qui - Extramagazine

DAVIDE PALMIOTTO
Settimanale di attualità, politica, cultura ed eventi ANNO IX - N° 16 - 17 aprile 2015 - € 0,50
Il ragazzo del
Forum Music Village
Nato a Taranto, trentaquattro anni fa, sconosciuto ai più,
è tra i tecnici di punta del leggendario studio di registrazione
romano fondato da Ennio Morricone. Lo abbiamo
intervistato in occasione del Record Store Day 2015
I più preferiscono
suonarlo, in pochi
lo raccontano,
solo uno ne sfata
il mito e riporta
alla luce ciò che un
secolo di questo
genere musicale ha
seminato sul
proprio cammino.
Un piccolo miracolo
in zona Franca fatto
da chi di musica
se ne intende
diAntonella Chionna
Marcello Piras
In nome del jazz
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Sangue verde
Xylella, un batterio
divide il Salento
Dopo le proteste dei giorni scorsi,
gli abbattimenti sono stati rimandati, ma le
istituzioni non arretrano. Lo scrittore Erri De Luca:
«Barbarie di Stato contro epidemia curabile»
di Francesca Garrisi
N
on c’è pace per gli ulivi del
Salento e la sua gente. Dopo
che la Xylella fastidiosa ha
aggredito la pianta simbolo di un intero territorio e
punto di riferimento della sua identità,
continua infatti il braccio di ferro con le
istituzioni. Nei giorni scorsi è partito il
“piano Silletti”, dal nome dal Commissario Straordinario, che prevede l’abbattimento delle 22 piante infettate dal batterio. Le prime eradicazioni sono avvenute
a Oria (provincia d Brindisi), dove è stato
localizzato il focolaio dell’epidemia. A
nulla sono valse, in questo caso, le proteste degli ambientalisti presenti sul posto.
La tappa successiva sarebbe dovuta essere Veglie, ma la presenza di un centinaio
di persone tra contadini, attivisti e semplici cittadini ha creato uno schieramento
compatto. Ciò ha spinto la struttura commissariale a rimandare non solo le eradicazioni, ma anche i campionamenti da
parte degli ispettori del Consorzio di difesa delle produzioni intensive. Tuttavia, le
istituzioni non hanno alcun dubbio sulla
necessità degli interventi programmati. Il
ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina e il Governatore della Puglia
Nichi Vendola hanno infatti dichiarato,
quasi all’unisono, che «è necessario agire
tempestivamente contro la Xylella. Basta
all’emotività». Dal canto suo, Silletti è
intervenuto per fare il punto sulla situazione: «stiamo combattendo il batterio
che ha colpito gli ulivi in primis con le
normali
pratiche agricole
come l’aratura dei
terreni; quindi con
la
eradicazione
delle sole piante malate nella
zona di Oria e ancora con due trattamenti di insetticidi convalidati dalle norme
Cee e ampiamente usati anche in Francia, Spagna, Portogallo, che saranno localizzati solo su alcune piante e che non
avranno alcuna conseguenza sulla qualità
dell’aria, dei terreni e persino dell’olio
che si produrrà».
L’opinione pubblica, però, ha una percezione diversa della questione. Sui social
network, infatti, cresce di giorno in giorno il numero di persone che sulle loro bacheche Facebook condividono foto e articoli di attivisti. Perplessità e sconcerto
accomunano salentini e non, e sono state
riassunte efficacemente da un recente
tweet dello scrittore Erri De Luca. «Mille
anni, radici nell’Alto Medioevo, l’olivo
estirpato a Oria. Barbarie di Stato contro
epidemia curabile».
Intanto, si comincia a ventilare l’ipotesi
di un ricorso al Tar, come spiega l’avvocato Francesco Fina. «Credo che il piano
di Silletti possa essere migliorato, soprattutto per ciò che riguarda l’eradicazione
degli alberi. Il lavoro del commissario,
se non nel rispetto dei principi generali, potrebbe essere censurato per eccesso. È possibile salvare tutti quegli ulivi
che non sono scientificamente affetti da Xylella.
Ciò vuol dire
che non trovo
giusto eradicare gli alberi che
semplicemente
presentano sintomi o siano visivamente malati».
CRONACA DI UNO SCEMPIO ANNUNCIATO
Di Titty Battista
Le foto parlano da sè: è stato consumato un atto al quale solo
qualche mese fa nessuno avrebbe mai potuto pensare. Alcuni
secolari alberi di ulivo dell’agro brindisino, colpiti dalla xylella, sono stati
abbattuti tra le proteste, i pianti e la disperazione dei proprietari dell’agro che hanno visto
nell’atto “dovuto” un qualcosa di simile che si verifica nella vita di ogni uomo quando ci si
deve distaccare da un proprio caro. Sì, gli ulivi cancellati dalla geografia agricola di questo
lembo di Puglia chiedono e urlano vendetta e giustizia perchè rappresentavano un patrimonio culturale inestimabile oltre che una fonte di ricchezza. In questi giorni l’olivo si è tramutato da segno di pace in segno di discordia e di polemiche. L’icona della vergine distrutta su
un suo tronco è l’ultima speranza per i poveri contadini così duramente colpiti. Anche se non
la vedranno più, in cuor loro si rivolgeranno alla “vergine degli ulivi” perchè metta la sua
mano e faccia cessare questa tragedia che ha finito per colpire un po’ tutti noi pugliesi.
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controcorrente
ARMENI: GENOCIDIO?
NO, SEMPLICE MASSACRO
di Vito Pietro Corrente
A
bbiamo
appreso pochi giorni fa, per bocca
d e l l ’ i n e ff a b i l e
Ban Ki-moon Segretario Generale delle Nazioni Unite, che lo sterminio
di 1,5 milioni di Armeni avvenuto tra il 1915 ed il 1917 a
opera dei turchi ottomani non
può essere classificato come
“genocidio” ma, per quanto
“spiacevole”, si è trattato solo
di un massacro. E sì, perché
per i diplomatici delle Nazioni Unite, l’Organizzazione internazionale più inutile nella
storia dell’Umanità, la vita
di milioni di uomini, donne e
bambini ha un peso specifico
quantificabile sulla base della loro appartenenza etnica e
inversamente proporzionale
al colore politico e alla forza
economica di coloro che quelle vite distruggono. È sempre
stato così come ci insegnano l’olocausto delle civiltà
pre-colombiane da parte dei
conquistadores, quello perpetrato dagli anglo-francesi
ai danni degli indiani d’America, l’immane tragedia della
deportazione e della schiavitù
di milioni e milioni di nativi
africani nelle colonie del
nord e del sud America.
Ma per venire più vicino a noi, solo nel secolo scorso, lo sterminio
degli Ebrei da parte dei
nazisti può ascriversi
alla definizione di genocidio mentre i milioni di Ebrei, rom ed
altre etnie sterminati
dalle purghe staliniste possono tuttalpiù
essere considerati dei
dolorosi “incidenti di
percorso” sulla via gloriosa
per la vittoria del comunismo. Non sorprende quindi
che Ban Ki-moon, uomo che
spesso in passato si è dichiarato sostenitore della pena di
morte, abbia una considerazione così infima della vita
umana. Forse più sorprendente è il fatto che Papa
Francesco sia stato lasciato
solo, e umiliato dal silenzio assordante delle cancellerie europee, a gridare
forte al mondo l’orrore, a
distanza di 100 anni, per il
crimine aberrante compiu-
to nei confronti degli Armeni,
colpevoli anche e soprattutto
di essere cristiani. Tra coloro
i quali preferiscono girare il
capo dall’altra parte per non
irritare il bellicoso partner
turco, troviamo in prima fila il
governo italiano. Formato da
uomini, e donne, pusillanimi
a cominciare dal primo ministro Renzi al responsabile agli
Esteri Gentiloni, non una sola
voce si è levata a sostenere la
denuncia forte di Francesco
ed a difendere la dignità del
Pontefice dalla vile minaccia
rivoltagli dal premier turco
Erdogan. “Avverto il Papa di
non ripetere questo errore, e
lo condanno” ha affermato
Erdogan, citato da Hurriyet
online. “Quando dirigenti politici, religiosi, assumono il
compito degli storici, ne deriva un delirio, non fatti” ha
aggiunto. “Pensavo che fosse
un politico diverso”. Un politico diverso! La solita, ottusa,
visione islamica che continua
ad identificare il potere temporale, che appartiene alla laicità, con il potere spirituale,
che appartiene alla religione.
Se ancora ve ne fosse bisogno, questo grave episodio ci
dovrebbe spalancare gli occhi
sul grave errore che l’Unione Europea sta commettendo
nel ritenere possibile, ed auspicabile, un ingresso della
Turchia nell’Unione stessa.
In un momento storico di
grande incertezza, di fermenti
integralisti che stanno mettendo in dubbio ed a rischio
la stessa civiltà occidentale, o
quello che di essa ne rimane,
portarsi all’interno dell’organismo europeo la Turchia significherebbe costruire con le
nostre stesse mani il Cavallo
di Troia (e i turchi di questo
ne hanno esperienza diretta!)
che accelererebbe in modo
esponenziale il processo di
islamizzazione dell’Europa.
Extra Magazine Piazza Vittorio Veneto n. 2 - 74015 Martina Franca (TA)
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Taranto 5
Marco di Cesare
Il percorso del musamante
Storia di una passione: lui è un veterinario
che ha deciso di rimettersi a studiare musica
e pubblicare un cd grazie al crowdfunding
di Fabiana Spada
I
n realtà è un veterinario, ma ama
tantissimo la musica, fino alla
composizione del suo primo album “Percorsi”, al quale sta lavorando sia come compositore che
come batterista. L’album che Marco
sogna e al quale sta lavorando, si compone di 9 brani strumentali eseguiti in
varie formazioni, dal trio al sestetto, ed
interpretati fondendo l’eleganza del jazz
alla musicalità mediterranea. L’idea di
Marco è quella di finanziare il suo nuovo progetto attraversi il crowdfunding,
ovvero un processo attraverso il quale è
possibile in rete, finanziare il tutto, Marco ci spiega come.
‹‹Ho 41 anni, comincio a studiare musica a 14 anni e sotto l’influenza di amici
più adulti, mi appassiono fin da subito
al jazz e alla batteria. A 17 entro nella
classe di percussioni del conservatorio
di musica N. Piccinni di Bari. Durante
gli studi musicali mi iscrivo alla facoltà
di Veterinaria sempre di Bari. L’esame
del V anno di conservatorio e la notevole
mole di esami di veterinaria mi sfiancano
e mi mettono di fronte a una importante
scelta: purtroppo la paura mi ha portato
lontano dalla musica per scegliere un percorso accademico e professionale oggettivamente più “sicuro” soggettivamente
ancora non so! Ho continuato a suonare
in maniera amatoriale a singhiozzo fino
al 2001. Poi laurea, matrimonio, primo
figlio, lavoro; sono stato lontano dalla
musica fino al 2008 quando il fermento
musicale di Gabriele, il mio primo figlio,
ha riacceso la mia passione. Ho ripreso a suonare prima con un gruppo pop,
poi con uno swing italiano (Arigliano,
Buscaglione ecc) per poi tornare al jazz
puro con i laboratori di jazz col Maestro
Marcello Rosa e da lì la lenta ripresa della tecnica, il secondo figlio. Giorno per
giorno una lotta continua per cercar di
mettere su mattoncini di lego (cioè i lenti progressi musicali da conciliare con
tutti gli altri me stessi) per costruire un
immenso palazzo. Durante tutto questo,
ho ripreso ad amare la musica vedendo
i sacrifici che Gabriele sta facendo per
studiare musica e l’amore istintivo per la
batteria del piccolo Simone››.
Riesci a conciliare il tuo lavoro
con la tua passione? Hanno qualcosa in comune?
‹‹E’complicatissimo e per trovare il tempo e la forza per studiare devo fare una
vera violenza su di me e sulla mia famiglia che ringrazio per rinunciare a un
po’ di me per permettermi di perseguire
un sogno; 2/3 ore di studio al giorno da
pochi mesi sono pochi per la musica, ma
una infinità per tutto il resto. In realtà
veterinaria e musica non hanno nulla in
comune anche se la musica C’E’ la vita e
i problemi hanno un aspetto migliore››.
Durante la tua vita hai studiato
molto musica, al conservatorio,
master, lezioni private, come hai
fatto a conciliare i tuoi studi, abbastanza duri permettimelo, pari
a medicina, con l’impegno musicale?
‹‹In realtà alla musica ho dedicato molto
meno di quanto si dovrebbe, questo per
rispetto dell’ascoltatore e dei musicisti
compagni di viaggio per l’uscita del mio
primo cd; in questi mesi ho intensificato
lo studio della batteria, anche se la musica non si accontenta mai, è vasta, ti assorbe completamente. Io più che musicista,
per ora sono un musicante non nel senso
dispregiativo ma inteso come fusione tra
le parole musica ed amante, forse dovrei
definirmi musamante, bho?!››.
