Barricate n°4

SOMMARIO / N° 4 - LUGLIO-AGOSTO 2013
BERE MANGIARE RESPIRARE
43 | ALLEVAMENTO
PORCI E FELICI
47 | ELETTROSMOG
UN NEMICO INVISIBILE?
I MOVIMENTI DELL’INFORMAZIONE
82 | NONVIOLENZA
LA SIRIA CHE NON
CI RACCONTANO
In collaborazione con Pressenza
83 | LIBRI
50 | CICLOTURISMO
SOTTO QUESTO SOLE È
BELLO PEDALARE SI...
MA C’È DA SUDARE?
NELLE MANI DI GOLIA
In collaborazione con Peacelink
PAROLA DI LETTORE
MARCHE – LA TERRA RACCONTA
88 | POSTA
52 | MARCHE
MARCHE, CHE CHARME!
BARRICATE E PALAZZI
03 | COPERTINA
56 | POLITICA AMBIENTALE
SALVIAMO IL PAESAGGIO!
IL BOLLITO È SERVITO
intervista a Olimpia Gobbi
e Riccardo Picciafuoco
05 | DIRITTI CIVILI
58 | SUCCEDE DOMANI
CÉCILE KYENGE E LA NUOVA
FOTOGRAFIA DELL’ITALIA
Rubrica
SCHERZARE CON IL GAS
È MOLTO PERICOLOSO
Intervista a Cécile Kyenge Kashetu
59 | ENERGIA E COMITATI DI LOTTA
09 | ECONOMIA
QUI DI SOVRANO C’È SOLO
IL DEBITO
Intervista a Nino Galloni
SIAMO CITTADINI,
NON SUDDITI
intervista a Adriano Mei
62 | MARCHE
TRE GIORNI A SPASSO
Rubrica
13 | FISCO
TASSE: LA GIUSTA RICETTA PER
UN PAESE FARABUTTO
16 | CIVISMO
CITTADINI PROTAGONISTI
LA CULTURA DIETRO LE RIGHE
67 | LETTERATURA
LE REALTÀ DEL FANTASY
intervista a Silvana De Mari
18 | MOVIMENTI
SENZA CAPI NÈ PADRONI
21 | MOVIMENTI
ANOMALIE DELL’ONDA
73 | IL PUNTO DI VISTA
02 | IVAN “HURRICANE” MANUPPELLI
04 | MAURO BIANI
07 | SIMONE “NIGRAZ” PONTIERI
08 | DAVIDE PASCUTTI
10 | ELISA BEE
20 | ROBERTO LA FORGIA
23 | PASQUALE LA FORGIA
24 | MARILENA NARDI
27 | PASQUALE “SQUAZ” TODISCO
30 | DIEGO MIEDO
31 | NAZARENO GIUSTI
33 | STEFANO ZATTERA
41 | SERGIO PONCHIONE
42 | ELENA RAPA / SS - SUNDA
46 | ALBERTO CORRADI
47 | DANILO “DAST” STRULATO
51 | FABIO TONETTO
55 | PAOLO CASTALDI
66 | MICHELE PETRUCCI
67 | DALIA DEL BUE
72 | ANDREA BERSANI
72 | FABRIZIO “BICIO” FABBRI
77 | DAVIDE CECCON
77 | DAVIDE CAVIGLIA
81 | MASSIMO GIACON
84 | EDITORIA GRAFICA MAMMA!
86 | FUMETTO A STRISCE BALLONS
LE VERITÀ SCOMODE
intervista a Don Andrea Gallo
78 | CINEMA
PAROLA, MON AMOUR
VOCI SOLIDALI
LINGUAGGI GRAFICI
45 | INSERTO RAGAZZI
B! RAGAZZI
a cura di Harry Vanva
intervista a Luigi Lo Cascio
24 | DIRITTI UMANI
DIRITTI IN CAMMINO
28 | GUERRA
EXTREMA (IR)RATIO
Intervista a Giovanni De Luna
31 | FORZE DELL’ORDINE
SBIRRO E RADICALE
intervista a Ennio Di Francesco
36 | ARTE E SOCIETÀ
DISEGNI DI GIUSTIZIA
38 | MISSIONI
L’OASI PER I FIGLI DI NESSUNO
intervista a Suor Maria Mastino
Non capisco perchè
questa macchina non
riesce più a fare i 250
km. all’ora
eba
&S
BARRICATE DI GIUSTIZIA
Filo
34 | ABUSI DI POTERE
CRESCITA
ZERO
EDITORIALE
COLOPHON
BARRICATE
L’INFORMAZIONE IN MOVIMENTO
anno 1°_ numero 4 _ LUGLIO 2013
registrazione Tribunale di Pesaro
n°7/2012 del 23/08/2012
DIRETTORE RESPONSABILE
Giancarlo Ridolfi
DIRETTRICE DI REDAZIONE
Maria Chiara Ballerini
REDATTORI
Francesco Ballerini, Michele Boato, Martino Campagnoli, Pablo Castellani, Eleonora Celi, Franco Cittadini,
Monique De Monique, Massimiliano De Simone, Mauro
Ferri, Andrea Galli, Marco Gaudenzi, Nazareno Giusti,
Giancarlo Iacchini, Franco Marincioni, Domenico
Alessandro Mascialino, Max Olla, Laura Tussi
DISEGNATORI
Alessandro Baronciani, Elisa Bee, Andrea Bersani,
Mauro Biani, Dario Campagna, Martino Campagnoli,
Paolo Castaldi, Davide Caviglia, Davide Ceccon, Maja
Celija, Sauro Ciantini, Alberto Corradi, Pino Creanza,
Elisabetta Deco Decontardi, Dalia Del Bue, Fabrizio
Bicio Fabbri, Filo & Seba, Massimo Giacon, Nazzareno
Giusti, Matteo Gubellini, Pasquale La Forgia, Roberto
La Forgia, Ivan Hurricane Manuppelli, Diego Miedo,
Stefano Milani, Marilena Nardi, Davide Pascutti, Michele
Petrucci, Sergio Ponchione, Simone Nigraz Pontieri,
Elena Rapa, Giuseppe Scapigliati, Danilo Dast Strulato,
SS-Sunda, Stefano Persichetti Bros Tartarotti,
Pasquale Squaz Todisco, Fabio Tonetto, Lucio
Villani, Stefano Zattera
FOTOGRAFI
Archivio Acanto, Carlo Cardarelli, Dante Farricella,
Matthias Canapini, Marinella Correggia, Luciano Dolcini,
Gianluca Guidi, Insidefoto, Luciano Manna, Federico
Mosconi, Tonino Mosconi, Paolo Rosso, Federico Tamburini, Mauro Tamburini
WEB
Walter Del Prete – E-Leva
GRAFICA
Carlotta Campagnoli, Filippo Emiliani
IMPAGINAZIONE
Susanna Galeotti, Acanto
STAMPA
Nuovo Istituto Italiano d’Arti Grafiche
Be Printers - Bergamo
DISTRIBUZIONE
Messaggerie Periodici Spa - Milano
via Ettore Bugatti, 15
di Maria Chiara Ballerini
“Lei è all’orizzonte. [...] Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due
passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta di dieci passi più in
là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia?
Serve proprio a questo: a camminare.”
(Eduardo Galeano, “Finestra sull’utopia”, Parole in cammino)
“Io voglio sempre mettermi in discussione! Io domani voglio essere più
uomo, più umano, più cristiano, più prete, più anticapitalista, antifascista,
più non violento, ogni giorno!”
(Don Andrea Gallo, Il Vangelo di un utopista)
Intravista, amata, costruita tappa dopo tappa, interrotta e poi
ripresa; costellata di fatica, di dolore, di continue lotte con esiti
incerti e altalenanti. La tortuosa strada dei diritti è stata imboccata per scelta consapevole dagli esseri umani, spinti dal riconoscimento reciproco della propria fragile condizione e dalla volontà di
arginare la feroce irrazionalità dell’esistenza.
Il cammino dei diritti rispecchia l’asimmetricità del mondo con i
suoi equilibri ittizi e le sue contraddizioni. Il potere che abusa, il
colpevole impunito, la vittima doppiamente colpita. L’informazione che disinforma, la scuola che non insegna, la missione di pace
che porta guerra, il denaro che viaggia mentre la gente è bloccata.
La nostra terra che viene disprezzata e consumata, tanto che non
c’è più acqua e mancherà presto l’aria.
Il mondo è asimmetrico, il mondo è storto, raddrizziamolo! E facciamolo insieme, tutti, sembrano dire le voci che vivono in questo
numero. Dai rappresentanti delle istituzioni agli intellettuali, dagli
artisti agli studenti, un solo canto: la giustizia è tale solo se garantisce dignità e libertà ad ogni persona. Una ministra, Cécile Kyenge, si batte per il diritto dei cittadini, nessuno escluso, ad essere
uguali di fronte alla legge ed esorta ad aprire gli occhi sulla realtà
di una nuova convivenza sociale; uno storico, Giovanni De Luna,
denuncia la crescente endemicità e incontrollabilità delle guerre;
un funzionario di polizia Ennio Di Francesco, scrive libri afinché si
completi l’opera di democratizzazione delle forze dell’ordine; una
scrittrice, Silvana De Mari, fa appello alla Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, così bella e tuttavia ininite volte tradita.
E risuonano le lacrime di Ilaria Cucchi che chiede conto di una
morte assurda; e splende il sorriso di suor Maria, che in una Palestina tormentata dà accoglienza a figli nati “per errore”. E poi c’è
“il prete che si è fatto uomo”, don Andrea Gallo dei marciapiedi,
degli ultimi, dell’anarchia e della Costituzione, che ci ha lasciato i
suoi sei personalissimi Vangeli, scritti in nome dell’amore e dell’umanità.
Raddrizziamo il mondo. Un’armonia sarà forse ristabilita e l’utopia raggiunta quando i diritti di ogni persona non saranno più il
frutto di una conquista, ma una indiscutibile premessa.
DISTRIBUZIONE IN LIBRERIA
Joo Distribuzione – Via F. Argelati, 35 – Milano
illustrazioni Marilena Nardi
EDITORE
Italo Campagnoli
SEDE LEGALE
Strada di Monteballante, 12 - 61122 - Pesaro
[email protected]
[email protected]
[email protected]
www.barricate.net
COPERTINA
Black&Blue Band
LUGLIO 2013 - BARRICATE
1
BARRICATE E PALAZZI
COPERTINA
IL BOLLITO È SERVITO
Con stile gattopardesco, Re Giorgio manovra ainché tutto cambi per
restare eternamente uguale
Franco Cittadini
Siamo felici che le tre copertine di Barricate pubblicate inora abbiano ricevuto estesi apprezzamenti, non tanto e non solo per lo stile graico, ma
soprattutto per l’intuizione
premonitrice nella rafigurazione dei soggetti scelti.
In effetti… Abbiamo iniziato
con Monti/primate quando
era ancora saldamente al
governo e osannato come
salvatore della patria, caduto pochi giorni dopo la pubblicazione del primo numero
ino a ridursi politicamente
al lumicino con l’avventura
delle elezioni politiche. Poi
è toccato a Bersani “pettinatore di bambole”: anche
in questo caso, il leader del
PD era dato come il vincitore delle elezioni persino dai
bookmakers anglosassoni,
ma poi sappiamo com’è inita. Inine Grillo. Quando siamo usciti con la copertina che lo ritraeva nei
panni di Mosè che detta le leggi, il leader a cinque
stelle era il vincitore assoluto delle elezioni che
veleggiava con il vento a favore invocando il 100%
dei consensi; bene, anche lui ha subito un forte ridimensionamento nelle amministrative di maggio.
Ora la “tiriamo” a Napolitano, augurandoci di essere ancora una volta le Cassandre che avvertono
–purtroppo inascoltate- i potenti e interpretano
lucidamente i sentimenti dei cittadini.
Amenità a parte, il “bollito italiano” che il Presidente ci propone non solo è stracotto, ma è inaccettabile. Da anni Napolitano si è messo in cabina di
regia, da cui manovra con stile gattopardesco afinché tutto cambi per restare eternamente uguale. È riuscito a farsi rieleggere ad una veneranda
età dopo aver giurato che mai e poi mai l’avrebbe
fatto; è stato in grado di resuscitare tutti i partiti e
capi politici sconitti; ha messo in piedi un governo che va nella direzione opposta alla volontà dei
cittadini, espressa sempre più coscientemente e
attentamente ad ogni scadenza elettorale, anche
con il ricorso disperato e sempre più diffuso all’astensione; ha mescolato destra e sinistra in nome
degli interessi del Paese.
Ma quale Paese? Napolitano e i suoi partiti non
intendono toccare i propri privilegi: non lo hanno
mai fatto, né tagliando i propri costi, né restituendo ai cittadini una legge
elettorale decente. Probabilmente per il Presidente
e compagnia, il “Paese” ha
due categorie distinte di
cittadini, quelli a cui è possibile cambiare le regole
in corsa e quelli che hanno
diritti consolidati e intoccabili (un esempio: le pensioni
maturate in un lunga vita di
sacriici per i primi e regalie
inaccettabili per i secondi).
Oggi abbiamo un governo
“democristiano”, che con
stile equilibrato e toni pacati porta avanti l’opera
devastatrice compiuta dei
governi di centro destra:
grandi opere inutili, costose e di ambigua liceità,
svendita del patrimonio pubblico, afidamento dei
beni comuni ai privati.
Temiamo che anche le brave persone coinvolte nel
governo - e ce ne sono diverse, forse per dare allo
stesso una facciata di serietà e credibilità - verranno fagocitate, i loro risultati neutralizzati e i loro
sforzi resi inutili. Siamo convinti che i cittadini abbiano capito che ormai è in atto un scontro diretto
tra loro e un potere che si auto-riproduce sempre
uguale, nascondendosi dietro a facce e simboli diversi.
Il vero problema resta come noi cittadini possiamo far sentire la nostra voce. I partiti, chi più chi
meno, stanno comodi alla corte di Re Giorgio. I
nuovi movimenti o si adeguano velocemente alle
modalità partitiche oppure non riescono ad esprimere un modello diverso, ancora una volta, da
quello del capo supremo che, in quanto tale, prima
o poi inirà per innamorarsi di tanto potere.
La strada è lunga e dificile, è fatta di partecipazione, di apertura, di consapevolezza e di impegno
personale. “Non vale la pena di godere di diritti
che non derivino dall’aver compiuto il proprio dovere” diceva il Mahatma Gandhi. In quanti sarebbero disposti a sottoscrivere questo pensiero?
LUGLIO 2013 - BARRICATE
3
LINGUAGGI GRAFICI: MAURO BIANI
4
LUGLIO 2013 - BARRICATE
BARRICATE E PALAZZI
DIRITTI CIVILI
Intervista a Cécile Kyenge Kashetu
CÉCILE KYENGE E LA NUOVA
FOTOGRAFIA DELL’ITALIA
Il meticciato della convivenza può essere vissuto come diicoltà o come
ricchezza, ma in ogni caso è una realtà concreta. E come tale va afrontata
Ph: Dante Farricella
Maria Chiara Ballerini
Da sempre impegnata sul fronte
dei diritti umani e civili e nella
promozione dell’integrazione e
della convivenza paciica tra popoli diversi, Cécile Kyenge Kashetu si trova ora ad afrontare un
incarico “trasversale” cercando
su questi temi dei percorsi di dialogo con gli altri ministeri.
Le sue dichiarazioni sull’abolizione del reato di clandestinità e
sulla necessità di una riforma del
diritto di cittadinanza hanno suscitato diatribe da diverse fazioni.
Non solo per questo, però, la nuova Ministra incarna una forza dirompente ed è oggi uno dei membri del governo più noti e al centro
dell’attenzione: la sua esperienza,
la professionalità, la capacità di
mantenere sempre toni razionali e
pacati, rendono Kyenge un’interprete d’eccezione di quel cambiamento della società che è già in
atto e che va saputo rappresentare
con un linguaggio politico nuovo.
Come considera la nomina
a Ministro dell’Integrazione
alla luce del suo lungo e intenso impegno sociale e politico?
Direi che è un buon punto di
partenza per un lavoro concreto e anche un riconoscimento
del mio percorso sia nella società civile sia all’interno di un
partito politico, un cammino di
lotta con l’obiettivo di mettere
al centro di ogni progetto la
persona e i diritti umani. Occuparmi proprio di integrazione
riassume quindi l’impegno di
tutti questi anni, è una soddisfazione personale ma anche di
tutte le persone che mi hanno
accompagnata.
Come intende esattamente il
termine “integrazione”?
La realtà è una società formata
da cittadini autoctoni e stranieri, l’obiettivo è una società in
cui i cittadini siano uguali davanti alla legge. In Italia esistono quasi 5 milioni di abitanti di
origine straniera che chiedono
attenzione e risposte. La base
per avviare un discorso d’integrazione è attuare politiche che
realizzino una convivenza civile e una nuova coesione sociale
tra italiani e migranti. Il mio
ministero si occuperà anche di
scuola, sanità, lavoro, in collaborazione con tutti i ministeri;
è un ministero trasversale che
deve parlare con tutti e di tutti i
temi, realizzando una vera “interazione”, senza “g”.
Cosa potrà cambiare con il
suo operato nel diritto di cittadinanza?
Una riforma della legge sulla
cittadinanza è necessaria, è un
tema che non può rimanere inascoltato. Diicile però dire ora
come, anche perché dovrò lavorare trasversalmente, cercando
uno spazio comune e un percorso di condivisione. Nel Paese esistono realtà evidenti che
non si possono ignorare, devono essere riconosciute. Il tema
della cittadinanza va discusso
sulla base dei diritti umani fondamentali e sulla base di criteri
che tengano conto del vissuto
di una persona su un territorio,
del percorso scolastico. Io punto all’agevolazione e alla sempliicazione dell’iter burocratico e credo che mettere tutto sul
piano dei diritti velocizzerebbe
l’espletamento delle pratiche
amministrative. Sarà il Parlamento a decidere, ma io richiamo l’attenzione sull’esistenza
del problema. Non risolverlo
determinerebbe il peggiorare
delle cose.
Come si può migliorare secondo lei la gestione dei CIE
(Centri di Identiicazione ed
Espulsione), dove accade che
vengano violati i diritti fondamentali della persona?
I CIE non sono di mia diretta
competenza, ma del Ministero
degli Interni e della Giustizia.
È chiaro che essendo il mio un
ministero trasversale, potrò intervenire su punti che riguarderanno politiche di integrazione,
buone pratiche o individuazione di problemi che possono creare disagio al cittadino, cercanLUGLIO 2013 - BARRICATE
5
BARRICATE E PALAZZI
Ph: Dante Farricella
do un dialogo.
A proposito di dialogo, è la
prima volta che in un governo di larghe intese sono
compresenti due partiti storicamente e ideologicamente
distanti, PD e PDL. Lei che ha
militato tanti anni nel Partito
Democratico durante la sua
carriera politica, come vive
questa singolare situazione?
La scommessa è proprio questa:
tanti partiti, tante realtà messe
insieme che devono cercare di
dialogare. Di certo su alcuni
punti, con alcuni partiti, faremo
fatica, ma l’obiettivo è cercare
un nuovo linguaggio per parlare di politica. Dobbiamo (e lo
si deve pretendere da parte del
governo) assumerci a responsabilità di scelte politiche per il
bene di tutti, indipendentemente dai risultati cui arriveremo.
Come si colloca a suo avviso
l’Italia in tema di diritti umani, e in particolare di diritti
civili, rispetto ad altri Paesi
europei?
In Italia ci sono ancora molte
questioni che devono essere
risolte e spero che si possano
afrontare già da questa legislatura, approittando anche della
presenza così massiccia in Parlamento della società civile e
dell’esperienza della Presidente
della Camera Laura Boldrini.
Ricordiamo che l’UNHCR (Alto
Commissariato delle Nazioni
Unite per i Rifugiati, ndr) ha più
volte condannato l’Italia a suo
tempo… È necessaria la collaborazione di tutti ainché l’Italia possa portare le politiche sui
6
LUGLIO 2013 - BARRICATE
diritti umani a livello europeo.
Dico questo con un particolare
riferimento alle politiche per
l’immigrazione: sono abbastanza recenti e devono essere
ricondotte alle caratteristiche
del fenomeno migratorio veriicatosi dopo gli anni ’90, diverso
rispetto ad altri Stati che hanno vissuto un’immigrazione più
antica e forte da Paesi ex colonie. A immigrazione diversa è
corrisposta una politica diversa,
ma ciò non toglie che oggi vada
migliorata.
Quali passi preliminari sono
necessari?
Bisogna palare sempre più di
cittadinanza attiva e manifestare questa nuova fotograia
dell’Italia, il “meticciato” della
convivenza, che è ormai una
realtà concreta. Anche attraverso la comunicazione e i media
dobbiamo imparare a utilizzare
le parole giuste, un linguaggio
nuovo in grado di descrivere
questo cambiamento.
Ora che è Ministro riesce a
mantenere i contatti con la
base?
Non è facile… Oltre agli impegni istituzionali ora vivo sotto
l’accompagnamento della scorta, non sono più libera negli
spostamenti, anche se sto cercando di mantenere un contatto, compatibilmente con le restrizioni per la sicurezza. Spero
che anche la società civile possa
fare un passo verso di me. Laddove venga a mancare la mia
presenza, ci sarete voi a venirmi incontro!
Cécile Kyenge Kashetu nasce in
Repubblica Democratica del Congo.
In Italia dal 1983, si laurea in medicina e chirurgia, specializzandosi
successivamente in oculistica e si
impegna al servizio della promozione sociale e dell’integrazione. Nel
2004 viene eletta in una circoscrizione del comune di Modena per i
Democratici di Sinistra e in seguito
diviene la responsabile provinciale del Forum della Cooperazione
Internazionale ed immigrazione.
Nel 2009 è eletta consigliere provinciale a Modena per il Partito
Democratico e diventa responsabile
regionale delle politiche dell’immigrazione del PD. Nel 2010 è scelta
come testimonial nella campagna di
sensibilizzazione sull’immigrazione realizzata dall’Uicio di Roma
dell’Organizzazione Internazionale
per le Migrazioni (OIM). È Presidente dell’Associazione Interculturale DAWA, dell’Associazione Giù
le Frontiere e del comitato scientiico dell’Istituto Italiano Fernando
Santi ed è portavoce nazionale della
rete Primo Marzo.
Il 25 febbraio 2013 è eletta deputato alla Camera per il PD in Emilia
Romagna. Dopo l’elezione, promuove con altri irmatari una proposta
di legge sul riconoscimento della
cittadinanza ai igli di immigrati
nati sul suolo italiano. Dal 28 aprile
2013 è Ministra dell’Integrazione.
IL DIRITTO DI CITTADINANZA
Ius soli: diritto del suolo. La cittadinanza è conseguenza della nascita
nel territorio di uno Stato, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta dai genitori.
Ius sanguinis: diritto del sangue.
La cittadinanza è conseguenza della
nascita da un genitore in possesso
di una determinata cittadinanza.
In Italia, tranne rare eccezioni, vige
lo ius sanguinis in una versione particolarmente restrittiva rispetto ad
altre nazioni europee ed ormai inadeguata ai mutamenti demograici
e sociali.
La riforma legislativa proposta da
Cécile Kyenge si potrebbe deinire
uno ius soli “temperato”: cittadinanza italiana a chi nasce in Italia
da genitori stranieri regolarmente
residenti nel Paese da almeno cinque anni, o a minori che abbiano
completato almeno un ciclo di studi
scolastici.
Nigraz Aka Simone Pontieri
nasce ad Ancona nel maggio 1979. Inizia
a lavorare in teatro come realizzatore di
scenograie, collaborando anche con Dario
Fo. Nel mondo del disegno, prima a Roma
poi a Milano, realizza story board, concept
design e animazioni per svariati spot tv,
cartoni animati e video games. Dopo lun-
ghe esperienze viene preso dal desiderio di
fare altro e se ne ritorna nelle terre natie,
dove in umile povertà inizia a fare ciò che
vuole. Trova rifugio presso lo studio Kojac,
dove ha la possibilità di sperimentarsi
come disegnatore di fumetti e illustrazioni.
I suoi disegni sono apparsi su libri e riviste
underground e non, come Eli edizioni, AI,
NPE, Comma 22 e Frigidaire. Ha collaborato con la Adriatica Produzioni Films e
fondato nel 2011 assieme ad amici il Collettivo Ruvida, realizzando Live Painting e
pubblicazioni auto prodotte.
www.nigraz.blogspot.it
LUGLIO 2013 - BARRICATE
7
LINGUAGGI GRAFICI: DAVIDE PASCUTTI
8
LUGLIO 2013 - BARRICATE
BARRICATE E PALAZZI
ECONOMIA
Intervista a Nino Galloni
QUI DI SOVRANO
C’È SOLO IL DEBITO
L’Italia, come gli altri Stati dell’Eurozona, ha abdicato alla propria
sovranità monetaria aderendo all’Euro. Il risultato è la dipendenza da
ogni forma di potere esterno, dai mercati e la Bce agli Stati più forti.
Ne abbiamo parlato con un economista critico verso l’attuale sistema
monetario. Per cercare le possibili vie d’uscita
Domenico Alessandro Mascialino
È possibile essere sovrani su un
territorio e nel contempo essere
schiavi di ogni potere esterno?
È il paradosso nel quale si trova ogni giorno il popolo italiano,
titolare ex Costituzione della sovranità e in realtà coninato a
bordo campo, citando una canzone di qualche anno fa.
Tralasciamo per un momento
la lieve invadenza sulla vita del
nostro popolo di Chiesa, Massoneria, Stati Uniti, maie, lobby
industriali, lobby sindacali e concentriamoci invece su un aspetto
che negli ultimi anni è diventato
di importanza sempre crescente:
il controllo della moneta.
Della moneta e del suo funzionamento si sono occupate inora
solo due categorie di persone.
E cioè: 1) Chi con la moneta
lavora professionalmente (banchieri, economisti, grandi aziende, politici ecc.); 2) I cosiddetti
“complottisti”, che su Internet
denunciano da tempo quella che
considerano una trufa ai danni
dell’umanità, chiamata “signoraggio”. Che consiste nella differenza tra il valore nominale
della moneta in termini di beni e
servizi (es. tutto ciò che può essere acquistato con 100 euro) e
il valore intrinseco della moneta
all’atto dell’emissione dalla banca centrale (es. il costo di carta,
inchiostro, lavorazione). Le banche centrali, spesso private, sono
accusate di accumulare proitti
ai danni degli Stati e dei cittadini, che si indebitano (impegnando beni reali) per farsi prestare,
fondamentalmente, carta straccia.
Questo prima della crisi. Adesso,
con l’avvento dell’Euro e la crescente inluenza dell’Unione Europea, sommati alla scarsità di
lavoro e ammortizzatori sociali,
la questione monetaria è diventata un argomento di primo piano. Giornalisti, professori, membri delle istituzioni sempre più
si interrogano se l’adesione alla
moneta unica sia stata, o no, un
bene per il nostro Paese.
Le leve della ricchezza di una
nazione
Per sovranità monetaria si intende la capacità dello Stato di
stampare una propria moneta,
attraverso una Banca centrale
nazionale o il ministero del Tesoro. In questo caso, è lo Stato
a decidere quanta moneta immettere in circolo e quanta ritirarne, manipolando leve come
l’inlazione e la spesa pubblica.
Viceversa, quando non si ha moneta propria ma la si prende a
prestito (come nel caso dell’Euro, che viene immesso dalla Banca centrale europea nei mercati
di capitali privati), gli Stati sono
costretti a procurarsela da chi la
detiene, cioè investitori, banche,
altri Stati e così via. Ne consegue che la capacità dello Stato in
questione di essere “aidabile”
per restituire i prestiti e la sua
competitività sui mercati internazionali diventano questione di
LUGLIO 2013 - BARRICATE
9
10
LUGLIO 2013 - BARRICATE
illustrazioni Elibee
vita e di morte.
Nel senso letterale del termine
perché, nel caso in cui il Paese
rimanga a secco di prestiti, il risultato è non avere più i mezzi
per pagare le spese necessarie
alla cittadinanza, come stipendi
di dipendenti pubblici e pensioni.
Aggiungeteci le richieste di austerity che ci vengono dall’Europa
anche grazie al Fiscal Compact,
e si spiega perché lo Stato non
può a norma di legge intervenire
per salvare tutti quei poveracci che non riescono più a tirare
avanti e che aumentano di giorno in giorno.
Per capire l’importanza della
questione, potremmo citare l’aforisma attribuito al banchiere tedesco Mayer Amschel Rothschild
(1744-1812), che osservò: “Datemi il controllo della moneta di
una nazione e me ne inischierò
di chi ne scriverà le leggi”.
Cercare soluzioni
Restando in tema di citazioni, due anni fa il premio Nobel
per l’economia, Paul Krugman,
afermava: “Adottando l’Euro
l’Italia si è ridotta allo stato di
una nazione del Terzo Mondo,
che deve prendere in prestito una
moneta straniera, con tutti i danni che ciò implica”.
Nel numero precedente, Barricate ha intervistato il giornalista
Paolo Barnard, che riteneva che
il problema della sovranità monetaria fosse da risolvere uscendo dalla moneta unica, tornando
a stampare valuta nazionale e
impostando politiche di stampo neokeynesiano per sostenere
famiglie e imprese. Sul sito del
giornalista è possibile consultare il “Programma di salvezza
economica per l’Italia”, stilato
con gli economisti della scuola
Memmt (Mosley Economic Modern Money Theory).
A livello politico, negli ultimi tempi si è interessato alla questione
anche il Movimento 5 Stelle, che
con un intervento alla Camera
del deputato Carlo Sibilia ha denunciato il fenomeno del signoraggio, chiedendo al presidente
Letta, “uomo Bilderberg, come
il suo predecessore Mario Monti e come il presidente della Bce,
Mario Draghi” per quale motivo
“se la moneta è di proprietà dei
cittadini, dello Stato, banche private ce la prestano”.
Tra le realtà che si interessano
del problema c’è l’Unione dei
Movimenti, un progetto nato nel
maggio 2012. I suoi promotori
denunciano “una deriva oligarchico-inanziaria del sistema, gestita da poteri e forze che hanno
deviato la nostra democrazia e
lo spirito della Costituzione”, tra
cui “massonerie iniltratesi nei
gangli delle istituzioni, delle professioni e dei poteri tramite ricatti e minacce”. Nel loro progetto
per una nuova politica, prevedono “la sovranità monetaria e la
nazionalizzazione della Banca
d’Italia”.
Per questo numero, Barricate ha
sentito uno dei suoi promotori,
l’economista Nino Galloni, in
passato direttore del Ministero
del Lavoro e funzionario del Ministero del Bilancio.
Dott. Galloni, sul tema della sovranità monetaria lei
è molto critico verso la cessione che ne è stata fatta. Ci
spiega il motivo?
La sovranità monetaria viene
di solito esercitata dallo Stato
o da un’istituzione che ne ha
il potere e consiste nell’attribuire valore legale alla moneta. Ciò vuol dire che nessuno
può riiutarla per estinguere
i propri crediti, nemmeno lo
Stato. I cittadini potrebbero, in
teoria, esercitare direttamente questa sovranità, in modo
complementare o esclusivo.
Il problema è che oggi merci
e servizi abbondano, mentre la
BARRICATE E PALAZZI
moneta scarseggia anche per
gli investimenti socialmente
necessari. Ciò signiica che la
sovranità monetaria è male
amministrata. Gli Stati nazionali, come l’Italia, se ne sono
privati, invece avevano solo il
potere di delegarla a un’autorità sovraordinata come la Bce.
Quest’ultima ha garantito liquidità per migliaia di miliardi
di euro alle banche (che li perdono in attività speculative assurde e poi fanno scarseggiare
il credito all’economia reale),
però nulla arriva alle imprese
e alle famiglie.
Quindi, o la Bce riporta la moneta alla sua funzione, oppure
non c’è stata delega di sovranità, ma la sua cancellazione, e
questo gli Stati non potevano
farlo. Se la Bce non esercita la
sovranità monetaria per conto
dei popoli e degli Stati, questi
ultimi se la devono riprendere.
La questione della sovranità
monetaria si lega a quella
dell’economia italiana. Lei
ha afermato che, a un certo
punto, qualcuno ha voluto
frenare l’espansione industriale del Paese. Chi è stato
e perché?
Alla ine degli anni ’70 l’Italia
stava avvicinando la Francia
e preoccupava la stessa Germania, dopo aver superato
l’Inghilterra. Questo grazie
ad agevolazioni alle industrie
private, sviluppo delle partecipazioni statali e valorizzazione
delle capacità del nostro popolo. Eravamo competitivi, ma
anche molto macchiati da corruzione, clientelismi e sprechi.
Così nel 1981 si decise di porre ine a tale situazione, senza preoccuparsi di travolgere
anche il buono che c’era nella
nostra economia, costringendo
lo Stato a inanziare il proprio
fabbisogno monetario ricorrendo direttamente al mercato (in realtà le grandi banche
che ne approittarono) senza la
collaborazione della Banca d’Italia. Dopo una decina d’anni
maturarono le condizioni che
avrebbero portato all’Euro. Ma
questo non sarebbe stato possibile se, dopo la caduta del
muro di Berlino, la Germania
non avesse rinunciato al marco
e la Francia non avesse accettato la riuniicazione tedesca
in cambio di un indebolimento industriale e produttivo
dell’Italia. Nel corso del 1989
Mitterand e Kohl si erano messi d’accordo, in Italia, con gli
stessi che avevano voluto interrompere gli investimenti
pubblici e l’uso della leva del
cambio (Carli, Ciampi, Conindustria, ecc.), ma l’ago della
bilancia era Giulio Andreotti, passato da una posizione
poco europeista a consentire
il fatidico passaggio. Molti approittarono, nel decennio successivo, della svendita del patrimonio pubblico a scandalosi
prezzi di magazzino e l’Italia
perse gran parte dei suoi strumenti industriali.
