QUADERN / MARTEDÌ, 24 MARZO 2015 ILCASODELGIORNO PRIMOPIANO Fusione societaria con effetti sul pro rata IVA Sempre possibile presentare il 730 “ordinario” / Emanuele GRECO Le operazioni di fusione societaria sono irrilevanti agli effetti dell’IVA, per mancanza del presupposto soggettivo di applicazione del tributo, secondo quanto disposto dall’art. 2 comma 3 lettera f) del DPR 633/72. Ciò nonostante, gli effetti di un’operazione di fusione possono riverberarsi sul computo del pro rata delle società coinvolte. Nel particolare caso in cui le società fuse (nell’ipotesi di fusione “in senso stretto”) o incorporate (nell’ipotesi di fusione “per incorporazione”) possiedano un complesso di operazioni imponibili ed esenti ai fini IVA, si pone il problema di determinare il pro rata nell’anno nel corso del quale l’operazione di fusione viene perfezionata. Le società fuse o incorporate seguono il proprio regime di pro rata IVA fino alla data di efficacia della fusione. Difatti, “ai fini dell’imposta sul [...] Con la circolare 11, l’Agenzia sottolinea che professionisti e CAF rimangono però soggetti alle nuove responsabilità per il visto infedele / Massimo NEGRO È sempre possibile continuare ad utilizzare il modello 730 “non precompilato”; la dichiarazione precompilata si considera “accettata” se è trasmessa senza modifiche dei dati indicati oppure con modifiche che non incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta; la dichiarazione congiunta e le dichiarazioni integrative non possono essere presentate direttamente dal contribuente; il controllo formale riguarda comunque i dati delle certificazioni del sostituto d’imposta; professionisti e CAF sono soggetti alla nuova disciplina di responsabilità collegata al visto infedele anche se non è stata utilizzata la dichiarazione precompilata. Sono questi alcuni dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 11 di ieri, con cui sono stati analizzati i vari aspetti della nuova disciplina della dichiarazione modello 730 precompilata, nella forma della risposta a quesiti. In relazione ai contribuenti in possesso dei requisiti per la presentazione del modello 730, l’Agenzia chiarisce che: - è sempre possibile presentare tale dichiarazione con le ordinarie modalità, anche in forma congiunta, senza utilizzare il modello precompilato; A PAGINA 2 A PAGINA 3 INEVIDENZA FISCO I contributi in conto esercizio riducono le rimanenze di magazzino Non vale la notifica al curatore per ritenute previdenziali non versate Esclusa la presentazione “diretta” della dichiarazione congiunta / Massimo NEGRO Sanzioni per gli studi senza POS, il CNDCEC: “Prima il credito d’imposta” Niente disclosure agevolata se l’accordo “ante 2015” non è in vigore ALTRENOTIZIE - il termine per la presentazione del 730 ordinario è lo stesso previsto per il modello 730 precompilato, vale a dire il 7 luglio. Il contribuente può quindi presentare il modello 730 al sostituto d’imposta che presta assistenza fiscale, ad un professionista abilitato o ad un CAF già direttamente compilato, oppure richiedere all’intermediario la “completa” compilazione della dichiarazione, senza avvalersi del modello precompilato messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate. Tale soluzione potrebbe essere opportuna per evitare la complessa procedura di delega per l’accesso alla dichiarazione precompilata. In tal caso, nel prospetto di liquidazione del modello 730 deve essere barrata la casella “Dichiarazione non Precompilata – Sostituto, CAF o professionista non delegato”. Secondo quanto stabilito dall’art. 1 comma 4 del DLgs. 175/2014, se il modello 730 è presentato, con le modalità ordinarie, ad un professionista o CAF, resta fermo nei confronti di tali soggetti: - l’obbligo di rilasciare il visto di conformità; - in caso di visto infedele, l’obbligo di pagamento, nei confronti dello Stato o [...] / A PAGINA 11 Se i coniugi hanno presentato il modello 730/2014 in forma congiunta, la circolare n. 11 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce che: - saranno predisposte due distinte dichiarazioni precompilate, una per ciascun coniuge che abbia i requisiti per rientrare nella platea dei destinatari della dichiarazione precompilata; - se i coniugi intendono presentare la dichiarazione precompilata in forma congiunta devono rivolgersi al sostituto d’ [...] A PAGINA 5 ancora IL CASO DEL GIORNO Fusione societaria con effetti sul pro rata IVA A seguito dell’operazione straordinaria la società incorporante determina nuovamente la propria percentuale di detrazione dell’IVA / Emanuele GRECO Le operazioni di fusione societaria sono irrilevanti agli effetti dell’IVA, per mancanza del presupposto soggettivo di applicazione del tributo, secondo quanto disposto dall’art. 2 comma 3 lettera f) del DPR 633/72. Ciò nonostante, gli effetti di un’operazione di fusione possono riverberarsi sul computo del pro rata delle società coinvolte. Nel particolare caso in cui le società fuse (nell’ipotesi di fusione “in senso stretto”) o incorporate (nell’ipotesi di fusione “per incorporazione”) possiedano un complesso di operazioni imponibili ed esenti ai fini IVA, si pone il problema di determinare il pro rata nell’anno nel corso del quale l’operazione di fusione viene perfezionata. Le società fuse o incorporate seguono il proprio regime di pro rata IVA fino alla data di efficacia della fusione. Difatti, “ai fini dell’imposta sul valore aggiunto la «data di effetto giuridico della fusione» è quella di cui all’art. 2504-bis comma 2 c.c. e, cioè, la data dell’ultima iscrizione nel Registro delle imprese (quello competente per la società incorporante o risultante dalla fusione) dell’atto di fusione o data eventualmente successiva se le delibere dispongono diversamente. È a questa data, che l’organizzazione della società incorporante si modifica assorbendo in sé l’organizzazione delle società estinte, in quanto, prima della medesima data, le società suddette sono giuridicamente autonome e mantengono anche una propria autonomia contabile” (R.M. 27 agosto 1998 n. 120). Meno immediata è la determinazione del pro rata delle società derivante dall’operazione di fusione (nell’ipotesi di fusione “in senso stretto”) o incorporante (nell’ipotesi di fusione “per incorporazione”). Deve ritenersi valido anche per le fusioni quanto disposto per le operazioni di scissione dall’art. 16, comma 11, lettera a) della L. 24 dicembre 1993 n. 537. Tale norma stabilisce che ciascuna società beneficiaria subentra alla società scissa negli obblighi e nei diritti, derivanti dall’applicazione dell’IVA, relativi alle operazioni effettuate tramite le aziende o i complessi aziendali scissi a suo favore. Di fatto, viene esteso al settore impositivo dell’IVA il principio civilistico di cui all’art. 2504-bis c.c., il quale prescrive che “la società che risulta dalla fusione o quella incorpo- / EUTEKNEINFO / MARTEDÌ, 24 MARZO 2015 rante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”. Applicando il principio enunciato dall’art. 2504-bis c.c. con riferimento alla determinazione del pro rata di detraibilità IVA, si può affermare che la società risultante dalla fusione debba determinare la propria percentuale di detraibilità dell’IVA sulla base di quello già determinato dalle società fuse o incorporate. In sostanza, il pro rata in capo alla società avente causa dovrà determinarsi tenendo conto del complesso di