Editoriale L’Expo dei ritardi, qualcuno ne deve rispondere Alla fine l’Expo sarà un successo. Renzi ne è certo e tutti gli italiani non possono che sperare che l’ottimismo del Presidente del consiglio sia confermato dai fatti. Se alla fine dei 6 mesi l’Esposizione universale si chiuderà quasi certamente bene, non si può invece dire (non per fare i disfattisti) che si aprirà secondo quanto ci si aspetterebbe da un Paese moderno e civile. Nonostante gli impegni e le dichiarazioni, è certo che almeno 4 Paesi (fra cui la Cina) apriranno dei padiglioni in ritardo, forse anche di un paio di mesi. Ma quel che è più grave è che ci sono seri problemi (e finora non c’è stata ancora una smentita) per il “cuore” dell’intero sito, il Padiglione Italia, che potrebbe non essere pronto per il 1° maggio. E lo stesso si dice per l’Albero della Vita. Un’eventualità che fa tremare molti Palazzi e che, secondo indiscrezioni, potrebbe portare il presidente Mattarella a disertare la cerimonia di inaugurazione. Pur con tutte le critiche che abbiamo fatto ad un’organizzazione della manifestazione con connivenze criminali, vogliamo restare ottimisti e sperare che lo Stellone ci garantisca il miracolo. Ma se così non fosse, qualcuno dovrà pagare pegno da subito. Certo le responsabilità di questi ritardi sono equamente sparse fra tanti, anche se all’origine ci sono le polemiche furiose per anni fra Formigoni, Moratti e Penati (rispettivamente a capo di Regione Lombardia, Comune e Provincia di Milano) per spartirsi ruoli e poteri decisionali. Impasse che è proseguita anche coi loro successori e relativi partiti e che ha dato spazio alla mafia dei professionisti-dirigenti pubblici (alcuni dei quali in galera) di spartirsi tangenti, incarichi e contratti. Attualmente sembra che l’ondata di arresti e incriminazioni si sia come ibernata (per riprendere a fine manifestazione) per non mettere in forse l’avvio dell’Expo. Una scelta, si sussurra, di “responsabilità” della magistratura milanese. Ormai all’apertura ci siamo, ma ci arriviamo in ritardo nonostante le dichiarazioni ottimistiche dei vari responsabili, a partire da Giuseppe Sala, commissario unico dell’Esposizione, che pure continua imperterrito a dispensare ogni giorno lezioni di ottimismo dai microfoni di Rtl. Se non fosse che almeno sul piano dei contenuti il ministro Maurizio Martina è riuscito, quasi in extremis, a fare uscire l’Expo dalla palude anche di idee in cui era sprofondata, ci sarebbe da essere davvero arrabbiati. E forse anche di più ... Si parla di un piano di emergenza con tecnici al lavoro sugli impianti interni contemporaneamente agli operai che continueranno a lavorare sulle parti esterne del Palazzo Italia, col risultato che, se mai si partirà per tempo, questo avverrà forse senza i necessari collaudi e con arredi che entreranno ad Expo già avviata. Il che per la città del design sembra davvero una farsa. E a questo punto perché la farsa non diventi una tragedia nazionale è giusto che chi ha sbagliato sia chiamato ad assumersene le responsabilità. Noi speriamo che il 1° maggio quel che compete all’Italia sia in perfetta efficienza (i miracoli possono sempre avvenire), ma se così non fosse è doveroso che da oggi ci si prepari al fatto che Sala e la signora Bracco non siano presenti all’inaugurazione e abbiano per tempo rassegnato le loro dimissioni. Poiché la speranza è l’ultima a morire, noi speriamo chiaramente che ci siano e che ci si possa congratulare con loro. Alberto Lupini 30 marzo 2015 www.italiaatavola.net www.giornaledellisola.it - marzo 2015
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