documento che che abbiamo elaborato

Per il Diritto alla Salute
Per un accesso universale alle cure
Siamo un gruppo eterogeneo di persone che, chi per lavoro chi per interesse, si interfaccia
quotidianamente con problematiche di tipo medico e sociale. Siamo fermamente convinti che tutte
le persone abbiano dei Diritti inalienabili, tra cui quello alla Salute, e che sia compito delle
Istituzioni garantirli. Siamo però consapevoli che questo non sempre avviene.
Nasciamo con l’obiettivo di scioglierci quando chi di dovere assicurerà a tutti pari diritti e
opportunità; nasciamo per arrivare là dove non arriva chi dovrebbe; nasciamo perché siamo
convinti che il Diritto alla Salute, laddove negato, non sia solo una legittima pretesa ma un terreno
di lotta verso la giustizia sociale.
Diritto alla Salute
Tutti devono avere accesso alle cure mediche ed essere messi nelle ideali condizioni di salute
fisiche e psichiche. Questo diritto deve prescindere dal possesso di un pezzo di carta che attesti le
proprie origini e deve andare oltre le logiche di cittadinanza, sia per un discorso prettamente
umano che per un discorso di salute pubblica.
Declinare il Diritto alla Salute al solo diritto di poter essere curati, però, ci pare riduttivo. Essere in
forma serve a poco se poi mancano tutta un’altra serie di fattori che vanno a incidere
pesantemente sulle condizioni psicofisiche, come la mancanza di un posto dove dormire,
l’impossibilità di avere un regolare contratto di lavoro, l’essere considerati “inferiori” (rispetto a
chi poi?). Questo implica che oltre a garantire benessere fisico di una persona, si debbano anche
creare le condizioni adatte affinchè questa possa vivere serenamente e possa vedere riconosciuti
tutti i diritti che le spettano.
Diritto alla Salute infine vuol dire anche essere posti nelle condizioni di conoscere quali sono i
propri diritti. La carenza di informazioni riguardanti i servizi medici a cui si può avere accesso
indipendentemente dal possesso di documenti o le agevolazioni che si possono richiedere, molto
spesso condiziona negativamente lo stato di salute delle persone, che per paura di essere
denunciate o per non dover far fronte a spese importanti decidono di non curarsi, mettendo in
pericolo loro stessi e anche chi gli sta intorno.
Gli scoperti
Da sempre i soggetti più a rischio di contrarre malattie e con meno conoscenza dei propri diritti
sono gli ultimi, gli emarginati, i senza casa e senza lavoro, in modo particolare i migranti.
A partire dagli anni ’90 l’Italia si è dovuta confrontare con il fenomeno dell’immigrazione da altri
Paesi; migliaia di persone in fuga da guerre e situazioni difficili in cerca di un futuro migliore.
Dimenticandosi del proprio passato, gli Italiani hanno sempre percepito l’immigrazione come un
problema piuttosto che come una risorsa, non hanno mai capito che spesso le cause che portano
migliaia di uomini e donne a spostarsi vanno ricercate nello sfruttamento delle persone e dei
territori da parte degli Stati Occidentali. Costituendo un “problema”, il governo come tale l’ha
sempre risolto, basti pensare alla Legge Turco-Napolitano e alla Bossi-Fini.
In questo contesto possiamo dire che, nonostante la Costituzione e la Dichiarazione dei Diritti
dell’Uomo, all’inizio degli anni ’90 chi non aveva un documento era escluso da qualsiasi servizio
medico all’infuori degli ambiti di emergenza-urgenza. Solo grazie alla nascita di organizzazioni e
collettivi, come l’Ambulatorio Medico Popolare di Milano, e alla sensibilizzazione della
popolazione tramite apposite campagne, negli anni successivi sono state introdotte misure via via
crescenti per tutelare la salute dei più deboli. Ora, grazie a queste lotte, la situazione è cambiata in
meglio, anche se chi non ha il permesso di soggiorno non può ancora avere accesso a cure
mediche di base. A ciò va aggiunto però che una grossa fetta di popolazione, anche italiani, non
conosce fino in fondo i propri diritti, per ignoranza in materia o per problemi linguistici per
esempio. Diviene quindi indispensabile garantire a tutti un supporto per capire a cosa si abbia
diritto e come ci si debba muovere per per vedere riconosciuti questi diritti.