operazioni imponibili ed esenti poste in essere e dichiarate nel precedente periodo di imposta da parte delle società dante causa. La soluzione trova conferma nella lettera b) del già citato art. 16 comma 11 della L. 537/93, in virtù del quale, “se in esecuzione della scissione sono trasferite aziende” (ma il principio vale anche per le operazioni di fusione), la riduzione della percentuale di detraibilità IVA, ai sensi dell’art. 19 comma 5 del DPR 633/72, “per le società beneficiarie costituite a seguito della scissione (fusione, ndr), è operata in base ad una percentuale determinata presuntivamente (…), se l’oggetto dell’attività è modificato rispetto a quello della società scissa (fusa, ndr)”. Difatti, la disposizione richiede, al fine di determinare il pro rata della società beneficiaria per via presuntiva, che vi sia una modifica almeno parziale dell’oggetto dell’attività. Per cui, ragionando a contrariis, le società risultanti da operazioni di fusione, che proseguano l’attività delle società fuse o incorporate, dovranno – come detto – determinare il pro rata sulla base del complesso di operazioni imponibili ed esenti “trasferite” dalla società dante causa. In definitiva, nel caso di fusione “in senso stretto”, la società beneficiaria determina la propria percentuale di detrazione dell’IVA tenendo conto dell’ammontare di operazioni imponibili ed esenti dichiarato nel periodo di imposta precedente da parte delle società fuse. Analogamente, nel caso di fusione con incorporazione, la società incorporante, a seguito dell’avvenuta operazione straordinaria, ridetermina il proprio pro rata tenendo conto di tutte le operazioni (imponibili ed esenti) effettuate dalle società incorporate. / 02 ancora FISCO Sempre possibile presentare il 730 “ordinario” Con la circolare 11, l’Agenzia sottolinea che professionisti e CAF rimangono però soggetti alle nuove responsabilità per il visto infedele / Massimo NEGRO È sempre possibile continuare ad utilizzare il modello 730 “non precompilato”; la dichiarazione precompilata si considera “accettata” se è trasmessa senza modifiche dei dati indicati oppure con modifiche che non incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta; la dichiarazione congiunta e le dichiarazioni integrative non possono essere presentate direttamente dal contribuente; il controllo formale riguarda comunque i dati delle certificazioni del sostituto d’imposta; professionisti e CAF sono soggetti alla nuova disciplina di responsabilità collegata al visto infedele anche se non è stata utilizzata la dichiarazione precompilata. Sono questi alcuni dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 11 di ieri, con cui sono stati analizzati i vari aspetti della nuova disciplina della dichiarazione modello 730 precompilata, nella forma della risposta a quesiti. In relazione ai contribuenti in possesso dei requisiti per la presentazione del modello 730, l’Agenzia chiarisce che: - è sempre possibile presentare tale dichiarazione con le ordinarie modalità, anche in forma congiunta, senza utilizzare il modello precompilato; - il termine per la presentazione del 730 ordinario è lo stesso previsto per il modello 730 precompilato, vale a dire il 7 luglio. Il contribuente può quindi presentare il modello 730 al sostituto d’imposta che presta assistenza fiscale, ad un professionista abilitato o ad un CAF già direttamente compilato, oppure richiedere all’intermediario la “completa” compilazione della dichiarazione, senza avvalersi del modello precompilato messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate. Tale soluzione potrebbe essere opportuna per evitare la complessa procedura di delega per l’accesso alla dichiarazione precompilata. In tal caso, nel prospetto di liquidazione del modello 730 deve essere barrata la casella “Dichiarazione non Precompilata – Sostituto, CAF o professionista non delegato”. Secondo quanto stabilito dall’art. 1 comma 4 del DLgs. 175/2014, se il modello 730 è presentato, con le modalità ordinarie, ad un professionista o CAF, resta fermo nei confronti di tali soggetti: - l’obbligo di rilasciare il visto di conformità; - in caso di visto infedele, l’obbligo di pagamento, nei confronti dello Stato o del diverso ente impositore, di una somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione (30%, ai sensi dell’art. 13 del DLgs. 471/97) e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente ai sensi dell’art. 36/ EUTEKNEINFO / MARTEDÌ, 24 MARZO 2015 ter del DPR 600/73 (controllo formale delle dichiarazioni), ove l’errore non sia imputabile a dolo o colpa grave del contribuente stesso, ad esempio nel caso in cui questi abbia presentato un documento contraffatto per poter beneficiare di una detrazione d’imposta. Resta inoltre ferma la possibilità di non avvalersi affatto del modello 730, pur avendone i requisiti, e di presentare invece il modello UNICO PF (cfr. Relazione illustrativa al DLgs. 175/2014). In pratica, l’utilizzo della dichiarazione precompilata è una “strada obbligata” solo per il contribuente che voglia presentare direttamente il modello 730, accettando o modificando quanto sarà reso disponibile dall’Agenzia entro il prossimo 15 aprile. In generale, la dichiarazione precompilata si considera “accettata” se è trasmessa senza modifiche dei dati indicati dall’Agenzia ovvero con modifiche che non incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta. Sono considerate tali le seguenti operazioni: - indicazione o modifica dei dati anagrafici del contribuente, ad eccezione del Comune del domicilio fiscale, che potrebbe incidere sulla determinazione delle addizionali regionale e comunale all’IRPEF; - indicazione o modifica dei dati identificativi del soggetto che effettua il conguaglio; - indicazione o modifica del codice fiscale del coniuge non fiscalmente a carico; - compilazione del quadro I per la scelta dell’utilizzo in compensazione, totale o parziale, dell’eventuale credito che risulta dal modello 730; - scelta di non versare o di versare in misura inferiore gli acconti dovuti, mediante la compilazione dell’apposito rigo del quadro F; - richiesta di suddivisione in rate mensili delle somme dovute a titolo di saldo e acconto nei casi consentiti dalla normativa vigente, mediante la compilazione dell’apposito rigo del quadro F. Nelle suddette ipotesi, nel prospetto di liquidazione del modello 730 deve essere barrata la casella “Dichiarazione Precompilata – Accettata”. La dichiarazione precompilata si considera invece “modificata”: - se si effettuano variazioni o integrazioni dei dati indicati nella dichiarazione che incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta, comprese le variazioni che, pur non / 03 ancora modificando il risultato finale della dichiarazione, intervengono sui singoli importi del modello 730 precompilato (ad esempio l’eliminazione di un reddito o di un onere e l’aggiunta di un reddito o di un onere di altro tipo di pari importo); - in tutte le ipotesi diverse da quelle sopra indicate. In tali casi, nel prospetto di liquidazione del modello 730 deve essere barrata la casella “Dichiarazione Precompilata – Modificata”. / EUTEKNEINFO / MARTEDÌ, 24 MARZO 2015 Si segnala infine che, a mezzo comunicato stampa, sempre ieri l’Agenzia delle Entrate ha lanciato il nuovo sito dedicato al 730 precompilato (disponibile al seguente link: https://info730.agenziaentrate.gov.it), contenente i