Quanto è importante per te la musica? E quanto il tuo lavoro?
‹‹Ho dato molto al mio lavoro di veterinario che “purtroppo” mi piace e mi
coinvolge moltissimo intellettualmente
e questo non mi ha aiutato ad andare
totalmente incontro alla musica. La musica invece mi riempie completamente
sul piano sentimentale e realizza il mio
IO più intimo: anche se posso dire che
quando lavoro penso alla musica, quando suono non penso al lavoro. La musica
è per me un bisogno primordiale inspiegabile, è come raccontarsi non con le
parole ma con i sentimenti che momento per momento vivo mentre suono. Mi
piacerebbe che, tra qualche anno (“spe-
ro”), chi ascolta le mia note sulla
batteria dica: “quello strumento
sembra che parli”››.
Parlami dell’album “Percorsi”.
‹‹Percorsi è una raccolta di brani scelti tra vari pezzi che ho
scritto in questi anni che meglio
caratterizzano il mio percorso di
vita. Sono brani legati a momenti
particolari. Il cd non l’ho ancora
realizzato, ho scelto i brani e i musicisti. Tra i musicisti alcuni sono
amici di viaggio ed altri musicisti
professionisti di spessore nazionale ed internazionale, scelti da
me per stimolarmi al massimo e
cercare di avere il massimo della
credibilità e visibilità. Ovviamente tutto ciò ha costi elevati e così
ho pensato al crowdfundig››.
Parlami del progetto
‹‹Il crowdfundig è una raccolta
fondi preventiva, cioè io compilo
il mio progetto (fare il mio cd) lo
contestualizzo (perché, per come,
con chi) e lo pubblico su un sito
che si occupa di questo (io ho
scelto produzionidalbasso) in un
determinato tempo (il mio dura 4
mesi); a questo punto il sito si occupa di raccogliere i fondi di chi
crede nel progetto e partecipa con
delle donazioni affinché possa
realizzarsi. Ovviamente io mi impegno ad inviare una ricompensa
(viene chiamata così nel crowdfindig) che altro non è che il mio
cd non appena sarà prodotto››.
Sei a favore o contro la possibilità di scaricare musica?
Oramai
nessuno
compra più cd, è un
bene o un male?
‹‹Io penso che in Italia
vada tutto al contrario,
la crisi ha contribuito
a inginocchiare un
mercato in cui i nostri
politici non credono.
Sulla cultura si investe
zero. Sì, è vero si scarica molto, ma a chi
non piacerebbe il cimelio, il cd, l’oggetto
artistico. I cd costano
troppo, costa produrli,
stamparli, promuoverli. A me spesso capita di ascoltare
musica per esempio su youtube,
ma lo faccio per capire che cd o
mp3 comprare. In realtà se tutti
fossimo onesti, utilizzeremmo internet per capire se un cd stimola
effettivamente i nostri sentimenti,
il nostro intelletto, insomma piace e quindi lo si compra. Diventerebbe un po’ come tornare nella
natura selvaggia, una specie di
selezione naturale, in cui vengono
comprati i cd che piacciono davvero! Forse è utopia forse eresia
ma mi piace pensarla così!››.
Cosa hai da dire a chi è alle
prime armi come musicista?
‹‹In realtà ho bisogno io di consigli sul mondo professionistico
intendo. Comunque nella musica
ci credo tanto, è il vero linguaggio universale, altro che l’inglese.
L’uomo ha da sempre comunicato
i propri sentimenti, paure ecc con
la musica. Ancora oggi se ci pensi la musica è fondamentale nei
centri commerciali (vengono studiate playlist per far comprare di
più la gente), nella pubblicità, in
ogni programma o film la musica
determina l’unica possibilità di arrivare all’anima delle persone: c’è
musica alle feste, ahimè ai funerali, si fischia per la strada, si canta
sotto la doccia, chiunque ha una
canzone preferita, forse non hanno il libro, il programma, il film
preferito ma la canzone preferita
non manca mai. Ecco perché credo nella musica, perché fa vibrare
corde interne a noi stessi altrimenti silenti!››.
La buona sanità
Domenico Iudici esprime i più sentiti ringraziamenti a tutto il personale medico e paramedico del reparto Cardiologia dell’Ospedale di
Martina Franca per la competenza professionale e la cortese sollecitudine dimostrata nei suoi confronti e di tutti i pazienti ricoverati.
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Esclusiva
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Cosa spinge un giovane italiano di Mola a decidere di emigrare?
«Il desiderio di far conoscere al mondo la cucina pugliese e le ambizioni
a livello umano e professionale».
La tua cucina dove trova le sue
fondamenta?
«In quelle che sono le caratteristiche
del territorio pugliese: l’ospitalità dei
meridionali e la cucina casereccia
che oggi diamo per scontate. A Mola
come in ogni altro paese della costa,
quando il tempo è brutto e nessuno è
uscito a pescare, sappiamo bene che
se si va in pescheria le alternative si
trovano ma per noi non va bene se il
pesce non è fresco di giornata».
PASQUALE MARTINELLI
TU VUO’ FA’
L’AMERICANO
Dai polpi di Mola di Bari alle cucine nei grattacieli di New York
City dove sposato un’americana figlia di genitori originari
proprio del suo paese: una fusione che si rispecchia anche nella
sua cucina ora che è diventato il cuoco dei vip oltreoceano
di Mauro Guitto
I
l grande Renato Carosone nel
1956 cantava “Tu vuo’ fa’
l’americano”, un titolo che
sembra tagliato su misura per
Pasquale Martinelli che, come
si faceva una volta, da ragazzo è emigrato in America da solo e con tanti
sogni facendo tantissimi sacrifici. Ha
portato con sé negli States la cucina
tradizionale barese e l’ha fatta assaggiare agli americani che oggi l’apprezzano grazie ai suoi piatti. Parla con un
simpaticissimo accento italo/barese/
americano che lo rende una persona
unica, umile e molto socievole, qualità
che hanno contribuito a farlo diventare
molto famoso nella città di “Big Apple” (New York).
Lo abbiamo incontrato recentemente
a Bari dove torna saltuariamente per
lavoro e per andare a trovare i suoi pa-
renti.
passione».
Chef Martinelli, “Tu vuo’ fa’
l’americano” dice il nostro titolo
ma … “Sei nato in Italy”!
«Eh sì, ma mi trovo a New York City
e qui è sempre un’emozione nel bene
e nel male. Come quando la leva militare era obbligatoria, ogni cittadino del
mondo dovrebbe fare almeno sei mesi
qui. Vivi in una città cosmopolita con
gente di ogni cultura dove non esiste
il pregiudizio e dove la gente rispetta
le diversità di pensiero, di moda e di
razza, e questo è molto bello perché
permette alle persone di esprimersi liberamente».
Ma c’è stato qualcosa o qualcuno che ti ha instradato nel mondo della ristorazione e della cucina?
«Mia madre mi ha dato la spinta per
entrare nell’Istituto Alberghiero e mio
padre faceva il vino e quindi ho sempre bevuto vino Primitivo e ricordo
che mangiavo le insalate di pomodori
provenienti da un rione di Mola che si
chiamava “Lapenna”, famosissimo per
la piantagione dei pomodori situata a
20mt dal mare. La brezza marina li accarezzava durante la notte e all’indomani non c’era nemmeno bisogno di
lavarli perché erano già salati e saporiti al punto giusto. Mia madre li vendeva a mille lire al chilo e andavano
a ruba».
Come e quando hai scoperto la
tua passione culinaria?
«Io ritengo di essere nato con questa
Nascere e crescere a Mola
quanto è stato per te importante?
«A Mola abbiamo la cucina più buona del pianeta così come tutti quelli
situati sulla costa perché ci permettono di mangiare sano e gustoso ad
altissimo livello. Abbiamo una vasta
scelta di verdure, di olio e di pesce
che sono importanti per la salute.
A Mola difficilmente mangiamo
manzo. Da un po’ sentiamo parlare
di Chianine, di Fiorentine… prima
per povertà e per risparmiare non si
mangiava quasi per niente carne. I
nostri avi non erano andati all’Università ma sapevano come cucinare
i pomodori, lo facevano con i raggi
del sole. Allora dico, va bene il wasabi e le creazioni degli chef di oggi
ma non si deve snobbare la cucina
genuina».
Cosa pensi del vegetarianesimo e del veganesimo?
«E’ una scelta legata non tanto alla
nutrizione ma maggiormente alla
sensibilità di certa gente nei confronti degli animali e nel vedere e
immaginare le pratiche di uccisione e macellazione degli stessi. Il
segreto secondo me è l’equilibrio.
Rispetto la scelta dei vegani e dei
vegetariani ma ricordiamo anche
che il corpo necessita di carboidrati
e di proteine».
Il piatto che piace di più agli
americani?
«Beh, il polpo».
Cosa pensano loro della cucina
italiana e in particolar modo
barese?
«Che è la migliore del mondo… che
poi è quello che pensano anche altrove. Io poi, quando vado in giro,
promuovo e parlo sempre di cucina
molese, non pugliese. Lo faccio per
rispetto delle altre zone della Puglia
dove magari uno stesso piatto si
differenzia e cambia magari anche
nome».
Ma da quelle parti riesci a reperire tutti i prodotti che ti servono?
«Sì perché a New York City arriva
tutto da tutto il mondo. Qui, come
ti dicevo, c’è gente che proviene da
ogni parte del mondo e alla base c’è
la nostalgia dei prodotti del proprio
paese che spinge poi a importare tut-
E tra
17 aprile 2015 / n.16
Pasquale Martinelli,
39 anni, sposato e con una bimba
di 8 anni, nasce a Mola
di Bari il 28 ottobre 1975.
Il primo maggio 1990, a nemmeno
15 anni, comincia a lavorare
presso l’Hotel Palace di Bari.
A 17 anni consegue la qualifica di
operatore della ristorazione all’alberghiero I.P.S.A.R. di Castellana Grotte
(BA). Da dicembre 1995 lavora sulle
navi da crociera Princess Cruises e poi
si trasferisce in Inghilterra, a Oxford
dove frequenta una scuola di inglese
e un corso di hotel managment e dove
continua a fare tanta esperienza lavorando, tra gli altri, nel rinomato hotel
“The Compleat Angler” e dopo aver
avuto anche l’onore di servire la famiglia reale, dalla regina Elisabetta II, il
Duca di Edimburgo e il Principe Carlo. Torna poi in Italia dove frequenta
un corso di sommelier a Milano e poi
il grande passo. Vola a New York nel
2000 dove prosegue la sua esperienza
e comincia la sua scalata alla notorietà. Viene infatti invitato a partecipare
a numerosi programmi televisivi di
cucina americani molto popolari negli
States, “The Martha Stewart Show”,
“TimeOut” della New York TV.
Arrivano anche le collaborazioni con
gli chef Alain Ducasse e Jean Georges
Vongerichten.
Nel 2009 fonda un’impresa
di personal chef, catering e gourmet
(www.warmpalate.com).
E’ coordinatore degli eventi internazionali e docente di ospitalità per
l’Istituto Alberghiero Ettore Majorana di Bari dal 2012. Dallo stesso
anno é anche consulente enogastronomico del ristorante “Erminia” di
Manhattan, un posto esclusivo che
vanta tra i suoi clienti numerosissimi Vip di fama mondiale del cinema
e dello spettacolo. In occasione del
galà “Award sotto le stelle, Ricerca e
Sapori della cucina Pugliese” tenutosi
a Park Avenue nell’estate 2014 presso
Gansevoort Luxury Resort è stato
premiato come ambasciatore e punto
di riferimento della cucina pugliese e
italiana negli States. Sempre nell’estate 2014 è stato proclamato Console
di New York dall’AIGS (Accademia
Italiana della Gastronomia Storica).
Recentemente, nel marzo 2015 ha
ricevuto un altro riconoscimento
dall’ACB (Associazione Cuochi Baresi) quale Ambasciatore della cucina
Pugliese all’estero.
ti i prodotti che si desiderano provenienti dai vari Paesi».
Cosa porteresti in USA dalla tua
Mola e cosa ti manca?
«Porterei un po’ di amici. Anche se
qui mi sento anche a casa in alcune
occasioni. Pensa che ogni anno mentre a Mola si tiene la processione del
venerdì Santo, i molesi d’America che
vivono a Brooklyn fanno la stessa processione nello stesso giorno».
Lavori in posti esclusivi di New
York frequentati da personaggi
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lo/americano per gli amici pugliesi?
