i trecento di una svendita c’è una bella differenza. È una complicazione infernale capire cosa scaricare, avremmo regole pazzesche.” “Comunque ci sono margini di manovra” dice Tatiana Oneta “per esempio, ci sono esempi all’estero dove i lavoratori dipendenti possono dedurre le spese dei pasti fuori casa e i costi per recarsi al lavoro.” E ribadisce: “Bisogna capire il livello di tassazione che si vuole per gestire uno Stato sociale.” Ph: archivio Acanto BARRICATE E PALAZZI Per Torelli e i suoi le coperture ci sarebbero proprio grazie al recupero del sommerso. “No” ribatte Lelli “lo Stato ci perderebbe pur colpendo tutti gli evasori. Facciamo l’esempio delle necessità primarie, il cibo. Tutto quello che compro al supermercato è fatturato. In realtà la quota di nero di questo genere di consumi è minoritaria.” “Le faccio un esempio pratico” aggiunge Oneta “la cedolare secca per gli afitti. Quel reddito è tassato al 21% senza pagare altro; lo Stato aveva previsto di guadagnare tre miliardi l’anno perché si pensava che tutto il nero sarebbe saltato fuori, in realtà ha perso due miliardi: chi era in regola ne ha approittato per risparmiare e il sommerso è rimasto sommerso. E qui si viola davvero la Costituzione, che dice che l’Italia è una repubblica basata sul lavoro e non sul capitale, ricordiamoci che il lavoro è tassato al 23%.” Quindi? Per la iscalista di Altroconsumo il problema italiano è di testa. “Sin dai tempi dello Statuto Albertino, che avete citato nell’articolo, siamo stati abituati a essere vessati. C’è una sostanziale siducia nei confronti dei Governi.” Che sia un fatto di mentalità lo dice anche l’economista dell’IDV: “Siamo un Paese farabutto: 350 miliardi di redditi non dichiarati, che corrispondono a 150/200 miliardi di evasione, cui se ne aggiungono tra 50 e 80 di evasione IVA e altri 60/70 dovuti alla corruzione.” In qualche modo bisognerà pur fare. “L’evasione iscale va colpita in altro modo” sostiene Oneta “con strumenti davvero punitivi, non con i condoni, che inducono la gente a pen- sare ‘intanto pago poco, bene o male le cose le sistemo in qualche modo’. Con tutte queste situazioni di comodo per i grandi evasori, perché devo essere spinto a pagare le tasse?” “Bisogna rendersi conto che è una guerra” dice Lelli “e noi, come Dipartimento Economia dell’Italia dei Valori, abbiamo la proposta per vincerla: obbligare all’uso della moneta elettronica, carte di credito e bancomat. Basta con i contanti.” Ne parlò anche Report tempo fa. Anche qui ci sono un po’ di problemi, o sbaglio? “Due sono le obiezioni principali: gli anziani che avrebbero dificoltà e i costi delle banche. Il primo è una leggenda metropolitana, quanti anziani prelevano col bancomat e poi pagano in contanti? E comunque è un problema transitorio, per questioni anagraiche. Il secondo è solo un problema di accordi tra lo Stato e l’ABI. Con i risparmi tecnici legati al minore uso e produzione di carta moneta, il modo per risarcire le Banche e convincerle a togliere le loro commissioni ci sarebbe.” Una trattativa comunque complessa. “È un progetto globale, va discusso. Però pensi che con i pagamenti elettronici tutta la iliera a monte è obbligata a fatturare.” Così, pagando tutti (o quasi) le tasse potrebbero diminuire senza sacriicare lo Stato sociale e non dovremmo preoccuparci di raccogliere centinaia di pezzettini di carta. Un altro libro dei sogni? LUGLIO 2013 - BARRICATE 15 CIVISMO CITTADINI PROTAGONISTI Lista Civica Italiana: un nuovo standard per fare politica dal basso Andrea Galli Abbiamo bisogno di un nuovo umanesimo. Dobbiamo rimettere al centro dei nostri pensieri e delle nostre azioni l’essere umano, ripensare la nostra vita, individuale e di relazione. Ripartire dai bisogni primari per ricostruire una politica che sta morendo, per correggere e migliorare un modello di vita e di sviluppo che ci sta conducendo dritti nel baratro. La politica italiana ha smesso di occuparsi con responsabilità del bene comune e da troppo tempo ha trattato I cittadini come fossero sudditi. Ora è tempo che gli stessi cittadini alzino la testa e facciano sentire la loro voce sovrana, che negli anni è stata progressivamente messa in sordina dallo strapotere partitocratico. Ripartire si può e si deve, senza dare spazio a delusione o a sconforto. Un’altra visione politica, più umana, più equa, lontana dal compromesso e da logiche scriteriate che permettono a pochi di arricchirsi sfruttando i beni comuni è possibile. Di fronte all’attuale emergenza economica, sociale e democratica è indispensabile reagire. È ciò in cui crede fermamente Lista Civica Italiana, un’aggregazione nata da un percorso politico condiviso iniziato nel 2010 e che ha visto la partecipazione di movimenti, associazioni e reti civiche di tutta Italia. Lista Civica Italiana si è costituita il 7 ottobre 2012 a Firenze, la città culla del Rinascimento, mentre il primo congresso nazionale si è svolto 16 LUGLIO 2013 - BARRICATE il 13 e 14 aprile 2013 a Rimini. Già, perché, mutatis mutandis, l’obiettivo di Lista Civica Italiana è proprio quello di fare rinascere la politica, intesa come arte suprema di governare al meglio la società, ponendo al centro le persone, come se fossero l’Uomo vitruviano di Leonardo da Vinci. Lista Civica Italiana, come è possibile notare dal suo simbolo, si rivolge a una pluralità di sessi, di età e include nella sua visione anche tutti gli altri viventi rappresentati da un cane stilizzato che ricorda che sul pianeta non c’è solo il genere umano. Lista Civica Italiana nasce per essere un’alternativa radicale e credibile ai partiti tradizionali. Un’alternativa vera, non una operazione di facciata come spesso è successo per gruppi di potere che hanno cambiato le apparenze senza cambiare sostanza e attori. Per veriicare che LCI costituisce una notevole innovazione nel panorama politico italiano è suficiente leggere la carta d’intenti, lo statuto e i punti programmatici. Tra i principi ispiratori troviamo ad esempio l’applicazione della democrazia diretta al proprio interno; l’afiancamento a livello nazionale della democrazia diretta alla democrazia rappresentativa allo scopo di dare più voce e potere ai cittadini; la riforma della politica con misure anti-casta quali la limitazione del numero di mandati, l’abolizione dei privilegi e la revisione [email protected] www.listacivicaitaliana.org BARRICATE E PALAZZI del inanziamento dei partiti; la difesa del territorio, dei beni comuni e della legalità; la riconversione ecologica dell’economia; la difesa dell’occupazione e delle piccole e medie imprese, la iscalità equa e progressiva secondo l’art.53 della Costituzione; la nonviolenza, il ripudio della guerra e la riduzione delle spese per armamenti; l’attuazione della Costituzione. Tre le parole chiave: democrazia (la voce del cittadino deve tornare ad essere sovrana), sostenibilità (l’economia deve rimanere all’interno dei limiti del pianeta e muoversi in parallelo con il benessere diffuso e l’equità sociale), civismo (essere civici signiica impegnarsi per ricostruire il senso di cittadinanza attraverso un processo culturale che punti a ricreare persone consce dei loro diritti e doveri e iduciose nelle potenzialità positive date dal vivere in uno Stato dotato di principi costituzionali e di regole democratiche). E proprio l’essere civici costituisce quel quid che fa la differenza rispetto ai partiti attualmente in circolazione, che non rappresentano più i cittadini, ma solo loro stessi. In tutte le città italiane ci sono cittadini coscienti, attivi e partecipi che costituiscono gli interlocutori ideali di Lista Civica Italiana. Pensiamo alla potenzialità dei civici: le liste civiche esprimono oltre il 75% dei sindaci, una percentuale enorme a fronte, però, dell’incapacità di avere una rappresentanza parlamentare. Per quale motivo? Perché spesso le liste civiche sono emanazioni dei partiti oppure sono fondate da personaggi che dai partiti provengono o in altri casi sono costrette ad alleanze con i partiti tradizionali che alla ine le fagocitano o le distruggono o ancora sono così idealistiche che alla ine non riescono ad incidere e fanno pura testimonianza. Quello di cui c’è bisogno è di un soggetto politico che sia al tempo stesso civico e nazionale. Che raccolga le esperienze migliori dei singoli territori, le unisca nel rispetto delle speciicità di ciascuno e le traduca in una lingua comune, in modo tale che ne possa beneiciare l’intera nazione. Una strada tentata in passato, ma in ultima istanza fallita, perché mancavano in partenza intenti e modalità organizzative chiare e condivise. Oggi Lista Civica Italiana vuole trasformare le buone intenzioni in realtà. Non si tratta di un semplice soggetto politico, Lista Civica Italiana è una rete per fare politica dal basso, formata da liste regionali e municipali federate, in cui ogni singolo cittadino entra con lo stesso peso di qualunque altro soggetto e senza rinunciare alla propria identità. Nessun altro soggetto politico (vedi lo statuto di LCI) può vantare al proprio interno regole così democratiche che permettono a tutti di farsi ascoltare. Lista Civica Italiana appartiene a tutti gli aderenti, fornisce informazioni, formazione e una rete nazionale. Aderire è semplice e immediatamente si diventa parte di un soggetto nazionale che parla la stessa lingua e condivide gli stessi valori e principi. Per aderire basta scrivere all’indirizzo [email protected] o andare sul sito all’indirizzo www.listacivicaitaliana.org, dove si trovano anche i recapiti telefonici del coordinamento nazionale e quelli dei referenti territoriali e le indicazioni di come versare la quota di aderente. Con Lista Civica Italiani si diventa “Cittadini protagonisti”! LUGLIO 2013 - BARRICATE 17 POLITICA SENZA CAPI NÉ PADRONI Democrazia diretta, sovranità monetaria, ecologia. Il percorso innovativo della Rete dei cittadini Giancarlo Iacchini “In un’Italia che va dritta verso il baratro non possiamo stare fermi ed ignorare le malefatte della casta, fossilizzata e radicata sulle posizioni di comando.”1 La protesta contro una classe politica che ha ormai reciso ogni legame con i cittadini e i loro bisogni reali anima da tempo una miriade di gruppi e movimenti sul territorio. Uno di questi è la Rete dei cittadini, fondata nel 2009 con il concorso, tra gli altri, dello psicologo Pino Strano, che però alle ultime regionali del Lazio – come candidato presidente per la lista della Rete – ha preso soltanto lo 0,1% dei voti (poco meno di 3000): “Ci ha molto penalizzato il boom di Grillo – spiega il portavoce regionale Sergio Mazzanti – Un successo, quello del Movimento 5 Stelle, che ha oscurato tutto il resto, nel fronte delle forze alternative”. Il rapporto tra Rete e M5S è ben chiarito dallo stesso Strano: “Quello di Grillo è uno dei pochi programmi elettorali che ho letto con piacere; infatti ci sono cose bellissime, in gran parte simili ai punti che anche noi abbiamo proposto, però c’è un dato fondamentale che ci divide: la questione della democrazia. Noi non abbiamo capi, e tantomeno guru. Il potere deve essere dato per davvero ai cittadini, se vogliamo parlare 18 LUGLIO 2013 - BARRICATE di democrazia diretta. Ed è impossibile lottare per la democrazia senza applicarla al proprio interno”. Totalmente orizzontale (e il nome Rete non è stato scelto a caso), il movimento ha una base laziale ma iscritti e referenti in diverse altre regioni. Organizza iniziative (tavole rotonde, laboratori, conferenze e giornate di mobilitazione) su varie tematiche quali l’indipendenza energetica e alimentare, i beni comuni, il consumo critico e l’esperienza dei GAS (i gruppi d’acquisto solidali) oppure anche – il 1° maggio – una “Festa del lavoro utile”. Con tanta insistenza sul tema della sovranità monetaria (“La Banca centrale è illegale perché non è pubblica come anche la legge prevede, e andrebbe nazionalizzata. Finché il popolo italiano rimarrà sotto quel capestro non si uscirà mai dalla crisi. Il debito pubblico è inestinguibile, perché si avvita a causa degli interessi: senza questa zavorra non si genererebbe alcun deicit”). E poi l’attenzione al sociale (lotta alla precarietà), il no alla cementiicazione e agli inceneritori, “zero riiuti e zero sprechi” e il taglio dei compensi alla casta: “Se i politici avessero il coraggio di agganciare i loro stipendi alle pensioni minime dei lavoratori, poi potrebbero aumentarseli quanto vogliono!”, dice beffardo Pino Strano. A sintetizzare l’impegno della Rete nei suoi tre anni e mezzo di vita ci pensa Sergio Mazzanti: “Ci siamo 1- www. retedeicittadini.net/ blog/2013/04/prosegue-il-cammino-direte-dei-cittadini BARRICATE E PALAZZI focalizzati ino ad ora su tre aspetti principali, che riassumono in un certo senso la storia di questi anni di impegno: 1) democrazia diretta; 2) sovranità monetaria; 3) ecologia. Su quest’ultimo punto diciamo quel che dicono gli ecologisti (quelli veri!): energie rinnovabili e, ancora di più, risparmio energetico; stop al consumo del territorio; economia basata sui bisogni dei cittadini; riciclo e riuso, eccetera. Sugli altri due aspetti siamo più innovativi: portiamo avanti strumenti di scambio economico complementari e alternativi all’euro (non solo lo Scec, ma anche proposte ancora più nuove, come la ‘cambiale sociale’); e denunciamo le storture dell’attuale sistema monetario. Quanto alla democrazia diretta, abbiamo sposato e soprattutto veriicato sul campo le pratiche di partecipazione già elaborate da vari gruppi. Affermiamo appunto che la democrazia diretta non deve essere solo propugnata a parole, ma applicata in primo luogo ai soggetti che se ne fanno paladini, altrimenti non è credibile”. E questa, come si è già detto, è la maggiore critica mossa ai 5 Stelle: “Un partito – attacca Mazzanti – che di fatto è il meno democratico di tutti: peggio ancora dello stesso PdL! Invece la nostra struttura è orizzontale da ogni punto di vista, e ad esempio le nostre assemblee prevedono una rigorosa suddivisione del tempo che permetta a tutti i presenti di esporre e far pesare la propria opinione”. “Noi irmatari – recita al punto 1 il Manifesto fondativo della Rete – siamo singoli cittadini e rappresentanti di comitati, associazioni e gruppi politici, consapevoli che gli attuali partiti sono responsabili della gestione fallimentare della cosa pubblica”. E “ci impegniamo a creare giorno per giorno un’alternativa che restituisca al popolo ogni forma di sovranità, a partire da quella politica e monetaria”. E ai punti 3 e 4: “Riconosciamo come fondamentali i principi di partecipazione, trasparenza ed eficienza, della pace e della giustizia sociale, della legalità, dell’impegno civico, dell’ecologia, della tutela della salute, della laicità, della nonviolenza, della democrazia diretta, della lotta contro le maie”. Ed anche, cosa sempre importante e rivelatrice, “del confronto e del dialogo anche con coloro che non condividono il presente Manifesto, a prescindere da posizioni ideologiche o partitiche”: segno di apertura tutt’altro che scontato, visto che nella galassia “alternativa” c’è chi non riesce a dialogare neppure con quanti, condividendo al 99% le stesse istanze e contendendo dunque il medesimo spazio politico, diventano concorrenziali per la miope bandierina che si vuole difendere. LUGLIO 2013 - BARRICATE 19 LINGUAGGI GRAFICI: ROBERTO LA FORGIA 20 LUGLIO 2013 - BARRICATE BARRICATE E PALAZZI MOVIMENTI ANOMALIE DELL’ONDA Nascita, sviluppo e prospettive del movimento studentesco italiano Francesco Ballerini L’ultima espressione del movimento studentesco italiano si inserisce nell’ambito più ampio di protesta europeo: un movimento immerso in un ciclo di lotte contro la precarietà e la merciicazione del sapere (dal movimento francese anti-CPE alla Grecia, dalla Spagna alla Germania), improntato alla difesa dell’Università pubblica con una nuova idea di politica, immaginando un’alternativa al mondo e al capitalismo in crisi. In Italia nasce “L’Onda” nell’estate del 2008, in seguito all’approvazione da parte del governo Berlusconi delle leggi 133 e 169, con cui viene ridotto il Fondo per il Finanziamento Ordinario, inanziamento statale che costituisce la principale fonte di entrata per le Università italiane. Come spesso accade per questo tipo di fenomeni sociali, non è possibile issare una data precisa di inizio del movimento, ma c’è una giornata particolarmente signiicativa che segna l’inizio dell’esplosione dell’onda: il 16 ottobre 2008, a Roma, quando migliaia di studenti si riuniscono presso il rettorato dell’Università La Sapienza contro l’ormai uficiale approvazione della Riforma Gelmini. Le proteste si estendono a tutto il territorio italiano, coinvolgendo non soltanto studenti medi, superiori e universitari, ma anche insegnanti, genitori, ricercatori e precari del mondo dell’istruzione. Lo slogan “Noi la crisi non la paghiamo” è indicativo del salto di qualità del movimento studentesco dell’Onda rispetto ai movimenti sorti nel 2005 in polemica con l’approvazione della Riforma Moratti. L’oggetto della protesta, infatti, si amplia e gode di maggior respiro, connettendo il diritto allo studio con la necessità di un collegamento al mondo del lavoro, toccando i temi della merciicazione del sapere e dell’assoggettamento dell’Università alle dinamiche del mercato del lavoro -che sempre più richiede una conoscenza ”just in time”, orientata a produrre laureati in sovrannumero, in grado di apprendere velocemente nuove capacità (le “skills” ormai inserite nel format europeo del Curriculum Vitae) e di “aggiornarsi” continuamente. L’apice de “L’Onda” viene raggiunto nel biennio 2008-2010, momento in cui le diverse anime che componevano il movimento palesano le loro differenze interne: le reti autonome e disobbedienti che danno vita al coordinamento Uniriot da una parte, e dall’altra le reti più strutturate dei coordinamenti dei collettivi universitari che si raccolgono intorno ad Atenei in Rivolta. Si entra in tal modo nella seconda fase del movimento, deinita del “rilusso”, in cui l’obiettivo si amplia ulteriormente per puntare alla delocalizzazione contro le maie e la corruzione, la precarietà dei contratti lavorativi, il movimento No Tav, il movimento degli Indignati (nato dall’esperienza spagnola degli “Indignados”). Il coordinamento Uniriot nel 2011 comunica la ine del proprio ciclo soggettivo di movimento, in parte per i contrasti interni sorti con un’altra ala nascente, quella di “Uniti contro la crisi”; mentre invece Atenei in Rivolta si fa portavoce informativo di numerose attività, allargando il proprio orizzonte a temi internazionali, quali la primavera araba, il conlitto siriano e la recente crisi turca. Nel 2011 si diffonde in Italia anche un altro movimento di protesta internazionale, “The Occupy Movement”, partito a New York con “Occupy Wall Street” il 17 settembre 2011, che vede a Roma il 15 ottobre 2011, la partecipazione di 200.000 persone riunitesi nelle vie del centro storico per protestare contro la disuguaglianza LUGLIO 2013 - BARRICATE 21 economica e sociale, contestando l’ingerenza del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale nelle politiche di sviluppo nazionali. Si tratta di un altro ottobre “caldo” per Roma, con ingenti danni alla città e circa 135 feriti e 20 arresti. Il 31 marzo 2012 il movimento Occupy replica a Milano l’esperienza newyorkese di Wall Street, promuovendo davanti alla Borsa il corteo “Occupyamo Piazza Affari”. Testimonianza di questo allargamento di temi e obiettivi è anche l’inasprirsi delle attività dei movimenti contro la precarietà abitativa (tra i tanti merita attenzione “Action”), che danno vita a numerose occupazioni di stabili abbandonati, in particolar modo a Roma; con la collaborazione del “Coordinamento cittadino Lotta per la casa” vengono realizzate 20 occupazioni di stabili abbandonati con l’inclusione di 2000 famiglie, dati riportati in una recente manifestazione di coordinamento dei movimenti per il diritto alla casa. Inine è interessante menzionare l’attività informativa svolta dal coordinamento “Attac”, che nel proprio sito di riferimento www.italia.attac.org, si deinisce un “movimento di autoeducazione popolare orientata all’azione e alla costruzione di un altro mondo possibile”, e in effetti si inserisce nella rete internazionale “L’altermondialismo”, operante in 40 paesi del mondo con il ine di costruire un orientamento nuovo di sviluppo sostenibile in alternativa alla logica del neoliberismo contemporaneo. La frammentazione del movimento studentesco -ma non solo- ed il suo interessarsi ai numerosi temi che nel corso del tempo sono emersi per l’aggravarsi della crisi economica, non ha dunque giovato in termini di catalizzazione dell’attenzione su di un obiettivo preciso; talvolta l’intento originario de “L’Onda” sembra quasi perdersi in questo contesto. Tuttavia il fenomeno ha senz’altro dimostrato la necessità da parte delle istituzioni di prendere atto di un’insofferenza crescente nella popolazione italiana, giovane e non solo, una crisi della democrazia rappresentativa con una sempre maggiore richiesta di partecipazione alle logiche decisionali pubbliche. Nonostante l’aggravarsi della crisi economica globale, dunque, e più in particolare dei tagli all’istruzione pubblica, negli anni successivi è venuta a mancare quella forza dirompente e identitaria che ha caratterizzato la stagione calda 2008/2010, anche se il 2012 si conigura come l’anno in cui più sono pesati i tagli al Fondo per il Finanziamento Ordinario, in concomitanza con la politica di austerity promossa dal governo Monti. Pertanto sorgono, per il 2013, nuove prospettive per l’attivismo della società civile italiana. 22 LUGLIO 2013 - BARRICATE LINGUAGGI GRAFICI: PASQUALE LA FORGIA DIRITTO A SAPERE LUGLIO 2013 - BARRICATE 23 DIRITTI UMANI DIRITTI IN CAMMINO Naturali, universali, indivisibili, inalienabili. Senza i diritti umani non esiste giustizia, né libertà, né pace. Per una vita migliore basterebbe rispettarli Maria Chiara Ballerini illustrazioni Marilena Nardi Generazioni di diritti La prima tappa nel lungo cammino dei diritti umani è segnata dall’affermazione dei diritti civili e politici, chiamati “diritti di prima generazione”, che appaiono in stato embrionale già nella Magna Charta2. La loro piena affermazione è frutto delle rivoluzioni dell’età moderna (XVII-XVIII secolo), che limitano l’intervento del potere politico nella sfera individuale e rivendicano libertà quali il diritto alla vita, alla cittadinanza, all’opinione, alla sicurezza, al giusto processo, all’asilo politico, al matrimonio e alla famiglia, alla proprietà, all’associazione paciica, alla partecipazione al governo e alla vita pubblica. Nel corso dell’800 e del primo ‘900, grazie alle lotte dei lavoratori e dei movimenti femministi, si impongono i diritti di “seconda generazione”, ovvero i diritti economici, sociali e culturali, i quali richiedono un intervento attivo da parte delle istituzioni per potere essere esercitati: suffragio universale, diritto al lavoro, al salario, al riposo, all’istruzione, alla sanità, alla sicurezza, alla tutela della maternità e dell’infanzia. Con i diritti di terza generazione si affermano inine, dal XX secolo in poi, i diritti di solidarietà, il diritto dei popoli all’autodeterminazione, alla pace, allo sviluppo, alla salute, alla vita in un ambiente salubre. “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.” È l’articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti umani, proclamata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea generale del- Anche nel nostro Istituzioni e difesa dei diritti le Nazioni Unite, all’indomani degli La tutela istituzionale dei diritdemocratico Paese si ti umani a livello mondiale è oggi orrori e dei genocidi della II guerra mondiale. È il primo documento rilevano gravi violaafidata al Consiglio per i Diritti nell’intera storia dell’umanità che zioni dei diritti fonUmani delle Nazioni Unite, con il riconosce ad ogni individuo il dirit- damentali mandato di controllare il rispetto to di vivere dignitosamente per la dei diritti fondamentali nei diversi sola ragione di esistere. Paesi, rilevare le violazioni, aprire Cibo, acqua, dimora, autonomia, rispetto, lavoro, procedure speciali inviando esperti nelle zone “a amicizia, partecipazione: elementi ovvi e indi- rischio”, informare l’opinione pubblica. scutibili. Eppure i diritti umani fondamentali, di Nel vecchio continente vige la Carta dei diritti natura isica o psicologica, sono costantemente fondamentali dell’Unione europea, stipulata a Nizviolati in ogni parte del mondo, la Dichiarazione za nel 2000, che riunisce in un unico documento dell’ONU non è applicata adeguatamente nep- i diritti di cittadinanza europea e dedica le due pure nelle democrazie più evolute e i governi prime sezioni ai diritti civili. Perno fondamentale inadempienti raramente incorrono nelle sanzioni della Carta e condicio sine qua non per fare parte previste1. Il nostro Paese non fa eccezione. dell’Unione è il ripudio della pena di morte. 24 LUGLIO 2013 - BARRICATE 1- I Patti internazionali sui diritti civili e politici e su quelli economici, sociali e culturali, stipulati nel 1966, obbligano almeno formalmente gli Stati al rispetto della Dichiarazione e prevedono sanzioni in caso di violazione dei diritti umani. 