Lei è piuttosto critico anche
NINO GALLONI
È un economista, autore di li-
bri come “Chi ha tradito l’economia italiana? (2011)” e “La
moneta copernicana” (2009),
scritto con Marco Della Luna.
Attualmente sindaco efettivo
dell’Inps, è stato, tra gli altri
incarichi, Direttore generale del
Ministero del Lavoro e funzionario di ruolo del Ministero del
Bilancio e del Tesoro.
LUGLIO 2013 - BARRICATE
11
verso questa Unione Europea. Cosa le contesta?
L’evidente insensatezza e insostenibilità delle varie misure
di austerity (vedi il MES e il
Fiscal Compact), costosissime
in termini produttivi, sociali
e inanziari. Anche i vincoli
di Maastricht erano arbitrari e
assurdamente uguali per tutti:
invece di tendere alla convergenza, mettevano sullo stesso
piano chi aveva molte risorse
da valorizzare (disoccupazione) e chi no. La solita storia: il
debole che diventa ancora più
debole e il forte che diventa
ancora più forte.
Se l’Italia decidesse di tornare alla moneta nazionale,
cosa occorrerebbe fare poi?
Se l’Euro non riesce a inanziare quegli investimenti che ci
porteranno all’equilibrio economico sociale, allora è meglio
tornare alle valute nazionali.
Quindi, o i leader tornano ad
aiutare i deboli, oppure ognuno per sé. La diicoltà per l’Italia non sta nell’abbandonare
l’Euro, gestire i debiti o predisporsi a una crescita dei prezzi
delle importazioni necessarie
(che sarebbero compensate da
maggiori esportazioni e minori
importazioni non necessarie),
ma nel capire come questo
esercito di disoccupati e precari non qualiicati possa impegnarsi in modo produttivo.
Ovviamente dovremmo tornare alla situazione pre-81, non
a quella pre-Euro.
Lei ha ipotizzato anche soluzioni come il ricorso alla moneta complementare. L’Euro
potrebbe convivere con una
o più monete nazionali?
Sì, nel passato abbiamo avuto doppie e triple circolazioni
monetarie: moneta internazionale, moneta nazionale, moneta dei piccoli acquisti.
12
LUGLIO 2013 - BARRICATE
Elibee
È nata in Svizzera nel 1983. Ha studiato Cinema e Televisione all’Università
di Bologna ed animazione alla Scuola Civica di Milano.
Attualmente abita a Milano e si occupa di video, illustrazione e murales.
Ha all’attivo 4 cortometraggi di animazione (selezionati al Cortoons Film
Festival di Roma, Corto Globo Film Festival, Ginosa Film Festival e Japan
Anime Fair), diversi murales sparsi per la Lombardia, numerose illustrazioni
stampate su Banlieue (Le Gran Jeu Edizioni), Nurant e pubblicate su svariati
siti (Milanox, Shedonism, AlilaMag e Ecxlesior Store Milano). Di recente è diventata una delle artiste della “Gallery of Fashion Art” di Winsdor&Sparrow.
www.elibee.net
BARRICATE E PALAZZI
FISCO
TASSE: LA GIUSTA RICETTA
PER UN PAESE FARABUTTO
Se posso dedurre tutto quello che spendo per vivere, pago il giusto e
applico la Costituzione. Ma non è che poi lo Stato inisce in brache
di tela e mi toglie l’assistenza sanitaria? Il rischio c’è…
Mauro Ferri
Ph: archivio Acanto
1- Ma voi ce lo
vedete il potente e
silente Vieri Ceriani,
prima consulente
di Tremonti, poi
sottosegretario
con Monti, oggi
consigliere di Saccomanni, “massimo
esperto di tasse in
Italia ... depositario
di un sapere che può
valere per il Tesoro
qualche miliardo
di Euro” (Marco
Palombi, Il Fatto
Quotidiano, 12 giugno 2013), mettere
in atto una simile
manovra?
Apriamo il libro dei sogni. Nella favola di questa
estate inalmente sbocciata c’è un Governo italiano che in autunno, con la legge inanziaria, approva la riforma del sistema iscale e permette a
tutti di dedurre dalla base imponibile l’intero costo del nostro vivere. Non solo. Abolisce gli studi
di settore, sopprime gli Ordini professionali, ripristina il reato di falso in bilancio (forse questo
potrebbe davvero farlo), toglie la cedolare secca
sugli afitti.1 Nel sogno siamo tutti a raccogliere
come disperati gli scontrini, a pretendere fatture
e ricevute iscali, ad ammucchiare pezzi di carta
di ogni genere sperando di non perderne troppi
per strada, a fotocopiare quelli di carta termica,
sennò sbiadiscono; per ogni spesa pensiamo anche a quante tasse risparmiamo. Poi a ine anno
recuperiamo il malloppo, riordiniamo in qualche
modo il tutto e lo mandiamo al isco: “Ecco, que-
IN SOLDONI ...
L’idea sostenuta dall’Associazione Articolo 53 (cfr. BARRICATE
N° 3, maggio 2013) per rendere
equo il sistema iscale italiano e
applicare una volta per tutte la
Costituzione si basa sul principio che ciascuno contribuisce in
base alla propria capacità, tolto
quello che occorre per una vita
dignitosa. Quindi giù a raccogliere scontrini e fatture per
tutto, cibo, vestiti, casa, auto
etc. e si paga su quello che resta,
in pratica sul risparmio (per chi
ci riesce, a risparmiare). Troppo
poco per il fabbisogno dello Stato? No, assicura l’Associazione,
perché tutto il nero che emergerebbe assicurerebbe adeguata
redditività. A condizione, però,
di togliere gli studi di settore,
perché non si possono forfetizzare le tasse (tra l’altro violando
la Costituzione). In tre anni il
sistema si aggiusta e non saremo
più un popolo di “appena posso,
evado”. Ipotesi concreta o utopica?
Ecco alcuni interessanti pareri in
merito.
LUGLIO 2013 - BARRICATE
13
Ph: archivio Acanto
14
LUGLIO 2013 - BARRICATE
Ph: Insidefoto
sto è quello che ho guadagnato, questo è quello
che ho speso. Quanto ti devo?” I commercialisti
la smettono di fare i segretari passacarte dello Stato e possono inalmente occuparsi di dare
assistenza qualiicata a imprese e professionisti.
Poi il sogno vola alla prossima primavera; tra una
tornata elettorale e l’altra lo Stato fa i conti. Finalmente sapremo quanta evasione abbiamo
recuperato e se il gettito è quello delle attese.
Ma quando il ministro competente di turno, nel
sogno non ricordo se era ancora Saccomanni, appare in tv per dirci cosa è accaduto, mi sveglio.
Insomma, l’accattivante idea suggerita da Roberto Innocenti Torelli e dall’Associazione che presiede potrebbe davvero funzionare, se si volesse? Il problema è solo politico, o ci sono oggettive
dificoltà tecniche?
Lo abbiamo chiesto a un paio di persone che
queste cose le conoscono bene: Tatiana Oneta,
iscalista di Altroconsumo, e Alessandro Lelli,
responsabile del Dipartimento Economia e Finanze dell’Italia dei Valori, due voci con la stessa
perplessità: “Non credo che il criterio di dedurre
tutto possa generare lo stesso livello di entrate,
che occorrono tutte, se vogliamo mantenere uno
Stato sociale” sostiene Tatiana Oneta “e poi non
sono d’accordo che non sia del tutto applicato
l’art. 53, l’IRPEF per esempio è progressiva. Sono
però d’accordo sul fatto che ci sono grossi livelli
di iniquità e distorsioni enormi.”
Secondo Alessandro Lelli, quello del rispetto della Costituzione è un vulnus che non riguarda solo
l’art. 53, ma anche lui ritiene che scaricare tutto
sia impossibile: “Il concetto è in teoria sano, ma
alla ine lo Stato ci rimetterebbe. Infatti non c’è
alcun Paese che applica questo criterio, nemme-
no gli Stati Uniti. Se fosse davvero l’unica soluzione possibile, qualche Stato, non di quelli ‘canaglia’,
lo avrebbe già applicato.”
Secondo l’Associazione Art. 53 sono esclusi i beni
di lusso e poi ci sono comunque alcuni parametri
di indeducibilità.
“Ma è dificilissimo valutare le discrezionalità dei
diversi beni, per esempio, lo abbiamo detto anche a Torelli, un cappotto è un bene necessario,
ma tra i quattromila euro di quello di cachemire e
i trecento di una svendita c’è una bella differenza.
È una complicazione infernale capire cosa scaricare, avremmo regole pazzesche.” “Comunque
ci sono margini di manovra” dice Tatiana Oneta
“per esempio, ci sono esempi all’estero dove i lavoratori dipendenti possono dedurre le spese dei
pasti fuori casa e i costi per recarsi al lavoro.” E
ribadisce: “Bisogna capire il livello di tassazione
che si vuole per gestire uno Stato sociale.”
Ph: archivio Acanto
BARRICATE E PALAZZI
Per Torelli e i suoi le coperture ci sarebbero proprio grazie al recupero del sommerso.
“No” ribatte Lelli “lo Stato ci perderebbe pur
colpendo tutti gli evasori. Facciamo l’esempio
delle necessità primarie, il cibo. Tutto quello che
compro al supermercato è fatturato. In realtà la
quota di nero di questo genere di consumi è minoritaria.”
“Le faccio un esempio pratico” aggiunge Oneta
“la cedolare secca per gli afitti. Quel reddito è
tassato al 21% senza pagare altro; lo Stato aveva
previsto di guadagnare tre miliardi l’anno perché
si pensava che tutto il nero sarebbe saltato fuori,
in realtà ha perso due miliardi: chi era in regola
ne ha approittato per risparmiare e il sommerso
è rimasto sommerso. E qui si viola davvero la Costituzione, che dice che l’Italia è una repubblica
basata sul lavoro e non sul capitale, ricordiamoci
che il lavoro è tassato al 23%.”
Quindi?
Per la iscalista di Altroconsumo il problema italiano è di testa. “Sin dai tempi dello Statuto Albertino, che avete citato nell’articolo, siamo stati
abituati a essere vessati. C’è una sostanziale siducia nei confronti dei Governi.” Che sia un fatto
di mentalità lo dice anche l’economista dell’IDV:
“Siamo un Paese farabutto: 350 miliardi di redditi non dichiarati, che corrispondono a 150/200
miliardi di evasione, cui se ne aggiungono tra 50
e 80 di evasione IVA e altri 60/70 dovuti alla corruzione.”
In qualche modo bisognerà pur fare.
“L’evasione iscale va colpita in altro modo” sostiene Oneta “con strumenti davvero punitivi,
non con i condoni, che inducono la gente a pen-
sare ‘intanto pago poco, bene o male le cose le
sistemo in qualche modo’. Con tutte queste situazioni di comodo per i grandi evasori, perché devo
essere spinto a pagare le tasse?”
“Bisogna rendersi conto che è una guerra” dice
Lelli “e noi, come Dipartimento Economia dell’Italia dei Valori, abbiamo la proposta per vincerla:
obbligare all’uso della moneta elettronica, carte
di credito e bancomat. Basta con i contanti.”
Ne parlò anche Report tempo fa. Anche qui ci
sono un po’ di problemi, o sbaglio?
“Due sono le obiezioni principali: gli anziani che
avrebbero dificoltà e i costi delle banche. Il primo è una leggenda metropolitana, quanti anziani
prelevano col bancomat e poi pagano in contanti?
E comunque è un problema transitorio, per questioni anagraiche. Il secondo è solo un problema di accordi tra lo Stato e l’ABI. Con i risparmi
tecnici legati al minore uso e produzione di carta
moneta, il modo per risarcire le Banche e convincerle a togliere le loro commissioni ci sarebbe.”
Una trattativa comunque complessa.
“È un progetto globale, va discusso. Però pensi
che con i pagamenti elettronici tutta la iliera a
monte è obbligata a fatturare.”
Così, pagando tutti (o quasi) le tasse potrebbero
diminuire senza sacriicare lo Stato sociale e non
dovremmo preoccuparci di raccogliere centinaia
di pezzettini di carta. Un altro libro dei sogni?
LUGLIO 2013 - BARRICATE
15
CIVISMO
CITTADINI PROTAGONISTI
Lista Civica Italiana: un nuovo standard per fare politica dal basso
Andrea Galli
Abbiamo bisogno di un nuovo umanesimo. Dobbiamo rimettere al centro dei nostri pensieri e
delle nostre azioni l’essere umano, ripensare la
nostra vita, individuale e di relazione. Ripartire
dai bisogni primari per ricostruire una politica
che sta morendo, per correggere e migliorare un
modello di vita e di sviluppo che ci sta conducendo dritti nel baratro. La politica italiana ha smesso
di occuparsi con responsabilità del bene comune
e da troppo tempo ha trattato I cittadini come
fossero sudditi. Ora è tempo che gli stessi cittadini alzino la testa e facciano sentire la loro voce
sovrana, che negli anni è stata progressivamente
messa in sordina dallo strapotere partitocratico.
Ripartire si può e si deve, senza dare spazio a delusione o a sconforto. Un’altra visione politica, più
umana, più equa, lontana dal compromesso e da
logiche scriteriate che permettono a pochi di arricchirsi sfruttando i beni comuni è possibile. Di
fronte all’attuale emergenza economica, sociale
e democratica è indispensabile reagire. È ciò in
cui crede fermamente Lista Civica Italiana, un’aggregazione nata da un percorso politico condiviso
iniziato nel 2010 e che ha visto la partecipazione
di movimenti, associazioni e reti civiche di tutta
Italia. Lista Civica Italiana si è costituita il 7 ottobre 2012 a Firenze, la città culla del Rinascimento, mentre il primo congresso nazionale si è svolto
16
LUGLIO 2013 - BARRICATE
il 13 e 14 aprile 2013 a Rimini. Già, perché, mutatis mutandis, l’obiettivo di Lista Civica Italiana è
proprio quello di fare rinascere la politica, intesa
come arte suprema di governare al meglio la società, ponendo al centro le persone, come se fossero l’Uomo vitruviano di Leonardo da Vinci. Lista
Civica Italiana, come è possibile notare dal suo
simbolo, si rivolge a una pluralità di sessi, di età e
include nella sua visione anche tutti gli altri viventi rappresentati da un cane stilizzato che ricorda
che sul pianeta non c’è solo il genere umano.
Lista Civica Italiana nasce per essere un’alternativa radicale e credibile ai partiti tradizionali. Un’alternativa vera, non una operazione di facciata
come spesso è successo per gruppi di potere che
hanno cambiato le apparenze senza cambiare sostanza e attori.
Per veriicare che LCI costituisce una notevole innovazione nel panorama politico italiano è
suficiente leggere la carta d’intenti, lo statuto e
i punti programmatici. Tra i principi ispiratori troviamo ad esempio l’applicazione della democrazia
diretta al proprio interno; l’afiancamento a livello
nazionale della democrazia diretta alla democrazia rappresentativa allo scopo di dare più voce e
potere ai cittadini; la riforma della politica con
misure anti-casta quali la limitazione del numero
di mandati, l’abolizione dei privilegi e la revisione
[email protected]
www.listacivicaitaliana.org
BARRICATE E PALAZZI
del inanziamento dei partiti; la difesa del territorio, dei beni comuni e della legalità; la riconversione ecologica dell’economia; la difesa dell’occupazione e delle piccole e medie imprese, la iscalità
equa e progressiva secondo l’art.53 della Costituzione; la nonviolenza, il ripudio della guerra e la
riduzione delle spese per armamenti; l’attuazione
della Costituzione. Tre le parole chiave: democrazia (la voce del cittadino deve tornare ad essere
sovrana), sostenibilità (l’economia deve rimanere all’interno dei limiti del pianeta e muoversi in
parallelo con il benessere diffuso e l’equità sociale), civismo (essere civici signiica impegnarsi per
ricostruire il senso di cittadinanza attraverso un
processo culturale che punti a ricreare persone
consce dei loro diritti e doveri e iduciose nelle
potenzialità positive date dal vivere in uno Stato
dotato di principi costituzionali e di regole democratiche). E proprio l’essere civici costituisce quel
quid che fa la differenza rispetto ai partiti attualmente in circolazione, che non rappresentano più
i cittadini, ma solo loro stessi. In tutte le città italiane ci sono cittadini coscienti, attivi e partecipi
che costituiscono gli interlocutori ideali di Lista
Civica Italiana.
Pensiamo alla potenzialità dei civici: le liste civiche esprimono oltre il 75% dei sindaci, una percentuale enorme a fronte, però, dell’incapacità
di avere una rappresentanza parlamentare. Per
quale motivo? Perché spesso le liste civiche sono
emanazioni dei partiti oppure sono fondate da
personaggi che dai partiti provengono o in altri
casi sono costrette ad alleanze con i partiti tradizionali che alla ine le fagocitano o le distruggono
o ancora sono così idealistiche che alla ine non
riescono ad incidere e fanno pura testimonianza.
Quello di cui c’è bisogno è di un soggetto politico che sia al tempo stesso civico e nazionale. Che
raccolga le esperienze migliori dei singoli territori, le unisca nel rispetto delle speciicità di ciascuno e le traduca in una lingua comune, in modo tale
che ne possa beneiciare l’intera nazione.
Una strada tentata in passato, ma in ultima istanza fallita, perché mancavano in partenza intenti e
modalità organizzative chiare e condivise. Oggi
Lista Civica Italiana vuole trasformare le buone
intenzioni in realtà. Non si tratta di un semplice
soggetto politico, Lista Civica Italiana è una rete
per fare politica dal basso, formata da liste regionali e municipali federate, in cui ogni singolo cittadino entra con lo stesso peso di qualunque altro
soggetto e senza rinunciare alla propria identità.
Nessun altro soggetto politico (vedi lo statuto di
LCI) può vantare al proprio interno regole così democratiche che permettono a tutti di farsi ascoltare.
Lista Civica Italiana appartiene a tutti gli aderenti,
fornisce informazioni, formazione e una rete nazionale. Aderire è semplice e immediatamente si
diventa parte di un soggetto nazionale che parla
la stessa lingua e condivide gli stessi valori e principi.
Per aderire basta scrivere all’indirizzo [email protected] o andare sul sito all’indirizzo
www.listacivicaitaliana.org, dove si trovano anche i recapiti telefonici del coordinamento nazionale e quelli dei referenti territoriali e le indicazioni di come versare la quota di aderente.
Con Lista Civica Italiani si diventa “Cittadini protagonisti”!
LUGLIO 2013 - BARRICATE
17
POLITICA
SENZA CAPI
NÉ PADRONI
Democrazia diretta, sovranità monetaria, ecologia.
Il percorso innovativo della Rete dei cittadini
Giancarlo Iacchini
“In un’Italia che va dritta verso il baratro non possiamo stare fermi ed ignorare le malefatte della
casta, fossilizzata e radicata sulle posizioni di comando.”1
La protesta contro una classe politica che ha ormai
reciso ogni legame con i cittadini e i loro bisogni
reali anima da tempo una miriade di gruppi e movimenti sul territorio. Uno di questi è la Rete dei
cittadini, fondata nel 2009 con il concorso, tra gli
altri, dello psicologo Pino Strano, che però alle ultime regionali del Lazio – come candidato presidente per la lista della Rete – ha preso soltanto lo 0,1%
dei voti (poco meno di 3000): “Ci ha molto penalizzato il boom di Grillo – spiega il portavoce regionale Sergio Mazzanti – Un successo, quello del Movimento 5 Stelle, che ha oscurato tutto il resto, nel
fronte delle forze alternative”. Il rapporto tra Rete
e M5S è ben chiarito dallo stesso Strano: “Quello
di Grillo è uno dei pochi programmi elettorali che
ho letto con piacere; infatti ci sono cose bellissime,
in gran parte simili ai punti che anche noi abbiamo
proposto, però c’è un dato fondamentale che ci divide: la questione della democrazia. Noi non abbiamo capi, e tantomeno guru. Il potere deve essere
dato per davvero ai cittadini, se vogliamo parlare
18
LUGLIO 2013 - BARRICATE
di democrazia diretta. Ed è impossibile lottare per
la democrazia senza applicarla al proprio interno”.
Totalmente orizzontale (e il nome Rete non è stato
scelto a caso), il movimento ha una base laziale ma
iscritti e referenti in diverse altre regioni. Organizza iniziative (tavole rotonde, laboratori, conferenze e giornate di mobilitazione) su varie tematiche
quali l’indipendenza energetica e alimentare, i
beni comuni, il consumo critico e l’esperienza dei
GAS (i gruppi d’acquisto solidali) oppure anche – il
1° maggio – una “Festa del lavoro utile”. Con tanta
insistenza sul tema della sovranità monetaria (“La
Banca centrale è illegale perché non è pubblica
come anche la legge prevede, e andrebbe nazionalizzata. Finché il popolo italiano rimarrà sotto
quel capestro non si uscirà mai dalla crisi. Il debito
pubblico è inestinguibile, perché si avvita a causa
degli interessi: senza questa zavorra non si genererebbe alcun deicit”). E poi l’attenzione al sociale
(lotta alla precarietà), il no alla cementiicazione e
agli inceneritori, “zero riiuti e zero sprechi” e il taglio dei compensi alla casta: “Se i politici avessero il
coraggio di agganciare i loro stipendi alle pensioni
minime dei lavoratori, poi potrebbero aumentarseli quanto vogliono!”, dice beffardo Pino Strano.
A sintetizzare l’impegno della Rete nei suoi tre anni
e mezzo di vita ci pensa Sergio Mazzanti: “Ci siamo
1- www.
retedeicittadini.net/
blog/2013/04/prosegue-il-cammino-direte-dei-cittadini
BARRICATE E PALAZZI
focalizzati ino ad ora su tre aspetti principali, che
riassumono in un certo senso la storia di questi
anni di impegno: 1) democrazia diretta; 2) sovranità monetaria; 3) ecologia. Su quest’ultimo punto
diciamo quel che dicono gli ecologisti (quelli veri!):
energie rinnovabili e, ancora di più, risparmio energetico; stop al consumo del territorio; economia
basata sui bisogni dei cittadini; riciclo e riuso, eccetera. Sugli altri due aspetti siamo più innovativi:
portiamo avanti strumenti di scambio economico
complementari e alternativi all’euro (non solo lo
Scec, ma anche proposte ancora più nuove, come
la ‘cambiale sociale’); e denunciamo le storture
dell’attuale sistema monetario. Quanto alla democrazia diretta, abbiamo sposato e soprattutto
veriicato sul campo le pratiche di partecipazione
già elaborate da vari gruppi. Affermiamo appunto che la democrazia diretta non deve essere solo
propugnata a parole, ma applicata in primo luogo
ai soggetti che se ne fanno paladini, altrimenti non
è credibile”. E questa, come si è già detto, è la maggiore critica mossa ai 5 Stelle: “Un partito – attacca Mazzanti – che di fatto è il meno democratico
di tutti: peggio ancora dello stesso PdL! Invece la
nostra struttura è orizzontale da ogni punto di vista, e ad esempio le nostre assemblee prevedono
una rigorosa suddivisione del tempo che permetta
a tutti i presenti di esporre e far pesare la propria
opinione”.
“Noi irmatari – recita al punto 1 il Manifesto fondativo della Rete – siamo singoli cittadini e rappresentanti di comitati, associazioni e gruppi politici,
consapevoli che gli attuali partiti sono responsabili
della gestione fallimentare della cosa pubblica”. E
“ci impegniamo a creare giorno per giorno un’alternativa che restituisca al popolo ogni forma di sovranità, a partire da quella politica e monetaria”. E
ai punti 3 e 4: “Riconosciamo come fondamentali i
principi di partecipazione, trasparenza ed eficienza, della pace e della giustizia sociale, della legalità, dell’impegno civico, dell’ecologia, della tutela
della salute, della laicità, della nonviolenza, della
democrazia diretta, della lotta contro le maie”. Ed
anche, cosa sempre importante e rivelatrice, “del
confronto e del dialogo anche con coloro che non
condividono il presente Manifesto, a prescindere da posizioni ideologiche o partitiche”: segno di
apertura tutt’altro che scontato, visto che nella
galassia “alternativa” c’è chi non riesce a dialogare
neppure con quanti, condividendo al 99% le stesse
istanze e contendendo dunque il medesimo spazio politico, diventano concorrenziali per la miope
bandierina che si vuole difendere.
LUGLIO 2013 - BARRICATE
19
LINGUAGGI GRAFICI: ROBERTO LA FORGIA
20
LUGLIO 2013 - BARRICATE
BARRICATE E PALAZZI
MOVIMENTI
ANOMALIE DELL’ONDA
Nascita, sviluppo e prospettive del movimento studentesco italiano
Francesco Ballerini
L’ultima espressione del movimento studentesco
italiano si inserisce nell’ambito più ampio di protesta europeo: un movimento immerso in un ciclo
di lotte contro la precarietà e la merciicazione
del sapere (dal movimento francese anti-CPE alla
Grecia, dalla Spagna alla Germania), improntato
alla difesa dell’Università pubblica con una nuova
idea di politica, immaginando un’alternativa al mondo
e al capitalismo in
crisi.
In Italia nasce
“L’Onda” nell’estate
del 2008, in seguito
all’approvazione da
parte del governo
Berlusconi
delle
leggi 133 e 169,
con cui viene ridotto il Fondo per il
Finanziamento Ordinario, inanziamento statale che costituisce la principale fonte
di entrata per le Università italiane. Come spesso
accade per questo tipo di fenomeni sociali, non
è possibile issare una data precisa di inizio del
movimento, ma c’è una giornata particolarmente signiicativa che segna l’inizio dell’esplosione
dell’onda: il 16 ottobre 2008, a Roma, quando
migliaia di studenti si riuniscono presso il rettorato dell’Università La Sapienza contro l’ormai
uficiale approvazione della Riforma Gelmini. Le
proteste si estendono a tutto il territorio italiano,
coinvolgendo non soltanto studenti medi, superiori e universitari, ma anche insegnanti, genitori,
ricercatori e precari del mondo dell’istruzione.
Lo slogan “Noi la crisi non la paghiamo” è indicativo del salto di qualità del movimento studentesco dell’Onda rispetto ai movimenti sorti nel
2005 in polemica con l’approvazione della Riforma Moratti. L’oggetto della protesta, infatti, si
amplia e gode di maggior respiro, connettendo il
diritto allo studio con la necessità di un collegamento al mondo del lavoro, toccando i temi della
merciicazione del sapere e dell’assoggettamento dell’Università alle dinamiche del mercato del
lavoro -che sempre più richiede una conoscenza
”just in time”, orientata a produrre laureati in sovrannumero, in grado di apprendere velocemente nuove capacità (le “skills” ormai inserite nel
format europeo del Curriculum Vitae) e di “aggiornarsi” continuamente.
L’apice de “L’Onda” viene raggiunto nel biennio
2008-2010, momento in cui le
diverse anime che
componevano il
movimento palesano le loro differenze interne: le
reti autonome e
disobbedienti che
danno vita al coordinamento Uniriot da una parte,
e dall’altra le reti
più strutturate dei
coordinamenti dei
collettivi universitari che si raccolgono intorno ad Atenei in Rivolta. Si entra in tal modo nella seconda fase del movimento, deinita del “rilusso”, in cui l’obiettivo si
amplia ulteriormente per puntare alla delocalizzazione contro le maie e la corruzione, la precarietà dei contratti lavorativi, il movimento No Tav,
il movimento degli Indignati (nato dall’esperienza
spagnola degli “Indignados”).
Il coordinamento Uniriot nel 2011 comunica la
ine del proprio ciclo soggettivo di movimento, in
parte per i contrasti interni sorti con un’altra ala
nascente, quella di “Uniti contro la crisi”; mentre
invece Atenei in Rivolta si fa portavoce informativo di numerose attività, allargando il proprio
orizzonte a temi internazionali, quali la primavera araba, il conlitto siriano e la recente crisi turca.
Nel 2011 si diffonde in Italia anche un altro movimento di protesta internazionale, “The Occupy
Movement”, partito a New York con “Occupy
Wall Street” il 17 settembre 2011, che vede a
Roma il 15 ottobre 2011, la partecipazione di
200.000 persone riunitesi nelle vie del centro
storico per protestare contro la disuguaglianza
LUGLIO 2013 - BARRICATE
21
economica e sociale, contestando l’ingerenza del
Fondo Monetario Internazionale e della Banca
Centrale nelle politiche di sviluppo nazionali. Si
tratta di un altro ottobre “caldo” per Roma, con
ingenti danni alla città e circa 135 feriti e 20 arresti. Il 31 marzo 2012 il movimento Occupy replica a Milano l’esperienza newyorkese di Wall
Street, promuovendo davanti alla Borsa il corteo
“Occupyamo Piazza Affari”.
Testimonianza di questo allargamento di temi e
obiettivi è anche l’inasprirsi delle attività dei movimenti contro la precarietà abitativa (tra i tanti merita attenzione “Action”), che danno vita a
numerose occupazioni di stabili abbandonati, in
particolar modo a Roma; con la collaborazione
del “Coordinamento cittadino Lotta per la casa”
vengono realizzate 20 occupazioni di stabili abbandonati con l’inclusione di 2000 famiglie, dati
riportati in una recente manifestazione di coordinamento dei movimenti per il diritto alla casa.
Inine è interessante menzionare l’attività informativa svolta dal coordinamento “Attac”, che nel
proprio sito di riferimento www.italia.attac.org,
si deinisce un “movimento di autoeducazione
popolare orientata all’azione e alla costruzione di
un altro mondo possibile”, e in effetti si inserisce
nella rete internazionale “L’altermondialismo”,
operante in 40 paesi del mondo con il ine di costruire un orientamento nuovo di sviluppo sostenibile in alternativa alla logica del neoliberismo
contemporaneo.
La frammentazione del movimento studentesco
-ma non solo- ed il suo interessarsi ai numerosi
temi che nel corso del tempo sono emersi per
l’aggravarsi della crisi economica, non ha dunque
giovato in termini di catalizzazione dell’attenzione su di un obiettivo preciso; talvolta l’intento
originario de “L’Onda” sembra quasi perdersi in
questo contesto. Tuttavia il fenomeno ha senz’altro dimostrato la necessità da parte delle istituzioni di prendere atto di un’insofferenza crescente nella popolazione italiana, giovane e non solo,
una crisi della democrazia rappresentativa con
una sempre maggiore richiesta di partecipazione
alle logiche decisionali pubbliche.
Nonostante l’aggravarsi della crisi economica globale, dunque, e più in particolare dei tagli
all’istruzione pubblica, negli anni successivi è venuta a mancare quella forza dirompente e identitaria che ha caratterizzato la stagione calda
2008/2010, anche se il 2012 si conigura come
l’anno in cui più sono pesati i tagli al Fondo per il
Finanziamento Ordinario, in concomitanza con la
politica di austerity promossa dal governo Monti.
Pertanto sorgono, per il 2013, nuove prospettive
per l’attivismo della società civile italiana.
22
LUGLIO 2013 - BARRICATE
LINGUAGGI GRAFICI: PASQUALE LA FORGIA
DIRITTO A SAPERE
LUGLIO 2013 - BARRICATE
23
DIRITTI UMANI
DIRITTI IN CAMMINO
Naturali, universali, indivisibili, inalienabili. Senza i diritti umani non esiste
giustizia, né libertà, né pace. Per una vita migliore basterebbe rispettarli
Maria Chiara Ballerini
illustrazioni Marilena Nardi
Generazioni di diritti
La prima tappa nel lungo cammino dei diritti
umani è segnata dall’affermazione dei diritti civili
e politici, chiamati “diritti di prima generazione”,
che appaiono in stato embrionale già nella Magna
Charta2. La loro piena affermazione è frutto delle
rivoluzioni dell’età moderna (XVII-XVIII secolo),
che limitano l’intervento del potere politico nella sfera individuale e rivendicano libertà quali il
diritto alla vita, alla cittadinanza, all’opinione, alla
sicurezza, al giusto processo, all’asilo politico, al
matrimonio e alla famiglia, alla proprietà, all’associazione paciica, alla partecipazione al governo e alla vita pubblica.
Nel corso dell’800 e del primo ‘900, grazie alle
lotte dei lavoratori e dei movimenti femministi,
si impongono i diritti di “seconda generazione”,
ovvero i diritti economici, sociali e culturali, i quali richiedono un intervento attivo da parte delle
istituzioni per potere essere esercitati: suffragio
universale, diritto al lavoro, al salario, al riposo,
all’istruzione, alla sanità, alla sicurezza, alla tutela
della maternità e dell’infanzia.
Con i diritti di terza generazione si affermano
inine, dal XX secolo in poi, i diritti di solidarietà,
il diritto dei popoli all’autodeterminazione, alla
pace, allo sviluppo, alla salute, alla vita in un ambiente salubre.
“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in
dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di
coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in
spirito di fratellanza.”
