2 scuolainformazione Editoriali Comunicazione integrata Se un’istituzione scolastica decide, in questo pezzo di tempo tecnologico, di editare un periodico cartaceo può apparire un’operazione vecchia, di retroguardia. Oggi si comunica rapidamente. L’informazione è sempre più a portata di smartphone, la rete internet ed il “telefonino” hanno stretto un sodalizio che permette a tutti di essere costantemente destinatari di informazioni: tutti noi, utenti super informati, al passo coi tempi che viviamo. I social network permettono di trasferire e condividere con grande rapidità ogni genere di notizia o di pensiero. L’aspetto straordinario, quindi, consiste nel fatto che ciascuno, in rete, diventa a sua volta veicolo di circolazione delle notizie, quando, non addirittura creatore di informazione. La sindrome del reporter ha trasformato ciascuno di noi nel più tenace freelance che, suo malgrado e forse anche con le migliori intenzioni, riesce a stare sulla notizia con la rapidità del nostro tempo solo perché si trova nel posto giusto al momento giusto. Postare foto o brevi commenti su qualunque evento a cui si partecipa è diventato uno sport quotidiano. Quante foto e filmati, se non addirittura dei resoconti, giungono alle redazioni di giornali e tv da parte di chi, per caso, è stato testimone (anzi, più correttamente, è testimone) di un evento o di un fatto di cronaca. Bene. Anzi, male. Siamo così presi dalla esigenza di documentare ciò che accade al punto da smarrire quasi il senso di essere lì in quel momento e vivere l’evento in quanto parte di esso. La festa per una prima comunione piuttosto che la festa di matrimonio di un parente o amico diventano agorà: tutto scuolainformazione registrato e fruibile dall’intero mondo! Nel frattempo ci sfugge, almeno in parte, lo spirito del vissuto in quel momento ed in quel luogo. Hic et nunc. Abbiamo rinunciato ad esso per una più nobile missione, quella di cambiare il nostro punto di osservazione tirandoci fuori dalla mischia. E, per non farla lunga, non è il caso di aprire il capitolo sulla privacy. Nel mentre il tempo consuma e divora rapidamente ogni cosa nella “sopraffazione dell’incipiente” che spinge ogni evento nella stanza, per bene che vada, dei vaghi ricordi. Si perde la possibilità di gustare, assaporare, metabolizzare ogni cosa. Una “fastlife” che prima o poi dovrà recuperare una dimensione che restituisca all’uomo una delle funzioni che lo contraddistinguono dalle bestie: la riflessione. Ecco una ragione che, nonostante il quadro di riferimento, ci indica nel foglio di carta il regolatore di pressione. Giornale, o libro che sia, che ci spinge a confrontarci, a dibattere come ormai non si fa più. Il giornale, periodico, quale luogo dove studenti, docenti, genitori ed ogni genere di istanza territoriale possa attivare la riflessione, la valutazione, la meditazione, il ragionamento per capire, cogliere il senso più profondo (anche meno superficiale sarebbe un successo!) delle cose e dei fatti. Non un giornale in senso stretto, quindi. Ma un periodico, una bacheca delle nostre riflessioni, uno strumento per installare una nuova App e riavviare la mente in un percorso di apprendimento che si arricchisce di un ulteriore utensile. Il Direttore Gioco di squadra 3 Un ponte per “unire” con gli stumenti della comunicazione La voce dell’Editore L’Istituto Tecnico Statale D’Alessandro attiva un ulteriore strumento per svolgere al meglio il compito di provocatore culturale della comunità territoriale da cui provengono i propri studenti e confermarsi punto di riferimento per Lagonegro, per l’area sud della Basilicata e per quei comuni della Campania e della Calabria che tradizionalmente guardano alla nostra Istituzione scolastica con interesse. Un periodico, quindi, per migliorare la comunicazione all’interno della scuola e tra essa ed il territorio di riferimento. Uno strumento per aprire la mente degli studenti ai diversi interessi della conoscenza, ma anche un terreno sui cui esercitare la curiosità, lo spirito di collaborazione, la capacità di condividere le idee e di confrontarsi persino nella diversità del pensiero. Un laboratorio per consentire agli studenti, ai docenti e ad ogni appartenente alla comunità scolastica di misurarsi nel campo delle competenze trasversali che, prima ancora che a definire il profilo professionale e culturale di un allievo, concorrono alla formazione della personalità del’individuo in quanto parte di un gruppo e quale titolare di diritti e doveri di cittadinanza. Una palestra della e per la mente. Il pensiero che si fa parola, la parola che si fa confronto, il confronto che è alla base della convivenza. Un ponte per aprire la scuola al territorio, per cogliere le istanze che ne promanano e per recuperare un più sinergico rapporto di collaborazione tra i tanti portatori di interessi. Un megafono per lanciare proposte, provocazioni, promuovere cooperazione, contribuire a produrre piccoli granelli di sabbia, piuttosto che gocce d’acqua, nel grande mare della cultura, dell’istruzione, dell’informazione. È questo uno sforzo per rilanciare il ruolo della scuola quale presidio fondamentale della formazione, consapevoli del cambiamento di scenario che si è andato determinando, ma in coerenza con l’idea che una “buona scuola” è possibile e la si può e la si deve fare con azioni concrete, quotidiane, caratterizzate da piccole cose generate da grandi idee e dall’ambizione di fare qualcosa di utile per le giovani generazioni. Il Dirigente Scolastico Prof. Carmine Filardi Si insinua profonda, in ciascuno