2- La Magna Charta Libertatum, emanata in Inghilterra nel 1215, è il primo documento che sancisce diritti civili, riconosciuti però solo ai sudditi di alto rango. Altre tappe fondamentali sono il Bill of rights del1689, che estende libertà di religione, parola e stampa a tutti i sudditi della corona inglese, e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino approvata con la Rivoluzione francese nel 1789, che riconosce i diritti naturali della persona e l’uguaglianza di fronte alla legge. VOCI SOLIDALI Stringendo l’obiettivo sull’Italia, la nostra Costituzione (“la più bella del mondo, quando entrerà in vigore”3) è in effetti uno degli ordinamenti più incentrati sulla difesa dei diritti dell’individuo. In base al “principio personalista”, l’articolo 2 afferma che al centro dell’ordinamento giuridico italiano sta la persona umana, portatrice di diritti individuali e sociali inviolabili, e riconosce le principali libertà: vita, pensiero, espressione, religione; l’articolo 3, di importanza cruciale, stabilisce altresì il “principio di uguaglianza” tra i cittadini di fronte alla legge, senza alcuna distinzione4. 3- Roberto Benigni, La più bella del mondo, 17 dicembre 2012, Rai 1 4- La Costituzione italiana si può leggere on line su www. governo.it/Governo/ Costituzione/principi.html 5- Amnesty International è un’organizzazione non governativa indipendente, una comunità globale di difensori dei diritti umani che si riconosce nei principi della solidarietà internazionale. Conta in totale due milioni e duecentomila soci, sostenitori e donatori in più di 150 paesi; la sezione italiana ha oltre 80.000 soci”. Il sito è www.amnesty.it I diritti umani sono violati anche in Italia Il riconoscimento istituzionale non è di per sé garanzia suficiente del rispetto dei diritti fondamentali, che vengono disattesi ovunque, ogni giorno. Anche nel nostro democratico Paese si rilevano gravi violazioni dei diritti, lacune legislative e mancato rispetto di richiami internazionali. Dai tragici fatti del G8 a Genova nel 2001 ai casi di omicidi e violenze su persone in stato di detenzione, decine e decine di persone sono state vittime di gravissimi abusi e violazioni dei diritti umani da parte delle forze di polizia, e molti re- zionale che dal 1961 si assume il compito di denunciare l’assenza di giustizia, gli abusi di potere, sponsabili sono rimasti impuniti. L’Italia non fa suficiente ricorso alle misure al- la mancata applicazione delle norme sui diritti ternative alla detenzione, le carceri sono sovrap- umani, svolgendo attività di ricerca e di azione con l’obiettivo di prevenire ed elipopolate e occupate per ben il 40% minare le violazioni dei diritti. da persone non ancora condannate Amnesty InternatioDurante la scorsa campagna eletma solo in attesa di giudizio. nal ha proposto torale, la sezione Amnesty Italia In Italia ogni anno si veriica un creha denunciato la carenza di attenscente aumento di casi di femicidio all’Italia un’Agenda e violenza contro le donne, cui non di riforme in 10 punti zione per i diritti umani nei diversi programmi e ha lanciato la camcorrisponde un’adeguata risposta pagna nazionale “Ricordati che devi rispondere. da parte delle istituzioni. I rifugiati politici e i richiedenti asilo non sono L’Italia e i diritti umani”, chiedendo ai candidati di adeguatamente accolti e protetti, i lavoratori mi- irmare l’ “Agenda in 10 punti per i diritti umani in granti subiscono una situazione legale insicura, Italia”. Ad aprile il programma di riforme è stato nei Centri di Identiicazione ed Espulsione non sottoposto al nuovo presidente del consiglio Envengono rispettati i requisiti minimi per una vita dignitosa. Nel nostro Paese si veriicano violazioni nei confronti dei Rom, soggetti a sgomberi forzati o segregati in “aree di sosta” in condizioni precarie. Il governo italiano non tutela a suficienza da discriminazioni e manifestazioni di intolleranza le persone omosessuali, bisessuali, transgender, intersessuali, e le lacune legislative nel riconoscimento sociale delle famiglie “non convenzionali” impediscono loro di fatto il godimento di diritti umani fondamentali. Diverse imprese multinazionali con sede in Italia violano i diritti umani nelle aree del mondo in cui operano, ma non sono sottoposte a controllo né a misure normative. Il ruolo della società civile Il maggiore rappresentante della società civile nel controllo e nella difesa dei diritti umani è Amnesty International5, organizzazione internaLUGLIO 2013 - BARRICATE 25 VOCI SOLIDALI rico Letta e ai ministri competenti. L’Agenda di Amnesty si articola in dieci richieste in grado di condizionare le decisioni delle istituzioni sul piano interno e in ambito internazionale: garantire la trasparenza delle forze di polizia ed introdurre il reato di tortura; fermare il femicidio e la violenza di genere; proteggere i rifugiati e i migranti e rivedere gli accordi con la Libia sul controllo dell’immigrazione; assicurare condizioni dignitose nelle carceri; combattere l’omofobia; fermare la discriminazione etnica; creare un’istituzione nazionale indipendente per la protezione dei diritti umani; imporre alle multinazionali il rispetto dei diritti umani; impegnarsi nella lotta contro la pena di morte nel mondo e nella promozione dei diritti umani negli Stati con cui il governo italiano ha consolidate relazioni; favorire l’adozione di un trattato internazionale che ponga ine al commercio di armi irresponsabile. Se con l’impegno di tutte le forze politiche si giungesse all’attuazione di questi 10 punti, si porrebbero solide basi per una riforma sostanziale ed esaustiva dei diritti umani nel mondo intero. Un passo importante nel cammino verso la quarta generazione, quella che potrà davvero dirsi “universale”. Marilena Nardi Sono un’insegnante da oltre vent’anni. Da circa una decina, mi dedico all’insegnamento dell’illustrazione all’ABBAA di Venezia. Ho preso parte a centinaia fra mostre, rassegne, concorsi di graica umoristica, in Italia e all’estero, alcuni anche in veste di giurata. Numerosi i premi ricevuti, tra cui nel 2011 il Grand Prize all’undicesima edizione del World Press Cartoon Competition. Contemporaneamente, ho lavorato a lungo con Diario, con il Corriere della sera attraverso tutti i suoi inserti, Gente Money, Borsa & Finanza, Salute Naturale, Monthly, Avvenimenti e vari altri periodici. Più di recente ho lavorato con le riviste satiriche Il Misfatto, L’Antitempo, Il Ruvido, l’internazionale Fire. 26 LUGLIO 2013 - BARRICATE Qualche disegno anche per Il Nuovo Male e MicroMega online. Ininite le collaborazioni a blog di informazione e giornali online, tra cui l’Asino, Fany-blog e Anpi.it. Oggi disegno soprattutto per Il Fatto Quotidiano e per Barricate! Nel 2010 sono stata denunciata per due disegni pubblicati dal Fatto e riguardanti l’Anas. Ho ricevuto moltissima solidarietà, tra gli amici disegnatori e non solo, e il pieno sostegno legale dal mio giornale. Recentemente, per quella vicenda che sembrava conclusa, sono stata rinviata a giudizio. Ma i miei disegni saranno poi così pericolosi? Mah, strano paese l’Italia… A questo link una mia intervista curata da Francisco Puñal Suàrez: http://fany-blog.blogspot.it/2013/03/conmarilena-nardi-intervista-di.html www.marilenanardi.it www.facebook.com/marilena.nardi.1 [email protected] tel. 347 9936220 LINGUAGGI GRAFICI: SQUAZ LUGLIO 2013 - BARRICATE 27 GUERRA Intervista a Giovanni De Luna EXTREMA (IR)RATIO La violenza è diminuita rispetto al ‘900 (due guerre mondiali con trenta milioni di morti, l’incubo della bomba atomica e della distruzione del pianeta). Ma fuori “dall’equilibrio del terrore” è diventata più incontrollabile Martino Campagnoli Al pari di quanto all’umanità piace dirsi civile, illuminata, salvata ed evoluta, l’insensatezza della violenza e della guerra sono cresciute, passo passo aianco a noi. Al procedere incessante verso un benessere ed un progresso teoricamente in grado di toglierci tutti dalla barbarie della fame e della mera sopravvivenza. Mai come nel XX secolo l’umanità ha visto esplodere un progresso bellico ed una escalation di violenza attraverso le mutazioni dei conlitti da guerre tra Stati a guerre tra entità ideologiche, terroristiche, economiche. Una violenza che, sempre più, investe gli attori esterni del conlitto: i civili. Partiamo dal concetto di violenza bellica, cosa è cambiato entrando nel nuovo secolo? Il binomio violenza/guerra ha subito signiicative modiicazioni nel passaggio tra Novecento e post Novecento. La ine del bipolarismo USA/URSS ha sconvolto la conigurazione simmetrica delle guerre novecentesche. Non più Stati nazionali che si afrontano con eserciti regolari all’interno di convenzioni prestabilite e sapendo a che alla guerra seguirà puntualmente una pace. Oggi la guerra è diventata endemica, asimmetrica, difusa. Una guerra liquida, molecolare che non rispetta più le vecchie regole del diritto internazionale e non conosce le nuove. Che conseguenze porta questo cambiamento? La prima conseguenza è l’aumento a dismisura delle vittime civili. La seconda è il cambia28 LUGLIO 2013 - BARRICATE Giovanni De Luna con Andrea Camilleri mento degli scenari. Non più stica di tutti i principali moviil fronte, le trincee, il teatro di menti di liberazione nelle lotte guerra; ma le città, le strade, i per l’indipendenza dei paesi ex luoghi del transito e della co- coloniali. Oggi questo tipo di municazione, le stazioni, gli ae- violenza segnata da un rapporto roporti, le città. La terza è una strettissimo con l’ideologia è al complessiva privatizzazione tramonto. La violenza, nella sua della guerra con l’afermarsi di declinazione politica, si è ritiramilizie armate, mercenari a par- ta dall’ideologia e ha scoperto tita iva, eserciti aziendali che nuovi ambiti di espressione: la dissolvono anche la statualità religione, l’appartenenza etnica, una visione del tipica delle guerterritorio legata re novecentesche. Non più trincee ma al sangue e alla Da cosa deriva questo muta- città e aumento a di- terra. mento? smisura delle vittime Quali sono i nuovi simboli C’è un nesso tra civili di questo mutaviolenza e scelmento? te politiche che ha caratterizzato le società oc- La violenza individuale così cidentali del XX secolo. Con la come si esprime nella igura del violenza hanno trionfato il fa- kamikaze. Lo sgomento che cirscismo in Italia e il nazismo in conda le gesta dei kamikaze di Germania. Con la violenza ha oggi deriva proprio dalla consatrionfato la rivoluzione bolsce- pevolezza che non il passato ma vica del 1917. La violenza (co- il futuro sembra essere il tempo niugata con la prospettiva del di questi uomini-bomba. Certo, socialismo) è stata la caratteri- hanno ereditato il nome dai loro VOCI SOLIDALI Giovanni De Luna è storico, scrittore e docente di storia contemporanea presso l’università di Torino. Le ragioni di un decennio Da piazza fontana agli anni ottanta, Giovanni De Luna racconta gli anni di piombo sottraendoli dall’alchimia confusa della storia recente, del luogo comune e del lusso, apparentemente non districabile, delle molte vite che vi hanno partecipato lottando, sbagliando, cantando, credendo e anche illudendosi. Feltrinelli, pp 256, euro 17 Il corpo del nemico ucciso Un’anatomia della guerra, dell’uomo in guerra, della violenza che lascia una traccia scritta sui corpi degli uccisi, civili e militari, “colpevoli” e innocenti. De Luna racconta la storia scritta sul “corpo del nemico ucciso” analizzando, dal 1900 al 1993, guerre lontane e diverse. Einaudi, pp 302, euro 25 Bibliograia Badoglio. Un militare al potere, Milano, Bompiani, 1974 Benito Mussolini. Soggettività e pratica di una dittatura, Milano, Feltrinelli economica, 1978 La rivoluzione democratica e il Partito d’azione. Guida ai documenti del Pd’A in Piemonte dell’archivio del Centro di studi Piero Gobetti, Torino, Centro studi Piero Gobetti, 1979 Storia della stampa italiana, V, La stampa italiana dalla resistenza agli anni Sessanta, con Nanda Torcellan e Paolo Murialdi, Roma-Bari, Laterza, 1980 Storia del Partito d’azione. 19421947, Milano, Feltrinelli, 1982; Roma, Editori Riuniti, 1997; Torino, UTET libreria, 2006 Hanno sparato a Togliatti, Milano, Fabbri, 1984 Alessandro Scotti e la storia del partito dei contadini, Milano, FrancoAngeli, 1985 Dalla liberazione alla Repubblica: i nuovi ceti dirigenti in Piemonte, a cura di, Milano, FrancoAngeli, 1987 Donne in oggetto. L’antifascismo nella società italiana (1922-1939), Torino, Bollati Borlinghieri, 1995 La passione e la ragione. Fonti e metodi dello storico contemporaneo, Firenze, La Nuova Italia, 2001 La passione e la ragione. Il mestiere dello storico contemporaneo, Milano, Bruno Mondadori, 2004 Il corpo del nemico ucciso. Violenza e morte nella guerra contemporanea, Einaudi storia, 2006 L’Italia del Novecento. Le fotograie e la storia, 3 voll., a cura di e con Gabriele D’Autilia e Luca Criscenti, Torino, Einaudi, 2005-2006 Le ragioni di un decennio. 1969-1979. Militanza, violenza, sconitta, memoria, Milano, Feltrinelli, 2009 illustrazione Martino Campagnoli predecessori giapponesi che operarono nell’ambito della seconda guerra mondiale. E certo, come in tutti i fenomeni storici, è possibile scorgervi analogie e continuità. Ma le diferenze sono evidenti, soprattutto per quanto riguarda i 800 milioni di perso- contesti bellici, il tipo di guerra di ne sotto la soglia di cui le due igure povertà e altri 800 sono protagoniste. milioni alla pura I giovani piloti sopravvivenza isica giapponesi furono utilizzati in operazioni condotte nell’ambito di una tipica guerra novecentesca tra Stati sovrani, in un confronto squisitamente “simmetrico” per quanto riguardava le forze in campo e le tecnologie militari di cui disponevano entrambi i contendenti. I kamikaze islamici agiscono invece in un conlitto compiutamente asimmetrico, usano direttamente il proprio corpo come arma, danno alle loro azioni i tratti di una tremenda eicacia, cambiando radicalmente anche la tipologia dei bersagli che intendono colpire: da una parte obbiettivi esclusivamente militari (corazzate e incrociatori), dall’altro obbiettivi soprattutto civili. Le stime della Banca mondiale calcolano che su 5,3 miliardi di abitanti del pianeta ci sarebbero un miliardo e mezzo di poveri (con un reddito di 370 dollari all’anno), 800 milioni sarebbero sotto questa soglia e altri 800 milioni vivrebbero ai livelli minimi della pura sopravvivenza isica. La traduzione sul piano militare di queste cifre è immediata; in molti casi, chi si schiera contro l’Occidente non ha nessuna possibilità di accedere alle tecnologie letali che quell’enorme ricchezza mette a disposizione dei suoi avversari. Di qui la necessità di scegliere forme di violenza modellate su un’intrinseca asimmetria di conlitti le cui modalità operative devono essere tali da essere in grado di trasformare la debolezza in forza. LUGLIO 2013 - BARRICATE 29 LINGUAGGI GRAFICI: DIEGO MIEDO Diego Miedo è nato a Napoli, dove vive e lavora. Da autodidatta comincia a disegnare i propri fumetti e stampare piccoli albi. Dal 2006 fa parte della redazione del mensile (ora diventato bimensile) NapoliMonitor, giornale autoprodotto di inchieste, reportages, disegni e fumetti, che da otto anni esiste e resiste. Nel 2010 pubblica il suo primo fumetto lungo “Giornata da cani”, edito da NapoliMonitor e Il Punto Librarteria. Ha pubblicato disegni e foto su varie riviste di fumetti e pittura murale. Parallelamente ai fumetti, dipinge strani esseri per le strade delle città e nelle scuole. www.diegomiedo.org www.napolimonitor.it 30 LUGLIO 2013 - BARRICATE VOCI SOLIDALI FORZE DELL’ORDINE Intervista a Ennio Di Francesco SBIRRO E RADICALE I poliziotti “carbonari” e la riforma democratica dei tutori della legge Nazareno Giusti illustrazioni Nazareno Giusti Gli anni ‘70 sono stati sì il periodo degli anni di piombo ma anche, per una parte dello Stato, una sorta di primavera di democrazia. Infatti, in quegli anni bui in cui i telegiornali sembravano bollettini di guerra, alcuni poliziotti non combatterono solo contro i terroristi ma anche al loro interno contro mentalità e regole retrograde. Non fu facile. Agirono come “carbonari” e riuscirono, non senza grandi problemi e notevoli soferenze e rischi, a “democraticizzare” la Polizia, arrivando alla smilitarizzazione e avviando un dialogo e un nuovo rapporto con il cittadino che ha dato frutti notevoli. Ennio Di Francesco è stato uno di quei carbonari, la sua è stata una vita al servizio delle istituzioni democratiche e del cittadino. Di Francesco è riuscito sempre a raggiungere soprattutto chi non era dalla sua parte, come quel Marco Pannella che personalmente arrestò. Un evento -come spiega Di Francesco- “rappresentativo del crocevia di coscienza, talora soferto ed esclusivo, in cui può trovarsi il funzionario dello Stato che deve applicare la legge quando questa è superata dall’evoluzione sociale o etica, e quindi ingiusta in sé”. E così il leader radicale, dopo tanti anni, si è sentito in dovere di scrivere una prefazione al piccolo librointervista che Valter Vecellio ha realizzato con il funzionario di Polizia: “Radicalmentesbirro”, dato alle stampe dall’abruzzese Noubs. Di Francesco, come è nata l’idea del libro Radicalmentesbirro? Per caso o provvidenza. Un pomeriggio di settembre a Roma passeggiavo davanti al Pantheon e ho incontrato Valter Vecellio, il giornalista del TG2 che non vedevo da anni. Ci eravamo incontrati la prima volta nel 1975 nella sede del partito radicale in occasione dell’arresto di Marco Pannella. Lui era un giovane attivista, tra i big del partito. Decidemmo di andare a bere un cafè e ci sedemmo al tavolo a parlare come due vecchi amici che si ritrovano dopo tanto tempo, di fatti, persone, sentimenti che hanno segnato questo Paese e certamente un po’ la mia e la sua vita. È nato così questo piccolo libro. Radicalmentesbirro: come mai questo titolo? È volutamente un incrocio di parole: quasi a signiicare che anche l’essere “sbirro” può divenire provocatoriamente “radicale”, profondo, estremistico, che non ammette discussioni, come servizio alla collettività. Un libro che pone spunti di rilessione sempre attuali per i “tutori dell’ordine”... Lo spero, specie nell’attuale fase di confusione dell’arcipelago polizia. E penso alla ferita sociale del G8 in cui il ilm Diaz incide ancora come bisturi; al caso della recente manifestazione di un sindacato di polizia che per solidarietà verso colleghi condannati in giudizio irride il dolore della mamma del ragazzo ucciso per LUGLIO 2013 - BARRICATE 31 VOCI SOLIDALI violenza di polizia; al malessere (e, a volte, purtroppo, al suicidio) tra i tutori dell’ordine. Vuole essere un invito alla rilessione, un appello per tutti i responsabili politici, per gli attori e i fruitori del servizio sicurezza. Ma il libro non si rivolge solo ai “tutori dell’ordine”... No, anzi... Lei aveva già raccontato la sua storia nel libro Un Commissario (inalista del premio Bancarella), apparso nel 1992 e ristampato poi nel 2009 con l’aggiunta dell’aggettivo “scomodo”. Perché decise di raccontare la sua esperienza? Non sono uno scrittore, ma solo uno che, forse per ambiente familiare (papà era maresciallo dei carabinieri e mia madre insegnante elementare) si è trovato dentro l’impegno per la legalità. In questo percorso mi sono imbattuto nelle contraddizioni del “sistema sicurezza”, con tutori dell’ordine sfruttati ed umiliati, cittadini di serie b utilizzati come forza bruta per reprimere conlitti sociali non saputi risolvere politicamente. Pensi solo ai morti di Avola e Battipaglia ad opera di polizia e carabinieri, costretti negli anni ’60 a sparare contro braccianti che protestavano in piazza; ai tanti ragazzi che emigravano nelle forze di polizia trovandosi poi ad afrontare non solo spietati criminali, ma operai e studenti spesso coetanei e paesani, venendo insultati e disprezzati da loro. Queste contraddizioni erano assurde e stavano esplodendo. Pier Paolo Pasolini le ha descritte nel 1970 con lungimirante poesia, mettendo in crisi lo stereotipo, avallato anche dal partito comunista, dello sbirro oppressore del proletariato. C’è qualche episodio in particolare che l’ha toccata? Due episodi mi incendiarono l’anima. L’uccisione di Antonio Annarumma, ventunenne 32 LUGLIO 2013 - BARRICATE poliziotto ucciso a Milano nel 1969 con una sprangata che gli spappolò il cranio durante uno scontro di piazza, e l’uccisione del commissario Luigi Calabresi colpito alla schiena sia dai terroristi sia da intellettuali. La strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 ne fu la prima tragica evidenza e fu poi l’apice della strategia della tensione e dell’eversione portata avanti dai cattivi maestri. Occorreva spezzare quella spirale, fare incontrare cittadini e poliziotti in un’atmosfera di paciicazione e di democrazia. Da questa scintilla nacque in varie città il Movimento carbonaro, che avrebbe portato alla riforma di polizia democratica e alla legge 121/81. Lei era giovane funzionario di polizia lanciato verso una carriera brillante; sapeva cosa rischiava eppure scelse di essere “carbonaro” e non fu facile... Proprio così. Quanti poliziotti carbonari negli anni ’70 sono stati puniti, mandati via, persino arrestati! Poi, approvata la legge 121/81, ecco i compromessi, la contaminazione da carriera, la frammentazione sindacale! Resta comunque il “valore aggiunto” per tutto il Paese di una polizia moderna, tra le migliori del mondo. Mi piace riportare il messaggio che Antonio Manganelli mi inviò al convegno “Legge 121/81 - trentennale di una riforma incompiuta” che avevo organizzato a Roma nel 2011. “Il nuovo rapporto tra cittadino e tutore della legge non può dirsi ancora pienamente realizzato. Oggi, nel ribadire che si trattò di una riforma di straordinaria lungimiranza, è arrivato il momento di rimboccarsi le maniche per continuare l’opera avviata e portarla a termine.” ABUSI DI POTERE BARRICATE DI GIUSTIZIA Il quadro cupo di un Paese dove si può morire per abusi da parte delle forze dell’ordine, senza nemmeno ottenere giustizia: l’Italia Giancarlo Iacchini Archiviazioni, prescrizioni, indulti. E la derubricazione di reati gravissimi (anzi bestiali) – commessi proprio da chi avrebbe il compito istituzionale di applicare “sul campo” leggi costituzionali e diritti democratici – a semplici “lesioni”, perché il più appropriato reato di tortura semplicemente non esiste nel codice penale del nostro Paese. Come ha spiegato in Cassazione il procuratore generale Pietro Gaeta, non è possibile aggirare questa pesante lacuna del nostro ordinamento giuridico appellandosi a trattati internazionali pure sottoscritti dall’Italia, come la Convenzione dell’ONU contro la tortura. Anche un altro procuratore generale della Cassazione, Giuseppe Volpe, ha ritenuto inammissibile il ricorso della Procura di Genova sui fatti del G8 del 2001, mirante a scongiurare l’ombra della prescrizione sui reati di “lesione”, per i quali erano stati condannati in appello 25 imputati per la mattanza alla scuola Diaz e 44 per le torture alla caserma Bolzaneto. Tutti esponenti delle forze dell’ordine che si sono macchiati del reato più orrendo e inaccettabile in uno stato di diritto: avere inierito su esseri umani inermi con “un’incredibile esplosione di violenza”, per usare le parole della stessa Cassazione, che ha deinito le bastonature e le sevizie di quel sanguinoso luglio genovese come “un massacro ingiustiicabile che ha gettato discredito sulla nazione agli occhi del mondo”. Alla prescrizione dei reati più gravi va poi aggiunta l’archiviazione di oltre 200 denunce contro poliziotti e carabinieri per altrettanti episodi di violenza gratuita avvenuti nelle strade del capoluogo ligure, essendo stato 34 LUGLIO 2013 - BARRICATE impossibile il riconoscimento dell’identità personale degli agenti che se ne sono resi protagonisti; per tacere dell’uccisione di Carlo Giuliani, lasciato a lungo in in di vita, a terra, circondato dagli agenti, senza soccorsi tempestivi. A dispetto degli articoli della nostra Costituzione e delle solenni Dichiarazioni dei Diritti formulate dagli organismi internazionali, a partire dalle Nazioni Unite, c’è in Italia – di fatto – una sostanziale impunità per quei poliziotti, carabinieri e agenti penitenziari che si macchiano di abusi di stampo medievale, indegni della civiltà moderna e “occidentale”. E in quel mondo rovesciato che è il nostro Paese, si può assistere al paradossale spettacolo di esponenti politici sedicenti “liberali” che si VOCI SOLIDALI schierano a priori e ad occhi chiusi “in difesa delle forze dell’ordine”, come se la miglior difesa delle “istituzioni” fosse l’omertà e l’insabbiamento, anziché una sana e doppia indignazione per chi crede davvero nel ruolo dei tutori dell’ordine pubblico e della legalità, e dunque non può accettare che la reputazione di tanti agenti onesti sia infangata dal comportamento di colleghi che distruggono l’immagine e il prestigio dell’istituzione che si vorrebbe così maldestramente “preservare”. Ultimo caso, dopo quelli di Federico Aldovrandi (Ferrara 2005), di Riccardo Rasman (Trieste 2006) e di Giuseppe Uva (Varese 2008), la vicenda romana (2009) di Stefano Cucchi, le cui impressionanti foto post mortem mostrano i segni di un massacro che contrasta brutalmente con il recente verdetto di assoluzione per le guardie carcerarie che hanno avuto in consegna il ragazzo ino al suo ricovero in ospedale (la condanna ha colpito soltanto i medici). Il pianto della sorella Ilaria – che ha ricevuto la solidarietà del ministro Cancellieri ma non ciò a cui più teneva, e cioè giustizia per Stefano – è l’emblema di un Paese che proprio non riesce a far chiarezza e giustizia su nulla, dai misteri alle trame oscure, dalle stragi ai delitti che lo hanno insanguinato negli ultimi 50 anni. “Da persone che hanno sempre creduto nelle istituzioni – dice Ilaria Cucchi anche a nome della famiglia – quello che ci ha fatto più male e che ci ha lasciato più sconvolti è stato il non rispetto più assoluto per una vita umana, per una persona che sì, aveva sbagliato, ma che alla ine ha pagato con la vita. Nonostante la sentenza, nessuno potrà permettersi di negare il pestaggio subìto da mio fratello, perché le foto del corpo di Stefano parlano chiaro. E parla chiaro anche il fatto che lui, un attimo prima dell’arresto, facesse una vita del tutto normale, come