ITS 01 2015 WEB.pdf - Istituto tecnico statale "Vittorino D`Alessandro

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scuolainformazione
Editoriali
Comunicazione integrata
Se un’istituzione scolastica decide, in questo pezzo di
tempo tecnologico, di editare
un periodico cartaceo può apparire un’operazione vecchia,
di retroguardia. Oggi si comunica rapidamente. L’informazione è sempre più a portata
di smartphone, la rete internet
ed il “telefonino” hanno stretto
un sodalizio che permette a
tutti di essere costantemente
destinatari di informazioni:
tutti noi, utenti super informati, al passo coi tempi che
viviamo.
I social network permettono di trasferire e condividere
con grande rapidità ogni genere di notizia o di pensiero.
L’aspetto straordinario, quindi,
consiste nel fatto che ciascuno, in rete, diventa a sua volta
veicolo di circolazione delle
notizie, quando, non addirittura creatore di informazione.
La sindrome del reporter ha
trasformato ciascuno di noi
nel più tenace freelance che,
suo malgrado e forse anche
con le migliori intenzioni, riesce a stare sulla notizia con
la rapidità del nostro tempo
solo perché si trova nel posto
giusto al momento giusto.
Postare foto o brevi commenti su qualunque evento a cui
si partecipa è diventato uno
sport quotidiano. Quante foto
e filmati, se non addirittura dei
resoconti, giungono alle redazioni di giornali e tv da parte di
chi, per caso, è stato testimone
(anzi, più correttamente, è testimone) di un evento o di un
fatto di cronaca. Bene. Anzi,
male. Siamo così presi dalla
esigenza di documentare ciò
che accade al punto da smarrire quasi il senso di essere lì
in quel momento e vivere l’evento in quanto parte di esso.
La festa per una prima comunione piuttosto che la festa di
matrimonio di un parente o
amico diventano agorà: tutto
scuolainformazione
registrato e fruibile dall’intero
mondo! Nel frattempo ci sfugge, almeno in parte, lo spirito
del vissuto in quel momento
ed in quel luogo. Hic et nunc.
Abbiamo rinunciato ad esso
per una più nobile missione,
quella di cambiare il nostro
punto di osservazione tirandoci fuori dalla mischia.
E, per non farla lunga, non
è il caso di aprire il capitolo
sulla privacy.
Nel mentre il tempo consuma e divora rapidamente
ogni cosa nella “sopraffazione dell’incipiente” che spinge
ogni evento nella stanza, per
bene che vada, dei vaghi ricordi. Si perde la possibilità
di gustare, assaporare, metabolizzare ogni cosa. Una “fastlife” che prima o poi dovrà recuperare una dimensione che
restituisca all’uomo una delle
funzioni che lo contraddistinguono dalle bestie: la riflessione.
Ecco una ragione che, nonostante il quadro di riferimento, ci indica nel foglio di
carta il regolatore di pressione. Giornale, o libro che sia,
che ci spinge a confrontarci,
a dibattere come ormai non
si fa più. Il giornale, periodico, quale luogo dove studenti, docenti, genitori ed ogni
genere di istanza territoriale
possa attivare la riflessione, la
valutazione, la meditazione, il
ragionamento per capire, cogliere il senso più profondo
(anche meno superficiale sarebbe un successo!) delle cose
e dei fatti.
Non un giornale in senso
stretto, quindi. Ma un periodico, una bacheca delle nostre
riflessioni, uno strumento per
installare una nuova App e
riavviare la mente in un percorso di apprendimento che
si arricchisce di un ulteriore
utensile.
Il Direttore
Gioco di squadra
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Un ponte per “unire” con gli stumenti della comunicazione
La voce dell’Editore
L’Istituto Tecnico Statale
D’Alessandro attiva un ulteriore strumento per svolgere al
meglio il compito di provocatore culturale della comunità
territoriale da cui provengono
i propri studenti e confermarsi
punto di riferimento per Lagonegro, per l’area sud della
Basilicata e per quei comuni
della Campania e della Calabria che tradizionalmente
guardano alla nostra Istituzione scolastica con interesse.
Un periodico, quindi, per
migliorare la comunicazione
all’interno della scuola e tra
essa ed il territorio di riferimento. Uno strumento per
aprire la mente degli studenti
ai diversi interessi della conoscenza, ma anche un terreno
sui cui esercitare la curiosità,
lo spirito di collaborazione,
la capacità di condividere le
idee e di confrontarsi persino
nella diversità del pensiero.
Un laboratorio per consentire
agli studenti, ai docenti e ad
ogni appartenente alla comunità scolastica di misurarsi nel
campo delle competenze trasversali che, prima ancora che
a definire il profilo professionale e culturale di un allievo,
concorrono alla formazione
della personalità del’individuo
in quanto parte di un gruppo
e quale titolare di diritti e doveri di cittadinanza.
Una palestra della e per
la mente. Il pensiero che si
fa parola, la parola che si fa
confronto, il confronto che è
alla base della convivenza. Un
ponte per aprire la scuola al
territorio, per cogliere le istanze che ne promanano e per
recuperare un più sinergico
rapporto di collaborazione tra
i tanti portatori di interessi. Un
megafono per lanciare proposte, provocazioni, promuovere cooperazione, contribuire
a produrre piccoli granelli di
sabbia, piuttosto che gocce d’acqua, nel grande mare
della cultura, dell’istruzione,
dell’informazione.
È questo uno sforzo per
rilanciare il ruolo della scuola
quale presidio fondamentale
della formazione, consapevoli
del cambiamento di scenario
che si è andato determinando,
ma in coerenza con l’idea che
una “buona scuola” è possibile e la si può e la si deve fare
con azioni concrete, quotidiane, caratterizzate da piccole
cose generate da grandi idee
e dall’ambizione di fare qualcosa di utile per le giovani generazioni.