passi da seguire, le risposte ai quesiti più ricorrenti, le date da ricordare e i canali di assistenza disponibili che – spiega l’Agenzia – in vista della partenza dell’operazione precompilata, saranno potenziati. / 04 ancora FISCO Esclusa la presentazione “diretta” della dichiarazione congiunta La dichiarazione integrativa può essere presentata direttamente solo per correggere i dati del sostituto d’imposta / Massimo NEGRO Se i coniugi hanno presentato il modello 730/2014 in forma congiunta, la circolare n. 11 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce che: - saranno predisposte due distinte dichiarazioni precompilate, una per ciascun coniuge che abbia i requisiti per rientrare nella platea dei destinatari della dichiarazione precompilata; - se i coniugi intendono presentare la dichiarazione precompilata in forma congiunta devono rivolgersi al sostituto d’imposta che presta assistenza fiscale, ad un professionista abilitato o ad un CAF. Nel 2015, infatti, in relazione al primo anno di avvio sperimentale della nuova disciplina, non è consentita la presentazione della dichiarazione precompilata in forma congiunta direttamente in via telematica all’Agenzia delle Entrate. Nel caso di presentazione della dichiarazione in forma congiunta, la dichiarazione si considera sempre “modificata”, in quanto il prospetto di liquidazione finale è certamente variato rispetto a quelli relativi alle dichiarazioni dei singoli coniugi. Viene inoltre chiarito che il contribuente non può presentare direttamente una dichiarazione integrativa, salvo il caso in cui l’Agenzia delle Entrate non riesca a comunicare al sostituto d’imposta il risultato contabile per l’effettuazione dei conguagli (modello 730-4). In tal caso il contribuente può presentare un modello 730 integrativo utilizzando le funzionalità disponibili nel sito dell’Agenzia, con la possibilità di modificare esclusivamente i dati del sostituto d’imposta ovvero di indicare la sua assenza, con gli effetti previsti per i contribuenti senza sostituto d’imposta (versamento diretto degli importi dovuti o indicazione del conto corrente su cui accreditare il rimborso). Negli altri casi, il contribuente che voglia presentare una dichiarazione integrativa deve sempre rivolgersi ad un professionista abilitato o ad un CAF. La dichiarazione precompilata non viene predisposta se, con riferimento all’anno d’imposta 2013, il contribuente ha presentato dichiarazioni correttive nei termini o integrative, per le quali, al momento della elaborazione della dichiarazione precompilata, è ancora in corso l’attività di liquidazione automatizzata ai sensi dell’art. 36-bis del DPR 600/73. Al riguardo, l’Agenzia precisa che, poiché il contribuente e gli intermediari non sono in grado di conoscere se è stata completata l’attività di liquidazione automatizzata della dichiarazione, gli intermediari devono acquisire la delega del / EUTEKNEINFO / MARTEDÌ, 24 MARZO 2015 contribuente ed effettuare la richiesta della dichiarazione precompilata alla stessa Agenzia. Qualora la dichiarazione precompilata non sia stata elaborata, tale circostanza viene comunicata al soggetto che ha effettuato la richiesta. Nel caso in cui la dichiarazione precompilata sia presentata, con o senza modifiche, ad un professionista abilitato o ad un CAF: - il controllo documentale si effettua nei confronti del professionista o del CAF che ha apposto il visto di conformità sulla dichiarazione, ed è esteso anche ai dati relativi agli oneri indicati nella dichiarazione precompilata forniti dai soggetti terzi (interessi passivi, premi assicurativi e contributi previdenziali obbligatori); - non si applica il controllo preventivo sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso superiore a 4.000 euro, anche determinato da eccedenze d’imposta. Nel caso di dichiarazione presentata direttamente dal contribuente o tramite il sostituto d’imposta che presta assistenza fiscale e accettata senza modifiche, l’esclusione dal controllo formale opera esclusivamente con riferimento ai suddetti oneri forniti dai soggetti terzi; il controllo formale potrà riguardare, invece, i dati comunicati dai sostituti d’imposta mediante la Certificazione Unica. La verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi per fruire delle diverse agevolazioni fiscali è invece sempre effettuata nei confronti del contribuente, a prescindere dall’accettazione o modifica della dichiarazione precompilata e dalla modalità di presentazione della stessa. Si tratta, ad esempio della: - destinazione dell’immobile acquistato ad abitazione principale nei termini previsti dalla norma, ai fini della detrazione degli interessi passivi derivanti da un contratto di mutuo; - sussistenza delle condizioni previste dall’art. 3 della L. 104/92 per il riconoscimento della condizione di portatore di handicap per il contribuente e per i familiari a carico, risultanti dalla documentazione sanitaria rilasciata dagli organi abilitati all’accertamento dell’invalidità; - tipologia di intervento di ristrutturazione edilizia e della data di inizio lavori, nelle ipotesi in cui la normativa edilizia vigente non preveda alcun titolo abilitativo per la realizzazione di interventi comunque agevolati dalla normativa fiscale. / 05 ancora CONTABILITÀ I contributi in conto esercizio riducono le rimanenze di magazzino Per il nuovo OIC 13, i contributi in conto esercizio relativi all’acquisto di rimanenze vanno portati in deduzione del costo di acquisto dei materiali / Fabrizio BAVA e Alain DEVALLE Secondo il documento OIC 13, “ai fini della valutazione delle rimanenze, i contributi in conto esercizio acquisiti a titolo definitivo sono portati in deduzione al costo di acquisto dei materiali. In questo modo, la valutazione delle rimanenze permette di sospendere i costi effettivamente sostenuti, ossia al netto dei contributi ricevuti”. Si tratta della principale novità del nuovo principio contabile, da adottare nei bilanci 2014. Per giungere a tale risultato nel Conto economico, occorre analizzare il trattamento contabile dei seguenti componenti di reddito: contributi in conto esercizio, costi di acquisto e variazione delle rimanenze. L’OIC stabilisce che la classificazione in Conto economico deve essere la seguente: - i contributi in conto esercizio devono essere indicati separatamente nella voce “A.5 - Altri ricavi e proventi”, in linea con quanto espressamente previsto dall’art. 2425 c.c.; - i costi sostenuti per gli acquisti di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci sono rilevati tra i costi di produzione, alla voce B.6, al lordo dei contributi in conto esercizio ricevuti per tali acquisti; - la variazione delle rimanenze di materie prime, semilavorati e prodotti finiti è indicata nelle voci “B.11 - Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci” o “A.2 - Variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti”, al netto dei contributi ricevuti. Si ipotizzi un’impresa che ha acquistato materie prime per 500.000 euro e riceve 35.000 euro di contributi in conto esercizio. Il valore finale delle rimanenze di materie prime è pari a 150.000 euro. Il valore da iscrivere nelle rimanenze di magazzino è pari a 115.000 euro, ottenuto sottraendo a 150.000 euro il / EUTEKNEINFO / MARTEDÌ, 24 MARZO 2015 contributo di 35.000 euro. L’OIC 13 disciplina anche il trattamento contabile degli oneri finanziari, specificando che, in