«Un vitello alla parmigiana, un piatto tipico della cucina italo/americana.
Una costata di vitello alla milanese
condita di salsa di pomodoro con un
po’ di parmigiano spolverato e della
mozzarella. Poi si mette in forno dove
si scioglie tutto e il piatto è pronto».
Progetti per il futuro?
«Più che progetto è un sogno. Quello di cambiare le (cattive) abitudini
alimentari di molti americani che poi
portano all’obesità. Mi piacerebbe avviare un’attività di franchising di fast
food in America dove però il buon
cibo sia al centro di tutto. Sarebbe una
rivoluzione perché in America non
sono molto attenti al mangiar bene e
sano. Metterei a disposizione un menu
preciso con i nomi dei prodotti e l’indicazione delle città principali di provenienza del sud Italia».
illustri…
«Sì, il primo di questi
è stata Chelsea Clinton (N.d.R: figlia
dell’ex Presidente degli Stati Uniti
Bill Clinton e di Hillary Clinton)».
Conti di tornare in Puglia stabilmente un giorno?
«No, non credo di poter più vivere
senza New York perché mi piace lo
stile e il modo di vivere qui».
L’elemento per te indispensabile
in cucina?
«L’olio extravergine di oliva».
A casa tua chi cucina?
«Cucino io oppure i miei suoceri».
C’è qualche chef famoso a cui ti
ispiri?
«No perché io non mi considero uno
chef. Io sono un casalingo perché la
mia cucina può essere messa in pratica da chiunque scegliendo prodotti
genuini. Io mi definisco un operatore
di ospitalità, nel senso che conosco
bene l’industria pur lavorando e avendo lavorato anche in cucina. Ho fatto
il barman vincendo anche concorsi a
13 anni al Divinae Follie di Bisceglie e
al Bandiera Gialla, ho fatto il cameriere, il receptionist, il manager di hotel,
executive chef, giudice di competizioni .. per questo parlo di ospitalità, per
il mio ampio bagaglio di esperienze».
Vuoi proporre un tuo piatto ita-
Per concludere, vuoi lanciare
dagli States un messaggio ai pugliesi?
«Sì, i pugliesi devono ancora di più
credere nelle proprie tradizioni, nelle
risorse offerte dal territorio, devono
promuovere sempre di più la cucina
pugliese che è la migliore di tutte. La
cultura gastronomica bisogna farla conoscere prima ai pugliesi stessi, poi al
resto del mondo perché noi non la conosciamo abbastanza. Nei nostri istituti alberghieri in Puglia i nostri ragazzi
devono imparare a cucinare i prodotti
e i piatti nostrani e poi semmai quelli
di altre zone d’Italia».
Chef, ti ringraziamo per la tua disponibilità e ti auguriamo di realizzare i tuoi sogni.
«Grazie a voi».
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17 aprile 2015 / n.16
Tutta mia la città
E tra
In foto, le maioliche
che salutano l’ingresso al quartiere delle
ceramiche e uno degli
ambienti del Museo
della Ceramica, che
raccoglie significativi
esempi della produzione locale antica e
moderna.
Cocci d’autore
Passeggiando
tra forme e colori
Un misto di forme e colori attirano lo sguardo
appena si percorrono le viuzze costellate
da botteghe nel quartiere delle ceramiche di
Grottaglie. Laboratori che hanno il sapore di storia,
di arte e di Puglia: un marchio ormai inconfondibile
e riconosciuto in tutto il mondo
di Antonella Nitto
I
l Quartiere delle Ceramiche sorge
lungo la Gravina di San Giorgio, ai
piedi del medievale Castello Episcopio. La caratteristica che rende unico questo Quartiere, risiede
nell’insieme delle numerose botteghe
artigiane nelle quali, sin dal Medioevo, si
lavora e si produce la ceramica.
Le numerose botteghe sono testimonianza della struttura rupestre del territorio,
perché ognuna di loro era scavata nella
roccia in alcune delle quali si conservano
ancora antiche fornaci; in ciascuna bottega è possibile osservare le diverse fasi di
lavorazione dell’oggetto ceramico e, contemporaneamente, acquistare il prodotto
finito.
La tradizione della lavorazione della ceramica parte da tempi lontanissimi: risalgono infatti al medioevo i primi manufatti ritrovati e, salvo qualche intermezzo
storico, in cui la città di Grottaglie è stata
evacuata, la produzione si è protratta fino
ad oggi.
Dal settecento esiste una produzione ceramica nota come “arte faenzara”che viene influenzata fin dal sorgere dalla prestigiosa ceramica di Faenza.
Ad accogliere i clienti o anche soltanto
i visitatori, in una bottega, vi è la parte
espositiva con una miriade di manufatti di varie forme e colori. In passato, nel
retrobottega vi era il fornaciaio che trascorreva intere giornate a infornare le
crete, seguendo un criterio
che imponeva di disporre
prima le più grandi e poi
Un ceramista, Giovanni Pinca, ci ha moquelle di piccole dimenstrato la bottega di famiglia che racconta una trasioni. Ora quei camini
dizione di decenni: l’arte e le tecniche del passato si
sono stati sostituiti da forni
fondono con il presente. Colori, forme e tradizioni
elettrici o a gas.
convivono in un’offerta sempre più internazionale.
A parte moderni macchiMigliaia di turisti, ogni anno, rimangono incantati
nari e l’introduzione della
dai tantissimi oggetti e lasciando Grottaglie portatecnologia, i metodi di
no via un pezzo di Puglia con loro. Le ceramiche
lavorazione e i prodotti
di Grottaglie infatti, vengono esportate in tutto il
finali sono rimasti abbamondo, ponendo tale artigianato locale ai primi
stanza invariati. Vi si troposti nel panorama internazionale.
vano i classici recipienti
rustici come i capasoni,
i pitali, i trimmoni, le cateatro di mimica e pantomima. Un posto di
pase, di uso contadino e
domestico; una produzione vascolare più rilievo occupa la produzione del cosiddetraffinata con vasi decorati, zuppiere, piat- to Pumo, oggetto portafortuna, simbolo di
ti, brocche, le acquasantiere, i fischietti, le prosperità che adorna balconi ed abitazioni
maschere e suppellettili vari. Un posto ri- nel segno della speranza e della buona sorlevante occupa la produzione vascolare di te, oggetto molto richiesto, tanto da essere
tradizione greca e apula, ossia una perfet- scelto come bomboniera di matrimonio
ta imitazione della ceramica prodotta nel della figlia del magnate dell’acciaio indiaperiodo magnogreco in Puglia, quando si no, Pramod Agarwal, col particolare dello
raggiunsero livelli eccellenti di artigiana- sfarzo: ogni pumo è stato completamente
to artistico. Dalla tradizione classica deri- placcato in oro.
va anche la realizzazione delle maschere Non manca una produzione più contempofliaciche, un’ interessante imitazione delle ranea che segue tendenze più attuali volte
grottesche maschere greche utilizzate nel a soddisfare un pubblico più ampio.
E
tra
17 aprile 2015 / n.16
Dalla A alla Z
Claudio Russano
e l’associazione Fuori Tempo andranno
in scena il prossimo 23 aprile al
Teatro Nuovo di Martina Franca con lo
spettacolo “Strange”, una rivisitazione
del famoso Vizietto.
Claudio Russano
IN SCENA CON… STRANGE
In attesa di vedere il suo spettacolo, il giovane
regista martinese ci svela il suo “vocabolario emotivo”,
mostrandoci i tratti più caratteristici della sua personalità
della passione, dell’amore… e del sipario!
di Roberta Criscio
A
come Amore: Amore per la vita,
Amore per se stessi, Amore per
gli altri.
B
C
come Bellezza: la Grande Bellezza che c’è in ognuno di noi.
come Claudio: il mio nome, che
contraddistingue la mia personalità dal suo vero significato…perché
“Zoppas li fa e nessuno li distrugge”!
D
come Dolcezza: quella che uso
nei confronti di chi mi vuole
bene.
E
F
come Enfasi: la metto in tutto
quello che faccio e che ho fatto,
nei miei progetti passati e futuri.
come Famiglia e come Fuori
Tempo, la mia associazione teatrale: due realtà che si accomunano
tra loro.
G
N
H
I
L
O
come Girasoli: li amo, sono i
miei fiori preferiti, per la loro lucentezza, il loro immenso calore che
mi trasmettono quando mi soffermo a
guardarli. E poi sono strani, si girano
in base al sole, un po’ come me quando mi sveglio la mattina.
come Hotel: visto che ci lavoro
da tantissimi anni.
come Indole: nel mio caso vulcanica e spumeggiante, segno distintivo della mia personalità.
come Lavoro: perché senza di
esso non saremmo dei veri uomini, il lavoro mobilita, aiuta a crescere e a essere qualcuno. Anche se
mi dispiace per i tanti ragazzi che al
momento lo cercano, ma non lo trovano.
M
come Merito: nella vita le cose
vanno conquistate con fatica e
sudore…e a ognuno i suoi meriti.
come Nuvole: non che sia uno
che vive tra le nuvole, ma mi
piace guardarle, mi fanno sognare e
immaginare che oltre le nuvole ci sia
qualcosa più grande di noi: l’Universo, lo spazio infinito.
come Otto: un numero che ha il
segno dell’infinito, l’infinito del
voler vivere la propria vita pienamente lasciando il segno.
P
come Perseveranza: .una notte sognai una zia che mi disse
“Claudio, Persevera”! Da quel momento è diventato il mio motto.
Q
come Quadro: sono sempre più
convinto che la vita sia come un
quadro, da abbellire e da riempire di
mille sfaccettature diverse.
R
come Rosso: uno dei miei colori preferiti, perché è il simbolo
S
come Strange: il titolo del mio ultimo spettacolo, un rifacimento del
Vizietto, commedia esilarante con colpi
di scena, che toccherà un tema importante come quello della diversità. Andrà in scena il 23 aprile presso il Teatro
Nuovo di Martina Franca.
T
come Trasparenza: perché credo
che ognuno di noi abbia il diritto di
vivere come gli pare.
U
come Unione: l’essere uniti è la
cosa più importante, l’essere uniti
in famiglia, con le amicizie, con le persone a cui vogliamo bene, sapendo di
poter contare su di loro.
V
come Vero: l’essere veri è segno di
maturità, di genuinità, segni che dovrebbero contraddistinguere la maggior
parte di noi, per essere dei veri uomini.
Z
come Zenzero: perché un po’ di
piccante ci sta nella vita e nel fare
quotidiano.
9
10
Tendenze
17 aprile 2015 / n.16
3
2
1
4
Expo
PANE & MODA
5
5
“Nutrire il Pianetà, Energia per la vita”
è il tema globale dell’expo di Milano 2015, in partenza
per maggio. La moda da mangiare e indossare
è gia protagonista di chef-designer che hanno messo
in pentola: tessuti e forme da leccarsi i baffi!
C’è ancora chi lotta giorno dopo giorno per il
valore antropico della parola, per la ricerca delle
di Serena
Mellonedegli antichi canti, dell’identità
tradizioni,
dell’essere
umano. Intervista
alla poetessa
6
enù variegato,
sangiorgese
apprezzata
dalla critica nazionale
adatto
a palati
M
sopraffini,
a
vegani, carnivori e pastaaddict: carboidraiti ovunque
stampati su giacche, tubini e
scarpe! Tutta tricolore la prima
collezione moda di Expo 2015,
“10×10 An Italian Theory” di
Alessandro Enriquez, stereotipi alimentari: come la pizza, i
maccheroni, gli spaghetti, ma
anche simboli come la cara e
vecchia lira vengono riprodotti
su giubbini, bomber e camicie
zainetti urban, abiti da cocktail,
gonne a ruota, pochette eleganti (1.2.3.). Pane e salatini per
art director di maison Gattinoni, Guglielomo Mariotto, che
ha apparecchiato per occasione
quindici modelle con carbodraiti, grano, pasta, affini, avvalendosi della collaborazione
dello stilista di gioielli, Gianni De Benedittis (4.5.6). Ma
niente di nuovo già nel 2012
il cibo era già in menù, infatti Dolce&Gabbana disegnava
orecchini “alle farfalle” (7.8.),
e Love Moschino lanciava ballerine alla frutta (9)! Per non
parlare di tutto hand made in
goloso di pasta di fimo… da
qualche parte dovrei avere i
miei orecchini e parure in crostata della nonna di Tolly Kawaii Accessories! (10.). A tutti
i maschietti, e non solo, Gallo
dedica una calza speciale mangia spaghetti (11)! Della serie:
belli comodi e mangiati!
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17 aprile 2015 / n.16
La tazza vegana
Il bianco che uccide
Di amore, scarpe e altre (dis)avventure
Sicuri che il latte faccia davvero bene?