Il Dirigente Scolastico
Prof. Carmine Filardi
Si insinua profonda, in ciascuno di noi, operatori e non
della scuola, la sensazione di essere su un binario di non ritorno
in questo particolare momento
che la società post moderna
vive.
Attanagliati da difficoltà
esistenziali, economiche, ambientali, d’identità siamo impegnati nella ricerca di una nuova
formula salvifica che forse solo
attraverso un ramo di “ginestra”
potremmo trovare.
Sarà forse necessario riscoprire il piacere di penetrare nei
segreti dell’animo, di abbandonarsi all’immaginazione, al
mistero di ogni invenzione letteraria in un’epoca in cui si cerca
di correre più velocemente del
tempo che passa?
Sarà forse necessario accogliere l’invito di Fraya Mathews
in senso “strettamente metaforico” di “sperimentare” nella nostra
vita e nel quotidiano la possibilità che il mondo fisico, il luogo
dove viviamo parli con sorprendente poetica, precisione ed inventiva?
E se la metafora si addice anche ad un’ istituzione seria e preponderante come la scuola dobbiamo chiederci se è possibile
facilitare il processo di formazione attraverso la valorizzazione
condivisa e partecipata dell’i-
dentità culturale vissuta come
elemento fondante di ogni attività, divulgata con forme comunicative non fruite in modo
passivo tale da non incitare la
creazione poiché in tale misura
si sopravvive ma non si cresce, si
conserva ma non si crea.
Lo scopo è nobile ma prestigiosi sono gli strumenti che
tutti ormai usano: i social media.
Strumenti di comunicazione che
non cancellano ma si aggiungono a quelli tradizionali incentivando le relazioni orizzontali nel
pubblico consentendo la fruizione della cultura in forma “smart”.
Il patrimonio culturale è una
testimonianza del passato ma è
fondamentale inserirlo nel presente. Le nuove forme di comunicazione supportano dunque
la cultura e affinano il gusto
permettendo di acquisire la capacità di assegnare valori a beni
di forte contenuto simbolico e
valoriale. Necessitiamo di una
comunicazione che abbia una
conseguenza sul piano comportamentale. Nel tempo della passività , dei contrasti ideologici e
religiosi, delle apatie della rassegnazione quasi verghiana si
impone la diagnosi di un malessere definito “crisi della cultura”
resa più acuta da una convulsa
accelerazione verso una robotizzazione massificante.
E’ interessante dunque ribadire che la tecnologia della
comunicazione non è fine a se
stessa ma è uno strumento che
risponde alla diffusione facilitata
dell’informazione e dei contenuti. Se è vero che spesso i nostri
figli “ comunicano di non voler
comunicare”, come vero è che
oggi prevale il rifiuto di attività
affini all’apprendimento, occorre intraprendere vere e proprie
“lotte” per ristabilire nuove relazioni con i giovani interlocutori .
E pur se la comunicazione
tipica della post modernità sem-
pre più convulsa segue i ritmi
della vita che corre con estrema
velocità sui fili di internet, utilizzando il groviglio di giochi interattivi o i linguaggi multimediali,
dobbiamo sforzarci di comprendere che i nostri figli “ascoltano”
ma in modo alternativo e che
tuttavia se solo ci soffermassimo
di più sui “tipi umani”, scopriremmo che, rivalorizzando i contenuti e riabilitandoli alle novità
comunicative, si favorisce l’alta
motivazione, l’autostima e soprattutto risusciterebbe un “animale” quasi estinto: l’ambizione!
Le nuove forme di comunicazione arricchite di contenuto
afferenti il valore della scuola,
della parrocchia, della strada,
della comunità e della cultura in
senso ampio non tolgono spazio al recupero di un indispensabile umanesimo a differenza
di quanto sostengono celebri
menti anzi, ne arricchiscono il
profilo e consentono innovativi
spunti di riflessione .
Se è vero che “ogni generazione deve avere davanti a se’
un obiettivo per cui battersi e
un nemico da combattere” per
dirla alla De Santis, si gioca una
partita avvincente in cui docenti
e studenti, adulti ed adolescenti, avranno un ruolo nella stessa
squadra .
Rosanna Colombo
La striscia di Emilio
Buongiorno
ragazzi
!
iin
iii
Dr
Prof. posso
uscire?
L’ottimismo della volontà e il pessimismo della ragione
Isolamento della
classe...docente...
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scuolainformazione
Quando il cinema incontra la scuola
Mark Harrys e Davide Cincis discutono con gli studenti
Mark Harris incontra studenti
e docenti delle scuole superiori di
Lagonegro e Lauria al Cinema Iris
di Lagonegro dopo la proiezione
del film Crash: contatto fisico.
Il famoso produttore si confronta con la platea rispondendo
a domande e proponendo, insieme al regista romano Davide
Cincis, il suo nuovo progetto di
cinema partecipativo.
Un progetto in base al quale le nuove tecnologie entrano
a pieno titolo nella produzione
cinematografica per realizzare
workshop durante le riprese e per
diffondere in streaming i contenuti video.
Con il film Madri, di prossima
produzione, Mark Harris supportato dal regista Davide Cincis,
attuerà questa nuova filosofia nel
territorio Laziale e Lucano, dove il
film sarà girato.
Il regista Davide Cincis e il
produttore Mark Harris hanno discusso, con la platea, le tecniche
comunicative e la fotografia, ma
anche e soprattutto il tema della
vita e delle sue contraddizioni.
Gli educatori presenti alla manifestazione hanno molto gradito
questa discussione tanto condivisa nelle aule scolastiche dove, al
pari del cinema, si parla sempre
della vita.
Se ne parla come il viaggio
verso il cambiamento, quando
se ne devono gestire i processi,
o come il viaggio del cambiamento, quando se ne osservano
i mutamenti incomprensibili e
incontrollabili.