di noi, operatori e non della scuola, la sensazione di essere su un binario di non ritorno in questo particolare momento che la società post moderna vive. Attanagliati da difficoltà esistenziali, economiche, ambientali, d’identità siamo impegnati nella ricerca di una nuova formula salvifica che forse solo attraverso un ramo di “ginestra” potremmo trovare. Sarà forse necessario riscoprire il piacere di penetrare nei segreti dell’animo, di abbandonarsi all’immaginazione, al mistero di ogni invenzione letteraria in un’epoca in cui si cerca di correre più velocemente del tempo che passa? Sarà forse necessario accogliere l’invito di Fraya Mathews in senso “strettamente metaforico” di “sperimentare” nella nostra vita e nel quotidiano la possibilità che il mondo fisico, il luogo dove viviamo parli con sorprendente poetica, precisione ed inventiva? E se la metafora si addice anche ad un’ istituzione seria e preponderante come la scuola dobbiamo chiederci se è possibile facilitare il processo di formazione attraverso la valorizzazione condivisa e partecipata dell’i- dentità culturale vissuta come elemento fondante di ogni attività, divulgata con forme comunicative non fruite in modo passivo tale da non incitare la creazione poiché in tale misura si sopravvive ma non si cresce, si conserva ma non si crea. Lo scopo è nobile ma prestigiosi sono gli strumenti che tutti ormai usano: i social media. Strumenti di comunicazione che non cancellano ma si aggiungono a quelli tradizionali incentivando le relazioni orizzontali nel pubblico consentendo la fruizione della cultura in forma “smart”. Il patrimonio culturale è una testimonianza del passato ma è fondamentale inserirlo nel presente. Le nuove forme di comunicazione supportano dunque la cultura e affinano il gusto permettendo di acquisire la capacità di assegnare valori a beni di forte contenuto simbolico e valoriale. Necessitiamo di una comunicazione che abbia una conseguenza sul piano comportamentale. Nel tempo della passività , dei contrasti ideologici e religiosi, delle apatie della rassegnazione quasi verghiana si impone la diagnosi di un malessere definito “crisi della cultura” resa più acuta da una convulsa accelerazione verso una robotizzazione massificante. E’ interessante dunque ribadire che la tecnologia della comunicazione non è fine a se stessa ma è uno strumento che risponde alla diffusione facilitata dell’informazione e dei contenuti. Se è vero che spesso i nostri figli “ comunicano di non voler comunicare”, come vero è che oggi prevale il rifiuto di attività affini all’apprendimento, occorre intraprendere vere e proprie “lotte” per ristabilire nuove relazioni con i giovani interlocutori . E pur se la comunicazione tipica della post modernità sem- pre più convulsa segue i ritmi della vita che corre con estrema velocità sui fili di internet, utilizzando il groviglio di giochi interattivi o i linguaggi multimediali, dobbiamo sforzarci di comprendere che i nostri figli “ascoltano” ma in modo alternativo e che tuttavia se solo ci soffermassimo di più sui “tipi umani”, scopriremmo che, rivalorizzando i contenuti e riabilitandoli alle novità comunicative, si favorisce l’alta motivazione, l’autostima e soprattutto risusciterebbe un “animale” quasi estinto: l’ambizione! Le nuove forme di comunicazione arricchite di contenuto afferenti il valore della scuola, della parrocchia, della strada, della comunità e della cultura in senso ampio non tolgono spazio al recupero di un indispensabile umanesimo a differenza di quanto sostengono celebri menti anzi, ne arricchiscono il profilo e consentono innovativi spunti di riflessione . Se è vero che “ogni generazione deve avere davanti a se’ un obiettivo per cui battersi e un nemico da combattere” per dirla alla De Santis, si gioca una partita avvincente in cui docenti e studenti, adulti ed adolescenti, avranno un ruolo nella stessa squadra . Rosanna Colombo La striscia di Emilio Buongiorno ragazzi ! iin iii Dr Prof. posso uscire? L’ottimismo della volontà e il pessimismo della ragione Isolamento della classe...docente... 4 scuolainformazione Quando il cinema incontra la scuola Mark Harrys e Davide Cincis discutono con gli studenti Mark Harris incontra studenti e docenti delle scuole superiori di Lagonegro e Lauria al Cinema Iris di Lagonegro dopo la proiezione del film Crash: contatto fisico. Il famoso produttore si confronta con la platea rispondendo a domande e proponendo, insieme al regista romano Davide Cincis, il suo nuovo progetto di cinema partecipativo. Un progetto in base al quale le nuove tecnologie entrano a pieno titolo nella produzione cinematografica per realizzare workshop durante le riprese e per diffondere in streaming i contenuti video. Con il film Madri, di prossima produzione, Mark Harris supportato dal regista Davide Cincis, attuerà questa nuova filosofia nel territorio Laziale e Lucano, dove il film sarà girato. Il regista Davide Cincis e il produttore Mark Harris hanno discusso, con la platea, le tecniche comunicative e la fotografia, ma anche e soprattutto il tema della vita e delle sue contraddizioni. Gli educatori presenti alla manifestazione hanno molto gradito questa discussione tanto condivisa nelle aule scolastiche dove, al pari del cinema, si parla sempre della vita. Se ne parla come il viaggio verso il cambiamento, quando se ne devono gestire i processi, o come il viaggio del cambiamento, quando se ne osservano i mutamenti incomprensibili e incontrollabili. È in questa condizione che nasce per la scuola la proposta di riconversione della