genere, gli oneri finanziari non devono essere considerati nella determinazione del costo delle rimanenze, in quanto “sono esclusi sia dal concetto di prezzo effettivo d’acquisto, sia da quello di oneri accessori”. Il principio contabile disciplina però anche i casi in cui è possibile capitalizzare gli oneri finanziari, che devono essere riferiti “a beni che richiedono un periodo di produzione (ad esempio, per la maturazione o l’invecchiamento) significativo” e rinvia al nuovo OIC 16 (Immobilizzazioni materiali) per quanto riguarda l’individuazione degli interessi passivi capitalizzabili. Periodo di produzione significativo per capitalizzare gli oneri finanziari In particolare, per poter capitalizzare gli oneri finanziari: - deve trattarsi di oneri finanziari effettivamente corrisposti, determinati in maniera oggettiva. Tali oneri finanziari devono essere considerati al netto di eventuali proventi finanziari percepiti dall’impresa a fronte di un ipotetico investimento temporaneo dei medesimi fondi; - il periodo di maturazione degli interessi passivi è esclusivamente quello di produzione, che, per essere considerabile, deve essere significativo. Inoltre, l’OIC 13 precisa che gli oneri finanziari capitalizzati, unitamente al costo delle rimanenze, non possono superare il valore di realizzazione del bene. L’OIC 13 stabilisce, infine, che se l’impresa decide di capitalizzare gli oneri finanziari “la scelta ... è applicata in modo costante nel tempo”. / 06 ancora LAVORO & PREVIDENZA Non vale la notifica al curatore per ritenute previdenziali non versate Secondo la Suprema Corte, tale modalità non è valida ai fini della decorrenza dei 3 mesi concessi per provvedere alla regolarizzazione del debito / Francesca TOSCO In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali, la notifica dell’avviso di accertamento effettuata dall’Istituto previdenziale a mani del curatore fallimentare – che non abbia poi provveduto ad informarne il diretto interessato – non può ritenersi valida ai fini della decorrenza del termine di 3 mesi concesso per provvedere alla regolarizzazione del debito contributivo e rendere operante la causa di non punibilità del reato prevista dall’art. 2, commi 1-bis ss. del DL 463/1983. È questo il principio affermato nella sentenza n. 12011 di ieri, 23 marzo 2015, dalla Corte di Cassazione. Tale sentenza – scaturente dal ricorso avverso la condanna pronunciata dalla Corte d’Appello nei confronti del legale rappresentante di una società fallita – non rileva sotto il profilo della rilevanza del sopravvenuto fallimento ai fini della punibilità, o meno, del datore di lavoro che non abbia provveduto ad accantonare le risorse necessarie per pagare le ritenute, bensì in quanto aggiunge un ulteriore tassello alla già folta casistica giurisprudenziale sulle modalità da seguire per rendere edotto il datore di lavoro dell’avvenuto accertamento dell’illecito nei suoi confronti, onde consentirgli di beneficiare dei 3 mesi di tempo concessi per versare il dovuto e non incorrere in sanzioni penali. La norma citata punisce, infatti, il comportamento del datore di lavoro che non versi le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti con la reclusione fino a 3 anni e la multa fino a 1.033 euro, aggiungendo, tuttavia, che il datore stesso “non è punibile se provvede al versamento entro il termine di 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione. La denuncia di reato è presentata o trasmessa senza ritardo dopo il versamento ... ovvero decorso inutilmente il termine ivi previsto”. Nel caso di specie, la Corte territoriale, nella sentenza di condanna, si era soffermata sull’irrilevanza scriminante della sopravvenuta dichiarazione di fallimento della società (cfr. Cass. 19574/2014) e sulla possibilità, per l’imputato, di provvedere ugualmente al versamento. Aveva, invece, completamente trascurato di considerare la doglianza concernente l’omessa notificazione della contestazione all’imputato, mai venuto a conoscenza della stessa, in quanto fatta al curatore. Il ricorrente in secondo grado lamentava, in particolare, che, essendo la responsabilità penale personale, la notificazione avrebbe dovuto avvenire al suo domicilio, non potendo, per contro, ritenersi idonea né quella fatta al curatore, né quella effettuata presso la sede della società / EUTEKNEINFO / MARTEDÌ, 24 MARZO 2015 fallita. In linea con tale impostazione, la questione viene considerata, anche dalla Cassazione, decisiva e meritevole di approfondimento. È vero, infatti, che, secondo un consolidato orientamento, ai fini del computo del termine trimestrale assegnato al datore per versare i contributi dovuti e rendere operante la causa di non punibilità, la comunicazione dell’avviso INPS non richiede particolari formalità. È, tuttavia, comunque necessario, in base al medesimo indirizzo, che venga fornita la prova dell’“effettiva sicura conoscenza, da parte del contravventore, dell’accertamento previdenziale svolto nei suoi confronti”. Inoltre – si aggiunge – ai fini in esame, non può ritenersi validamente effettuata dall’Istituto di previdenza la notifica dell’avvenuto accertamento delle violazioni a mani del curatore fallimentare. Come già rilevato dalla richiamata sentenza n. 42541/2014, infatti, tale figura, “se può validamente sostituirsi al responsabile dell’azienda per gli adempimenti di tipo societario ed amministrativi gravanti su di essa, di certo non può costituire valido destinatario di un avviso il cui inadempimento prelude ad una responsabilità di tipo penale e, come tale, personale”. È indubbio che – alla luce di quanto sopra affermato circa la non necessità di formalità particolari per la notifica in discorso – questa, anche se fatta al curatore, avrebbe potuto essere considerata valida qualora fosse stato accertato che il diretto interessato era stato, comunque, effettivamente avvisato della sopraggiunta contestazione dal curatore stesso o da chi per lui. Di ciò, però, non c’era traccia negli atti. Da qui la necessaria conclusione nel senso dell’annullamento della decisione impugnata, con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo esame che tenga conto anche del rilievo – trascurato dalla predetta decisione – circa la mancata notifica della contestazione all’imputato, considerando, altresì, la possibilità – confermata dalle stesse Sezioni Unite – di ritenere equipollente rispetto alla notifica dell’avvenuto accertamento delle violazioni il decreto di citazione a giudizio, purché lo stesso contenga gli elementi essenziali dell’avviso di accertamento, costituiti dall’indicazione del periodo di omesso versamento e del relativo importo, dall’indicazione della sede INPS presso cui effettuare il versamento entro i 3 mesi assegnati dalla legge e dall’avviso che ciò consente di godere della non punibilità (Cass. SS.UU. n. 1855/2012, Cass. nn. 38031/2013, 968/2015). / 07 ancora PROFESSIONI Sanzioni per gli studi senza POS, il CNDCEC: “Prima il credito d’imposta” I commercialisti non si oppongono, ma chiedono pene più eque e risparmi di spesa per l’installazione e l’utilizzo dello strumento elettronico / Savino GALLO Nessuna “barricata” sull’introduzione delle sanzioni, purché siano eque rispetto al tipo di violazione commessa e, soprattutto, precedute da un credito d’imposta in favore dei professionisti. È questa la posizione del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili in merito al possibile arrivo di pesanti sanzioni per i professionisti che non hanno ancora proceduto all’installazione del POS. Il Point of sale è divenuto obbligatorio, per tutti coloro che svolgono attività di vendita di prodotti o prestazione di servizi, a partire allo scorso 30 giugno 2014, ma la norma che lo ha introdotto (art. 15 comma 4 del DL n. 179/2012, come modificato dall’art. 9 comma 15-bis del DL n. 150/2013) non prevedeva sanzioni in caso di inadempimento. Va da sé che l’obbligo, anche per i costi non proprio esigui dell’operazione, sia rimasto in larga misura inosservato. Così, alcuni Senatori in quota Ncd-Udc (Aiello, Gentile, Bilardi, Di Giacomo) hanno provato a colmare la lacuna, presentando un progetto di legge (S. 1747) recante “Disposizioni relative all’obbligo per i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, di dotarsi di adeguati strumenti di pagamento elettronici per pagamenti superiori ai 30 euro” (si veda “Possibili pesanti sanzioni per chi non rispetta l’obbligo di POS” del 5 marzo). Il Ddl., assegnato la scorsa settimana alla Commissione Finanze di Palazzo Madama, prevede una sanzione amministrativa di 500 euro per tutti coloro che non hanno ancora installato il POS, con l’obbligo di adeguarsi entro 30 giorni. Il soggetto sanzionato dovrà poi comunicare, entro 60 giorni dalla notifica, l’avvenuto adeguamento, pena l’irrogazione di una ulteriore sanzione amministrativa (trascorsi ulteriori 30 giorni), questa volta pari al doppio di quella già comminata (mille euro). Qualora nemmeno il secondo “avvertimento” dovesse bastare, la Guardia di Finanza avrà la facoltà di sospendere l’attività professionale, fino al completo adeguamento alla / EUTEKNEINFO / MARTEDÌ, 24 MARZO 2015 normativa vigente. Un quadro sanzionatorio che i commercialisti definisco abnorme: “Pur avendo riserve sul provvedimento – commenta il Vicepresidente del CNDCEC, Davide Di Russo –, non facemmo a suo tempo le barricate contro l’obbligatorietà del POS negli studi professionali e oggi non siamo pregiudizialmente contrari, in linea di principio, alla previsione di talune sanzioni. Ciò che ci pare inaccettabile del disegno di legge in discussione al Senato è l’ammontare abnorme delle sanzioni ipotizzate e l’idea di sospendere addirittura l’attività dei professionisti che non dovessero mettersi in regola”. Più in generale, aggiunge Di Russo, è “grave” che si continui ad “ignorare il tema dei costi per gli studi professionali. Se proprio si vuol parlare di sanzioni, che lo si faccia almeno solo dopo aver introdotto quel credito d’imposta che i commercialisti chiedono da tempo, per alleggerire il peso economico di una operazione che ricade totalmente ed indiscriminatamente sugli studi dei professionisti italiani”. In realtà, il disegno di legge prevede anche un’agevolazione fiscale per coloro i quali si metteranno in regola, consistente nella “detrazione dall’imponibile reddituale” del costo percentuale di ogni transazione eseguita tramite strumenti elettronici di pagamento. La formulazione della norma è però davvero imprecisa al punto che, come sottolinea il Vicepresidente dei commercialisti, non sembra si possa parlare di “un’agevolazione fiscale, per il semplice motivo che si tratta di costi inerenti all’attività professionale e, quindi, ovviamente deducibili”. Insomma, per far digerire ai commercialisti l’introduzione di un obbligo che produce “vantaggi solo per il sistema bancario”, bisognerà fare molto di più. Non solo dal lato delle sanzioni, da rendere più congrue al tipo di violazione commessa, ma soprattutto da quello del risparmio di spesa, in modo da venire incontro alle esigenze di un comparto che subisce ancora oggi gli effetti della crisi economica. / 08 ancora FISCO Niente disclosure agevolata se l’accordo “ante 2015” non è in vigore Secondo la circolare 10/2015, per gli Stati legati all’Italia da accordi firmati sino al 31 dicembre 2014 le sanzioni minime da RW rimangono pari al 6% / Gianluca ODETTO Nella circolare n. 10 del 13 marzo 2015, che ha fornito i primi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sulla procedura di voluntary disclosure, è stato ristretto con modalità che potrebbero risultare non coerenti con lo spirito della legge l’ambito degli Stati o territori con riferimento ai quali è possibile accedere alla regolarizzazione a condizioni maggiormente favorevoli (sanzioni da RW nella misura del 3% e ordinari termini di accertamento sia per le imposte sui redditi, sia per il monitoraggio fiscale). In linea generale, tali benefici sono garantiti se le attività erano o sono detenute in Stati o territori inclusi nelle black list di cui al DM 4 maggio 1999 e al DM 21 novembre 2001 e che hanno stipulato con l’Italia entro il 2 marzo 2015 un accordo per lo scambio di informazioni conforme al modello OCSE, anche su elementi riconducibili al periodo intercorrente tra la data di stipulazione e quella di entrata in vigore dell’accordo (si tratta della Svizzera, del Liechtenstein e del Principato di Monaco). Negli ultimi anni il processo di apertura di molte giurisdizioni è andato molto avanti, e ciò si è tradotto nella sottoscrizione, da parte dell’Italia, tra il 2011 e il 2013 di più accordi per lo scambio di informazioni (sotto la forma di Tax Information Exchange Agreement, TIEA) con Stati e territori generalmente associati alla “opacità” finanziaria (Bermuda, Gibilterra, Guernsey, Isole Cayman, Isole Cook, Isola di Man, Jersey, accordi tutti conformi all’art. 26 del modello OCSE tranne quello con Man, in attesa di “certificazione” da parte dell’organismo di Parigi), sicché ci si pone il problema della possibile applicabilità anche alle attività detenute in questi territori della disclosure con dimezzamento sia delle sanzioni, sia del periodo di accertamento. L’impostazione assunta dall’Agenzia delle Entrate nel § 6.1 della circolare è di segno negativo: si legge, infatti, che questi effetti “premiali” si estendono agli Stati o territori che fanno parte delle black list ma per i quali sussistono accordi per lo scambio di informazioni conformi all’art. 26 del modello OCSE vigenti al 1° gennaio 2015 e che prevedono la possibilità di scambiarsi i dati almeno da tale data (diversamente, se gli accordi sono stati firmati tra il 1° gennaio 2015 e il 2 marzo 2015, la disclosure agevolata è subordinata solo alla sottoscrizione degli accordi, e non alla loro entrata in vigore). Coerentemente con questa impostazione, nell’allegato 1 alla circolare viene evidenziato che, tra gli Stati tuttora appartenenti alle black list, solo Singapore rientra in questi parametri (oltre, naturalmente, a Svizzera, Liechtenstein e / EUTEKNEINFO / MARTEDÌ, 24 MARZO 2015 Monaco), in quanto il Protocollo modificativo della Convenzione, ratificato con la L. n. 157/2012, è già entrato in vigore. La situazione dei TIEA sopra indicati è differente. Uno solo risulta pienamente efficace: si tratta del TIEA con Jersey, per il quale è intervenuta sia la ratifica da parte dell’Italia (con L. n. 158 del 17 ottobre 2014), sia lo scambio degli strumenti di ratifica (reso noto con il comunicato del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale del 17 febbraio 2015, che ne ha fissato nel 26 gennaio 2015 la data di efficacia, coincidente con quella in cui è avvenuto lo scambio degli strumenti di ratifica); per altri quattro TIEA (accordi con Gibilterra, Isole