È in questa condizione che
nasce per la scuola la proposta
di riconversione della comunicazione digitale per spostarla, dai
post scomposti di facebook, alle
auspicate forme di accesso e di
condivisione culturale.
Per queste ragioni la scuola
trova interessante il progetto di
cinema partecipativo e aderisce
nel tentativo di potenziare la cultura giovanile e di vincere l’isolamento digitale dei game e delle
chat che riduce il contatto fisico,
i tempi di riflessione e di adattamento, ma che, soprattutto, riduce i tempi e gli spazi alla cultura.
Mentre il film mostra e discute l’aggressività razziale e l’abuso
in quanto tale (sia come bilaterale
rifiuto del contagio sia come reazione al rifiuto), la scuola, invece,
ne ricerca le cause nell’ignoranza.
Lavora per la conoscenza,
sottraendo spazio all’incompreso, a ciò che genera fenomeni
come l’aggressività e l’intolleranza e che degradano, poi, nell’isolamento, nella discriminazione,
nella paura.
Paura dell’altro e del nuovo.
Timore per ciò che è altro da
sé, ma che invece è ricchezza,
perché è quello che manca, perché è altra materia da acquisire al
fine di tracciare la strada al cambiamento; senza la sorpresa di
un nuovo falsamente tale, che si
riveli, poi, un illusorio progresso.
Un cambiamento che, nell’obiettivo di una vita migliore, vesta i panni della partecipazione e
della condivisione e che sia figlio
di riflessioni ponderate, organizzate per l’ascolto, l’accoglienza e
per il rafforzamento della fragilità
umana.
Benvenuto Mr Harris in Basilicata e grazie per aver coinvolto
il mondo della scuola in questa
vecchia attualissima discussione.
Un encomio speciale a Davide
Ccncis per aver portato il Cinema
così vicino a noi, con le sue nuove
formule, già approntate per il fim
Madri, che ci permetteranno di
seguirne attivamente i lavori.
Bruno Pelosi
Abbiamo letto per voi
Il rumore dei tuoi passi
pubblicato da Longanesi nel
Giugno 2013. Si tratta di un
romanzo di formazione, con
il quale l’autrice esordisce nel
mondo della letteratura.
Alfredo e Beatrice. Per tutti
“i gemelli”.
Non hanno il sangue in
comune ma qualcosa di molto più profondo. Un ragazzo
e una ragazza che per forza
di cose si ritrovano a condividere tutto: il letto, l’affetto,
i genitori. Vengono chiamati
‘i gemelli’ perché a forza di
stare insieme sono diventati
uguali in tutto, nelle movenIl rumore dei tuoi passi ze, nei modi di fare e parlare.
è un libro di Valentina D’Ur- E’ una storia che descrive la
bano, nata nel 1985 a Roma, vita di periferia in un quar-
tiere chiamato ‘la Fortezza’,
dove a regnare sono la polvere, la sporcizia, il degrado.
Il rapporto tra i due nasce
come un’amicizia fino a sfociare in un ‘amore malato’, fatto di
possessività e a volte anche di
odio, di pugni in faccia e brutte parole. I due semplicemente si possiedono. Stare insieme è un’esigenza, è istinto di
conservazione. Ma il filo che
lega Alfredo e Beatrice è destinato a reggere fino alla fine
dei giorni di Alfredo, perché
si sa, le cose non vanno mai
come si spera. Soprattutto per
loro. Soprattutto quando si
inizia a lottare contro qualcosa che non da via di scampo.
Risulta quasi difficile credere che sia un romanzo
d’esordio, “Il rumore dei tuoi
passi” è una storia matura ma
la scrittrice, seppur giovane,
col suo stile tagliente e deciso, riesce a trascinare il lettore
nella Fortezza, e lo fa innamorare e disperare insieme ai
protagonisti. Un libro che narra di adolescenti ma che non
è indirizzato solo a loro e che,
seppur con un lessico semplice e scorrevole, riesce ad
entrare nell’anima del lettore,
indipendentemente dal sesso
o dall’età.
Alba Pucci
http://giotto.ibs.it/video_libri/00/9788830431140.mp4
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I dati della Conferenza di Stoccolma parlano chiaro
Il cambiamento climatico sta divorando il pianeta
“I danni riportati dalla Terra sono gravissimi”. Allarme dell’ONU e dell’IPCC .
Gas serra:
anidride carbonica,
metano, vapore acqueo,
ozono, biossido di azoto.
Effetto serra:
come nelle serre destinate
alla coltivazione, una
parte dell’energia solare
viene trattenuta sulla Terra
grazie all’atmosfera ed in
particolare ai gas serra in
essa presenti.
Fasce climatiche:
vaste aree della Terra
delimitate dai tropici e dai
circoli polari. Ogni fascia è
caratterizzata da particolari
condizioni di temperatura.
IPCC:
gruppo di esperti sul
cambiamento climatico
creato nel 1988 dalle
Nazioni Unite per
studiare il fenomeno del
cambiamento climatico
e fornire pareri tecnici ai
governi su come bloccarlo.
Le conclusioni del V rapporto sul clima dell’IPCC rese
note a Stoccolma il 27 settembre 2014 hanno rilanciato l’allarme clima.
Il cambiamento climatico
ormai è evidente in tutte le
fasce climatiche e i suoi effetti stanno portando gravi
conseguenze su tutto il pianeta. Secondo la maggior parte
degli studiosi, il cambiamento
climatico è causato principalmente dall’effetto serra che,
a sua volta, è creato dall’eccessiva emissione di anidride
carbonica ed altri gas serra
immersi nell’atmosfera. Alcuni
scienziati, però non sono d’accordo su questa supposizione,
perché la Terra da quando si
è formata ha subito notevoli
cambiamenti climatici causati
da fattori naturali.