ha ammesso perino l’avvocato degli imputati. Mio fratello è stato trattato non come un ultimo, ma peggio ancora. Si sono voltati tutti dall’altra parte, come se non esistesse”. Ma Ilaria non vuole arrendersi: “Andrò avanti malgrado tutto, perché nella giustizia ho sempre creduto e voglio continuare a credere, nonostante una sentenza del genere, venuta dopo tre anni e sette mesi di battaglia lunghissima e dolorosissima, contro tutto e tutti, a sidare i poteri forti e a chiedere conto di quella morte assurda, sapendo di essere nel giusto”. Adriano Chiarelli ha dedicato un libro, Malapolizia (Newton Compton Edizioni, pp. 336), e un documentario, Nei secoli fedele (regia di Francesco Menghini), alle morti per abuso di potere da parte delle forze dell’ordine, ricostruendo nella maniera più empirica e oggettiva – attraverso testimonianze dirette e atti processuali – i numerosi casi in questione. “Ho preso in esame quella serie di eventi controversi che coinvolgono uomini delle forze dell’ordine, a partire dal G8 di Genova, per approfondire vicende come quella di Giuseppe Uva e di Federico Aldovrandi, morto ad appena 18 anni durante un controllo di polizia trasformatosi in pestaggio. In quest’ultimo caso, l’unica che ha avuto il coraggio di testimoniare l’accaduto è stata una cittadina camerunense senza permesso di soggiorno, mentre altri rimanevano a spiare dalla inestra. Ma forse il capitolo più riuscito del mio libro è quello dedicato al caso Rasman, la classica storia dell’emarginato con problemi psichiatrici, peraltro sorti dopo il servizio militare a Trieste, che subisce vessazioni di ogni tipo da parte della società. Riccardo è stato brutalizzato: girano foto in cui le pareti della sua casa sono imbrattate da schizzi di sangue, i polsi gli furono legati con del ilo di ferro ino a farli sanguinare, brandelli di carne furono rinvenuti sotto il tappeto. I responsabili sono stati condannati a 6 mesi per omicidio colposo. La famiglia, abbandonata a se stessa durante tutta la vicenda, si è poi rivolta all’avvocatura di Stato per il risarcimento e per tutta risposta ha ricevuto un mare di insulti”. L’anno scorso è uscito Diaz, il ilm di Daniele Vicari. Secondo Chiarelli, che ha studiato dettagliatamente le vicende del G8 genovese, la pellicola ofre “una ricostruzione dei fatti molto fedele agli atti processuali, quindi un’ottima documentazione dei terribili abusi commessi dalle forze dell’ordine in quell’occasione”. Nel corso del suo lavoro di ricerca e disvelamento della verità su fatti così gravi che qualcuno ha cercato in ogni modo di negare, nascondere, insabbiare o travisare, è nata tra l’altro la Soul Crime, “una società di produzione che ho creato insieme a Menghini, il regista di Nei secoli fedele, attraverso la quale ci proponiamo di produrre documentari e iction legate a temi di attualità e di denuncia”. Immagine dal ilm Diaz e il regista Daniele Vicari Ilaria Cucchi e i suoi genitori LUGLIO 2013 - BARRICATE 35 ARTE E SOCIETÀ DISEGNI DI GIUSTIZIA Supporto Cartaceo per Supporto Legale: illustrazioni in vendita per sostenere i manifestanti condannati nei processi del G8 Maria Chiara Ballerini Amnesty International lo ha deinito “la più grande sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”. Stiamo parlando della gestione dell’ordine pubblico nei giorni del G8 di Genova nel luglio del 2001. Oggi, a distanza di 12 anni, sono 10 le persone condannate in via deinitiva per il reato di “devastazione e saccheggio”, di cui 2 sono già in carcere, 5 in attesa di revisione del processo, una ai domiciliari in attesa che sua iglia cresca, per poter poi inire dietro le sbarre. Sono 100 gli anni di pena complessivi inlitti in appello. E nel frattempo numerosi funzionari di polizia, responsabili dei pestaggi della Caserma Diaz, delle torture di Bolzaneto e dell’omicidio di Carlo Giuliani, sono a piede libero e addirittura in servizio. Senza considerare il costo umano, incalcolabile, di una perdita della libertà che appare tanto più ingiusta data la sproporzione tra le pene inlitte ai manifestanti per danni a cose rispetto a quelle ben più lievi previste per gli esponenti delle forze 36 LUGLIO 2013 - BARRICATE dell’ordine responsabili di lesioni a persone, i condannati sono costretti ad affrontare ingenti costi economici: spese in carcere, spese legali, spese processuali, spese provvisionali, future eventuali richieste di risarcimento danni. Sono cifre a 5 zeri, tutti sulle spalle di poche persone che a ragione sono state deinite “capri espiatori”1. Con l’obiettivo di aiutare “coloro che nell’ingranaggio della repressione genovese sono rimasti incastrati”, nasce nel 2004 il progetto Supporto Legale, che si impegna a sostenere la difesa dei civili condannati in seguito ai fatti del G8, a seconda di bisogni e priorità, con il denaro radunato tramite un’opera di sensibilizzazione e di raccolta fondi tra la società civile di tutto il mondo. Un modo originale per sostenere le attività di Supporto Legale l’ha ideata Alessio Spataro con l’iniziativa Supporto Cartaceo: allestire periodiche mostre-mercato di immagini, tra riproduzioni limitate, libri ed originali, di illustratori e fumettisti di tutta Italia, devolvendo l’intero ricavato delle ven- 1- Dal testo dell’appello “10x100”, campagna lanciata nel 2012 per la liberazione dei manifestanti accusati di devastazione e saccheggio durante il G8 del 2001. L’appello è stato irmato da migliaia di persone, tra cui esponenti del mondo della cultura e della società civile. www.10x100.it VOCI SOLIDALI dite a Supporto Legale. Una prima mostra si è svolta in febbraio a Roma, mentre l’ultima è stata allestita dal disegnatore Lucio Villani lo scorso 5 maggio presso About:Blank di Torino, spazio condiviso che incontra ed ospita artisti, creativi, curatori che non dispongono di un ambito uficiale di promozione. Hanno partecipato, Daniele Catalli, Sonia Cucculelli, Eleonora Diana, Alessio Spataro, Gio Pistone, Rita Petruccioli, Josè Arrigoni, Flaccidia, Zero Calcare, Marcella Brancaforte, Akab, Massimo Giacon, Gianfranco Enrietto, Alberto Ponticelli, Arianna Vairo, Marco Cazzato, Gianluca Cannizzo, Rocco Lombardi, Marina Girardi, Giuseppe Palumbo, Claudio Malpede, Dalia Del Bue, Moisi Guga, Giorgio Rubbio, Print About Me, Il Pistrice, GrrZetic, Giuseppe Tassone, Davide Osenda, Elisa Talentino, Laura Nomisake, Fulvio Bisca, Jacopo Valsania, Goran Romano, Valentina Menegatti, Lucio Villani. illustrazioni Lucio Villani È possibile aiutare Supporto Legale organizzando simili iniziative di inanziamento, ma anche direttamente dal sito www.supportolegale.org, facendo una donazione dalla pagina dedicata alla raccolta fondi. Lucio Villani, musicista e disegnatore italiano, nasce a Roma vive tra Roma e Torino. Veterano di ambienti underground, scarso diplomatico e presenzialista, comincia ad autoprodurre i suoi albi nel 1999. Nel 2000 cofonda Krakatoa, rivista di graica e illustrazione. Fino al 2008 sono più di dieci i libri realizzati in proprio, sperimentando idee graiche e tipograiche, dal fumetto al libro illustrato. Intreccia l’intensa attività di musicista con quella di disegnatore, lavorando come copertinista, illustratore, vignettista, storyboard artist per editoria, satira, cinema e pubblicità. Dal 2006 scrive libri in ilastrocca, ha appena pubblicato “24 senza testa” con i disegni di Daniele Catalli. Le notizie più fresche sulla produzione musicale e graica si mungono agevolmente dal suo blog. Lucho, che non ama il burlesque e preferisce gli alieni con il cervellone, cerca di condensare gli insegnamenti di Kay Nielsen, John Bauer, Tanino Liberatore, SergioTofano, Roald Dahl, Ian Miller, Django Reinhardt e Johann Sebastian Bach, nei suoi prodotti. Sperando che vi arrivino sempre freschi! LUGLIO 2013 - BARRICATE 37 MISSIONI Intervista a Suor Maria Mastino L’OASI PER I FIGLI DI NESSUNO “Crèche” di Betlemme: una missione di pace, una lotta contro l’intolleranza per amore dei diritti umani Eleonora Celi Da più di un secolo, a partire dal 1884, la “Crèche” della Santa Famiglia a Betlemme, la “Holy Family Children’s Home”, accoglie bambini abbandonati o in situazioni di diicoltà. Con la costruzione del muro di sicurezza israeliano1 e la moltiplicazione dei posti di blocco e di controllo, la Palestina è diventata una terra ancora più fragile ed è qui che l’opera delle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli grida continuamente giustizia, combattendo per rivendicare il diritto alla vita e all’amore dei nati per errore. Suor Maria, Figlia della Carità, da anni si batte per dare un futuro a bambini riiutati da una forma di follia. Racconta con fermezza e serenità anche le storie più terribili e rassicura con un sorriso anche gli occhi più increduli, chiedendo a chi incontra sul suo cammino preghiere e generosità, senza al38 LUGLIO 2013 - BARRICATE cun giudizio su quella parte di mondo in cui la fede è un sentiero tortuoso di paradossi e asperità, in illogici giochi del destino o volontà di un Dio superiore. Suor Maria è un iume in piena, mille episodi negli occhi e nel cuore, che vorrebbe condividere con parole di dolcezza, nonostante sia davvero poco dolce il sapore delle storie di vita che incrocia e accarezza. Come quella di una giovane ragazza accolta alla Crèche dopo essere stata violentata dai fratelli: una gravidanza vissuta di nascosto ma in un luogo protetto, la speranza di poter tornare a prendere quel frutto dell’odio per riempirlo d’amore, poi di nuovo violenze e soprusi da parte della famiglia, ino al gesto estremo di sua madre, appesantita dalla colpa di avere una iglia “così piena di peccato”. O come la storia di un piccolo ometto, che sognava di avere un genitore e lo vedeva in ogni igura maschile che faceva visita alla Crèche: prima deluso dall’uomo che avrebbe voluto come padre adottivo, poi felice di aver avuto una seconda occasione, diventando iglio e potendo gridare la parola “papà”. O, ancora, come la tenera storia di una bimba trovata avvolta dai giornali e infreddolita, con una malattia che le impediva di crescere: tutti credevano che non ce l’avrebbe fatta, ma una rete di solidarietà l’ha condotta in Italia per il suo viaggio di speranza, per ricevere un trapianto e sperare di iniziare a vivere un’esistenza normale. Com’è iniziata la missione delle Figlie della Carità a Betlemme? Le prime Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli arrivarono a Betlemme nel 1884, che allora era solo un piccolo villaggio al sud di Gerusalemme. 1- Sistema di barriere isiche costruito da Israele in Cisgiordania a partire dalla primavera del 2002 sotto il nome di chiusura di sicurezza, allo scopo uiciale d’impedire isicamente l’intrusione di palestinesi nel territorio nazionale. Questa barriera, il cui tracciato di circa 700 km è controverso ed è stato ridisegnato più volte a causa delle pressioni internazionali, consiste per tutta la sua lunghezza in una successione di muri, trincee e porte elettroniche. 2- La compagnia deriva dalle confraternite di dame della Carità istituite a partire dal 1617 da Vincenzo de’ Paoli (1581-1660) per il servizio a domicilio dei poveri e degli ammalati. Le Figlie della Carità si dedicano anche alla cura degli orfani, all’assistenza agli infermi e agli anziani, alla cura dei disabili, al servizio nelle scuole e alla gestione di rifugi per donne e bambini in diicoltà. VOCI SOLIDALI 3- Il Sovrano militare ordine ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta, comunemente abbreviato in Ordine di Malta, è un ordine religioso cavalleresco canonicamente dipendente dalla Santa Sede, con inalità assistenziali. È il principale successore dell’antico ordine dei Cavalieri ospitalieri, fondato nel 1048 e reso sovrano il 15 febbraio 1113 da papa Pasquale II. Iniziarono quindi a prodigare cure ai più disagiati, a domicilio, nelle tende dei beduini e nei vari dispensari dei villaggi. Poi nel 1895 le Suore aprirono l’Ospedale della Santa Famiglia, che dovette presto accogliere bimbi abbandonati e nel 1905 divenne operativa a tutti gli effetti la Crèche della Santa Famiglia, che ha superato diicoltà politiche e guerre, continuato a svilupparsi e a rispondere alle esigenze dei più bisognosi. Grazie alle “Opere Ospedaliere Internazionali dell’Ordine di Malta”3 e al restauro di una parte degli ediici dell’Ospedale, nel 1990 arrivò un reparto Maternità, nel quale ino ad oggi sono nati quasi 40 mila bambini. Cosa fa la Crèche? La Crèche ha iniziato la sua attività accogliendo bambini da 0 a 6 anni, abbandonati da donne musulmane che sono state violentate o che hanno avuti rapporti al di fuori del matrimonio e non hanno scelta, perché se provassero a tenere i bambini verrebbero uccise. A questi bambini manca la cosa più importante: sono privati dei loro diritti umani sin dal seno materno. I due terzi dei nostri piccoli ospiti sono mandati dalla polizia, o dai servizi sociali palestinesi, per problemi di indigenza familiare, o per sevizie e maltrattamenti in contesti di vita precaria. Quando possiamo, cerchiamo di mantenere il bambino con la madre, almeno per i primi tempi. Capita spesso, infatti, che ragazze incinte vengano da noi per un periodo, dicendo alla famiglia che hanno trovato un lavoro e manderanno dei soldi a casa. Così riescono a salvare la propria vita, se i familiari non si accorgono di nulla, mettendo in salvo anche la creatura che stanno per dare alla luce. Ma il più delle volte questi bimbi vengono lasciati davanti ad un portone, o per strada, in certi casi con un biberon ancora caldo. Proviamo sempre a rintracciare la madre, ma è molto diicile riuscirci. In quante persone riuscite a gestire la struttura? Siamo una trentina, tra cui quattro sorelle di diverse nazionalità: francese, libanese, palestinese ed italiana. Tutto il personale è regolarmente assunto, comprese le insegnanti della scuola materna. Qualcuno ci ha chiesto di poter svolgere volontariato all’interno della struttura, ma brevi periodi non sarebbero positivi per i bambini, che hanno bisogno di stabilità e quindi anche di igure che possano diventare punti di riferimento. Per questo accettiamo chi voglia fare esperienze di vita e volontariato, ma almeno per uno o due anni. La Crèche accoglie bambini solo ino ai 6 anni di vita? E poi? I bambini sono divisi in tre sezioni in base alla loro età, da 0 a 9 mesi, da 9 mesi a 3 anni, e dai 3 ai 6 anni. Ogni sezione è seguita da personale adatto all’età di ciascuno. È importante tener presente che numerosi bambini presentano reazioni psicologiche gravi, dai mutismi alla violenza e a disturbi del comportamento e neuropsicologici in genere. Vivono spesso LUGLIO 2013 - BARRICATE 39 VOCI SOLIDALI una disarmonia dello sviluppo che noi cerchiamo in tutti i modi di cancellare, con afetto e attenzioni. Dai 2 anni in poi condividono l’asilo con “gli esterni” (che vivono nelle loro famiglie e lì tornano al termine della giornata). Amalgamare e far crescere insieme i bambini è indispensabile per dare agli interni un’apertura sul mondo di fuori e per favorire il loro equilibrio psicosociale. Quando compiono 6 anni vengono trasferiti in un’altra struttura, il “Villaggio SOS” di Betlemme, e iniziano a frequentare la scuola e da lì noi non ne abbiamo più notizie, se non in casi sporadici. Non abbiamo la possibilità di tenerli con noi più a lungo. Il Governo teme che possiamo trasmettere loro la nostra cultura e la nostra religione cristiana e questo è un tasto molto delicato qui. Non a caso è possibile insegnare solo l’arabo e qualche parola di inglese ai più grandi. Quanti bambini avete attualmente e quanti ne accogliete in media ogni anno? Abbiamo circa 120 bambini, di cui una cinquantina interni. Ogni anno ne accogliamo circa dieci nuovi. Sono tutti bambini che vivono nella miseria, che sono picchiati, malnutriti, talvolta violentati, gettati fuori di casa dalla loro stessa madre o dalla nonna, testimoni della tragica morte di uno o di entrambi genitori. Da tempo siamo anche molto controllati: c’è assolutamente vietato aidare un bambino a una famiglia cristiana, solo le coppie musulmane ne hanno diritto. È possibile portare uno di questi bambini all’estero e adottarlo con le leggi del paese in cui si vive? L’adozione non è permessa, per il mondo islamico esiste solo la tutela, una forma di aidamento chiamata “kafala” in arabo. Perciò le famiglie musulmane possono facilmente prendere i bambini sotto tutela, i quali diventano automaticamente musulmani. Ma questo vuol dire che loro non prenderanno mai il cognome della famiglia, 40 LUGLIO 2013 - BARRICATE né avranno mai diritto ad alcun tipo di eredità. Tutta la loro vita, da piccoli e da grandi, avrà il marchio di igli di nessuno, dei senza diritti, con tre cognomi che iniscono per “Allah”. Suor Maria vive alla Crèche di Betlemme da più di undici anni e l’energia con cui crede nella missione che le è stata aidata non smette di rinvigorirsi. Accetta le ferite della Palestina e le fa sue, accoglie i risultati dell’intolleranza e del rancore senza perdere la speranza, senza smettere di pregare per un futuro in cui la violenza venga spazzata via e non esista cultura o religione capace di emarginare e distruggere. Eppure la situazione in questo angolo di mondo è drammatica. Il muro isola gli abitanti della regione dal resto della Cisgiordania. I pochi cristiani rimasti cercano di andare via e le tensioni tra mondo ebraico e mondo musulmano sembrano essere destinate a non esaurirsi. Un muro così alto e robusto da far spavento, che sembra crescere ogni volta che gli si passa vicino. Un po’ come le diicoltà dei palestinesi e il loro debito nei confronti degli israeliani. Dipendono da Israele per acqua, energia, e per il lavoro, che è ormai insuiciente. I pochi che hanno la possibilità di andare a lavorare a Gerusalemme (a poco più di 10 km di distanza) devono fare ore ed ore di ila al check point, a piedi, perché nessuna automobile con targa palestinese può viaggiare in luoghi israeliani. I problemi sono numerosi, di carattere materiale, umano e morale. E la Crèche è un barlume di pace, di vita e amore incondizionato, il baluardo dei diritti umani. Eppure non riceve alcun aiuto da parte del Governo, che, anzi, vede quel centro di accoglienza per bambini abbandonati come una minaccia e una sida all’establishment e il lavoro delle Figlie della Carità come un incitamento alla prostituzione di giovani donne. Negli ultimi vent’anni la somma totale elargita dal Ministero de Sevizi Sociali palestinesi ammonta a 38.000 shekels (circa 690 euro), motivo per cui tutto ruota intorno alla “Provvidenza” e alla generosità dei benefattori. Il futuro dal punto di vista umano e sociale è cupo per questa grande missione, ma le grida di bambini entusiasti di conoscere volti nuovi sono illuminanti e colme di iducia. Come lo sguardo del piccolo Jafar (in arabo “piccolo torrente”) che prende il braccio di chiunque gli sorrida, tirandolo con sé verso la inestra e indicando con forza ciò che sta fuori. E non serve parlare la stessa lingua né avere le stesse origini. Perché lottare per cambiare le cose, con il volto e la forza della pace e della vera giustizia, vuol dire solo una cosa: condurre quei bambini in un mondo migliore. Per informazioni sull’attività della Crèche di Betlemme: [email protected] LINGUAGGI GRAFICI: SERGIO PONCHIONE LUGLIO 2013 - BARRICATE 41 LINGUAGGI GRAFICI: SS-SUNDA&ELENA RAPA SS-Sunda lap-dancer, autore di fumetti e regista/sceneggiatore indipendente. Visto che non ama tanto le biograie, maggiori info sul suo operato potete trovarle su www.ss-sunda.com; Elena Rapa (1978, Fano), professoressa in attesa di cattedra, disegnatrice di fumetti e illustrazioni, pittrice e graica. Assieme a Laura Nomisake e Giacomo Podestà cura la fanzine d’illustrazione e fumetto Mr. Mango|Piccole trilogie alla Frutta. Il suo blog è www.elenarapa. blogspot.com. I due insieme stanno lavorando anche ad una struggente fanzine di soli fumetti underground che probabilmente si chiamerà Tenerezza. 42 LUGLIO 2013 - BARRICATE BERE MANGIARE RESPIRARE ALLEVAMENTO PORCI E FELICI Un’azienda agricola nelle valli dietro Urbino mette in atto una zootecnia tradizionale, per recuperare l’orgoglio di essere contadini con consapevolezza culturale moderna e puntare alla qualità. Gli animali sembrano felici, almeno ino a quando non suonerà la loro ora “Andiamo a visitare un allevamento di maiali!” La proposta ha stimolato la mia curiosità di consumatore mediamente ignorante, nel senso che cerco di tenermi aggiornato, con una certa attenzione ai temi del biologico (ma senza fondamentalismi) e a quelli del benessere animale e dell’etica ambientalista. Finora avevo visto il maiale nella casa contadina dei miei suoceri in AbruzSi è voluto togliere il zo, uno solo che veniva acquistato aptermine “contadino”, pena svezzato in primavera. Viveva in sostituito da “impren- uno scantinato, maleodorante quanto basta. Ogni tanto usciva e trotterelditore agricolo”, e lava per l’aia spaventando i polli, inoggi ci ritroviamo che seguito dalla nonna con il bastone. In si deiniscono “conta- gennaio veniva sacriicato sull’altare dine” anche aziende della minimale economia contadina che hanno produzioni e diventava prosciutti e insaccati appesi nello stanzone d’ingresso della industriali casa, quello col camino, la madia, la cucina, il tavolone centrale e, ovviamente, il televisore sempre acceso. Poi ho visto alla Rassegna Suinicola di Reggio Emilia gli esemplari “da iera” esposti nei recinti di allestimento, puliti e pettinati, con la paglia che sembra quasi un tappeto elegante. Non si può dire che profumassero (sempre porci sono), ma erano almeno presentabili. Se ne stavano a grufolare pigramente e a godersi la vacanza esotica (per loro), ignari dell’orrore trasmesso lì vicino dal monitor di un’azienda di impianti e attrezzature per macelli. Si vedevano i maiali ammucchiati, qualcosa li costringeva ad avanzare. Le pareti metalliche si restringevano ino a lasciar posto a un solo individuo, che conquistava il suo spazio a spintoni. Lì trovava un budello chiuso, l’alito degli altri nelle 1- Azienda Agricola natiche. La parete davanti si apriva di colpo. L’aniCalbianchino, Via male avanzava, la superava e questa si richiudeva Ca’ Andreana 10, 61029 - Urbino veloce alle sue spalle. Trovatosi solo in un nuovo (PU). T. 0722.4441 budello, veniva colpito in testa da qualcosa e per- info@calbiandeva i sensi. Per sempre. Poi si apriva una parete chino.it www. calbianchino.it laterale e il corpo scivolava lungo un piano inclinato verso un bacino d’acqua, dove andava a galleggiare assieme ai compagni che l’avevano preceduto. La mattanza procedeva con ritmo sostenuto, Ph: Paolo Rosso Mauro Ferri qualche maiale ancora scalciava mentre scivolava verso l’acqua del suo Acheronte, da dove mani esperte e argani l’avrebbero afferrato per portarlo ai laboratori di lavorazione delle carni. Beh, quando mi è stato proposto di visitare un allevamento suinicolo, potete immaginare quello che mi sarei aspettato di trovare. L’azienda agricola di Gigia Minnetti e Carlo Comandini1 è uno di quei posti che la campagna vorrebbe tenere ostinatamente nascosti, tanto è impegnativo raggiungerla anche per l’uomo super attrezzato di oggi. Bisogna oltrepassare Urbino, inoltrarsi in sentieri sterrati che sembrano non inire mai, superare bivi che potrebbero essere enigmi nei percorsi di caccia al tesoro, per giungere inine nella valle dei porci felici. Il sentiero vi si affaccia dall’alto, presso una vecchia casa contadina con il tetto che pare spalmarsi sul versante della collina, comignolo fumante e pavone sul bordo, a volte così immobile nella sua sovrana posizione da sembrare un acroterio. Tutt’intorno si aggirano polli di vari colori che si allontanano indispettiti al nostro passaggio. Il primo ambiente della casa è la cucina, antica e rustica. E priva di televisore. Perché questo è nel secondo ambiente, una vasta sala con bassa copertura a capriata, salotto tradizionale e libreria ricavata in ogni interstizio, con postazione tecnologica per la connessione con il resto del mondo. La casa dei contadini di oggi. Dalle inestre il panorama sulla piccola valle, disseminata LUGLIO 2013 - BARRICATE 43 illustrazioni Elena Rapa BERE MANGIARE RESPIRARE castagni.” Ci spostiamo verso il castagneto, che risale il versante ino alla casa. “Qui potresti scorgerne qualcuno vicino. Mangiano castagne e il lardo acquista un profumo e un sapore unico e delicato.” Noi, che siamo conGià, il lardo. Pur essendo più piccoli e asciutti degli esemplari diffusi negli tadini, vogliamo allevamenti industriali, questi animali lavorare per la quasono ricchi di lardo. lità, ma oggi anche “Il lardo era un elemento essenziale le norme sanitarie nell’economia casalinga, forniva apporto proteico tutto l’anno. La nostra stanno impedendo la è una razza antica non forzata. Era valorizzazione del funzionale alla fattoria di una volta, nostro patrimonio un animale a crescita lenta, prima di tradizionale due anni non era pronta. Oggi è a rischio di estinzione.” Perché? “Alla ine dell’800 è arrivata la razza inglese “large white”, una razza standard, facilmente allevabile all’interno; dopo un anno gli animali sono pronti per il macello. E poi non hanno lardo, i maiali di adesso hanno la carne attaccata alla cotica, perché il mercato vuole così.” Se penso che tolgo il grasso dal prosciutto prima di mangiarlo, un po’ mi vergogno. Ma andiamo avandi appezzamenti organizzati in varie colture, oltre ti. Gigia e Carlo sono igli di contadini, di Fermo lei, di Sarsina in Romagna lui. Si sono conosciuti all’ua boschetti di castagni. Laggiù vivono i loro maiali. niversità e da una quindicina d’anni sono tornati alla terra, con una “Alleviamo cinquanta maiali nella Il verro vive sempre diversa consapevolezza e con una nostra valle - dice Gigia mentre sul con le scrofe, non è rinvigorita passione. Ci