È l’articolo 1 della Dichiarazione universale dei diritti umani, proclamata il 10 dicembre
1948 dall’Assemblea generale del- Anche nel nostro
Istituzioni e difesa dei diritti
le Nazioni Unite, all’indomani degli
La tutela istituzionale dei diritdemocratico Paese si ti umani a livello mondiale è oggi
orrori e dei genocidi della II guerra
mondiale. È il primo documento rilevano gravi violaafidata al Consiglio per i Diritti
nell’intera storia dell’umanità che zioni dei diritti fonUmani delle Nazioni Unite, con il
riconosce ad ogni individuo il dirit- damentali
mandato di controllare il rispetto
to di vivere dignitosamente per la
dei diritti fondamentali nei diversi
sola ragione di esistere.
Paesi, rilevare le violazioni, aprire
Cibo, acqua, dimora, autonomia, rispetto, lavoro, procedure speciali inviando esperti nelle zone “a
amicizia, partecipazione: elementi ovvi e indi- rischio”, informare l’opinione pubblica.
scutibili. Eppure i diritti umani fondamentali, di Nel vecchio continente vige la Carta dei diritti
natura isica o psicologica, sono costantemente fondamentali dell’Unione europea, stipulata a Nizviolati in ogni parte del mondo, la Dichiarazione za nel 2000, che riunisce in un unico documento
dell’ONU non è applicata adeguatamente nep- i diritti di cittadinanza europea e dedica le due
pure nelle democrazie più evolute e i governi prime sezioni ai diritti civili. Perno fondamentale
inadempienti raramente incorrono nelle sanzioni della Carta e condicio sine qua non per fare parte
previste1. Il nostro Paese non fa eccezione.
dell’Unione è il ripudio della pena di morte.
24
LUGLIO 2013 - BARRICATE
1- I Patti internazionali sui diritti civili
e politici e su quelli
economici, sociali e
culturali, stipulati
nel 1966, obbligano
almeno formalmente
gli Stati al rispetto
della Dichiarazione e prevedono
sanzioni in caso di
violazione dei diritti
umani.
2- La Magna Charta
Libertatum, emanata
in Inghilterra nel
1215, è il primo
documento che
sancisce diritti civili,
riconosciuti però
solo ai sudditi di
alto rango. Altre
tappe fondamentali
sono il Bill of rights
del1689, che estende libertà di religione, parola e stampa
a tutti i sudditi della
corona inglese, e la
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del
cittadino approvata
con la Rivoluzione
francese nel 1789,
che riconosce i diritti
naturali della persona e l’uguaglianza di
fronte alla legge.
VOCI SOLIDALI
Stringendo l’obiettivo sull’Italia, la nostra Costituzione (“la più bella del mondo, quando entrerà
in vigore”3) è in effetti uno degli ordinamenti più
incentrati sulla difesa dei diritti dell’individuo. In
base al “principio personalista”, l’articolo 2 afferma che al centro dell’ordinamento giuridico italiano sta la persona umana, portatrice di diritti
individuali e sociali inviolabili, e riconosce le principali libertà: vita, pensiero, espressione, religione; l’articolo 3, di importanza cruciale, stabilisce
altresì il “principio di uguaglianza” tra i cittadini di
fronte alla legge, senza alcuna distinzione4.
3- Roberto Benigni,
La più bella del
mondo, 17 dicembre
2012, Rai 1
4- La Costituzione
italiana si può leggere on line su www.
governo.it/Governo/
Costituzione/principi.html
5- Amnesty International è un’organizzazione non
governativa indipendente, una comunità
globale di difensori
dei diritti umani
che si riconosce nei
principi della solidarietà internazionale.
Conta in totale due
milioni e duecentomila soci, sostenitori
e donatori in più di
150 paesi; la sezione
italiana ha oltre
80.000 soci”. Il sito
è www.amnesty.it
I diritti umani sono violati anche in Italia
Il riconoscimento istituzionale non è di per sé
garanzia suficiente del rispetto dei diritti fondamentali, che vengono disattesi ovunque, ogni
giorno. Anche nel nostro democratico Paese si
rilevano gravi violazioni dei diritti, lacune legislative e mancato rispetto di richiami internazionali.
Dai tragici fatti del G8 a Genova nel 2001 ai casi
di omicidi e violenze su persone in stato di detenzione, decine e decine di persone sono state
vittime di gravissimi abusi e violazioni dei diritti
umani da parte delle forze di polizia, e molti re- zionale che dal 1961 si assume il compito di denunciare l’assenza di giustizia, gli abusi di potere,
sponsabili sono rimasti impuniti.
L’Italia non fa suficiente ricorso alle misure al- la mancata applicazione delle norme sui diritti
ternative alla detenzione, le carceri sono sovrap- umani, svolgendo attività di ricerca e di azione
con l’obiettivo di prevenire ed elipopolate e occupate per ben il 40%
minare le violazioni dei diritti.
da persone non ancora condannate Amnesty InternatioDurante la scorsa campagna eletma solo in attesa di giudizio.
nal ha proposto
torale, la sezione Amnesty Italia
In Italia ogni anno si veriica un creha denunciato la carenza di attenscente aumento di casi di femicidio all’Italia un’Agenda
e violenza contro le donne, cui non di riforme in 10 punti zione per i diritti umani nei diversi
programmi e ha lanciato la camcorrisponde un’adeguata risposta
pagna nazionale “Ricordati che devi rispondere.
da parte delle istituzioni.
I rifugiati politici e i richiedenti asilo non sono L’Italia e i diritti umani”, chiedendo ai candidati di
adeguatamente accolti e protetti, i lavoratori mi- irmare l’ “Agenda in 10 punti per i diritti umani in
granti subiscono una situazione legale insicura, Italia”. Ad aprile il programma di riforme è stato
nei Centri di Identiicazione ed Espulsione non sottoposto al nuovo presidente del consiglio Envengono rispettati i requisiti minimi per una vita
dignitosa.
Nel nostro Paese si veriicano violazioni nei confronti dei Rom, soggetti a sgomberi forzati o segregati in “aree di sosta” in condizioni precarie.
Il governo italiano non tutela a suficienza da
discriminazioni e manifestazioni di intolleranza
le persone omosessuali, bisessuali, transgender,
intersessuali, e le lacune legislative nel riconoscimento sociale delle famiglie “non convenzionali”
impediscono loro di fatto il godimento di diritti
umani fondamentali.
Diverse imprese multinazionali con sede in Italia
violano i diritti umani nelle aree del mondo in cui
operano, ma non sono sottoposte a controllo né a
misure normative.
Il ruolo della società civile
Il maggiore rappresentante della società civile nel controllo e nella difesa dei diritti umani è
Amnesty International5, organizzazione internaLUGLIO 2013 - BARRICATE
25
VOCI SOLIDALI
rico Letta e ai ministri competenti.
L’Agenda di Amnesty si articola in dieci richieste
in grado di condizionare le decisioni delle istituzioni sul piano interno e in ambito internazionale:
garantire la trasparenza delle forze di polizia ed
introdurre il reato di tortura; fermare il femicidio e la violenza di genere; proteggere i rifugiati
e i migranti e rivedere gli accordi con la Libia sul
controllo dell’immigrazione; assicurare condizioni dignitose nelle carceri; combattere l’omofobia;
fermare la discriminazione etnica; creare un’istituzione nazionale indipendente per la protezione dei diritti umani; imporre alle multinazionali il
rispetto dei diritti umani; impegnarsi nella lotta
contro la pena di morte nel mondo e nella promozione dei diritti umani negli Stati con cui il governo italiano ha consolidate relazioni; favorire l’adozione di un trattato internazionale che ponga
ine al commercio di armi irresponsabile.
Se con l’impegno di tutte le forze politiche si giungesse all’attuazione di questi 10 punti, si porrebbero solide basi per una riforma sostanziale ed
esaustiva dei diritti umani nel mondo intero.
Un passo importante nel cammino verso la quarta generazione, quella che potrà davvero dirsi
“universale”.
Marilena Nardi
Sono un’insegnante da oltre
vent’anni. Da
circa una decina, mi dedico
all’insegnamento dell’illustrazione all’ABBAA
di Venezia. Ho
preso parte a centinaia fra mostre, rassegne, concorsi di graica umoristica, in Italia
e all’estero, alcuni anche in veste di giurata.
Numerosi i premi ricevuti, tra cui nel 2011
il Grand Prize all’undicesima edizione del
World Press Cartoon Competition. Contemporaneamente, ho lavorato a lungo con
Diario, con il Corriere della sera attraverso
tutti i suoi inserti, Gente Money, Borsa &
Finanza, Salute Naturale, Monthly, Avvenimenti e vari altri periodici. Più di recente ho
lavorato con le riviste satiriche Il Misfatto,
L’Antitempo, Il Ruvido, l’internazionale Fire.
26
LUGLIO 2013 - BARRICATE
Qualche disegno anche per Il Nuovo Male e
MicroMega online. Ininite le collaborazioni
a blog di informazione e giornali online, tra
cui l’Asino, Fany-blog e Anpi.it.
Oggi disegno soprattutto per Il Fatto Quotidiano e per Barricate!
Nel 2010 sono stata denunciata per due
disegni pubblicati dal Fatto e riguardanti
l’Anas. Ho ricevuto moltissima solidarietà,
tra gli amici disegnatori e non solo, e il pieno
sostegno legale dal mio giornale. Recentemente, per quella vicenda che sembrava
conclusa, sono stata rinviata a giudizio. Ma
i miei disegni saranno poi così pericolosi?
Mah, strano paese l’Italia…
A questo link una mia intervista curata da
Francisco Puñal Suàrez:
http://fany-blog.blogspot.it/2013/03/conmarilena-nardi-intervista-di.html
www.marilenanardi.it
www.facebook.com/marilena.nardi.1
[email protected]
tel. 347 9936220
LINGUAGGI GRAFICI: SQUAZ
LUGLIO 2013 - BARRICATE
27
GUERRA
Intervista a Giovanni De Luna
EXTREMA (IR)RATIO
La violenza è diminuita rispetto al ‘900 (due guerre mondiali con trenta
milioni di morti, l’incubo della bomba atomica e della distruzione del pianeta).
Ma fuori “dall’equilibrio del terrore” è diventata più incontrollabile
Martino Campagnoli
Al pari di quanto all’umanità piace dirsi civile, illuminata, salvata
ed evoluta, l’insensatezza della
violenza e della guerra sono cresciute, passo passo aianco a noi.
Al procedere incessante verso un
benessere ed un progresso teoricamente in grado di toglierci tutti
dalla barbarie della fame e della
mera sopravvivenza. Mai come
nel XX secolo l’umanità ha visto
esplodere un progresso bellico ed
una escalation di violenza attraverso le mutazioni dei conlitti da
guerre tra Stati a guerre tra entità
ideologiche, terroristiche, economiche. Una violenza che, sempre
più, investe gli attori esterni del
conlitto: i civili.
Partiamo dal concetto di violenza bellica, cosa è cambiato
entrando nel nuovo secolo?
Il binomio violenza/guerra ha
subito signiicative modiicazioni nel passaggio tra Novecento e post Novecento. La ine
del bipolarismo USA/URSS ha
sconvolto la conigurazione
simmetrica delle guerre novecentesche. Non più Stati nazionali che si afrontano con
eserciti regolari all’interno di
convenzioni prestabilite e sapendo a che alla guerra seguirà
puntualmente una pace. Oggi
la guerra è diventata endemica,
asimmetrica, difusa. Una guerra liquida, molecolare che non
rispetta più le vecchie regole del
diritto internazionale e non conosce le nuove.
Che conseguenze porta questo cambiamento?
La prima conseguenza è l’aumento a dismisura delle vittime
civili. La seconda è il cambia28
LUGLIO 2013 - BARRICATE
Giovanni De Luna con Andrea Camilleri
mento degli scenari. Non più stica di tutti i principali moviil fronte, le trincee, il teatro di menti di liberazione nelle lotte
guerra; ma le città, le strade, i per l’indipendenza dei paesi ex
luoghi del transito e della co- coloniali. Oggi questo tipo di
municazione, le stazioni, gli ae- violenza segnata da un rapporto
roporti, le città. La terza è una strettissimo con l’ideologia è al
complessiva
privatizzazione tramonto. La violenza, nella sua
della guerra con l’afermarsi di declinazione politica, si è ritiramilizie armate, mercenari a par- ta dall’ideologia e ha scoperto
tita iva, eserciti aziendali che nuovi ambiti di espressione: la
dissolvono anche la statualità religione, l’appartenenza etnica,
una visione del
tipica delle guerterritorio legata
re novecentesche.
Non più trincee ma
al sangue e alla
Da cosa deriva
questo
muta- città e aumento a di- terra.
mento?
smisura delle vittime Quali sono i
nuovi simboli
C’è un nesso tra civili
di questo mutaviolenza e scelmento?
te politiche che
ha caratterizzato le società oc- La violenza individuale così
cidentali del XX secolo. Con la come si esprime nella igura del
violenza hanno trionfato il fa- kamikaze. Lo sgomento che cirscismo in Italia e il nazismo in conda le gesta dei kamikaze di
Germania. Con la violenza ha oggi deriva proprio dalla consatrionfato la rivoluzione bolsce- pevolezza che non il passato ma
vica del 1917. La violenza (co- il futuro sembra essere il tempo
niugata con la prospettiva del di questi uomini-bomba. Certo,
socialismo) è stata la caratteri- hanno ereditato il nome dai loro
VOCI SOLIDALI
Giovanni De Luna
è storico, scrittore e docente di storia
contemporanea presso l’università di
Torino.
Le ragioni di un decennio
Da piazza fontana
agli anni ottanta,
Giovanni De Luna
racconta gli anni
di piombo sottraendoli dall’alchimia
confusa della storia
recente, del luogo
comune e del lusso, apparentemente
non districabile, delle molte vite che
vi hanno partecipato lottando, sbagliando, cantando, credendo e anche
illudendosi.
Feltrinelli, pp 256, euro 17
Il corpo del nemico ucciso
Un’anatomia della
guerra, dell’uomo
in guerra, della
violenza che lascia
una traccia scritta
sui corpi degli uccisi, civili e militari, “colpevoli” e
innocenti. De Luna
racconta la storia
scritta sul “corpo del nemico ucciso”
analizzando, dal 1900 al 1993, guerre lontane e diverse.
Einaudi, pp 302, euro 25
Bibliograia
Badoglio. Un militare al potere, Milano, Bompiani, 1974
Benito Mussolini. Soggettività e pratica
di una dittatura, Milano, Feltrinelli
economica, 1978
La rivoluzione democratica e il Partito
d’azione. Guida ai documenti del Pd’A
in Piemonte dell’archivio del Centro di
studi Piero Gobetti, Torino, Centro
studi Piero Gobetti, 1979
Storia della stampa italiana, V, La
stampa italiana dalla resistenza agli
anni Sessanta, con Nanda Torcellan e
Paolo Murialdi, Roma-Bari, Laterza,
1980
Storia del Partito d’azione. 19421947, Milano, Feltrinelli, 1982;
Roma, Editori Riuniti, 1997; Torino,
UTET libreria, 2006
Hanno sparato a Togliatti, Milano,
Fabbri, 1984
Alessandro Scotti e la storia del partito
dei contadini, Milano, FrancoAngeli,
1985
Dalla liberazione alla Repubblica: i
nuovi ceti dirigenti in Piemonte, a cura
di, Milano, FrancoAngeli, 1987
Donne in oggetto. L’antifascismo nella
società italiana (1922-1939), Torino,
Bollati Borlinghieri, 1995
La passione e la ragione. Fonti e metodi
dello storico contemporaneo, Firenze,
La Nuova Italia, 2001
La passione e la ragione. Il mestiere
dello storico contemporaneo, Milano,
Bruno Mondadori, 2004
Il corpo del nemico ucciso. Violenza e
morte nella guerra contemporanea, Einaudi storia, 2006
L’Italia del Novecento. Le fotograie
e la storia, 3 voll., a cura di e con
Gabriele D’Autilia e Luca Criscenti,
Torino, Einaudi, 2005-2006
Le ragioni di un decennio. 1969-1979.
Militanza, violenza, sconitta, memoria, Milano, Feltrinelli, 2009
illustrazione Martino Campagnoli
predecessori giapponesi che
operarono nell’ambito della seconda guerra mondiale. E certo,
come in tutti i fenomeni storici,
è possibile scorgervi analogie
e continuità. Ma le diferenze
sono evidenti, soprattutto per
quanto riguarda i
800 milioni di perso- contesti bellici, il
tipo di guerra di
ne sotto la soglia di
cui le due igure
povertà e altri 800
sono protagoniste.
milioni alla pura
I giovani piloti
sopravvivenza isica giapponesi furono
utilizzati in operazioni condotte
nell’ambito di una tipica guerra
novecentesca tra Stati sovrani,
in un confronto squisitamente
“simmetrico” per quanto riguardava le forze in campo e le
tecnologie militari di cui disponevano entrambi i contendenti.
I kamikaze islamici agiscono
invece in un conlitto compiutamente asimmetrico, usano direttamente il proprio corpo come
arma, danno alle loro azioni i
tratti di una tremenda eicacia,
cambiando radicalmente anche
la tipologia dei bersagli che intendono colpire: da una parte
obbiettivi esclusivamente militari (corazzate e incrociatori),
dall’altro obbiettivi soprattutto civili. Le stime della Banca
mondiale calcolano che su 5,3
miliardi di abitanti del pianeta
ci sarebbero un miliardo e mezzo di poveri (con un reddito di
370 dollari all’anno), 800 milioni sarebbero sotto questa soglia
e altri 800 milioni vivrebbero ai
livelli minimi della pura sopravvivenza isica. La traduzione sul
piano militare di queste cifre è
immediata; in molti casi, chi si
schiera contro l’Occidente non
ha nessuna possibilità di accedere alle tecnologie letali che
quell’enorme ricchezza mette a
disposizione dei suoi avversari.
Di qui la necessità di scegliere
forme di violenza modellate su
un’intrinseca asimmetria di conlitti le cui modalità operative
devono essere tali da essere in
grado di trasformare la debolezza in forza.
LUGLIO 2013 - BARRICATE
29
LINGUAGGI GRAFICI: DIEGO MIEDO
Diego Miedo
è nato a Napoli, dove
vive e lavora. Da
autodidatta comincia a
disegnare i propri fumetti
e stampare piccoli albi.
Dal 2006 fa parte della
redazione del mensile
(ora diventato bimensile)
NapoliMonitor, giornale
autoprodotto di inchieste, reportages, disegni e
fumetti, che da otto anni
esiste e resiste. Nel 2010
pubblica il suo primo
fumetto lungo “Giornata
da cani”, edito da NapoliMonitor e Il Punto
Librarteria. Ha pubblicato disegni e foto su varie
riviste di fumetti e pittura
murale. Parallelamente
ai fumetti, dipinge strani
esseri per le strade delle
città e nelle scuole.
www.diegomiedo.org
www.napolimonitor.it
30
LUGLIO 2013 - BARRICATE
VOCI SOLIDALI
FORZE DELL’ORDINE
Intervista a Ennio Di Francesco
SBIRRO E RADICALE
I poliziotti “carbonari” e la riforma democratica dei tutori della legge
Nazareno Giusti
illustrazioni Nazareno Giusti
Gli anni ‘70 sono stati sì il periodo degli anni di piombo ma
anche, per una parte dello Stato,
una sorta di primavera di democrazia. Infatti, in quegli anni bui
in cui i telegiornali sembravano
bollettini di guerra, alcuni poliziotti non combatterono solo
contro i terroristi ma anche al
loro interno contro mentalità e
regole retrograde. Non fu facile. Agirono come “carbonari”
e riuscirono, non senza grandi
problemi e notevoli soferenze e
rischi, a “democraticizzare” la
Polizia, arrivando alla smilitarizzazione e avviando un dialogo
e un nuovo rapporto con il cittadino che ha dato frutti notevoli.
Ennio Di Francesco è stato uno
di quei carbonari, la sua è stata
una vita al servizio delle istituzioni democratiche e del cittadino.
Di Francesco è riuscito sempre a
raggiungere soprattutto chi non
era dalla sua parte, come quel
Marco Pannella che personalmente arrestò. Un evento -come
spiega Di Francesco- “rappresentativo del crocevia di coscienza,
talora soferto ed esclusivo, in
cui può trovarsi il funzionario
dello Stato che deve applicare la
legge quando questa è superata
dall’evoluzione sociale o etica, e
quindi ingiusta in sé”. E così il
leader radicale, dopo tanti anni,
si è sentito in dovere di scrivere
una prefazione al piccolo librointervista che Valter Vecellio ha
realizzato con il funzionario di
Polizia: “Radicalmentesbirro”,
dato alle stampe dall’abruzzese
Noubs.
Di Francesco, come è nata
l’idea del libro Radicalmentesbirro?
Per caso o provvidenza. Un
pomeriggio di settembre a
Roma passeggiavo davanti al
Pantheon e ho incontrato Valter Vecellio, il giornalista del
TG2 che non vedevo da anni.
Ci eravamo incontrati la prima
volta nel 1975 nella sede del
partito radicale in occasione
dell’arresto di Marco Pannella.
Lui era un giovane attivista,
tra i big del partito. Decidemmo di andare a bere un cafè e
ci sedemmo al tavolo a parlare
come due vecchi amici che si
ritrovano dopo tanto tempo, di
fatti, persone, sentimenti che
hanno segnato questo Paese
e certamente un po’ la mia e
la sua vita. È nato così questo
piccolo libro.
Radicalmentesbirro: come
mai questo titolo?
È volutamente un incrocio di
parole: quasi a signiicare che
anche l’essere “sbirro” può
divenire
provocatoriamente
“radicale”, profondo, estremistico, che non ammette discussioni, come servizio alla collettività.
Un libro che pone spunti di
rilessione sempre attuali
per i “tutori dell’ordine”...
Lo spero, specie nell’attuale
fase di confusione dell’arcipelago polizia. E penso alla
ferita sociale del G8 in cui il
ilm Diaz incide ancora come
bisturi; al caso della recente
manifestazione di un sindacato di polizia che per solidarietà verso colleghi condannati in
giudizio irride il dolore della
mamma del ragazzo ucciso per
LUGLIO 2013 - BARRICATE
31
VOCI SOLIDALI
violenza di polizia; al malessere (e, a volte, purtroppo, al
suicidio) tra i tutori dell’ordine. Vuole essere un invito alla
rilessione, un appello per tutti
i responsabili politici, per gli
attori e i fruitori del servizio
sicurezza.
Ma il libro non si rivolge
solo ai “tutori dell’ordine”...
No, anzi...
Lei aveva già raccontato la
sua storia nel libro Un Commissario (inalista del premio Bancarella), apparso nel
1992 e ristampato poi nel
2009 con l’aggiunta dell’aggettivo “scomodo”. Perché
decise di raccontare la sua
esperienza?
Non sono uno scrittore, ma
solo uno che, forse per ambiente familiare (papà era maresciallo dei carabinieri e mia
madre insegnante elementare)
si è trovato dentro l’impegno
per la legalità. In questo percorso mi sono imbattuto nelle
contraddizioni del “sistema
sicurezza”, con tutori dell’ordine sfruttati ed umiliati, cittadini di serie b utilizzati come
forza bruta per reprimere conlitti sociali non saputi risolvere politicamente. Pensi solo
ai morti di Avola e Battipaglia
ad opera di polizia e carabinieri, costretti negli anni ’60 a
sparare contro braccianti che
protestavano in piazza; ai tanti
ragazzi che emigravano nelle
forze di polizia trovandosi poi
ad afrontare non solo spietati
criminali, ma operai e studenti
spesso coetanei e paesani, venendo insultati e disprezzati
da loro. Queste contraddizioni
erano assurde e stavano esplodendo. Pier Paolo Pasolini le
ha descritte nel 1970 con lungimirante poesia, mettendo in
crisi lo stereotipo, avallato anche dal partito comunista, dello sbirro oppressore del proletariato.
C’è qualche episodio in particolare che l’ha toccata?
Due episodi mi incendiarono
l’anima. L’uccisione di Antonio Annarumma, ventunenne
32
LUGLIO 2013 - BARRICATE
poliziotto ucciso a Milano nel
1969 con una sprangata che gli
spappolò il cranio durante uno
scontro di piazza, e l’uccisione
del commissario Luigi Calabresi colpito alla schiena sia dai
terroristi sia da intellettuali.
La strage di Piazza Fontana
del 12 dicembre 1969 ne fu
la prima tragica evidenza e fu
poi l’apice della strategia della
tensione e dell’eversione portata avanti dai cattivi maestri.
Occorreva spezzare quella spirale, fare incontrare cittadini
e poliziotti in un’atmosfera di
paciicazione e di democrazia.
Da questa scintilla nacque in
varie città il Movimento carbonaro, che avrebbe portato alla
riforma di polizia democratica
e alla legge 121/81.
Lei era giovane funzionario
di polizia lanciato verso una
carriera brillante; sapeva
cosa rischiava eppure scelse
di essere “carbonaro” e non
fu facile...
Proprio così. Quanti poliziotti
carbonari negli anni ’70 sono
stati puniti, mandati via, persino arrestati! Poi, approvata
la legge 121/81, ecco i compromessi, la contaminazione
da carriera, la frammentazione sindacale! Resta comunque
il “valore aggiunto” per tutto
il Paese di una polizia moderna, tra le migliori del mondo.
Mi piace riportare il messaggio che Antonio Manganelli
mi inviò al convegno “Legge
121/81 - trentennale di una riforma incompiuta” che avevo
organizzato a Roma nel 2011.
“Il nuovo rapporto tra cittadino e tutore della legge non
può dirsi ancora pienamente
realizzato. Oggi, nel ribadire
che si trattò di una riforma di
straordinaria lungimiranza, è
arrivato il momento di rimboccarsi le maniche per continuare l’opera avviata e portarla a
termine.”
ABUSI DI POTERE
BARRICATE DI GIUSTIZIA
Il quadro cupo di un Paese dove si può morire per abusi da parte delle
forze dell’ordine, senza nemmeno ottenere giustizia: l’Italia
Giancarlo Iacchini
Archiviazioni, prescrizioni, indulti. E la derubricazione di reati gravissimi (anzi bestiali) – commessi
proprio da chi avrebbe il compito istituzionale di
applicare “sul campo” leggi costituzionali e diritti democratici – a semplici “lesioni”, perché il più
appropriato reato di tortura semplicemente non
esiste nel codice penale del nostro Paese. Come
ha spiegato in Cassazione il procuratore generale Pietro Gaeta, non è possibile aggirare questa
pesante lacuna del nostro ordinamento giuridico
appellandosi a trattati internazionali pure sottoscritti dall’Italia, come la Convenzione dell’ONU
contro la tortura. Anche un altro procuratore
generale della Cassazione, Giuseppe Volpe, ha
ritenuto inammissibile il ricorso della Procura
di Genova sui fatti del G8 del 2001, mirante a
scongiurare l’ombra della prescrizione sui reati
di “lesione”, per i quali erano stati condannati in
appello 25 imputati per la mattanza alla scuola
Diaz e 44 per le torture alla caserma Bolzaneto.
Tutti esponenti delle forze dell’ordine che si sono
macchiati del reato più orrendo e inaccettabile in
uno stato di diritto: avere inierito su esseri umani
inermi con “un’incredibile esplosione di violenza”,
per usare le parole della stessa Cassazione, che
ha deinito le bastonature e le sevizie di quel sanguinoso luglio genovese come “un massacro ingiustiicabile che ha gettato discredito sulla nazione
agli occhi del mondo”. Alla prescrizione dei reati
più gravi va poi aggiunta l’archiviazione di oltre
200 denunce contro poliziotti e carabinieri per
altrettanti episodi di violenza gratuita avvenuti
nelle strade del capoluogo ligure, essendo stato
34
LUGLIO 2013 - BARRICATE
impossibile il riconoscimento dell’identità personale degli agenti che se ne sono resi protagonisti;
per tacere dell’uccisione di Carlo Giuliani, lasciato
a lungo in in di vita, a terra, circondato dagli agenti, senza soccorsi tempestivi.
A dispetto degli articoli della nostra Costituzione
e delle solenni Dichiarazioni dei Diritti formulate
dagli organismi internazionali, a partire dalle Nazioni Unite, c’è in Italia – di fatto – una sostanziale
impunità per quei poliziotti, carabinieri e agenti
penitenziari che si macchiano di abusi di stampo
medievale, indegni della civiltà moderna e “occidentale”. E in quel mondo rovesciato che è il nostro Paese, si può assistere al paradossale spettacolo di esponenti politici sedicenti “liberali” che si
VOCI SOLIDALI
schierano a priori e ad occhi chiusi “in difesa delle
forze dell’ordine”, come se la miglior difesa delle
“istituzioni” fosse l’omertà e l’insabbiamento, anziché una sana e doppia indignazione per chi crede
davvero nel ruolo dei tutori dell’ordine pubblico e
della legalità, e dunque non può accettare che la
reputazione di tanti agenti onesti sia infangata dal
comportamento di colleghi che distruggono l’immagine e il prestigio dell’istituzione che si vorrebbe così maldestramente “preservare”.
Ultimo caso, dopo quelli di Federico Aldovrandi
(Ferrara 2005), di Riccardo Rasman (Trieste 2006)
e di Giuseppe Uva (Varese 2008), la vicenda romana (2009) di Stefano Cucchi, le cui impressionanti
foto post mortem mostrano i segni di un massacro
che contrasta brutalmente con il recente verdetto
di assoluzione per le guardie carcerarie che hanno
avuto in consegna il ragazzo ino al suo ricovero in
ospedale (la condanna ha colpito soltanto i medici). Il pianto della sorella Ilaria – che ha ricevuto
la solidarietà del ministro Cancellieri ma non ciò
a cui più teneva, e cioè giustizia per Stefano – è
l’emblema di un Paese che proprio non riesce a far
chiarezza e giustizia su nulla, dai misteri alle trame
oscure, dalle stragi ai delitti che lo hanno insanguinato negli ultimi 50 anni. “Da persone che hanno
sempre creduto nelle istituzioni – dice Ilaria Cucchi anche a nome della famiglia – quello che ci ha
fatto più male e che ci ha lasciato più sconvolti è
stato il non rispetto più assoluto per una vita umana, per una persona che sì, aveva sbagliato, ma
che alla ine ha pagato con la vita. Nonostante la
sentenza, nessuno potrà permettersi di negare il
pestaggio subìto da mio fratello, perché le foto del
corpo di Stefano parlano chiaro. E parla chiaro anche il fatto che lui, un attimo prima dell’arresto, facesse una vita del tutto normale, come ha ammesso perino l’avvocato degli imputati. Mio fratello
è stato trattato non come un ultimo, ma peggio
ancora. Si sono voltati tutti dall’altra parte, come
se non esistesse”. Ma Ilaria non vuole arrendersi:
“Andrò avanti malgrado tutto, perché nella giustizia ho sempre creduto e voglio continuare a credere, nonostante una sentenza del genere, venuta
dopo tre anni e sette mesi di battaglia lunghissima
e dolorosissima, contro tutto e tutti, a sidare i poteri forti e a chiedere conto di quella morte assurda, sapendo di essere nel giusto”.
Adriano Chiarelli
ha dedicato un libro, Malapolizia (Newton Compton
Edizioni, pp. 336), e un documentario, Nei secoli fedele (regia di Francesco Menghini), alle morti per abuso
di potere da parte delle forze dell’ordine, ricostruendo nella maniera più empirica e oggettiva – attraverso
testimonianze dirette e atti processuali – i numerosi
casi in questione. “Ho preso in esame quella serie di
eventi controversi che coinvolgono uomini delle forze
dell’ordine, a partire dal G8 di Genova, per approfondire vicende come quella di Giuseppe Uva e di Federico Aldovrandi, morto ad appena 18 anni durante
un controllo di polizia trasformatosi in pestaggio.
In quest’ultimo caso, l’unica che ha avuto il coraggio di testimoniare l’accaduto è stata una cittadina
camerunense senza permesso di soggiorno, mentre
altri rimanevano a spiare dalla inestra. Ma forse il
capitolo più riuscito del mio libro è quello dedicato
al caso Rasman, la classica storia dell’emarginato con
problemi psichiatrici, peraltro sorti dopo il servizio
militare a Trieste, che subisce vessazioni di ogni tipo
da parte della società. Riccardo è stato brutalizzato:
girano foto in cui le pareti della sua casa sono imbrattate da schizzi di sangue, i polsi gli furono legati con
del ilo di ferro ino a farli sanguinare, brandelli di
carne furono rinvenuti sotto il tappeto. I responsabili
sono stati condannati a 6 mesi per omicidio colposo.
La famiglia, abbandonata a se stessa durante tutta la
vicenda, si è poi rivolta all’avvocatura di Stato per il
risarcimento e per tutta risposta ha ricevuto un mare
di insulti”.
L’anno scorso è uscito Diaz, il ilm di Daniele Vicari.
Secondo Chiarelli, che ha studiato dettagliatamente
le vicende del G8 genovese, la pellicola ofre “una ricostruzione dei fatti molto fedele agli atti processuali,
quindi un’ottima documentazione dei terribili abusi
commessi dalle forze dell’ordine in quell’occasione”.