Salute a parte, i metodi di produzione
sono crudeli e dolorosi:
a farne le spese, mucche e vitellini
L’abito fa ben più che il monaco e anche
chi si veste alla cieca e a tentoni in qualche
modo incappa nelle maglie del fashion system
Tremendamente di moda
di Marta Coccoluto
di Virginia Mastronuzzi
CHEESECAKE AL PISTACCHIO
INGREDIENTI
-1 confezione (piccola) di panna vegetale
di soia
-1 tavoletta di cioccolato fondente
-Farina di pistacchio (5-6 cucchiai)
-Biscotti veg tipo digestive (io ne ho
usati circa 10-11)
-Margarina vegetale o olio di semi
-Acqua q.b
PROCEDIMENTO
STEP 1 Prima di tutto procediamo a
preparare la base frullando i biscotti
veg con 2 cucchiai di olio di semi o di
margarina vegetale e regolando con
un pò di acqua fino ad ottenere un
composto modellabile con le mani che
stenderemo alla base del nostro stampo.
Lasciare solidificare in frigorifero.
STEP 2 Montiamo la panna, che deve
essere ben fredda
STEP 3 Adesso dividiamo la panna in
3 parti che separeremo in altre ciotole; una parte ci servirà in purezza per
la decorazione superiore della nostra
cheesecake, un’altra la mischiamo al
cioccolato fuso che però non dev’essere
bollente! e l’altra parte infine va mischiata alla farina di pistacchio aggiungendo1 cucchiaio di zucchero di canna
o fruttosio
STEP 4 COMPORRE LA CHEESECAKE!!! Tiriamo fuori dal frigo la base
di biscotti e stendiamo prima la mousse
al cioccolato, poi uno strato di crema al
pistacchio e alla fine la panna montata.
Lasciare solidificare in frigorifero almeno 2 ore.
STEP 5 Condividere questo goloso
momento con chi vogliamo!!!
Q
uanto le strategie di marketing
e campagne pubblicitarie martellanti inducono il consumatore
a convincersi della genuinità e
della necessità di certi alimenti?
quanto l’impiego di testimonial, raccattati dal
mondo dello spettacolo ci convincono che
“beh, se lo usa lui, sarà buono!”.
A essere sotto i riflettori oggi è un alimento
che da sempre è ritenuto essenziale alla crescita di qualsiasi bambino, fondamentale nella dieta di un adulto: il latte.
Nonostante in questi ultimi vent’anni la vendita di latte si sia abbassata velocemente, i
venditori hanno tentato di invertire la rotta
attraverso simpatiche canzoncine ridondanti
stile “bevete più latte, il latte fa bene, il lat-
te conviene”, o ancora pagando testimonial
come l’attrice Sandrelli che fingendo di inciampare dalle scale, con malizioso sorriso,
confida poi alle amiche che lei rinforza le sue
ossa attraverso uno yogurt, e non per ultimo
associando l’immagine del latte a stereotipi di
belle donne e uomini atletici, come ha fatto la
campagna pubblicitaria Got milk? fotografando con le labbra sporche di latte Rihanna,
Harrison Ford e David Beckham per indurre
il consumatore a un maggiore consumo di
latte.
In questo sconfinato mare troviamo due isole; una è l’isola felice chiamata pubblicità di
cui sopra; l’altra, invece, è popolata da intolleranti al lattosio, da allergici, da persone con
l’osteoporosi e con sindrome del colon irritabile, solo per citarne alcuni. Sebbene l’isola
felice della pubblicità abbia adottato metodi
persuasivi e manipolativi, la realtà è che il
consumo di surrogati del latte vaccino, come
latte di soia, di riso, yogurt vegetali hanno visto un’impennata nelle vendite.
Dati scientifici dimostrano che il latte contiene sì calcio utile alle ossa, ma contiene anche
proteine animali, acide, che per essere smaltite, consumano calcio. E’ un usuraio della
peggiore specie perché il latte presta il calcio,
ma ne consuma più di quello che dà. Paradossalmente, vari studi, tra i quali l’Harvard
Nurses’ Health Study, che ha seguito clinicamente oltre 75.000 donne per dodici anni,
sostiene che il consumo di latticini aumenta
il rischio di fratture (tratto da “Impariamo a
mangiare sano con i cibi vegetali”, SSNV).
Sul fronte etico e dello sfruttamento animale,
invece, cosa accade?
Mi chiedo quanti siano a conoscenza di
una direttiva comunitaria, recepita dal DPR
n.54/1997, che stabilisce quante cellule somatiche, volgarmente “pus”, il latte possa
contenere al suo interno (e parliamo di 400
milioni di cellule di pus in un litro di latte
vaccino).
Le cellule somatiche passano nel latte a causa
di un problema di cui soffrono molte mucche
di allevamento, la mastite, ovvero un’infiammazione alle mammelle dovuta ad un eccessivo sfruttamento della mucca-macchina, la
quale è ingravidata costantemente affinché
possa produrre latte. Quindi cominciamo
a sfatare il mito che la mucca produca latte sempre e comunque. Come un comune
mammifero, donna compresa, produce latte
solo se aspetta il suo vitellino per nutrirlo!
Purtroppo non è soltanto una questione di
sfruttamento. Ma di uccisione. Perché é anche il consumo di latte implica, necessariamente, l’uccisione di animali.
I vitellini dopo 1-2 giorni di vita, vengono
sottratti alla madre; se il vitellino è maschio
non potrà vivere come mucca da latte e sarà
direttamente portato al macello e a neanche
6 mesi di vita diventerà “cibo” (la fettina di
vitellino, per intenderci); se è femmina diventerà mucca da latte, sfruttata circa 5 anni, per
poi essere macellata a fine carriera.
Una domanda, la cui risposta è implicita
nella domanda stessa mi pulsa nella testa:
come mai l’isola felice delle pubblicità, delle
campagne pubblicitarie e dei testimonial prostituiti ai meccanismi mediatici non parlano
anche di tutto questo?
L
o scorso week end ho
partecipato a una bellissima lezione sulla
moda italiana degli
anni ’80. Ho visto le
famose “cose che voi umani
non potreste immaginarvi”, ma
che magari avete portato (confessatelo!) o ricordate indosso a
vostra madre o sorella maggiore. I vestiti esagerati, luccicanti,
voluminosi di Krystle e di Alexis di Dinasty, i guanti tagliati
in pizzo di Madonna, con le
croci al collo e i giri di braccialetti neri, i micro giubbotti jeans
di Sabrina Salerno su reggiseni
ancora più micro, i fiocchi in testa e gli scaldamuscoli, i costumi scosciati fin sotto la gabbia
toracica e gli orologi Swatch.
E ancora, ho ripercorso gli anni
durante cui le modelle sono diventate icone contemporanee e
gli stilisti dettavano legge. In
foto che posso lecitamente definire d’epoca, ho viso ritratti
un esordiente Stefano Gabbana
molto meno glamour di come
è adesso e con un impensabile
casco di capelli, Sir Karl Lagerfeld – udite, udite – senza guanti
né occhiali che S-O-R-R-I-D-E,
un Valentino Garavani che ancora parlava italiano, e poi Enrico Coveri, Luciano Soprani,
Franco Moschino, Gianni Versace e su tutti lui, un giovane
e inarrestabile Giorgio Armani,
in una fresca e dinamica Milano, nuova capitale della moda
mondiale. E poi le giornaliste di
moda a cui sogno di somigliare, Isa Vercelloni, Anna Piaggi
e Natalia Aspesi su tutte, a conferma, per chi ancora dubita,
che la moda è qualcosa di inte-
ressante su cui scrivere. E che
ci vuole stoffa per farlo, e non
solo quella dei vestiti. Gli anni
’80 erano un periodo, per dirla
con le parole di Re Giorgio (Armani), durante cui, “più facevi e
più eri”: giusto o sbagliato non
voglio dire, ma è grazie a quegli
anni di consumismo vertiginoso, se il fashion è diventato democratico e alla portata di tutti,
rompendo gli schemi del ‘buon
gusto’ e i codici che regolavano cosa era lecito indossare, da
chi e per quale occasione. Ringraziamo gli stilisti dunque, se
possiamo andare
in giro conciate
come ci pare.
Per questo sorrido pensando
a chi critica noi
‘modaiole’
–
io mai quanto
vorrei per una
mera questione
di budget – e si
sente superiore,
tanto da puntare il dito. Chi si
prende così sul
serio da non curarsi di ciò che
si mette addosso, che pensa di
non avere niente
a che fare con le
tendenze del momento e che è
convinta che ciò che gli stilisti
prima, i direttori creativi oggi
decidono di lanciare, sia ininfluente su di loro. Non le sfiori,
non le riguardi, non le interessi.
Fin qui nessun problema, non
fosse che, più o meno velatamente, diano delle povere stupide a noialtre. In realtà, perfino
il colore dell’ultimo maglioncino in una cesta delle offerte –
così come spiegò mirabilmente
la Miranda de “Il diavolo veste
Prada” – è stato deciso ai piani
alti del fashion system. E l’unica differenze è che quelle “a
me la moda non interessa” se lo
infilano qualche tempo dopo. E
più di tutto, quello che non sanno, è che la moda ha incasellato
anche loro e ne ha definiti stile
e look. Le anti fashion addict
sono le normcore, che a NY
sono già una tendenza. E dal
2013, un po’ come il maglioncino ‘indipendente’ di cui sopra.
Insomma, sappiate che anche
non essere alla moda, è tremendamente di moda.
12
17 aprile 2015 / n.16
L’ultimo canto
E tra
Il racconto
Addio, giallino!
di Oscar Nardelli
U
na mia amica, Rosalba, un
giorno passeggiando con il
suo compagno per le vie del
centro, mentre lui si attardava a rispondere al cellulare,
lei si soffermò a guardare la vetrina di un
negozio che vendeva articoli per animali
domestici. In bella mostra c’erano delle
gabbie con dentro degli uccelletti gialli e
arancione. Finita la telefonata il compagno le si mise sotto braccio: «Andiamo?»
le chiese. «Hai visto quanto sono belli
quegli uccelletti?». Lui si girò verso la vetrina: «Sì, sono dei canarini. Sono molto
belli e cantano che è una meraviglia, ma
sono molto delicati».
Qualche giorno dopo la mia amica ebbe
una sorpresa, Pierangelo, il suo compagno, rincasò porgendole una scatola
avvolta in una carta di giornale bucherellata. Lei la prese e la rigirò tra le mani:
«Cos’è?» gli chiese sorpresa. «Aprila, fai
attenzione però». E mentre lei cominciava
a scartare l’involucro lui provvide a chiudere la porta della cucina e la portafinestra
che dava sul balcone. «Su, non aver paura, aprila». Tolto l’involucro e scostato il
coperchio, dalla scatola fece capolino un
canarino giallo. «Ti piace? Ho pensato di
regalartene uno, visto che giorni fa sei rimasta così affascinata da questi uccelletti. Aspetta perché non è finita». E dicendo
così si diresse verso l’ingresso per prendere un altro voluminoso involucro che aveva lasciato dietro la porta: «Ho anche la
gabbietta, il mangime e l’osso di seppia.
Dai prendilo e mettiamolo dentro». «No
fallo tu. Io ho paura di fargli male». Le
rispose lei porgendogli la scatola.
Il canarino fu sistemato nella gabbietta
e gli venne trovato un posto sul balcone,
poi rimasero ad osservarlo. Per circa una
settimana il canarino non emise un suono
e quando Rosalba metteva la mano nella
gabbia per pulirla, cambiare l’acqua e dargli da mangiare, lui si ritraeva in un angolo, spaventato, poi riprendeva a saltellare
da una bacchetta all’altra, ma non cantava
mai. Anche la gatta, che spadroneggiava
in casa già da qualche anno, dimostrò
dell’interesse e qualche perplessità accorgendosi del nuovo arrivato. Forse Circe,
questo il suo nome, aveva anche qualche
subdola e bassa idea sul cosa ne avrebbe fatto lei, ma la gabbia era troppo alta
e fuori dalla sua portata, così il canarino
poteva continuare a saltellare. Se ne accorse Rosalba, dandole da mangiare, che
il canarino zoppicava e non si reggeva sul
trespolo. Provvide, preoccupata, a portarlo dal veterinario e questo lo curò e alla
fine l’uccelletto guarì.
Qualche giorno dopo, mentre Pierangelo
stava uscendo di casa lei lo raggiunse:
«Per favore prendi il mangime per Semola». «Per chi?» chiese lui stupito. «Per il
canarino, mi piace e gli ho dato questo
nome: Semola». Il compagno sorridendo
la rassicurò e si infilò nell’ascensore.