tengono a tavolo del giardino viene servito chiamarsi contadini. pane, vino e formaggio (di loro pro- vero che è cattivo, “Si è voluto togliere il termine ‘conduzione, hanno anche le vacche) - la anzi, fa anche da tadino’, quasi ci fosse da vergorazza è la cinta senese. Si adatta agli baby sitter gnarsi, sostituito da ‘imprenditore allevamenti all’aperto.” Ci alziamo agricolo’ e oggi ci ritroviamo che per guardare la valle. “Li vedi pascoiniscono con deinirsi ‘contadine’ anche aziende lare laggiù?” Appezzamenti con diverse coltivazioni si alterna- che hanno produzioni industriali.” no a radure erbose e a zone boscose. Gli animali Gigia ce l’ha con le leggi più recenti, anche nelle sembrano muoversi in libertà, si scorgono alcuni Marche, e ritiene “negligente” la politica agricola regionale. Fa l’esempio delle razze di pollo da correcinti ai bordi di una strada sterrata. “Vivono in diverse zone, con varie coltivazioni, tile: “Non si è difesa la tipicità e il nostro pollo rualcune a perdere, come il favino; circolano lì e spante è passato per una sottospecie della razza mangiano quello che vogliono. Periodicamente li livornese.” facciamo ruotare, li portiamo ai diciotto mesi di È una questione di qualità? età e negli ultimi tempi vivono in questo bosco di “L’idea italiana che hanno gli stranieri è tanto legata al cibo di qualità. E noi, che siamo contadini, vogliamo lavorare proprio per quella qualità, solo che oggi anche le norme sanitarie stanno impedendo la valorizzazione del nostro patrimonio tradizionale.” In che senso? “Noi siamo un’azienda a ciclo completo, dalla riproduzione al prodotto inale, compreso il mangime, prodotto in casa.” Anche il mangime? “Produciamo quasi tutto per alimenti: grano, cereali, favino, pisello.” Mangiano molto? “Un chilo di sfarinati al giorno a maiale più le in44 LUGLIO 2013 - BARRICATE BERE MANGIARE RESPIRARE illustrazione Marilena Nardi E dal punto di vista sanitario? “I primi due anni sono stati dificili, i cuccioli si ammalavano sempre, poi ci hanno spiegato che si deve creare una carica batterica dell’allevamento. Superato quel momento non abbiamo più avuto problemi. Se notiamo qualche animale con segni di malessere, lo facciamo uscire dal recinto e lo lasciamo libero. Per non contaminare gli altri e andare a morire da qualche parte? “No, poi ritorna guarito. Segue l’istinto, trova le sue cure.” E quando giunge la loro ora? “Questo è compito di Carlo. I maiali vengono a mangiare, scegliamo l’esemplare da abbattere, lo attiriamo fuori dal recinto poi lo portiamo in una zona dove gli altri non vedono e lo tramortiamo con uno strumento che lo colpisce in testa, mentre è chino a mangiare. A questo punto non è ancora morto, ma è in coma. È pronto per essere sgozzato. Però non soffre. Bisogna dare il diritto agli animali che vivono in un territorio, di morire lì.” Ph: Paolo Rosso tegrazioni. Tutti i giorni vengono a mangiare. Abbiamo anche il mulino in azienda. Ma le norme ci impediscono di fare il mattatoio in casa, sarebbe una spesa folle, come lo è stato fare il laboratorio, tutto a norma, dove lavoriamo la carne e produciamo insaccati, lardo, prosciutti, perché a Carlo è sempre piaciuta la norcineria. Ma siamo piccoli, e con queste normative che appiattiscono l’offerta e la qualità, noi rischiamo di scomparire.” Quindi i maiali vanno a un mattatoio esterno, per poi tornare qui per essere lavorati? “Sì, tranne i pochi che la legge ci conBisogna dare il dirit- sente di abbattere in azienda per uso to agli animali che vi- personale.” Avete anche i verri? vono in un territorio, “Due riproduttori. Il verro principale di morire lì e uno giovane di rincalzo, in caso il primo avesse problemi. La gestazione dura meno di quattro mesi, ogni scrofa può avere ino a dieci igli, la media per la cinta senese è otto, ma tieni presente che nell’industria si arriva anche a nidiate di trenta cuccioli. Lo svezzamento qui da noi è dai quaranta ai sessanta giorni, mentre in certi allevamenti bastano un paio di settimane. E dopo ventun giorni la scrofa torna in calore.” È vero che il maschio va tenuto lontano perché è pericoloso per i piccoli? “È una leggenda metropolitana. Il verro vive sempre con le scrofe, non è vero che è cattivo, fa anche da baby sitter, quando la scrofa vuol farsi una passeggiata per conto suo. Le scrofe stanno bene insieme, ‘in orda’, come si suol dire.” Una comunità, insomma. “Poi c’è la questione dei cinghiali. I maschi vengono qui, attratti dalle scrofe, per accoppiarsi. Non li ferma di certo il recinto (del resto non ferma nemmeno i maiali, che quando vogliono, il modo di uscire lo trovano), ma li tiene lontani il verro, che è più grosso di loro. Però una volta abbiamo trovato due cinghiali che dormivano con le scrofe, si erano accasati.” LUGLIO 2013 - BARRICATE 45 LINGUAGGI GRAFICI: ALBERTO CORRADI 46 LUGLIO 2013 - BARRICATE BERE MANGIARE RESPIRARE ELETTROSMOG UN NEMICO INVISIBILE? Smartphone, tablet, microonde, wii. Fino a che punto la nostra salute è al sicuro? Pablo Castellani Proviamo a raccontare la giornata tipo di un normale cittadino, un impiegato della nostra società dal risveglio ino a sera. Mentre aspetta il caffè, con un orecchio alle notizie del telegiornale, controllerà la casella mail dal proprio computer e prima di uscire farà un salto sul sito dell’edizione on line del suo quotidiano preferito. Recandosi al lavoro probabilmente controllerà sullo smartphone gli impegni lavorativi della giornata, sincronizzando l’agenda con quella del suo capo-uficio; darà un’occhiata veloce al proilo facebook, per poi lavorare al computer per le successive otto ore, durante le quali navigherà su internet e telefonerà con il cellulare. Al ritorno passerà parte del tempo con lo smartphone in mano a controllare le notizie del giorno, il gossip, i social network, la lista della spesa, ascoltando musica in streaming o telefonando a parenti e amici. Una volta a casa, scalderà la cena al microonde, controllerà che il pc abbia scaricato il ilm da godersi sul divano, mentre nelle altre stanze della casa i suoi igli chattano e videochiamano gli amici dai loro tablet e smartphone. Prima di andare a dormire poi, il nostro protagonista controllerà che la sveglia del cellulare sia attiva e lo metterà in carica, molto probabilmente sul comodino, lasciandolo acceso tutta la notte. Qualcuno si riconosce in questa rappresentazione? Probabilmente sì. Trovate ci sia qualcosa di sbagliato in tutto questo? Al di là forse della ge- nerale condizione dell’uomo moderno, connesso col mondo intero ma non con chi lo circonda, pochi troverebbero in quanto descritto qualcosa di sbagliato: in fondo è così che vanno le cose, è semplicemente la nostra società, funziona così. Eppure qualcosa che dovrebbe metterci in allarme c’è: si tratta dell’elettrosmog, ovvero la presenza costante di campi elettromagnetici emessi da gran parte delle apparecchiature con le quali abbiamo a che fare durante tutto il giorno. I campi elettromagnetici pervadono in maniera invisibile il nostro ambiente e sono emessi dalle fonti più disparate: telefoni cellulari e wireless, stazioni radio base e antenne di telefonia mobile, wii ed elettrodotti, elettrodomestici e segnali radar. L’ambiente in cui ci troviamo a vivere è saturo di onde elettromagnetiche, tanto che alcuni parlano di “fondo elettromagnetico”, una specie di rumore bianco invisibile e impercettibile. Chi pensa che le possibilità di rischio per la salute siano minime o inesistenti, forse ignora che i campi elettromagnetici (in particolare quelli emessi dai nostri indispensabili telefoni cellulari) sono stati introdotti dallo IARC, l’Istituto internazionale per la ricerca sul cancro, costola dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in una “black list” di possibili cancerogeni nel maggio del 2011, e che il Consiglio di Stato europeo sta mandando, più o meno dallo stesso periodo, avvertimenti in LUGLIO 2013 - BARRICATE 47 merito ai rischi della diffusione capillare del wii, consigliando di eliminarlo gradualmente dagli istituti pubblici, scuole ed ospedali in particolare. Diversi studi uficiali sono stati commissionati per giungere ad una conclusione univoca e deinitiva sull’argomento, ma le conclusioni a cui si è giunti -ovvero “non è accertata una connessione tra insorgenza di tumore e uso del cellulare”- non convincono molti scienziati indipendenti a causa della presenza di tutti i principali costruttori di telefoni cellulari e gestori di telefonia mobile tra i inanziatori dello studio. E mentre nel mondo, compresa l’Italia, aumentano i segnali che inducono a pensare che qualcosa di rischioso per la salute esista, la vendita di smartphone e tablet va a gonie vele, di pari passo con una richiesta sempre più insistente da parte del pubblico per una rete dati cellulari eficiente e sempre più veloce. Il dibattito scientiico sui pericoli dell’esposizione ai campi elettromagnetici è però sempre molto acceso: negli ultimi anni sono sempre più numerosi scienziati, ricercatori e medici che affermano la necessità di applicare almeno il principio di precauzione, che impone condotte cautelative rispetto alla gestione di questioni scientiicamente controverse. In Italia il fronte degli scienziati “precauzionisti” è ampio, anche se il loro lavoro e le conclusioni a cui giungono sono hanno spesso poca visibilità. Tra questi c’è Fiorenzo Marinelli, biologo e ricercatore presso il CNR di Bologna, che da ormai molti anni si dedica allo studio degli effetti dei campi elettromagnetici e dei segnali radar sulle persone e sulle cellule in coltura. Tra gli oggetti dei suoi studi, anche il telefono cellulare ed il wii. 48 LUGLIO 2013 - BARRICATE “L’osservazione degli effetti dei campi elettromagnetici sulle cellule in coltura – ci spiega il dottor Marinelli – mi permette di capire quali sono i meccanismi attraverso i quali le radiofrequenze agiscono sugli esseri viventi. I miei studi sono sugli effetti genetici, vado ad analizzare le cellule esposte per quel che riguarda la regolazione dei geni che disciplinano la vita cellulare. I campi elettromagnetici, così come ho osservato, attivano dei sistemi di regolazione della riproduzione cellulare e quindi possono anche dare origine a cellule tumorali”. Gli esperimenti del dottor Marinelli si svolgono esponendo le cellule all’esposizione dei campi elettromagnetici di diversa frequenza ed osservando poi le reazioni a livello biologico. Fra le reazioni osservate, l’apoptosi, ossia la morte cellulare, anche a frequenze piuttosto basse; oppure l’attivazione di geni della sopravvivenza, che fanno proliferare le cellule anche se danneggiate, con il rischio di sviluppo di cellule tumorali. Molto dannosa, secondo le osservazioni del dottor Marinelli, è l’esposizione prolungata o continua a campi elettromagnetici. “Lo IARC – prosegue Marinelli - ha classiicato i cellulari come possibili cancerogeni in base a studi e dati che dimostrano la certezza che i telefoni possano comportare dei danni, eppure nessuno interviene rispetto all’uso massiccio dei cellulari. Lo stesso avverrà con le nuove tecnologie, come ad esempio LTE, che verranno applicate senza che siano state preventivamente studiate. Un comportamento assurdo ed irrazionale che salvaguarda solo il proitto e non si cura della salute della popolazione”. BERE MANGIARE RESPIRARE ONDE ANOMALE Editori Internazionali Riuniti Se l’aria che ci circonda fosse contaminata e potesse causare tumori, non vorreste saperlo con assoluta certezza? Sappiate che la possibilità esiste ma nessuno sembra voler sollevare il problema. Le antenne per la telefonia mobile e gli stessi cellulari inondano l’etere di onde elettromagnetiche che agiscono sugli esseri umani causando modiiche a livello cellulare. Lontani dalla voglia di fare allarmismo, Alessio Ramaccioni e Pablo Castellani raccontano le loro esperienze in un reportage che parte da lontano, dalla trasmissione “Il nemico invisibile” che da anni si occupa del problema denunciando la linea di condotta poco chiara delle istituzioni e delle lobby di potere, esaminando documenti e interpellando scienziati di fama internazionale. Se è vero che non ci sono ancora certezze sui danni provocati dall’elettrosmog, è vero anche che le conferme sono state cercate senza la dovuta attenzione e senza rimettersi a quel “principio di precauzione” imperativo quando si tratta della sicurezza della popolazione. Dast (Danilo Strulato) nasce nel 1966 a Thiene, in provincia di Vicenza. Dopo gli studi accademici, si dedica all’autoproduzione editoriale collaborando con Stefano Zattera e la Delirio comm. Nel frattempo è presente in diverse realtà internazionali tra le quali Malefact-Usa, Panik-Usa, Stripburger-Slo, Interzona-Ita. Partecipa con AlterVox nel 1998 all’iniziativa “Subway”, tenutasi nella metropolitana di Milano, ed è presente con una mostra personale a Lucca Comix. Nello stesso anno comincia la collaborazione con la Mondo Bizzarro Gallery con il volume “Horrorgasmo”, la personale “The hell inside me” nel 2001, il volume “Mater Universalis” nel 2003. Sempre nel 2003 è presente alla collettiva “Italian Pulp” presso la Luz de Jesus Gallery di Los Angeles, tempio del Pop Surrealismo internazionale. Nel 2005 partecipa alla storica collettiva “Apocalypse Painting” alla Mondo Bizzarro Gallery e nel 2009 al “14th Anniversary Group Show”; nello stesso anno, sempre presso la M.B.G., è allestita una retrospettiva dal titolo “Danze macabre”. Del 2009 è anche la realizzazione delle illustrazioni per il volume scritto da A. Grieco “State Lontani”, Grrrzetic ed. Attualmente collabora con diverse realtà dall’editoria alla street art e saltuariamente con le gallerie La Luz De Jesus Gallery, Gestalt Gallery, Antonio Colombo Arte Contemporanea, Fabrica luxus art gallery. LUGLIO 2013 - BARRICATE 49 BERE MANGIARE RESPIRARE CICLOTURISMO SOTTO QUESTO SOLE È BELLO PEDALARE SÌ… MA C’È DA SUDARE? Turismo sostenibile e due ruote: la difusione di cicloturismo e ciclo-escursionismo, per sportivi e non La vita è come andare in bicicletta: se vuoi stare in equilibrio devi muoverti – proferiva il saggio Einstein. E sarà per questa ragione che per ritrovare il proprio equilibrio in un’epoca fatta di instabilità e lessibilità, uomini e donne, single, famiglie e gruppi, giovani e meno giovani stanno iniziando ad innamorarsi dell’idea di viaggiare risparmiando, non solo il proprio conquibus, ma anche e soprattutto una buona dose di inquinamento e dispersione di risorse al nostro pianeta. Tra le proposte e le alternative possibili di vacanze, gite ed uscite fuori porta, il cicloturismo sta scalando la classiica delle idee più accolte, anche dai non sportivi. C’è chi si sente così audace da azzardare un intero viaggio sulle due ruote con lo zaino in spalla, chi si afida a qualche tour operator per fare brevi percorsi in bici, senza dover portare con sé il bagaglio, e poi riposarsi in hotel non troppo spartani; c’è anche l’affezionato delle gite domenicali nelle stradine di campagna tra parchi e riserve naturali, o chi si diverte a percorrere le piste ciclabili più comode e “paesaggistiche” del Paese. Il cicloturismo è ormai sfuggito allo stereotipo temibile di impresa sportiva d.o.c. e si sta sempre più avvicinando ai desideri comuni e semplici di tempo trascorso in natura, di benessere in movimento, ma non troppo, o, almeno, non più di quel che si cerca. Perciò, che l’intento sia turistico, naturalistico o ecologista, in Europa il ciclo escursionismo è ormai un fenomeno di massa, con tutte le ovvie conseguenze, e l’Italia…segue a ruota. L’offerta è molto più ampia rispetto a qualche anno fa, è compito da pochi minuti trovare un’idea di viaggio, così come un gruppo di appassionati cui appoggiarsi anche solo per suggerimenti e indicazioni. Crescono quindi non solo i percorsi per una ciclovacanza lontana dal trafico e su percorsi segnati e con servizi collaterali, ma anche il sistema turistico legato al settore, che tanto giovane non è. In realtà, il Movimento Sportivo Popolare Italia (MSP) è stato il primo ente a costruire un settore dedicato al cicloturismo, nel lontano 1993, attraverso la Scuola Italiana Mountain Bike (SIMB). D’altro canto anche la Federazione Italiana Amici della Bicicletta (FIAB onlus), che ha come inalità principale la diffusione della bicicletta quale mezzo di trasporto ecologico, ha riunito 130 as50 LUGLIO 2013 - BARRICATE Ph: archivio Acanto Eleonora Celi sociazioni autonome locali sparse in tutta Italia, con l’obiettivo sia di migliorare la viabilità urbana in un’ottica di riqualiicazione dell’ambiente, sia di promuovere una nuova forma di turismo. Al tempo stesso stanno aumentando le pubblicazioni di guide e percorsi per il ciclo-escursionismo ed il cicloturismo e si sta lavorando per dare vita ad una Rete Ciclabile Nazionale, già denominata “BicItalia”1, attraverso l’apposizione di segnaletica specializzata e la promozione di strutture turistiche “amiche” dei ciclisti. Le crescenti attività ciclo-escursionistiche diventano spia di un nuovo stile di vita ricercato da molti e augurabile per il pianeta. Si fa sempre più apprezzare l’uso della bicicletta nel tempo libero e parallelamente cresce il desiderio di conoscere da vicino aspetti ambientali e culturali del territorio locale e nazionale, da valorizzare e tutelare. Del resto, già più di dieci anni fa il “principio ciclosoico fondamentale” sottolineava come ogni corpo su una bicicletta assista a uno spostamento del proprio sguardo sul mondo. “All’esterno ci si sposta in bicicletta, ma all’interno è la bicicletta che ci sposta.” 2 Consigli, informazioni, percorsi su due ruote www.trekmtb.it www.mondobici.it www.cicloturismo.com www.cicloturismoitaliano.it www.girolibero.it www.verde-natura.it www.viaggiareinbici.it www.dueruotenelvento.com www.amicoinviaggio.it http://turistipercaso.it/a/magazine/diario/cicloturismo 1- Dal 15 novembre 2011 la FIAB è diventata uicialmente Centro nazionale di coordinamento per lo sviluppo della rete ciclabile europea “EuroVelo” in Italia. 2- Didier Tronchet, Piccolo trattato di ciclosoia. Il mondo visto dal sellino, Il Saggiatore Tascabili, 2000. LINGUAGGI GRAFICI: FABIO TONETTO LUGLIO 2013 - BARRICATE 51 MARCHE MARCHE, CHE CHARME! Una splendida regione con un altissimo potenziale paesaggistico, economico e socioculturale. Peccato per la pessima classe dirigente… Ph: archivio Acanto Giancarlo Iacchini La regione più collinare (70% del territorio), la prima nella pesca in rapporto alla lunghezza delle coste e, nonostante la tradizione agricola (mezzadrile), sorprendentemente anche la più industriale d’Italia, grazie alla rete diffusa di piccole e medie imprese (mobili, cucine, elettrodomestici, tessuti, pelle, scarpe, carta, navi e barche, moto, strumenti musicali, vino, olio e artigianato di ogni tipo) che hanno fatto delle Marche, negli ultimi 50 anni, un “modello” spesso indicato come esempio virtuoso di sviluppo economico e pace sociale. Ma anche la regione meno… regione, per via di quella insopprimibile pluralità insita già nel suo nome, che evoca antiche divisioni e lacerazioni storiche mai sanate (documentate ad esempio dalla coesistenza di tanti dialetti in uno spazio così ristretto), oltre all’impronta del limite, del conine, della marginalità e forse dell’estraneità rispetto ai centri nevralgici della vita nazionale. Il tutto, oggi, entrato nel vortice di una pesantissima crisi che minaccia seriamente gli alti tassi di occupazione e quella coesione sociale che ha sempre convissuto con la frammentazione campanilistica e perino linguistica. “Le Marche sono 52 LUGLIO 2013 - BARRICATE l’idea di conine e di frontiera – spiega Antonio Luccarini1 (per 9 anni assessore alla Cultura del comune di Ancona) – la cui eterna contrapposizione all’alterità si accompagna alla dimestichezza col diverso: terra di accoglienza per ebrei, greci, turchi e albanesi, anche loro separati come i marchigiani stessi. Estranei e lontani dal potere centrale, ma non per questo più liberi. Terra di ininite rivalità: un campanile contro l’altro, una roccaforte contro l’altra senza alcuna solidarietà reciproca neppure di fronte alle invasioni e poca disponibilità a riconoscere Ancona come capoluogo; universo senza un centro”. Che però resta (il centro) un paradigma della politica regionale, dai tempi del predominio democristiano ino all’attuale governo PD-IdV-UdC, alleanza moderata anch’essa assurta a “modello marchigiano” da esportazione, almeno ino alle elezioni politiche del 2013 che hanno disintegrato i due alleati del PD azzoppando di colpo il presunto “laboratorio” impersonato dal governatore Gian Mario Spacca (PD), presidente dal 2005. “Ma qui nasce tutto già vecchio – continua Luccarini – come i primi moti risorgimentali che furono 1- Docente di storia e ilosoia, membro del cda del Politecnico delle Marche e della Fondazione Teatro delle Muse. MARCHE – LA TERRA RACCONTA in realtà le ultime nostalgie del dominio napoleonico. Non c’è alcun modello da esportare, nessun laboratorio, bensì soltanto il binario morto di una politica ridotta a recita, interpretata da attori stipendiati ormai incapaci di qualunque idea innovativa e interessati solo a conservare le poltrone; commedianti che non rappresentano più i cittadini ma solo se stessi. Anche il PD è stata la fusione notarile di due aziende (i DS e la Margherita) decise a mantenere il rispettivo personale amministrativo, con lo stesso modo ‘piccolo’ e stantio di governare il territorio, asservito a consorterie e potentati affaristici. Una politica così meschina e subordinata non è più il luogo in cui si decide, prostrata com’è ad un modello economico del ‘piccolo è bello’ che ha fatto anch’esso il suo tempo, perché non regge alla concorrenza dei giganti; ed ora il ‘piccolo’ rischia di diventare rachitico, a parte il ‘grande’ che resta in piedi ma conservando ben poco di marchigiano, vedi l’impero di Della Valle. Lo splendido isolamento di questa regione assomiglia a una riserva indiana, con tutta la sua marginalità”. La bellezza salverà il mondo… e anche le Marche, che tra la costa, la collina e gli Appennini hanno un paesaggio da favola? “La natura certo, ma anche il lavoro, perché i marchigiani sono laboriosi e non abbandonano mai il campo”. Se non sono costretti a farlo, quando franano antiche certezze industriali come l’Indesit (uno dei pilastri del maggior impero regionale, quello dei Merloni), presentando piani di ristrutturazione che prevedono migliaia di “esuberi”. La giunta di Spacca (ex dirigente della Merloni) è alle prese allora col rovescio della medaglia, e lo stretto connubio politica-economia presenta il conto della crisi Serenella Moroder Antonio Luccarini anche agli amministratori. Che peraltro hanno da pensare anche al loro, di tracollo, visto che il bacino elettorale del governatore è passato dal 58% iniziale al 30% delle ultime politiche, con Grillo diventato primo partito col 32%, superando di 4 punti il PD. “Ma il Berlusconi dell’antipolitica si è già dimostrato incapace di gestire il successo – chiosa Luccarini – per cui una vera alternativa ancora non si vede. Più che una rifondazione della politica, servirebbe un’autentica rigenerazione.” Magari, “semplicemente”, la buona politica al posto di quella brutta. Ci aveva provato per due anni (dal 2010 al 2012) una imprenditrice prestata alla politica, ex architetto diventata regina del vino marchigiano (Rosso Conero Moroder): Serenella Moroder, che Di Pietro in persona aveva voluto come assessore al Turismo ma che lo stesso Di Pietro, in pieno stile-Report, aveva cacciato su due piedi con una richiesta formale al governatore, dopo le pressanti insistenze del capo locale dell’IdV, David Favia. Motivazione? “Facevo politica per i cittadini – racconta ora la Moroder (già presidente di Terra Nostra e poi del Movimento Turismo del Vino) – e non per gli ‘amici’ di quello o quell’altro dirigente. Partivo dal basso, dalle esigenze del territorio, con la continua convocazione di tavoli di lavoro. Riiutavo la politica come potere, immobilismo, voto di scambio. Non mi sono mai piegata a certi meccanismi di sottogoverno, perché credo nella politica alta, e altra: impegno, cittadinanza attiva, partecipazione la più ampia possibile. Per questo ero una spina nel ianco e davo fastidio. Evidentemente disturbavo i manovratori. Sono arrivati a restituirmi la tessera del partito (era la numero 1 del LUGLIO 2013 - BARRICATE 53 MARCHE – LA TERRA RACCONTA Ph: archivio Acanto 2012!) e a ridarmi indietro perino il contributo di 600 euro che avevo versato, per poter dire che non ero neppure iscritta, a mo’ di ulteriore giustiicazione del mio licenziamento. A posteriori si potrebbe dire che mi hanno fatto un favore, vista l’inchiesta della Gabanelli sulle modalità di gestione del partito di Antonio Di Pietro e il suo successivo tracollo elettorale”. In rete si trovano ancora gli aggettivi con cui la Moroder era stata apostrofata: “ingenua” e “inesperta” ma anche “testarda” e “dittatrice”, “miracolata dal partito” e causa di tutte le proprie disavventure politiche. Ci crede ancora, nella politica? “In quella buona e alta, certamente sì. Ma dipende dai compagni di viaggio, ed è indispensabile individuare il giusto strumento organizzativo. Aspetto di individuarlo, al di là delle scadenze elettorali, e intanto continuo a fare politica anche svolgendo bene il mio lavoro di imprenditrice agricola. Che è dificile perché ci vogliono anni per produrre un buon vino, e dunque occorre programmare. L’ho capito anche quando, pur essendo ancora giovane e con un iglio appena 18enne, mi ritrovai già nonna: compresi che non basta programmare per i igli, bisogna pensare anche ai nipoti. E la politica dovrebbe avere lo sguardo così lungo, senza fermarsi agli interessi immediati”. L’alleanza che governa la regione è politicamente morta? “Assolutamente sì, e il recente rimpasto di giunta, che