comunicazione digitale per spostarla, dai post scomposti di facebook, alle auspicate forme di accesso e di condivisione culturale. Per queste ragioni la scuola trova interessante il progetto di cinema partecipativo e aderisce nel tentativo di potenziare la cultura giovanile e di vincere l’isolamento digitale dei game e delle chat che riduce il contatto fisico, i tempi di riflessione e di adattamento, ma che, soprattutto, riduce i tempi e gli spazi alla cultura. Mentre il film mostra e discute l’aggressività razziale e l’abuso in quanto tale (sia come bilaterale rifiuto del contagio sia come reazione al rifiuto), la scuola, invece, ne ricerca le cause nell’ignoranza. Lavora per la conoscenza, sottraendo spazio all’incompreso, a ciò che genera fenomeni come l’aggressività e l’intolleranza e che degradano, poi, nell’isolamento, nella discriminazione, nella paura. Paura dell’altro e del nuovo. Timore per ciò che è altro da sé, ma che invece è ricchezza, perché è quello che manca, perché è altra materia da acquisire al fine di tracciare la strada al cambiamento; senza la sorpresa di un nuovo falsamente tale, che si riveli, poi, un illusorio progresso. Un cambiamento che, nell’obiettivo di una vita migliore, vesta i panni della partecipazione e della condivisione e che sia figlio di riflessioni ponderate, organizzate per l’ascolto, l’accoglienza e per il rafforzamento della fragilità umana. Benvenuto Mr Harris in Basilicata e grazie per aver coinvolto il mondo della scuola in questa vecchia attualissima discussione. Un encomio speciale a Davide Ccncis per aver portato il Cinema così vicino a noi, con le sue nuove formule, già approntate per il fim Madri, che ci permetteranno di seguirne attivamente i lavori. Bruno Pelosi Abbiamo letto per voi Il rumore dei tuoi passi pubblicato da Longanesi nel Giugno 2013. Si tratta di un romanzo di formazione, con il quale l’autrice esordisce nel mondo della letteratura. Alfredo e Beatrice. Per tutti “i gemelli”. Non hanno il sangue in comune ma qualcosa di molto più profondo. Un ragazzo e una ragazza che per forza di cose si ritrovano a condividere tutto: il letto, l’affetto, i genitori. Vengono chiamati ‘i gemelli’ perché a forza di stare insieme sono diventati uguali in tutto, nelle movenIl rumore dei tuoi passi ze, nei modi di fare e parlare. è un libro di Valentina D’Ur- E’ una storia che descrive la bano, nata nel 1985 a Roma, vita di periferia in un quar- tiere chiamato ‘la Fortezza’, dove a regnare sono la polvere, la sporcizia, il degrado. Il rapporto tra i due nasce come un’amicizia fino a sfociare in un ‘amore malato’, fatto di possessività e a volte anche di odio, di pugni in faccia e brutte parole. I due semplicemente si possiedono. Stare insieme è un’esigenza, è istinto di conservazione. Ma il filo che lega Alfredo e Beatrice è destinato a reggere fino alla fine dei giorni di Alfredo, perché si sa, le cose non vanno mai come si spera. Soprattutto per loro. Soprattutto quando si inizia a lottare contro qualcosa che non da via di scampo. Risulta quasi difficile credere che sia un romanzo d’esordio, “Il rumore dei tuoi passi” è una storia matura ma la scrittrice, seppur giovane, col suo stile tagliente e deciso, riesce a trascinare il lettore nella Fortezza, e lo fa innamorare e disperare insieme ai protagonisti. Un libro che narra di adolescenti ma che non è indirizzato solo a loro e che, seppur con un lessico semplice e scorrevole, riesce ad entrare nell’anima del lettore, indipendentemente dal sesso o dall’età. Alba Pucci http://giotto.ibs.it/video_libri/00/9788830431140.mp4 5 scuolainformazione I dati della Conferenza di Stoccolma parlano chiaro Il cambiamento climatico sta divorando il pianeta “I danni riportati dalla Terra sono gravissimi”. Allarme dell’ONU e dell’IPCC . Gas serra: anidride carbonica, metano, vapore acqueo, ozono, biossido di azoto. Effetto serra: come nelle serre destinate alla coltivazione, una parte dell’energia solare viene trattenuta sulla Terra grazie all’atmosfera ed in particolare ai gas serra in essa presenti. Fasce climatiche: vaste aree della Terra delimitate dai tropici e dai circoli polari. Ogni fascia è caratterizzata da particolari condizioni di temperatura. IPCC: gruppo di esperti sul cambiamento climatico creato nel 1988 dalle Nazioni Unite per studiare il fenomeno del cambiamento climatico e fornire pareri tecnici ai governi su come bloccarlo. Le conclusioni del V rapporto sul clima dell’IPCC rese note a Stoccolma il 27 settembre 2014 hanno rilanciato l’allarme clima. Il cambiamento climatico ormai è evidente in tutte le fasce climatiche e i suoi effetti stanno portando gravi conseguenze su tutto il pianeta. Secondo la maggior parte degli studiosi, il cambiamento climatico è causato principalmente dall’effetto serra che, a sua volta, è creato dall’eccessiva emissione di anidride carbonica ed altri gas serra immersi nell’atmosfera. Alcuni scienziati, però non sono d’accordo su questa supposizione, perché la Terra da quando si è formata ha subito notevoli cambiamenti climatici causati da fattori naturali. I principali danni riportati dalle fasce climatiche del pianeta sono: lo scioglimento dei ghiacciai e l’estinzione di alcuni animali nella fascia fredda, l’innalzamento del livello del mare nella fascia torrida e temperata, ed in quest’ultima è sempre più frequente il fenomeno della desertificazione. Il rapporto sintetizza in 10 punti le conseguenze dell’aumento continuo dell’effetto serra: il riscaldamento mondiale è inequivocabile; vi sono eventi estremi sempre più frequenti; la