Cook, Isola di Man e Guernsey) è intervenuta la ratifica da parte dell’Italia (rispettivamente con L. n. 157 del 17 ottobre 2014, con L. n. 187 del 3 dicembre 2014, con L. n. 12 del 10 febbraio 2015 e con L. n. 16 del 10 febbraio 2015), ma non risulta ancora effettuato lo scambio degli strumenti di ratifica; per i rimanenti accordi (con Bermuda e Isole Cayman) l’accordo è solo stato sottoscritto, ma non è ancora intervenuta la ratifica. Prevalgono esigenze di cautela dell’Agenzia In questo contesto, nella circolare si è attribuito agli accordi sottoscritti in data anteriore al 1° gennaio 2015 un trattamento differente rispetto a quelli con Svizzera, Liechtenstein e Monaco. Si può ipotizzare che ciò possa derivare da esigenze di cautela dell’Agenzia; nella L. 186/2014 la disclosure agevolata è condizionata alla firma di accordi che consentono lo scambio “anche su elementi riconducibili al periodo intercorrente tra la data di stipulazione e quella di entrata in vigore dell’accordo”, e ciò è effettivamente avvenuto con i tre accordi sopra indicati: prendendo ad esempio la Svizzera, una volta che l’accordo sarà efficace l’Italia avrà pieni poteri per richiedere dati riferiti a consistenze esistenti in loco dal 23 febbraio 2015 in avanti. Ciò non è invece possibile nei sette accordi in precedenza menzionati, nei quali i periodi d’imposta coperti sono quelli che decorrono dalla data di efficacia dell’accordo; il rischio che potrebbe correre l’Amministrazione concedendo la disclosure agevolata anche nei confronti di questi Stati pare, quindi, essere quello di dover effettuare in ritardo, o di non poter effettuare per nulla, le richieste finalizzate a riscontrare la veridicità delle informazioni contenute nella relazione (quello che, nel testo della circolare, viene definito “monito/ 09 ancora raggio rafforzato”), se per qualsiasi caso il procedimento legato all’entrata in vigore di questi accordi venisse ritardato (ad esempio, per lungaggini connesse alla ratifica da parte dell’altro Stato), o addirittura non andasse a buon fine (se l’altro Stato non procedesse proprio alla ratifica, situazione certamente patologica ma già occorsa in passato per alcune Convenzioni). Va però detto che l’impostazione dell’Agenzia contiene veri e propri paradossi: prendendo ad esempio il caso di Jersey, si è in presenza di un accordo già in vigore dal 26 gennaio 2015 (l’Italia, volendo, potrebbe già oggi avanzare richieste all’isola), ma che non era tale al 1° gennaio 2015; applicando alla lettera i principi della circolare, si dovrebbero adotta- / EUTEKNEINFO / MARTEDÌ, 24 MARZO 2015 re i criteri ordinari, con sanzioni minime da RW al 6% e dieci annualità da regolarizzare, quando l’Italia ha già oggi la certezza che le procedure di scambio di informazioni potranno partire. Se l’Agenzia delle Entrate non vorrà riconsiderare in toto tale posizione, un compromesso potrebbe essere quello di permettere la disclosure agevolata quanto meno per le attività detenute in territori per i quali, alla data di perfezionamento della procedura, gli accordi per lo scambio di informazioni siano in vigore, anche se a tali fini si è vincolati al comportamento degli altri Stati in merito alla ratifica e, in caso positivo, alla velocità delle procedure amministrative di scambio delle ratifiche. / 10 ancora FISCO Al via il credito d’imposta per la digitalizzazione delle strutture ricettive Il decreto attuativo prevede che a breve saranno rese note le modalità telematiche per la presentazione delle istanze / Pamela ALBERTI Con decreto datato 12 febbraio 2015, pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale n. 68, sono state individuate le disposizioni applicative per l’attribuzione del credito d’imposta per la digitalizzazione degli operatori turistici di cui all’art. 9 del DL 83/2014. Il decreto definisce le tipologie di spese eleggibili, le procedure per la loro ammissione al beneficio, le soglie massime di spesa eleggibile per singola voce di spesa sostenuta, nonché le procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo dei crediti d’imposta. Con riferimento ai soggetti beneficiari, l’agevolazione per la digitalizzazione è riconosciuta agli esercizi ricettivi singoli o aggregati, con servizi extra-ricettivi o ancillari. Per “esercizio ricettivo singolo” s’intende la struttura, organizzata in forma imprenditoriale, riconducibile alla tipologia della “struttura alberghiera” (alberghi, villaggi albergo, residenze turistico-alberghiere, alberghi diffusi, condhotel, marina resort, nonché quelle individuate da specifiche leggi regionali) e della “struttura extra-alberghiera” (affittacamere, ostelli per la gioventù, case e appartamenti per vacanze, residence, case per ferie, bed&breakfast, rifugi montani, nonché le strutture individuati come tali da specifiche leggi regionali). Il decreto dispone che per “esercizio ricettivo aggregato con servizi extra-ricettivi o ancillari” s’intende l’aggregazione, nella forma di consorzio, di reti d’impresa, delle ATI e organismi o enti similari, di un esercizio ricettivo singolo con soggetti che forniscano servizi accessori alla ricettività (es. ristorazione, trasporto, prenotazione, promozione, commercializzazione, accoglienza turistica e attività analoghe). L’agevolazione spetta anche alle agenzie di viaggi e ai tour operator che applicano lo studio di settore approvato con DM 28 dicembre 2012 e che risultino appartenenti al cluster 10, Agenzie intermediarie specializzate in turismo incoming, o al cluster 11, Agenzie specializzate in turismo incoming di cui all’allegato 15 del suddetto DM. Tali esercizi ricettivi possono beneficiare del credito d’imposta sempre che svolgano in via non occasionale le attività di cui alla divisione 55 (alloggio) della classificazione delle attività economiche ATECO 2007. Resta fermo che, in caso di aggregazione, destinatario dell’agevolazione fiscale è l’esercizio ricettivo singolo. Il credito d’imposta, riconosciuto per gli anni 2014, 2015 e 2016, è pari al 30% dei costi agevolabili sostenuti per gli in- / EUTEKNEINFO / MARTEDÌ, 24 MARZO 2015 vestimenti e le attività di sviluppo, con esclusione dei costi relativi all’intermediazione commerciale. Le spese agevolabili, riportate nella tabella in calce al presente articolo, sono eleggibili al 100%, ma l’importo totale di tali spese non può superare l’importo di 41.666 euro per ciascun beneficiario, al fine di rispettare il limite massimo del credito d’imposta pari a 12.500 euro. Le spese si considerano sostenute ai sensi dell’art. 109 del TUIR; l’effettività del sostenimento deve risultare da apposita dichiarazione rilasciata dal presidente del Collegio sindacale, ovvero da un revisore legale iscritto nel registro, o da un dottore commercialista o esperto contabile iscritto all’albo, o da un consulente del lavoro, ovvero dal responsabile del CAF. Il credito d’imposta è alternativo e non cumulabile, in relazione a medesime voci di spesa, con altre agevolazioni di natura fiscale. Modalità di accesso in stand by Quanto alla procedura per accedere all’agevolazione, le imprese interessate devono presentare al Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo apposita domanda per il riconoscimento del credito d’imposta, con modalità telematiche di prossima definizione. Per le spese sostenute nel 2014, l’istanza deve essere presentata entro 60 giorni dalla definizione delle suddette