Non solo immigrati
I periodi di crisi economica sono sempre stati associati a un’acutizzazione delle problematiche
sociali. Non è nostro compito parlare delle cause della crisi attuale e, soprattutto, delle dinamiche
che si instaurano in queste situazioni, però possiamo sicuramente dire che al centro della
questione ci siano problematiche relative al lavoro e alla casa. L’aumento della disoccupazione
(salita al 13,4% nel mese di Novembre 2014) ovviamente va a incidere sulle famiglie togliendo
quella che in molti casi è l’unica fonte di reddito. Di fronte a una mancanza di reddito, una delle
prime cose che viene meno è la capacità di potersi permettere un’abitazione, con tutto ciò che ne
consegue.
Dal nostro punto di vista questo è essenziale per poter capire uno dei problemi che più ci
preoccupa in questo momento: l’aumento dei soggetti scoperti dal Sistema Sanitario Nazionale. La
perdita della casa e di conseguenza della residenza, infatti, comporta una serie di problemi tra cui
quello di non potere avere la tessera sanitaria della regione di appartenenza, indispensabile per
poter accedere a servizi come l’assistenza medica di base.
Con l’articolo 5 del Decreto Lupi approvato il 20 Maggio del 2014, come noto, si impedisce a chi ha
occupato un immobile di poter avere la residenza, negando una serie di diritti fondamentali, tra
cui, come detto, quelli relativi alla sanità dell’individuo (e anche collettiva!).
Ciò si va ad aggiungere a un problema di “gestione delle risorse pubbliche”; negli ultimi anni, in
nome dell’Austerity, si è andati progressivamente incontro a un deterioramento del welfare,
sventolando frasi del tipo “Ce lo chiede l’Europa”, salvo poi finanziare con soldi pubblici una serie
di eventi e grandi opere inutile e nocive, TAV ed EXPO su tutti.
Il Sistema Sanitario non è uscito indenne da tutto ciò, anzi è uno dei settori più colpiti dai tagli alla
spesa pubblica. La diminuzione dei fondi si ripercuote per forza di cose sulla qualità del servizio
offerto, e con qualità non intendiamo la bravura e la professionalità del personale sanitario ma il
tipo e il numero di prestazioni, amplificando una delle nostre più grandi paure: la progressiva
uscita di scena del pubblico a favore dei privati.
Appare chiaro, quindi, che il problema del Diritto alla Salute non si limita solo all’immigrato o
all’emarginato di turno; stiamo parlando di un problema generale, un problema che in modalità
diverse riguarda tutti.
Cosa proponiamo
A fronte del disinteresse dello Stato e delle istituzioni verso i più deboli (sia soggetti migranti che
italiani) abbiamo deciso di formare un collettivo che, come altri sparsi sul territorio nazionale, si
occupi di Sanità e Salute in senso lato. Siamo un gruppo di ragazzi e ragazze che, in maniera
autogestita e autofinanziata, ha voluto dare vita a un progetto in cui dedicare del tempo a tutti
quei soggetti che hanno bisogno di assistenza sanitaria di base e, parallelamente, portare avanti
progetti politici sul territorio di Zingonia.
Con le nostre azioni vogliamo denunciare e sbattere in faccia a chi di dovere la realtà delle cose che
stanno accadendo sul territorio e costringere le Istituzioni a intervenire o, almeno, a prendere
posizioni chiare in merito.
Siamo consapevoli che la situazione attuale può e deve essere cambiata. Il Servizio Sanitario
Nazionale è ormai al punto che, per far quadrare i conti, risponde a logiche economiche prima che
alla domanda di salute. Si tratta di un sistema basato sul rapporto tra il numero di prestazioni
effettuate e il profitto di chi le produce. Si assiste quindi ad una diminuzione sia delle strutture che
dei servizi pubblici erogati, affidando le mansioni a strutture private.
Come prima cosa vogliamo arrivare là dove non arriva chi dovrebbe, per assicurare il diritto ad
avere accesso alle cure di base. Carte e leggi alla mano daremo la possibilità alle persone di far
valere i propri diritti in materia di sanità pubblica.