I principali danni riportati
dalle fasce climatiche del pianeta sono: lo scioglimento
dei ghiacciai e l’estinzione di
alcuni animali nella fascia fredda, l’innalzamento del livello
del mare nella fascia torrida e
temperata, ed in quest’ultima
è sempre più frequente il fenomeno della desertificazione. Il
rapporto sintetizza in 10 punti
le conseguenze dell’aumento
continuo dell’effetto serra:
il riscaldamento mondiale
è inequivocabile;
vi sono eventi estremi
sempre più frequenti;
la fusione dei ghiacciai sta
accelerando ;
l’aumento del livello del
mare sta accelerando;
la causa principale di tutto
questo è l’inquinamento;
le modifiche del clima globale dureranno per secoli ;
per fine secolo si prevede
l’aumento della temperatura
globale da 2 a 4 gradi;
il livello del mare sta aumentando da 50 a 80cm;
se le temperature continueranno a salire i ghiacciai
continueranno a fondersi ;
vi saranno precipitazioni
sempre più intense.
Questo scenario, però, po-
trebbe essere migliorato attraverso diversi comportamenti
che andrebbero messi in atto
subito sia dai maggiori colpevoli (industrie) ma anche dai
singoli cittadini. Ognuno infatti
può impegnarsi cercando di:
risparmiare elettricità, evitare
di comprare cibo in eccesso
che poi viene buttato, utilizzare
meno bicchieri e piatti di plastica, fare la raccolta differenziata. Queste sono alcune delle
azioni che potrebbero aiutarci
a salvare il pianeta perché limitano i consumi energetici e
quindi l’aumento di gas serra.
Questo fenomeno deve essere ridotto, perché nel nostro
pianeta ora ci viviamo noi e
dobbiamo viverci bene, ma nel
futuro vi saranno anche altre
persone che ci abiteranno e
per questo motivo “dobbiamo
mantenerlo pulito”. Tutti noi
speriamo che l’effetto serra diminuisca, in modo che la Terra
sia ospitale per tutte le specie
viventi.
Alessia Tortorella
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scuolainformazione
L’intervista
Piero Lacorazza , Presidente del Consiglio Regionale
“Dovete sperare e dovete battervi per il vostro futuro”
scuole sicure, che ha portato alla
ristrutturazione, all’adeguamento ai canoni di sicurezza e all’efficientamento energetico di molti
edifici scolastici. Ma il problema
riguarda anche le abitazioni
private, dove con opportune
soluzioni tecniche (infissi, coibentazione, pannelli fotovoltaici,
energia solare) è possibile vivere
meglio, più sicuri (cosa essenziale per tanti anziani soli ad esempio) e risparmiare soldi, magari
sperimentando tecnologie come
È gia da un po’ che si parla
del decreto “Sblocca Italia” emanato dal Governo Renzi, decreto
che interesserà l’ edilizia del territorio Nazionale e quindi anche
della nostra Regione Basilicata.
Abbiamo, perciò, intervistato
qualche tempo fa, il Presidente
del Consiglio Regionale, Piero Lacorazza, su questo nuovo
provvedimento.
1) Con le norme contenute
nello sblocca Italia, si può pensare ad una ripresa nel campo
dell’edilizia nazionale?
Nel decreto che il Parlamento sta esaminando in queste settimane (in quei giorni il Decreto
non era ancora Legge, ndr) ci sono
molte misure che potrebbero incentivare una ripresa del settore
edile e riguardano soprattutto la
materia urbanistica e la semplificazione delle procedure. Quelle
per me più significative sono
quelle che puntano a favorire
la ristrutturazione edilizia e più
in generale ridurre il consumo
di suolo. Sono convinto che il
tema della riqualificazione del
patrimonio edilizio è un tema
fondamentale per migliorare la
qualità della vita nei nostri comuni. Ed è un tema che riguarda
il pubblico e i privati. Da presidente della Provincia di Potenza
ho promosso, compatibilmente
con le poche risorse finanziarie
disponibili, una campagna per le
di/detail-bando.jsp?id=99129)
3) Quali sono i vantaggi
che la nostra regione Basilicata può avere?
Se parliamo del decreto
sblocca Italia, farei due considerazioni. La prima: ci sono misure
che puntano a promuovere una
ripresa del ciclo economico, con
le semplificazioni e con gli investimenti nelle opere pubbliche.
Anche la Basilicata potrebbe beneficiarne. La seconda: a volte le
semplificazioni previste punta-
ranno altri 10, 100 o 1000 nuovi
pozzi petroliferi decidono lo Stato e la Regione, dopo una complessa procedura che prevede
la partecipazione dei cittadini.
In futuro potrebbe non essere
così, e in questo modo si anticiperebbe di fatto anche un cambiamento della Costituzione, che
assegna precisi compiti e poteri
alle Regioni proprio perché, con
le Province e i Comuni, sono gli
enti più vicini agli interessi delle
popolazioni.
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scuolainformazione
L’intervista
che voi conoscete bene, ma
servono altre direttrici stradali
(Salerno – Potenza – Bari, Lauria
– Potenza – Foggia, Murgia – Pollino, solo per fare alcuni esempi
di assi stradali già programmati e
inseriti nella legge Obiettivo, ma
mai finanziati dallo Stato), seri
collegamenti con le principali
reti portuali e aeroportuali, una
connessione alle reti immateriali
che ci faccia stare in Europa e nel
Mondo.
6) Noi ragazzi di un Istituto
tecnico ad indirizzo Costruzione, Ambiente e Territorio, possiamo sperare in un futuro nel
nostro campo lavorativo e magari nella nostra Regione?
Dovete sperare e dovete battervi per il vostro futuro, in generale e, in particolare, per quanto
attiene al vostro corso di studi e
alla possibilità che contribuisca
a formare figure professionali
spendibili sul territorio. Di costruzioni abbiamo già parlato, e
continuo a pensare che nei prossimi anni il grande tema della
riqualificazione del patrimonio
edilizio, anche con il sostegno di
iniziative pubbliche, può portare anche occasioni di lavoro per
una nuova leva di giovani tecnici. Ambiente e territorio sono le
parole che preferisco. Anche qui
c’è futuro, e io non mi rassegno
all’idea che lo sviluppo debba per
forza fare a pugni con l’ambiente
e il territorio.