ha lasciato i due posti all’Udc eliminando completamente l’IdV per premiare il Centro Democratico [0,4% alle politiche, ndr] appare del tutto incomprensibile”. Energia (la questione dei contestati impianti a biomasse), trasporti sempre più carenti e una 54 LUGLIO 2013 - BARRICATE sanità nell’occhio del ciclone per i tagli ai piccoli ospedali: “Ma una riconversione è necessaria perché non si può ignorare il problema del bilancio – dice la Moroder – né il fatto che sono appena 1,5 milioni gli abitanti delle Marche. Come si fa a mantenere tutto inalterato? In più la crisi richiede interventi pubblici di agevolazione e sostegno alle imprese, visto che le banche concedono mutui a tassi proibitivi, o non li danno per niente. Non c’è solo la crisi dell’Indesit, ma anche quella della cantieristica. Il modello marchigiano era stabile e rassicurante, ma adesso è in grave dificoltà. La risorsa su cui puntare forte sarebbe il turismo: non solo mare, nonostante il record di bandiere blu, ma tutto un entroterra da valorizzare, le bellissime colline, più autentiche di quelle toscane!” Tanto che gli stranieri si comprano ville e casolari. “E questo non mi piace, perché alcuni di questi luoghi poi diventano ritrovi che fanno concorrenza sleale ad alberghi e agriturismi”. Cosa serve per rilanciare il turismo marchigiano? “Sembra banale dirlo, ma proprio l’abc: standard minimi di accoglienza, conoscenza delle lingue e condivisione del territorio, nel senso di far sapere al turista cosa c’è di bello da fare o da vedere a pochi chilometri dal posto in cui si trova, senza paura di perderlo. Perché se c’è tutto questo, poi ritorna di sicuro; del resto l’anagramma di MARCHE è CHARME, e il fascino bello di questa regione sopravvive anche alla brutta politica.” LINGUAGGI GRAFICI: PAOLO CASTALDI Paolo Castaldi autore e disegnatore, è nato nel 1982. Tra i suoi lavori, Nuvole Rapide (Edizioni Voilier 2009, 2010) ed Etenesh, l’odissea di una migrante (BeccoGiallo, 2011) che viene tradotto in inglese per la rivista americana di letteratura internazionale Words Whitout Boarders. Vince il Premio Boscarato nel 2011 come Autore Rivelazione dell’Anno. L’ultima opera ino ad ora pubblicata è Diego Armando Maradona (BeccoGiallo, 2012), che riceve la nomination come Miglior Fumetto al Napoli Comicon 2013. Sparse qua e là varie storie brevi, illustrazioni, mostre collettive e personali, live painting, come allo Sherwood Festival durante il concerto di Caparezza e su Rai Radio2 ospite della trasmissione RaiTunes di Alessio Bertallot. Da due anni fa parte del team creativo AGR Factory in veste di screenwriter e storyboarder. Dice di sé: “Il fumetto, il mio fumetto, deve tornare a vedere il mondo scrollandosi di dosso la polvere grigia. Deve farsi un Interrail senza ine. E raccontarmi quel che vede di tanto in tanto.” LUGLIO 2013 - BARRICATE 55 POLITICA AMBIENTALE Intervista a Olimpia Gobbi e Riccardo Picciafuoco SALVIAMO IL PAESAGGIO La proposta di Legge di iniziativa popolare in difesa del territorio marchigiano. Un bene di tutti, come l’acqua È accaduto un fatto importante nella vita politica della regione Marche: lo scorso mese di giugno è stata presentata ed accettata alla discussione presso la IV Commissione del Consiglio Regionale una proposta di Legge di iniziativa popolare a cura del Forum Paesaggio Marche, inerente la tutela attiva del paesaggio e il governo partecipato del territorio. Su tale proposta sono state raccolte più di 8700 irme. L’iniziativa nasce dal coinvolgimento di 93 associazioni e movimenti che hanno deciso di farsi parte attiva attraverso una legge in grado di garantire una corretta gestione del territorio considerato bene primario come l’acqua. Nel corso degli ultimi decenni gli interventi dell’uomo sul territorio sono stati particolarmente invasivi e devastanti, tanto che in soli 50 anni si è costruito il doppio di quanto realizzato in migliaia di anni. Ne parliamo con Olimpia Gobbi e Riccardo Picciafuoco, referenti e coordinatori della proposta. Quando è nata l’iniziativa di riunire così tante voci attorno ad un tavolo per discutere insieme del territorio e del paesaggio? Nel 2005 due associazioni locali di Ancona e Recanati avviano una discussione congiunta di carattere culturale su quali fossero i metodi e gli strumenti più adatti per fermare il fenomeno del continuo degrado del paesaggio ed operare per una sua riqualiicazione e valorizzazione. Nel 2007 viene fondato il primo nucleo importante, costituito da 30 associazioni tra 56 LUGLIO 2013 - BARRICATE Ph: Tonino Mosconi Franco Marincioni cui alcune di carattere nazionale. Nel 2008 si costituisce il Coordinamento Paesaggio Marche, che avvia concretamente la redazione della prima bozza di un testo di Legge Regionale per opera di uno speciico tavolo tecnico interdisciplinare. Nel 2010 il Coordinamento si allarga a numerose altre associazioni e realtà locali e, sulla base anche di un nuovo metodo di lavoro più partecipato e aperto al contributo dei cittadini, viene fondato il Forum dei Movimenti per la Terra e il paesaggio delle Marche. Nel 2012 il Forum, messa a punto la proposta di Legge, decide in assemblea di avviare la raccolta delle irme terminata con successo lo scorso mese di aprile. Quanto è stata importante, nel bene e nel male, la politica attuata dai comuni e dalla regione Marche nel modiicare l’aspetto e l’assetto del territorio? A partire dai primi anni ’90, la progressiva delega della gestione del territorio da parte della regione alle province prima e ai comuni poi, ha comportato una frammentazione delle scelte di trasformazione del paesaggio e un accrescimento del consumo di suolo, complice il mancato controllo dell’attuazione delle previsioni del Piano Paesaggistico Regionale, che pure era stato tra i primi in Italia ad essere stato approvato nel 1989. Si pensi che tra il 2000 e il 2010 sono stati cementiicati nelle Marche circa 250 ettari di suolo per ogni anno. Solo nel 2011 la Regione Marche ha tentato di porre un freno a questo fenomeno di deregulation urbanistica, con l’approvazione della legge n° 22/2011 che impedisce l’adozione di varianti di espansione ai PRG comunali in assenza di un’attuazione di Ph: M. Francesca Nitti almeno il 75% delle previsioni ediicatorie pregresse. La gestione del territorio è demandato al coordinamento delle regioni. Esistono altri esempi di leggi regionali sulla tutela del paesaggio? La proposta di legge di iniziativa popolare sarà foriera di altre iniziative analoghe? Le Regioni Toscana, Umbria e Emilia Romagna hanno approvato leggi che, seppur fondate su modelli diversi, introducono strumenti di tutela innovativi. La Regione Puglia ha recentemente approvato un Piano Paesaggistico più strettamente coerente con il Codice dei Beni Culturali del 2004. Non esistono invece iniziative popolari analoghe a quella portata avanti dal Forum P. M., la prima in assoluto nel panorama nazionale e per questo seguita con grande attenzione anche al di fuori della nostra regione. Inoltre, il Forum nazionale “Salviamo il Paesaggio” sta predisponendo una propria proposta di legge nazionale di iniziativa popolare sulla tutela del suolo agricolo, di cui alcuni punti sono stati recepiti nel recentissimo pdl a irma dei deputati del M5S. Quali sono i punti cardine di questa proposta di legge e cosa cambia rispetto all’attuale legge regionale? Paesaggio Bene Comune, patrimonio collettivo inalienabile ed inscindibile. Le trasformazioni del territorio sono possibili solamente se non compromettono la conservazione e la vitalità delle risorse non rinnovabili. Partecipazione reale delle comunità locali alle scelte di governo in dall’inizio dei processi di pianiicazione e che non si esaurisca in informative rivolte alla cittadinanza quando tutto è stato già deciso. Zero consumo di suolo, per nuove ediicazioni la legge prevede il riuso, la riqualiicazione, la manutenzione e la messa in sicurezza del già costruito. Piani strutturali intercomunali (o Piani di area vasta) per mettere ine ai Piani Regolatori fatti da ciascun comune tenendo conto dei propri conini amministrativi e non della natura del territorio e dei bisogni reali degli abitanti (mobilità, energia, servizi, impianti e attività strategiche, gestione dei iumi e delle risorse idriche, tutela delle aree naturali, ecc.). La legge invece prevede piani intercomunali costruiti insieme fra comuni coninanti e che ricadono su ambiti territoriali omogenei. Quali di questi punti ritenete irrinunciabili? Questi sono i punti che permettono un reale cambiamento nel governo del territorio, senza i quali le inalità che la legge si propone non verrebbero raggiunte. Se una legge sifatta fosse stata promulgata dieci anni fa, quali beneici ne avrebbero tratto i cittadini? Se fossero state più lungimiranti e responsabili di chi le ha amministrate, con questa legge le comunità avrebbero potuto far prevalere l’interesse generale su quello particolare e dunque avrebbero per esempio potuto impedire che nel 38% dei comuni marchigiani interi quartieri venissero costruiti in zone ad alto rischio ambientale, avrebbero evitato i danni in vite umane ed in costi economici delle alluvioni devastanti a cui purtroppo abbiamo assistito. Oppure avrebbero potuto ottenere città più vivibili, trasporti pubblici alternativi a quelli privati con risparmio di tempo e costo di carburante, come accade in tutta l’Europa avanzata, Ph: M. Francesca Nitti MARCHE – LA TERRA RACCONTA ed altro ancora. Sarebbero state evitate scelte quali il fotovoltaico a terra, che ha consumato il 2 per mille di superice agricola pari ad oltre 1200 ettari? Certamente, poiché la legge prevede che nessuna modiica sostanziale dell’uso del territorio possa essere fatta senza un reale coinvolgimento dei cittadini. È stato diicile far condividere a tante associazioni un percorso assieme? Non è stato diicile perché la consapevolezza della necessità di nuove economie che rinnovino il rapporto fra noi e le risorse naturali e di nuove democrazie che modiichino il modo di prendere le decisioni, è molto più difusa di quanto si creda. Lo abbiamo visto durante la raccolta delle irme. Pensate che le istituzioni capiranno che in questo momento politico un’iniziativa così popolare non può essere insabbiata e che agricoltura e turismo devono essere salvaguardati? Noi siamo iduciosi. Sappiamo che non sarà facile, nelle istituzioni si annidano rappresentanti con visioni diverse da quelle proposte dalla legge, ma ce ne sono altri che invece la condividono. Noi faremo il possibile ainché proprio dalla discussione di questa legge parta un dialogo nuovo fra consiglieri regionali e cittadini, che metta al centro delle decisioni i contenuti e non le bandiere o le alleanze. LUGLIO 2013 - BARRICATE 57 MARCHE – LA TERRA RACCONTA SUCCEDE DOMANI SCHERZARE COL GAS È MOLTO PERICOLOSO di Michele Boato I geologi della Società di prospezioni, incaricata dello Studio di Impatto Ambientale per il progetto di sei pozzi di pompaggio di gas metano a 3 Km di profondità, hanno lavorato a lungo. Le carte geologiche di base, in verità, erano alquanto imprecise, perciò hanno dovuto fare un lavoro molto più complicato del previsto. Gli abitanti di Agraria, un quartiere di san Benedetto del Tronto, li hanno visti comparire un giorno con i loro strumenti, e nessuno capiva cosa stessero cercando: di metano lì sotto non doveva essercene più, il giacimento era stato dichiarato esaurito da parecchi anni. “E allora, cosa cercano?” Alla domanda, i tecnici non rispondevano se non con frasi generiche; avevano l’ordine di non sentire, non vedere, non parlare. E così, alla gente, prima incuriosita e poi sempre più preoccupata, non restava che chiedere lumi al Comune. La via crucis degli ufici che ti rimandano sempre da una stazione all’altra sembrava fatta apposta per scoraggiare anche il più intrepido cittadino. Ma alla ine, nell’aprile 2011, anche grazie ad un gruppetto di giovani “grillini”, si è saputo che la società Gas-Plus aveva chiesto l’autorizzazione a stoccare nell’ex giacimento di metano qualcosa come mezzo miliardo di metri cubi di gas. “Per farne cosa?” si domandano gli abitanti. “Per fare soldi” rispondono alcuni ingegneri e tecnici indipendenti dalla ditta: “Lo acquistano d’estate, quando c’è meno consumo e il prezzo cala; lo pompano a 300 atmosfere di pressione a 3 Km di profondità e poi lo risucchiano d’inverno per venderlo, guadagnandoci sulla differenza del prezzo, più alto”. “Ma pompare e risucchiare a pressioni così alte non è pericoloso?” “Certo che lo è” rispondono i tecnici indipendenti “Tra l’altro il gas si espanderebbe in un’area enorme di 85 Km quadrati, quasi quattro volte l’intero comune di San Benedetto del Tronto”. Si mettono in allarme anche gli altri quartieri; in mille fanno una iaccolata a gennaio 2012; si muove l’associazione Ambiente e Salute, raccoglie irme e scrive lettere pubbliche alle autorità; poi di nuovo in piazza nel 2013; ma non riescono a far prendere una chiara posizione contraria al loro Comune: “Occorrono studi più precisi”. Anche in Regione sono contrari, ma il governo Monti spinge, in particolare il Ministro dello sviluppo Passera. Alla ine la forza del denaro convince la maggioranza nelle varie istituzioni: “I rischi sono limitatissimi, paragonabili a zero”. Arriva il metano, tutto gira alla perfezione, gas e proitti. Vengono anche assunti sei giovani disoccupati del quartiere Agraria. “Avete visto? Ve lo dicevo che non c’erano problemi; solo vantaggi economici ed occupazionali” si felicita il politico di turno con i suoi fedeli, tre dei quali hanno così sistemato un iglio o un nipote. “La scossa di terremoto è del quinto grado” dice concitato il giovane telecronista, mandato in periferia di san Benedetto alle 6 di mattina del 17 dicembre 2017. “Le cause sono sconosciute. Non ci sono precedenti negli ultimi secoli. Molte le case crollate; non si sa ancora quante siano le vittime rimaste sotto le macerie.” 58 LUGLIO 2013 - BARRICATE MARCHE – LA TERRA RACCONTA ENERGIA E COMITATI DI LOTTA Intervista a Adriano Mei SIAMO CITTADINI, NON SUDDITI Energia alla marchigiana * Allegati A1, A2, B1 e B2 alla legge della Regione Marche 26 marzo 2012, n. 3 (Disciplina regionale della valutazione di impatto ambientale – V.I.A.) Le Marche sono una regione in cui il livello di qualità della vita è senz’altro tra i migliori d’Italia ed è una vera pena vedere come la “mala amministrazione” all’italiana possa intaccare anche territori come questo. Il consociativismo politico, che ormai non ha più colore, anche qui si manifesta nelle larghe intese che i partiti hanno trovato sul business dell’energia. Un afare di miliardi di euro che passa per tanti ambiti diversi, che coinvolge a caduta amministratori, relativi partiti di appartenenza, multinazionali, concessionari locali e i soliti gruppi economici inanziari nazionali. Nelle Marche l’ha sempre fatta da padrone la famiglia romana Brachetti Peretti, proprietaria dell’API, che con la raineria di Falconara ha sconvolto l’ambiente circostante e le infrastrutture della città. Proprio l’Api ha ottenuto il via libera e addirittura la partecipazione delle Regione alla costruzione del rigassiicatore che darà il colpo di grazia al paesaggio della baia di Ancona. Questa scelta e la previsione di un altro impianto al largo di Porto Recanati hanno ribaltato gli impegni presi in campagna elettorale dal Presidente Spacca e dalla sua coalizione di centro sinistra, e furono la causa dell’uscita dalla maggioranza delle liste civiche regionali aderenti a Liste Civiche Marche; ma non dei Verdi, ben aggrappati alla loro unica poltrona regionale. Non solo Api e rigassiicatori, ma anche Terna con un elettrodotto che taglierebbe tutta la regione, France Gaz per pompare e stoccare gas nel sottosuolo di San Benedetto del Tronto, Hera che vuole seminare i propri inceneritori Ph: Carlo Cardarelli Franco Cittadini ovunque e un insieme non identiicato di altri soggetti economici, inanziari, politici che vorrebbero ricoprire i crinali appenninici di mega pale eoliche. Senza parlare delle orribili e inutili distese di pannelli fotovoltaici che deturpano le belle colline marchigiane. Questi sono i motivi per cui nella regione nascono continuamente comitati di lotta, che spesso vincono le proprie battaglie sul piano sia politico che legale. È il caso di San Benedetto del Tronto, dove gli amministratori locali hanno dovuto fare velocemente retromarcia sulla disponibilità ad autorizzare il pericolosissimo pompaggio di gas nel sottosuolo di un’area abitata di oltre 80 km quadrati, o sul “termovalorizzatore” -nome di comodo per non dire brutalmente “inceneritore”a Schieppe di Orciano. La prima domanda che i marchigiani si pongono è perché mai dovrebbero produrre più energia di quanta ne utilizzino, tra l’altro proprio mentre i consumi sono sensibilmente in calo, e massacrare altro territorio oltre a quello già sacriicato alla raineria di Falconara? Ad esempio, il mega elettrodotto Fano – Teramo servirebbe per trasportare energia da vendere ai migliori oferenti, convogliandola via cavo sottomarino per poi immetterla nel circuito di elettrodotti che risalgono la penisola. Questa linea produttiva in Italia sarebbe vietata, visto che attingerebbe elettricità dalla centrale atomica che l’Enel ha costruito in Montenegro, approittando della frantumazione dell’ex Jugoslavia. Per questo i comitati di lotta accusano la Regione Marche di aver “venduto” a Terna un diritto di passaggio estremamente inquinante e distruttivo dell’habitat senza tener conto della Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A) e del grave pericolo rappresentato dai campi elettromagnetici artiiciali e dai danni da essi provocati alla salute, al paesaggio e al valore dei terreni. Proprio a ine maggio, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della Legge Regionale*. Ciò signiica che I’esclusione dei LUGLIO 2013 - BARRICATE 59 Ph: Matthias Canapini progetti dalla procedura di V.I.A. da parte della Regione ha comportato una violazione della normativa europea e dunque le autorizzazioni rilasciate non sono valide. I “Comitati in Rete” ne hanno chiesto immediatamente la revoca e probabilmente questa sarà la prossima vittoria che premierà il loro impegno e la loro perseveranza. Incontriamo Adriano Mei, un “pioniere” dei comitati di lotta marchigiani e non solo. Salute elettrizzata L’elettrodotto ad altissima tensione, 380.000 Volt, per il tratto Fano – Teramo proposto dalla società Terna spa, è di fatto il raddoppiamento di quello esistente, che da Fano si collega ad Ancona nella zona di Candia, per poi proseguire verso sud con un nuovo tracciato. Si tratta di tralicci che possono andare da 35 a oltre 50 metri di altezza (con punte sino a 70 metri in alcuni attraversamenti), con una larghezza di circa 20 metri in alto, dove sono ancorate le terne dei cavi. L’ipotesi di tale progetto, che prevede anche la realizzazione di due stazioni elettriche nella Provincia di Macerata, risale al 2002; nel giugno del 2005 viene sottoscritto un protocollo di intesa tra Regione Marche, Province, Comuni, Comunità Montane delle Marche e Terna; nel 2007 la Regione Marche deinisce il tracciato del “corridoio” preferenziale; dal 2008 ad oggi si sono susseguiti numerosi tavoli tecnici tra amministrazioni comunali, Province e Terna (25 incontri plenari e 43 tavoli tecnici alla ine del 2011). Ad oggi, numerosi Comuni interessati dal passaggio dell’elettrodotto e il Consiglio provinciale di Ancona hanno espresso con atti formali parere critico o negativo sull’opera. I cittadini organizzati nei comitati di lotta contestano: l’efettiva necessità dell’opera; la soluzione aerea in contrasto con quanto prevede la normativa nazionale ed europea; il devastante impatto sul paesaggio e la conseguente ricaduta sul tessuto economico del territorio; la mancata informazione e concertazione con le popolazioni interessate; la lesione del diritto alla salute con particolare riferimento alle fasce più deboli come bambini e malati; il danno alle proprietà per le quali non è stato previsto nessun congruo indennizzo. Costituzione e diritti dei cittadini Art. 9 “La Repubblica (…) tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”; Art. 32 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”; Art. 41 “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, Art. 42 “(…) la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale”. Adriano quando hai intrapreso questa strada e con che modalità? Nella primavera 2005, quando la Regione Marche decise di “prescrivere”, cioè ordinare, ad un’azienda con 500.000 € di capitale sociale di costruire un mega inceneritore a “biomasse” da 240.000 tonnellate annue per produrre 23 Mega di energia elettrica. Un gruppo di giovani lanciò una raccolta irme di protesta. Incuriosito, mi sono documentato. Oltre ai danni alla salute di un tale ecomostro, c’era il paradosso che la ditta proponente e beneiciaria avrebbe percepito 240.000.000 € di inanziamento pubblico. Ritenni di farmi avanti, con altri vecchietti, integrammo il Comitato e da subito la nostra caratteristica fu la trasversalità. Nel mio paese, Montemaggiore al Metauro, aderirono tutti e tre i circoli: Acli, Arci e Metauro Tricolore. È stata una battaglia innovativa e l’inceneritore non è stato mai costruito. Come valuti la situazione regionale nella fase attuale? Di grande confusione. Il Consiglio Regionale e la stessa Giunta mancano di qualità, ripetono le deicienze della politica regionale, sono privi di qualsiasi visione a medio - lungo termine. In due settori decisivi, sanità ed ambiente, la politica annaspa visibilmente. In queste deicienze si è inserita la burocrazia regionale, o meglio il settore apicale della stessa. Di fatto il governo regionale è in mano ai dirigenti. Ma questi ultimi non brillano, fatte salve pochissime eccezioni, né per preparazione, né per visione d’insieme. Lautamente pagati e premiati, questi dirigenti hanno collezionato topiche madornali. L’ultima, gravissima, quella sancita con la bocciatura della parte sostanziale della Legge Il dato nazionale al 31-12- 2012 sui 16.420 Megawatt installati in Italia, indica le Marche, con 980 Mw, all’ottavo posto fra le regioni. In considerazione del territorio e degli abitanti, però, i veri dati sono i seguenti: 1° regione con 636 watt installati per abitante (media nazionale 276 W.), 2° regione con 104,7 Kw per Km quadrato (media nazionale 54,5 Kw.), 2° regione con il 2,17 per mille di supericie agricola occupata da fotovoltaico a terra con i suoi 10.281.542 metri quadrati di pannelli (media nazionale 1,03 Mq.). 