Nel corso del suo lavoro di ricerca e disvelamento
della verità su fatti così gravi che qualcuno ha cercato in ogni modo di negare, nascondere, insabbiare o
travisare, è nata tra l’altro la Soul Crime, “una società
di produzione che ho creato insieme a Menghini, il
regista di Nei secoli fedele, attraverso la quale ci proponiamo di produrre documentari e iction legate a
temi di attualità e di denuncia”.
Immagine dal ilm Diaz e il regista Daniele Vicari
Ilaria Cucchi e i suoi genitori
LUGLIO 2013 - BARRICATE
35
ARTE E SOCIETÀ
DISEGNI DI GIUSTIZIA
Supporto Cartaceo per Supporto Legale: illustrazioni in vendita per
sostenere i manifestanti condannati nei processi del G8
Maria Chiara Ballerini
Amnesty International lo ha deinito “la più grande sospensione dei diritti democratici in un paese
occidentale dopo la seconda guerra mondiale”.
Stiamo parlando della gestione dell’ordine pubblico nei giorni del G8 di Genova nel luglio del 2001.
Oggi, a distanza di 12 anni, sono 10 le persone
condannate in via deinitiva per il reato di “devastazione e saccheggio”, di cui 2 sono già in carcere,
5 in attesa di revisione del processo, una ai domiciliari in attesa che sua iglia cresca, per poter poi
inire dietro le sbarre. Sono 100 gli anni di pena
complessivi inlitti in appello. E nel frattempo numerosi funzionari di polizia, responsabili dei pestaggi della Caserma Diaz, delle torture di Bolzaneto e dell’omicidio di Carlo Giuliani, sono a piede
libero e addirittura in servizio.
Senza considerare il costo umano, incalcolabile,
di una perdita della libertà che appare tanto più
ingiusta data la sproporzione tra le pene inlitte
ai manifestanti per danni a cose rispetto a quelle
ben più lievi previste per gli esponenti delle forze
36
LUGLIO 2013 - BARRICATE
dell’ordine responsabili di lesioni a persone, i condannati sono costretti ad affrontare ingenti costi
economici: spese in carcere, spese legali, spese
processuali, spese provvisionali, future eventuali
richieste di risarcimento danni. Sono cifre a 5 zeri,
tutti sulle spalle di poche persone che a ragione
sono state deinite “capri espiatori”1.
Con l’obiettivo di aiutare “coloro che nell’ingranaggio della repressione genovese sono rimasti
incastrati”, nasce nel 2004 il progetto Supporto Legale, che si impegna a sostenere la difesa dei civili
condannati in seguito ai fatti del G8, a seconda di
bisogni e priorità, con il denaro radunato tramite
un’opera di sensibilizzazione e di raccolta fondi tra
la società civile di tutto il mondo.
Un modo originale per sostenere le attività di
Supporto Legale l’ha ideata Alessio Spataro con
l’iniziativa Supporto Cartaceo: allestire periodiche
mostre-mercato di immagini, tra riproduzioni limitate, libri ed originali, di illustratori e fumettisti di
tutta Italia, devolvendo l’intero ricavato delle ven-
1- Dal testo
dell’appello
“10x100”, campagna lanciata
nel 2012 per la
liberazione dei manifestanti accusati
di devastazione e
saccheggio durante
il G8 del 2001.
L’appello è stato
irmato da migliaia
di persone, tra cui
esponenti del mondo
della cultura e
della società civile.
www.10x100.it
VOCI SOLIDALI
dite a Supporto Legale.
Una prima mostra si è svolta in febbraio a Roma,
mentre l’ultima è stata allestita dal disegnatore
Lucio Villani lo scorso 5 maggio presso About:Blank
di Torino, spazio condiviso che incontra ed ospita
artisti, creativi, curatori che non dispongono di un
ambito uficiale di promozione. Hanno partecipato, Daniele Catalli, Sonia Cucculelli, Eleonora Diana, Alessio Spataro, Gio Pistone, Rita Petruccioli,
Josè Arrigoni, Flaccidia, Zero Calcare, Marcella
Brancaforte, Akab, Massimo Giacon, Gianfranco
Enrietto, Alberto Ponticelli, Arianna Vairo, Marco
Cazzato, Gianluca Cannizzo, Rocco Lombardi, Marina Girardi, Giuseppe Palumbo, Claudio Malpede,
Dalia Del Bue, Moisi Guga, Giorgio Rubbio, Print
About Me, Il Pistrice, GrrZetic, Giuseppe Tassone,
Davide Osenda, Elisa Talentino, Laura Nomisake,
Fulvio Bisca, Jacopo Valsania, Goran Romano, Valentina Menegatti, Lucio Villani.
illustrazioni Lucio Villani
È possibile aiutare Supporto Legale organizzando
simili iniziative di inanziamento, ma anche direttamente dal sito www.supportolegale.org, facendo una donazione dalla pagina dedicata alla raccolta fondi.
Lucio Villani, musicista e
disegnatore italiano, nasce a Roma
vive tra Roma e Torino. Veterano
di ambienti underground, scarso
diplomatico e presenzialista,
comincia ad autoprodurre i suoi
albi nel 1999. Nel 2000 cofonda Krakatoa, rivista di graica
e illustrazione. Fino al 2008
sono più di dieci i libri realizzati
in proprio, sperimentando idee
graiche e tipograiche, dal
fumetto al libro illustrato. Intreccia
l’intensa attività di musicista con
quella di disegnatore, lavorando
come copertinista, illustratore,
vignettista, storyboard artist
per editoria, satira, cinema e
pubblicità. Dal 2006 scrive libri in
ilastrocca, ha appena pubblicato
“24 senza testa” con i disegni di
Daniele Catalli. Le notizie più
fresche sulla produzione musicale
e graica si mungono agevolmente
dal suo blog. Lucho, che non ama il
burlesque e preferisce gli alieni con
il cervellone, cerca di condensare
gli insegnamenti di Kay Nielsen,
John Bauer, Tanino Liberatore,
SergioTofano, Roald Dahl, Ian
Miller, Django Reinhardt e Johann
Sebastian Bach, nei suoi prodotti.
Sperando che vi arrivino sempre
freschi!
LUGLIO 2013 - BARRICATE
37
MISSIONI
Intervista a Suor Maria Mastino
L’OASI PER I FIGLI DI NESSUNO
“Crèche” di Betlemme: una missione di pace, una lotta contro
l’intolleranza per amore dei diritti umani
Eleonora Celi
Da più di un secolo, a partire dal
1884, la “Crèche” della Santa
Famiglia a Betlemme, la “Holy
Family Children’s Home”, accoglie bambini abbandonati o in
situazioni di diicoltà. Con la
costruzione del muro di sicurezza israeliano1 e la moltiplicazione
dei posti di blocco e di controllo,
la Palestina è diventata una terra ancora più fragile ed è qui che
l’opera delle Figlie della Carità
di San Vincenzo de’ Paoli grida
continuamente giustizia, combattendo per rivendicare il diritto
alla vita e all’amore dei nati per
errore.
Suor Maria, Figlia della Carità,
da anni si batte per dare un futuro
a bambini riiutati da una forma
di follia. Racconta con fermezza e
serenità anche le storie più terribili e rassicura con un sorriso anche
gli occhi più increduli, chiedendo
a chi incontra sul suo cammino
preghiere e generosità, senza al38
LUGLIO 2013 - BARRICATE
cun giudizio su quella parte di
mondo in cui la fede è un sentiero
tortuoso di paradossi e asperità,
in illogici giochi del destino o volontà di un Dio superiore. Suor
Maria è un iume in piena, mille episodi negli occhi e nel cuore,
che vorrebbe condividere con parole di dolcezza, nonostante sia
davvero poco dolce il sapore delle
storie di vita che incrocia e accarezza. Come quella di una giovane ragazza accolta alla Crèche
dopo essere stata violentata dai
fratelli: una gravidanza vissuta di
nascosto ma in un luogo protetto, la speranza di poter tornare a
prendere quel frutto dell’odio per
riempirlo d’amore, poi di nuovo
violenze e soprusi da parte della
famiglia, ino al gesto estremo di
sua madre, appesantita dalla colpa di avere una iglia “così piena
di peccato”. O come la storia di
un piccolo ometto, che sognava
di avere un genitore e lo vedeva
in ogni igura maschile che faceva visita alla Crèche: prima deluso dall’uomo che avrebbe voluto
come padre adottivo, poi felice di
aver avuto una seconda occasione, diventando iglio e potendo
gridare la parola “papà”. O, ancora, come la tenera storia di una
bimba trovata avvolta dai giornali e infreddolita, con una malattia
che le impediva di crescere: tutti
credevano che non ce l’avrebbe
fatta, ma una rete di solidarietà
l’ha condotta in Italia per il suo
viaggio di speranza, per ricevere
un trapianto e sperare di iniziare
a vivere un’esistenza normale.
Com’è iniziata la missione
delle Figlie della Carità a Betlemme?
Le prime Figlie della Carità di
San Vincenzo de’ Paoli arrivarono a Betlemme nel 1884, che
allora era solo un piccolo villaggio al sud di Gerusalemme.
1- Sistema di
barriere isiche
costruito da Israele
in Cisgiordania a
partire dalla primavera del 2002 sotto
il nome di chiusura
di sicurezza, allo
scopo uiciale
d’impedire isicamente l’intrusione
di palestinesi nel
territorio nazionale.
Questa barriera,
il cui tracciato di
circa 700 km è controverso ed è stato
ridisegnato più volte
a causa delle pressioni internazionali,
consiste per tutta
la sua lunghezza in
una successione di
muri, trincee e porte
elettroniche.
2- La compagnia
deriva dalle confraternite di dame
della Carità istituite
a partire dal 1617
da Vincenzo de’
Paoli (1581-1660)
per il servizio a
domicilio dei poveri
e degli ammalati. Le
Figlie della Carità si
dedicano anche alla
cura degli orfani,
all’assistenza agli
infermi e agli anziani, alla cura dei
disabili, al servizio
nelle scuole e alla
gestione di rifugi per
donne e bambini in
diicoltà.
VOCI SOLIDALI
3- Il Sovrano militare ordine ospedaliero di San Giovanni
di Gerusalemme di
Rodi e di Malta,
comunemente abbreviato in Ordine di
Malta, è un ordine
religioso cavalleresco canonicamente
dipendente dalla
Santa Sede, con
inalità assistenziali.
È il principale successore dell’antico
ordine dei Cavalieri
ospitalieri, fondato
nel 1048 e reso
sovrano il 15 febbraio 1113 da papa
Pasquale II.
Iniziarono quindi a prodigare
cure ai più disagiati, a domicilio, nelle tende dei beduini e nei
vari dispensari dei villaggi. Poi
nel 1895 le Suore aprirono l’Ospedale della Santa Famiglia,
che dovette presto accogliere
bimbi abbandonati e nel 1905
divenne operativa a tutti gli effetti la Crèche della Santa Famiglia, che ha superato diicoltà
politiche e guerre, continuato a
svilupparsi e a rispondere alle
esigenze dei più bisognosi.
Grazie alle “Opere Ospedaliere Internazionali dell’Ordine
di Malta”3 e al restauro di una
parte degli ediici dell’Ospedale, nel 1990 arrivò un reparto
Maternità, nel quale ino ad
oggi sono nati quasi 40 mila
bambini.
Cosa fa la Crèche?
La Crèche ha iniziato la sua
attività accogliendo bambini
da 0 a 6 anni, abbandonati da
donne musulmane che sono
state violentate o che hanno
avuti rapporti al di fuori del
matrimonio e non hanno scelta,
perché se provassero a tenere
i bambini verrebbero uccise. A
questi bambini manca la cosa
più importante: sono privati dei
loro diritti umani sin dal seno
materno. I due terzi dei nostri
piccoli ospiti sono mandati dalla polizia, o dai servizi sociali
palestinesi, per problemi di indigenza familiare, o per sevizie
e maltrattamenti in contesti di
vita precaria. Quando possiamo, cerchiamo di mantenere il
bambino con la madre, almeno
per i primi tempi. Capita spesso, infatti, che ragazze incinte
vengano da noi per un periodo,
dicendo alla famiglia che hanno
trovato un lavoro e manderanno dei soldi a casa. Così riescono a salvare la propria vita, se
i familiari non si accorgono di
nulla, mettendo in salvo anche
la creatura che stanno per dare
alla luce. Ma il più delle volte
questi bimbi vengono lasciati
davanti ad un portone, o per
strada, in certi casi con un biberon ancora caldo. Proviamo
sempre a rintracciare la madre,
ma è molto diicile riuscirci.
In quante persone riuscite a
gestire la struttura?
Siamo una trentina, tra cui
quattro sorelle di diverse nazionalità: francese, libanese,
palestinese ed italiana. Tutto
il personale è regolarmente assunto, comprese le insegnanti
della scuola materna. Qualcuno
ci ha chiesto di poter svolgere
volontariato all’interno della
struttura, ma brevi periodi non
sarebbero positivi per i bambini, che hanno bisogno di stabilità e quindi anche di igure che
possano diventare punti di riferimento. Per questo accettiamo
chi voglia fare esperienze di
vita e volontariato, ma almeno
per uno o due anni.
La Crèche accoglie bambini
solo ino ai 6 anni di vita? E
poi?
I bambini sono divisi in tre sezioni in base alla loro età, da 0
a 9 mesi, da 9 mesi a 3 anni,
e dai 3 ai 6 anni. Ogni sezione
è seguita da personale adatto
all’età di ciascuno. È importante tener presente che numerosi
bambini presentano reazioni
psicologiche gravi, dai mutismi
alla violenza e a disturbi del
comportamento e neuropsicologici in genere. Vivono spesso
LUGLIO 2013 - BARRICATE
39
VOCI SOLIDALI
una disarmonia dello sviluppo che noi cerchiamo in tutti i
modi di cancellare, con afetto
e attenzioni. Dai 2 anni in poi
condividono l’asilo con “gli
esterni” (che vivono nelle loro
famiglie e lì tornano al termine
della giornata). Amalgamare e
far crescere insieme i bambini
è indispensabile per dare agli
interni un’apertura sul mondo
di fuori e per favorire il loro
equilibrio psicosociale. Quando compiono 6 anni vengono
trasferiti in un’altra struttura, il
“Villaggio SOS” di Betlemme, e
iniziano a frequentare la scuola
e da lì noi non ne abbiamo più
notizie, se non in casi sporadici. Non abbiamo la possibilità
di tenerli con noi più a lungo.
Il Governo teme che possiamo
trasmettere loro la nostra cultura e la nostra religione cristiana
e questo è un tasto molto delicato qui. Non a caso è possibile
insegnare solo l’arabo e qualche
parola di inglese ai più grandi.
Quanti bambini avete attualmente e quanti ne accogliete
in media ogni anno?
Abbiamo circa 120 bambini,
di cui una cinquantina interni.
Ogni anno ne accogliamo circa
dieci nuovi. Sono tutti bambini
che vivono nella miseria, che
sono picchiati, malnutriti, talvolta violentati, gettati fuori
di casa dalla loro stessa madre
o dalla nonna, testimoni della
tragica morte di uno o di entrambi genitori. Da tempo siamo anche molto controllati: c’è
assolutamente vietato aidare
un bambino a una famiglia cristiana, solo le coppie musulmane ne hanno diritto.
È possibile portare uno di
questi bambini all’estero e
adottarlo con le leggi del paese in cui si vive?
L’adozione non è permessa, per
il mondo islamico esiste solo la
tutela, una forma di aidamento chiamata “kafala” in arabo.
Perciò le famiglie musulmane
possono facilmente prendere
i bambini sotto tutela, i quali diventano automaticamente
musulmani. Ma questo vuol
dire che loro non prenderanno
mai il cognome della famiglia,
40
LUGLIO 2013 - BARRICATE
né avranno mai diritto ad alcun tipo di eredità. Tutta la
loro vita, da piccoli e da grandi,
avrà il marchio di igli di nessuno, dei senza diritti, con tre
cognomi che iniscono per “Allah”.
Suor Maria vive alla Crèche di
Betlemme da più di undici anni e
l’energia con cui crede nella missione che le è stata aidata non
smette di rinvigorirsi. Accetta le
ferite della Palestina e le fa sue,
accoglie i risultati dell’intolleranza e del rancore senza perdere la
speranza, senza smettere di pregare per un futuro in cui la violenza venga spazzata via e non
esista cultura o religione capace
di emarginare e distruggere. Eppure la situazione in questo angolo di mondo è drammatica. Il
muro isola gli abitanti della regione dal resto della Cisgiordania. I
pochi cristiani rimasti cercano di
andare via e le tensioni tra mondo ebraico e mondo musulmano
sembrano essere destinate a non
esaurirsi. Un muro così alto e robusto da far spavento, che sembra
crescere ogni volta che gli si passa
vicino. Un po’ come le diicoltà
dei palestinesi e il loro debito nei
confronti degli israeliani. Dipendono da Israele per acqua, energia, e per il lavoro, che è ormai
insuiciente. I pochi che hanno la
possibilità di andare a lavorare a
Gerusalemme (a poco più di 10
km di distanza) devono fare ore
ed ore di ila al check point, a
piedi, perché nessuna automobile
con targa palestinese può viaggiare in luoghi israeliani. I problemi sono numerosi, di carattere
materiale, umano e morale. E la
Crèche è un barlume di pace, di
vita e amore incondizionato, il
baluardo dei diritti umani. Eppure non riceve alcun aiuto da parte
del Governo, che, anzi, vede quel
centro di accoglienza per bambini
abbandonati come una minaccia
e una sida all’establishment e il
lavoro delle Figlie della Carità
come un incitamento alla prostituzione di giovani donne. Negli
ultimi vent’anni la somma totale
elargita dal Ministero de Sevizi Sociali palestinesi ammonta a
38.000 shekels (circa 690 euro),
motivo per cui tutto ruota intorno
alla “Provvidenza” e alla generosità dei benefattori.
Il futuro dal punto di vista umano
e sociale è cupo per questa grande missione, ma le grida di bambini entusiasti di conoscere volti
nuovi sono illuminanti e colme
di iducia. Come lo sguardo del
piccolo Jafar (in arabo “piccolo
torrente”) che prende il braccio
di chiunque gli sorrida, tirandolo
con sé verso la inestra e indicando con forza ciò che sta fuori. E
non serve parlare la stessa lingua
né avere le stesse origini. Perché
lottare per cambiare le cose, con il
volto e la forza della pace e della
vera giustizia, vuol dire solo una
cosa: condurre quei bambini in un
mondo migliore.
Per informazioni sull’attività della Crèche di Betlemme:
[email protected]
LINGUAGGI GRAFICI: SERGIO PONCHIONE
LUGLIO 2013 - BARRICATE
41
LINGUAGGI GRAFICI: SS-SUNDA&ELENA RAPA
SS-Sunda
lap-dancer, autore di fumetti e regista/sceneggiatore indipendente. Visto
che non ama tanto le biograie, maggiori info sul suo
operato potete trovarle su
www.ss-sunda.com;
Elena Rapa
(1978, Fano), professoressa in attesa di cattedra, disegnatrice di fumetti e illustrazioni, pittrice e graica.
Assieme a Laura Nomisake
e Giacomo Podestà cura la
fanzine d’illustrazione e fumetto Mr. Mango|Piccole
trilogie alla Frutta. Il suo
blog è www.elenarapa.
blogspot.com.
I due insieme stanno lavorando anche ad una
struggente fanzine di soli
fumetti underground che
probabilmente si chiamerà
Tenerezza.
42
LUGLIO 2013 - BARRICATE
BERE MANGIARE RESPIRARE
ALLEVAMENTO
PORCI E FELICI
Un’azienda agricola nelle valli dietro Urbino mette in atto una zootecnia
tradizionale, per recuperare l’orgoglio di essere contadini con
consapevolezza culturale moderna e puntare alla qualità. Gli animali
sembrano felici, almeno ino a quando non suonerà la loro ora
“Andiamo a visitare un allevamento di maiali!”
La proposta ha stimolato la mia curiosità di consumatore mediamente ignorante, nel senso che
cerco di tenermi aggiornato, con una certa attenzione ai temi del biologico (ma senza fondamentalismi) e a quelli del benessere animale e dell’etica
ambientalista.
Finora avevo visto il maiale nella casa
contadina dei miei suoceri in AbruzSi è voluto togliere il zo, uno solo che veniva acquistato aptermine “contadino”, pena svezzato in primavera. Viveva in
sostituito da “impren- uno scantinato, maleodorante quanto
basta. Ogni tanto usciva e trotterelditore agricolo”, e
lava per l’aia spaventando i polli, inoggi ci ritroviamo che seguito dalla nonna con il bastone. In
si deiniscono “conta- gennaio veniva sacriicato sull’altare
dine” anche aziende della minimale economia contadina
che hanno produzioni e diventava prosciutti e insaccati appesi nello stanzone d’ingresso della
industriali
casa, quello col camino, la madia, la
cucina, il tavolone centrale e, ovviamente, il televisore sempre acceso.
Poi ho visto alla Rassegna Suinicola di Reggio
Emilia gli esemplari “da iera” esposti nei recinti
di allestimento, puliti e pettinati, con la paglia che
sembra quasi un tappeto elegante. Non si può dire
che profumassero (sempre porci sono), ma erano
almeno presentabili. Se ne stavano a grufolare pigramente e a godersi la vacanza esotica (per loro),
ignari dell’orrore trasmesso lì vicino dal monitor
di un’azienda di impianti e attrezzature per macelli. Si vedevano i maiali ammucchiati, qualcosa
li costringeva ad avanzare. Le pareti metalliche
si restringevano ino a lasciar posto a un solo individuo, che conquistava il suo spazio a spintoni.
Lì trovava un budello chiuso, l’alito degli altri nelle
1- Azienda Agricola
natiche. La parete davanti si apriva di colpo. L’aniCalbianchino, Via
male avanzava, la superava e questa si richiudeva
Ca’ Andreana 10,
61029 - Urbino
veloce alle sue spalle. Trovatosi solo in un nuovo
(PU). T. 0722.4441
budello, veniva colpito in testa da qualcosa e per- info@calbiandeva i sensi. Per sempre. Poi si apriva una parete
chino.it www.
calbianchino.it
laterale e il corpo scivolava lungo un piano inclinato verso un bacino d’acqua, dove andava a galleggiare assieme ai compagni che l’avevano preceduto. La mattanza procedeva con ritmo sostenuto,
Ph: Paolo Rosso
Mauro Ferri
qualche maiale ancora scalciava mentre scivolava
verso l’acqua del suo Acheronte, da dove mani
esperte e argani l’avrebbero afferrato per portarlo ai laboratori di lavorazione delle carni.
Beh, quando mi è stato proposto di visitare un
allevamento suinicolo, potete immaginare quello
che mi sarei aspettato di trovare.
L’azienda agricola di Gigia Minnetti e Carlo Comandini1 è uno di quei posti che la campagna
vorrebbe tenere ostinatamente nascosti, tanto è
impegnativo raggiungerla anche per l’uomo super
attrezzato di oggi. Bisogna oltrepassare Urbino,
inoltrarsi in sentieri sterrati che sembrano non
inire mai, superare bivi che potrebbero essere
enigmi nei percorsi di caccia al tesoro, per giungere inine nella valle dei porci felici. Il sentiero vi si
affaccia dall’alto, presso una vecchia casa contadina con il tetto che pare spalmarsi sul versante della collina, comignolo fumante e pavone sul bordo,
a volte così immobile nella sua sovrana posizione
da sembrare un acroterio. Tutt’intorno si aggirano
polli di vari colori che si allontanano indispettiti al
nostro passaggio. Il primo ambiente della casa è la
cucina, antica e rustica. E priva di televisore. Perché questo è nel secondo ambiente, una vasta sala
con bassa copertura a capriata, salotto tradizionale e libreria ricavata in ogni interstizio, con postazione tecnologica per la connessione con il resto
del mondo. La casa dei contadini di oggi. Dalle inestre il panorama sulla piccola valle, disseminata
LUGLIO 2013 - BARRICATE
43
illustrazioni Elena Rapa
BERE MANGIARE RESPIRARE
castagni.”
Ci spostiamo verso il castagneto, che risale il versante ino alla casa. “Qui potresti scorgerne qualcuno vicino. Mangiano castagne e il lardo acquista
un profumo e un sapore unico e delicato.”
Noi, che siamo conGià, il lardo. Pur essendo più piccoli e
asciutti degli esemplari diffusi negli tadini, vogliamo
allevamenti industriali, questi animali lavorare per la quasono ricchi di lardo.
lità, ma oggi anche
“Il lardo era un elemento essenziale le norme sanitarie
nell’economia casalinga, forniva apporto proteico tutto l’anno. La nostra stanno impedendo la
è una razza antica non forzata. Era valorizzazione del
funzionale alla fattoria di una volta, nostro patrimonio
un animale a crescita lenta, prima di tradizionale
due anni non era pronta. Oggi è a rischio di estinzione.”
Perché?
“Alla ine dell’800 è arrivata la razza inglese “large
white”, una razza standard, facilmente allevabile
all’interno; dopo un anno gli animali sono pronti
per il macello. E poi non hanno lardo, i maiali di
adesso hanno la carne attaccata alla cotica, perché il mercato vuole così.”
Se penso che tolgo il grasso dal prosciutto prima di
mangiarlo, un po’ mi vergogno. Ma andiamo avandi appezzamenti organizzati in varie colture, oltre ti. Gigia e Carlo sono igli di contadini, di Fermo lei,
di Sarsina in Romagna lui. Si sono conosciuti all’ua boschetti di castagni. Laggiù vivono i loro maiali.
niversità e da una quindicina d’anni sono tornati alla terra, con una
“Alleviamo cinquanta maiali nella
Il
verro
vive
sempre
diversa consapevolezza e con una
nostra valle - dice Gigia mentre sul
con
le
scrofe,
non
è
rinvigorita passione. Ci tengono a
tavolo del giardino viene servito
chiamarsi contadini.
pane, vino e formaggio (di loro pro- vero che è cattivo,
“Si è voluto togliere il termine ‘conduzione, hanno anche le vacche) - la anzi, fa anche da
tadino’, quasi ci fosse da vergorazza è la cinta senese. Si adatta agli
baby sitter
gnarsi, sostituito da ‘imprenditore
allevamenti all’aperto.” Ci alziamo
agricolo’ e oggi ci ritroviamo che
per guardare la valle. “Li vedi pascoiniscono con deinirsi ‘contadine’ anche aziende
lare laggiù?”
Appezzamenti con diverse coltivazioni si alterna- che hanno produzioni industriali.”
no a radure erbose e a zone boscose. Gli animali Gigia ce l’ha con le leggi più recenti, anche nelle
sembrano muoversi in libertà, si scorgono alcuni Marche, e ritiene “negligente” la politica agricola
regionale. Fa l’esempio delle razze di pollo da correcinti ai bordi di una strada sterrata.
“Vivono in diverse zone, con varie coltivazioni, tile: “Non si è difesa la tipicità e il nostro pollo rualcune a perdere, come il favino; circolano lì e spante è passato per una sottospecie della razza
mangiano quello che vogliono. Periodicamente li livornese.”
facciamo ruotare, li portiamo ai diciotto mesi di È una questione di qualità?
età e negli ultimi tempi vivono in questo bosco di “L’idea italiana che hanno gli stranieri è tanto legata al cibo di qualità. E noi, che siamo contadini,
vogliamo lavorare proprio per quella qualità, solo
che oggi anche le norme sanitarie stanno impedendo la valorizzazione del nostro patrimonio tradizionale.”
In che senso?
“Noi siamo un’azienda a ciclo completo, dalla riproduzione al prodotto inale, compreso il mangime, prodotto in casa.”
Anche il mangime?
“Produciamo quasi tutto per alimenti: grano, cereali, favino, pisello.”
Mangiano molto?
“Un chilo di sfarinati al giorno a maiale più le in44
LUGLIO 2013 - BARRICATE
BERE MANGIARE RESPIRARE
illustrazione Marilena Nardi
E dal punto di vista sanitario?
“I primi due anni sono stati dificili, i cuccioli si
ammalavano sempre, poi ci hanno spiegato che si
deve creare una carica batterica dell’allevamento.
Superato quel momento non abbiamo più avuto
problemi. Se notiamo qualche animale con segni
di malessere, lo facciamo uscire dal recinto e lo lasciamo libero.
Per non contaminare gli altri e andare a morire da
qualche parte?
“No, poi ritorna guarito. Segue l’istinto, trova le
sue cure.”
E quando giunge la loro ora?
“Questo è compito di Carlo. I maiali vengono a
mangiare, scegliamo l’esemplare da abbattere, lo
attiriamo fuori dal recinto poi lo portiamo in una
zona dove gli altri non vedono e lo tramortiamo
con uno strumento che lo colpisce in testa, mentre
è chino a mangiare. A questo punto non è ancora
morto, ma è in coma. È pronto per essere sgozzato. Però non soffre. Bisogna dare il diritto agli animali che vivono in un territorio, di morire lì.”
Ph: Paolo Rosso
tegrazioni. Tutti i giorni vengono a mangiare. Abbiamo anche il mulino in azienda. Ma le norme ci
impediscono di fare il mattatoio in casa, sarebbe
una spesa folle, come lo è stato fare il laboratorio,
tutto a norma, dove lavoriamo la carne e produciamo insaccati, lardo, prosciutti, perché a Carlo è
sempre piaciuta la norcineria. Ma siamo piccoli, e
con queste normative che appiattiscono l’offerta e
la qualità, noi rischiamo di scomparire.”
Quindi i maiali vanno a un mattatoio esterno, per
poi tornare qui per essere lavorati?
“Sì, tranne i pochi che la legge ci conBisogna dare il dirit- sente di abbattere in azienda per uso
to agli animali che vi- personale.”
Avete anche i verri?
vono in un territorio, “Due riproduttori. Il verro principale
di morire lì
e uno giovane di rincalzo, in caso il
primo avesse problemi. La gestazione dura meno di quattro mesi, ogni scrofa può avere ino a dieci igli, la media per la cinta senese è
otto, ma tieni presente che nell’industria si arriva
anche a nidiate di trenta cuccioli. Lo svezzamento
qui da noi è dai quaranta ai sessanta giorni, mentre
in certi allevamenti bastano un paio di settimane.
E dopo ventun giorni la scrofa torna in calore.”
È vero che il maschio va tenuto lontano perché è
pericoloso per i piccoli?
“È una leggenda metropolitana. Il verro vive sempre con le scrofe, non è vero che è cattivo, fa anche da baby sitter, quando la scrofa vuol farsi una
passeggiata per conto suo. Le scrofe stanno bene
insieme, ‘in orda’, come si suol dire.”
Una comunità, insomma.
“Poi c’è la questione dei cinghiali. I maschi vengono qui, attratti dalle scrofe, per accoppiarsi. Non
li ferma di certo il recinto (del resto non ferma
nemmeno i maiali, che quando vogliono, il modo di
uscire lo trovano), ma li tiene lontani il verro, che è
più grosso di loro. Però una volta abbiamo trovato
due cinghiali che dormivano con le scrofe, si erano
accasati.”
LUGLIO 2013 - BARRICATE
45
LINGUAGGI GRAFICI: ALBERTO CORRADI
46
LUGLIO 2013 - BARRICATE
BERE MANGIARE RESPIRARE
ELETTROSMOG
UN NEMICO INVISIBILE?
Smartphone, tablet, microonde, wii.
Fino a che punto la nostra salute è al sicuro?
Pablo Castellani
Proviamo a raccontare la giornata tipo di un normale cittadino, un impiegato della nostra società
dal risveglio ino a sera. Mentre aspetta il caffè,
con un orecchio alle notizie del telegiornale,
controllerà la casella mail dal proprio computer
e prima di uscire farà un
salto sul sito dell’edizione
on line del suo quotidiano
preferito. Recandosi al lavoro probabilmente controllerà sullo smartphone
gli impegni lavorativi della
giornata, sincronizzando
l’agenda con quella del suo
capo-uficio; darà un’occhiata veloce al proilo
facebook, per poi lavorare
al computer per le successive otto ore, durante
le quali navigherà su internet e telefonerà con il
cellulare. Al ritorno passerà parte del tempo con
lo smartphone in mano a
controllare le notizie del
giorno, il gossip, i social
network, la lista della spesa, ascoltando musica in
streaming o telefonando a parenti e amici. Una
volta a casa, scalderà la cena al microonde, controllerà che il pc abbia scaricato il ilm da godersi
sul divano, mentre nelle altre stanze della casa i
suoi igli chattano e videochiamano gli amici dai
loro tablet e smartphone. Prima di andare a dormire poi, il nostro protagonista controllerà che la
sveglia del cellulare sia attiva e lo metterà in carica, molto probabilmente sul comodino, lasciandolo acceso tutta la notte.
Qualcuno si riconosce in questa rappresentazione? Probabilmente sì. Trovate ci sia qualcosa di
sbagliato in tutto questo? Al di là forse della ge-
nerale condizione dell’uomo moderno, connesso col mondo intero ma non con chi lo circonda,
pochi troverebbero in quanto descritto qualcosa
di sbagliato: in fondo è così che vanno le cose, è
semplicemente la nostra società, funziona così.
Eppure qualcosa che dovrebbe metterci in allarme
c’è: si tratta dell’elettrosmog, ovvero la presenza
costante di campi elettromagnetici emessi da gran
parte delle apparecchiature con le quali abbiamo
a che fare durante tutto il
giorno.