7) Infine, una domanda che
riguarda la nostra esperienza di “giornalisti”: cosa pensa
dell’idea di fare un periodico
scolastico? Può aiutare i giovani a farsi sentire anche all’esterno e dalle Istituzioni?
La comunicazione e l’informazione cambiano velocemente,
ed ogni generazione sceglie le
modalità che ritiene più idonee
per far sentire la propria voce.
Prima di tutto c’è la rete, che
porta sui vostri smartphone e sui
vostri tablet la storia quotidiana
della comunità di persone a cui
avete scelto di appartenere. Par-
tiamo da qui, dal fatto che oggi
ogni singolo rappresentante di
questa comunità accede ad una
quantità immensa di informazioni (alcune vere, altre no, ma non
è sempre facile controllare). Un
giornale di studenti potrebbe
servire proprio a questo: scegliere le notizie che circolano nella
rete, trovare le fonti, verificarle,
commentarle, aggiungere fonti
e notizie che si riescono a produrre per la conoscenza diretta
dei fatti. Insomma: fare informazione per permettere a tutti di
farsi un’opinione, di sviluppare il
proprio senso critico. Di questo in
Basilicata c’è tanto bisogno.
Simone Forastiere
Dibattito aperto, dite la vostra che ho detto la mia
La buona scuola
Un dibattito tutto da chiarire
la domotica, che può aiutare
tante persone a gestire meglio il
proprio patrimonio edilizio.
2) Cosa si potrebbe aggiungere a questa legge?
Qualcosa l’abbiamo già aggiunta. E’ il bando della Regione,
previsto dalla legge di stabilità
approvata ad aprile e che trovate sul sito internet dell’ente
che prevede “CONTRIBUTI PER
INTERVENTI DI RISPARMIO ENERGETICO SU UNITA’ ABITATIVE
PRIVATE” (qui trovate tutte le informazioni: http://portalebandi.
regione.basilicata.it/PortaleBan-
no a semplificare un po’ troppo,
escludendo le Regioni e gli enti
locali da ogni forma di partecipazione e di controllo. E questo non
va proprio bene.
4) Quali sono, invece, gli
svantaggi?
Gli svantaggi sono appunto
quelli che dicevo, e riguardano in particolare il “famigerato”
articolo 38 del decreto sblocca
Italia, che prevede di riportare
alla competenza (quasi) esclusiva dello Stato le decisioni in
materia ambientale. Mi spiego
meglio: oggi per stabilire se ci sa-
5) Il nostro territorio ha bisogno di nuove infrastrutture
o magari bisogna cercare di
ripristinare le vecchie?
E’ una domanda molto saggia, perché con i tempi che corrono, e con la mancanza di risorse
pubbliche che pesa tanto sull’economia reale, prima di buttare
una cosa bisogna pensarci bene.
Le nuove infrastrutture servono,
perché è ancora troppo difficile
muoversi in Basilicata e nel Sud.
Questo significa che non basta
completare i lavori sull’autostrada Salerno – Reggio Calabria,
Speriamo che il confronto avviato dentro l’iniziativa del governo “La buona scuola” abbia portato
a risultati realmente condivisibili.
Perché il metodo è sicuramente
da lodare, ma la storia insegna che
tra le pieghe delle riforme ci sono
sempre state un sacco di fregature, segnatamente per l’anello più
debole della catena.
Per gli insegnanti si paventa
una rivoluzione copernicana che
potrebbe vederli ostaggio, persino più di quanto non lo siano già,
di una perversa logica che va dalle
modalità di arruolamento fino alla
soddisfazione degli stake-holders
sulla base di parametri: oggettivi
alcuni, ma molto soggettivi altri.
È maturata forte, in questi ultimi dieci-quindici anni, la sensazione che la scuola superiore sia
riconosciuta come un supermercato dove l’utente frequenta per
acquisire un titolo da utilizzare
sul mercato, sia esso accademico
sia esso lavorativo. L’istruzione
viene, quindi, percepita come un
prodotto da misurare sulla base
del gradimento del consumatore.
Le stesse istituzioni scolastiche autonome hanno spesso inseguito,
purtroppo e loro malgrado, con
improbabili piani di marketing,
il soddisfacimento del binomio
genitori-alunni contribuendo al
sovvertimento di valori alla base
della confusione del momento.
Ha fatto la sua comparsa il
termine “utente”. Come se la scuola possa essere assimilata ad un
somministratore che poi periodicamente invia la bolletta a casa
del cittadino: più o meno soddisfatto di aver ricevuto la luce del
sapere piuttosto che essersi abbeverato ai rubinetti della scienza.
Da anni si parla di introdurre
il merito: bene. Anzi, benissimo! A
patto che il merito sia una categoria a cui tutti debbano rispondere.
Senza voler qui richiamare chi in
Italia sul demerito familiare ed
amicale ha costruito le più folgoranti carriere, è forse il caso di fare
chiarezza una volta per tutte. È
vero, gli insegnanti in questi stessi
anni non sempre e non tutti hanno dato prova di essere all’altezza
del delicatissimo compito educativo e formativo. Ma da questo ad
arrivare che in discussione vi sia
un punto centrale, la valutazione
degli insegnanti, ne passa. Cioè
pare che tutti debbano valutare il
merito non già degli alunni ma degli insegnanti. Insegnanti che nonostante tutto hanno continuato
a lavorare e a guidare generazioni
di studenti che hanno anche ottenuto dei ragguardevoli risultati. Se
la società in cui viviamo ha subito
delle repentine involuzioni qualitative, vuoi vedere che la colpa è
degli insegnanti? È vero, noi non
siamo tanto ciò che siamo ma ciò
che gli altri riconoscono in noi. “Io
non sono cattiva, è che mi disegnano così!” dice lo straordinario
personaggio inventato da Gary
Wolf, in una memorabile scena di
“Chi ha incastrato Roger Rabbit” e
noi insegnanti stiamo un po’ interpretando questo ruolo.