60 LUGLIO 2013 - BARRICATE Ph: Carlo Cardarelli Fotovoltaico da primato MARCHE – LA TERRA RACCONTA Regionale 3/2012. In base a queste tue esperienze, come credi che debbano essere portate avanti oggi le lotte per la difesa dell’ambiente? L’esperienza dei comitatinrete ha enucleato un metodo: l’ambiente ed il paesaggio sono uno dei diritti dei cittadini, essi vanno inquadrati nel contesto della tutela sancita dalla nostra carta costituzionale che all’art. 32 tutela la salute, all’art. 41 il diritto d’impresa ed all’art. 42 il diritto di proprietà. Quindi, posti di fronte al singolo caso, che noi deiniamo vertenza, poniamo le tre domande classiche. L’impianto serve? Se serve, sono applicate le BAT (tecnologie più avanzate) conosciute? Ammesso e non concesso che la risposta alle prime due sia positiva -nel 90% dei casi non lo èponiamo la terza: sono rispettati i diritti dei cittadini? Quindi ripartiamo dal diritto di cittadinanza, non ci facciamo rappresentare dai “tecnici”, e le direttive europee che sanciscono i principi di precauzione, concertazione e celerità raforzano le nostre ragioni. Prezioso è poi il rapporto costante con Associazioni come ISDE (medici per l’ambiente) e la rete Riiuti Zero (Ercolini e Connett); abbiamo più volte usufruito dell’apporto di professori e studiosi come Tamino, Montanari, Laghi, Di Ciaula, Gentilini, Tavolazzi ed altri. Per l’aspetto legale abbiamo raforzato rapporti e collaborazioni nell’ambito Regionale. Dal 2005 ad oggi abbiamo chiuso positivamente oltre 50 vertenze, anche importanti a livello nazionale (vedi Turbogas e parchi maxi-eolici), siamo chiamati spesso fuori regione (in Lombardia, Emilia, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise e Puglia). Al momento siamo impegnati in circa 40 vertenze su stoccaggi gas, mega elettrodotto, maxi eolico, biogas, biomasse, antenne, cementiici, etc. Di recente ci occupiamo anche di sanità. Stimiamo di dotarci entro il mese di un’apposita struttura di gestione. www.comitatinrete.it COMITATI MARCHE Comitato Campodiegoli – Fabriano (AN) Comitato Difesa Montemezzano – Sassoferrato (AN) Comitato Tutela Ambiente - San Donato (AN) Comitato S.Amico (AN) Comitato Territorio Sostenibile – Jesi (AN) Comitato Sant’ Antimo-Morro d’Alba (AN) Comitato Nobiogas - Ostra (AN) Comitato No Biogas – Montefelcino (PU) Comitato per la Difesa dei Diritti dei Cittadini e la salvaguardia del territorio – Mombaroccio (PU) Comitato per la tutela ambiente e territorio di Camminate - Tombaccia - Metaurilia – Fano (PU) Comitato Lucrezia è Natura – Cartoceto (PU) Comitato Fermiamoli ! - Fossombrone (PU) Comitato Tutela Ambiente di Mondolfo (PU) Comitato Solfanuccio-San Costanzo (PU) Comitato Monti Rotondi -Pergola (PU) Comitato No tubo - Apecchio (PU) Comitato Territorio Attivo – Orciano (PU) Comitato Valcesano Sostenibile – Mondavio (PU) Coordinamento dei Comitati a Tutela delle Valli Metauro, Cesano e Candigliano (PU) Comitato per la tutela del territorio – Matelica (MC) Comitato di Petriolo (MC) Comitato Permanente per la salvaguardia di Belforte (MC) Comitato Alta Fiastrella (MC) Comitato i Lupi dei Sibillini - Gualdo (MC) Comitato Intercomunale territorio attivo (MC) Comitato Elettrodotto Tolentino - S. Severino (MC) Comitato Elefante - San Ginesio (MC) Comitato di Recanati nobiogas (MC) Comitato di Castelraimondo (MC) Comitato Alta Val Tenna - amandola (FM) Comitato Sant’Elpidio a Mare (FM) Comitato Centobuchi (AP) Circolo Albatros – Fano (PU) Associazione Ambiente e Salute nel Piceno – San Benedetto del Tronto (AP) Associazione Memoria – Mombaroccio (PU) Associazione Quei dla dal Fium – Fano (PU) Associazione Territorio Mondo Sassoferrato Associazione Camerata Ambiente e Territorio – Camerata (AP) Movimento Consumatori - Civitanova Marche (MC) Info: www.comitatinrete.it www.noelettrodotto.it LUGLIO 2013 - BARRICATE 61 Tre giorni a spa COSÌ, SU DUE RUOTE Apprezzare la natura, chilometro dopo chilometro, i paesaggi ma anche la cultura e le tradizioni locali, così come le coltivazioni e la tipicità dei prodotti della terra, è un’esperienza realizzabile all’estero ma anche in Italia. E grazie ad un progetto innovativo tutto italiano, nato nelle Marche, è possibile scambiarsi consigli ed organizzarsi per uscite di gruppo. Il sito salottodelleruotegrasse.it, che rimanda all’appellativo della mountain bike (a diferenza dalle ruote “magre”, alias bici da corsa), è un social network nazionale tematico a metà tra un blog e un sito di incontri per i biker puri e anche per aspiranti tali. Tutto è iniziato intorno al 2010 con l’idea dell’imprenditore Andrea Paoloni di fare del territorio meraviglioso delle Marche l’oggetto di un rilancio turistico sportivo regionale (e nazionale), basato sulla bicicletta, il trekking e il cicloescursionismo in genere. Partendo da cicloescursioni nel weekend con persone con la sua stessa passione per la mountain bike e da un ricco scambio di suggerimenti su percorsi in natura, è nato il sito web morettateam.it, che ha permesso di far conoscere i biker della provincia di Pesaro e Urbino tra loro. Il passo successivo è stata la 62 LUGLIO 2013 - BARRICATE Ph: Tonino Mosconi Escursioni, social network e progetti ambiziosi, in b costituzione dell’associazione Trek & Bike Experience, un servizio di accompagnamento organizzato da uno staf di guide del territorio marchigiano, a piedi e in mountain bike, a disposizione degli operatori dell’incoming locale. Sul portale dell’associazione si segnalano numerose iniziative e siziose esperienze, dal Bike&Boat all’Archeobiking, ino al rilassante programma Bike & Spa. Dai parchi nazionali al lungomare, le Marche of- frono ininiti paesaggi da esplorare in sella ad una bicicletta, tra percorsi su strada e per mountain bike. Decine di sentieri per tutti i gusti e gradi di diicoltà attraversano sinuose colline tempestate di borghi e castelli immersi nel verde. Nel territorio di PesaroUrbino, dalla Riserva naturale del Furlo al Parco Naturale del Sasso Simone e Simoncello, sono 11 gli itinerari dai nomi evocativi come “Urbino e le corti dei duchi”, “Monte Nerone tra natura selvag- gia e incantevoli borghi”, “Monte Catria tra natura e spiritualità”, oppure, decisamente più legato a piaceri materiali, “Le colline del Bianchello”. In provincia di Ancona ci sono il Parco Naturale della Gola della Rossa, nelle cui profondità si aprono le spettacolari grotte di Frasassi, e Il Parco del Conero con il suo promontorio a picco sull’Adriatico. Scendendo verso il maceratese, dove fra laghi e iumi svettano i Monti Azzurri e i Sibillini, troviamo il “Grande Anello”, un lungo itinerario che MARCHE – LA TERRA RACCONTA Il versante magico dei Monti Sibillini Ph: archivio Acanto asso ANGELI O DEMONI? bicicletta permette di scoprire attraverso percorsi inconsueti alcuni ambienti del Parco dei Sibillini, cominciando dal centro medioevale di Visso e facendo tappa a Fiastra, Amandola, Montegallo e Norcia. Il territorio del Piceno e del Fermano è forse il più ricco di itinerari, oltre 30 tra cui la “terrazza incantata” sulla via da Ascoli a Montegallo e il percorso “Trisungo, Forca Canapine, Castelluccio” che porta ai Sibillini attraverso l’Antica Via Salaria. Il fermento ciclo-turistico marchigiano avrà un suo spazio anche alla prossima Fiera Internazionale della Bicicletta, in programma a Padova dal 21 al 23 settembre 2013. Intanto nel maggio scorso ha avuto luogo proprio a Pesaro il primo Festival Internazionale del Cicloturismo, che si è distinto per il suo carattere non solo agonistico, ma anche turistico, inglobando iniziative per i non sportivi, come le passeggiate in bici tra le cantine del territorio, con degustazioni di vini e prodotti tipici, e le visite guidate nei centri storici. www.piste-ciclabili.com/ regione-marche Io guardo verso la Sibilla: lo sguardo va, va, sale, sale, lungo le coste dei monti, fra i dirupi....Sotto la di roccia, ecco l’Ingannatrice, la Regina, la bella Fata, ispiratrice del sogno umano. (Fernand Desonay) La splendida dorsale dei Sibillini, catena montuosa dell’Appennino umbromarchigiano che interessa i territori di Macerata, Fermo, Ascoli Piceno e Perugia, prende il nome non dal suo monte più alto, il Vettore, ma dal più ricco di mistero. Non poteva che nascere qui, in questa terra di alchimisti, l’antichissima leggenda della Sibilla e della sua grotta, dove un passaggio angusto che termina con due porte di metallo conduce al regno della maga. Divinatrice o creatura demoniaca, la Sibilla non ha lasciato ai numerosi esploratori vittime di curiosità o fascinazione molto più che enigmi irrisolti, che rimarranno tali dal momento che il passaggio è ormai ostruito. In quanto ad adepti delle scienze occulte, la Sibilla era in ottima compagnia: non lontano dalla Grotta si trovano il Pizzo del Diavolo (con i suoi 2400 metri quarta cima della catena), il cui nome suggerisce l’estrema diicoltà ad essere raggiunto, la Gola dell’Infernaccio e il Lago di Pilato (unico lago di origine naturale di tutta la Regione), nelle cui acque si narra venisse trasportato da bufali il corpo esanime del procuratore; tutti luoghi che furono un tempo mete di negromanti che vi compievano riti esoterici. A poca distanza, proprio nel cuore del Parco dei Monti Sibillini, sorge il borgo di Montemonaco. Un po’ di ortodossia, inalmente… Ma niente afatto! La leggenda vuole che l’antico nome del paese fosse nientemeno che Mons Daemoniacus, in riferimento alla pratica dei culti pagani che si svolgevano nei suoi dintorni. Nell’Alto Medioevo vi salirono poi i benedettini, che organizzarono il territorio, favorirono la costruzione di una robusta cinta muraria e di nuclei abitativi, dando vita ad una iorente e diversamente spirituale comunità. LUGLIO 2013 - BARRICATE 63 Attorniata da colline di querceti e mormorii di iume, tra le pietre di un antichissimo mulino, vive una signora con un rarissimo dono: conversare con le erbe e con i iori. L’Agriturismo Mulino della Ricavata nasce 64 LUGLIO 2013 - BARRICATE dall’opera di restauro conservativo di un antico mulino del XII secolo ad opera di Anna Faggi e Franco Roberti, intrapresa per far rivivere un luogo abbandonato, ricco di incanto e di mistero.. L’antico mulino idraulico si trova nella provincia di Pesaro-Urbino, a 2 chilometri dal centro di Urbania, celebre per le sue “mummie”. L’insolito nome potrebbe derivare da “orcavati”, luogo da cui “cavare” l’oro. Al piano terra del mulino si sviluppa un percorso agrimuseale con attività didattiche sulla tecnica della macinazione a pietra, dell’estrazione dell’olio d’oliva e della follatura dei tessuti. Al piano superiore si trovano una saletta da lettura, all’occorrenza allestita per il convivio, e la deliziosa cucina con pavimento in cotto e travi in legno. Spessi gradoni in pietra conducono a quattro camere contraddistinte da nomi di iori e arredate con mobili unici della tradizione contadina. La cucina della signora Anna segue il ritmo delle stagioni e si compone di erbe spontanee, iori commestibili, frutti dimenticati che lei stessa seleziona o coltiva, miele delle sue api e animali che alleva nel cortile, riproponendo ricette e maniere che sarebbero altrimenti perdute. E così, a primavera troviamo violette, lillà, glicine, ortica, silene, ronice, stridi, vitalbe, erba della Madonna e naturalmente il iore più eclettico, la rosa; in estate lavanda, salvia sclarea, prugnoli e cornioli; in autunno mele rosa, pere coscia, salse di calendula e di rosa canina. Per chi si appassiona e vuole saperne di più, basta un passeggiata guidata intorno al mulino tra le erbe spontanee e i iori antichi per riscoprire un patrimonio inestimabile, un angolo salvato di biodiversità. illustrazioni Alessandro Baronciani MUSICA LA CUCINA DEI FIORI “Quale erede della proprietà nomino il Comune di Pesaro, mia patria, per fondare e dotare un Liceo musicale in quella città, dopo la morte di mia moglie”. Cosi scrive Gioachino Rossini nel suo testamento. Il conservatorio è dunque l’unico iglio Se il Conservatorio di Pesaro è un’eccellenza poco valorizzata, il segno che ha lasciato nella città è invece evidente I Rari Ramarri Rurali hanno un nome che dice molto su stile e contenuti, a cominciare dallo scioglilingua. MARCHE – LA TERRA RACCONTA PESARO, CITTÀ DELLA MUSICA del compositore, iglio a cui ha lasciato tutto il suo patrimonio economico, oltre che di storia e di successi, che oggi sono superiori a quelli di una grande stella internazionale del rock. Con un’intuizione geniale che precorre i tempi, Rossini decide che l’investimento della sua più che cospicua eredità si compia sulla formazione di giovani musicisti in un’epoca in cui dell’istruzione e formazione in senso lato nulla si sapeva o si faceva. Il conservatorio è l’unica vera università della città di Pesaro, non solo, essa è un’università di eccellenza: la presenza nello stesso luogo della formazione (il conservatorio), della ricerca (la fondazione Rossini), della produzione (il ROF), è il requisito principe di tale deinizione. Il palazzo che lo ospita, il luogo da cui incessantemente si sentono uscire suoni diversi, note di piano, guizzi di violino, sospiri di sassofono e melodie di lauto, nel quale entravano ino a pochi anni fa anche bambini solitari con i loro strumenti sotto il braccio, questo palazzo dei suoni, grandi cortili, maestose porte, è sempre lì, mai cambiato, mai fatto moderno, mai ridipinto, per fortuna mai cadente, sempre solido ed austero, quasi separato dalla città, resistente ad ogni disfacimento. Da settembre avrà al suo interno, grazie al lavoro di alcuni eccellenti musicisti, un nuovo strumento musicale (SPACE), una sala “ambi- sonica” capace di essere strumento di ascolto scientiico e strumento di esecuzione musicale di altissima qualità. Come si sa ma non si dice, gli artisti ( in questo caso i musicisti più ricchi di contaminazioni ed anche i più scientiici) non sanno fare a meno di inventare, di fare e di comunicare nonostante e contro tutte le avversità. Sembra che non manchi nulla perché un’istituzione di tale importanza nazionale ed internazionale debba diventare una vera ricchezza culturale ed economica la cui potenza possa, per ricaduta, raforzare e promuovere qualsiasi altra qualità locale nei confronti del mondo. Qualcosa invece manca: 1) la capacità di vedere che formazione, ricerca e produzione insieme sono la vera potenza; 2) il lavoro intelligente e paziente conseguente a tale visione; 3) il coraggio inale di considerare questa ipotesi uno dei migliori investimenti che la città possa fare. Questo farebbe sorridere di gioia l’anima gentile del grande compositore. Marco Gaudenzi NEMO PROPHETA IN PATRIA nella grande e difusa sensibilità musicale, che si tramanda ad ogni generazione. Ci sono festival autogestiti, negozi indipendenti, tanti gruppi, alcuni molto noti e apprezzati, spesso impegnati in tournée internazionali, ma sconosciuti alla maggior parte dei propri concittadini. Oggi la scena musicale pesarese è tra le più interessanti nell’ambito delle nuove tendenze. Tra i gruppi “storici” ci sono: ALTRO, trio attivo dal 1992 e ritenuto una vera e propria cult-band che miscela con stile personale punk, new wave e hardcore. CHEAP WINE, il primo disco nel 1997, il nono nel 2012. Una rock band ormai storica e conosciuta a livello internazionale. I CAMILLAS, un duo straordinario da 10 anni sulla scena, un stile assolutamente unico che ha conquistato molte piazze italiane e non solo, 3 dischi pieni di invenzioni e un Ep con gli X-Mary: X-Marillas. SITUAZIONE SENZA, altra band nata a ine anni ‘90, diicilmente deinibile (fusion, jazz, rock demenziale, latino..), un solo disco autoprodotto ma tante bellissime canzoni con testi in italiano. Tra le nuovissime generazioni, troviamo nell’area della new wave i SOVIET SOVIET, con all’attivo tournée in Europa dell’Est e Messico, dove sono delle vere star; i BE FOREST, che hanno accompagnato come gruppo supporter gli statunitensi Japandroids nel loro tour europeo; i BROTHERS IN LAW, ospiti al SXSW Festival 2013 in Austin, Texas. E poi i VERSAILLES, duo batteria e chitarra; MARIA ANTONIETTA, voce strepitosa e chitarra; i SYBIL VANE, gruppo supporter al tour italiano dei Dinosaur Jr.; e inine K MAIUSCOLA per l’hip hop. Nella vicina Fano spiccano THE BARBACANS, garage band che si è esibita in Messico, Scandinavia e Cina, e GLI EBREI, canzone d’autore e noise punk in italiano. BARRICATE AGRO-MUSICALI Nino Finauri batteria e ideologie, Roberto Renzoni pianola e pentagramma, Claudio Tombini voce e sceneggiata, Giacomo Pietrucci sax e sex-appeal,Tommaso Vecchiarelli basso e alto apporto transgenerazionale: questi i componenti della band che dagli anni 2000 o giù di lì nobilita il vernacolo metaurense del territorio di Pesaro-Urbino, unendo musiche trascinanti di ispirazione folk-swing-blues a testi di mirabile ingegno linguistico, ora poetici, ora spassosamente satirici, ma sempre in grado di trasmettere messaggi profondi su temi di attualità, ecologia, pace. Le vendite del primo cd “Sol sal Landini” colgono tutti di sorpresa: i pezzi dei Ramarri sono nelle suonerie dei telefoni, suonati da altri gruppi, conosciuti a memoria dai bambini dell’asilo, dagli studenti universitari, dai nonni, dai disoccupati, dai profes- sionisti, dai contadini! I musicisti deiniscono così il loro stile rural-satirico: ECO perché siamo prossimi alle tematiche ecologiste, e non per moda o sentito dire. FOLK perché per contenuti veraci ci vuole musica verace, ovvero il liscio e il folk, ovvero la musica popolare BLUES perché come fa un musicista contemporaneo a ignorare il blues e il rock? AGRI perché alla ine noi marchigiani siamo tutti contadini, e le nostre città sono un bluf (tutti gli urbani hanno un antenato mezzadro e un podere in eredità) BARRICADERO perché affrontiamo anche temi politici (e come si fa ad ignorarli?). Saranno anche solo canzonette ma non si può vivere solo di S.Remo e Radio Papaja.” www.rariramarrirurali.it LUGLIO 2013 - BARRICATE 65 LINGUAGGI GRAFICI: MICHELE PETRUCCI 66 LUGLIO 2013 - BARRICATE LETTERATURA Intervista a Silvana De Mari LE REALTÀ DEL FANTASY Maria Chiara Ballerini Per la compresenza di temi letterari e sociali e come omaggio alla saga composta di ben 6 romanzi che ha reso famosa l’autrice, pubblichiamo questa lunga intervista in due numeri successivi. “Se volete che vostro iglio sia intelligente, raccontategli delle iabe; se volete che sia molto intelligente, raccontategliene di più!” Lo diceva Albert Einstein e lo ripete con convinzione Silvana De Mari, che dissemina lungo tutta la sua consistente produzione letteraria il concetto che le persone hanno bisogno di storie, che raccontare storie aumenta l’intelligenza emozionale e la capacità di comprensione dell’altro, contribuendo alla formazione di una società più giusta. Nei tempi passati, il poema epico e la iaba erano le uniche forme narrative in grado di ampliare la conoscenza del mondo, mettendo in comunicazione persone appartenenti a comunità diverse anche molto distanti fra loro. La letteratura fantastica, o “fantasy”, unisce le caratteristiche di epica e iaba, e con il suo linguaggio indiretto e metaforico penetra ed illumina la dimensione esterna e quella intima attraverso la creazione di un mondo parallelo, in cui luoghi oscuri, paure e ossessioni possono essere riconosciute, afrontate e sconitte. Il fantasy, come le iaba, supera la razionalità e colpisce le emozioni, rassicurando il bambino e formando l’adulto che sarà: “Proprio questo è il messaggio che le iabe comuni- cano al bambino in forme molteplici: che una lotta contro le gravi diicoltà della vita è inevitabile, è una parte intrinseca dell’esistenza umana, che soltanto chi non si ritrae intimorito ma afronta risolutamente le avversità inaspettate e spesso immeritate può superare tutti gli ostacoli e alla ine uscire vittorioso.” (Bruno Bettelheim, Il mondo incantato). Nei romanzi di Silvana De Mari c’è tutto questo: iaba, epica, mito, ma anche pensiero ilosoico e metodo scientiico, che uniti al talento letterario concorrono a destrutturare ogni stereotipo restituendo ai singoli personaggi la propria voce, verità e complessità. Così, tra le pieghe della sua narrazione fantastica (e fantastica narrazione) si nasconde, per poi aiorare, la profonda magia dell’essere umano. La narrazione fantastica parla indirettamente della realtà e ha il potere di mettere in comunicazione le persone. Quale percorso l’ha portata a scegliere questa forma di racconto? L’aver letto Il Signore degli Anelli. Se quel libro non fosse esistito, non avrei mai scritto fantasy. Molti manuali di letteratura in- glese, sorvolano pudicamente su Tolkien, coninato giustappunto nel genere Fantasy, genere minore come null’altro mai, cui nessuno si è mai sognato né mai si sognerà di dare un premio Nobel. Eppure Il Signore degli Anelli non è solo un libro di cui esistono più di cento milioni di copie: è il libro che ha modiicato l’immaginario collettivo della seconda metà del 20° secolo. Ci sono persone che si sono cucite un vestito con le tende della nonna, si sono fabbricate un’armatura usando lattine appiattite a martellate e hanno fatto inta di essere Gandalf o Aragorn, o Eowyn, la principessa disperata che osa mettere la sua fragilità tra un Nazgul e il suo signore. Ho cominciato a rileggere Il Signore degli Anelli mentre stazionavo vicino al letto numero 22 dell’Istituto di Patologia Chirurgica dell’Università di Torino, dove mio padre stava morendo mangiato vivo dal cancro. Ho continuato durante le guardie nel reparto di Chirurgia Toracica del San Luigi Gonzaga, unico chirurgo presente in un ospedale di ottocento persone. Ero appena laureata, e passavo le notti a sperare che nessuno avesse un pneumotorace iperteLUGLIO 2013 - BARRICATE 67 so, che è l’incubo del chirurgo dilettante, perché va drenato posizionando un tubo nel torace del paziente aprendo con il bisturi tra una costola e l’altra, e non c’è il tempo di telefonare a uno più bravo che venga a dare una mano. Lo so che è un po’ stupido, e anche un po’ infantile, ma quando il pneumotorace iperteso è arrivato e sono riuscita a iccare il tubo dove e come dovevo nei pochissimi minuti che separavano il paziente dalla morte per asissia, mi sono sentita sire Aragorn alla battaglia del fosso di Elm. L’ho letto ancora, Sam e Frodo che si trascinano sul Monte Fato e che continuano a mettere i loro passi uno dopo l’altro, anche se non hanno nessuna possibilità di riuscire, quando avevo paura di aver contratto una pericolosa infezione in gravidanza. La letteratura per ragazzi è penalizzata da un alone di prevenzione, come se proponesse versioni sempliicate della realtà. Credo che non siano i bambini a rappresentare un limite, ma ciò che generalmente si pensa di loro: con i ragazzi spesso, per comodità, si gioca al ribasso. Cosa ne pensa? Penso che un libro per ragazzi sia in realtà un libro anche per ragazzi: se è buono per un dodicenne è buono anche per un sessantenne, mentre non è vero il contrario. La cosiddetta narrativa per ragazzi e l’unica che contiene ancora grandi valori: la lealtà, il coraggio, la cavalleria. E l’ultimo grande fondamentale valore: la fede nella vita. I ragazzi molto giovani possono afrontare temi e linguaggi forti, crudi, violenti? Se rileggiamo la iabe dei fratelli Grimm, ci rendiamo conto come le narrazioni dell’infanzia debbano contenere paura, collera e vergogna e violenza. Lo scopo delle narrazioni è di permettere di elaborare le emozioni negative, conoscere la violenza per non esserne annientati al momento L’AUTRICE Silvana De Mari nasce a Caserta nel 1953, vive nella campagna intorno a Torino e parla di se stessa come di “un medico che scrive”. Laureata in medicina con specializzazione in chirurgia generale e successivamente in psicologia cognitiva, ha lavorato in Etiopia come medico volontario. Nella maggior parte delle sue opere, che comprendono romanzi e saggi, l’ambientazione, l’atmosfera e i personaggi si possono ascrivere alla letteratura fantastica, sebbene l’importanza dei temi, il tenore del linguaggio, lo stile coinvolgente ma rigoroso, la profondità delle rilessioni superino i conini del genere e forniscano a diversi livelli alcune signiicative chiavi di lettura della realtà, sia storica sia attuale. Attraverso il linguaggio universale del fantasy, Silvana De Mari afronta argomenti fondamentali dell’esistenza umana: diritti negati, paura, dolore, guerra, morte, ma anche conquiste, coraggio, amicizia e libertà. Al centro del suo cosmo, la donna e soprattutto il bambino. La sua opera più nota è la saga, composta di 6 romanzi, che ha avuto inizio nel 2004 con “L’ultimo elfo” e si è conclusa nel 2012 con “L’ultima profezia del mondo degli uomini: l’epilogo”. Per alcune prese di posizione considerate non del tutto “politically correct”, l’autrice è stata accusata di intolleranza e di “eurocentrismo”. Accuse che facilmente si ridimensionano e si contestualizzano leggendo i suoi libri, che con un linguaggio epico, pieno di dolcezza e ferocia insieme, a volte crudo ma sempre profondamente lirico, si ergono contro ogni integralismo, totalitarismo, fanatismo, veicolando un potente messaggio di comprensione, di compassione, di fratellanza e inine di amore. illustrazioni Dalia Del Bue BIBLIOGRAFIA 68 LUGLIO 2013 - BARRICATE L’ultima stella a destra della luna, Salani, 2000 La bestia e la bella, Salani, 2003 L’ultimo elfo, Salani, 2004, tradotto in diciotto lingue, vincitore del premio Andersen L’ultimo orco, Salani, 2005 Il drago come realtà, saggio, Salani, 2007 Gli ultimi incantesimi, Salani, 2008 Il cavaliere, la strega, la morte e il diavolo, Lindau, 2009 Il gatto dagli occhi d’oro, Fanucci, 2009 L’ultima profezia del mondo degli Uomini, Fanucci, 2010 Io mi chiamo Yorsh, Fanucci, 2011 La realtà dell’Orco, saggio, Lindau, 2012 L’ultima Profezia del mondo degli Uomini: l’epilogo, Fanucci, 2012 LA CULTURA DIETRO LE RIGHE della vita in cui si incontrerà di nuovo. Poi credo che ogni persona, ragazzo o adulto, interpreti in maniera diversa quello che legge, è la potenza della letteratura In una recente intervista ha detto che il poema epico contiene valori maschili, mentre la iaba contiene valori femminili. Può spiegarci cosa intende esattamente? Il poema epico contiene valori maschili, contiene il coraggio, la lealtà e la cavalleria. Con questo non voglio dire che noi “femminucce” siamo tutte delle vigliacche, ma il coraggio è una virtù virile, ci va il testosterone; mentre la iaba contiene valori femminili, la iaba contiene il desiderio di una donna di essere amata, la iaba contiene il piacere di un bambino di essere amato, la iaba contiene il dolore dei bambini non amati. La iaba è l’unico contenitore che per secoli ha osato contenere la persecuzione dei bambini. Nei suoi romanzi e saggi emerge il punto di vista di una scrittrice dalla cultura poliedrica. Che peso ha, accanto al fantastico, il pensiero scientiico che, insieme a quello ilosoico, la contraddistingue nel panorama del fantasy? Ha un peso molto grande, esattamente come è stato molto importante che Primo Levi fosse un chimico: solo lui poteva scrivere Il Sistema Periodico, solo un chimico poteva avere la sua attenzione nel pesare in milligrammi i diversi sinonimi, così da trovare sempre quello perfetto. Solo un professore di storia e lingue antiche poteva scrivere il Signore degli Anelli. Il mio pensiero di medico, cioè di una persona che ha sempre chiaro che ogni azione nasce all’interno di un cervello, è quello di ricostruire le motivazioni. Quali sono i principali riferimenti storici e culturali cui si riferisce? Mi riferisco a eventi storici accaduti nel medioevo: la fusione della spiritualità evangelica, l’aria, della ilosoia greca, duttile come l’acqua, del pragmatismo romano, la terra, e della violenza e della passione dei barbari, il fuoco. Come ha inciso nella sua scrittura l’esperienza di medico volontario in Etiopia? In Etiopia mi sono resa conto della straordinaria bellezza che può avere il mondo, della spettacolare potenza della spiritualità biblico evangelica, della ferocia criminale di Benito Mussolini che gasò un villaggio con gas neurotossico: l’episodio entusiasmò talmente il dittatore Saddam Hussein che -lo dichiarò al suo processo- fece gasare i villaggi curdi nel marzo dell’83 solo per imitare Mussolini. Mi sono resa conto che in molti casi la decolonizzazione era stato un fenomeno criminale come la colonizzazione: in Etiopia una dittatura di stampo stalinista sterminò un milione di contadini in marce della morte. Nei suoi romanzi non c’è una distinzione dicotomica tra bene e male: eli, nani, orchi, uomini risultano ritratti in tutta la loro complessità. Una igura però si erge sulle altre: l’Ultimo Elfo potrebbe rappresentare l’ideologia del- la comprensione, della convivenza civile tra i popoli? In un certo senso sì, ma anche lui, con la morte del cuore, è costretto a uccidere, e in tutti i casi lui viene ucciso. È Rankstrail quello che proteggerà i popoli e li porterà alla convivenza. Grazie all’Ultimo Elfo, Rankstrail capirà l’etica, ma l’etica sopravvive perché protetta dalla sua spada. E infatti gli eli si estinguono perché non possono sopportare il dolore del mondo… Quale speranza allora, quale il valore supremo, se esiste? La speranza è l’uomo. La speranza siamo noi, feroci, violenti brutali, idioti, geniali, misericordiosi, una razza selezionata a caso dalla storia e dal dolore. L’alleanza tra orchi e uomini inalmente riuniti insieme dopo guerre, odio e distruzione, può alludere alla possibilità di una fratellanza universale? Il messaggio dei miei libri è che gli orchi si fermano militarmente. Una volta che si è arrivati allo stupro etnico e all’uccisione intenzionale del bambino, cioè a uno stato di psicosi di massa, la non violenza vuol dire complicità con il mostro. Non LUGLIO 2013 - BARRICATE 69 ci sono più margini di dialogo, resta solo l’onore delle armi. I disarmati sono corresponsabili delle atrocità che non hanno avuto il coraggio di evitare con l’onore delle armi. Gli orchi devono essere fermati, militarmente, perché è l’unica maniera per salvare loro, oltre che per salvare gli innocenti. Dopo che sono stati fermati, dopo che sono stati battuti, ci si ricorda che sono fratelli. L’esempio è il piano Marshall, che ha salvato dalla fame Germania, Italia. Ma a Bucklenvald è arrivato un carro armato a ristabilire la decenza dell’umanità. Il mondo, ora come in passato, è devastato da guerre, genocidi, libertà represse e diritti negati. Come diventare, oggi, contemporanei operatori di pace? Se vi procurate una calcolatrice scoprirete che non c’è mai stata così poca violenza come in questo periodo. Non esiste più il vaiolo, non esiste più la peste, la mortalità infantile è stata abbattuta, le derrate alimentari moltiplicate. Cominciate ad essere ieri di essere uomini, di appartenere a questa umanità imperfetta e violenta che dopo secoli di lacrime e sangue sta creando la comprensione dell’altro per la prima volta nella storia. E poi avete la Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Nessuno sconto al terrorismo, nessuno sconto alle dittature, nessuno sconto alle violazioni, nessuno sconto a chi sposa una bambina di 8 anni, a chi ne mutila una di cinque, a chi ne lapida una di dodici. Imparate l’intolleranza: chi tollera tutto è un connivente, un complice. E poi imparate a combattere. Se un giorno vedrete una marcia della morte, le donne violentate e bruciate con il cherosene (Turchia 1915), i bambini usati per folli esperimenti medici (Germania, 1944/45), i villaggi di cadaveri smembrati con il machete (Rwanda) le chiese bruciate con i fedeli dentro (Nigeria), dovrete essere in grado di combattere militarmente. 