I campi elettromagnetici
pervadono in maniera invisibile il nostro ambiente
e sono emessi dalle fonti
più disparate: telefoni cellulari e wireless, stazioni
radio base e antenne di
telefonia mobile, wii ed
elettrodotti, elettrodomestici e segnali radar. L’ambiente in cui ci troviamo
a vivere è saturo di onde
elettromagnetiche, tanto
che alcuni parlano di “fondo elettromagnetico”,
una specie di rumore bianco invisibile e impercettibile.
Chi pensa che le possibilità di rischio per la salute
siano minime o inesistenti, forse ignora che i campi elettromagnetici (in particolare quelli emessi
dai nostri indispensabili telefoni cellulari) sono
stati introdotti dallo IARC, l’Istituto internazionale per la ricerca sul cancro, costola dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in una “black
list” di possibili cancerogeni nel maggio del 2011,
e che il Consiglio di Stato europeo sta mandando,
più o meno dallo stesso periodo, avvertimenti in
LUGLIO 2013 - BARRICATE
47
merito ai rischi della diffusione capillare del wii,
consigliando di eliminarlo gradualmente dagli
istituti pubblici, scuole ed ospedali in particolare.
Diversi studi uficiali sono stati commissionati
per giungere ad una conclusione univoca e deinitiva sull’argomento, ma le conclusioni a cui si è
giunti -ovvero “non è accertata una connessione
tra insorgenza di tumore e uso del cellulare”- non
convincono molti scienziati indipendenti a causa
della presenza di tutti i principali costruttori di
telefoni cellulari e gestori di telefonia mobile tra
i inanziatori dello studio. E mentre nel mondo,
compresa l’Italia, aumentano i segnali che inducono a pensare che qualcosa di rischioso per la
salute esista, la vendita di smartphone e tablet va
a gonie vele, di pari passo con una richiesta sempre più insistente da parte del pubblico per una
rete dati cellulari eficiente e sempre più veloce.
Il dibattito scientiico sui pericoli dell’esposizione
ai campi elettromagnetici è però sempre molto
acceso: negli ultimi anni sono sempre più numerosi scienziati, ricercatori e medici che affermano la necessità di applicare almeno il principio di
precauzione, che impone condotte cautelative rispetto alla gestione di questioni scientiicamente
controverse.
In Italia il fronte degli scienziati “precauzionisti”
è ampio, anche se il loro lavoro e le conclusioni a
cui giungono sono hanno spesso poca visibilità.
Tra questi c’è Fiorenzo Marinelli, biologo e ricercatore presso il CNR di Bologna, che da ormai
molti anni si dedica allo studio degli effetti dei
campi elettromagnetici e dei segnali radar sulle
persone e sulle cellule in coltura. Tra gli oggetti
dei suoi studi, anche il telefono cellulare ed il wii.
48
LUGLIO 2013 - BARRICATE
“L’osservazione degli effetti dei campi elettromagnetici sulle cellule in coltura – ci spiega il dottor
Marinelli – mi permette di capire quali sono i
meccanismi attraverso i quali le radiofrequenze
agiscono sugli esseri viventi. I miei studi sono
sugli effetti genetici, vado ad analizzare le cellule esposte per quel che riguarda la regolazione
dei geni che disciplinano la vita cellulare. I campi
elettromagnetici, così come ho osservato, attivano dei sistemi di regolazione della riproduzione
cellulare e quindi possono anche dare origine a
cellule tumorali”.
Gli esperimenti del dottor Marinelli si svolgono
esponendo le cellule all’esposizione dei campi
elettromagnetici di diversa frequenza ed osservando poi le reazioni a livello biologico. Fra le
reazioni osservate, l’apoptosi, ossia la morte cellulare, anche a frequenze piuttosto basse; oppure l’attivazione di geni della sopravvivenza, che
fanno proliferare le cellule anche se danneggiate,
con il rischio di sviluppo di cellule tumorali. Molto dannosa, secondo le osservazioni del dottor
Marinelli, è l’esposizione prolungata o continua
a campi elettromagnetici. “Lo IARC – prosegue
Marinelli - ha classiicato i cellulari come possibili
cancerogeni in base a studi e dati che dimostrano
la certezza che i telefoni possano comportare dei
danni, eppure nessuno interviene rispetto all’uso massiccio dei cellulari. Lo stesso avverrà con
le nuove tecnologie, come ad esempio LTE, che
verranno applicate senza che siano state preventivamente studiate. Un comportamento assurdo
ed irrazionale che salvaguarda solo il proitto e
non si cura della salute della popolazione”.
BERE MANGIARE RESPIRARE
ONDE ANOMALE
Editori Internazionali Riuniti
Se l’aria che ci circonda fosse
contaminata e potesse causare
tumori, non vorreste saperlo con
assoluta certezza? Sappiate che
la possibilità esiste ma nessuno
sembra voler sollevare il problema. Le antenne per la telefonia mobile e gli stessi cellulari
inondano l’etere di onde elettromagnetiche che agiscono sugli
esseri umani causando modiiche
a livello cellulare. Lontani dalla
voglia di fare allarmismo, Alessio
Ramaccioni e Pablo Castellani
raccontano le loro esperienze in
un reportage che parte da lontano, dalla trasmissione “Il nemico
invisibile” che da anni si occupa del problema denunciando
la linea di condotta poco chiara
delle istituzioni e delle lobby di
potere, esaminando documenti e
interpellando scienziati di fama
internazionale.
Se è vero che non ci sono ancora certezze sui danni provocati
dall’elettrosmog, è vero anche
che le conferme sono state cercate senza la dovuta attenzione
e senza rimettersi a quel “principio di precauzione” imperativo
quando si tratta della sicurezza
della popolazione.
Dast (Danilo Strulato)
nasce nel 1966 a Thiene, in provincia di Vicenza. Dopo gli studi
accademici, si dedica all’autoproduzione editoriale collaborando
con Stefano Zattera e la Delirio
comm. Nel frattempo è presente
in diverse realtà internazionali tra
le quali Malefact-Usa, Panik-Usa,
Stripburger-Slo, Interzona-Ita. Partecipa con AlterVox nel 1998 all’iniziativa “Subway”, tenutasi nella metropolitana di Milano, ed è presente
con una mostra personale a Lucca
Comix. Nello stesso anno comincia
la collaborazione con la Mondo
Bizzarro Gallery con il volume “Horrorgasmo”, la personale “The hell
inside me” nel 2001, il volume “Mater Universalis” nel 2003. Sempre
nel 2003 è presente alla collettiva
“Italian Pulp” presso la Luz de Jesus
Gallery di Los Angeles, tempio del
Pop Surrealismo internazionale.
Nel 2005 partecipa alla storica collettiva “Apocalypse Painting” alla
Mondo Bizzarro Gallery e nel 2009
al “14th Anniversary Group Show”;
nello stesso anno, sempre presso la
M.B.G., è allestita una retrospettiva dal titolo “Danze macabre”. Del
2009 è anche la realizzazione delle
illustrazioni per il volume scritto da
A. Grieco “State Lontani”, Grrrzetic
ed.
Attualmente collabora con diverse
realtà dall’editoria alla street art e
saltuariamente con le gallerie La
Luz De Jesus Gallery, Gestalt Gallery, Antonio Colombo Arte Contemporanea, Fabrica luxus art gallery.
LUGLIO 2013 - BARRICATE
49
BERE MANGIARE RESPIRARE
CICLOTURISMO
SOTTO QUESTO SOLE È BELLO PEDALARE
SÌ… MA C’È DA SUDARE?
Turismo sostenibile e due ruote: la difusione di cicloturismo
e ciclo-escursionismo, per sportivi e non
La vita è come andare in bicicletta: se vuoi stare
in equilibrio devi muoverti – proferiva il saggio
Einstein. E sarà per questa ragione che per ritrovare il proprio equilibrio in un’epoca fatta di
instabilità e lessibilità, uomini e donne, single,
famiglie e gruppi, giovani e meno giovani stanno
iniziando ad innamorarsi dell’idea di viaggiare
risparmiando, non solo il proprio conquibus, ma
anche e soprattutto una buona dose di inquinamento e dispersione di risorse al nostro pianeta.
Tra le proposte e le alternative possibili di vacanze, gite ed uscite fuori porta, il cicloturismo sta
scalando la classiica delle idee più accolte, anche
dai non sportivi. C’è chi si sente così audace da
azzardare un intero viaggio sulle due ruote con
lo zaino in spalla, chi si afida a qualche tour operator per fare brevi percorsi in bici, senza dover
portare con sé il bagaglio, e poi riposarsi in hotel
non troppo spartani; c’è anche l’affezionato delle gite domenicali nelle stradine di campagna tra
parchi e riserve naturali, o chi si diverte a percorrere le piste ciclabili più comode e “paesaggistiche” del Paese. Il cicloturismo è ormai sfuggito
allo stereotipo temibile di impresa sportiva d.o.c.
e si sta sempre più avvicinando ai desideri comuni e semplici di tempo trascorso in natura, di benessere in movimento, ma non troppo, o, almeno,
non più di quel che si cerca.
Perciò, che l’intento sia turistico, naturalistico
o ecologista, in Europa il ciclo escursionismo è
ormai un fenomeno di massa, con tutte le ovvie
conseguenze, e l’Italia…segue a ruota. L’offerta
è molto più ampia rispetto a qualche anno fa, è
compito da pochi minuti trovare un’idea di viaggio, così come un gruppo di appassionati cui appoggiarsi anche solo per suggerimenti e indicazioni. Crescono quindi non solo i percorsi per una
ciclovacanza lontana dal trafico e su percorsi segnati e con servizi collaterali, ma anche il sistema
turistico legato al settore, che tanto giovane non
è. In realtà, il Movimento Sportivo Popolare Italia
(MSP) è stato il primo ente a costruire un settore
dedicato al cicloturismo, nel lontano 1993, attraverso la Scuola Italiana Mountain Bike (SIMB).
D’altro canto anche la Federazione Italiana Amici
della Bicicletta (FIAB onlus), che ha come inalità principale la diffusione della bicicletta quale
mezzo di trasporto ecologico, ha riunito 130 as50
LUGLIO 2013 - BARRICATE
Ph: archivio Acanto
Eleonora Celi
sociazioni autonome locali sparse in tutta Italia,
con l’obiettivo sia di migliorare la viabilità urbana
in un’ottica di riqualiicazione dell’ambiente, sia
di promuovere una nuova forma di turismo. Al
tempo stesso stanno aumentando le pubblicazioni di guide e percorsi per il ciclo-escursionismo
ed il cicloturismo e si sta lavorando per dare vita
ad una Rete Ciclabile Nazionale, già denominata
“BicItalia”1, attraverso l’apposizione di segnaletica specializzata e la promozione di strutture turistiche “amiche” dei ciclisti.
Le crescenti attività ciclo-escursionistiche diventano spia di un nuovo stile di vita ricercato da
molti e augurabile per il pianeta. Si fa sempre più
apprezzare l’uso della bicicletta nel tempo libero
e parallelamente cresce il desiderio di conoscere
da vicino aspetti ambientali e culturali del territorio locale e nazionale, da valorizzare e tutelare.
Del resto, già più di dieci anni fa il “principio ciclosoico fondamentale” sottolineava come ogni
corpo su una bicicletta assista a uno spostamento del proprio sguardo sul mondo. “All’esterno ci
si sposta in bicicletta, ma all’interno è la bicicletta
che ci sposta.” 2
Consigli, informazioni, percorsi su due ruote
www.trekmtb.it
www.mondobici.it
www.cicloturismo.com
www.cicloturismoitaliano.it
www.girolibero.it
www.verde-natura.it
www.viaggiareinbici.it
www.dueruotenelvento.com
www.amicoinviaggio.it
http://turistipercaso.it/a/magazine/diario/cicloturismo
1- Dal 15 novembre
2011 la FIAB è diventata uicialmente Centro nazionale
di coordinamento
per lo sviluppo
della rete ciclabile
europea “EuroVelo”
in Italia.
2- Didier Tronchet,
Piccolo trattato di
ciclosoia. Il mondo
visto dal sellino, Il
Saggiatore Tascabili,
2000.
LINGUAGGI GRAFICI: FABIO TONETTO
LUGLIO 2013 - BARRICATE
51
MARCHE
MARCHE, CHE CHARME!
Una splendida regione con un altissimo potenziale paesaggistico,
economico e socioculturale. Peccato per la pessima classe dirigente…
Ph: archivio Acanto
Giancarlo Iacchini
La regione più collinare (70% del territorio), la
prima nella pesca in rapporto alla lunghezza delle
coste e, nonostante la tradizione agricola (mezzadrile), sorprendentemente anche la più industriale d’Italia, grazie alla rete diffusa di piccole e
medie imprese (mobili, cucine, elettrodomestici,
tessuti, pelle, scarpe, carta, navi e barche, moto,
strumenti musicali, vino, olio e artigianato di
ogni tipo) che hanno fatto delle Marche, negli ultimi 50 anni, un “modello” spesso indicato come
esempio virtuoso di sviluppo economico e pace
sociale. Ma anche la regione meno… regione, per
via di quella insopprimibile pluralità insita già nel
suo nome, che evoca antiche divisioni e lacerazioni storiche mai sanate (documentate ad esempio dalla coesistenza di tanti dialetti in uno spazio
così ristretto), oltre all’impronta del limite, del
conine, della marginalità e forse dell’estraneità
rispetto ai centri nevralgici della vita nazionale.
Il tutto, oggi, entrato nel vortice di una pesantissima crisi che minaccia seriamente gli alti tassi
di occupazione e quella coesione sociale che ha
sempre convissuto con la frammentazione campanilistica e perino linguistica. “Le Marche sono
52
LUGLIO 2013 - BARRICATE
l’idea di conine e di frontiera – spiega Antonio
Luccarini1 (per 9 anni assessore alla Cultura del
comune di Ancona) – la cui eterna contrapposizione all’alterità si accompagna alla dimestichezza col diverso: terra di accoglienza per ebrei, greci, turchi e albanesi, anche loro separati come i
marchigiani stessi. Estranei e lontani dal potere
centrale, ma non per questo più liberi. Terra di
ininite rivalità: un campanile contro l’altro, una
roccaforte contro l’altra senza alcuna solidarietà
reciproca neppure di fronte alle invasioni e poca
disponibilità a riconoscere Ancona come capoluogo; universo senza un centro”. Che però resta
(il centro) un paradigma della politica regionale,
dai tempi del predominio democristiano ino
all’attuale governo PD-IdV-UdC, alleanza moderata anch’essa assurta a “modello marchigiano”
da esportazione, almeno ino alle elezioni politiche del 2013 che hanno disintegrato i due alleati
del PD azzoppando di colpo il presunto “laboratorio” impersonato dal governatore Gian Mario
Spacca (PD), presidente dal 2005.
“Ma qui nasce tutto già vecchio – continua Luccarini – come i primi moti risorgimentali che furono
1- Docente di storia
e ilosoia, membro
del cda del Politecnico delle Marche
e della Fondazione
Teatro delle Muse.
MARCHE – LA TERRA RACCONTA
in realtà le ultime nostalgie del dominio napoleonico. Non c’è alcun modello da esportare, nessun
laboratorio, bensì soltanto il binario morto di una
politica ridotta a recita, interpretata da attori stipendiati ormai incapaci di qualunque idea innovativa e interessati solo a conservare le poltrone;
commedianti che non rappresentano più i cittadini ma solo se stessi. Anche il PD è stata la fusione
notarile di due aziende (i DS e la Margherita) decise a mantenere il rispettivo personale amministrativo, con lo stesso modo ‘piccolo’ e stantio di
governare il territorio, asservito a consorterie e
potentati affaristici. Una politica così meschina e
subordinata non è più il luogo in cui si decide, prostrata com’è ad un modello economico del ‘piccolo è bello’ che ha fatto anch’esso il suo tempo,
perché non regge alla concorrenza dei giganti; ed
ora il ‘piccolo’ rischia di diventare rachitico, a parte il ‘grande’ che resta in piedi ma conservando
ben poco di marchigiano, vedi l’impero di Della
Valle. Lo splendido isolamento di questa regione
assomiglia a una riserva indiana, con tutta la sua
marginalità”.
La bellezza salverà il mondo… e anche le Marche,
che tra la costa, la collina e gli Appennini hanno
un paesaggio da favola? “La natura certo, ma anche il lavoro, perché i marchigiani sono laboriosi
e non abbandonano mai il campo”. Se non sono
costretti a farlo, quando franano antiche certezze industriali come l’Indesit (uno dei pilastri del
maggior impero regionale, quello dei Merloni),
presentando piani di ristrutturazione che prevedono migliaia di “esuberi”. La giunta di Spacca
(ex dirigente della Merloni) è alle prese allora col
rovescio della medaglia, e lo stretto connubio
politica-economia presenta il conto della crisi
Serenella Moroder
Antonio Luccarini
anche agli amministratori. Che peraltro hanno da
pensare anche al loro, di tracollo, visto che il bacino elettorale del governatore è passato dal 58%
iniziale al 30% delle ultime politiche, con Grillo
diventato primo partito col 32%, superando di 4
punti il PD. “Ma il Berlusconi dell’antipolitica si è
già dimostrato incapace di gestire il successo –
chiosa Luccarini – per cui una vera alternativa ancora non si vede. Più che una rifondazione della
politica, servirebbe un’autentica rigenerazione.”
Magari, “semplicemente”, la buona politica al
posto di quella brutta. Ci aveva provato per due
anni (dal 2010 al 2012) una imprenditrice prestata alla politica, ex architetto diventata regina
del vino marchigiano (Rosso Conero Moroder):
Serenella Moroder, che Di Pietro in persona
aveva voluto come assessore al Turismo ma che
lo stesso Di Pietro, in pieno stile-Report, aveva
cacciato su due piedi con una richiesta formale
al governatore, dopo le pressanti insistenze del
capo locale dell’IdV, David Favia. Motivazione?
“Facevo politica per i cittadini – racconta ora la
Moroder (già presidente di Terra Nostra e poi
del Movimento Turismo del Vino) – e non per gli
‘amici’ di quello o quell’altro dirigente. Partivo dal
basso, dalle esigenze del territorio, con la continua convocazione di tavoli di lavoro. Riiutavo la
politica come potere, immobilismo, voto di scambio. Non mi sono mai piegata a certi meccanismi
di sottogoverno, perché credo nella politica alta,
e altra: impegno, cittadinanza attiva, partecipazione la più ampia possibile. Per questo ero una
spina nel ianco e davo fastidio. Evidentemente
disturbavo i manovratori. Sono arrivati a restituirmi la tessera del partito (era la numero 1 del
LUGLIO 2013 - BARRICATE
53
MARCHE – LA TERRA RACCONTA
Ph: archivio Acanto
2012!) e a ridarmi indietro perino il contributo
di 600 euro che avevo versato, per poter dire che
non ero neppure iscritta, a mo’ di ulteriore giustiicazione del mio licenziamento. A posteriori
si potrebbe dire che mi hanno fatto un favore,
vista l’inchiesta della Gabanelli sulle modalità di
gestione del partito di Antonio Di Pietro e il suo
successivo tracollo elettorale”. In rete si trovano
ancora gli aggettivi con cui la Moroder era stata
apostrofata: “ingenua” e “inesperta” ma anche
“testarda” e “dittatrice”, “miracolata dal partito” e
causa di tutte le proprie disavventure politiche.
Ci crede ancora, nella politica? “In quella buona
e alta, certamente sì. Ma dipende dai compagni
di viaggio, ed è indispensabile individuare il giusto strumento organizzativo. Aspetto di individuarlo, al di là delle scadenze elettorali, e intanto
continuo a fare politica anche svolgendo bene il
mio lavoro di imprenditrice agricola. Che è dificile perché ci vogliono anni per produrre un
buon vino, e dunque occorre programmare. L’ho
capito anche quando, pur essendo ancora giovane e con un iglio appena 18enne, mi ritrovai già
nonna: compresi che non basta programmare per
i igli, bisogna pensare anche ai nipoti. E la politica dovrebbe avere lo sguardo così lungo, senza
fermarsi agli interessi immediati”. L’alleanza che
governa la regione è politicamente morta? “Assolutamente sì, e il recente rimpasto di giunta, che
ha lasciato i due posti all’Udc eliminando completamente l’IdV per premiare il Centro Democratico [0,4% alle politiche, ndr] appare del tutto
incomprensibile”.
Energia (la questione dei contestati impianti a
biomasse), trasporti sempre più carenti e una
54
LUGLIO 2013 - BARRICATE
sanità nell’occhio del ciclone per i tagli ai piccoli ospedali: “Ma una riconversione è necessaria
perché non si può ignorare il problema del bilancio – dice la Moroder – né il fatto che sono appena 1,5 milioni gli abitanti delle Marche. Come
si fa a mantenere tutto inalterato? In più la crisi
richiede interventi pubblici di agevolazione e sostegno alle imprese, visto che le banche concedono mutui a tassi proibitivi, o non li danno per
niente. Non c’è solo la crisi dell’Indesit, ma anche
quella della cantieristica. Il modello marchigiano
era stabile e rassicurante, ma adesso è in grave
dificoltà. La risorsa su cui puntare forte sarebbe
il turismo: non solo mare, nonostante il record di
bandiere blu, ma tutto un entroterra da valorizzare, le bellissime colline, più autentiche di quelle
toscane!” Tanto che gli stranieri si comprano ville
e casolari. “E questo non mi piace, perché alcuni
di questi luoghi poi diventano ritrovi che fanno
concorrenza sleale ad alberghi e agriturismi”.
Cosa serve per rilanciare il turismo marchigiano?
“Sembra banale dirlo, ma proprio l’abc: standard
minimi di accoglienza, conoscenza delle lingue e
condivisione del territorio, nel senso di far sapere al turista cosa c’è di bello da fare o da vedere
a pochi chilometri dal posto in cui si trova, senza
paura di perderlo. Perché se c’è tutto questo, poi
ritorna di sicuro; del resto l’anagramma di MARCHE è CHARME, e il fascino bello di questa regione sopravvive anche alla brutta politica.”
LINGUAGGI GRAFICI: PAOLO CASTALDI
Paolo Castaldi
autore e disegnatore, è
nato nel 1982. Tra i suoi
lavori, Nuvole Rapide
(Edizioni Voilier 2009,
2010) ed Etenesh,
l’odissea di una migrante
(BeccoGiallo, 2011)
che viene tradotto in
inglese per la rivista
americana di letteratura
internazionale
Words Whitout
Boarders. Vince il
Premio Boscarato nel
2011 come Autore
Rivelazione dell’Anno.
L’ultima opera ino ad
ora pubblicata è Diego
Armando Maradona
(BeccoGiallo, 2012),
che riceve la nomination
come Miglior Fumetto al
Napoli Comicon 2013.
Sparse qua e là varie
storie brevi, illustrazioni,
mostre collettive e
personali, live painting,
come allo Sherwood
Festival durante il
concerto di Caparezza
e su Rai Radio2 ospite
della trasmissione
RaiTunes di Alessio
Bertallot. Da due
anni fa parte del team
creativo AGR Factory
in veste di screenwriter
e storyboarder. Dice di
sé: “Il fumetto, il mio
fumetto, deve tornare
a vedere il mondo
scrollandosi di dosso la
polvere grigia. Deve farsi
un Interrail senza ine.
E raccontarmi quel che
vede di tanto in tanto.”
LUGLIO 2013 - BARRICATE
55
POLITICA AMBIENTALE
Intervista a Olimpia Gobbi e Riccardo Picciafuoco
SALVIAMO IL PAESAGGIO
La proposta di Legge di iniziativa popolare in difesa del territorio
marchigiano. Un bene di tutti, come l’acqua
È accaduto un fatto importante
nella vita politica della regione
Marche: lo scorso mese di giugno
è stata presentata ed accettata
alla discussione presso la IV Commissione del Consiglio Regionale
una proposta di Legge di iniziativa popolare a cura del Forum Paesaggio Marche, inerente la tutela
attiva del paesaggio e il governo
partecipato del territorio. Su tale
proposta sono state raccolte più di
8700 irme.
L’iniziativa nasce dal coinvolgimento di 93 associazioni e movimenti che hanno deciso di farsi
parte attiva attraverso una legge
in grado di garantire una corretta
gestione del territorio considerato
bene primario come l’acqua. Nel
corso degli ultimi decenni gli interventi dell’uomo sul territorio
sono stati particolarmente invasivi e devastanti, tanto che in soli
50 anni si è costruito il doppio di
quanto realizzato in migliaia di
anni.
Ne parliamo con Olimpia Gobbi e
Riccardo Picciafuoco, referenti e
coordinatori della proposta.
Quando è nata l’iniziativa di
riunire così tante voci attorno ad un tavolo per discutere
insieme del territorio e del
paesaggio?
Nel 2005 due associazioni locali di Ancona e Recanati avviano una discussione congiunta
di carattere culturale su quali
fossero i metodi e gli strumenti
più adatti per fermare il fenomeno del continuo degrado del
paesaggio ed operare per una
sua riqualiicazione e valorizzazione. Nel 2007 viene fondato il primo nucleo importante,
costituito da 30 associazioni tra
56
LUGLIO 2013 - BARRICATE
Ph: Tonino Mosconi
Franco Marincioni
cui alcune di carattere nazionale. Nel 2008 si costituisce il
Coordinamento Paesaggio Marche, che avvia concretamente
la redazione della prima bozza
di un testo di Legge Regionale
per opera di uno speciico tavolo tecnico interdisciplinare.
Nel 2010 il Coordinamento si
allarga a numerose altre associazioni e realtà locali e, sulla
base anche di un nuovo metodo di lavoro più partecipato e
aperto al contributo dei cittadini, viene fondato il Forum dei
Movimenti per la Terra e il paesaggio delle Marche. Nel 2012
il Forum, messa a punto la proposta di Legge, decide in assemblea di avviare la raccolta delle
irme terminata con successo lo
scorso mese di aprile.
Quanto è stata importante,
nel bene e nel male, la politica attuata dai comuni e dalla
regione Marche nel modiicare l’aspetto e l’assetto del
territorio?
A partire dai primi anni ’90, la
progressiva delega della gestione del territorio da parte della
regione alle province prima e ai
comuni poi, ha comportato una
frammentazione delle scelte di
trasformazione del paesaggio
e un accrescimento del consumo di suolo, complice il mancato controllo dell’attuazione
delle previsioni del Piano Paesaggistico Regionale, che pure
era stato tra i primi in Italia
ad essere stato approvato nel
1989. Si pensi che tra il 2000 e
il 2010 sono stati cementiicati nelle Marche circa 250 ettari di suolo per ogni anno. Solo
nel 2011 la Regione Marche ha
tentato di porre un freno a questo fenomeno di deregulation
urbanistica, con l’approvazione
della legge n° 22/2011 che impedisce l’adozione di varianti
di espansione ai PRG comunali
in assenza di un’attuazione di
Ph: M. Francesca Nitti
almeno il 75% delle previsioni
ediicatorie pregresse.
La gestione del territorio è
demandato al coordinamento delle regioni. Esistono altri esempi di leggi regionali
sulla tutela del paesaggio? La
proposta di legge di iniziativa popolare sarà foriera di altre iniziative analoghe?
Le Regioni Toscana, Umbria e
Emilia Romagna hanno approvato leggi che, seppur fondate
su modelli diversi, introducono
strumenti di tutela innovativi.
La Regione Puglia ha recentemente approvato un Piano
Paesaggistico più strettamente
coerente con il Codice dei Beni
Culturali del 2004. Non esistono invece iniziative popolari
analoghe a quella portata avanti dal Forum P. M., la prima in
assoluto nel panorama nazionale e per questo seguita con grande attenzione anche al di fuori
della nostra regione. Inoltre, il
Forum nazionale “Salviamo il
Paesaggio” sta predisponendo
una propria proposta di legge
nazionale di iniziativa popolare
sulla tutela del suolo agricolo,
di cui alcuni punti sono stati
recepiti nel recentissimo pdl a
irma dei deputati del M5S.
Quali sono i punti cardine
di questa proposta di legge
e cosa cambia rispetto all’attuale legge regionale?
Paesaggio Bene Comune, patrimonio collettivo
inalienabile ed inscindibile. Le
trasformazioni del territorio
sono possibili solamente se non
compromettono la conservazione e la vitalità delle risorse non
rinnovabili.
Partecipazione
reale
delle comunità locali alle scelte di governo in dall’inizio dei
processi di pianiicazione e che
non si esaurisca in informative
rivolte alla cittadinanza quando
tutto è stato già deciso.
Zero consumo di suolo,
per nuove ediicazioni la legge
prevede il riuso, la riqualiicazione, la manutenzione e la
messa in sicurezza del già costruito.
Piani strutturali intercomunali (o Piani di area vasta) per mettere ine ai Piani
Regolatori fatti da ciascun comune tenendo conto dei propri
conini amministrativi e non
della natura del territorio e dei
bisogni reali degli abitanti (mobilità, energia, servizi, impianti
e attività strategiche, gestione
dei iumi e delle risorse idriche,
tutela delle aree naturali, ecc.).
La legge invece prevede piani
intercomunali costruiti insieme fra comuni coninanti e che
ricadono su ambiti territoriali
omogenei.
Quali di questi punti ritenete irrinunciabili?
Questi sono i punti che permettono un reale cambiamento nel
governo del territorio, senza i
quali le inalità che la legge si
propone non verrebbero raggiunte.
Se una legge sifatta fosse stata promulgata dieci anni fa,
quali beneici ne avrebbero
tratto i cittadini?
Se fossero state più lungimiranti e responsabili di chi le
ha amministrate, con questa
legge le comunità avrebbero
potuto far prevalere l’interesse
generale su quello particolare e
dunque avrebbero per esempio
potuto impedire che nel 38%
dei comuni marchigiani interi
quartieri venissero costruiti in
zone ad alto rischio ambientale, avrebbero evitato i danni in
vite umane ed in costi economici delle alluvioni devastanti a
cui purtroppo abbiamo assistito. Oppure avrebbero potuto ottenere città più vivibili, trasporti pubblici alternativi a quelli
privati con risparmio di tempo
e costo di carburante, come accade in tutta l’Europa avanzata,
Ph: M. Francesca Nitti
MARCHE – LA TERRA RACCONTA
ed altro ancora.
Sarebbero state evitate scelte
quali il fotovoltaico a terra,
che ha consumato il 2 per
mille di superice agricola
pari ad oltre 1200 ettari?
Certamente, poiché la legge
prevede che nessuna modiica
sostanziale dell’uso del territorio possa essere fatta senza un
reale coinvolgimento dei cittadini.
È stato diicile far condividere a tante associazioni un
percorso assieme?
Non è stato diicile perché la
consapevolezza della necessità
di nuove economie che rinnovino il rapporto fra noi e le
risorse naturali e di nuove democrazie che modiichino il
modo di prendere le decisioni,
è molto più difusa di quanto si
creda. Lo abbiamo visto durante la raccolta delle irme.
Pensate che le istituzioni capiranno che in questo momento politico un’iniziativa
così popolare non può essere
insabbiata e che agricoltura e
turismo devono essere salvaguardati?
Noi siamo iduciosi. Sappiamo
che non sarà facile, nelle istituzioni si annidano rappresentanti con visioni diverse da quelle
proposte dalla legge, ma ce ne
sono altri che invece la condividono. Noi faremo il possibile
ainché proprio dalla discussione di questa legge parta un
dialogo nuovo fra consiglieri
regionali e cittadini, che metta
al centro delle decisioni i contenuti e non le bandiere o le
alleanze.
LUGLIO 2013 - BARRICATE
57
MARCHE – LA TERRA RACCONTA
SUCCEDE DOMANI
SCHERZARE COL GAS È
MOLTO PERICOLOSO
di Michele Boato
I geologi della Società di prospezioni, incaricata dello Studio di Impatto
Ambientale per il progetto di sei pozzi di pompaggio di gas metano a 3
Km di profondità, hanno lavorato a lungo. Le carte geologiche di base,
in verità, erano alquanto imprecise, perciò hanno dovuto fare un lavoro
molto più complicato del previsto.
Gli abitanti di Agraria, un quartiere di san Benedetto del Tronto, li hanno
visti comparire un giorno con i loro strumenti, e nessuno capiva cosa stessero cercando: di metano lì sotto non doveva essercene più, il giacimento
era stato dichiarato esaurito da parecchi anni. “E allora, cosa cercano?”
Alla domanda, i tecnici non rispondevano se non con frasi generiche; avevano l’ordine di non sentire, non vedere, non parlare. E così, alla gente,
prima incuriosita e poi sempre più preoccupata, non restava che chiedere lumi al Comune.
La via crucis degli ufici che ti rimandano sempre da una stazione all’altra
sembrava fatta apposta per scoraggiare anche il più intrepido cittadino.
Ma alla ine, nell’aprile 2011, anche grazie ad un gruppetto di giovani
“grillini”, si è saputo che la società Gas-Plus aveva chiesto l’autorizzazione a stoccare nell’ex giacimento di metano qualcosa come mezzo miliardo di metri cubi di gas.
“Per farne cosa?” si domandano gli abitanti. “Per fare soldi” rispondono
alcuni ingegneri e tecnici indipendenti dalla ditta: “Lo acquistano d’estate, quando c’è meno consumo e il prezzo cala; lo pompano a 300 atmosfere di pressione a 3 Km di profondità e poi lo risucchiano d’inverno
per venderlo, guadagnandoci sulla differenza del prezzo, più alto”. “Ma
pompare e risucchiare a pressioni così alte non è pericoloso?” “Certo che
lo è” rispondono i tecnici indipendenti “Tra l’altro il gas si espanderebbe in
un’area enorme di 85 Km quadrati, quasi quattro volte l’intero comune di
San Benedetto del Tronto”.