fusione dei ghiacciai sta accelerando ; l’aumento del livello del mare sta accelerando; la causa principale di tutto questo è l’inquinamento; le modifiche del clima globale dureranno per secoli ; per fine secolo si prevede l’aumento della temperatura globale da 2 a 4 gradi; il livello del mare sta aumentando da 50 a 80cm; se le temperature continueranno a salire i ghiacciai continueranno a fondersi ; vi saranno precipitazioni sempre più intense. Questo scenario, però, po- trebbe essere migliorato attraverso diversi comportamenti che andrebbero messi in atto subito sia dai maggiori colpevoli (industrie) ma anche dai singoli cittadini. Ognuno infatti può impegnarsi cercando di: risparmiare elettricità, evitare di comprare cibo in eccesso che poi viene buttato, utilizzare meno bicchieri e piatti di plastica, fare la raccolta differenziata. Queste sono alcune delle azioni che potrebbero aiutarci a salvare il pianeta perché limitano i consumi energetici e quindi l’aumento di gas serra. Questo fenomeno deve essere ridotto, perché nel nostro pianeta ora ci viviamo noi e dobbiamo viverci bene, ma nel futuro vi saranno anche altre persone che ci abiteranno e per questo motivo “dobbiamo mantenerlo pulito”. Tutti noi speriamo che l’effetto serra diminuisca, in modo che la Terra sia ospitale per tutte le specie viventi. Alessia Tortorella 6 scuolainformazione L’intervista Piero Lacorazza , Presidente del Consiglio Regionale “Dovete sperare e dovete battervi per il vostro futuro” scuole sicure, che ha portato alla ristrutturazione, all’adeguamento ai canoni di sicurezza e all’efficientamento energetico di molti edifici scolastici. Ma il problema riguarda anche le abitazioni private, dove con opportune soluzioni tecniche (infissi, coibentazione, pannelli fotovoltaici, energia solare) è possibile vivere meglio, più sicuri (cosa essenziale per tanti anziani soli ad esempio) e risparmiare soldi, magari sperimentando tecnologie come È gia da un po’ che si parla del decreto “Sblocca Italia” emanato dal Governo Renzi, decreto che interesserà l’ edilizia del territorio Nazionale e quindi anche della nostra Regione Basilicata. Abbiamo, perciò, intervistato qualche tempo fa, il Presidente del Consiglio Regionale, Piero Lacorazza, su questo nuovo provvedimento. 1) Con le norme contenute nello sblocca Italia, si può pensare ad una ripresa nel campo dell’edilizia nazionale? Nel decreto che il Parlamento sta esaminando in queste settimane (in quei giorni il Decreto non era ancora Legge, ndr) ci sono molte misure che potrebbero incentivare una ripresa del settore edile e riguardano soprattutto la materia urbanistica e la semplificazione delle procedure. Quelle per me più significative sono quelle che puntano a favorire la ristrutturazione edilizia e più in generale ridurre il consumo di suolo. Sono convinto che il tema della riqualificazione del patrimonio edilizio è un tema fondamentale per migliorare la qualità della vita nei nostri comuni. Ed è un tema che riguarda il pubblico e i privati. Da presidente della Provincia di Potenza ho promosso, compatibilmente con le poche risorse finanziarie disponibili, una campagna per le di/detail-bando.jsp?id=99129) 3) Quali sono i vantaggi che la nostra regione Basilicata può avere? Se parliamo del decreto sblocca Italia, farei due considerazioni. La prima: ci sono misure che puntano a promuovere una ripresa del ciclo economico, con le semplificazioni e con gli investimenti nelle opere pubbliche. Anche la Basilicata potrebbe beneficiarne. La seconda: a volte le semplificazioni previste punta- ranno altri 10, 100 o 1000 nuovi pozzi petroliferi decidono lo Stato e la Regione, dopo una complessa procedura che prevede la partecipazione dei cittadini. In futuro potrebbe non essere così, e in questo modo si anticiperebbe di fatto anche un cambiamento della Costituzione, che assegna precisi compiti e poteri alle Regioni proprio perché, con le Province e i Comuni, sono gli enti più vicini agli interessi delle popolazioni. 7 scuolainformazione L’intervista che voi conoscete bene, ma servono altre direttrici stradali (Salerno – Potenza – Bari, Lauria – Potenza – Foggia, Murgia – Pollino, solo per fare alcuni esempi di assi stradali già programmati e inseriti nella legge Obiettivo, ma mai finanziati dallo Stato), seri collegamenti con le principali reti portuali e aeroportuali, una connessione alle reti immateriali che ci faccia stare in Europa e nel Mondo. 6) Noi ragazzi di un Istituto tecnico ad indirizzo Costruzione, Ambiente e Territorio, possiamo sperare in un futuro nel nostro campo lavorativo e magari nella nostra Regione? Dovete sperare e dovete battervi per il vostro futuro, in generale e, in particolare, per quanto attiene al vostro corso di studi e alla possibilità che contribuisca a formare figure professionali spendibili sul territorio. Di costruzioni abbiamo già parlato, e continuo a pensare che nei prossimi anni il grande tema della riqualificazione del patrimonio edilizio, anche con il sostegno di iniziative pubbliche, può portare anche occasioni di lavoro per una nuova leva di giovani tecnici. Ambiente e territorio sono le parole che preferisco. Anche qui c’è futuro, e io non mi rassegno all’idea che lo sviluppo debba per forza fare a pugni con l’ambiente e il territorio. 