70 LUGLIO 2013 - BARRICATE Nei suoi romanzi ricorre il concetto che “un popolo che si lascia disarmare è un popolo morto”. Come possiamo interpretare questo pensiero oltre il suo signiicato letterale? Il suo signiicato letterale è quello buono. È utopistica quindi per Lei la speranza di un disarmo universale? Cosa pensa del paciismo e della nonviolenza? L’idea del disarmo universale non è solamente un’idea sbagliata, è un’idea malvagia. Il male si traveste da bene per trascinarlo nel baratro. Molte persone in buona fede credono in questa idea che è stata propagandata con iumi di denaro e un’iniltrazione capillare, esattamente come milioni di persone hanno pensato in buona fede che gli ebrei fossero i portatori di ogni male e che esistessero le streghe. Un’idea folle ripetuta ossessivamente viene creduta. I miei personaggi amano appassionatamente la pace, come ogni essere umano perbene, ma sanno che libertà e dignità devono essere protette con le armi. In termini più tecnici, il disarmo è un caso di ipersoluzione: la soluzione eccessiva che causa un disastro maggiore: il ge- nocidio, l’asservimento. Solo i popoli disarmati possono essere massacrati, incatenati nel buio, privati della libertà e della dignità. Il disarmo va di pari passo col genocidio. È un’idea malamente e ridicolamente utopistica, è disastrosamente utopistica. Sul paciismo non posso che condividere il giudizio di George Orwell: è puro fascismo. Come sempre aveva ragione lui. Dietro i movimenti paciisti che hanno cercato di disarmare le grandi democrazie che cercavano di opporsi a Hitler c’erano il denaro e la propaganda hitleriana. C’era Goebbles. Poi il “paciista” Stalin sovvenziona i movimenti paciisti sulle cui parate sventolano le stesse bandiere rosse che sventolano sulla piazza Rossa quando sila l’esercito sovietico, oppure sui gulag, dove milioni e milioni di innocenti vengono massacrati tra soferenze indicibili. Ora è l’Arabia Saudita che inanzia i movimenti che agiscono con una schizofrenia che sarebbe comica se non fosse atroce, il tema sempre presente dei due pesi, due misure, un afetto assoluto per le dittature, un amore incondizionato per il terrorismo. La non violenza di cui parlano Ghandi e Martin Luther King, se LA CULTURA DIETRO LE RIGHE qualcuno si è preso il disturbo di leggerli, è un sistema geniale di lotta utilizzabile solo all’interno di democrazie con un’opposizione e dei giornali liberi, per ottenere leggi civili senza spargimento di sangue. Il genocidio non è pensabile se un popolo è armato. Prima di asservire un popolo occorre disarmarlo. Il disarmo si basa su un’informazione sbagliata: l’essere umano è normalmente buono. L’essere umano invece è normalmente feroce, se così non fosse non avrebbe superato l’evoluzione, e in più ha un cervello molto complesso, e quindi fragile. Bisogna sempre calcolare le psicosi. Il paese più armato, quello con il maggiore quantitativo di armi in mano a civili è la Svizzera, che ha una belligeranza bassissima, la più bassa del mondo. Per contro, un paese con un bassissimo numero di armi è il Rwanda, dove un milione di persone sono state sterminate in tre mesi con i machete. Non sono le armi che uccidono. Sono gli uomini dove la Dichiarazione universale è violata. La soluzione non è il disarmo che, è evidente, favorirà i peggiori, ma un’etica della forza e il rispetto della Dichiarazione Universale dei Diritti degli Uomini. Silvana De Mari, come Rankstrail e come Rosalba, “combatte con quello che ha”. Quale sarà la sua vittoria? Un mondo dove le donne saranno libere, e gli uomini anche, dove la Dichiarazione Universale sia rispettata. Una volta salvata quella, il resto viene da solo. continua nel prossimo numero Dalia Del Bue è nata a Chieri nel 1984. Nel 2010 si diploma all’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, città in cui vive. Lavora presso alcuni studi d’artigianato, restauro e arte contemporanea e partecipa a mostre personali e collettive, l’ultima tra le quali “Nuovi talenti surreali” alla Galleria Davico di Torino. Con i suoi disegni collabora ad alcuni progetti e riviste autoprodotte, pubblicando su Pastiche, Illustrati e su Saturno, inserto culturale de Il Fatto Quotidiano. daliadelbue. blogspot.it LUGLIO 2013 - BARRICATE 71 Andrea Bersani www.andreabersani.it Fabrizio Bicio Fabbri 72 LUGLIO 2013 - BARRICATE www.vietatosfumarebicioart.blogspot.it LA CULTURA DIETRO LE RIGHE IL PUNTO DI VISTA Intervista1 a Don Andrea Gallo LE VERITÀ SCOMODE Il Vangelo secondo Andrea Ph: insidefoto Laura Tussi e Piergiorgio Barone 1- Realizzata a Nova Milanese nell’ottobre 2011 Don Gallo, per molti lei è un personaggio “scomodo”. C’è un fondo di verità? È vero sono un personaggio scomodo. Forse perché ho compiuto 84 anni e come tutti i personaggi, mi accompagno ad uno staf un po’ particolare: la più brava è una transessuale; poi un gay, un drogato, un ergastolano che comincia ad uscire e a frequentare gli ambienti normali. Ed anche perché spesso mi sento dire che sono un vecchio, che non è più conveniente per me andare in giro, ma io imperterrito continuo a farlo lo stesso. Certo che, a proposito della “scomodità” del mio personaggio, qualcuno potrebbe avere anche ragione. Capita spesso che io mi alzi all’una dopo mezzogiorno. Tutto questo perché, per andare e stare con i miei amici, i miei ragazzi, vado al nightclub dove rimango ino alle 4-5 del mattino. Può parlarci della sua vita iniziale? Inizialmente, come tanti geno- vesi, ero un marinaio; poi sono stato partigiano e a 20 anni ho incontrato, Don Bosco, i ragazzi poveri e abbandonati. E il messaggio di Don bosco che mi ha convertito. Lui parla di Gesù Cristo, di Vangelo. Ed a questo proposito, quando i cardinali mi chiamano perché vogliono parlarmi, vogliono avere un contatto con me, spesso mi trovo a dire: “Oh, Eminenza, lo sa lei che io ho incontrato Gesù!” E loro mi guardano come straniti. Io continuo: “Eh sì! Mi ha perino dato il suo biglietto da visita. Lo vuole vedere, Eminenza? Lo guardi. Gesù ha detto: sono venuto solo per servire e non per essere servito”. Ed essi ri-mangono un po’ così… È dal 1949 che io ho una missione da compiere ed è quella che mi ha indicato un vecchio salesiano che aveva conosciuto Don Bosco, morto nel 1888. Parliamo ora della situazione politica italiana… Dire che sono indignato è poco. Siamo nel caos totale. I media, specialmente i giornali, dicono continuamente che bisogna costruire i rapporti umani, creare un tessuto nuovo, culturale, etico e civile. Ma tutti noi siamo stati investiti da un ventennio di “berlusconismo”. Siamo diventati schiavi della società dello spettacolo. Tutti stravaccati davanti al televisore, al punto tale che ci sentiamo obbligati a dire che tutto ci è dovuto. Non è vero niente: si deve ricominciare, ciascuno di noi deve fare singolarmente, per arrivare all’obiettivo del bene comune, dei cambiamenti strutturali. È necessario che ognuno si chieda cosa può fare personalmente nel proprio piccolo, nel proprio gruppo, nella propria famiglia, nel proprio condominio. È un discorso utopistico? Ci sono molti testimoni che danno corpo a questo messaggio. Come il mio amico Vittorio Arrigoni, che in diversi Paesi opera nella ristrutturazione di alloggi per disabili, senzatetto, profughi di guerra, per inire poi vittima della sua scelta della nonviolenza sulla Striscia di Gaza. Il suo messaggio era: “Restiamo Umani!” Ma penso anche a Fabrizio De André, al mio grande “amore” Gino Strada e a tutti quelli di Emergency, forse l’unico che ha un concetto della pace veramente umano. Credo che neanche il Papa ce l’abbia. (rif. a Joseph Ratzinger, ndr) Troppe guerre inutili si combattono nel mondo per motivi spesso occulti. Cosa ne pensa, come sacerdote? Voglio portare un esempio: per la tragedia di Nassirya, si voleva scrivere una lettera al Papa LUGLIO 2013 - BARRICATE 73 Ph: Tonino Mosconi 74 LUGLIO 2013 - BARRICATE Ph: Matthias Canapini perché desse un segno come Chiesa. Non si può che deinire tragedia quella di Nassirya, ed il contesto è di guerra aperta, non “missione di pace”. Il segnale che mi aspetterei dalla Chiesa è quello di prendere posizione nei confronti delle armi e togliere i cappellani militari dall’esercito. Altro che “missioni”! Un mese dopo Nassirya, l’Arcivescovo col grado di Generale di Corpo d’Arma addirittura dichiara: “Cari soldati, l’Italia vi ringrazia per la vostra gloriosa presenza di missione di pace!”. Quando incontro i cappellani militari chiedo sempre da dove vengano. La risposta è: da Aviano, dall’Afganistan, dall’Iran, dal Libano… Chiedo allora: “Cosa dite ai soldati quando vanno a tirare le bombe su tutto e su tutti? Cosa gli dite di Gesù?”. Rimangono così … basiti, senza risposta. Un giorno stavamo traducendo dal latino, insieme alla scrittrice Fernanda Pivano e a Fabrizio De André, una enciclica di Papa Giovanni, Pacem in terris. Nel testo c’è un passaggio in cui si dice, nella traduzione della CEI, che chi pensa di portare la guerra con le armi, sappia che è “sconveniente”. Fernanda, da brava latinista, sbottò: “Ah, ma non sanno neanche tradurre in latino! Il testo di Papa Giovanni del 1962 va tradotto invece così: chi dice di portare la democrazia con le armi è pazzo”. Infatti, come volete che si traduca l’espressione latina alieno a ratio- ne? La prima religione originaria, vecchia di milioni di anni, è la pace. Quindi bisogna operare una svolta epocale, quella della Nonviolenza. Come valuta la condizione dei giovani? Siamo in una situazione di crisi politica e di sistema che ormai riguarda non solo l’Italia, ma tutto il mondo. I giovani hanno profondamente ragione di lamentarsi. Il 30% è disoccupato. Molti non cercano più lavoro, neanche quelli che si specializzano. Non s’intravede una soluzione. Io lo sento. Ma sento anche che se qualcosa deve cambiare, protagonisti devono essere soprattutto i giovani. Chi è al potere, compresa la Chiesa, si permette di ritenere come ingiustiicabile la violenza, ad esempio durante le manifestazioni degli indignados di Roma. Ma spesso sono i potenti e i rappresentanti della Chiesa, con le modalità di gestione del potere, ad essere violenti. Meglio restino zitti. La verità è che tutti dobbiamo cercare di essere sovrani a tutti i costi. Diventare, cioè, cittadini e cittadine. Soprattutto le donne. Soprattutto le donne… Sì, perché da secoli, anche se una volta era più evidente e grave, la donna vive in una condizione di discriminazione. Le donne non hanno priorità. Qualche mese fa a Piombino abbiamo fatto una ricerca con gli studenti sulla Costituzione. Dalla ricerca chiaramente si evince l’assoluta parità tra uomo e donna riguardo al lavoro ed al salario. Ma nella realtà non è così, non c’è parità. Non parliamo poi di questa parità di diritti nella Chiesa. Nella Chiesa le donne non contano. Se le donne vogliono farsi voler bene davvero dal parroco devono andare in parrocchia con l’aspirapolvere! È il massimo grado che si può dar loro. Se io fossi in voi donne, andrei in tutte le chiese a spaccare le grate dei confessionali. Ai maschi questo non capita. Arrivano, si confessano… Ma ve lo immaginate Gesù nel tempio o altrove che vuole parlare con la Maddalena e inizia chiedendo a lei di pulire per terra? Anzi, per Gesù era tutto il contrario. Eppure nei secoli abbiamo visto caccia alle streghe, roghi. E non solo nella religione cattolica. L’umanità si è persa nella sua benedizione originaria. Ph: Mauro Tamburini LA CULTURA DIETRO LE RIGHE Ph: Luciano Dolcini Chiaramente in Italia, con un Premier che per anni, partendo dai suoi orientamenti sessuali, ha premiato le donne per altro che per le loro qualità politicoamministrative, si è toccato il fondo. Che esempio è stato quello di un responsabile politico che ha fatto prevalere la politica del bunga bunga sugli interessi della nazione, col silenzio quasi totale delle donne stesse? Don Gallo, parliamo della nostra democrazia così tanto tormentata… Perché ve lo deve dire un prete, che l’Italia è una Repubblica Democratica! Tutte le volte che c’è un’ingerenza della Chiesa nelle questioni politiche, la democrazia inisce. La certezza della democrazia è basata sulla Costituzione. Ed a proposito di Chiesa e Democrazie, voglio raccontarvi questo aneddoto. Una volta un cardinale mi disse: “Preghi?”. “Certo che prego, Eminenza. Quando mi rivolgo al Padre, ho una preghiera speciale. Se Lei mi dà il nulla osta, io la distribuisco”. E lui: “Intrigante!... Qual è, dunque, questa nuova preghiera?”. E io di rimando: “I primi 12 articoli della Costituzione…” Nella Costituzione Repubblicana ci sono testimoni lontani, testimoni partigiani e poi via via tutti gli altri, ino ai nostri giorni. Leggendo l’articolo 2: “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”; l’articolo 11: “l’Italia ripudia la guerra come strumento di ofesa alla libertà degli altri popoli”, cioè la patria italiana in mezzo alle altre patrie. Ma questo è Mazzini! L’articolo 8: “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”. Ma questo è Cavour! Quando leggo l’articolo 5: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”. Ma questo è Cattaneo, il vero federalismo! L’articolo 52, sulle forze armate: “l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”. Esercito di popolo, cioè. Ma questo è Garibaldi! L’articolo 27: “non è ammessa la pena di morte”. Questo è Beccaria! Molti hanno dimenticato il senso e il valore della democrazia che in Italia si è sostanziata attraverso la Costituzione. Non posso non ricordare di aver conosciuto un padre costituente che a 39 anni era già diventato sottosegretario. Parlo dell’onorevole Giuseppe Dossetti, cattolico, si farà prete e diventerà vicario generale, poi monaco per tanti e tanti anni, povero con i poveri. Questo prete eroe ha girato tutta l’Italia e a chi negli anni ‘70 e negli anni ‘80 gli chiedeva cosa andasse a fare nelle varie città italiane, rispondeva: “Sto girando l’Italia per convincere i cittadini e le cittadine italiane ad istituire nuovi comitati in difesa della Costituzione”. Dovremo ancora ricordarci il senso dell’impegno civile dei partigiani, degli uomini della Resistenza da cui è nata la Repubblica. Sinistra ad esempio, come spesso ha ben sottolineato il mio compagno partigiano Giorgio Bocca, ha voluto dire “valori”, perché per tanti anni, il termine si è tradotto con giustizia sociale, diritto, lavoro, dignità. Oggi invece si inneggia al capitalismo. Ma guardate quali disastri ha portato nel mondo: miliardi di poveri che vivono in una condizione miserabile. Il primo obiettivo del capitalismo si esprime col monopolio televisivo, ed è quello di distruggere lo stare insieme. Ogni sera miliardi di persone si isolano e stanno stravaccate davanti al televisore…Il secondo obiettivo è più terriicante: distruggere l’essere in sé, la coscienza critica. Il capitalismo ci ha distrutto tutto, ecco perché io prevedo che esso sarà di lunga durata. Approfondiamo il discorso della coscienza critica… Abbiamo letto più volte che bisogna riesaminare seriamente le situazioni degli emarginati che il nostro sistema di vita ignora ed a volte persino coltiva: anziani, handicappati, tossicodipendenti, disoccupati, dimessi dal carcere o dagli ospedali psichiatrici: perché accrescere ulteriormente la folla dei nuovi poveri? Perché la società attuale risponde così poco a un’emarginazione clamorosa? Con gli ultimi e con gli emarginati potremo recuperare tutti un genere di vita diverso; demoliremmo innanzitutto gli idoli che ci siamo costruiti: denaro, potere, consuLUGLIO 2013 - BARRICATE 75 76 LUGLIO 2013 - BARRICATE Ph: Federico Mosconi Le foto pubblicate in questa intervista sono un omaggio a don Gallo e sono state selezionate tra le opere di otto fotograi sul tema dei diritti umani e civili Ph: Federico Tamburini su questo piano…” Mi chiedo un cristiano come me su che piano la dovrebbe mettere… Per chiudere questa nostra intervista, vorremmo che ci parlasse del rapporto particolare con Fabrizio De André, che ha già citato. La mia storia penso sia un ilm e come ogni ilm ha la sua colonna sonora. Io sono amico di tanti musicisti da Vasco ad altri. La mia colonna sonora… Una volta un Cardinale mi disse, scherzando: “Sai quanti sono i vangeli Canonici?”. “Quattro, Eminenza: Matteo, Marco, Luca, Giovanni. Visto che li so?”. “Sei bravo!”. “Però io ne ho un quinto che mi serve per interpretarli”. “Ahi, ahi! Leggi i vangeli apocrii, vero?” “No! È una poesia, è una musica, è un vento nonviolento, è un vento anticapitalista, è un vento antifascista, è un vento anarchico nella sua vera accezione: riiuto di qualunque sopruso, l’anarchia come atteggiamento profondo, con la sola aspirazione alla libertà e alla giustizia”. Aggiungo: “Eminenza, qui io ho un quinto vangelo: il vangelo secondo De André”. Ph: Luciano Manna mo, spreco, tendenza a vivere al di sopra delle nostre possibilità. Riscopriremmo i valori del bene comune, della tolleranza, della solidarietà, della giustizia sociale, della corresponsabilità… “Chiesa” vuol dire assemblea e quindi vuol dire donne, uomini, ragazzi, insieme tutti, con la bussola della Costituzione. Non c’è altro. Parlando con il procuratore generale antimaia Grasso (oggi Presidente del Senato, ndr), a proposito di diritti e di malaffare, a chiusura della nostra discussione, le sue parole furono: “Basterebbe applicare la Costituzione: si sconiggerebbero tutte le maie”. A don Lorenzo Milani una volta chiesi cosa fosse la politica. “Oh bella! - mi rispose - la politica è uscire dai problemi tutti insieme, con una priorità: ripartire dagli ultimi”. È vero, a partire dagli ultimi. Ma guarda cosa succede a stare con gli ultimi e partire dagli ultimi. Ricordo che un giorno un cardinale mi riceve e mi fa vedere una pila di fogli sul suo tavolo, tutte lettere: “Guarda cosa scrivono contro di te i fedeli - esordì il cardinale. Stare con le puttane e i ladri, fare cortei con i ragazzi, i centri sociali…” e continuava a gridare. Ad un certo punto rispondo: “Eminenza, secondo lei, Gesù come si sarebbe comportato? Quali sarebbero stati i suoi “ultimi” da cui noi dovremmo ripartire, che dovremmo scegliere?”. E lui mi fa: “Ah!, ma se la metti Ph: Gianluca Guidi LA CULTURA DIETRO LE RIGHE LINGUAGGI GRAFICI: RIDERE Davide Ceccon http://davidececcon-scrittidissidenti. blogspot.it Davide Caviglia nasce a Genova il secolo scorso. Dopo la scuola dell’obbligo frequenta un istituto tecnico, ma le caricature dei docenti che appende ai muri del corridoio non gli facilitano le cose. Dopo numerosi lavori di fatica, decide che lo studio non è poi così male e, partito per Milano, si diploma al Liceo Artistico Serale di Brera. Oggi è redattore e autore presso la rivista L’antitempo, vignettista e scultore. [email protected] http://strolippo.wordpress.com LUGLIO 2013 - BARRICATE 77 CINEMA Intervista a Luigi Lo Cascio PAROLA, MON AMOUR Da interprete di teatro ad attore del cinema ino al debutto nella regia, il percorso di un autore sotto il segno della ricerca artistica e dell’impegno civile. Ma soprattutto della passione per la parola Incontro Luigi Lo Cascio a Pesaro in occasione della proiezione de “La città ideale” (ITA 2013), ilm di cui è sceneggiatore, regista e attore. Sta accompagnando la sua opera prima nei vari cinema della regione e dopo la visione ne discute con il pubblico: sempre con molta passione, con risposte articolate e mai scontate, cercando di trovare anche nell’ovvietà di alcune domande spunti di rilessione interessanti. Nonostante i tempi stretti e i tanti incontri condensati in poche ore, imposti dal tour promozionale, riesce a ritagliarsi un po’ di tempo per la nostra conversazione. Il primo ilm da regista di Lo Cascio gode del valore aggiunto di vent’anni di lavoro come attore teatrale e cinematograico che lo rendono un artista distante da ogni appagamento e in continua evoluzione. Riguardando il ilm, ripenso a ciò che scriveva Francois Trufaut a proposito delle opere prime: “Si può sostenere che un cineasta fornisce tutte le indicazioni su quella che sarà la sua carriera nei primi cinquanta metri di pellicola che impressiona. Il suo primo lavoro è lui stesso.”1 78 LUGLIO 2013 - BARRICATE Inizi facendo teatro di strada con un gruppo di amici, “Le ascelle”. Tu la descrivi come un’esperienza giovanile e ludica, ma tra le fonti d’ispirazione citi un padre nobile e non molto conosciuto del cabaret, Carl Valentin. I miei amici ed io eravamo molto sportivi e seguivamo olimpiadi e campionati europei di atletica leggera. Non avevamo un soldo e per mantenerci durante quelle trasferte all’estero ci divertivamo con degli spettacolini per strada. Nelle grandi città europee non aveva senso proporre sketch in italiano, così facevamo soprattutto pantomime e gag mute. Quando queste gag sono diventate teatro sul palcoscenico, i nostri riferimenti per la parola sono diventati Petrolini, Jannacci e Valentin, cioè un tipo di comicità attenta al nonsense, ai giochi di parole, all’assurdo. Il gioco sulle parole nasconde sempre una carica sovversiva, rivoluzionaria, che afascinava noi ventenni e che in me si è trasformata, in seguito con lo studio, in amore per la parola. Debutti in prosa con Federico Tiezzi, un artista che ha Ph: Federico Mosconi Massimiliano De Simone elaborato e messo in scena l’idea di un teatro di poesia, così come Pasolini aveva teorizzato e realizzato un cinema di poesia… Ho cominciato a leggere molto tardi. Quando mi sono trasferito da Palermo a Roma nella mia valigia portavo solo due 1- François Truffaut, I ilm della mia vita, pag 39 e succ., L’Unità- Marsilio. libri: Il gattopardo e 1984. Il piacere della parola, e quindi della scrittura per il teatro e per il cinema, in me non nasce dalla lettura, ma dalla pronuncia della poesia. In accademia lavorando su Alieri, su Tasso, su Dante, la passione per la parola si è accresciuta provocandomi un vero e proprio godimento del corpo. Così ho iniziato a creare la mia biblioteca, ad ainare il gusto, a scegliere i miei autori. Poi c’è stato il passaggio dal teatro al cinema: strumento espressivo, quello cinematograico, verso il quale inizialmente nutri qualche diidenza. Quello che mi interessa dei due linguaggi artistici è la loro capacità di confrontarsi con il mito, che si sviluppa in maniera diversa. Nella tradizione teatrale ci sono ininiti Edipo, ininite Medee, ininiti Don Giovanni. Il teatro ha la possibilità di creare opere che hanno una gittata illimitata: ancora oggi ci confrontiamo con opere che vengono messe in scena in continuazione e si rivelano fonti inesauribili di conoscenza e di emozioni. Questo con il cinema non accade, perché il cinema lavora differentemente: si propone come un evento che si consuma nel tuo immaginario, qualcosa che si innesta nella tua capacità percettiva, una dimensione molto singolare. Il ilm sembra essere l’approdo della mitologia personale di un autore. Altra speciicità del teatro è che permette di osare linguisticamente: è un luogo dove un uomo può parlare ancora in endecasillabi senza sembrare disumano. Il cinema sofre invece di un appiattimento sulla lingua d’uso, sul quotidiano, che supera solo quando ricorre a forme “altre” e non usurate di linguaggio, come i dialetti. Nel cinema, inoltre, l’espressività dell’attore si costruisce nell’inquadratura che frammenta e crea gli spazi entro i quali muoversi. L’attore