Si mettono in allarme anche gli altri quartieri; in mille fanno una iaccolata a gennaio 2012; si muove l’associazione Ambiente e Salute, raccoglie
irme e scrive lettere pubbliche alle autorità; poi di nuovo in piazza nel
2013; ma non riescono a far prendere una chiara posizione contraria al
loro Comune: “Occorrono studi più precisi”. Anche in Regione sono contrari, ma il governo Monti spinge, in particolare il Ministro dello sviluppo
Passera.
Alla ine la forza del denaro convince la maggioranza nelle varie istituzioni: “I rischi sono limitatissimi, paragonabili a zero”. Arriva il metano, tutto
gira alla perfezione, gas e proitti. Vengono anche assunti sei giovani disoccupati del quartiere Agraria. “Avete visto? Ve lo dicevo che non c’erano
problemi; solo vantaggi economici ed occupazionali” si felicita il politico
di turno con i suoi fedeli, tre dei quali hanno così sistemato un iglio o un
nipote.
“La scossa di terremoto è del quinto grado” dice concitato il giovane telecronista, mandato in periferia di san Benedetto alle 6 di mattina del
17 dicembre 2017. “Le cause sono sconosciute. Non ci sono precedenti
negli ultimi secoli. Molte le case crollate; non si sa ancora quante siano le
vittime rimaste sotto le macerie.”
58
LUGLIO 2013 - BARRICATE
MARCHE – LA TERRA RACCONTA
ENERGIA E COMITATI DI LOTTA
Intervista a Adriano Mei
SIAMO CITTADINI, NON SUDDITI
Energia alla marchigiana
* Allegati A1, A2,
B1 e B2 alla legge
della Regione Marche 26 marzo 2012,
n. 3 (Disciplina
regionale della valutazione di impatto
ambientale – V.I.A.)
Le Marche sono una regione in
cui il livello di qualità della vita
è senz’altro tra i migliori d’Italia
ed è una vera pena vedere come
la “mala amministrazione” all’italiana possa intaccare anche territori come questo.
Il consociativismo politico, che
ormai non ha più colore, anche
qui si manifesta nelle larghe intese che i partiti hanno trovato sul
business dell’energia. Un afare
di miliardi di euro che passa per
tanti ambiti diversi, che coinvolge
a caduta amministratori, relativi
partiti di appartenenza, multinazionali, concessionari locali e i
soliti gruppi economici inanziari
nazionali.
Nelle Marche l’ha sempre fatta
da padrone la famiglia romana
Brachetti Peretti, proprietaria
dell’API, che con la raineria di
Falconara ha sconvolto l’ambiente circostante e le infrastrutture
della città. Proprio l’Api ha ottenuto il via libera e addirittura la
partecipazione delle Regione alla
costruzione del rigassiicatore che
darà il colpo di grazia al paesaggio della baia di Ancona.
Questa scelta e la previsione di un
altro impianto al largo di Porto
Recanati hanno ribaltato gli impegni presi in campagna elettorale dal Presidente Spacca e dalla
sua coalizione di centro sinistra,
e furono la causa dell’uscita dalla maggioranza delle liste civiche
regionali aderenti a Liste Civiche
Marche; ma non dei Verdi, ben
aggrappati alla loro unica poltrona regionale.
Non solo Api e rigassiicatori, ma
anche Terna con un elettrodotto
che taglierebbe tutta la regione,
France Gaz per pompare e stoccare gas nel sottosuolo di San Benedetto del Tronto, Hera che vuole seminare i propri inceneritori
Ph: Carlo Cardarelli
Franco Cittadini
ovunque e un insieme non identiicato di altri soggetti economici,
inanziari, politici che vorrebbero
ricoprire i crinali appenninici di
mega pale eoliche. Senza parlare delle orribili e inutili distese di
pannelli fotovoltaici che deturpano le belle colline marchigiane.
Questi sono i motivi per cui nella
regione nascono continuamente comitati di lotta, che spesso
vincono le proprie battaglie sul
piano sia politico che legale. È il
caso di San Benedetto del Tronto, dove gli amministratori locali
hanno dovuto fare velocemente
retromarcia sulla disponibilità
ad autorizzare il pericolosissimo
pompaggio di gas nel sottosuolo
di un’area abitata di oltre 80 km
quadrati, o sul “termovalorizzatore” -nome di comodo per non dire
brutalmente “inceneritore”a
Schieppe di Orciano.
La prima domanda che i marchigiani si pongono è perché mai
dovrebbero produrre più energia
di quanta ne utilizzino, tra l’altro proprio mentre i consumi sono
sensibilmente in calo, e massacrare altro territorio oltre a quello
già sacriicato alla raineria di
Falconara? Ad esempio, il mega
elettrodotto Fano – Teramo servirebbe per trasportare energia da
vendere ai migliori oferenti, convogliandola via cavo sottomarino
per poi immetterla nel circuito di
elettrodotti che risalgono la penisola. Questa linea produttiva
in Italia sarebbe vietata, visto
che attingerebbe elettricità dalla
centrale atomica che l’Enel ha
costruito in Montenegro, approittando della frantumazione dell’ex
Jugoslavia.
Per questo i comitati di lotta accusano la Regione Marche di aver
“venduto” a Terna un diritto di
passaggio estremamente inquinante e distruttivo dell’habitat
senza tener conto della Valutazione di Impatto Ambientale (V.I.A)
e del grave pericolo rappresentato
dai campi elettromagnetici artiiciali e dai danni da essi provocati alla salute, al paesaggio e al
valore dei terreni. Proprio a ine
maggio, la Corte Costituzionale
ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della Legge Regionale*.
Ciò signiica che I’esclusione dei
LUGLIO 2013 - BARRICATE
59
Ph: Matthias Canapini
progetti dalla procedura di V.I.A. da parte della Regione ha comportato una violazione della normativa
europea e dunque le autorizzazioni rilasciate non
sono valide.
I “Comitati in Rete” ne hanno chiesto immediatamente la revoca e probabilmente questa sarà la prossima vittoria che premierà il loro impegno e la loro
perseveranza.
Incontriamo Adriano Mei, un “pioniere” dei comitati di lotta marchigiani e non solo.
Salute elettrizzata
L’elettrodotto ad altissima tensione, 380.000 Volt, per
il tratto Fano – Teramo proposto dalla società Terna
spa, è di fatto il raddoppiamento di quello esistente,
che da Fano si collega ad Ancona nella zona di Candia,
per poi proseguire verso sud con un nuovo tracciato. Si
tratta di tralicci che possono andare da 35 a oltre 50
metri di altezza (con punte sino a 70 metri in alcuni
attraversamenti), con una larghezza di circa 20 metri
in alto, dove sono ancorate le terne dei cavi. L’ipotesi di
tale progetto, che prevede anche la realizzazione di due
stazioni elettriche nella Provincia di Macerata, risale al
2002; nel giugno del 2005 viene sottoscritto un protocollo di intesa tra Regione Marche, Province, Comuni,
Comunità Montane delle Marche e Terna; nel 2007 la
Regione Marche deinisce il tracciato del “corridoio”
preferenziale; dal 2008 ad oggi si sono susseguiti numerosi tavoli tecnici tra amministrazioni comunali, Province e Terna (25 incontri plenari e 43 tavoli tecnici alla
ine del 2011). Ad oggi, numerosi Comuni interessati
dal passaggio dell’elettrodotto e il Consiglio provinciale
di Ancona hanno espresso con atti formali parere critico
o negativo sull’opera.
I cittadini organizzati nei comitati di lotta contestano:
l’efettiva necessità dell’opera; la soluzione aerea in
contrasto con quanto prevede la normativa nazionale
ed europea; il devastante impatto sul paesaggio e la conseguente ricaduta sul tessuto economico del territorio;
la mancata informazione e concertazione con le popolazioni interessate; la lesione del diritto alla salute con
particolare riferimento alle fasce più deboli come bambini e malati; il danno alle proprietà per le quali non è
stato previsto nessun congruo indennizzo.
Costituzione e diritti dei cittadini
Art. 9 “La Repubblica (…) tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”; Art. 32 “La
Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività”; Art. 41 “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi
in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare
danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”,
Art. 42 “(…) la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge. La proprietà privata può essere, nei casi
preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata
per motivi d’interesse generale”.
Adriano quando hai intrapreso questa strada
e con che modalità?
Nella primavera 2005, quando la Regione Marche decise di “prescrivere”, cioè ordinare, ad
un’azienda con 500.000 € di capitale sociale di
costruire un mega inceneritore a “biomasse” da
240.000 tonnellate annue per produrre 23 Mega
di energia elettrica. Un gruppo di giovani lanciò
una raccolta irme di protesta. Incuriosito, mi
sono documentato. Oltre ai danni alla salute di
un tale ecomostro, c’era il paradosso che la ditta proponente e beneiciaria avrebbe percepito
240.000.000 € di inanziamento pubblico. Ritenni di farmi avanti, con altri vecchietti, integrammo il Comitato e da subito la nostra caratteristica
fu la trasversalità. Nel mio paese, Montemaggiore
al Metauro, aderirono tutti e tre i circoli: Acli,
Arci e Metauro Tricolore. È stata una battaglia
innovativa e l’inceneritore non è stato mai costruito.
Come valuti la situazione regionale nella fase
attuale?
Di grande confusione. Il Consiglio Regionale e
la stessa Giunta mancano di qualità, ripetono le
deicienze della politica regionale, sono privi di
qualsiasi visione a medio - lungo termine. In due
settori decisivi, sanità ed ambiente, la politica annaspa visibilmente.
In queste deicienze si è inserita la burocrazia regionale, o meglio il settore apicale della stessa. Di
fatto il governo regionale è in mano ai dirigenti. Ma questi ultimi non brillano, fatte salve pochissime eccezioni, né per preparazione, né per
visione d’insieme. Lautamente pagati e premiati,
questi dirigenti hanno collezionato topiche madornali. L’ultima, gravissima, quella sancita con
la bocciatura della parte sostanziale della Legge
Il dato nazionale al 31-12- 2012 sui 16.420 Megawatt
installati in Italia, indica le Marche, con 980 Mw, all’ottavo posto fra le regioni. In considerazione del territorio
e degli abitanti, però, i veri dati sono i seguenti: 1° regione con 636 watt installati per abitante (media nazionale 276 W.), 2° regione con 104,7 Kw per Km quadrato
(media nazionale 54,5 Kw.), 2° regione con il 2,17 per
mille di supericie agricola occupata da fotovoltaico a
terra con i suoi 10.281.542 metri quadrati di pannelli
(media nazionale 1,03 Mq.).
60
LUGLIO 2013 - BARRICATE
Ph: Carlo Cardarelli
Fotovoltaico da primato
MARCHE – LA TERRA RACCONTA
Regionale 3/2012.
In base a queste tue esperienze, come credi
che debbano essere portate avanti oggi le lotte per la difesa dell’ambiente?
L’esperienza dei comitatinrete ha enucleato un
metodo: l’ambiente ed il paesaggio sono uno dei
diritti dei cittadini, essi vanno inquadrati nel contesto della tutela sancita dalla nostra carta costituzionale che all’art. 32 tutela la salute, all’art. 41
il diritto d’impresa ed all’art. 42 il diritto di proprietà. Quindi, posti di fronte al singolo caso, che
noi deiniamo vertenza, poniamo le tre domande
classiche. L’impianto serve? Se serve, sono applicate le BAT (tecnologie più avanzate) conosciute? Ammesso e non concesso che la risposta alle
prime due sia positiva -nel 90% dei casi non lo èponiamo la terza: sono rispettati i diritti dei cittadini? Quindi ripartiamo dal diritto di cittadinanza, non ci facciamo rappresentare dai “tecnici”, e
le direttive europee che sanciscono i principi di
precauzione, concertazione e celerità raforzano
le nostre ragioni. Prezioso è poi il rapporto costante con Associazioni come ISDE (medici per
l’ambiente) e la rete Riiuti Zero (Ercolini e Connett); abbiamo più volte usufruito dell’apporto di
professori e studiosi come Tamino, Montanari,
Laghi, Di Ciaula, Gentilini, Tavolazzi ed altri. Per
l’aspetto legale abbiamo raforzato rapporti e collaborazioni nell’ambito Regionale. Dal 2005 ad
oggi abbiamo chiuso positivamente oltre 50 vertenze, anche importanti a livello nazionale (vedi
Turbogas e parchi maxi-eolici), siamo chiamati
spesso fuori regione (in Lombardia, Emilia, Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise e Puglia). Al momento siamo impegnati in circa 40 vertenze su stoccaggi gas, mega elettrodotto, maxi eolico, biogas,
biomasse, antenne, cementiici, etc. Di recente ci
occupiamo anche di sanità. Stimiamo di dotarci
entro il mese di un’apposita struttura di gestione.
www.comitatinrete.it
COMITATI MARCHE
Comitato Campodiegoli – Fabriano (AN)
Comitato Difesa Montemezzano – Sassoferrato (AN)
Comitato Tutela Ambiente - San Donato (AN)
Comitato S.Amico (AN)
Comitato Territorio Sostenibile – Jesi (AN)
Comitato Sant’ Antimo-Morro d’Alba (AN)
Comitato Nobiogas - Ostra (AN)
Comitato No Biogas – Montefelcino (PU)
Comitato per la Difesa dei Diritti dei Cittadini e la
salvaguardia del territorio – Mombaroccio (PU)
Comitato per la tutela ambiente e territorio di
Camminate - Tombaccia - Metaurilia – Fano (PU)
Comitato Lucrezia è Natura – Cartoceto (PU)
Comitato Fermiamoli ! - Fossombrone (PU)
Comitato Tutela Ambiente di Mondolfo (PU)
Comitato Solfanuccio-San Costanzo (PU)
Comitato Monti Rotondi -Pergola (PU)
Comitato No tubo - Apecchio (PU)
Comitato Territorio Attivo – Orciano (PU)
Comitato Valcesano Sostenibile – Mondavio (PU)
Coordinamento dei Comitati a Tutela delle Valli
Metauro, Cesano e Candigliano (PU)
Comitato per la tutela del territorio – Matelica (MC)
Comitato di Petriolo (MC)
Comitato Permanente per la salvaguardia di Belforte
(MC)
Comitato Alta Fiastrella (MC)
Comitato i Lupi dei Sibillini - Gualdo (MC)
Comitato Intercomunale territorio attivo (MC)
Comitato Elettrodotto Tolentino - S. Severino (MC)
Comitato Elefante - San Ginesio (MC)
Comitato di Recanati nobiogas (MC)
Comitato di Castelraimondo (MC)
Comitato Alta Val Tenna - amandola (FM)
Comitato Sant’Elpidio a Mare (FM)
Comitato Centobuchi (AP)
Circolo Albatros – Fano (PU)
Associazione Ambiente e Salute nel Piceno –
San Benedetto del Tronto (AP)
Associazione Memoria – Mombaroccio (PU)
Associazione Quei dla dal Fium – Fano (PU)
Associazione Territorio Mondo Sassoferrato
Associazione Camerata Ambiente e Territorio –
Camerata (AP)
Movimento Consumatori - Civitanova Marche (MC)
Info:
www.comitatinrete.it
www.noelettrodotto.it
LUGLIO 2013 - BARRICATE
61
Tre giorni a spa
COSÌ, SU DUE RUOTE
Apprezzare la natura, chilometro dopo chilometro, i
paesaggi ma anche la cultura e le tradizioni locali,
così come le coltivazioni e
la tipicità dei prodotti della terra, è un’esperienza
realizzabile all’estero ma
anche in Italia. E grazie
ad un progetto innovativo
tutto italiano, nato nelle
Marche, è possibile scambiarsi consigli ed organizzarsi per uscite di gruppo.
Il sito salottodelleruotegrasse.it, che rimanda all’appellativo della mountain
bike (a diferenza dalle
ruote “magre”, alias bici
da corsa), è un social network nazionale tematico a
metà tra un blog e un sito
di incontri per i biker puri
e anche per aspiranti tali.
Tutto è iniziato intorno al
2010 con l’idea dell’imprenditore Andrea Paoloni di fare del territorio
meraviglioso delle Marche
l’oggetto di un rilancio turistico sportivo regionale
(e nazionale), basato sulla
bicicletta, il trekking e il
cicloescursionismo in genere. Partendo da cicloescursioni nel weekend con
persone con la sua stessa
passione per la mountain
bike e da un ricco scambio
di suggerimenti su percorsi in natura, è nato il sito
web morettateam.it, che ha
permesso di far conoscere
i biker della provincia di
Pesaro e Urbino tra loro. Il
passo successivo è stata la
62
LUGLIO 2013 - BARRICATE
Ph: Tonino Mosconi
Escursioni, social network e progetti ambiziosi, in b
costituzione dell’associazione Trek & Bike Experience, un servizio di accompagnamento organizzato
da uno staf di guide del
territorio marchigiano, a
piedi e in mountain bike,
a disposizione degli operatori dell’incoming locale.
Sul portale dell’associazione si segnalano numerose iniziative e siziose
esperienze, dal Bike&Boat
all’Archeobiking, ino al rilassante programma Bike
& Spa.
Dai parchi nazionali al
lungomare, le Marche of-
frono ininiti paesaggi da
esplorare in sella ad una
bicicletta, tra percorsi su
strada e per mountain
bike. Decine di sentieri per
tutti i gusti e gradi di diicoltà attraversano sinuose
colline tempestate di borghi e castelli immersi nel
verde.
Nel territorio di PesaroUrbino, dalla Riserva naturale del Furlo al Parco
Naturale del Sasso Simone
e Simoncello, sono 11 gli
itinerari dai nomi evocativi come “Urbino e le
corti dei duchi”, “Monte
Nerone tra natura selvag-
gia e incantevoli borghi”,
“Monte Catria tra natura e
spiritualità”, oppure, decisamente più legato a piaceri materiali, “Le colline
del Bianchello”. In provincia di Ancona ci sono il
Parco Naturale della Gola
della Rossa, nelle cui profondità si aprono le spettacolari grotte di Frasassi,
e Il Parco del Conero con
il suo promontorio a picco
sull’Adriatico. Scendendo
verso il maceratese, dove
fra laghi e iumi svettano i
Monti Azzurri e i Sibillini,
troviamo il “Grande Anello”, un lungo itinerario che
MARCHE – LA TERRA RACCONTA
Il versante magico dei Monti Sibillini
Ph: archivio Acanto
asso
ANGELI O DEMONI?
bicicletta
permette di scoprire attraverso percorsi inconsueti
alcuni ambienti del Parco
dei Sibillini, cominciando
dal centro medioevale di
Visso e facendo tappa a
Fiastra, Amandola, Montegallo e Norcia. Il territorio
del Piceno e del Fermano è
forse il più ricco di itinerari, oltre 30 tra cui la “terrazza incantata” sulla via
da Ascoli a Montegallo e il
percorso “Trisungo, Forca
Canapine,
Castelluccio”
che porta ai Sibillini attraverso l’Antica Via Salaria.
Il fermento ciclo-turistico
marchigiano avrà un suo
spazio anche alla prossima
Fiera Internazionale della
Bicicletta, in programma
a Padova dal 21 al 23 settembre 2013. Intanto nel
maggio scorso ha avuto
luogo proprio a Pesaro il
primo Festival Internazionale del Cicloturismo,
che si è distinto per il suo
carattere non solo agonistico, ma anche turistico,
inglobando iniziative per
i non sportivi, come le
passeggiate in bici tra le
cantine del territorio, con
degustazioni di vini e prodotti tipici, e le visite guidate nei centri storici.
www.piste-ciclabili.com/
regione-marche
Io guardo verso la Sibilla: lo
sguardo va, va, sale, sale,
lungo le coste dei monti, fra
i dirupi....Sotto la di roccia,
ecco l’Ingannatrice, la Regina, la bella Fata, ispiratrice
del sogno umano.
(Fernand Desonay)
La splendida dorsale dei
Sibillini, catena montuosa
dell’Appennino
umbromarchigiano che interessa i territori di Macerata,
Fermo, Ascoli Piceno e Perugia, prende il nome non
dal suo monte più alto, il
Vettore, ma dal più ricco
di mistero.
Non poteva che nascere
qui, in questa terra di alchimisti,
l’antichissima
leggenda della Sibilla e
della sua grotta, dove un
passaggio angusto che
termina con due porte di
metallo conduce al regno
della maga. Divinatrice o
creatura demoniaca, la Sibilla non ha lasciato ai numerosi esploratori vittime
di curiosità o fascinazione
molto più che enigmi irrisolti, che rimarranno tali
dal momento che il passaggio è ormai ostruito.
In quanto ad adepti delle
scienze occulte, la Sibilla
era in ottima compagnia:
non lontano dalla Grotta si
trovano il Pizzo del Diavolo (con i suoi 2400 metri
quarta cima della catena),
il cui nome suggerisce l’estrema diicoltà ad essere
raggiunto, la Gola dell’Infernaccio e il Lago di Pilato (unico lago di origine
naturale di tutta la Regione), nelle cui acque si narra venisse trasportato da
bufali il corpo esanime del
procuratore; tutti luoghi
che furono un tempo mete
di negromanti che vi compievano riti esoterici.
A poca distanza, proprio
nel cuore del Parco dei
Monti Sibillini, sorge il
borgo di Montemonaco.
Un po’ di ortodossia, inalmente…
Ma niente
afatto! La leggenda vuole
che l’antico nome del paese fosse nientemeno che
Mons Daemoniacus, in riferimento alla pratica dei
culti pagani che si svolgevano nei suoi dintorni.
Nell’Alto Medioevo vi salirono poi i benedettini, che
organizzarono il territorio,
favorirono la costruzione
di una robusta cinta muraria e di nuclei abitativi,
dando vita ad una iorente
e diversamente spirituale
comunità.
LUGLIO 2013 - BARRICATE
63
Attorniata da colline di
querceti e mormorii di
iume, tra le pietre di un
antichissimo mulino, vive
una signora con un rarissimo dono: conversare con
le erbe e con i iori.
L’Agriturismo
Mulino
della Ricavata nasce
64
LUGLIO 2013 - BARRICATE
dall’opera di restauro conservativo di un antico mulino del XII secolo ad opera di Anna Faggi e Franco
Roberti, intrapresa per far
rivivere un luogo abbandonato, ricco di incanto e
di mistero.. L’antico mulino idraulico si trova nella
provincia di Pesaro-Urbino, a 2 chilometri dal centro di Urbania, celebre per
le sue “mummie”. L’insolito nome potrebbe derivare
da “orcavati”, luogo da cui
“cavare” l’oro.
Al piano terra del mulino
si sviluppa un percorso
agrimuseale con attività
didattiche sulla tecnica
della macinazione a pietra, dell’estrazione dell’olio d’oliva e della follatura
dei tessuti. Al piano superiore si trovano una saletta
da lettura, all’occorrenza
allestita per il convivio,
e la deliziosa cucina con
pavimento in cotto e travi
in legno. Spessi gradoni in
pietra conducono a quattro camere contraddistinte
da nomi di iori e arredate
con mobili unici della tradizione contadina.
La cucina della signora
Anna segue il ritmo delle
stagioni e si compone di
erbe spontanee, iori commestibili, frutti dimenticati che lei stessa seleziona
o coltiva, miele delle sue
api e animali che alleva
nel cortile, riproponendo ricette e maniere che
sarebbero altrimenti perdute. E così, a primavera
troviamo violette, lillà, glicine, ortica, silene, ronice,
stridi, vitalbe, erba della
Madonna e naturalmente il iore più eclettico, la
rosa; in estate lavanda,
salvia sclarea, prugnoli e
cornioli; in autunno mele
rosa, pere coscia, salse di
calendula e di rosa canina. Per chi si appassiona e
vuole saperne di più, basta
un passeggiata guidata intorno al mulino tra le erbe
spontanee e i iori antichi
per riscoprire un patrimonio inestimabile, un angolo salvato di biodiversità.
illustrazioni Alessandro Baronciani
MUSICA
LA CUCINA DEI FIORI
“Quale erede della proprietà
nomino il Comune di Pesaro,
mia patria, per fondare e dotare un Liceo musicale in quella città, dopo la morte di mia
moglie”.
Cosi scrive Gioachino Rossini
nel suo testamento. Il conservatorio è dunque l’unico iglio
Se il Conservatorio di Pesaro
è un’eccellenza poco valorizzata, il segno che ha lasciato
nella città è invece evidente
I Rari Ramarri Rurali hanno
un nome che dice molto su
stile e contenuti, a cominciare dallo scioglilingua.
MARCHE – LA TERRA RACCONTA
PESARO, CITTÀ DELLA MUSICA
del compositore, iglio a cui ha
lasciato tutto il suo patrimonio
economico, oltre che di storia
e di successi, che oggi sono superiori a quelli di una grande
stella internazionale del rock.
Con un’intuizione geniale che
precorre i tempi, Rossini decide
che l’investimento della sua più
che cospicua eredità si compia
sulla formazione di giovani musicisti in un’epoca in cui dell’istruzione e formazione in senso
lato nulla si sapeva o si faceva.
Il conservatorio è l’unica vera
università della città di Pesaro,
non solo, essa è un’università
di eccellenza: la presenza nello
stesso luogo della formazione
(il conservatorio), della ricerca (la fondazione Rossini),
della produzione (il ROF), è il
requisito principe di tale deinizione. Il palazzo che lo ospita,
il luogo da cui incessantemente
si sentono uscire suoni diversi,
note di piano, guizzi di violino,
sospiri di sassofono e melodie
di lauto, nel quale entravano ino a pochi anni fa anche
bambini solitari con i loro strumenti sotto il braccio, questo
palazzo dei suoni, grandi cortili, maestose porte, è sempre lì,
mai cambiato, mai fatto moderno, mai ridipinto, per fortuna mai cadente, sempre solido
ed austero, quasi separato dalla città, resistente ad ogni disfacimento. Da settembre avrà
al suo interno, grazie al lavoro
di alcuni eccellenti musicisti,
un nuovo strumento musicale
(SPACE), una sala “ambi- sonica” capace di essere strumento di ascolto scientiico e strumento di esecuzione musicale
di altissima qualità. Come si sa
ma non si dice, gli artisti ( in
questo caso i musicisti più ricchi di contaminazioni ed anche
i più scientiici) non sanno fare
a meno di inventare, di fare e
di comunicare nonostante e
contro tutte le avversità.
Sembra che non manchi nulla perché un’istituzione di tale
importanza nazionale ed internazionale debba diventare una
vera ricchezza culturale ed economica la cui potenza possa,
per ricaduta, raforzare e promuovere qualsiasi altra qualità
locale nei confronti del mondo.
Qualcosa invece manca: 1) la
capacità di vedere che formazione, ricerca e produzione insieme sono la vera potenza; 2)
il lavoro intelligente e paziente
conseguente a tale visione; 3)
il coraggio inale di considerare
questa ipotesi uno dei migliori
investimenti che la città possa
fare. Questo farebbe sorridere di gioia l’anima gentile del
grande compositore.
Marco Gaudenzi
NEMO PROPHETA IN PATRIA
nella grande e difusa sensibilità musicale, che si tramanda
ad ogni generazione. Ci sono
festival autogestiti, negozi
indipendenti, tanti gruppi, alcuni molto noti e apprezzati,
spesso impegnati in tournée
internazionali, ma sconosciuti
alla maggior parte dei propri
concittadini. Oggi la scena
musicale pesarese è tra le più
interessanti nell’ambito delle
nuove tendenze. Tra i gruppi
“storici” ci sono:
ALTRO, trio attivo dal 1992
e ritenuto una vera e propria
cult-band che miscela con stile personale punk, new wave
e hardcore.
CHEAP WINE, il primo disco
nel 1997, il nono nel 2012.
Una rock band ormai storica
e conosciuta a livello internazionale.
I CAMILLAS, un duo straordinario da 10 anni sulla scena,
un stile assolutamente unico che ha conquistato molte
piazze italiane e non solo, 3
dischi pieni di invenzioni e un
Ep con gli X-Mary: X-Marillas.
SITUAZIONE SENZA, altra
band nata a ine anni ‘90,
diicilmente deinibile (fusion, jazz, rock demenziale,
latino..), un solo disco autoprodotto ma tante bellissime
canzoni con testi in italiano.
Tra le nuovissime generazioni, troviamo nell’area della
new wave i SOVIET SOVIET,
con all’attivo tournée in Europa dell’Est e Messico, dove
sono delle vere star; i BE
FOREST, che hanno accompagnato come gruppo supporter gli statunitensi Japandroids nel loro tour europeo;
i BROTHERS IN LAW, ospiti
al SXSW Festival 2013 in Austin, Texas. E poi i VERSAILLES, duo batteria e chitarra;
MARIA ANTONIETTA, voce
strepitosa e chitarra; i SYBIL
VANE, gruppo supporter al
tour italiano dei Dinosaur Jr.;
e inine K MAIUSCOLA per
l’hip hop.
Nella vicina Fano spiccano
THE BARBACANS, garage
band che si è esibita in Messico, Scandinavia e Cina, e GLI
EBREI, canzone d’autore e
noise punk in italiano.
BARRICATE AGRO-MUSICALI
Nino Finauri batteria e ideologie, Roberto Renzoni
pianola e pentagramma,
Claudio Tombini voce e sceneggiata, Giacomo Pietrucci
sax e sex-appeal,Tommaso
Vecchiarelli basso e alto apporto
transgenerazionale:
questi i componenti della
band che dagli anni 2000 o
giù di lì nobilita il vernacolo
metaurense del territorio di
Pesaro-Urbino, unendo musiche trascinanti di ispirazione folk-swing-blues a testi di
mirabile ingegno linguistico,
ora poetici, ora spassosamente satirici, ma sempre in grado di trasmettere messaggi
profondi su temi di attualità,
ecologia, pace.
Le vendite del primo cd “Sol
sal Landini” colgono tutti di
sorpresa: i pezzi dei Ramarri
sono nelle suonerie dei telefoni, suonati da altri gruppi,
conosciuti a memoria dai
bambini dell’asilo, dagli studenti universitari, dai nonni,
dai disoccupati, dai profes-
sionisti, dai contadini!
I musicisti deiniscono così il
loro stile rural-satirico:
ECO perché siamo prossimi
alle tematiche ecologiste, e non
per moda o sentito dire.
FOLK perché per contenuti
veraci ci vuole musica verace,
ovvero il liscio e il folk, ovvero
la musica popolare
BLUES perché come fa un musicista contemporaneo a ignorare il blues e il rock?
AGRI perché alla ine noi marchigiani siamo tutti contadini,
e le nostre città sono un bluf
(tutti gli urbani hanno un antenato mezzadro e un podere in
eredità)
BARRICADERO perché affrontiamo anche temi politici
(e come si fa ad ignorarli?).
Saranno anche solo canzonette ma non si può vivere solo di
S.Remo e Radio Papaja.”
www.rariramarrirurali.it
LUGLIO 2013 - BARRICATE
65
LINGUAGGI GRAFICI: MICHELE PETRUCCI
66
LUGLIO 2013 - BARRICATE
LETTERATURA
Intervista a Silvana De Mari
LE REALTÀ DEL FANTASY
Maria Chiara Ballerini
Per la compresenza di temi letterari e sociali e come omaggio alla saga
composta di ben 6 romanzi che ha reso famosa l’autrice, pubblichiamo
questa lunga intervista in due numeri successivi.
“Se volete che vostro iglio sia intelligente, raccontategli delle iabe; se volete che sia molto intelligente, raccontategliene di più!” Lo
diceva Albert Einstein e lo ripete
con convinzione Silvana De Mari,
che dissemina lungo tutta la sua
consistente produzione letteraria
il concetto che le persone hanno
bisogno di storie, che raccontare storie aumenta l’intelligenza
emozionale e la capacità di comprensione dell’altro, contribuendo
alla formazione di una società più
giusta.
Nei tempi passati, il poema epico
e la iaba erano le uniche forme
narrative in grado di ampliare la
conoscenza del mondo, mettendo
in comunicazione persone appartenenti a comunità diverse anche
molto distanti fra loro. La letteratura fantastica, o “fantasy”,
unisce le caratteristiche di epica e
iaba, e con il suo linguaggio indiretto e metaforico penetra ed
illumina la dimensione esterna e
quella intima attraverso la creazione di un mondo parallelo, in
cui luoghi oscuri, paure e ossessioni possono essere riconosciute,
afrontate e sconitte. Il fantasy,
come le iaba, supera la razionalità e colpisce le emozioni, rassicurando il bambino e formando
l’adulto che sarà: “Proprio questo
è il messaggio che le iabe comuni-
cano al bambino in forme molteplici: che una lotta contro le gravi
diicoltà della vita è inevitabile,
è una parte intrinseca dell’esistenza umana, che soltanto chi non si
ritrae intimorito ma afronta risolutamente le avversità inaspettate
e spesso immeritate può superare
tutti gli ostacoli e alla ine uscire
vittorioso.” (Bruno Bettelheim, Il
mondo incantato).
Nei romanzi di Silvana De Mari
c’è tutto questo: iaba, epica,
mito, ma anche pensiero ilosoico e metodo scientiico, che uniti
al talento letterario concorrono a
destrutturare ogni stereotipo restituendo ai singoli personaggi la
propria voce, verità e complessità.