7) Infine, una domanda che riguarda la nostra esperienza di “giornalisti”: cosa pensa dell’idea di fare un periodico scolastico? Può aiutare i giovani a farsi sentire anche all’esterno e dalle Istituzioni? La comunicazione e l’informazione cambiano velocemente, ed ogni generazione sceglie le modalità che ritiene più idonee per far sentire la propria voce. Prima di tutto c’è la rete, che porta sui vostri smartphone e sui vostri tablet la storia quotidiana della comunità di persone a cui avete scelto di appartenere. Par- tiamo da qui, dal fatto che oggi ogni singolo rappresentante di questa comunità accede ad una quantità immensa di informazioni (alcune vere, altre no, ma non è sempre facile controllare). Un giornale di studenti potrebbe servire proprio a questo: scegliere le notizie che circolano nella rete, trovare le fonti, verificarle, commentarle, aggiungere fonti e notizie che si riescono a produrre per la conoscenza diretta dei fatti. Insomma: fare informazione per permettere a tutti di farsi un’opinione, di sviluppare il proprio senso critico. Di questo in Basilicata c’è tanto bisogno. Simone Forastiere Dibattito aperto, dite la vostra che ho detto la mia La buona scuola Un dibattito tutto da chiarire la domotica, che può aiutare tante persone a gestire meglio il proprio patrimonio edilizio. 2) Cosa si potrebbe aggiungere a questa legge? Qualcosa l’abbiamo già aggiunta. E’ il bando della Regione, previsto dalla legge di stabilità approvata ad aprile e che trovate sul sito internet dell’ente che prevede “CONTRIBUTI PER INTERVENTI DI RISPARMIO ENERGETICO SU UNITA’ ABITATIVE PRIVATE” (qui trovate tutte le informazioni: http://portalebandi. regione.basilicata.it/PortaleBan- no a semplificare un po’ troppo, escludendo le Regioni e gli enti locali da ogni forma di partecipazione e di controllo. E questo non va proprio bene. 4) Quali sono, invece, gli svantaggi? Gli svantaggi sono appunto quelli che dicevo, e riguardano in particolare il “famigerato” articolo 38 del decreto sblocca Italia, che prevede di riportare alla competenza (quasi) esclusiva dello Stato le decisioni in materia ambientale. Mi spiego meglio: oggi per stabilire se ci sa- 5) Il nostro territorio ha bisogno di nuove infrastrutture o magari bisogna cercare di ripristinare le vecchie? E’ una domanda molto saggia, perché con i tempi che corrono, e con la mancanza di risorse pubbliche che pesa tanto sull’economia reale, prima di buttare una cosa bisogna pensarci bene. Le nuove infrastrutture servono, perché è ancora troppo difficile muoversi in Basilicata e nel Sud. Questo significa che non basta completare i lavori sull’autostrada Salerno – Reggio Calabria, Speriamo che il confronto avviato dentro l’iniziativa del governo “La buona scuola” abbia portato a risultati realmente condivisibili. Perché il metodo è sicuramente da lodare, ma la storia insegna che tra le pieghe delle riforme ci sono sempre state un sacco di fregature, segnatamente per l’anello più debole della catena. Per gli insegnanti si paventa una rivoluzione copernicana che potrebbe vederli ostaggio, persino più di quanto non lo siano già, di una perversa logica che va dalle modalità di arruolamento fino alla soddisfazione degli stake-holders sulla base di parametri: oggettivi alcuni, ma molto soggettivi altri. È maturata forte, in questi ultimi dieci-quindici anni, la sensazione che la scuola superiore sia riconosciuta come un supermercato dove l’utente frequenta per acquisire un titolo da utilizzare sul mercato, sia esso accademico sia esso lavorativo. L’istruzione viene, quindi, percepita come un prodotto da misurare sulla base del gradimento del consumatore. Le stesse istituzioni scolastiche autonome hanno spesso inseguito, purtroppo e loro malgrado, con improbabili piani di marketing, il soddisfacimento del binomio genitori-alunni contribuendo al sovvertimento di valori alla base della confusione del momento. Ha fatto la sua comparsa il termine “utente”. Come se la scuola possa essere assimilata ad un somministratore che poi periodicamente invia la bolletta a casa del cittadino: più o meno soddisfatto di aver ricevuto la luce del sapere piuttosto che essersi abbeverato ai rubinetti della scienza. Da anni si parla di introdurre il merito: bene. Anzi, benissimo! A patto che il merito sia una categoria a cui tutti debbano rispondere. Senza voler qui richiamare chi in Italia sul demerito familiare ed amicale ha costruito le più folgoranti carriere, è forse il caso di fare chiarezza una volta per tutte. È vero, gli insegnanti in questi stessi anni non sempre e non tutti hanno dato prova di essere all’altezza del delicatissimo compito educativo e formativo. Ma da questo ad arrivare che in discussione vi sia un punto centrale, la valutazione degli insegnanti, ne passa. Cioè pare che tutti debbano valutare il merito non già degli alunni ma degli insegnanti. Insegnanti che nonostante tutto hanno continuato a lavorare e a guidare generazioni di studenti che hanno anche ottenuto dei ragguardevoli risultati. Se la società in cui viviamo ha subito delle repentine involuzioni qualitative, vuoi vedere che la colpa è degli insegnanti? È vero, noi non siamo tanto ciò che siamo ma ciò che gli altri riconoscono in noi. “Io non sono cattiva, è che mi disegnano così!” dice lo straordinario personaggio inventato da Gary Wolf, in una memorabile scena di “Chi ha incastrato Roger Rabbit” e noi insegnanti stiamo un po’ interpretando questo ruolo. Sarà forse il caso di cogliere l’occasione per riflettere su tale questione. Sarà forse il caso di resettare le relazioni tra le stazioni educative e riordinare la sfera degli affetti in relazione a quelle dell’educazione e dell’apprendimento. Se si vuole svolgere un buon servizio per le giovani generazioni, oltre ogni riforma che verrà, io credo che i genitori debbano fare i