Ci proponiamo inoltre come punto di riferimento per la costruzione di un’informazione diversa,
mirata al reale coinvolgimento dei soggetti, per diventare luogo di auto-organizzazione dei bisogni
reali. Infine ci proponiamo come luogo dove praticare un'idea differente di diritto alla salute,
coniugando un'attività concreta di intervento sanitario con una battaglia politica più generale di
trasformazione sociale.
Perchè Zingonia
Sulla base di quanto detto, ci siamo posti la domanda di “dove” portare avanti il nostro intervento,
ovvero cercare la località nella bergamasca dove ci fosse un netto squilibrio tra bisogni della
popolazione e servizi offerti alla stessa. Dopo un breve confronto, abbiamo individuato l’area di
Zingonia come quella che faceva più al caso nostro, aiutati dalle relazioni umane e politiche che la
maggior parte di noi ha costruito con i membri del Comitato degli Abitanti delle Torri e con la Rete
di Supporto nel corso delle loro iniziative per evitare l’abbattimento delle Torri Anna e Athena di
Ciserano.
Zingonia si presenta infatti come l’esempio per eccellenza del territorio mal-governato, dove i
bisogni e le esigenze della cittadinanza passano in secondo piano rispetto alle logiche di palazzo.
Sin dalla sua nascita negli anni ’60, in seguito al progetto dell’architetto Zingone di creare “la città
del futuro”, quest’area geografica è stata interessata da un’intensa speculazione edilizia,
convertendo terreni agricoli in spianate di cemento ed edificando senza una reale prospettiva di
sviluppo del territorio. A dimostrazione della cecità di chi aveva pensato e approvato il progetto,
durante gli anni ’70 e ancor di più durante gli anni ‘80 Zingonia comincia a diventare un’area
degradata, dove proliferano malavita e micro-crimine nell’indifferenza generale delle istituzioni. La
situazione rimane invariata fino a che un’ondata migratoria dall’est Europa e dall’Africa interessa
l’area; la mancanza di politiche di integrazione e di prospettive lavorative stabili rende i nuovi
arrivati facile oggetto degli interessi delle organizzazioni malavitose del tutto made in Italy che, nel
frattempo, continuavano a proliferare. Chi può se ne va, la situazione diventa sempre più
insostenibile, le Autorità fanno finta di non vedere, anzi, alimentano questa spirale: Zingonia
diviene così una delle aree più degradate del nord Italia, una periferia senza centro dove attività
come spaccio e sfruttamento della prostituzione diventano la normalità. La “svolta” (in realtà una
mossa che è in continuità con quanto fatto fin lì) avviene nel 2012, quando Regione Lombardia,
tramite Infrastrutture Lombarde e Aler, stanzia una considerevole quota di denaro (parliamo di
milioni di euro) per la riqualificazione dell’area. Per chi era a conoscenza della situazione questa
mossa appare strana, per dirla tutta puzza un po’ di marcio, dato i protagonisti del progetto.
Infatti, dopo ricerche, si viene a sapere che il “piano di riqualificazione” prevede l’abbattimento
delle torri di Ciserano per far posto a una bretella stradale e a centri commerciali: Aler
comprerebbe dai legittimi proprietari gli appartamenti a prezzi ridicoli (alloggi con valore stimato
sui 100 mila euro, pagati tra i 7 e i 15 mila) per poi rivendere gli stessi a prezzi triplicati a
Infrastrutture Lombarde, che a quel punto potrebbe realizzare l’opera.
In questo contesto nascono il Comitato degli Abitanti e la Rete si Supporto, che continuano a
battersi contro il piano di “riqualificazione” pensato da Regione Lombardia. In questo contesto
vogliamo inserirci e riteniamo sia utile la nostra attività, per cercare di riqualificare un’area non
tramite altre speculazioni ma tramite la partecipazione e il coinvolgimento degli abitanti.
Oltre Zingonia
Zingonia è l’epicentro, ma problemi in ambiti sanitario si hanno in tutte le città e in tutti i contesti.
Abbiamo scelto di iniziare il nostro intervento in quest’area perché secondo la nostra analisi è
quella dove potremmo essere più utili, ma il nostro progetto non vuole fermarsi qui: guardiamo ad
altri territori della provincia e cerchiamo di trovare altre modalità per portare avanti nuovi
percorsi, il tutto secondo le nostre capacità e disponibilità.
Collettivo Medico Bergamasco