modalità telematiche; successivamente, l’istanza dovrà essere presentata dal 1° gennaio al 28° febbraio dell’anno successivo a quello di effettuazione delle spese. Nella domanda, sottoscritta dal legale rappresentante, dovrà essere specificato il costo complessivo degli interventi e l’ammontare totale delle spese eleggibili, l’attestazione di effettività delle spese sostenute, nonché l’ammontare del credito d’imposta spettante. Entro 60 giorni dal termine finale di presentazione delle domande, il Ministero comunica all’impresa il riconoscimento e l’importo del relativo credito ovvero il diniego dell’agevolazione. Le risorse sono assegnate secondo l’ordine cronologico di presentazione delle domande. Il credito d’imposta, riconosciuto dal Ministero, è ripartito in tre quote annuali di pari importo ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione mediante F24 ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/97. / 11 ancora Categorie di spese Spese per impianti wi-fi, eleggibili a condizione che l’esercizio ricettivo metta a disposizione dei propri clienti un servizio gratuito di velocità di connessione pari ad almeno 1 Megabit/s in download Spese per siti web ottimizzati per il sistema mobile Spese per programmi e sistemi informatici per la vendita diretta di servizi e pernottamenti, purché in grado di garantire gli standard di interoperabilità necessari all’integrazione con siti e portali di promozione pubblici e privati e di favorire l’integrazione tra servizi ricettivi ed extra-ricettivi Spese per spazi e pubblicità per la promozione e commercializzazione di servizi e pernottamenti turistici sui siti e piattaforme informatiche specializzate, anche gestite da tour operator e agenzie di viaggio Spese per servizi di consulenza per la comunicazione e il marketing digitale Spese per strumenti per la promozione digitale di proposte e offerte innovative in tema di inclusione e di ospitalità per persone con disabilità Spese per servizi relativi alla formazione del titolare o del personale dipendente / EUTEKNEINFO / MARTEDÌ, 24 MARZO 2015 Spese agevolabili - Acquisto e installazione di modem/router; - Dotazione hardware per la ricezione del servizio mobile terrestre (antenne terrestri, parabole, ripetitori di segnale) Acquisto di software e applicazioni - Acquisto software; - Acquisto hardware (server, hard disk) Contratto di fornitura spazi web e pubblicità online Contratto di fornitura di prestazioni e di servizi - Contratto di fornitura di prestazioni e di servizi; - Acquisto software Contratto di fornitura di prestazioni e di servizi (docenza e tutoraggio) / 12 ancora IMPRESA Senza organizzazione, l’amministratore di diritto rischia la bancarotta Per la Cassazione, il non avere adottato un’organizzazione idonea vale a imputare la fattispecie anche dal punto di vista dell’elemento soggettivo / Maurizio MEOLI Risponde di bancarotta fraudolenta per distrazione, ex artt. 223 e 216 comma 1 n. 1 del RD 267/42, l’amministratore che, seppure entrato in carica pochi giorni prima della dichiarazione di fallimento, non si sia dotato di un’organizzazione idonea a garantire gli interessi che ha l’obbligo di tutelare, consentendo in tal modo ad altri la lesione dei medesimi attraverso condotte distrattive (per il tramite, nella specie, di vendite simulate). Sono queste le rigorose conclusioni cui perviene la Corte di Cassazione nella sentenza n. 12184 depositata ieri. Decisione che non appare condivisibile nei passaggi dedicati al profilo psicologico della fattispecie. Da un punto di vista generale, l’amministratore di una società è titolare della c.d. posizione di garanzia, nel senso che su di lui incombe, ex art. 40 comma 2 c.p., l’obbligo giuridico di impedire l’evento di danno cagionato da una condotta, costituente reato, altrui. La posizione di garanzia richiede che: un bene giuridico necessiti di protezione, poiché il titolare da solo non è in grado di proteggerlo; una fonte giuridica abbia la finalità di tutelarlo; l’obbligo gravi su soggetti specificamente individuati; tali soggetti siano dotati di poteri atti ad impedire la lesione del bene garantito. Quanto agli amministratori, la posizione di garanzia trova la propria fonte normativa nell’art. 2392 c.c., secondo il quale sussiste la responsabilità degli amministratori quando non hanno fatto quanto potevano per impedire il compimento di fatti pregiudizievoli (fonte ritenuta insufficiente da Cass. n. 42519/2012). È evidente, prosegue la Suprema Corte, che anche gli interessi tutelati dalle norme penali fallimentari sono compresi tra quelli affidati alle cure degli amministratori. Per tale ragione l’amministratore di diritto risponde non solo delle condotte distrattive proprie, ma anche degli atti pregiudizievoli perpetrati da altri amministratori (di diritto o di fatto), non avendo adempiuto al dovere di vigilanza e di attivazione per impedirli (cfr. Cass. n. 36764/2006). Quindi, tale responsabilità sussiste non già ed esclusivamente in virtù della posizione formale rivestita dall’amministratore di diritto, ma in ragione della sua condotta omissiva, consistente nel non avere impedito l’evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire ovvero nel mancato esercizio dei poteri di controllo sull’operato anche di terzi, ingeritisi di fatto nell’amministrazione (cfr. Cass. n. 44826/2014). Quanto all’elemento soggettivo, si ricorda, innanzitutto, come sia reputata sufficiente la generica consapevolezza dell’amministratore di diritto che l’amministratore di fatto / EUTEKNEINFO / MARTEDÌ, 24 MARZO 2015 compia una delle condotte indicate nella norma incriminatrice, senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi delittuosi. Può rilevare, infatti, sia il dolo diretto che il dolo eventuale, rilevabile, eventualmente, dall’omesso controllo sulla tenuta delle scritture, che dimostra la rinuncia a porre in essere quelle attività idonee a prevenire il pericolo di distrazioni e, di conseguenza, l’accettazione del rischio che esse possano verificarsi (cfr. Cass. nn. 37305/2013 e 25432/2012). Tutto ciò viene proiettato sul caso di specie. Si sottolinea, quindi, l’importanza dei poteri-doveri di vigilanza che l’amministratore di diritto ha sulle attività poste in essere da tutti coloro che, in via di diritto o di fatto, agiscano per conto della società. Nel caso in cui lo stesso non possa controllare o vigilare personalmente tutte le attività della società, deve dotarsi di un’organizzazione idonea non solo al raggiungimento degli scopi sociali, ma anche ad impedire che vengano posti in essere atti di grave pregiudizio a soci, creditori e terzi. Allora, la responsabilità dell’amministratore è ravvisabile non soltanto quando, a conoscenza di un atto pregiudizievole, non si attivi per impedire l’evento, ma anche quando non si sia dotato di un’organizzazione idonea a garantire gli interessi che ha l’obbligo di tutelare, consentendo in tal modo ad altri di lederli. Tali valutazioni sembrano attenere, al momento, alla sola “condotta” dell’amministratore. Sollevano, invece, perplessità le ulteriori precisazioni in tema di elemento psicologico. Si afferma, infatti, che, per l’imputazione soggettiva, più che fare riferimento a concetti non facilmente verificabili, quali quelli ricordati della conoscibilità o della generica consapevolezza delle altrui attività distrattive, l’attenzione va focalizzata sul puntuale