Una mattina Rosalba si svegliò con la luce
del giorno che filtrava dalla persiana semi
aperta della stanza. Era una bella giornata
primaverile, tiepida e luminosa. «Cip».
Sentì lei. Si guardò intorno ma non vide
nulla, poi quel suono si ripeté: «Cip Cip».
Sentì ancora pervenire e questa volta distintamente. Scostò le coperte e lenzuola,
si infilò in fretta le ciabatte e si diresse
verso la cucina. Il canarino, sentendosi osservato, per un po’ smise di emettere quei
brevi suoni poi, con il sole che illuminava già tutta la casa, riprese a cantare, ma
questa volta con vigore, gorgheggiando e
cantando come lei non lo aveva mai sentito fare.
Come si sa, la casa è il nostro rifugio. Il nostro regno. Possiamo girarci di
notte, aprire i cassetti e armadi e prendere
ciò che ci serve senza dover accendere la
luce, perché conosciamo perfettamente
dove abbiamo riposto le cose, gli oggetti.
Sempre, quando rincasiamo, proviamo la
piacevole sensazione e un senso di sollievo chiudendo la porta dietro di noi e
lasciando fuori il mondo con i suoi problemi.
A Rosalba piaceva trattenersi a casa nuova. Le piaceva cucinare, occuparsi personalmente delle incombenze domestiche,
ma quello che preferiva era la domenica
pomeriggio quando, libera da impegni,
poteva sprofondare nella sua poltrona preferita e leggere un libro, pensare ai mille
nuovi progetti che sempre le frullavano
in testa, o a riflettere sulla copertina che
avrebbe adottato per il prossimo numero del settimanale che dirigeva. Accanto
al suo compagno e magari con la gatta
che facendo le fusa le saltava in grembo, ascoltando il canto del canarino, che
dall’altra parte della casa non smetteva di
far pervenire i suoi gorgheggi, si sentiva
invadere dalla serenità più assoluta, quasi
un benessere fisico. Dentro quelle mura
si sentiva sicura e riappacificata con tutti,
soprattutto con se stessa.
Passarono i giorni e anche il canarino, ben
presto diventò parte integrante della casa,
della famiglia. Rosalba si era affezionata
all’uccelletto come alla sua gatta, in verità
più felina di una tigre e poco socievole,
ma sempre parte integrante della famiglia.
Una mattina si svegliò che il sole era già
alto, con la casa ormai invasa dalla luce di
una radiosa giornata. Si voleva trattenere
ancora per un po’ a letto, ma non sentendo il consueto canto del canarino si alzò
preoccupata. Temeva che la sera prima,
La storia è liberamente ispirata a un
fatto vero: il piccolo Semola era stato
trovato per strada che non riusciva
a tenersi sulle zampette. Curato da
Maurizio Passatore, esperto allevatore
di canarini (in foto), Semola era stato
adottato (in foto con la gatta Circe).
Purtroppo il simpatico pennuto ha
avuto vita breve: fatale è stata un’indigestione di mela.
avendo aperto la gabbietta per cambiare
l’acqua e metterci il mangime, alla fine non
l’avesse chiusa bene e il canarino, trovandola aperta, fosse volato via. Arrivata in cucina
si accorse che effettivamente l’uccelletto
non c’era nella gabbia e preoccupata si avvicinò. Il canarino non era volato via, stava
immobile sul fondo della gabbia. Lei aprì la
gabbietta e lo scosse con un dito, ma l’uccelletto non si mosse, anzi, era rigido e le sue
piume fredde e irrigidite. Rosalba chiamò
con le lacrime agli occhi il suo compagno
e lui provvide a trarlo dalla gabbia e ad avvolgerlo in un rotolo di carta da cucina. «No.
Non buttarlo così». Lo pregò Rosalba. Lui
prese una busta di plastica e ci ripose l’involucro ed uscì.
Rosalba lo vide uscire dal cancello, attraversare la strada e inoltrarsi nel campo di fronte
alla casa. Lo seguì con lo sguardo appoggiata alla porta finestra del balcone. Lo vide
fermarsi sotto un olivo, scavare una piccola
buca e adagiarci dentro la piccola busta di
plastica e poi ricoprirla. Restò lì ammutolita.
Possibile che la perdita di un canarino, di un
uccelletto potesse coinvolgerla tanto? «Sì».
Pensò. Ogni creatura anche la più piccola,
anche un uccelletto può lasciare un vuoto
nella casa che ha rallegrato con il suo canto.
Anche Circe sembrava disorientata a non
sentire più il canto del canarino e non vedendolo saltellare nella gabbia, ma lei si riprese subito e incurante delle sofferenze altrui
andò a controllare se nella sua ciotola se erano rimasti dei crostini dalla sera prima.
Il compagno rientrando la rassicurò: «Non
preoccuparti Rosalba, quando torno te ne
porto un altro». «No. Non voglio» gli rispose. Non era questione di sostituzione o
di avvicendamento, si era affezionata a Semola come ci si può affezionare ad un essere
familiare e lei non voleva soffrire oltre.
E tra
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17 aprile 2015 / n.16
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MESTRE (VE) MAXI Store Via Don Tosatto, 123 nei pressi del centro comm. Auchan
MIRA (VE) IPER Store S. S. Romea, 62 nei pressi di Iperlando
MARCON (VE) IPER Store Via Mattei, 9
VICENZA (VI) IPER Store Via Trento, 201, accanto al Superstore PAM
TORRI DI QUARTESOLO (VI) Via Brescia, nei pressi del c. comm. “Le Piramidi”
VILLAFRANCA DI VERONA (VR) IPER Store Viale Postumia, 18
CONEGLIANO (TV) Via Maggiore Piovesana, 11 accanto a Polizia di Stato
ESTE (PD) Via Atheste, 38/E - accanto a DICO
PORTO VIRO (RO) IPER Store Strada statale Romea, 6-8
LOMBARDIA
BRESCIA (BS) IPER Store Via Rieti, nei pressi del centro comm. all’Asta Tutto
MUGGIÒ (MB) Viale Repubblica, 86 presso centro comm. Coop
EMILIA ROMAGNA
FERRARA (FE) IPER Store Via Modena, 17
ZOLA PREDOSA (BO) MAXI Store Via G.Villeneuve, 8 c/o p. comm. “Le Rotonde di Zola”
PARMA (PR) Via Tartini, 3
NONANTOLA (MO) Via Vittorio Veneto, 53
DOMENICA APERTI
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Martina Franca
nieri
no le Nozze d’ Oro…
o Chiafele, festeggia
ol
Pa
ito
ar
m
il
n
co
Vita
foto di Angelo Guar
100 ANNI
Lunga vita a... nonna Vita!
di Rosa Maria e Benvenuto Messia
O
gni qualvolta mi trovo dinanzi
ad una signora che ha spento da
poco le 100 candeline, prima di dare
inizio alla nostra conversazione, mi
piace guardarla con attenzione, in
tutte ho ritrovato uno sguardo sereno
e soprattutto tutte mi hanno permesso di condividere appieno il pensiero
della grande Anna Magnani:
“Lasciami tutte le rughe, non me ne
togliere nemmeno una. Ci ho messo
una vita a farmele venire”.
Che bello leggere su quei volti segnati dal tempo, gli anni trascorsi,
le emozioni provate, le esperienze
vissute. Ogni ruga parla della vita,
di ogni conquista fatta, dei dolori e
delle gioie provate.
Chi ha tagliato il traguardo dei cento, ha avuto la fortuna di non trovarsi nell’epoca del botulino e della
chirurgia estetica e può con orgoglio
mostrare e gridare: “Viva le rughe!”
Mentre penso a questo, osservo Vita
Argese , nata il 19 marzo 1915, mi
guarda, sorride e aspetta, curiosa di
sapere cosa le chiederò.
Nata in una famiglia di contadini, ha
sempre abitato in campagna, cinque
fratelli e tre sorelle che vivevano a
contatto con la natura, dando una
mano di tanto in tanto al papà impegnato nei campi.
Fu durante “una festa da ballo” che
conobbe l’uomo della sua vita:
Paolo Chiafele, il periodo di fidanzamento fu molto breve, soprattutto
perché “le campagne distavano molto e non era facile vedersi, allora non
cerano le macchine e non avevamo
nemmeno la bicicletta”, e cosi si
sposarono il 26 aprile del 1936.
Dalla loro unione nacquero cinque
figli: Antonio, Giuseppe, Angelo,
Anna e Maria, che oggi seguono la
mamma, stando con lei a turno.
Nell’educazione dei figli dice di
essere stata buona, ma nello stesso
tempo severa, come l’epoca richiedeva.
Da brava casalinga si è sempre dedicata alla famiglia e alla sua casa, ora
trascorre le giornate leggendo, recitando il rosario e guardando poca tv,
… con i suoi 5 figli, da sinistra Maria, Antonio, Anna,
Giuseppe, Angelo e il Sindaco Franco Ancona...
chissà che anche questo non sia un
segreto per vivere a lungo.
Mangia proprio tutto, frittura compresa, e quando le chiedo del caffè,
mi dice “ ce stĕ’ mu vève, ce na ne
stĕ’ na me ne vève”.
Come tutte le persone “di una certa
età”, ama stare a casa propria, ma se
i figli le propongono di stare con loro
o di trascorrere nelle loro abitazioni i
giorni di festa li segue volentieri.
Da dodici anni è vedova, ma è sempre circondata dall’affetto dei figli,
di undici nipoti e quattordici pronipoti.
Mi parla sottovoce e sembra essere
timida, ma la figlia mi assicura che
era molto estroversa, una cinquantina di anni fa, fu scelta come testimone di nozze da una nipote e in
questa occasione si esibì in un brindisi-spettacolo, che venne per diversi anni ricordato da tutti gli invitati
presenti. Le piaceva tanto scherzare
e stare tra la gente.
Ha seguito con attenzione il racconto fatto dalla figlia e aggiun-
ge: “Me piascève ballà’, quanne
jére giŏvene, tanne stève allĕgre e
allĕgre”.
Mi sorride e alcune rughe si accentuano, mi piace salutarla così, e augurarle che la vita continui a parlare
e a scrivere sul suo bel volto.
… fra le sue braccia,
uno dei suoi 14 pronipoti…
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Marcello Piras
In nome del jazz
I più preferiscono suonarlo, in pochi lo raccontano, solo uno ne
sfata il mito e riporta alla luce ciò che un secolo di questo genere
musicale ha seminato sul proprio cammino. Un piccolo miracolo
in zona Franca fatto da chi di musica se ne intende
di Antonella Chionna – Foto di Gianni Contini
E’
noto al grande pubblico, l’inestimabile lavoro di Marcello Piras nell’ambito
dello studio del jazz
e delle musiche nere; di conseguenza sfugge il pretesto di ignorarne il
riconoscimento storico nella città,
quella di Martina Franca, che valorizza la caratura mondiale di una
personalità così prestigiosa e protagonista lunedì 20 aprile di un imperdibile evento che avrà luogo nella
sala consiliare del Palazzo Ducale.
Una conferenza, che “Racconta il
jazz” per l’esattezza; un’occasione
di confronto atipica, nel mondo delle carovane trainate dal “successo
per il successo”, che vanta il coordinamento dell’Assessore alla cultura
prof. Antonio Scialpi.
Perché raccontare il jazz è cosa in
disuso, un po’ come suonarlo, se si
preferiscono le falsificazioni legate
Questo e altro potrà essere svelato
da un grande studioso del nostro tempo,
in una città del nostro secolo, bella da morire sia chiaro,
che conserva alle volte un fascino liceale
ancora da violare, inviolabile e tuttavia provinciale.
agli strascichi storici cui molti soccombono per cercare conforto e per
ricreare, nell’immaginario comune,
l’idea di un mondo infiocchettato in
cui il mito prende il posto della realtà; mancando il presupposto “fondante” dell’essere “nella” cultura attraverso una lente d’ingrandimento
del mondo che distorce i molteplici
livelli d’informazione cui l’uomo
medio è sottoposto, la valida alternativa è quella di assumersi delle
responsabilità, a costo di deludere,
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“Il jazz è stato raccontato infinite volte, e
per certi versi la sua storia è come la favola
che i bambini amano sentirsi raccontare
più e più volte, per essere rassicurati dalle
conferme. Ma la narrazione canonica nasconde molti inganni, essendo concepita
proprio per essere consolatoria. Grazie al
lavoro pionieristico di Marcello Piras, oggi
si può iniziare a vedere che la storia reale
è molto diversa. Esistono poi diversi modi
di narrare il jazz, che si prestano a illuminarne differenti aspetti, alcuni dei quali
inaspettati e sorprendenti.
Nella sua conversazione, Marcello Piras ne proporrà alcuni. Sarà questa
anche l’occasione di far conoscere
il suo libro appena uscito, Dentro
le note, una guida analitica alla
comprensione del linguaggio jazz”.