è, Ph: Federico Mosconi LA CULTURA DIETRO LE RIGHE in un certo senso, nelle mani del regista che decide come incorniciarlo, individua il boccascena da cui farlo afacciare. A teatro, quando l’attore è sul palco, tutto è segno, niente può essere nascosto: è il responsabile della scena. Il tuo percorso artistico si evolve attraverso la scrittura e la regia del tuo primo ilm, La città ideale. La regia è stata la logica conseguenza di un percorso nato da un’idea che mi appassionava, sviluppatosi attraverso la scrittura e conclusosi con la messa in forma cinematograica. Il passaggio dalla recitazione alla regia, che comunemente viene interpretato come un salto pericoloso o indebito, credo sia un evento molto naturale nella vicenda di un artista. Un attore ha una frequentazione continua con la macchina da presa, ha conidenza con quello che succede sul set e talvolta decide di raccontare in prima persona una storia. In Italia, quando un teatrante si dedica alla regia di un ilm i risultati sono spesso notevoli. Penso non solo a La città ideale, ma anche a La pecora nera di Ascanio Celestini. Nei vostri lavori non si avverte la costrizione di alcune convenzioni cinematograiche, si intuisce l’urgenza del raccontare, si guadagna in autenticità. Il teatro in questo mi ha dato molta libertà. Non mi sono preoccupato di come si scrive “correttamente” una sceneggiatura. Il ilm ha delle anomalie che lo rendono un’opera singolare, desueta, inclassiicabile a suo modo. Un autore dovrebbe sempre preoccuparsi di cosa efettivamente gli sta a cuore e non di cosa incontra immediatamente il favore del LUGLIO 2013 - BARRICATE 79 LA CULTURA DIETRO LE RIGHE Ph: Federico Mosconi pubblico. È disonesto per un artista giocare al ribasso con le proprie potenzialità. Si limita la propria creatività a qualcosa di medio, se non di mediocre, ritenendo che questo sia il segreto di un eventuale successo. Così facendo si ofendono l’intelligenza e il gusto del pubblico. L’autore deve creare l’opera per sé; non nel senso di essere poco generoso o autoreferenziale, ma nel senso di fare l’opera che lui stesso vorrebbe vedere da spettatore. Così si rispetta se stessi e soprattutto il pubblico. Ripensando al tuo “Peppino Impastato” ho ricollegato la sua esperienza di lotta, di non violenza, a quella di un altro grande siciliano d’adozione, Danilo Dolci. Provenivano dalla stessa parte di Sicilia. Due intellettuali. L’intellettuale non è semplicemente un uomo di media 80 LUGLIO 2013 - BARRICATE cultura, ma è un punto di riferimento, uno che indica la strada, un visionario; è colui che attraverso le sue suggestioni, le sue pratiche, il suo urlo è capace di mettersi in relazione con gli altri, di creare un ascolto, di ricordare che le battaglie non devono essere solitarie e che la comunità deve riconoscersi nella lotta. Danilo Dolci e Peppino Impastato avevano queste qualità. Hanno concretizzato le loro idee nelle attività, hanno avuto la capacità di creare comunità. Il loro pensiero non si è mai adagiato nel tepore dello stadio ideale, ma ha agito nella carne viva della storia. LUIGI LO CASCIO nasce a Palermo il 20 ottobre 1967. Debutta in teatro nel 1989 con Aspettando Godot di Samuel Beckett per la regia di Federico Tiezzi. Studia all’Accademia di Arte Drammatica ‘Silvio D’Amico’ con Orazio Costa, uno dei massimi esponenti della pedagogia teatrale europea del Novecento. Nella sua classe ci sono: Sonia Bergamasco Alessio Boni, Fabrizio Gifuni, Claudio Gioè (attori che reciteranno con lui dieci anni dopo ne La Meglio Gioventù), Pierfrancesco Favino. Si diploma come attore nel 1992. Lavora in teatro con Giuseppe Patroni Grii, Carlo Cecchi. Nel 2000 esordisce al cinema con I cento passi di Marco Tullio Giordana, in cui interpreta Peppino Impastato ino ad allora poco noto all’opinione pubblica. Filmograia essenziale 2012 La città ideale, di Luigi Lo Cascio 2011 Romanzo di una strage, di Marco Tullio Giordana 2010 Noi credevamo, di Mario Martone 2009 Gli amici del bar Margherita, di Pupi Avati 2009 Baarìa, di Giuseppe Tornatore 2008 Miracolo a Sant’Anna, di Spike Lee 2007 Il dolce e l’amaro, di Andrea Porporati 2006 Mare nero, di Roberta Torre 2005 La bestia nel cuore, di Cristina Comencini 2004 La vita che vorrei, di Giuseppe Piccioni 2003 Buongiorno notte, di Marco Bellocchio 2003 Stessa rabbia stessa primavera, di Stefano Incerti 2002 La Meglio Gioventù, di Marco Tullio Giordana (nomination come miglior attore protagonista al David di Donatello e all’European Film Award) 2001 Il più bel giorno della mia vita, di Cristina Comencini 2001 Luce dei miei occhi, di Giuseppe Piccioni (Premio Pasinetti come miglior attore e Coppa Volpi al Festival di Venezia; nomination all’European Film Awards e al David di Donatello) 2000 I cento passi, di Marco Tullio Giordana (David di Donatello come Miglior Attore Protagonista) NONVIOLENZA in collaborazione con LA SIRIA CHE NON CI RACCONTANO Redazione italiana di Pressenza www.pressenza.com/it ph Marinella Correggia Il premio Nobel Maguire con il patriarca Laham All’inizio del mese di Maggio, una delegazione guidata da Mairead Corrigan Maguire, Premio Nobel per la Pace, ha visitato la Siria su invito di Madre Agnes-Mariam, Madre Superiora del Monastero greco ortodosso di San Giacomo Mutilato a Qara e aderente al gruppo siriano Mussalaha. In arabo Mussalaha signiica “riconciliazione” e il gruppo lavora precisamente per realizzare la riconciliazione nei conlitti locali in tutta la Siria. Non si considera politico ed è aperto alla partecipazione di tutti. Ha ottenuto numerosi successi e gode della iducia della maggior parte dei siriani, il che costituisce già di per sé un risultato incredibile. Mussalaha contiene un forte elemento cristiano, ma vi partecipano quasi tutte le confessioni ed etnie siriane. In numerose azioni speciiche (dialogo, mediazione per la liberazione di prigionieri, ricerca di soluzione a conlitti) Mussalaha usa la metodologia della nonviolenza. Avete sentito parlare di tutto questo nei principali telegiornali o radiogiornali? L’arrivo della Maguire a Damasco è stato riportato in qualche pagina di qualche giornale italiano? Se escludiamo i reportage della giornalista paciista Marinella Correggia -membro della delegazione e autrice delle foto qui riportate- su “Il Manifesto” e gli echi sulle tradizionali agenzie 82 LUGLIO 2013 - BARRICATE paciiste come Pressenza e PeaceLink, questa Siria non viene raccontata. Pressenza l’ha seguita tramite i comunicati di Paul Larudee -paciista californiano cofondatore con Maguire di Freedom Flotilla- e i reportage di Marinella Correggia. Riportiamo qualche risposta dell’intervista a Paul. Com’è nato e come si è sviluppato questo viaggio? Nel 2012 Madre Agnes-Mariam ha compiuto vari viaggi in giro per il mondo per presentare una speciica visione della situazione, contrastare false informazioni e costruire un sostegno internazionale alla ine della violenza. Durante i suoi viaggi, Madre Agnes ha conosciuto il Premio Nobel per la Pace Mairead Maguire e le due donne hanno deciso di formare una delegazione internazionale che visitasse la Siria, invitando un gruppo selezionato di persone. In origine il viaggio doveva avvenire in febbraio e riguardare quattro città, ma questo non è stato possibile. La visita è stata allora rimandata a maggio, con un itinerario che comprendeva solo il Libano e Damasco. La delegazione ha concluso il suo lavoro con una dichiarazione. Puoi esporci i punti e le richieste principali? La dichiarazione è lunga, ma vale la pena di leggerla. È disponibile su www.pressenza. com/it/2013/05/comunicaton-4-dalla-siria-dichiarazioneinale. I suoi cinque punti principali sono: 1. Porre ine all’intervento straniero e al lusso di armi 2. Fermare la distorsione dell’informazione e permettere a tutte le voci di farsi sentire 3. Cancellare le sanzioni economiche, che stanno causando gravi privazioni al popolo siriano 4. Fornire assistenza adeguata ai profughi e agli sfollati 5. Porre ine alla violenza e trovare soluzioni paciiche, decise dal popolo siriano Quali sono a tuo parere le possibilità di una soluzione paciica di questa crisi? Prima o poi si arriverà a una soluzione paciica. Nessun conlitto è mai durato mille anni. Questo conlitto però inirebbe molto più rapidamente e con minori perdite se l’interferenza straniera cessasse. In quel caso i siriani risolverebbero i problemi tra loro, con la necessità di considerare i punti di vista di ogni gruppo. Devono ascoltarsi a vicenda e trovare insieme una via d‘uscita alla crisi. (Traduzione Anna Polo) dall’inglese di La Siria era questo IL MOVIMENTO DELL’INFORMAZIONE LIBRI in collaborazione con NELLE MANI DI GOLIA Laura Tussi Una dettagliata e documentata opera che coniuga il pensiero di illustri docenti universitari, preti di frontiera, giornalisti e studiosi, per cui “Golia” incarna e rappresenta tutti i poteri forti che impongono ingiustizie, discriminazioni, violenze e razzismo, nell’era della globalizzazione mercantilista, della crisi sistemica e della Rete, con ripercussioni negative devastanti sui diritti della donna e dell’uomo. La Fondazione Guido Piccini per i diritti dell’Uomo e la Magniica Comunità della Valpolicella hanno apportato un importante e notevole contributo di pensiero alla realizzazione di questa opera dai caratteri enciclopedici e universalistici. Il libro nasce dall’esperienza diretta della rivista “Missione Consolata” di Torino, che apporta un alto sguardo di insieme. I diritti umani purtroppo appaiono come l’emanazione culturale non dell’intera umanità, ma della parte caratterizzata dalla cultura occidentale, per secoli dominante e colonialista, nella mancanza di una cultura di pace, come commenta Paolo Pagliai. Per i poveri è l’indigenza stessa a violare tutti i diritti senza distinzione, nel disprezzo del valore della diversità, nell’indifferenza o nell’odio per il più debole, l’ultimo, l’emarginato, l’escluso, come scrive Giuliano Pontara. Allo Stato, inteso come comunità politica, spetta il compito di garantire la qualità della vita delle persone, sostiene Alessandra Algostino, in quanto il cammino dei diritti ha l’obiettivo di coniugare libertà individuale e giustizia sociale, l’ ”io” e gli “altri”, soprattutto in un’epoca in cui la crisi economica, la paura del “terrorismo” e la mancanza di eficaci politiche globali hanno fatto riemergere pulsioni e paure razziste e xenofobe. Maria Romero denuncia quanto la violenza contro le donne sia un’evidenza quotidiana, dove appunto la “povertà è donna”. Come espone Chiara Blengino, sono milioni i minori impiegati in lavori pericolosi: restituire i bambini alla scuola e ai sogni propri della loro età non è facile, ma è possibile; per convincere i soggetti avversi, le multinazionali, occorre la spinta della società civile. Nella Dichiarazione del 1948 e nella maggior parte delle Costituzioni nazionali, i diritti dei lavoratori sono ampiamente tutelati, ma la realtà è diversa, come dimostrano le cifre degli incidenti sul lavoro e le malattie professionali, per non parlare dello sfruttamento del lavoro minorile e femminile. L’amianto uccide tuttora, dall’Eternit all’Ilva, per fare proitti sulla vita delle persone, come approfondiscono Roberto Topino e a Rosanna Novara. Il proitto è tutto e il lavoro non conta niente, perché il capitalismo iperliberista impone la tragica lacerazione di una “vita senza lavoro o di un lavoro senza dignità”, nel becero ricatto capitalista tra vita e salute o lavoro e morte, dove lo stato sociale è assente nell’emancipazione dal bisogno. Uno spasmodico “sviluppo” esclude orizzonti di decrescita e innovativi modelli di crescita ecostenibili ed equosolidali, anche attraverso l’estensione dei “diritti digitali” e della Rete quale strumento economico, educativo e partecipativo. Lo sviluppo neoliberista e i diritti umani risultano incompatibili, dove il diritto alla libertà di espressione è fortemente minato, mentre imperversa la minaccia all’eguaglianza di genere e si impone spietatamente il razzismo, l’omosessualità viene punita e l’omofobia è presente e tollerata, calpestando il limite invalicabile dell’altro. Dunque sui diritti umani sussiste molta ipocrisia e noi tutti dovremmo sentire “il dovere di indignarci”, come sostiene Gianni Minà. L’ortodossia neoliberista ha fatto strame dei diritti, denuncia Paolo Farinella, e la sentinella dell’etica e del bene comune, la Chiesa, è colpevole di latitanza e mancanza di presa di posizione etica e morale rispetto al regime di corruzione, di illegalità, di sfruttamento e ingiustizia sociale che imperversa non solo a livello globale, ma anche nel nostro Paese. Nelle mani di Golia. I diritti dell’uomo tra Stato e mercato (ai tempi della Rete) a cura di Paolo Moiola Il segno dei Gabrielli editori, S. Pietro in Cariano (Verona) 2012, pp. 637. Introduzione di Paolo Pagliai e Giuliano Pontara Postfazioni di Paolo Farinella e Gianni Minà LUGLIO 2013 - BARRICATE 83 EDITORIA GRAFICA Intervista a MAMMA! MAMMA! “La nostra linea redazionale? Rispettare l’intelligenza di chi ci legge” Monique De Monique Mamma! è una rivista autoprodotta e difusa solo su abbonamento, nata per cambiare la storia della satira italiana. Giornalisti e fumettari, ovvero “penne” e “matite” della redazione, hanno le idee così chiare da aver stilato un vero e proprio Manifesto della nuova satira, che ha come unica regola l’indipendenza di pensiero e ispirazione, bandisce ogni sorta di dogma, riiuta l’asservimento a logiche di marketing, è aperto ad ogni potenzialità espressiva e a nuove collaborazioni. Uno sguardo ironico e puro allo stesso tempo, uno scorrere libero e disinvolto tra codici, strumenti e linguaggi, un’organizzazione libera e orizzontale, danno come risultato una satira che preferisce l’onestà intellettuale allo shock dirompente, la battaglia epica (ed etica) alla vendibilità: “una satira artigianale, autoprodotta e libertaria che sta alla satira commerciale così come la marmellata fatta in casa della mamma sta alle gelatine chimiche prodotte in serie.” Oltre a pubblicare la rivista, a produrre i libri e a collaborare sul web, Mamma! propone anche laboratori aperti a tutti, dagli esperti ai curiosi, per approfondire il linguaggio della satira, del giornalismo a fumetti e dell’editoria multimediale. 84 LUGLIO 2013 - BARRICATE Direttore Carlo Gubitosa, quando e come nasce la vostra esperienza? Siamo nati nel 2009 dalle ceneri di due inserti satirici: Paparazzin, ospitato da Liberazione, e Emme pubblicato dall’Unità e rottamato da Concita de Gregorio con il suo arrivo alla direzione del quotidiano. Poi Liberazione ha chiuso e ora l’Unità è ultima nella classiica delle vendite dei quotidiani, a conferma che a fare danni nei giornali non è la satira o il fumetto, semmai la sua assenza. Come coinvolgete gli autori che animano la vostra testata? Siamo un gruppo autogestito e quindi la rete di collaboratori si allarga naturalmente e spontaneamente in base ai legami di stima e di amicizia che spingono noi verso nuovi autori e loro verso la rivista. Se c’è qualcuno bravo in ascolto che non sa come raggiungerci può mandare le sue proposte a [email protected] Qual è la linea redazionale? Non crediamo in un giornalismo che degenera in una religione dispensatrice di verità e di certezze, dove ogni testata ha i suoi “fedeli” pronti a credere nel “verbo” del proprio direttore di riferimento. Crediamo nell’uso del fumetto e del linguaggio satirico applicati al giornalismo per far nascere delle buone domande nella testa del lettore anziché rega- lare facili risposte. Per questa ragione, nei numeri tematici della nostra rivista abbiamo ospitato le posizioni più diverse sui temi più svariati, e come requisito imprescindibile chiediamo solamente l’onestà intellettuale nell’esprimere le proprie idee. Preferiamo un ragionamento ben costruito che ci trova in disaccordo ad un’arrampicata sugli specchi per sostenere idee alle quali siamo favorevoli. In sintesi, la linea redazionale è che non c’è una linea a cui attenersi, se non il rispetto dell’intelligenza di chi ci legge. “Realizzare la prima rivista italiana di giornalismo illustrato e satira d’inchiesta libera da Padroni, Pubblicità, Prestiti bancari e Partiti politici, le ‘quattro P’ che inquinano e avvelenano l’informazione italiana”: è un LINGUAGGI GRAFICI: MAMMA! MAURO BIANI Chi semina racconta. Sussidiario di resistenza sociale Associazione Altrinformazione I libri di Mamma! Formato 17×24, 240 pagine a colori, ISBN 9788897194057 15 euro (spese di spedizione INCLUSE) Acquistabile on line qui: www.mamma.am/maurobiani Marescotti dell’associazione Peacelink, partner della testata, legge MAMMA! obiettivo condivisibile ma ambizioso. Come lo state realizzando? Provandoci. Abbiamo abbastanza abbonati per coprire i costi vivi, ma non i costi del lavoro che continuiamo a fare gratis. La nostra speranza è che si possa raggiungere un numero sostenibile di abbonati senza ricorrere ad aiuti esterni, e per questa ragione abbiamo lanciato la campagna di abbonamenti www.mamma. am/300 . Dei 300 abbonati che cercavamo ne abbiamo trovati più di un terzo, ora speriamo di trovare anche gli altri, altrimenti cambieremo rotta senza rimpianti e ci inventeremo qualcos’altro. Mamma! ricorda un po’ la satira delle testate storiche Male e Frigidaire. Si tratta di una scelta o un caso? Tutto il lavoro creativo si fa camminando sulle spalle dei giganti, e quelle testate, assieme a Cuore sono state per la maggior parte di noi una grande scuola di alfabetizzazione ai linguaggi della satira e del fumetto. Ma noi abbiamo cercato di fare un passo ulteriore, e di stringere sempre più il legame tra la scrittura giornalistica e le tavole a fumetti, due stili di comunicazione che nelle riviste del passato vivevano un po’ a “compartimenti stagni” e muovendosi in modo indipendente, ma oggi possono trovare una sintesi eicace per far passare informazioni importanti in un contenitore come il fumetto, che a nostro avviso è una tra le poche, se non l’unica forma di editoria tradizionale in grado di aiutare la carta stampata a resistere alla sida lanciata dal multimedia e dall’informazione online. Lo sappiamo il perché del nome “Mamma!”, ma vogliamo sentirlo dire da voi… La proposta è partita da Mauro Biani in un brainstorming fatto assieme a me via chat. Poi quando abbiamo coinvolto gli autori di Paparazzin ed Emme in un brainstorming collettivo per lanciare questo progetto dopo aver scritto il nostro “Manifesto della Nuova Satira” (www.mamma.am/ manifesto), abbiamo lanciato un concorso di idee al nostro interno proponendo una decina di titoli per la votazione. Mamma! si è confermato vincitore: una delle poche parole di valore universale che non sono state ancora brutalizzate dal marketing, dalla politica o dalle testate del giornalismo commerciale. Il meglio delle vignette, sculture e illustrazioni di Mauro Biani, autore di satira sociale a tutto tondo che unisce la vocazione artistica all’impegno professionale come educatore in un centro specializzato per la disabilità mentale. Uno sguardo disincantato e libero che sa dare le spalle ai potenti quando serve, per toccare temi universali come la nonviolenza, i diritti umani, l’immigrazione, il cristianesimo anticlericale, la resistenza alla repressione e la lotta alle maie. Contributi di Antonella Marrone, Carlo Gubitosa, Cecilia Strada, Cinzia Bibolotti, Ellekappa, Franco A. Calotti, Gianpiero Caldarella, Makkox, Mao Valpiana, Massimo Bucchi, Nicola Cirillo, Pino Scaccia, Riccardo Orioles, Stefano Disegni, Vincino Gallo. LUGLIO 2013 - BARRICATE 85 FUMETTO A STRISCE in collaborazione con IL PREGIUDIZIO Max Olla Fumetto. Scrivo la parola su un foglio di Word, noto programma Windows per editare i testi. Faccio clic con il tasto destro del mouse sulla parola per cercare sinonimi (è il cosiddetto Thesaurus). “Giornalino, giornaletto, cartone animato, storia banale, banalità”. Storia banale, banalità? Acchiappiamo un Sinonimi e Contrari della Zanichelli e leggiamo: “s. m.(est., spreg.) banalità”. E ci risiamo. Via, andiamo su qualcosa di più corposo e classico, quel “banalità” non ci va proprio giù. Un bel Oli-Devoto, vocabolario rispettato, con due tomi di attributi. Signiicato 1: “spazio dal contorno simile a quello di una nuvoletta stilizzata, destinato a contenere le parole…ecc (sono adorabili quando blaterano e si arrampicano sui vetri per deinire le cose). Dietro un rombo nero, come un segnale di tristi presagi, seguono le altre accezioni: “simbolo di banalità spec. nella letteratura e nel cinema”. Oddio. Che signiica questo? Gli addetti ai lavori e gli appassionati se ne dimenticano spesso. Vuol dire che il pregiudizio è semantico (sia consentito anche a noi umili cultori del genere usare questo aggettivo pregevole e dotto), riguarda l’area dei signiicati percepiti. Il preconcetto è ben radicato nella nostra lingua. In parole povere, quando il nostro edicolante, l’insegnante, il macellaio, l’amico che non sa niente di fumet- 86 ti (ne abbiamo tutti, sono più diffusi delle mosche), la idanzata bona che abbiamo scelto per ragioni profondamente diverse dalla passione per i comics, quando tutta questa gente sente la parola fumetto ha un sottile e inconsapevole richiamo mentale a qualcosa, se pur indeinitamente, di categoria inferiore. Qualcuno magari sottovaluterà tutto questo. Ma la lingua è una cosa seria, c’è dietro la cultura di una nazione e una visione del mondo. E pure i pregiudizi sono roba seria. Ci viviamo immersi tutti i giorni, non sono una cosa negativa in assoluto, anzi spesso ne abbiamo bisogno come l’aria. Senza dovremmo rimettere sempre in discussione tutto. È un pregiudizio pensare che le chiavi, la sedia e lo scalino siano sempre al loro posto. È un pregiudizio pensare che il ilm natalizio dei Vanzina sia una boiata colossale ma senza saremmo costretti a vederci ogni anno le stesse idiozie. È anche vero che i fumetti banali esistono, e forse contribuiscono al pregiudizio, ma questo è un altro discorso. [“Il pregiudizio” non trova equivalenti nella lingua inglese. Le varie parole usate, “comics”, “comic strips”, “cartoons”, “balloon”, non hanno accezioni spregiative. Al massimo in un dizionario si trova un “usually for children” nella deinizione] www.inkspinster.com LUGLIO 2013 - BARRICATE www.ettorebaldo.it www.vincenzina.net www.pinocreanza.it www.palmiro.it www.singloids.com LETTERE PAROLA DI LETTORE scriveteci a [email protected] Corrado Pala Vittorio Iori ph Tonino Mosconi Salve Siamo due ex insegnanti di materie letterarie nelle scuole superiori di Roma con pluriennale (ahinoi) militanza politica nei partiti e nelle aggregazioni della sinistra. Dal 2006 stiamo lottando contro la geoingegneria più o meno clandestina, le operazioni di aerosol nei nostri cieli e l’operazione HAARP. Tutto ciò che sappiamo lo pubblichiamo sul nostro blog www.cieliliberi.blogspot.com, dove si può fare un’analisi dei dati pubblicati sui danni che sta creando alla salute e all’autonomia psicoisica di tutti. Raramente ci sono nostre considerazioni, ci sono soprattutto documentazioni e afermazioni con i relativi link per veriicarne la autenticità. Si trovano, ad esempio, le dichiarazioni del magistrato Paolo Ferraro, del Generale Fabio Mini, il documentario Non è possibile della Fox di Murdoch, la dichiarazione scritta del Quirinale che attribuisce la competenza dell’irrorazione chimica dei cieli al ministero della Difesa, le dichiarazioni di professori universitari come Carlo Rubbia e Antonio Teti e di tanti altri intellettuali e scienziati. Se vorrete pubblicarci, saremo felici, ma poiché non siamo abituati a mandare chicchessia allo sbaraglio, speriamo che vi rendiate conto del potente segreto militare che tappa la bocca a tutti, scienziati, politici e giornalisti, tranne qualche stupenda eccezione. Complimenti per la rivista. Buon lavoro Il così detto “federalismo politico” in verità non convince. Non convince neppure l’abolizione degli ambiti provinciali e men che meno accorpamento dei comuni che si vedrebbero esautorare di svariati poteri e di una loro identità. Le Regioni “politiche” hanno già dimostrato di essere enti costosissimi e completante inutili, fonte di sprechi e di corruzione. Poi non è accettabile, anche ai ini della rappresentatività democratica, che grandi città come Milano, Roma, Napoli, etc. possano inluire sulle scelte di territori poco urbanizzati. Pertanto in un federalismo bioregionale consono alla condizione attuale della penisola, l’Italia andrebbe suddivisa in Regioni Metropolitane, comprendenti solo i conini urbanizzati e suburbani delle grandi città, ed in ambiti territoriali bioregionali, grosso modo corrispondenti alle Province storiche, che avrebbero una funzione “localistica” nella gestione del territorio. Le Regioni come oggi sono congegnate e geograicamente delineate non rispettano la vera vocazione identitaria della popolazione e nemmeno i suo interessi amministrativi. Insomma il “federalismo politico” che i governi saltuariamente vorrebbero attuare contribuirebbe ad alienare ulteriormente il senso dell’appartenenza al luogo allontanando vieppiù gli abitanti dalle istituzioni ed oscurando l’identità locale, nazionale ed Europea. (...) Paolo D’Arpini Referente della Rete Bioregionale Italiana bioregionalismo-treia.blogspot.it retebioregionale.ilcannocchiale.it 88 LUGLIO 2013 - BARRICATE ABBONATI A BARRICATE il modo più efficace per sostenerci: Con soli 20€ (invece di 30€) riceverai 6 numeri di Barricate a casa tua. Puoi utilizzare un bollettino postale, la carta di credito o il bonifico bancario per fare un versamento sul conto postale n° 1010105284 intestato a BARRICATE (IBAN: IT 96 W 07601 13300 001010105284), specificando nella causale “PER ABBONAMENTO” e indicando l’indirizzo dove desideri ricevere la rivista. www.barricate.net
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