Sarà forse il caso di cogliere
l’occasione per riflettere su tale questione.
Sarà forse il caso di resettare le relazioni tra
le stazioni educative e
riordinare la sfera degli affetti in relazione a
quelle dell’educazione
e dell’apprendimento.
Se si vuole svolgere un buon servizio
per le giovani generazioni, oltre ogni riforma che verrà, io credo
che i genitori debbano fare i genitori stringendo (ricostruendo) un nuovo
patto educativo con la scuola e
con i docenti, per rimettere in fila
alcuni valori fondamentali e dare
all’istruzione il vero valore formativo che deve avere. La valutazione,
che non è giudizio di condanna o
di assoluzione degli alunni, ma un
momento per traguardare le loro
scelte future, deve essere riconosciuta e rispettata, in una cornice
di trasparenza e di chiarezza, ma
come prerogativa professionale
con valenza educativa e formativa, alla base di ogni percorso di
apprendimento. La sfera affettiva, che pure spesso contamina le
relazioni scolastiche, deve essere
un’altra cosa.
Giancarlo D’Angelo
8
scuolainformazione
Le parole, strumenti per costruire
“Cogito, ergo sum” sosteneva il grande filosofo e matematico francese Renè
Descartes nel lontano 1600 e oggi come
ieri apprezziamo la grandiosità di tale
affermazione, ma se è vero che pensare
è essere, nella maggior parte dei casi è
la comunicazione a diventare il nostro
essere, in quanto esprimere i propri
pensieri è una necessità fondamentale
di ogni individuo. Quindi, forse, sarebbe
più opportuno affermare che “comunicare significa essere”: essere vivi, essere
partecipi, essere inseriti ed integrati in
una comunità, essere capaci di utilizzare al meglio il proprio intelletto. Del
resto, a cosa servirebbero i pensieri e
le riflessioni se non fosse possibile comunicarli? Che mondo sarebbe se non
ci fosse la possibilità di esprimersi? Fortunatamente oggi i mezzi per relazionarsi e per comunicare non mancano,
anzi, a volte, forse, sono così numerosi
che, alla fine, si viene a creare una tale
confusione da dimenticare che la comunicazione, quella vera, avviene me-
diante la scrittura, sì, proprio la scrittura, la cui invenzione ha rivoluzionato la
storia e ha profondamente mutato gli
uomini e le diverse civiltà. La scrittura è un’azione che cela un universo straordinario e grazie ad essa è
possibile conoscersi, esprimersi, liberarsi, fare chiarezza dentro di sé, ricercare
un nuovo mondo nella propria mente,
“costruire una nuova persona dentro di
sé, proprio come coloro che costruiscono un ponte o una cupola pietra su pietra. Le pietre di chi scrive sono le parole”
(O.Pamuk). Quando si scrive la nostra
visione scorre sul foglio e si ha la possibilità di raccontarsi, di esporre idee e
pensieri e di aprirsi agli altri, ma la scrittura la si può considerare anche come
un atto di ribellione verso la realtà costituita e un conseguente rifugio dove
trovare protezione, svago, distrazione. E’
fondamentale, quindi, servirsi di carta e
penna per dare voce alle proprie emozioni, alle proprie soddisfazioni e insoddisfazioni, ma è possibile comunicare
con gli altri (nel tempo e nello spazio)
solo mediante l’uso consapevole e creativo del codice linguistico-verbale che la
nostra storia e la nostra cultura ci hanno
consegnato “e che è in continua trasformazione nell’interazione con nuove storie, con diverse culture e altri linguaggi”.
Il nostro linguaggio deve essere chiaro,
corretto, completo, inequivocabile e ciò
può accadere solo se ci “impossessiamo”
della lingua italiana, molto spesso ”dimenticata”, deturpata e svilita. Lo studio
della lingua italiana e il conseguente
possesso delle competenze linguistiche
è, invece, determinante e non solo per il
singolo individuo; tali competenze sono
di estrema importanza per lo studio
delle altre discipline e, quindi, per lo sviluppo culturale, sociale ed economico
della collettività. Recuperiamo, pertanto, l’importanza e la bellezza della lingua italiana e diamo alla scrittura la sua
vera dignità comunicativa, in quanto “ha
il potere di creare nuovi mondi”.
Sabrina Carlomagno
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scuolainformazione
Do You speak English? No, “Italienglish”!
In 1968 the Canadian sociologist and
scholar of communication Marshall McLuhan used the oxymoron “ global village” in
his book Understanding media to show
how the advent of new media
has changed the idea of space and
time, strongly affecting our behaviour.
The global village needs a global
language, a language that allows everybody to communicate all over the
world. Owing both to chance and to
the “American” superpower, today English has become the global language
like Latin was in past centuries. Historian would say “linguistic colonization”.
Romans, even though forced the
conquered people to use Latin as
official language, left them the opportunity to use their languages as a
common language. Today, however,
Anglicism is entering so powerfully in
our daily lives that whoever does not
speak properly English is considered
ignorant, or rather still illiterate. It is
estimated that at least fifty English
words are added to the Italian vocabulary every year and about a
hundred words disappear from
spoken or written Italian language in our Country.
The Italian language is full of
Anglicism. What are the effects
of this “invasion”?
Linguists are worried about
this phenomenon. Many English
words are commonly used in the Italian
language; we can recognize: computer,
autobus, smartphone, facebook, twitter,
selfie, that fill our everyday lexicon representing (ourselves)
our way of being
into the digital global era.