L’evento, il 20 aprile alle ore 18 a
Palazzo ducale di Martina Franca,
è coordinato dall’Assessore alle
attività culturali Antonio Scialpi.
Introducono: Antonella
Chionna e Agostino Convertino.
ge agli abissi sondabilissimi dell’inclassificabile metro di paragone che qualifica
la materia storica, priva di feticismi, e che
informa l’ascoltatore, quasi il fatto “in sé”
schiuda un significato aggiuntivo rispetto
alla menzogna la quale, nel migliore dei
casi idealizza, nel peggiore disinforma, togliendo al fascino della questione un’identità originaria che è possibile sottrarre, paradossalmente, al pubblico. Questo e altro
potrà essere svelato da un grande studioso
del nostro tempo, in una città del nostro
secolo, bella da morire sia chiaro, che conserva alle volte un fascino liceale ancora
da violare, inviolabile e tuttavia provinciale. Nella provincia e così sia, nella comunità altrettanto sia l’innegabile possibilità
di dire francamente “pane al pane e vino
al vino” e far riscoprire quello che il dilettante immolatosi “in nome del jazz” ha
sacrificato nel percorso verso l’autocelebrazione e quello che la dimensione spirituale di ogni essere umano auspica, nel
recupero di uno spazio interiore, previo
disconoscimento storico, ancora da conquistare. Una conquista comunitaria, imminente e costellata d’immagini, musica e
percorsi personali, sofferti in buona parte, che un grande maestro avrà l’ardire di
mettere insieme per spronare la coscienza
a uscire dalla provincia e, per una volta,
legittimarsi nel mondo; per l’uomo.
Un piccolo miracolo,
e dire ciò che si avvicini maggiormente alla
verità: compito dello studioso, dunque, sfatare il mito e riportare alla luce ciò che un
secolo di jazz ha seminato sul proprio cammino. Molteplici strade a disposizione, un
paio di alternative: raccontare il jazz dalla parte del romanziere squattrinato che fa
prosperare miti, nati e fioriti nel contesto
americano e dei suoi ideali indissolubili o
raccontare il jazz dalla parte dello studioso che prende coscienza di quello che l’arte
nel duemila quindici può solo veicolare: la
verità, al bando l’estetica. E’ così che dalle
vette della popolarità commerciale si giun-
reso possibile da quelli che ancora credono,
in zona Franca, nella potenza dell’intelligenza che scavalca i limiti d’età, d’estrazione, d’opinione e avvicina le persone che
amano condividere l’amore supremo per la
conoscenza, mettendo da parte le rivalità
del buon vicinato e valorizzando un’ulteriore prova contingente: l’anteprima mondiale del libro “Dentro le note. Il Jazz al
microscopio” (Marcello Piras - Arcana editore) che il maestro introdurrà quale ultima,
calzante, guida analitica alla comprensione
del linguaggio jazz.
Chi è chi
Marcello Piras è un musicologo noto in tutto il mondo
per i suoi studi sul jazz e sulla storia delle musiche
nere. Ha pubblicato un volume su John Coltrane, un
CD-ROM sul jazz e decine di saggi su enciclopedie,
libri e riviste, e ha tradotto i fondamentali Early Jazz
e The Swing Era di Gunther Schuller, rivedendoli con
l’approvazione dell’autore. Ha stilato note di copertina per circa trenta LP e CD, prodotto ristampe di
James P. Johnson, Lennie Tristano, Charles Mingus e
jazz italiano post-bellico, e concepito la prima integrale della musica per piano di Scott Joplin su strumento
d’epoca e con prassi esecutiva filologica (in attesa
di pubblicazione). Di Louis Moreau Gottschalk ha
scoperto e/o ricostruito varie pagine manoscritte e il
libretto in castigliano di Escenas campestres (revisione
di Richard Rosenberg, CD Naxos). Ha tenuto conferenze in Italia, Germania, Svizzera, USA, Canada,
Messico e Brasile; per trent’anni è stato conduttore
a Radio RAI, nonché voce recitante, autore di sonorizzazioni per lavori teatrali di Samuel Beckett e
consulente storico per il regista Giuseppe Tornatore.
Insegna dal 1978; pioniere nella didattica della musicologia del jazz, ha elaborato un metodo innovativo
per
l’analisi delle forme, creando il primo
corso di musicologia afro-americana
in Italia e tenendo lezioni, conferenze e
master class. Nel 1997-99 ha insegnato
a fianco di Gunther Schuller, Bill Russo
e Duško Gojković nel Corso europeo di
orchestra jazz a Palermo. Ha ideato e
fondato il Centro Studi “Arrigo Polillo”
di Siena, che ha diretto fino al 1998. Nel
1992-2000 ha fondato e presieduto la
SISMA (Società Italiana per lo Studio
della Musica Afroamericana), dando
vita a un bollettino, due riviste e un
festival dedicato alla musica scritta
di influenza nera dal Rinascimento
a oggi. Nel 2001-02 ha vissuto negli
USA, collaborando con il Center for
Black Music Research (Chicago) e la
University of Michigan, come direttore esecutivo della collana di edizioni
critiche MUSA (Music of the United
States of America). Ha poi fatto parte
del comitato scientifico della rivista
Jazz Perspectives e ha pubblicato
saggi per Current Research in Jazz
e il Journal of Jazz Studies. Ha
inoltre prodotto per la Fondazione
CaRiChieti uno studio quinquennale sul grande pianista jazz Umberto Cesàri. Dal 2006
vive a Puebla, dove studia l’influenza africana sulla
musica barocca messicana. Qui ha fondato ADAM
(Association for Darwinian Afrocentric Musicology),
una società per il rinnovamento della musicologia e
ha tradotto in spagnolo il Gabinetto armonico di Filippo Bonanni. Di recente è apparso in inglese il Duke
Ellington Companion, che lo vede coautore accanto
a studiosi europei e americani. Attualmente lavora a
una storia afrocentrica della musica dal Paleolitico a
oggi, in cui confluiscono paleontologia, evoluzionismo,
filogenesi dell’encefalo, linguistica e archeologia.
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Nuvolette
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L’OROSCOPO
dal 17 al 24 aprile 2015
LECCE COSPLAY & COMICS
Ecco la quinta edizione
Sabato 18 e domenica 19 aprile a “Lo Spazio” di Lecce.
Ospiti d’eccezione: Dario Moccia, Andres Mossa e
Oronzo Cilli. L’immancabile contest tra cosplayers
di Pierluigi Rota
I
l termine “cosplay” indica la
pratica di indossare un costume
che rappresenti un personaggio
riconoscibile in un determinato
ambito e interpretarne il modo di
agire. È una moda lanciata
in Giappone e poi negli Stati Uniti dagli appassionati di
manga e videogiochi, che si
travestono e impersonano i
loro personaggi preferiti. È
la contrazione delle parole
inglesi “costume” e “play”.
Dopo il successo della
scorsa edizione, svoltasi
in un’unica giornata e che
ha visto la partecipazione
di circa 1800 visitatori,
quest’anno Lecce Cosplay
& Comics sarà ospitato nel
centro polifunzionale “Lo
Spazio” di Lecce, nei giorni di sabato 18 e domenica
19 aprile.
La location, raggiungibile in 5 minuti dal centro
della città e situata nei
pressi di due uscite della
tangenziale est di Lecce
(uscita Stadio e uscita
Mercato ortofrutticolo),
copre una vastissima superficie ed è provvista di
un alto numero di parcheggi gratuiti.
Suo punto di forza è l’ampio spazio centrale di circa 1000 metri
quadrati situata all’interno dell’edificio, circondata dai tre livelli in cui
l’intera location si sviluppa.
Una Convention di due giorni, ricca
di eventi: presentazioni, workshop,
le aree “games” e “comics” e l’immancabile contest “Lecce Cosplay”,
giunto alla sua quinta edizione.
La gara si svolgerà domenica 19 aprile. Le categorie premiate saranno:
Miglior Cosplay Maschile; Miglior
Cosplay Femminile; Miglior Gruppo; Miglior Esibizione. Il migliore
tra tutti, si aggiudicherà il “Premio
Lecce Cosplay & Comics 2015” e
vincerà un week-end per due persone
in una località a scelta.
Special guest: Dario Moccia, Andres
Mossa e Oronzo Cilli.
Ingresso gratuito.
Il programma completo della due
giorni lo trovate su: www.leccecosplayandcomics.it
diVERSI
di Cataldo Basile
Le gioie che verranno
A
Aspettiamo notizie di amici
di amori di uomini e donne
che abbiamo amato;
Quando qualcuna parte
una parte di noi che va via
e vorremmo che fosse mai partito;
Molti non li vediamo
e ci manca qualcosa
quando ci accorgiamo
che non ci sono più;
Ci giriamo intorno
e sentiamo un vuoto
che non si pu spiegare
e la vita che ci ha dato
due remi, due vite, due voci
al nostro animo che affoga di nostalgia
per noi che non siamo pi nessuno
ARIETE
21.03 - 20.04
Aggredite per paura di essere attaccati. Questo atteggiamento sulla difensiva crea un muro tra voi e
gli altri difficile da scavalcare.
TORO
21.04 - 20.05
Dovete credere nelle vostre potenzialità e lanciarvi anche se vi
trovate in ambienti nuovi e apparentemente ostili.
GEMELLI
21.05 - 21.06
Poco male: nel weekend saprete come ritrovare il sorriso. Così
così la salute.
CANCRO
22.06 - 22.07
siete particolarmente distratti:
tenete d’occhio portafoglio, cellulare e…testa!
LEONE
23.07 - 23.08
Avrete un favore da ricambiare
o una visita che avete promesso quindi non tiratevi indietro.
La casa vi tiene impegnati con
alcune faccende urgenti.
VERGINE
24.08 - 22.09
Bel feeling con Gemelli, Scorpione, Acquario o Pesci. Non
preoccupatevi di alcune spese
inaspettate: i soldi usciranno
dalla finestra me rientreranno
dal portone principale. In arrivo promozioni?
BILANCIA
23.09 - 22.10
Il trigono di Giove inizia a dare
i suoi primi frutti ma dovrete
essere pazienti. Un piacevole
imprevisto animerà le vostre
mattinate.
SCORPIONE
23.10- 22.11
Un rapporto di lunga data potrebbe necessitare un chiarimento. Per chi è single conoscenze e fatti divertenti in
vista.
SAGITTARIO
23.11 - 21.12
Trovate il modo di ricambiare
e concedetevi un week end di
leggerezza. E’ l’occasione giusta per un cambio di look.
CAPRICORNO
22.12-20.01
Ricordate che ignorare può valere più di tante risposte in certi
casi. Settimana fortunata dal
punto di vista economico.
AQUARIO
21.01 - 19.02
Fatevi un esame di coscienza e
scoprirete di non avere il diritto
di guardare gli altri dal vostro
piedistallo.
PESCI
20.02 - 20.03
Un amico storico potrebbe sapervi dare il giusto consiglio. Se
con una battuta pesante avete
offeso qualcuno sappiate chiedere scusa.
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Chi è DAVIDE PALMIOTTO
DAVIDE PALMIOTTO
Il ragazzo del
Forum Music Village
Nato a Taranto, trentaquattro anni fa, sconosciuto ai più,
è tra i tecnici di punta del leggendario studio di registrazione
romano fondato da Ennio Morricone.
Lo abbiamo intervistato in occasione del Record Store Day 2015
di Pierluigi Rota
F
ondato nel 1969
da Ennio Morricone, Armando
Trovajoli,
Luis
Bacalov,
Piero
Piccioni e il produttoremanager Enrico De Meli, il
Forum Music Village fu costruito all’interno della Chiesa del Sacro Cuore di Maria,
con i permessi speciali garantiti dalla città e dalla Chiesa di
Roma. È oggi lo studio di registrazione più prestigioso che
si possa trovare in Italia ed uno
dei più desiderati studi di registrazione al mondo.
Grazie alle dimensioni dello
Studio A, che può ospitare
orchestre fino a 100 elementi, non stupisce la grande
quantità di colonne sonore
che sono state registrate
qui.
Ennio Morricone, vincitore di numerosi Oscar per
Migliore Colonna Sonora,
ha utilizzato gli studi per
creare i suoi capolavori per oltre quarant’anni.
Inoltre, il Forum ha ospitato numerosi
registi che hanno lavorato con
lui, trai quali Brian De Palma,
Oliver Stone e Barry Levinson.
Sono state registrate nello Studio A anche le musiche, vincitrici dell’Oscar, de “Il Postino”
(Luis Bacalov) e de “La Vita è
Bella” (Nicola Piovani).