genitori stringendo (ricostruendo) un nuovo patto educativo con la scuola e con i docenti, per rimettere in fila alcuni valori fondamentali e dare all’istruzione il vero valore formativo che deve avere. La valutazione, che non è giudizio di condanna o di assoluzione degli alunni, ma un momento per traguardare le loro scelte future, deve essere riconosciuta e rispettata, in una cornice di trasparenza e di chiarezza, ma come prerogativa professionale con valenza educativa e formativa, alla base di ogni percorso di apprendimento. La sfera affettiva, che pure spesso contamina le relazioni scolastiche, deve essere un’altra cosa. Giancarlo D’Angelo 8 scuolainformazione Le parole, strumenti per costruire “Cogito, ergo sum” sosteneva il grande filosofo e matematico francese Renè Descartes nel lontano 1600 e oggi come ieri apprezziamo la grandiosità di tale affermazione, ma se è vero che pensare è essere, nella maggior parte dei casi è la comunicazione a diventare il nostro essere, in quanto esprimere i propri pensieri è una necessità fondamentale di ogni individuo. Quindi, forse, sarebbe più opportuno affermare che “comunicare significa essere”: essere vivi, essere partecipi, essere inseriti ed integrati in una comunità, essere capaci di utilizzare al meglio il proprio intelletto. Del resto, a cosa servirebbero i pensieri e le riflessioni se non fosse possibile comunicarli? Che mondo sarebbe se non ci fosse la possibilità di esprimersi? Fortunatamente oggi i mezzi per relazionarsi e per comunicare non mancano, anzi, a volte, forse, sono così numerosi che, alla fine, si viene a creare una tale confusione da dimenticare che la comunicazione, quella vera, avviene me- diante la scrittura, sì, proprio la scrittura, la cui invenzione ha rivoluzionato la storia e ha profondamente mutato gli uomini e le diverse civiltà. La scrittura è un’azione che cela un universo straordinario e grazie ad essa è possibile conoscersi, esprimersi, liberarsi, fare chiarezza dentro di sé, ricercare un nuovo mondo nella propria mente, “costruire una nuova persona dentro di sé, proprio come coloro che costruiscono un ponte o una cupola pietra su pietra. Le pietre di chi scrive sono le parole” (O.Pamuk). Quando si scrive la nostra visione scorre sul foglio e si ha la possibilità di raccontarsi, di esporre idee e pensieri e di aprirsi agli altri, ma la scrittura la si può considerare anche come un atto di ribellione verso la realtà costituita e un conseguente rifugio dove trovare protezione, svago, distrazione. E’ fondamentale, quindi, servirsi di carta e penna per dare voce alle proprie emozioni, alle proprie soddisfazioni e insoddisfazioni, ma è possibile comunicare con gli altri (nel tempo e nello spazio) solo mediante l’uso consapevole e creativo del codice linguistico-verbale che la nostra storia e la nostra cultura ci hanno consegnato “e che è in continua trasformazione nell’interazione con nuove storie, con diverse culture e altri linguaggi”. Il nostro linguaggio deve essere chiaro, corretto, completo, inequivocabile e ciò può accadere solo se ci “impossessiamo” della lingua italiana, molto spesso ”dimenticata”, deturpata e svilita. Lo studio della lingua italiana e il conseguente possesso delle competenze linguistiche è, invece, determinante e non solo per il singolo individuo; tali competenze sono di estrema importanza per lo studio delle altre discipline e, quindi, per lo sviluppo culturale, sociale ed economico della collettività. Recuperiamo, pertanto, l’importanza e la bellezza della lingua italiana e diamo alla scrittura la sua vera dignità comunicativa, in quanto “ha il potere di creare nuovi mondi”. Sabrina Carlomagno 9 scuolainformazione Do You speak English? No, “Italienglish”! In 1968 the Canadian sociologist and scholar of communication Marshall McLuhan used the oxymoron “ global village” in his book Understanding media to show how the advent of new media has changed the idea of space and time, strongly affecting our behaviour. The global village needs a global language, a language that allows everybody to communicate all over the world. Owing both to chance and to the “American” superpower, today English has become the global language like Latin was in past centuries. Historian would say “linguistic colonization”. Romans, even though forced the conquered people to use Latin as official language, left them the opportunity to use their languages as a common language. Today, however, Anglicism is entering so powerfully in our daily lives that whoever does not speak properly English is considered ignorant, or rather still illiterate. It is estimated that at least fifty English words are added to the Italian vocabulary every year and about a hundred words disappear from spoken or written Italian language in our Country. The Italian language is full of Anglicism. What are the effects of this “invasion”? Linguists are worried about this phenomenon. Many English words are commonly used in the Italian language; we can recognize: computer, autobus, smartphone, facebook, twitter, selfie, that fill our everyday lexicon representing (ourselves) our way of being into the digital global era. Some of them are considered to be useful for international communication, such as buses, while others are superfluous because they are used to show off English skills (fashion). Many of them are also translatable into Italian: weekend could be replaced with “fine settimana”, shopping with “compere”, and so on. The concern about the impoverishment of language, the incomprehensibility of new words to many