Così, tra le pieghe della sua narrazione fantastica (e fantastica narrazione) si nasconde, per
poi aiorare, la profonda magia
dell’essere umano.
La narrazione fantastica parla indirettamente della realtà
e ha il potere di mettere in
comunicazione le persone.
Quale percorso l’ha portata a
scegliere questa forma di racconto?
L’aver letto Il Signore degli Anelli. Se quel libro non fosse esistito, non avrei mai scritto fantasy.
Molti manuali di letteratura in-
glese, sorvolano pudicamente
su Tolkien, coninato giustappunto nel genere Fantasy, genere minore come null’altro mai,
cui nessuno si è mai sognato né
mai si sognerà di dare un premio Nobel. Eppure Il Signore
degli Anelli non è solo un libro
di cui esistono più di cento milioni di copie: è il libro che ha
modiicato l’immaginario collettivo della seconda metà del
20° secolo. Ci sono persone che
si sono cucite un vestito con
le tende della nonna, si sono
fabbricate un’armatura usando
lattine appiattite a martellate
e hanno fatto inta di essere
Gandalf o Aragorn, o Eowyn,
la principessa disperata che osa
mettere la sua fragilità tra un
Nazgul e il suo signore.
Ho cominciato a rileggere Il Signore degli Anelli mentre stazionavo vicino al letto numero 22
dell’Istituto di Patologia Chirurgica dell’Università di Torino,
dove mio padre stava morendo
mangiato vivo dal cancro. Ho
continuato durante le guardie
nel reparto di Chirurgia Toracica del San Luigi Gonzaga,
unico chirurgo presente in un
ospedale di ottocento persone.
Ero appena laureata, e passavo
le notti a sperare che nessuno
avesse un pneumotorace iperteLUGLIO 2013 - BARRICATE
67
so, che è l’incubo del chirurgo dilettante, perché
va drenato posizionando un tubo nel torace del
paziente aprendo con il bisturi tra una costola e
l’altra, e non c’è il tempo di telefonare a uno più
bravo che venga a dare una mano. Lo so che è un
po’ stupido, e anche un po’ infantile, ma quando
il pneumotorace iperteso è arrivato e sono riuscita a iccare il tubo dove e come dovevo nei pochissimi minuti che separavano il paziente dalla
morte per asissia, mi sono sentita sire Aragorn
alla battaglia del fosso di Elm.
L’ho letto ancora, Sam e Frodo che si trascinano
sul Monte Fato e che continuano a mettere i loro
passi uno dopo l’altro, anche se non hanno nessuna possibilità di riuscire, quando avevo paura
di aver contratto una pericolosa infezione in gravidanza.
La letteratura per ragazzi è penalizzata da
un alone di prevenzione, come se proponesse
versioni sempliicate della realtà. Credo che
non siano i bambini a rappresentare un limite, ma ciò che generalmente si pensa di loro:
con i ragazzi spesso, per comodità, si gioca al
ribasso. Cosa ne pensa?
Penso che un libro per ragazzi sia in realtà un
libro anche per ragazzi: se è buono per un dodicenne è buono anche per un sessantenne, mentre
non è vero il contrario. La cosiddetta narrativa
per ragazzi e l’unica che contiene ancora grandi
valori: la lealtà, il coraggio, la cavalleria. E l’ultimo grande fondamentale valore: la fede nella
vita.
I ragazzi molto giovani possono afrontare
temi e linguaggi forti, crudi, violenti?
Se rileggiamo la iabe dei fratelli Grimm, ci rendiamo conto come le narrazioni dell’infanzia debbano contenere paura, collera e vergogna e violenza. Lo scopo delle narrazioni è di permettere
di elaborare le emozioni negative, conoscere la
violenza per non esserne annientati al momento
L’AUTRICE
Silvana De Mari nasce a Caserta nel 1953, vive nella
campagna intorno a Torino e parla di se stessa come di
“un medico che scrive”. Laureata in medicina con specializzazione in chirurgia generale e successivamente in
psicologia cognitiva, ha lavorato in Etiopia come medico volontario. Nella maggior parte delle sue opere, che
comprendono romanzi e saggi, l’ambientazione, l’atmosfera e i personaggi si possono ascrivere alla letteratura
fantastica, sebbene l’importanza dei temi, il tenore del
linguaggio, lo stile coinvolgente ma rigoroso, la profondità delle rilessioni superino i conini del genere e
forniscano a diversi livelli alcune signiicative chiavi di
lettura della realtà, sia storica sia attuale.
Attraverso il linguaggio universale del fantasy, Silvana
De Mari afronta argomenti fondamentali dell’esistenza
umana: diritti negati, paura, dolore, guerra, morte, ma
anche conquiste, coraggio, amicizia e libertà. Al centro
del suo cosmo, la donna e soprattutto il bambino. La
sua opera più nota è la saga, composta di 6 romanzi,
che ha avuto inizio nel 2004 con “L’ultimo elfo” e si
è conclusa nel 2012 con “L’ultima profezia del mondo
degli uomini: l’epilogo”.
Per alcune prese di posizione considerate non del tutto
“politically correct”, l’autrice è stata accusata di intolleranza e di “eurocentrismo”. Accuse che facilmente
si ridimensionano e si contestualizzano leggendo i suoi
libri, che con un linguaggio epico, pieno di dolcezza e
ferocia insieme, a volte crudo ma sempre profondamente lirico, si ergono contro ogni integralismo, totalitarismo, fanatismo, veicolando un potente messaggio di
comprensione, di compassione, di fratellanza e inine
di amore.
illustrazioni Dalia Del Bue
BIBLIOGRAFIA
68
LUGLIO 2013 - BARRICATE
L’ultima stella a destra della luna, Salani, 2000
La bestia e la bella, Salani, 2003
L’ultimo elfo, Salani, 2004, tradotto in diciotto lingue,
vincitore del premio Andersen
L’ultimo orco, Salani, 2005
Il drago come realtà, saggio, Salani, 2007
Gli ultimi incantesimi, Salani, 2008
Il cavaliere, la strega, la morte e il diavolo, Lindau, 2009
Il gatto dagli occhi d’oro, Fanucci, 2009
L’ultima profezia del mondo degli Uomini, Fanucci, 2010
Io mi chiamo Yorsh, Fanucci, 2011
La realtà dell’Orco, saggio, Lindau, 2012
L’ultima Profezia del mondo degli Uomini: l’epilogo, Fanucci, 2012
LA CULTURA DIETRO LE RIGHE
della vita in cui si incontrerà di
nuovo. Poi credo che ogni persona, ragazzo o adulto, interpreti in maniera diversa quello
che legge, è la potenza della
letteratura
In una recente intervista ha
detto che il poema epico contiene valori maschili, mentre
la iaba contiene valori femminili. Può spiegarci cosa intende esattamente?
Il poema epico contiene valori
maschili, contiene il coraggio,
la lealtà e la cavalleria. Con
questo non voglio dire che noi
“femminucce” siamo tutte delle
vigliacche, ma il coraggio è una
virtù virile, ci va il testosterone;
mentre la iaba contiene valori
femminili, la iaba contiene il
desiderio di una donna di essere amata, la iaba contiene il
piacere di un bambino di essere
amato, la iaba contiene il dolore dei bambini non amati. La
iaba è l’unico contenitore che
per secoli ha osato contenere la
persecuzione dei bambini.
Nei suoi romanzi e saggi
emerge il punto di vista di
una scrittrice dalla cultura
poliedrica. Che peso ha, accanto al fantastico, il pensiero scientiico che, insieme a
quello ilosoico, la contraddistingue nel panorama del
fantasy?
Ha un peso molto grande, esattamente come è stato molto
importante che Primo Levi fosse un chimico: solo lui poteva
scrivere Il Sistema Periodico,
solo un chimico poteva avere
la sua attenzione nel pesare in
milligrammi i diversi sinonimi,
così da trovare sempre quello
perfetto. Solo un professore di
storia e lingue antiche poteva
scrivere il Signore degli Anelli.
Il mio pensiero di medico, cioè
di una persona che ha sempre
chiaro che ogni azione nasce
all’interno di un cervello, è
quello di ricostruire le motivazioni.
Quali sono i principali riferimenti storici e culturali cui si
riferisce?
Mi riferisco a eventi storici accaduti nel medioevo: la fusione
della spiritualità evangelica,
l’aria, della ilosoia greca, duttile come l’acqua, del pragmatismo romano, la terra, e della
violenza e della passione dei
barbari, il fuoco.
Come ha inciso nella sua
scrittura l’esperienza di medico volontario in Etiopia?
In Etiopia mi sono resa conto della straordinaria bellezza
che può avere il mondo, della
spettacolare potenza della spiritualità biblico evangelica, della ferocia criminale di Benito
Mussolini che gasò un villaggio
con gas neurotossico: l’episodio
entusiasmò talmente il dittatore
Saddam Hussein che -lo dichiarò al suo processo- fece gasare i
villaggi curdi nel marzo dell’83
solo per imitare Mussolini. Mi
sono resa conto che in molti
casi la decolonizzazione era
stato un fenomeno criminale
come la colonizzazione: in Etiopia una dittatura di stampo stalinista sterminò un milione di
contadini in marce della morte.
Nei suoi romanzi non c’è una
distinzione dicotomica tra
bene e male: eli, nani, orchi, uomini risultano ritratti
in tutta la loro complessità.
Una igura però si erge sulle
altre: l’Ultimo Elfo potrebbe
rappresentare l’ideologia del-
la comprensione, della convivenza civile tra i popoli?
In un certo senso sì, ma anche lui, con la morte del cuore, è costretto a uccidere, e in
tutti i casi lui viene ucciso. È
Rankstrail quello che proteggerà i popoli e li porterà alla convivenza. Grazie all’Ultimo Elfo,
Rankstrail capirà l’etica, ma l’etica sopravvive perché protetta
dalla sua spada.
E infatti gli eli si estinguono
perché non possono sopportare il dolore del mondo…
Quale speranza allora, quale
il valore supremo, se esiste?
La speranza è l’uomo. La speranza siamo noi, feroci, violenti
brutali, idioti, geniali, misericordiosi, una razza selezionata
a caso dalla storia e dal dolore.
L’alleanza tra orchi e uomini inalmente riuniti insieme
dopo guerre, odio e distruzione, può alludere alla possibilità di una fratellanza universale?
Il messaggio dei miei libri è che
gli orchi si fermano militarmente. Una volta che si è arrivati
allo stupro etnico e all’uccisione intenzionale del bambino,
cioè a uno stato di psicosi di
massa, la non violenza vuol dire
complicità con il mostro. Non
LUGLIO 2013 - BARRICATE
69
ci sono più margini di dialogo,
resta solo l’onore delle armi. I
disarmati sono corresponsabili
delle atrocità che non hanno
avuto il coraggio di evitare con
l’onore delle armi. Gli orchi
devono essere fermati, militarmente, perché è l’unica maniera per salvare loro, oltre che
per salvare gli innocenti. Dopo
che sono stati fermati, dopo che
sono stati battuti, ci si ricorda
che sono fratelli. L’esempio è il
piano Marshall, che ha salvato
dalla fame Germania, Italia. Ma
a Bucklenvald è arrivato un carro armato a ristabilire la decenza dell’umanità.
Il mondo, ora come in passato, è devastato da guerre,
genocidi, libertà represse e
diritti negati. Come diventare, oggi, contemporanei operatori di pace?
Se vi procurate una calcolatrice
scoprirete che non c’è mai stata così poca violenza come in
questo periodo. Non esiste più
il vaiolo, non esiste più la peste, la mortalità infantile è stata
abbattuta, le derrate alimentari moltiplicate. Cominciate ad
essere ieri di essere uomini,
di appartenere a questa umanità imperfetta e violenta che
dopo secoli di lacrime e sangue
sta creando la comprensione
dell’altro per la prima volta nella storia.
E poi avete la Dichiarazione
dei diritti dell’uomo. Nessuno
sconto al terrorismo, nessuno
sconto alle dittature, nessuno
sconto alle violazioni, nessuno
sconto a chi sposa una bambina
di 8 anni, a chi ne mutila una di
cinque, a chi ne lapida una di
dodici. Imparate l’intolleranza:
chi tollera tutto è un connivente, un complice. E poi imparate
a combattere. Se un giorno vedrete una marcia della morte,
le donne violentate e bruciate con il cherosene (Turchia
1915), i bambini usati per folli
esperimenti medici (Germania,
1944/45), i villaggi di cadaveri smembrati con il machete
(Rwanda) le chiese bruciate con
i fedeli dentro (Nigeria), dovrete essere in grado di combattere
militarmente.
70
LUGLIO 2013 - BARRICATE
Nei suoi romanzi ricorre il
concetto che “un popolo che
si lascia disarmare è un popolo morto”. Come possiamo
interpretare questo pensiero
oltre il suo signiicato letterale?
Il suo signiicato letterale è
quello buono.
È utopistica quindi per Lei la
speranza di un disarmo universale? Cosa pensa del paciismo e della nonviolenza?
L’idea del disarmo universale
non è solamente un’idea sbagliata, è un’idea malvagia. Il
male si traveste da bene per trascinarlo nel baratro. Molte persone in buona fede credono in
questa idea che è stata propagandata con iumi di denaro e
un’iniltrazione capillare, esattamente come milioni di persone hanno pensato in buona fede
che gli ebrei fossero i portatori
di ogni male e che esistessero le
streghe. Un’idea folle ripetuta
ossessivamente viene creduta.
I miei personaggi amano appassionatamente la pace, come
ogni essere umano perbene,
ma sanno che libertà e dignità
devono essere protette con le
armi.
In termini più tecnici, il disarmo è un caso di ipersoluzione:
la soluzione eccessiva che causa un disastro maggiore: il ge-
nocidio, l’asservimento. Solo
i popoli disarmati possono essere massacrati, incatenati nel
buio, privati della libertà e della dignità. Il disarmo va di pari
passo col genocidio. È un’idea
malamente e ridicolamente utopistica, è disastrosamente utopistica. Sul paciismo non posso
che condividere il giudizio di
George Orwell: è puro fascismo.
Come sempre aveva ragione lui.
Dietro i movimenti paciisti che
hanno cercato di disarmare le
grandi democrazie che cercavano di opporsi a Hitler c’erano il denaro e la propaganda
hitleriana. C’era Goebbles. Poi
il “paciista” Stalin sovvenziona i movimenti paciisti sulle
cui parate sventolano le stesse
bandiere rosse che sventolano
sulla piazza Rossa quando sila
l’esercito sovietico, oppure sui
gulag, dove milioni e milioni
di innocenti vengono massacrati tra soferenze indicibili. Ora
è l’Arabia Saudita che inanzia
i movimenti che agiscono con
una schizofrenia che sarebbe
comica se non fosse atroce, il
tema sempre presente dei due
pesi, due misure, un afetto assoluto per le dittature, un amore incondizionato per il terrorismo.
La non violenza di cui parlano
Ghandi e Martin Luther King, se
LA CULTURA DIETRO LE RIGHE
qualcuno si è preso il disturbo
di leggerli, è un sistema geniale
di lotta utilizzabile solo all’interno di democrazie con un’opposizione e dei giornali liberi,
per ottenere leggi civili senza
spargimento di sangue.
Il genocidio non è pensabile
se un popolo è armato. Prima
di asservire un popolo occorre
disarmarlo. Il disarmo si basa
su un’informazione sbagliata:
l’essere umano è normalmente
buono.
L’essere umano invece è normalmente feroce, se così non
fosse non avrebbe superato
l’evoluzione, e in più ha un
cervello molto complesso, e
quindi fragile. Bisogna sempre
calcolare le psicosi. Il paese più
armato, quello con il maggiore
quantitativo di armi in mano a
civili è la Svizzera, che ha una
belligeranza bassissima, la più
bassa del mondo. Per contro,
un paese con un bassissimo numero di armi è il Rwanda, dove
un milione di persone sono state sterminate in tre mesi con i
machete.
Non sono le armi che uccidono.
Sono gli uomini dove la Dichiarazione universale è violata. La
soluzione non è il disarmo che,
è evidente, favorirà i peggiori,
ma un’etica della forza e il rispetto della Dichiarazione Universale dei Diritti degli Uomini.
Silvana De Mari, come
Rankstrail e come Rosalba,
“combatte con quello che
ha”. Quale sarà la sua vittoria?
Un mondo dove le donne saranno libere, e gli uomini anche,
dove la Dichiarazione Universale sia rispettata. Una volta
salvata quella, il resto viene da
solo.
continua nel
prossimo numero
Dalia Del Bue
è nata a Chieri
nel 1984. Nel
2010 si diploma
all’Accademia
Albertina delle
Belle Arti di Torino,
città in cui vive.
Lavora presso alcuni
studi d’artigianato,
restauro e arte
contemporanea
e partecipa a
mostre personali e
collettive, l’ultima
tra le quali “Nuovi
talenti surreali” alla
Galleria Davico di
Torino. Con i suoi
disegni collabora
ad alcuni progetti e
riviste autoprodotte,
pubblicando su
Pastiche, Illustrati e
su Saturno, inserto
culturale de Il Fatto
Quotidiano.
daliadelbue.
blogspot.it
LUGLIO 2013 - BARRICATE
71
Andrea Bersani
www.andreabersani.it
Fabrizio Bicio Fabbri
72
LUGLIO 2013 - BARRICATE
www.vietatosfumarebicioart.blogspot.it
LA CULTURA DIETRO LE RIGHE
IL PUNTO DI VISTA
Intervista1 a Don Andrea Gallo
LE VERITÀ SCOMODE
Il Vangelo secondo Andrea
Ph: insidefoto
Laura Tussi e Piergiorgio Barone
1- Realizzata a
Nova Milanese
nell’ottobre 2011
Don Gallo, per molti lei è un
personaggio “scomodo”. C’è
un fondo di verità?
È vero sono un personaggio scomodo. Forse perché ho compiuto
84 anni e come tutti i personaggi, mi accompagno ad uno staf
un po’ particolare: la più brava è
una transessuale; poi un gay, un
drogato, un ergastolano che comincia ad uscire e a frequentare
gli ambienti normali. Ed anche
perché spesso mi sento dire che
sono un vecchio, che non è più
conveniente per me andare in
giro, ma io imperterrito continuo a farlo lo stesso. Certo che, a
proposito della “scomodità” del
mio personaggio, qualcuno potrebbe avere anche ragione. Capita spesso che io mi alzi all’una
dopo mezzogiorno. Tutto questo
perché, per andare e stare con i
miei amici, i miei ragazzi, vado
al nightclub dove rimango ino
alle 4-5 del mattino.
Può parlarci della sua vita iniziale?
Inizialmente, come tanti geno-
vesi, ero un marinaio; poi sono
stato partigiano e a 20 anni ho
incontrato, Don Bosco, i ragazzi
poveri e abbandonati. E il messaggio di Don bosco che mi ha
convertito. Lui parla di Gesù
Cristo, di Vangelo. Ed a questo
proposito, quando i cardinali
mi chiamano perché vogliono
parlarmi, vogliono avere un
contatto con me, spesso mi trovo a dire: “Oh, Eminenza, lo sa
lei che io ho incontrato Gesù!”
E loro mi guardano come straniti. Io continuo: “Eh sì! Mi ha
perino dato il suo biglietto da
visita. Lo vuole vedere, Eminenza? Lo guardi. Gesù ha detto:
sono venuto solo per servire e
non per essere servito”. Ed essi
ri-mangono un po’ così… È dal
1949 che io ho una missione da
compiere ed è quella che mi ha
indicato un vecchio salesiano
che aveva conosciuto Don Bosco, morto nel 1888.
Parliamo ora della situazione
politica italiana…
Dire che sono indignato è poco.
Siamo nel caos totale. I media,
specialmente i giornali, dicono
continuamente che bisogna costruire i rapporti umani, creare
un tessuto nuovo, culturale, etico e civile. Ma tutti noi siamo
stati investiti da un ventennio
di “berlusconismo”. Siamo diventati schiavi della società dello spettacolo. Tutti stravaccati
davanti al televisore, al punto
tale che ci sentiamo obbligati a
dire che tutto ci è dovuto. Non
è vero niente: si deve ricominciare, ciascuno di noi deve fare
singolarmente, per arrivare
all’obiettivo del bene comune,
dei cambiamenti strutturali. È
necessario che ognuno si chieda cosa può fare personalmente
nel proprio piccolo, nel proprio
gruppo, nella propria famiglia,
nel proprio condominio.
È un discorso utopistico?
Ci sono molti testimoni che danno corpo a questo messaggio.
Come il mio amico Vittorio Arrigoni, che in diversi Paesi opera
nella ristrutturazione di alloggi
per disabili, senzatetto, profughi
di guerra, per inire poi vittima
della sua scelta della nonviolenza sulla Striscia di Gaza. Il suo
messaggio era: “Restiamo Umani!” Ma penso anche a Fabrizio
De André, al mio grande “amore” Gino Strada e a tutti quelli di
Emergency, forse l’unico che ha
un concetto della pace veramente umano. Credo che neanche
il Papa ce l’abbia. (rif. a Joseph
Ratzinger, ndr)
Troppe guerre inutili si combattono nel mondo per motivi
spesso occulti. Cosa ne pensa,
come sacerdote?
Voglio portare un esempio: per
la tragedia di Nassirya, si voleva scrivere una lettera al Papa
LUGLIO 2013 - BARRICATE
73
Ph: Tonino Mosconi
74
LUGLIO 2013 - BARRICATE
Ph: Matthias Canapini
perché desse un segno come
Chiesa. Non si può che deinire
tragedia quella di Nassirya, ed il
contesto è di guerra aperta, non
“missione di pace”. Il segnale
che mi aspetterei dalla Chiesa è
quello di prendere posizione nei
confronti delle armi e togliere i
cappellani militari dall’esercito.
Altro che “missioni”! Un mese
dopo Nassirya, l’Arcivescovo col
grado di Generale di Corpo d’Arma addirittura dichiara: “Cari
soldati, l’Italia vi ringrazia per
la vostra gloriosa presenza di
missione di pace!”.
Quando incontro i cappellani
militari chiedo sempre da dove
vengano. La risposta è: da Aviano, dall’Afganistan, dall’Iran, dal
Libano… Chiedo allora: “Cosa
dite ai soldati quando vanno
a tirare le bombe su tutto e su
tutti? Cosa gli dite di Gesù?”.
Rimangono così … basiti, senza
risposta.
Un giorno stavamo traducendo
dal latino, insieme alla scrittrice Fernanda Pivano e a Fabrizio De André, una enciclica di
Papa Giovanni, Pacem in terris.
Nel testo c’è un passaggio in cui
si dice, nella traduzione della
CEI, che chi pensa di portare la
guerra con le armi, sappia che
è “sconveniente”. Fernanda, da
brava latinista, sbottò: “Ah, ma
non sanno neanche tradurre in
latino! Il testo di Papa Giovanni
del 1962 va tradotto invece così:
chi dice di portare la democrazia con le armi è pazzo”. Infatti,
come volete che si traduca l’espressione latina alieno a ratio-
ne? La prima religione originaria, vecchia di milioni di anni, è
la pace. Quindi bisogna operare
una svolta epocale, quella della
Nonviolenza.
Come valuta la condizione dei
giovani?
Siamo in una situazione di crisi
politica e di sistema che ormai
riguarda non solo l’Italia, ma
tutto il mondo. I giovani hanno
profondamente ragione di lamentarsi. Il 30% è disoccupato.
Molti non cercano più lavoro,
neanche quelli che si specializzano. Non s’intravede una
soluzione. Io lo sento. Ma sento anche che se qualcosa deve
cambiare, protagonisti devono
essere soprattutto i giovani. Chi
è al potere, compresa la Chiesa, si permette di ritenere come
ingiustiicabile la violenza, ad
esempio durante le manifestazioni degli indignados di Roma.
Ma spesso sono i potenti e i rappresentanti della Chiesa, con le
modalità di gestione del potere,
ad essere violenti. Meglio restino zitti. La verità è che tutti dobbiamo cercare di essere sovrani
a tutti i costi. Diventare, cioè,
cittadini e cittadine. Soprattutto
le donne.
Soprattutto le donne…
Sì, perché da secoli, anche se
una volta era più evidente e
grave, la donna vive in una condizione di discriminazione. Le
donne non hanno priorità. Qualche mese fa a Piombino abbiamo
fatto una ricerca con gli studenti
sulla Costituzione. Dalla ricerca
chiaramente si evince l’assoluta
parità tra uomo e donna riguardo al lavoro ed al salario. Ma
nella realtà non è così, non c’è
parità. Non parliamo poi di questa parità di diritti nella Chiesa.
Nella Chiesa le donne non contano. Se le donne vogliono farsi
voler bene davvero dal parroco
devono andare in parrocchia
con l’aspirapolvere! È il massimo grado che si può dar loro. Se
io fossi in voi donne, andrei in
tutte le chiese a spaccare le grate dei confessionali. Ai maschi
questo non capita. Arrivano, si
confessano… Ma ve lo immaginate Gesù nel tempio o altrove
che vuole parlare con la Maddalena e inizia chiedendo a lei di
pulire per terra? Anzi, per Gesù
era tutto il contrario. Eppure nei
secoli abbiamo visto caccia alle
streghe, roghi. E non solo nella
religione cattolica. L’umanità si
è persa nella sua benedizione
originaria.
Ph: Mauro Tamburini
LA CULTURA DIETRO LE RIGHE
Ph: Luciano Dolcini
Chiaramente in Italia, con un
Premier che per anni, partendo
dai suoi orientamenti sessuali,
ha premiato le donne per altro
che per le loro qualità politicoamministrative, si è toccato il
fondo. Che esempio è stato quello di un responsabile politico
che ha fatto prevalere la politica del bunga bunga sugli interessi della nazione, col silenzio
quasi totale delle donne stesse?
Don Gallo, parliamo della
nostra democrazia così tanto
tormentata…
Perché ve lo deve dire un prete,
che l’Italia è una Repubblica Democratica! Tutte le volte che c’è
un’ingerenza della Chiesa nelle
questioni politiche, la democrazia inisce. La certezza della democrazia è basata sulla Costituzione. Ed a proposito di Chiesa e
Democrazie, voglio raccontarvi
questo aneddoto. Una volta un
cardinale mi disse: “Preghi?”.
“Certo che prego, Eminenza.
Quando mi rivolgo al Padre,
ho una preghiera speciale. Se
Lei mi dà il nulla osta, io la distribuisco”. E lui: “Intrigante!...
Qual è, dunque, questa nuova
preghiera?”. E io di rimando: “I
primi 12 articoli della Costituzione…”
Nella Costituzione Repubblicana ci sono testimoni lontani,
testimoni partigiani e poi via
via tutti gli altri, ino ai nostri
giorni. Leggendo l’articolo 2:
“l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale”; l’articolo
11: “l’Italia ripudia la guerra
come strumento di ofesa alla libertà degli altri popoli”, cioè la
patria italiana in mezzo alle altre patrie. Ma questo è Mazzini!
L’articolo 8: “tutte le confessioni
religiose sono egualmente libere
davanti alla legge”. Ma questo è
Cavour! Quando leggo l’articolo
5: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove
le autonomie locali”. Ma questo
è Cattaneo, il vero federalismo!
L’articolo 52, sulle forze armate: “l’ordinamento delle forze
armate si informa allo spirito
democratico della Repubblica”.
Esercito di popolo, cioè. Ma
questo è Garibaldi! L’articolo
27: “non è ammessa la pena di
morte”. Questo è Beccaria! Molti hanno dimenticato il senso e
il valore della democrazia che in
Italia si è sostanziata attraverso
la Costituzione.
Non posso non ricordare di aver
conosciuto un padre costituente
che a 39 anni era già diventato
sottosegretario. Parlo dell’onorevole Giuseppe Dossetti, cattolico, si farà prete e diventerà vicario generale, poi monaco per
tanti e tanti anni, povero con
i poveri. Questo prete eroe ha
girato tutta l’Italia e a chi negli
anni ‘70 e negli anni ‘80 gli chiedeva cosa andasse a fare nelle
varie città italiane, rispondeva:
“Sto girando l’Italia per convincere i cittadini e le cittadine italiane ad istituire nuovi comitati
in difesa della Costituzione”.
Dovremo ancora ricordarci il
senso dell’impegno civile dei
partigiani, degli uomini della
Resistenza da cui è nata la Repubblica. Sinistra ad esempio,
come spesso ha ben sottolineato il mio compagno partigiano
Giorgio Bocca, ha voluto dire
“valori”, perché per tanti anni,
il termine si è tradotto con giustizia sociale, diritto, lavoro, dignità.
Oggi invece si inneggia al capitalismo. Ma guardate quali
disastri ha portato nel mondo:
miliardi di poveri che vivono
in una condizione miserabile. Il
primo obiettivo del capitalismo
si esprime col monopolio televisivo, ed è quello di distruggere lo stare insieme. Ogni sera
miliardi di persone si isolano e
stanno stravaccate davanti al televisore…Il secondo obiettivo è
più terriicante: distruggere l’essere in sé, la coscienza critica. Il
capitalismo ci ha distrutto tutto,
ecco perché io prevedo che esso
sarà di lunga durata.
Approfondiamo il discorso
della coscienza critica…
Abbiamo letto più volte che bisogna riesaminare seriamente le
situazioni degli emarginati che
il nostro sistema di vita ignora ed a volte persino coltiva:
anziani, handicappati, tossicodipendenti, disoccupati, dimessi dal carcere o dagli ospedali
psichiatrici: perché accrescere
ulteriormente la folla dei nuovi
poveri? Perché la società attuale
risponde così poco a un’emarginazione clamorosa? Con gli ultimi e con gli emarginati potremo
recuperare tutti un genere di
vita diverso; demoliremmo innanzitutto gli idoli che ci siamo
costruiti: denaro, potere, consuLUGLIO 2013 - BARRICATE
75
76
LUGLIO 2013 - BARRICATE
Ph: Federico Mosconi
Le foto pubblicate in questa intervista
sono un omaggio a don Gallo e sono
state selezionate tra le opere di otto fotograi sul tema dei diritti umani e civili
Ph: Federico Tamburini
su questo piano…” Mi chiedo un
cristiano come me su che piano
la dovrebbe mettere…
Per chiudere questa nostra intervista, vorremmo che ci parlasse del rapporto particolare
con Fabrizio De André, che ha
già citato.
La mia storia penso sia un ilm e
come ogni ilm ha la sua colonna sonora. Io sono amico di tanti musicisti da Vasco ad altri. La
mia colonna sonora… Una volta
un Cardinale mi disse, scherzando: “Sai quanti sono i vangeli
Canonici?”. “Quattro, Eminenza: Matteo, Marco, Luca, Giovanni. Visto che li so?”. “Sei bravo!”. “Però io ne ho un quinto
che mi serve per interpretarli”.
“Ahi, ahi! Leggi i vangeli apocrii, vero?” “No! È una poesia,
è una musica, è un vento nonviolento, è un vento anticapitalista, è un vento antifascista, è un
vento anarchico nella sua vera
accezione: riiuto di qualunque
sopruso, l’anarchia come atteggiamento profondo, con la sola
aspirazione alla libertà e alla
giustizia”. Aggiungo: “Eminenza, qui io ho un quinto vangelo:
il vangelo secondo De André”.
Ph: Luciano Manna
mo, spreco, tendenza a vivere al
di sopra delle nostre possibilità.
Riscopriremmo i valori del bene
comune, della tolleranza, della
solidarietà, della giustizia sociale, della corresponsabilità…
“Chiesa” vuol dire assemblea e
quindi vuol dire donne, uomini, ragazzi, insieme tutti, con la
bussola della Costituzione. Non
c’è altro. Parlando con il procuratore generale antimaia Grasso
(oggi Presidente del Senato, ndr),
a proposito di diritti e di malaffare, a chiusura della nostra discussione, le sue parole furono:
“Basterebbe applicare la Costituzione: si sconiggerebbero tutte le maie”.
A don Lorenzo Milani una volta
chiesi cosa fosse la politica. “Oh
bella! - mi rispose - la politica
è uscire dai problemi tutti insieme, con una priorità: ripartire
dagli ultimi”. È vero, a partire
dagli ultimi. Ma guarda cosa
succede a stare con gli ultimi e
partire dagli ultimi. Ricordo che
un giorno un cardinale mi riceve e mi fa vedere una pila di fogli sul suo tavolo, tutte lettere:
“Guarda cosa scrivono contro di
te i fedeli - esordì il cardinale.
Stare con le puttane e i ladri,
fare cortei con i ragazzi, i centri
sociali…” e continuava a gridare. Ad un certo punto rispondo:
“Eminenza, secondo lei, Gesù
come si sarebbe comportato?
Quali sarebbero stati i suoi “ultimi” da cui noi dovremmo ripartire, che dovremmo scegliere?”.
E lui mi fa: “Ah!, ma se la metti
Ph: Gianluca Guidi
LA CULTURA DIETRO LE RIGHE
LINGUAGGI GRAFICI: RIDERE
Davide Ceccon
http://davidececcon-scrittidissidenti.
blogspot.it
Davide Caviglia
nasce a Genova il secolo scorso. Dopo la scuola dell’obbligo
frequenta un istituto tecnico,
ma le caricature dei docenti
che appende ai muri del corridoio non gli facilitano le cose.