Some of them are
considered to be useful for international
communication, such
as buses, while others are superfluous because they are used to show off English skills
(fashion). Many of them are also translatable
into Italian: weekend could be replaced with
“fine settimana”, shopping with “compere”,
and so on. The concern about the impoverishment of language, the incomprehensibility of new words to many speak-
ers and the mispronunciation of foreign
words comes from this consideration.
Is all this good ? Posterity will judge even
though it seems to us that the direction and the speed of the whole process increases and will surely cause
problems. At this rate, the Italian language overwhelmed by the dominant
Anglo-Saxon technical terms, risks being reduced to the status of dialect.
What are the reasons why English is so
widespread and studied both at school
and privately?
Social changes brought about by
globalization affect and lead to think
about a subject identity that is not
stable anymore but hybrid, changing,
“forced” to adapt to the new dynamics of a world that cannot help doing
without technological and foreign
language literacy. The knowledge
of foreign languages, the process of
teaching/learning (micro) languages
is part of the new communication needs dictated by the “global
village” membership where the
relationship and the interaction
help to create a healthy cultural
relativism, a cross-cultural place
of mutual dialogue and growth.
The demand for foreign
languages​​, the presence of the
“other” in everyday life, more or
less
conscious and more or less accepted, leads to a reflection on the role
that languages and,
​​
in this case, English,
have in our world.
Knowing and communicating in foreign language means
to get in touch with
a whole different
culture, to be able to
interact critically, to be permeated and to develop
a new / different understanding of themselves
and of the world.
Foreign words have
become “objects” to be known not only linguistically but also emotionally because they
are the bridge that brings toward the Other in
a conscious manner, free from prejudices and
stereotypes.
Maria Luisa Longo
Vilma Micera
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Il corsivo
OPEN DAY:
la moda divaga…
al bisogno!
Open day, open day, open day. Aperto, giornata di apertura,
letteralmente tradotto. In pratica “scuole aperte” per necessità.
Occasione necessaria, indispensabile, irrinunziabile per farsi
conoscere, per accaparrare, acchiappare, convincere i pochi, oramai,
esigui, rari e preziosi “utenti”.
Nessun istituto può esimersi dall’organizzare il suo “open day”.
Per settimane si è lavorato a predisporre il manifesto: si sono scelte
le foto più esplicative. Le frasi da stampare sono state meditate, lette e
rilette, modificate, limate alla perfezione, peggio di come avrebbero fatto
con le loro poesie Ungaretti, Pirandello e D’annunzio.
Per la data fissata l’edificio, la scuola, l’istituzione dovrà essere perfetta,
splendente, luminosa, pulita, calda, accogliente più della propria casa.
Le aule sono pulite, linde, profumate. I banchi schierati, meglio che un
plotone di marines; le crepe e le macchie nascoste per bene. I laboratori
sono predisposti al meglio, colmi di tutto, che funzioni o meno.
Tutto il personale, dal vertice alla base, è preparato: le divise e gli abiti
tirati a lucido, i capelli freschi di parrucchiere, il sorriso più bello stampato
sul volto. Il complessino ed il coro degli alunni hanno provato per ore
ed ore. I veterani, studenti di un tempo, oramai affermati professionisti,
...O questa mi consuma la vita?
sono stati convocati. Il buffet è predisposto. La voce, provata per ore, sarà
suadente, gentile, affabile, accattivante, convincente. Il discorso studiato
ad arte, le parole scelte con cura.
“Quanta fretta, fermati da noi, dove corri. Ascoltami, anche solo per un
momento , e capirai che di noi ti puoi fidare. A noi potrai parlare dei tuoi problemi e dei tuoi guai; delle
tue passioni e necessità. Siine certo: i migliori in questo campo siamo noi. Noi siamo specializzati
e competenti. Vieni da noi e vedrai che non ti pentirai. Noi scopriamo talenti e apriamo le menti,
non sbagliamo mai. Noi sapremo sfruttare le tue qualità. Noi siamo i migliori, i più bravi; siamo
perfetti, efficienti, disponibili, comprensivi, dialoganti. Ti offriamo teatro, musica, cinema,
viaggi strabilianti, gite indimenticabili, dibattiti con i più noti personaggi del mondo che
siano politici, storici, attori, giornalisti, comici o quello che vorrai. Non vedi che è un vero
affare? Non perdere l’occasione, poi te ne pentirai. Non capita tutti i giorni di avere uno
staff intero che si fa in quattro per te.”
L’ora sta per scoccare. Un ultimo controllo, ultimi ordini, ultimi ritocchi, le dita
incrociate. Ora lo spettacolo può avere inizio.
E che Dio ce la man…..ce ne mandi tanti!
PS: chi sa perché mi viene in mente una certa canzone!!!
Annamaria Schettini
Famiglia e speranza: binomio perfetto
Il saggio breve con cui l’allieva della V Geometri ha partecipato e vinto il Concorso Letterario
Città di Rionero sul tema “La famiglia , speranza e futuro per la società italiana ed europea”
Società… parola spesso assimilabile a cambiamento, rivoluzione, trasformazione… In effetti nel corso del tempo numerosi
sono stati gli avvenimenti che
l’hanno contraddistinta, che
l’hanno stravolta, non ultima la
Seconda rivoluzione industriale.
Essa ha segnato la fine del
XIX secolo e l’inizio di una nuova
fase caratterizzata dal binomio
“scienza - tecnica”, al punto da
entrare in quella che il sociologo Auguste Comte definiva l’era
tecnologica.. e non sbagliava affatto! Da allora abbiamo vissuto
un incalzante progresso della
tecnologia che ha trovato negli
ultimi decenni il suo picco più
rilevante e che ha, chiaramente,
inciso sulla vita sociale.