speak- ers and the mispronunciation of foreign words comes from this consideration. Is all this good ? Posterity will judge even though it seems to us that the direction and the speed of the whole process increases and will surely cause problems. At this rate, the Italian language overwhelmed by the dominant Anglo-Saxon technical terms, risks being reduced to the status of dialect. What are the reasons why English is so widespread and studied both at school and privately? Social changes brought about by globalization affect and lead to think about a subject identity that is not stable anymore but hybrid, changing, “forced” to adapt to the new dynamics of a world that cannot help doing without technological and foreign language literacy. The knowledge of foreign languages, the process of teaching/learning (micro) languages is part of the new communication needs dictated by the “global village” membership where the relationship and the interaction help to create a healthy cultural relativism, a cross-cultural place of mutual dialogue and growth. The demand for foreign languages, the presence of the “other” in everyday life, more or less conscious and more or less accepted, leads to a reflection on the role that languages and, in this case, English, have in our world. Knowing and communicating in foreign language means to get in touch with a whole different culture, to be able to interact critically, to be permeated and to develop a new / different understanding of themselves and of the world. Foreign words have become “objects” to be known not only linguistically but also emotionally because they are the bridge that brings toward the Other in a conscious manner, free from prejudices and stereotypes. Maria Luisa Longo Vilma Micera 10 scuolainformazione 11 scuolainformazione Il corsivo OPEN DAY: la moda divaga… al bisogno! Open day, open day, open day. Aperto, giornata di apertura, letteralmente tradotto. In pratica “scuole aperte” per necessità. Occasione necessaria, indispensabile, irrinunziabile per farsi conoscere, per accaparrare, acchiappare, convincere i pochi, oramai, esigui, rari e preziosi “utenti”. Nessun istituto può esimersi dall’organizzare il suo “open day”. Per settimane si è lavorato a predisporre il manifesto: si sono scelte le foto più esplicative. Le frasi da stampare sono state meditate, lette e rilette, modificate, limate alla perfezione, peggio di come avrebbero fatto con le loro poesie Ungaretti, Pirandello e D’annunzio. Per la data fissata l’edificio, la scuola, l’istituzione dovrà essere perfetta, splendente, luminosa, pulita, calda, accogliente più della propria casa. Le aule sono pulite, linde, profumate. I banchi schierati, meglio che un plotone di marines; le crepe e le macchie nascoste per bene. I laboratori sono predisposti al meglio, colmi di tutto, che funzioni o meno. Tutto il personale, dal vertice alla base, è preparato: le divise e gli abiti tirati a lucido, i capelli freschi di parrucchiere, il sorriso più bello stampato sul volto. Il complessino ed il coro degli alunni hanno provato per ore ed ore. I veterani, studenti di un tempo, oramai affermati professionisti, ...O questa mi consuma la vita? sono stati convocati. Il buffet è predisposto. La voce, provata per ore, sarà suadente, gentile, affabile, accattivante, convincente. Il discorso studiato ad arte, le parole scelte con cura. “Quanta fretta, fermati da noi, dove corri. Ascoltami, anche solo per un momento , e capirai che di noi ti puoi fidare. A noi potrai parlare dei tuoi problemi e dei tuoi guai; delle tue passioni e necessità. Siine certo: i migliori in questo campo siamo noi. Noi siamo specializzati e competenti. Vieni da noi e vedrai che non ti pentirai. Noi scopriamo talenti e apriamo le menti, non sbagliamo mai. Noi sapremo sfruttare le tue qualità. Noi siamo i migliori, i più bravi; siamo perfetti, efficienti, disponibili, comprensivi, dialoganti. Ti offriamo teatro, musica, cinema, viaggi strabilianti, gite indimenticabili, dibattiti con i più noti personaggi del mondo che siano politici, storici, attori, giornalisti, comici o quello che vorrai. Non vedi che è un vero affare? Non perdere l’occasione, poi te ne pentirai. Non capita tutti i giorni di avere uno staff intero che si fa in quattro per te.” L’ora sta per scoccare. Un ultimo controllo, ultimi ordini, ultimi ritocchi, le dita incrociate. Ora lo spettacolo può avere inizio. E che Dio ce la man…..ce ne mandi tanti! PS: chi sa perché mi viene in mente una certa canzone!!! Annamaria Schettini Famiglia e speranza: binomio perfetto Il saggio breve con cui l’allieva della V Geometri ha partecipato e vinto il Concorso Letterario Città di Rionero sul tema “La famiglia , speranza e futuro per la società italiana ed europea” Società… parola spesso assimilabile a cambiamento, rivoluzione, trasformazione… In effetti nel corso del tempo numerosi sono stati gli avvenimenti che l’hanno contraddistinta, che l’hanno stravolta, non ultima la Seconda rivoluzione industriale. Essa ha segnato la fine del XIX secolo e l’inizio di una nuova fase caratterizzata dal binomio “scienza - tecnica”, al punto da entrare in quella che il sociologo Auguste Comte definiva l’era tecnologica.. e non sbagliava affatto! Da allora abbiamo vissuto un incalzante progresso della tecnologia che ha trovato negli ultimi decenni il suo picco più rilevante e che ha, chiaramente, inciso sulla vita sociale. Chi risente maggiormente di questo repentino cambiamento è, senza dubbio, la famiglia, la vecchia e tradizionale famiglia patriarcale in cui il