Dopo numerosi lavori di fatica,
decide che lo studio non è poi
così male e, partito per Milano,
si diploma al Liceo Artistico Serale di Brera. Oggi è redattore
e autore presso la rivista L’antitempo, vignettista e scultore.
[email protected]
http://strolippo.wordpress.com
LUGLIO 2013 - BARRICATE
77
CINEMA
Intervista a Luigi Lo Cascio
PAROLA, MON AMOUR
Da interprete di teatro ad attore del cinema ino al debutto nella regia, il
percorso di un autore sotto il segno della ricerca artistica e dell’impegno
civile. Ma soprattutto della passione per la parola
Incontro Luigi Lo Cascio a Pesaro in occasione della proiezione
de “La città ideale” (ITA 2013),
ilm di cui è sceneggiatore, regista e attore. Sta accompagnando
la sua opera prima nei vari cinema della regione e dopo la visione ne discute con il pubblico:
sempre con molta passione, con
risposte articolate e mai scontate, cercando di trovare anche
nell’ovvietà di alcune domande
spunti di rilessione interessanti.
Nonostante i tempi stretti e i tanti
incontri condensati in poche ore,
imposti dal tour promozionale,
riesce a ritagliarsi un po’ di tempo per la nostra conversazione.
Il primo ilm da regista di Lo Cascio gode del valore aggiunto di
vent’anni di lavoro come attore
teatrale e cinematograico che lo
rendono un artista distante da
ogni appagamento e in continua
evoluzione. Riguardando il ilm,
ripenso a ciò che scriveva Francois Trufaut a proposito delle
opere prime: “Si può sostenere
che un cineasta fornisce tutte le
indicazioni su quella che sarà la
sua carriera nei primi cinquanta metri di pellicola che impressiona. Il suo primo lavoro è lui
stesso.”1
78
LUGLIO 2013 - BARRICATE
Inizi facendo teatro di strada
con un gruppo di amici, “Le
ascelle”. Tu la descrivi come
un’esperienza giovanile e
ludica, ma tra le fonti d’ispirazione citi un padre nobile
e non molto conosciuto del
cabaret, Carl Valentin.
I miei amici ed io eravamo
molto sportivi e seguivamo
olimpiadi e campionati europei di atletica leggera. Non
avevamo un soldo e per mantenerci durante quelle trasferte all’estero ci divertivamo con
degli spettacolini per strada.
Nelle grandi città europee non
aveva senso proporre sketch
in italiano, così facevamo soprattutto pantomime e gag
mute. Quando queste gag sono
diventate teatro sul palcoscenico, i nostri riferimenti per
la parola sono diventati Petrolini, Jannacci e Valentin, cioè
un tipo di comicità attenta al
nonsense, ai giochi di parole,
all’assurdo. Il gioco sulle parole nasconde sempre una carica
sovversiva, rivoluzionaria, che
afascinava noi ventenni e che
in me si è trasformata, in seguito con lo studio, in amore
per la parola.
Debutti in prosa con Federico Tiezzi, un artista che ha
Ph: Federico Mosconi
Massimiliano De Simone
elaborato e messo in scena
l’idea di un teatro di poesia,
così come Pasolini aveva teorizzato e realizzato un cinema di poesia…
Ho cominciato a leggere molto
tardi. Quando mi sono trasferito da Palermo a Roma nella
mia valigia portavo solo due
1- François Truffaut, I ilm della mia
vita, pag 39 e succ.,
L’Unità- Marsilio.
libri: Il gattopardo e 1984. Il
piacere della parola, e quindi
della scrittura per il teatro e
per il cinema, in me non nasce
dalla lettura, ma dalla pronuncia della poesia. In accademia
lavorando su Alieri, su Tasso, su Dante, la passione per
la parola si è accresciuta provocandomi un vero e proprio
godimento del corpo. Così ho
iniziato a creare la mia biblioteca, ad ainare il gusto, a scegliere i miei autori.
Poi c’è stato il passaggio dal
teatro al cinema: strumento espressivo, quello cinematograico, verso il quale
inizialmente nutri qualche
diidenza.
Quello che mi interessa dei
due linguaggi artistici è la
loro capacità di confrontarsi
con il mito, che si sviluppa in
maniera diversa. Nella tradizione teatrale ci sono ininiti
Edipo, ininite Medee, ininiti
Don Giovanni. Il teatro ha la
possibilità di creare opere che
hanno una gittata illimitata:
ancora oggi ci confrontiamo
con opere che vengono messe in scena in continuazione
e si rivelano fonti inesauribili
di conoscenza e di emozioni.
Questo con il cinema non accade, perché il cinema lavora differentemente: si propone come
un evento che si consuma nel
tuo immaginario, qualcosa che
si innesta nella tua capacità
percettiva, una dimensione
molto singolare. Il ilm sembra
essere l’approdo della mitologia personale di un autore.
Altra speciicità del teatro è
che permette di osare linguisticamente: è un luogo dove
un uomo può parlare ancora
in endecasillabi senza sembrare disumano. Il cinema sofre
invece di un appiattimento
sulla lingua d’uso, sul quotidiano, che supera solo quando
ricorre a forme “altre” e non
usurate di linguaggio, come i
dialetti. Nel cinema, inoltre,
l’espressività dell’attore si costruisce nell’inquadratura che
frammenta e crea gli spazi entro i quali muoversi. L’attore è,
Ph: Federico Mosconi
LA CULTURA DIETRO LE RIGHE
in un certo senso, nelle mani
del regista che decide come
incorniciarlo, individua il boccascena da cui farlo afacciare.
A teatro, quando l’attore è sul
palco, tutto è segno, niente
può essere nascosto: è il responsabile della scena.
Il tuo percorso artistico si
evolve attraverso la scrittura e la regia del tuo primo
ilm, La città ideale.
La regia è stata la logica conseguenza di un percorso nato da
un’idea che mi appassionava,
sviluppatosi attraverso la scrittura e conclusosi con la messa
in forma cinematograica. Il
passaggio dalla recitazione alla
regia, che comunemente viene
interpretato come un salto pericoloso o indebito, credo sia
un evento molto naturale nella
vicenda di un artista. Un attore
ha una frequentazione continua con la macchina da presa,
ha conidenza con quello che
succede sul set e talvolta decide di raccontare in prima persona una storia.
In Italia, quando un teatrante si dedica alla regia di un
ilm i risultati sono spesso
notevoli. Penso non solo a
La città ideale, ma anche a
La pecora nera di Ascanio
Celestini. Nei vostri lavori
non si avverte la costrizione di alcune convenzioni cinematograiche, si intuisce
l’urgenza del raccontare, si
guadagna in autenticità.
Il teatro in questo mi ha dato
molta libertà. Non mi sono
preoccupato di come si scrive
“correttamente” una sceneggiatura. Il ilm ha delle anomalie che lo rendono un’opera
singolare, desueta, inclassiicabile a suo modo. Un autore
dovrebbe sempre preoccuparsi
di cosa efettivamente gli sta
a cuore e non di cosa incontra
immediatamente il favore del
LUGLIO 2013 - BARRICATE
79
LA CULTURA DIETRO LE RIGHE
Ph: Federico Mosconi
pubblico. È disonesto per un
artista giocare al ribasso con le
proprie potenzialità. Si limita
la propria creatività a qualcosa
di medio, se non di mediocre,
ritenendo che questo sia il segreto di un eventuale successo. Così facendo si ofendono
l’intelligenza e il gusto del
pubblico. L’autore deve creare
l’opera per sé; non nel senso di
essere poco generoso o autoreferenziale, ma nel senso di fare
l’opera che lui stesso vorrebbe
vedere da spettatore. Così si rispetta se stessi e soprattutto il
pubblico.
Ripensando al tuo “Peppino
Impastato” ho ricollegato la
sua esperienza di lotta, di
non violenza, a quella di un
altro grande siciliano d’adozione, Danilo Dolci.
Provenivano dalla stessa parte di Sicilia. Due intellettuali.
L’intellettuale non è semplicemente un uomo di media
80
LUGLIO 2013 - BARRICATE
cultura, ma è un punto di riferimento, uno che indica la
strada, un visionario; è colui
che attraverso le sue suggestioni, le sue pratiche, il suo urlo è
capace di mettersi in relazione
con gli altri, di creare un ascolto, di ricordare che le battaglie
non devono essere solitarie e
che la comunità deve riconoscersi nella lotta. Danilo Dolci
e Peppino Impastato avevano
queste qualità. Hanno concretizzato le loro idee nelle attività, hanno avuto la capacità di
creare comunità. Il loro pensiero non si è mai adagiato nel
tepore dello stadio ideale, ma
ha agito nella carne viva della
storia.
LUIGI LO CASCIO
nasce a Palermo il 20 ottobre 1967.
Debutta in teatro nel 1989 con
Aspettando Godot di Samuel Beckett per la regia di Federico Tiezzi.
Studia all’Accademia di Arte Drammatica ‘Silvio D’Amico’ con Orazio
Costa, uno dei massimi esponenti
della pedagogia teatrale europea
del Novecento. Nella sua classe ci
sono: Sonia Bergamasco Alessio
Boni, Fabrizio Gifuni, Claudio Gioè
(attori che reciteranno con lui dieci
anni dopo ne La Meglio Gioventù),
Pierfrancesco Favino. Si diploma
come attore nel 1992. Lavora in
teatro con Giuseppe Patroni Grii,
Carlo Cecchi. Nel 2000 esordisce al
cinema con I cento passi di Marco
Tullio Giordana, in cui interpreta
Peppino Impastato ino ad allora
poco noto all’opinione pubblica.
Filmograia essenziale
2012 La città ideale, di Luigi Lo Cascio
2011 Romanzo di una strage, di Marco Tullio Giordana
2010 Noi credevamo, di Mario Martone
2009 Gli amici del bar Margherita, di
Pupi Avati
2009 Baarìa, di Giuseppe Tornatore
2008 Miracolo a Sant’Anna, di Spike
Lee
2007 Il dolce e l’amaro, di Andrea
Porporati
2006 Mare nero, di Roberta Torre
2005 La bestia nel cuore, di Cristina
Comencini
2004 La vita che vorrei, di Giuseppe
Piccioni
2003 Buongiorno notte, di Marco
Bellocchio
2003 Stessa rabbia stessa primavera,
di Stefano Incerti
2002 La Meglio Gioventù, di Marco
Tullio Giordana (nomination come
miglior attore protagonista al David
di Donatello e all’European Film
Award)
2001 Il più bel giorno della mia vita,
di Cristina Comencini
2001 Luce dei miei occhi, di Giuseppe Piccioni (Premio Pasinetti
come miglior attore e Coppa Volpi
al Festival di Venezia; nomination
all’European Film Awards e al David di Donatello)
2000 I cento passi, di Marco Tullio
Giordana (David di Donatello come
Miglior Attore Protagonista)
NONVIOLENZA
in collaborazione con
LA SIRIA CHE NON CI RACCONTANO
Redazione italiana di Pressenza
www.pressenza.com/it
ph Marinella Correggia
Il premio Nobel Maguire con il patriarca Laham
All’inizio del mese di Maggio, una
delegazione guidata da Mairead
Corrigan Maguire, Premio Nobel
per la Pace, ha visitato la Siria su
invito di Madre Agnes-Mariam,
Madre Superiora del Monastero
greco ortodosso di San Giacomo Mutilato a Qara e aderente
al gruppo siriano Mussalaha. In
arabo Mussalaha signiica “riconciliazione” e il gruppo lavora
precisamente per realizzare la
riconciliazione nei conlitti locali
in tutta la Siria. Non si considera
politico ed è aperto alla partecipazione di tutti. Ha ottenuto numerosi successi e gode della iducia
della maggior parte dei siriani,
il che costituisce già di per sé un
risultato incredibile. Mussalaha
contiene un forte elemento cristiano, ma vi partecipano quasi tutte
le confessioni ed etnie siriane. In
numerose azioni speciiche (dialogo, mediazione per la liberazione
di prigionieri, ricerca di soluzione
a conlitti) Mussalaha usa la metodologia della nonviolenza.
Avete sentito parlare di tutto questo nei principali telegiornali o
radiogiornali? L’arrivo della Maguire a Damasco è stato riportato
in qualche pagina di qualche giornale italiano? Se escludiamo i reportage della giornalista paciista
Marinella Correggia -membro della delegazione e autrice delle foto
qui riportate- su “Il Manifesto” e
gli echi sulle tradizionali agenzie
82
LUGLIO 2013 - BARRICATE
paciiste come Pressenza e PeaceLink, questa Siria non viene
raccontata. Pressenza l’ha seguita
tramite i comunicati di Paul Larudee -paciista californiano cofondatore con Maguire di Freedom
Flotilla- e i reportage di Marinella
Correggia.
Riportiamo qualche risposta
dell’intervista a Paul.
Com’è nato e come si è sviluppato questo viaggio?
Nel 2012 Madre Agnes-Mariam
ha compiuto vari viaggi in giro
per il mondo per presentare una
speciica visione della situazione, contrastare false informazioni e costruire un sostegno
internazionale alla ine della
violenza. Durante i suoi viaggi,
Madre Agnes ha conosciuto il
Premio Nobel per la Pace Mairead Maguire e le due donne
hanno deciso di formare una
delegazione internazionale che
visitasse la Siria, invitando un
gruppo selezionato di persone.
In origine il viaggio doveva avvenire in febbraio e riguardare
quattro città, ma questo non è
stato possibile. La visita è stata
allora rimandata a maggio, con
un itinerario che comprendeva
solo il Libano e Damasco.
La delegazione ha concluso il
suo lavoro con una dichiarazione. Puoi esporci i punti e
le richieste principali?
La dichiarazione è lunga, ma
vale la pena di leggerla. È disponibile su www.pressenza.
com/it/2013/05/comunicaton-4-dalla-siria-dichiarazioneinale. I suoi cinque punti principali sono:
1. Porre ine all’intervento straniero e al lusso di armi
2.
Fermare la distorsione
dell’informazione e permettere
a tutte le voci di farsi sentire
3. Cancellare le sanzioni economiche, che stanno causando
gravi privazioni al popolo siriano
4. Fornire assistenza adeguata
ai profughi e agli sfollati
5. Porre ine alla violenza e trovare soluzioni paciiche, decise
dal popolo siriano
Quali sono a tuo parere le
possibilità di una soluzione
paciica di questa crisi?
Prima o poi si arriverà a una
soluzione paciica. Nessun conlitto è mai durato mille anni.
Questo conlitto però inirebbe
molto più rapidamente e con
minori perdite se l’interferenza
straniera cessasse. In quel caso
i siriani risolverebbero i problemi tra loro, con la necessità di
considerare i punti di vista di
ogni gruppo. Devono ascoltarsi
a vicenda e trovare insieme una
via d‘uscita alla crisi.
(Traduzione
Anna Polo)
dall’inglese
di
La Siria era questo
IL MOVIMENTO DELL’INFORMAZIONE
LIBRI
in collaborazione con
NELLE MANI DI GOLIA
Laura Tussi
Una dettagliata e documentata opera che coniuga il pensiero di illustri docenti universitari, preti
di frontiera, giornalisti e studiosi, per cui “Golia”
incarna e rappresenta tutti i poteri forti che impongono ingiustizie, discriminazioni, violenze e
razzismo, nell’era della globalizzazione mercantilista, della crisi sistemica e della Rete, con ripercussioni negative devastanti sui diritti della donna e
dell’uomo. La Fondazione Guido Piccini per i diritti
dell’Uomo e la Magniica Comunità della Valpolicella hanno apportato un importante e notevole
contributo di pensiero alla realizzazione di questa
opera dai caratteri enciclopedici e universalistici. Il
libro nasce dall’esperienza
diretta della rivista “Missione Consolata” di Torino,
che apporta un alto sguardo di insieme.
I diritti umani purtroppo
appaiono come l’emanazione culturale non dell’intera umanità, ma della
parte caratterizzata dalla
cultura occidentale, per secoli dominante e colonialista, nella mancanza di una
cultura di pace, come commenta Paolo Pagliai. Per i
poveri è l’indigenza stessa a violare tutti i diritti senza distinzione, nel disprezzo del valore della diversità, nell’indifferenza
o nell’odio per il più debole, l’ultimo, l’emarginato,
l’escluso, come scrive Giuliano Pontara. Allo Stato,
inteso come comunità politica, spetta il compito di
garantire la qualità della vita delle persone, sostiene Alessandra Algostino, in quanto il cammino dei
diritti ha l’obiettivo di coniugare libertà individuale
e giustizia sociale, l’ ”io” e gli “altri”, soprattutto in
un’epoca in cui la crisi economica, la paura del “terrorismo” e la mancanza di eficaci politiche globali
hanno fatto riemergere pulsioni e paure razziste e
xenofobe. Maria Romero denuncia quanto la violenza contro le donne sia un’evidenza quotidiana,
dove appunto la “povertà è donna”. Come espone
Chiara Blengino, sono milioni i minori impiegati in
lavori pericolosi: restituire i bambini alla scuola e ai
sogni propri della loro età non è facile, ma è possibile; per convincere i soggetti avversi, le multinazionali, occorre la spinta della società civile. Nella
Dichiarazione del 1948 e nella maggior parte delle
Costituzioni nazionali, i diritti dei lavoratori sono
ampiamente tutelati, ma la realtà è diversa, come
dimostrano le cifre degli incidenti sul lavoro e le
malattie professionali, per non parlare dello sfruttamento del lavoro minorile e femminile. L’amianto
uccide tuttora, dall’Eternit all’Ilva, per fare proitti sulla vita delle persone, come approfondiscono
Roberto Topino e a Rosanna Novara. Il proitto è
tutto e il lavoro non conta niente, perché il capitalismo iperliberista impone la tragica lacerazione di
una “vita senza lavoro o di un lavoro senza dignità”, nel becero ricatto capitalista tra vita e salute
o lavoro e morte, dove lo stato sociale è assente
nell’emancipazione dal bisogno. Uno spasmodico
“sviluppo” esclude orizzonti di decrescita e innovativi modelli di crescita ecostenibili ed equosolidali,
anche attraverso l’estensione dei “diritti digitali” e
della Rete quale strumento economico, educativo e
partecipativo. Lo sviluppo
neoliberista e i diritti umani risultano incompatibili,
dove il diritto alla libertà
di espressione è fortemente minato, mentre
imperversa la minaccia
all’eguaglianza di genere e
si impone spietatamente il
razzismo, l’omosessualità
viene punita e l’omofobia
è presente e tollerata, calpestando il limite invalicabile dell’altro. Dunque
sui diritti umani sussiste molta ipocrisia e noi tutti
dovremmo sentire “il dovere di indignarci”, come
sostiene Gianni Minà. L’ortodossia neoliberista ha
fatto strame dei diritti, denuncia Paolo Farinella, e
la sentinella dell’etica e del bene comune, la Chiesa, è colpevole di latitanza e mancanza di presa di
posizione etica e morale rispetto al regime di corruzione, di illegalità, di sfruttamento e ingiustizia
sociale che imperversa non solo a livello globale,
ma anche nel nostro Paese.
Nelle mani di Golia. I diritti
dell’uomo tra Stato e mercato (ai
tempi della Rete)
a cura di Paolo Moiola
Il segno dei Gabrielli editori,
S. Pietro in Cariano (Verona)
2012, pp. 637.
Introduzione di Paolo Pagliai e
Giuliano Pontara
Postfazioni di Paolo Farinella e Gianni Minà
LUGLIO 2013 - BARRICATE
83
EDITORIA GRAFICA
Intervista a MAMMA!
MAMMA!
“La nostra linea redazionale? Rispettare l’intelligenza di chi ci legge”
Monique De Monique
Mamma! è una rivista autoprodotta e difusa solo su abbonamento, nata per cambiare la
storia della satira italiana. Giornalisti e fumettari, ovvero “penne” e “matite” della redazione,
hanno le idee così chiare da aver
stilato un vero e proprio Manifesto della nuova satira, che ha
come unica regola l’indipendenza di pensiero e ispirazione,
bandisce ogni sorta di dogma,
riiuta l’asservimento a logiche
di marketing, è aperto ad ogni
potenzialità espressiva e a nuove
collaborazioni.
Uno sguardo ironico e puro allo
stesso tempo, uno scorrere libero
e disinvolto tra codici, strumenti
e linguaggi, un’organizzazione libera e orizzontale, danno come
risultato una satira che preferisce l’onestà intellettuale allo
shock dirompente, la battaglia
epica (ed etica) alla vendibilità:
“una satira artigianale, autoprodotta e libertaria che sta alla
satira commerciale così come la
marmellata fatta in casa della
mamma sta alle gelatine chimiche prodotte in serie.”
Oltre a pubblicare la rivista, a
produrre i libri e a collaborare sul web, Mamma! propone
anche laboratori aperti a tutti,
dagli esperti ai curiosi, per approfondire il linguaggio della satira, del giornalismo a fumetti e
dell’editoria multimediale.
84
LUGLIO 2013 - BARRICATE
Direttore Carlo Gubitosa,
quando e come nasce la vostra esperienza?
Siamo nati nel 2009 dalle ceneri di due inserti satirici:
Paparazzin, ospitato da Liberazione, e Emme pubblicato dall’Unità e rottamato da
Concita de Gregorio con il suo
arrivo alla direzione del quotidiano. Poi Liberazione ha
chiuso e ora l’Unità è ultima
nella classiica delle vendite
dei quotidiani, a conferma che
a fare danni nei giornali non è
la satira o il fumetto, semmai
la sua assenza.
Come coinvolgete gli autori
che animano la vostra testata?
Siamo un gruppo autogestito
e quindi la rete di collaboratori si allarga naturalmente
e spontaneamente in base ai
legami di stima e di amicizia
che spingono noi verso nuovi
autori e loro verso la rivista. Se
c’è qualcuno bravo in ascolto
che non sa come raggiungerci
può mandare le sue proposte a
[email protected]
Qual è la linea redazionale?
Non crediamo in un giornalismo che degenera in una religione dispensatrice di verità e
di certezze, dove ogni testata
ha i suoi “fedeli” pronti a credere nel “verbo” del proprio
direttore di riferimento. Crediamo nell’uso del fumetto e
del linguaggio satirico applicati al giornalismo per far nascere delle buone domande nella
testa del lettore anziché rega-
lare facili risposte. Per questa
ragione, nei numeri tematici
della nostra rivista abbiamo
ospitato le posizioni più diverse sui temi più svariati, e
come requisito imprescindibile chiediamo solamente l’onestà intellettuale nell’esprimere
le proprie idee. Preferiamo un
ragionamento ben costruito
che ci trova in disaccordo ad
un’arrampicata sugli specchi
per sostenere idee alle quali
siamo favorevoli. In sintesi,
la linea redazionale è che non
c’è una linea a cui attenersi, se
non il rispetto dell’intelligenza
di chi ci legge.
“Realizzare la prima rivista
italiana di giornalismo illustrato e satira d’inchiesta
libera da Padroni, Pubblicità, Prestiti bancari e Partiti
politici, le ‘quattro P’ che
inquinano e avvelenano l’informazione italiana”: è un
LINGUAGGI GRAFICI: MAMMA!
MAURO BIANI
Chi semina racconta. Sussidiario
di resistenza sociale
Associazione Altrinformazione I libri di Mamma!
Formato 17×24, 240 pagine a
colori,
ISBN 9788897194057
15 euro
(spese di spedizione INCLUSE)
Acquistabile on line qui:
www.mamma.am/maurobiani
Marescotti dell’associazione Peacelink, partner della testata, legge MAMMA!
obiettivo condivisibile ma
ambizioso. Come lo state realizzando?
Provandoci. Abbiamo abbastanza abbonati per coprire i
costi vivi, ma non i costi del
lavoro che continuiamo a fare
gratis. La nostra speranza è
che si possa raggiungere un
numero sostenibile di abbonati
senza ricorrere ad aiuti esterni, e per questa ragione abbiamo lanciato la campagna di
abbonamenti www.mamma.
am/300 . Dei 300 abbonati che
cercavamo ne abbiamo trovati
più di un terzo, ora speriamo
di trovare anche gli altri, altrimenti cambieremo rotta senza rimpianti e ci inventeremo
qualcos’altro.
Mamma! ricorda un po’ la
satira delle testate storiche
Male e Frigidaire. Si tratta di
una scelta o un caso?
Tutto il lavoro creativo si fa
camminando sulle spalle dei
giganti, e quelle testate, assieme a Cuore sono state per la
maggior parte di noi una grande scuola di alfabetizzazione
ai linguaggi della satira e del
fumetto. Ma noi abbiamo cercato di fare un passo ulteriore, e di stringere sempre più
il legame tra la scrittura giornalistica e le tavole a fumetti,
due stili di comunicazione che
nelle riviste del passato vivevano un po’ a “compartimenti
stagni” e muovendosi in modo
indipendente, ma oggi possono trovare una sintesi eicace
per far passare informazioni
importanti in un contenitore
come il fumetto, che a nostro
avviso è una tra le poche, se
non l’unica forma di editoria
tradizionale in grado di aiutare la carta stampata a resistere
alla sida lanciata dal multimedia e dall’informazione online.
Lo sappiamo il perché del
nome “Mamma!”, ma vogliamo sentirlo dire da voi…
La proposta è partita da Mauro Biani in un brainstorming
fatto assieme a me via chat.
Poi quando abbiamo coinvolto gli autori di Paparazzin ed
Emme in un brainstorming
collettivo per lanciare questo
progetto dopo aver scritto il
nostro “Manifesto della Nuova Satira” (www.mamma.am/
manifesto), abbiamo lanciato
un concorso di idee al nostro
interno proponendo una decina di titoli per la votazione.
Mamma! si è confermato vincitore: una delle poche parole
di valore universale che non
sono state ancora brutalizzate
dal marketing, dalla politica
o dalle testate del giornalismo
commerciale.
Il meglio delle vignette, sculture e illustrazioni di Mauro
Biani, autore di satira sociale a
tutto tondo che unisce la vocazione artistica all’impegno professionale come educatore in
un centro specializzato per la
disabilità mentale. Uno sguardo
disincantato e libero che sa dare
le spalle ai potenti quando serve,
per toccare temi universali come
la nonviolenza, i diritti umani,
l’immigrazione, il cristianesimo
anticlericale, la resistenza alla
repressione e la lotta alle maie.
Contributi di Antonella Marrone, Carlo Gubitosa, Cecilia Strada, Cinzia Bibolotti, Ellekappa,
Franco A. Calotti, Gianpiero Caldarella, Makkox, Mao Valpiana,
Massimo Bucchi, Nicola Cirillo,
Pino Scaccia, Riccardo Orioles,
Stefano Disegni, Vincino Gallo.
LUGLIO 2013 - BARRICATE
85
FUMETTO A STRISCE
in collaborazione con
IL PREGIUDIZIO
Max Olla
Fumetto.
Scrivo la parola su un foglio di Word, noto programma Windows per editare i testi. Faccio clic con il tasto destro del
mouse sulla parola per cercare sinonimi (è il cosiddetto Thesaurus). “Giornalino, giornaletto, cartone animato, storia banale, banalità”. Storia banale, banalità? Acchiappiamo un Sinonimi e Contrari della
Zanichelli e leggiamo: “s. m.(est., spreg.)
banalità”. E ci risiamo.
Via, andiamo su qualcosa di più corposo
e classico, quel “banalità” non ci va proprio giù. Un bel Oli-Devoto, vocabolario
rispettato, con due tomi di attributi. Signiicato 1: “spazio dal contorno simile a
quello di una nuvoletta stilizzata, destinato a contenere le parole…ecc (sono adorabili quando blaterano e si arrampicano
sui vetri per deinire le cose). Dietro un
rombo nero, come un segnale di tristi
presagi, seguono le altre accezioni: “simbolo di banalità spec. nella letteratura e nel
cinema”.
Oddio.
Che signiica questo? Gli addetti ai lavori e gli appassionati
se ne dimenticano spesso. Vuol dire che il pregiudizio è semantico (sia consentito anche a noi umili cultori del genere
usare questo aggettivo pregevole e dotto), riguarda l’area
dei signiicati percepiti. Il preconcetto è ben radicato nella
nostra lingua. In parole povere, quando il nostro edicolante,
l’insegnante, il macellaio, l’amico che non sa niente di fumet-
86
ti (ne abbiamo tutti, sono più diffusi delle mosche), la idanzata bona che abbiamo scelto per ragioni profondamente
diverse dalla passione per i comics, quando tutta questa
gente sente la parola fumetto ha un sottile e inconsapevole
richiamo mentale a qualcosa, se pur indeinitamente, di categoria inferiore.
Qualcuno magari sottovaluterà tutto
questo. Ma la lingua è una cosa seria,
c’è dietro la cultura di una nazione e una
visione del mondo. E pure i pregiudizi
sono roba seria. Ci viviamo immersi tutti
i giorni, non sono una cosa negativa in assoluto, anzi spesso ne abbiamo bisogno
come l’aria. Senza dovremmo rimettere
sempre in discussione tutto. È un pregiudizio pensare che le chiavi, la sedia e lo
scalino siano sempre al loro posto. È un
pregiudizio pensare che il ilm natalizio
dei Vanzina sia una boiata colossale ma
senza saremmo costretti a vederci ogni
anno le stesse idiozie.
È anche vero che i fumetti banali esistono, e forse contribuiscono al pregiudizio,
ma questo è un altro discorso.
[“Il pregiudizio” non trova equivalenti nella lingua inglese. Le
varie parole usate, “comics”, “comic strips”, “cartoons”, “balloon”,
non hanno accezioni spregiative. Al massimo in un dizionario si
trova un “usually for children” nella deinizione]
www.inkspinster.com
LUGLIO 2013 - BARRICATE
www.ettorebaldo.it
www.vincenzina.net
www.pinocreanza.it
www.palmiro.it
www.singloids.com
LETTERE
PAROLA DI LETTORE
scriveteci a [email protected]
Corrado Pala
Vittorio Iori
ph Tonino Mosconi
Salve
Siamo due ex insegnanti di materie letterarie
nelle scuole superiori di Roma con pluriennale
(ahinoi) militanza politica nei partiti e nelle
aggregazioni della sinistra.
Dal 2006 stiamo lottando contro la geoingegneria più o meno clandestina, le operazioni di
aerosol nei nostri cieli e l’operazione HAARP.
Tutto ciò che sappiamo lo pubblichiamo sul
nostro blog www.cieliliberi.blogspot.com,
dove si può fare un’analisi dei dati pubblicati
sui danni che sta creando alla salute e all’autonomia psicoisica di tutti.
Raramente ci sono nostre considerazioni, ci
sono soprattutto documentazioni e afermazioni con i relativi link per veriicarne la autenticità. Si trovano, ad esempio, le dichiarazioni
del magistrato Paolo Ferraro, del Generale
Fabio Mini, il documentario Non è possibile
della Fox di Murdoch, la dichiarazione scritta
del Quirinale che attribuisce la competenza
dell’irrorazione chimica dei cieli al ministero
della Difesa, le dichiarazioni di professori
universitari come Carlo Rubbia e Antonio Teti
e di tanti altri intellettuali e scienziati.
Se vorrete pubblicarci, saremo felici, ma poiché non siamo abituati a mandare chicchessia
allo sbaraglio, speriamo che vi rendiate conto
del potente segreto militare che tappa la bocca
a tutti, scienziati, politici e giornalisti, tranne
qualche stupenda eccezione.
Complimenti per la rivista.
Buon lavoro
Il così detto “federalismo politico” in verità non
convince. Non convince neppure l’abolizione degli ambiti provinciali e men che meno accorpamento dei comuni che si vedrebbero esautorare
di svariati poteri e di una loro identità.
Le Regioni “politiche” hanno già dimostrato
di essere enti costosissimi e completante inutili, fonte di sprechi e di corruzione. Poi non è
accettabile, anche ai ini della rappresentatività
democratica, che grandi città come Milano,
Roma, Napoli, etc. possano inluire sulle scelte
di territori poco urbanizzati. Pertanto in un federalismo bioregionale consono alla condizione
attuale della penisola, l’Italia andrebbe suddivisa in Regioni Metropolitane, comprendenti solo
i conini urbanizzati e suburbani delle grandi
città, ed in ambiti territoriali bioregionali, grosso modo corrispondenti alle Province storiche,
che avrebbero una funzione “localistica” nella
gestione del territorio.
Le Regioni come oggi sono congegnate e geograicamente delineate non rispettano la vera vocazione identitaria della popolazione e nemmeno i
suo interessi amministrativi.
Insomma il “federalismo politico” che i governi
saltuariamente vorrebbero attuare contribuirebbe ad alienare ulteriormente il senso dell’appartenenza al luogo allontanando vieppiù gli
abitanti dalle istituzioni ed oscurando l’identità
locale, nazionale ed Europea.
(...)
Paolo D’Arpini
Referente della Rete Bioregionale Italiana
bioregionalismo-treia.blogspot.it
retebioregionale.ilcannocchiale.it
88
LUGLIO 2013 - BARRICATE
ABBONATI A BARRICATE
il modo più efficace per sostenerci:
Con soli 20€ (invece di 30€) riceverai 6 numeri di Barricate a casa tua.
Puoi utilizzare un bollettino postale, la carta di credito o il bonifico
bancario per fare un versamento sul conto postale n° 1010105284
intestato a BARRICATE (IBAN: IT 96 W 07601 13300 001010105284),
specificando nella causale “PER ABBONAMENTO” e indicando
l’indirizzo dove desideri ricevere la rivista.
www.barricate.net