Oggi, il Forum Music Village continua a portare avanti
la sua eredità con orgoglio e
impegno, e l’intero staff tiene
viva la cultura dello studio, attraverso importanti iniziative
artistiche. Tra i suoi tecnici
di punta c’è Davide Palmiotto, un giovane tarantino di
trentaquattro anni (tarantino di nascita, ma
da genitori originari di
Giovinazzo, in provincia di Bari).
Lo abbiamo intervistato
in occasione dell’imminente edizione 2015 del
Record Store Day.
Un buon studio di registrazione è fondamentale per realizzare
un prodotto discogra-
Nato a Taranto,
il 23 novembre 1980.
Diplomato presso il Liceo
Scientifico “Albert Einstein” di
Molfetta (BA) nel giugno1999.
Degree in Sound Engineer presso
SAE (School of Audio Engineer)
di Milano, nel giugno 2000.
Diplomato come Tecnico
del Suono presso il “Centro
Sperimentale di Cinematografia”Scuola Nazionale
di Cinema, nel biennio 20022004
Competenze: Sound Engineer
& Session Supervisor; Pro Tools
Engineer (for Music&Cinema
Production); Studio
Reference Manager;
Live Performance Engineer.
Referenze e Collaborazioni: da
11 anni vive di musica e collabora con molti studi e scuole sul
territorio nazione e internazionale. Ha cominciato sin dall’età di
6 anni ad avvicinarsi alla musica
e al suono, studiando Chitarra
Classica con il Maestro Michele
Libraro (attuale direttore artistico del Festival Internazionale
della Chitarra di Mottola) che
ha accompagnato il suo percorso formativo fino ai 16 anni, età
nella quale ha contaminato gli
studi classici con il Jazz presso “Il
Pentagramma” di Bari, studiando
con Guido Di Leone e Gabriele
D’Angela,
sino alla maggiore età.
La sua attenzione, passione e amore
per il suono è nata sin da quando
ha imbracciato uno strumento
musicale, grazie alla curiosità e
attenzione verso tutta la musica che
ascoltava e che oggi ha il piacere di
registrare e “mixare”
durante il suo lavoro.
Ha collaborato con molte band
emergenti nel 1999 a Milano nel
periodo di studi presso la SAE italiana, lavorando presso L’Excalibur
Studio di Milano, Jungle Sound,
Officine Meccaniche
e gli stessi studi SAE.
L’incontro con Federico Savina
durante L’AES (Audio Engineering Society), convention del 2000
in quel di Rimini, ha aperto il suo
mondo alla musica classica e alle
applicazioni della musica al
cinema, portandolo naturalmente
ad affrontare un percorso tecnico
formativo presso il Centro
Sperimentale di Cinematografia di
Roma, dove ha studiato
e ampliato le sue conoscenze
applicando alla musica
i nuovi formati di ascolto e
di produzione multicanale.
Attualmente è Resident Sound
Engineer (dal 2004) presso il Forum Music Village di Roma. Socio
fondatore dell’Orchestra Italiana
del Cinema diretta dal Maestro
Daniele Belardinelli e presieduta
dal produttore Marco Patrignani.
Collabora con lo
Sphere Studio di Londra
e il Forward Studios di Roma.
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re o di ottenere determinati standard
qualitativi nella produzione discografica o delle colonne sonore, se la causa
primaria alla quale vieni chiamato a
rispondere tutti i giorni è che lo staff
di uno studio sia legato insieme dal
“filo rosso” della Passione per la Musica».
Quali artisti frequentano il Forum Music Village?
«Dal 1969 (anno della fondazione
da parte di Ennio Morricone, Luis
Bacalov, Piero Piccioni, Armando
Trovajoli) ad oggi, il Forum Music
Village ospita artisti internazionali
e nazionali dal calibro più disparato... E la lista è veramente lunga: Morrissey, Duran Duran, Red Hot
Chili Peppers, Will I. Am, Alexandre
Desplat, Nicola Piovani, Fiorella Mannoia, Claudio Baglioni, Renato Zero,
Mina, Gianni Morandi, Laura Pausini, Francesco De Gregori e il Maestro
Morricone, che è da sempre di casa nei
nostri studi!».
Parliamo di supporti. Vinile, compact disc o mp3? Quale preferisci? Quali sono i pregi e i difetti
di questi tre formati-supporti?
«Non c’è nulla di più bello che sollevare un braccio con delicatezza, appoggiare la puntina su di un solco a
spirale, sedersi davanti agli speakers
e godersi un vinile. Che cosa magnifica “leggere” con le orecchie e con gli
occhi la storia di un disco in vinile!
Il vinile regala il fascino dell’ascolto
perché ti mette nelle condizioni fisiche di dover e voler ascoltare: …non
passerà mai al suo “side B” da solo!
Il compact disc è stato un supporto
di passaggio così come lo è l’mp3
...ma non dimentichiamo di quanto, sia l’uno sia l’altro, ci mettono
nelle condizioni di fruire un prodotto discografico nelle situazioni
più disparate ...mentre siamo in
moto, in auto, mentre andiamo a
correre...
Cosa cambia? A questa domanda,
ognuno di noi può rispondere in base
alle proprie esigenze personali...».
Negli ultimi tempi c’è un massiccio ritorno al vinile. È uscito da
pochissimo un disco quadruplo
dei Van Halen contenente le registrazioni del loro recente tour
in Giappone. Sembra di essere
tornati negli anni ‘70, quando
artisti come Yes, Neil Young,
Emerson Lake & Palmer, solo
per citarne qualcuno, sforna-
fico di qualità. Qual è la
cosa che chiedono i musicisti
che si rivolgono al Forum Music Village e dalla quale non
si può prescindere?
«Un buono studio di registrazione deve avere un imprescindibile
“rapporto viscerale e passionale”
con la musica, indipendentemente dal genere musicale. Questo
è quanto ci viene chiesto tutti i
giorni. La preparazione tecnica
è fondamentale, l’equipment è
necessario per potersi esprimere;
ma non si può tentare di risolve-
RECORD STORE DAY 2015
La festa dei negozi
di dischi indipendenti
I
l Record Store Day, la festa dei negozi di dischi, è
diventata una tradizione in
tutto il mondo. Quest’anno,
per il 18 aprile, ci saranno
eventi anche in tutte le città italiane. Accanto alle pubblicazioni
discografiche, quasi trecento solo
nel nostro paese, sono numerose le
iniziative, da nord a sud, per celebrare i negozi di dischi indipendenti: iniziando da Carù di Gallarate (Varese), segnalato lo scorso
anno dal quotidiano inglese “The
Guardian” come uno tra i migliori
negozi di dischi al mondo.
Radio Capital, la radio ufficiale
del Record Store Day, sabato 18
dedicherà l’intera programmazione all’iniziativa. Ogni ora saranno
in onda i promo dedicati ai negozi che hanno aderito alla
manifestazione e, insieme
agli speaker Gigi Ariemma, Fabio Arboit, Benny, Luca De Gennaro,
Mixo, Massimo Oldani e Doris Zaccone, i
proprietari dei negozi
di dischi avranno la
possibilità di raccon-
vano album multipli (“Yessong”,
“Decade”, “Welcome Back My
Friends”) come fossero noccioline. La leggenda narra che la
mitica Manticore fallì dopo aver
pubblicato “Welcome Back My
Friends”, disco triplo di Emerson & Compagni. Oggi il vinile è
solo una moda
o è un vero ritorno alla musica e al suono di qualità,
secondo te?
tare la loro esperienza, mentre gli
ascoltatori potranno vincere alcuni
dischi realizzati apposta per l’occasione.
Ambasciatore del Record Store
Day 2015 è Dave Grohl, batterista
dei Nirvana e frontman dei Foo
Fighters. Grohl racconta: «Ho trovato la mia vocazione nel retro di
un negozio di dischi scuro e polveroso. Era il 1975 e il disco era KTel Blockbuster 20 Original Hits
con Alice Cooper, War, Kool and
the Gang, Average White Band e
molti altri. Questo disco avrebbe
cambiato la mia vita facendomi
venire voglia di diventare un musicista».
«Il vinile è sicuramente il supporto “di moda” al momento: lo dimostrano le vendite di giradischi e
supporti! Spero che la moda del momento possa suscitare, negli animi
di chi si avvicina al vinile, un nuovo
modo di “degustare” la musica».
Secondo te, servono alla musica
iniziative come il “Record Store
Day” che sabato 18 aprile celebra i negozi di dischi, con vinili
ristampati ed edizioni particolari, realizzate appositamente per
l’occasione?
«Sicuramente tutte
le iniziative: i mercatini, la possibilità
di comprare vinili
in libreria; sono
molto utili, fanno
bene alla musica,
favoriscono il confronto e aguzzano
la curiosità!».
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Incontri
MARIA GIOVANNA LUINI
Cura è prendersi cura
Insieme a Umberto Veronesi
ha pubblicato un saggio
che si configura come un viaggio nel profondo
senso della vita. Perchè il dolore è un’esperienza
inevitabile: allora tanto vale elaborare
con pazienza e amore e rinascere migliori
di Cosima Borrelli
P
arlare di dolore, sofferenza
e lotta tra Eros e Thanatos
è sempre scomodo e complesso perché va ad intaccare in modo profondo la vita
dell’essere umano senza distinzioni di
sorta, eppure, quando arriva una diagnosi
di tumore tutto cambia, a cominciare dalla stessa idea di vita. La scala delle proprie priorità viene stravolta, subentra un
sordo ed inevitabile senso d’impotenza e
negli occhi di chi ha avuto questa terribile
diagnosi, la luce della serenità si spegne
per lasciare spazio a quella fioca dell’angoscia e della paura. Occorre iniziare a
prepararsi ad un lungo cammino per elaborare il dolore, perché un tumore cambia la vita e il modo di percepirla, smuove
paura, angoscia, l’idea della morte e della
perdita, ma fa emergere anche energie
e risorse che non sapevamo di possere,
come la voglia di superare i limiti per tornare a vivere, e nessuno ama la vita più di
chi conosce la lotta per non perderla.
Chi ha avuto la sfortuna di incontrare sul
proprio cammino questo subdolo nemico
chiamato cancro sa che la malattia insegna sempre qualcosa e che le emozioni
sono capaci di guarire o farci ammalare, ecco perché è fondamentale curare
la persona prima ancora di “distruggere
la malattia”. Insieme alla Dott.ssa MariaGiovanna Luini, scrittrice, medico
e comunicatore scientifico all’Istituto
Europeo di Oncologia di Milano, parleremo proprio di questo, dell’importanza
di partire dall’amore, perché concentrare
l’attenzione sulla malattia non fa altro che
donare potere alla malattia stessa e il cancro non merita certo un romanzo, ma le
persone che lottano per sconfiggerlo, sì...
la luce del coraggio e della speranza che
si accende negli occhi delle persone affette da cancro, merita attenzione e sostegno
ed è solo l’amore che salva e si prodiga
per far guarire ed alleviare le pene.
Con la Dott.ssa Luini vedremo che la
vera cura è “prendersi cura”considerando
la persona nella sua totalità e mettendo
in atto razionalità, empatia, amore, presenza fisica e mentale. Nessun grande
medico può dirsi completo se lascia a
casa il cuore, e le sue esperienze vissute
nell’Istituto oncologico dimostrano proprio questo. Il contatto quotidiano con il
dolore e la malattia, lo smarrimento di chi
si arrende alla disperazione e il coraggio
di chi si aggrappa con tutte le proprie forze alla speranza, invocando fiducia nella
scienza e nelle cure alternative, l’empatia
e la solidarietà di chi opera per la tutela
della salute, sono elementi fondamentali
e possono fare la differenza, perché curare non significa solo trattare scientificamente una patologia ma avere cura di
una persona nella sua interezza, occupandosi del suo corpo offeso dalla malattia e
della sua anima ferita e smarrita. Maria
Giovanna Luini, attraverso il lavoro sul
MariaGiovanna Luini,
pseudonimo di Giovanna Gatti,
è nata il 21-02-1970. E’ scrittore
(narrativa e saggistica),
divulgatore scientifico, consulente
di sceneggiatura.
Laureata in Medicina e Chirurgia e
specialista in Chirurgia Generale (e
Radioterapia) con un Master universitario in Senologia Chirurgica,
è medico (senologa) all’ Istituto Europeo di Oncologia di Milano (IEO)
dove ha anche ricoperto per quindici anni – fino al 2014 – il ruolo di
Medical Advisor to the Scientific
Director (Umberto Veronesi).