Chi risente maggiormente di
questo repentino cambiamento
è, senza dubbio, la famiglia, la
vecchia e tradizionale famiglia
patriarcale in cui il nonno era il
pilastro attorno al quale ruotavano tutti; ma questo esemplare
di famiglia ha lasciato, purtroppo, spazio all’attuale famiglia “in
carriera”. Viviamo in una società
in cui si coltiva il provvisorio, la
precarietà; prendere una decisione definitiva oggi è davvero
difficile! In tale contesto molti
pensano che sia importante
“godere” il momento; BASTA fare
progetti per il futuro, BASTA fare
scelte definitive, il “per sempre”
appartiene alle favole, perché
non si sa cosa riserva il domani.
Siamo tutti sedotti dal provvisorio, dall’utopia di una vita agiata
basata sul consumismo, sul materialismo, sul benessere come
unica fonte di felicità! Monsignor
Vincenzo Cozzi aveva molto a
cuore il tema della famiglia ed
era, già nel 1993, preoccupato
per il tipo di società che si stava
delineando, società che descrive
in una lettera pastorale “Si pensi al nuovo tipo di società che si
verrà a creare, per la popolazione che aumenterà, per i rapporti
anonimi che si moltiplicheranno,
ma anche per le idee innovatrici
di chi pensa di essere portatore
di una nuova civiltà convinta che
noi meridionali siamo arretrati
solo perché difendiamo ancora i valori della famiglia e della
religione”. Appunto, i valori!!! Il
primo spazio in cui cresce ogni
individuo è la famiglia e se essa
ha dei valori precari, l’ambiente
essere un legame per la vita. Si,
è d’obbligo l’uso del condizionale, perché solo una piccolissima
minoranza considera il matrimonio come un impegno serio,
concreto. Il cardinale Quarracino
(presidente della Conferenza
Episcopale Argentina, oltre che
cardinale e arcivescovo italiano) sosteneva che la metà dei
in cui cresceranno i figli sarà un
luogo inquinato e loro saranno
l’espressione di una società malata e priva di principi. Il limite
delle famiglie attuali è proprio
l’assenza, la non presenza! I genitori si lasciano assorbire dagli
incessanti e tortuosi ritmi lavorativi, speranzosi di consegnare un
futuro migliore ai propri bambini, ma la triste realtà è che lasciano crescere questi ragazzi in
solitudine, motivo per cui questi
ultimi cercano rifugio altrove.
Essi, non avendo mai provato
neppure l’affetto di una carezza
alla sera, assorbono l’amore da
chiunque e confondono il ruolo dell’insegnante con quello di
una mamma, scambiano lo zio
per il padre… ma tutto ciò non
concorre sicuramente a fare di
loro dei buoni mariti e dei buoni
padri.
Già, mariti e padri.. due ruoli
anacronistici per il tempo in cui
viviamo, un lessico non riconosciuto dalle giovani generazioni
che si dividono in coloro che
disdegnano completamente il
matrimonio e coloro che lo inseguono solo per “moda” e sono
pronti in qualsiasi momento a
sciogliere quello che dovrebbe
matrimoni sono nulli: “i ragazzi
si sposano senza maturità o si
sposano perché socialmente si
devono sposare” e la colpa di
chi è? La colpa è di questa società squilibrata, in cui anche
gli affetti sono scanditi dal ticchettio di un orologio, in cui il
tempo per amarsi bisogna ritagliarlo tra una riunione e l’altra,
figuriamoci se si ha il tempo di
sposarsi! Ma la nostra società è
anche altro e ne dobbiamo essere convinti! Ci sono ragazzi che si
sposano con consapevolezza e il
cui unico desiderio è quello di
costruire una famiglia con sani
principi e valori, in quanto cresciuti in un contesto familiare di
taglio tradizionale, alla cui base
c’è la stima reciproca. Esistono
tuttora queste coppie ed è su di
loro che bisogna puntare, è da
loro che bisogna ripartire, valorizzarli e tutelarli!
Nella Dichiarazione Universale dei diritti umani si cita che
“la famiglia è il nucleo naturale e
fondamentale della società e ha
il diritto di essere protetta dalla
società e dallo Stato”. Dobbiamo,
perciò, combattere la diffusa solitudine delle nostre famiglie, alimentando reti di relazione e di
comunicazione, incrementando
centri di ascolto e di interazione.
E’ d’obbligo ricordare che la più
grande ricchezza della famiglia
sono i figli, che hanno il diritto
di vivere una vita serena; essi
devono essere circondati dal
calore delle mura domestiche e
devono essere protetti dal marciume del mondo che li circonda
e dalla continua massificazione.
Sarebbe bello creare una
sorta di connubio tra famiglia,
scuola e chiesa, volto a formare
il bambino di oggi e l’uomo di
domani, in grado di affrontare
le sfide quotidiane e pronto a
contrastare e risolvere gli insuccessi personali. In tale percorso
si dovrebbe dare il giusto rilievo
anche agli anziani, definiti dal
Santo Padre la nostra “memoria storica”. I nonni sono la più
grande fonte di saggezza a cui
attingere; sono meravigliosi i
loro occhi, occhi segnati dalla fatica di una vita nei campi,
sguardo vuoto rapito dal ricordo
e dai tormenti di una guerra...
Nonostante gli anni, essi hanno
sempre la voglia e la forza di lottare, di trasmettere ogni goccia
del loro sapere, di prepararci
ad un futuro duro e proibitivo.
Ognuno di loro ha tanto da insegnare alle generazioni future,
per questo sarebbe necessario
promuovere degli incontri e
renderli protagonisti di dibattiti,
oltre che narratori e testimoni di
momenti storici.
La storia, si sa, è caratterizzata da corsi e ricorsi e chi meglio di loro, che hanno vissuto le
peggiori angherie, può condurci sulla giusta strada? Proviamo
a pensare ad una società nella
quale la famiglia funga da ponte
tra un passato da rivalutare e un
futuro da coltivare. Valorizziamo
i principi autentici, valorizziamo
le nostre famiglie perché, come
citava Giuseppe Mazzini, “La famiglia è la patria del cuore”.
Silvia Carlomagno