nonno era il pilastro attorno al quale ruotavano tutti; ma questo esemplare di famiglia ha lasciato, purtroppo, spazio all’attuale famiglia “in carriera”. Viviamo in una società in cui si coltiva il provvisorio, la precarietà; prendere una decisione definitiva oggi è davvero difficile! In tale contesto molti pensano che sia importante “godere” il momento; BASTA fare progetti per il futuro, BASTA fare scelte definitive, il “per sempre” appartiene alle favole, perché non si sa cosa riserva il domani. Siamo tutti sedotti dal provvisorio, dall’utopia di una vita agiata basata sul consumismo, sul materialismo, sul benessere come unica fonte di felicità! Monsignor Vincenzo Cozzi aveva molto a cuore il tema della famiglia ed era, già nel 1993, preoccupato per il tipo di società che si stava delineando, società che descrive in una lettera pastorale “Si pensi al nuovo tipo di società che si verrà a creare, per la popolazione che aumenterà, per i rapporti anonimi che si moltiplicheranno, ma anche per le idee innovatrici di chi pensa di essere portatore di una nuova civiltà convinta che noi meridionali siamo arretrati solo perché difendiamo ancora i valori della famiglia e della religione”. Appunto, i valori!!! Il primo spazio in cui cresce ogni individuo è la famiglia e se essa ha dei valori precari, l’ambiente essere un legame per la vita. Si, è d’obbligo l’uso del condizionale, perché solo una piccolissima minoranza considera il matrimonio come un impegno serio, concreto. Il cardinale Quarracino (presidente della Conferenza Episcopale Argentina, oltre che cardinale e arcivescovo italiano) sosteneva che la metà dei in cui cresceranno i figli sarà un luogo inquinato e loro saranno l’espressione di una società malata e priva di principi. Il limite delle famiglie attuali è proprio l’assenza, la non presenza! I genitori si lasciano assorbire dagli incessanti e tortuosi ritmi lavorativi, speranzosi di consegnare un futuro migliore ai propri bambini, ma la triste realtà è che lasciano crescere questi ragazzi in solitudine, motivo per cui questi ultimi cercano rifugio altrove. Essi, non avendo mai provato neppure l’affetto di una carezza alla sera, assorbono l’amore da chiunque e confondono il ruolo dell’insegnante con quello di una mamma, scambiano lo zio per il padre… ma tutto ciò non concorre sicuramente a fare di loro dei buoni mariti e dei buoni padri. Già, mariti e padri.. due ruoli anacronistici per il tempo in cui viviamo, un lessico non riconosciuto dalle giovani generazioni che si dividono in coloro che disdegnano completamente il matrimonio e coloro che lo inseguono solo per “moda” e sono pronti in qualsiasi momento a sciogliere quello che dovrebbe matrimoni sono nulli: “i ragazzi si sposano senza maturità o si sposano perché socialmente si devono sposare” e la colpa di chi è? La colpa è di questa società squilibrata, in cui anche gli affetti sono scanditi dal ticchettio di un orologio, in cui il tempo per amarsi bisogna ritagliarlo tra una riunione e l’altra, figuriamoci se si ha il tempo di sposarsi! Ma la nostra società è anche altro e ne dobbiamo essere convinti! Ci sono ragazzi che si sposano con consapevolezza e il cui unico desiderio è quello di costruire una famiglia con sani principi e valori, in quanto cresciuti in un contesto familiare di taglio tradizionale, alla cui base c’è la stima reciproca. Esistono tuttora queste coppie ed è su di loro che bisogna puntare, è da loro che bisogna ripartire, valorizzarli e tutelarli! Nella Dichiarazione Universale dei diritti umani si cita che “la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha il diritto di essere protetta dalla società e dallo Stato”. Dobbiamo, perciò, combattere la diffusa solitudine delle nostre famiglie, alimentando reti di relazione e di comunicazione, incrementando centri di ascolto e di interazione. E’ d’obbligo ricordare che la più grande ricchezza della famiglia sono i figli, che hanno il diritto di vivere una vita serena; essi devono essere circondati dal calore delle mura domestiche e devono essere protetti dal marciume del mondo che li circonda e dalla continua massificazione. Sarebbe bello creare una sorta di connubio tra famiglia, scuola e chiesa, volto a formare il bambino di oggi e l’uomo di domani, in grado di affrontare le sfide quotidiane e pronto a contrastare e risolvere gli insuccessi personali. In tale percorso si dovrebbe dare il giusto rilievo anche agli anziani, definiti dal Santo Padre la nostra “memoria storica”. I nonni sono la più grande fonte di saggezza a cui attingere; sono meravigliosi i loro occhi, occhi segnati dalla fatica di una vita nei campi, sguardo vuoto rapito dal ricordo e dai tormenti di una guerra... Nonostante gli anni, essi hanno sempre la voglia e la forza di lottare, di trasmettere ogni goccia del loro sapere, di prepararci ad un futuro duro e proibitivo. Ognuno di loro ha tanto da insegnare alle generazioni future, per questo sarebbe necessario promuovere degli incontri e renderli protagonisti di dibattiti, oltre che narratori e testimoni di momenti storici. La storia, si sa, è caratterizzata da corsi e ricorsi e chi meglio di loro, che hanno vissuto le peggiori angherie, può condurci sulla giusta strada? Proviamo a pensare ad una società nella quale la famiglia funga da ponte tra un passato da rivalutare e un futuro da coltivare. Valorizziamo i principi autentici, valorizziamo le nostre famiglie perché, come citava Giuseppe Mazzini, “La famiglia è la patria del cuore”. Silvia Carlomagno
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