dovere di darsi un’organizzazione idonea a prevenire il compimento di atti pregiudizievoli. Nel caso di titolare dell’obbligo di garanzia, cioè, il dolo sarebbe da ravvisare non solo quando lo stesso abbia conoscenza di una condotta distrattiva da altri posta in essere, senza neutralizzarne gli effetti, ma anche quando consapevolmente ometta di dare attuazione, nel senso delineato, agli obblighi di vigilanza e controllo. L’assunto appare eccessivo. Anche nella richiamata sentenza n. 37305/2013 della Cassazione, infatti, ai fini dell’imputazione a titolo di dolo eventuale è richiesta, in via preventiva, in capo all’amministratore di diritto, l’omesso controllo sulla tenuta delle scritture a fronte della consapevolezza di possibili condotte illecite da parte del gestore di fatto. / 13 ancora FISCO Somme da accertamenti “catastali” con F24 dal 1° giugno Con un provvedimento, l’Agenzia ha esteso la modalità di pagamento in caso di notifica di avvisi per inosservanza della normativa catastale / REDAZIONE Dal prossimo 1° giugno, il modello F24 potrà essere utilizzato anche per pagare le somme dovute dal contribuente a seguito di notifica di avviso di accertamento per inosservanza della normativa catastale. L’ha disposto l’Agenzia delle Entrate con il provvedimento n. 41186 di ieri. In merito, si ricorda innanzitutto che, in applicazione di quanto stabilito dall’art. 17 del DLgs. n. 241/97, con decreto 8 novembre 2011 il Ministro dell’Economia ha esteso la modalità di versamento unitario, tra l’altro, al pagamento dei tributi speciali catastali, dei relativi accessori, interessi e sanzioni, nonché al pagamento delle somme comunque dovute per l’inosservanza della normativa catastale da riscuotersi a cura dell’Agenzia delle Entrate. In virtù del DM, con il provvedimento di ieri, quindi, l’Agenzia “consente” di utilizzare, dal 1° giugno, il modello F24, a seguito di notifica di avvisi di accertamento per inosservanza della normativa catastale, prodotti successivamente a tale data, per il pagamento di: - tributi speciali catastali (Titolo III della Tabella A allegata al DL n. 533/54, come modificata, da ultimo, dall’art. 6, comma 5-septies del DL n. 16/2012, conv. L. n. 44/2012); - sanzioni amministrative, irrogate in attuazione delle disposizioni previste nell’ordinamento catastale; - interessi sui tributi speciali catastali; - imposta di bollo correlata ad adempimenti per accertamenti catastali; - recupero spese per volture; / EUTEKNEINFO / MARTEDÌ, 24 MARZO 2015 - spese di notifica di atti catastali; - oneri accessori per operazioni catastali; - altre spese per operazioni catastali. Codici tributo per il pagamento in una successiva risoluzione Resta esclusa la possibilità di utilizzare in compensazione eventuali crediti derivanti dai versamenti eccedenti in relazione alle predette somme, mentre, per il pagamento delle somme correlate al procedimento di attribuzione della rendita presunta, restano ferme le disposizioni contenute nel provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, d’intesa con l’Agenzia del Territorio, del 24 febbraio 2012 (si veda “Versamento con F24 anche dei tributi speciali catastali” del 25 febbraio 2012). Con una successiva risoluzione, l’Agenzia istituirà i codici tributo per il pagamento e le istruzioni per la compilazione del modello. Come si legge nelle motivazioni al provvedimento, in un’ottica di razionalizzazione dei sistemi di pagamento, il sistema del versamento unificato garantisce una maggiore efficienza nella gestione del sistema tributario e, trattandosi di un sistema di pagamento moderno ed efficace, rappresenta un ulteriore progresso verso la semplificazione degli adempimenti fiscali dei contribuenti che già utilizzano il modello F24 per il pagamento di numerosi tributi. / 14 ancora FISCO Bollo sui documenti informatici, ci sono i codici tributo per sanzioni e interessi Sono stati istituiti dall’Agenzia delle Entrate e sono relativi all’imposta di bollo su libri, registri e altri documenti rilevanti ai fini tributari / REDAZIONE Con la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 32 di ieri, 23 marzo 2015, sono stati istituiti i codici tributo “2502” e “2503” con i quali i contribuenti possono versare rispettivamente eventuali sanzioni e interessi ex art. 13 del DLgs. 472/1997 relativi all’imposta di bollo su libri, registri ed altri documenti rilevanti ai fini tributari. Si ricorda che il decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze del 17 giugno 2014 ha disciplinato le modalità di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici e alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto ai sensi dell’art. 21, comma 5 del DLgs. del 7 marzo 2005, n. 82. Il citato decreto del MEF, all’art. 6, prevede che l’imposta di bollo sia “corrisposta mediante versamento nei modi di cui all’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con modalità esclusivamente telematica”. Con risoluzione n. 106/2014 era stato istituito il codice tributo per il versamento dell’imposta di bollo ex art. 6 del DM 17 giugno 2014 (si veda “Pronto il codice tributo per l’imposta di bollo su documenti informatici” del 3 dicembre 2014). Per consentire il versamento invece, mediante il modello F24, delle sanzioni e degli interessi di cui all’art. 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 relativi tale imposta di bollo, la risoluzione in commento ha istituito i già citati codici tributo: - “2502” denominato “Imposta di bollo su libri, registri ed altri documenti rilevanti ai fini tributari - art. 6, decreto 17 giugno 2014 - sanzioni”; - “2503” denominato “Imposta di bollo su libri, registri ed altri documenti rilevanti ai fini tributari - art. 6, decreto 17 giugno 2014 - interessi”. Nella compilazione del modello di versamento F24, i suddetti codici tributo sono esposti nella sezione “Erario” in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, con l’indicazione nel campo “anno di riferimento”, dell’anno d’imposta per cui si effettua il versamento, nel formato “AAAA”. Per il contributo addizionale CIG cambiano le istruzioni dell’F24 L’Agenzia delle Entrate ha inoltre rettificato, con la ris. n. 31 sempre di ieri, la risoluzione n. 24/2015 che istituiva la causale contributo “RCAD” per il versamento, con modello F24, delle somme dovute a titolo di contributo addizionale Cassa integrazione guadagni a seguito dell’attività di recupero (si veda “Pronta la causale contributo per il recupero dell’addizionale CIG” del 5 marzo 2015). A cambiare sono le modalità di compilazione del modello F24. Nel campo “codice sede”, deve essere indicato il codice della sede INPS presso la quale è aperta la posizione contributiva aziendale; nel campo “matricola INPS/codice INPS/filiale azienda”, il codice identificativo dei contributi oggetto di recupero (14 caratteri), come da comunicazione inviata dall’INPS; nel campo “periodo di riferimento”, nelle colonne “da mm/aaaa” e “a mm/aaaa” l’inizio e la fine del periodo cui si riferiscono i contributi oggetto di recupero, nel formato “MM/AAAA”, come da comunicazione inviata dall’INPS. Le modifiche saranno operative dal 25 marzo 2015. Direttore Responsabile: Michela DAMASCO EUTEKNE.INFO È UNA TESTATA REGISTRATA AL TRIBUNALE DI TORINO REG. N. 2/2010 DELL'8 FEBBRAIO 2010 Copyright 2015 © EUTEKNE SpA - Via San Pio V 27 - 10125 TORINO
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