Ricercatrice di medicina integrata
, Grand Master Reiki (diverse
tecniche Reiki) e operatore theReconnection, usa tutto ciò che può
aiutare in un approccio olistico
empatico e razionale che è l’unica
via possibile per amare davvero gli
altri. Chirurgia, Medicina Energetica, fiori di Bach, intuito e (pochi)
farmaci quando servono.
campo e le sue opere narrative, sa bene
che la comunicazione insita nella scrittura rappresenta uno strumento privilegiato per intervenire e tentare di rimuovere il
male che tende ad insinuarsi nei meandri
dell’anima e nelle piaghe del corpo, puntando non solo sulla cura della malattia
ma sulla voglia di tornare a vivere.
La dott.ssa Luini ci saluta con queste
parole: «prendetevi un po’ di tempo al
giorno e state con voi stesse nel pieno
dell’amore e cercate di liberare tutte le
emozioni che non avete mai voluto tirare
fuori. Abbiate fiducia nei medici di eccellenza, scegliete con razionalità e cuore e
fidatevi. Ma amatevi, prima di tutto: siete
le vostre prime e più importanti alleate».
Lei utilizza la scrittura come canale creativo e arma reale e concreta per la prevenzione e la cura,
creando un magico connubio tra
astrazione, capacità di immaginazione e razionalità medica, è
così?
«All’Istituto Europeo di Oncologia
(IEO) di Milano sono senologa, fino al
2014 sono stata anche (per tanti anni)
l’assistente medico del Direttore Scientifico (Umberto Veronesi) e comunicatore scientifico e new media. Poi la mia
comunicazione scientifica si è ampliata, collaboro con testate giornalistiche
nazionali e portali web, con radio24
nel programma di Nicoletta Carbone
e Debora Rosciani “Cuore e denari” e
scrivo saggi di divulgazione (oltre ai romanzi). La scrittura e la comunicazione
sono la dimensione ideale per porgere
la cura, qualunque cura: cura è anche
l’informazione più corretta che aiuta a
scegliere, cura è l’empatia che si riesce
a trasmettere grazie a metodi comunicativi adatti e a una scrittura che contenga il cuore e non solo stile e tecnica.
La cura è “prendersi cura” mettendo razionalità, empatia, amore, presenza fisica e mentale e considerando la persona
nella sua totalità. Nessun super-esperto
in un singolo settore può dirsi completo
se lascia a casa il cuore e quella dose di
passione e di emotività che è il segreto
vero per prendersi cura degli altri. Per
curare è necessario AMARE.
L’ho visto con la scrittura dei romanzi: i romanzi che porgono messaggi
medici e raccontano storie di salute
e malattia, di speranza ed emozione
funzionano più e meglio di tante conferenze, e lo stesso vale per i film o le
fiction. “Allacciate le cinture” di Ferzan Ozpetek, il film cui ho collaborato
di recente, è una gigantesca cura per
tantissime persone perché ha dentro la
medicina, la credibilità scientifica ma
anche e soprattutto l’amore, la magia,
il mistero e la leggerezza profondissima delle emozioni che salvano».
In che modo lei e Umberto Veronesi siete riusciti ad affrontare
questo saggio dedicato al senso
profondo della vita?
«In tanti anni di lavoro insieme abbiamo discusso tanto e ci siamo trovati
vicinissimi in alcuni momenti e su posizioni differenti in altri momenti. Non
abbiamo mai smesso di essere medici,
lo siamo ancora: come si fa a non porsi
il dubbio sul senso della vita quando si
lavora con persone che hanno un tumore? Nel libro cui fa riferimento (“Oltre
il dolore. Viaggio nel senso profondo
della vita”, Cairo 2014) ci siamo trovati a riflettere sul dolore: il significato
del dolore e le conseguenze, i modi per
affrontarlo ma anche tutto ciò che provoca dolore in modo volontario e involontario, la stupidità di alcune forme
di dolore. Ci siamo trovati a scrivere il
libro in un periodo storico difficile e
anche dal punto di vista personale abbiamo affrontato quella scrittura conoscendo a fondo il dolore, vivendolo. Il
libro è dedicato a Mario Sideri, un amico e collega che è morto proprio mentre scrivevamo quel libro: per Umberto
Veronesi e per me (per ragioni diverse)
la morte di Mario ha significato l’ennesimo baratro in cui precipitare increduli
per poi rialzarsi con fatica, con forza,
ragionando insieme su ciò che stava
accadendo. Le nostre vite già provate
più volte dalla constatazione del dolore
erano scosse di nuovo, proprio mentre
scrivevamo quel libro, da un dolore. E
allora diventava necessario che comprendessimo in modo vivo, partecipe,
diretto come reagire costruendo e non
lasciandosi schiacciare».
E tra
Nelle pagine del libro “Il mio
mondo è donna” Veronesi parla
dell’amore e del dolore delle donne e dice che dalle donne occorre partire per superare i conflitti,
per reagire alla violenza usando
la razionalità, senza alimentare
altra violenza, per promuovere
una cultura attiva della pace, dedicando le pagine più belle “alla
grande forza della donna che la
tiene, saldamente, ancorata alla
vita e non le fa mai perdere il contatto con chi le sta accanto”.
Solo una donna conosce la forza
e la volontà di opporsi agli eventi
sfavorevoli e di assorbire qualsiasi disagio pur di continuare a
vivere.Lei da medico, si confronta ogni giorno con la sofferenza
e le emozioni più dolorose: cosa
ha imparato dalle donne che lottano contro quel subdolo male
dentro?
«A tenere lo sguardo alto, a non vergognarmi di piangere se sono triste, a rispettare le differenze. Ho imparato che
una sconfitta è solo una sconfitta e non
la fine del mondo. Ho imparato che il
tempo è un grande mago, il più grande
di tutti. Ho imparato ad amare la diversità di idee. Se parla con tre donne che
hanno avuto o hanno un tumore scopre
tre mondi totalmente diversi: ecco, questa diversità è preziosa perché insegna.
Nessuno reagisce al dolore, alla malattia, alla speranza nello stesso modo:
questo insegnamento dovrebbe valere
per tutta la vita. Siamo diversi e unici, il
rispetto assoluto per l’individuo con le
sue certezze e i dubbi, con la sua storia e
la sua cultura e religione (o non religione) dovrebbe permeare l’intera nostra
esistenza.
Ho imparato anche che noi donne sappiamo reagire perché amiamo, e ho
imparato che gli uomini sono spesso un
aiuto molto importante perché contribuiscono a farci ritornare alla dimensione
concreta, solida della vita.
Ho imparato a perdonare. Perdonare
non per tenermi nella vita persone che
non possono avere con me una relazione
sana, ma per lasciarle andare senza pesi
gravosi per la psiche che poi potrebbero
danneggiare anche il mio corpo».
Nei suoi libri c’è una perenne attenzione alle forme del dolore e
della sofferenza. Il dolore è parte
integrante e indispensabile della
nostra vita, irrompe improvviso,
ci possiede e ci abita, ci abbandona per un certo tempo salvo poi
fare ritorno, per abbandonarci
nuovamente. Il dolore però ha un
doppio volto, può essere un bene
inestimabile perché ha il potere
di cambiarci e far emergere qualità che no sapevamo di possedere, ci spinge a evolvere, scardina
certezze diventando motore della
rinascita, dell’evoluzione. Qual è
la sua interpretazione del dolore
come donna e come medico?
«Il dolore è un’esperienza inevitabile. A
nessuno piace incontrare il dolore, neanche a me, ma capita. Allora abbiamo
due scelte: lasciarci abbattere e reagire
con rabbia, peggiorando la nostra relazione con il mondo, oppure elaborare
con pazienza e amore e rinascere migliori. Scelgo la seconda».
“Il male dentro”è un romanzo ambientato in un centro oncologico.
Un posto che richiama inevitabilmente la paura della morte,
dell’angoscia, dell’istinto di vita
e di morte, eterna lotta tra Eros
e Thanatos perché un tumore
cambia la vita e il modo di per-
E tra
25
17 aprile 2015 / n.16
cepirla, smuove paura,
angoscia, l’idea della
morte ma anche l’amore, la voglia di superare
i limiti per tornare a vivere.Nel suo libro non
racconta la malattia, ma
le ragioni dell’amore,
perché concentrare l’attenzione sulla malattia
dona potere ad essa e
nessuno ama la vita più
di chi conosce la lotta per
non perderla.Raccontare
la voglia di sconfiggere
la malattia attraverso la
narrativa che valore ha dal s u o
punto di vista di medico?
«I romanzi per loro stessa natura sono liberi, ampi, pieni di creatività anche quando sembrano ritrarre la realtà quotidiana.
“Il male dentro” è uscito con Cairo nel
2013 e ancora mi invitano per le presentazioni, ancora c’è tanta gente che lo
cerca e lo legge: capisco che forse ha trasmesso messaggi che vanno al di là della
malattia. Il cancro non merita certo un
romanzo, le persone sì. L’amore merita
romanzi, e “Il male dentro” è una dichiarazione d’amore per ciò che faccio come
medico, per le persone che incontro e ho
tutte nella mia memoria, per la passione
nella cura degli altri.
Andando al di là, la narrativa per chi ha
subito un forte trauma e si trova nel dolore, nell’ansia, nella difficoltà può essere
un aiuto enorme. La narrativa, cioè scrivere, così come ogni altra forma creativa.
La creatività libera parti di noi che altrimenti non avrebbero sfogo perché non si
trovano le parole, perché i grumi emotivi
sono così enormi e profondi da non riuscire a tirarli fuori. Insieme a colleghi
scrittori a volte mi piace organizzare incontri creativi per pazienti oncologici e
più in generale per persone che si trovano
in difficoltà: lo facciamo perché liberare
l’istinto creativo è un bisogno essenziale.
Se la malattia nasce anche da emozioni
rimosse, creare aiuta a esplodere in modo
sano e positivo, a esprimere l’inesprimibile andando verso la guarigione. Vale
anche per chi ha subito un lutto: creare è
una forma grande di terapia.
Il problema arriva quando le esplosioni
creative di scrittura che liberano ricordi
ed emozioni legate a una malattia diventano libri che gli autori vorrebbero pubblicare: ne esistono alcuni con un valore
letterario indubitabile, altri invece hanno
un significato personale inestimabile ma
sono troppo intimi e personali per diventare libri pubblicabili. Ricevo ogni settimana richieste, proposte, domande di
persone che hanno scritto la loro storie
di malattia e vorrebbero essere aiutate a
pubblicare: mi fa sempre un po’ male dovere spiegare che scrivere per liberare le
emozioni non sempre implica diventare
scrittori che pubblicano libri».
Esiste la medicina tradizionale, ma
c’è anche altro… il mistero e l’energia che può guarire. Lei unisce alle
specializzazioni come radioterapia e chirurgia generale , il Master
Reiki e la pratica di Reconnection.
Cosa può dirci della medicina integrata?
«Sono Grand Master Reiki (alcune tecniche, molte per la verità) e Foundational
Practitioner di Reconnnective Healing.
La Reconnective Healing (www.thereconnection.com) è la tecnica che secondo me racchiude la maggioranza delle
altre, ed è quella che in effetti uso. Sono
attenta a rispettare ruoli, luoghi e aspettative: in IEO sono senologa e uso le mie
specializzazioni e il Master in chirurgia
senologica. La mia attività di senologa al
momento è esclusivamente lì: che io abbia un pensiero molto aperto è noto, ma
avere un pensiero aperto non significa
perdere di vista le tecniche di medicina
tradizionale che stanno avendo eccellenti
risultati nella cura dei pazienti (la chirurgia mammaria di eccellenza, per esempio: in questo iEO è il miglioe centro del
mondo).
E’ chiaro che le mie visite da senologa
siano comunque basate su un approccio
che tiene conto della persona nella sua interezza: ascolto moltissimo, voglio comprendere chi ho davanti in modo profondo per essere davvero un medico come
intendo io. Mio papà è medico internista
ed è stato il migliore medico di Medicina
Generale che abbia mai incontrato: da lui
ho imparato a esserci sempre, a conoscere
i pazienti nelle storie personali e familiari, nei dolori e nelle gioie, nelle relazioni
e nelle delusioni. Mi rendo conto di assomigliare al medico di famiglia nella sua
accezione di compagno di viaggio empatico e affettivo. Al di fuori di IEO ho uno
spazio dove esercito la medicina in modo
più ampio: medicina integrata per me è
mettere insieme senza escludere. Sono
curiosissima e “secchiona”, nella mia vita
ho studiato tante tecniche di medicina
convenzionale e cosiddette “alternative”
finché ho capito di avere sviluppato una
mia tecnica, un mio approccio personale
che cambia da paziente a paziente. I fiori
di Bach, la Reconnective Healing, certo, ma si va molto oltre
soprattutto grazie all’ascolto ampio, l’osservazione delle persone con il tempo e
l’amore».
Curare la persona prima ancora di
“distruggere la malattia” è fondamentale. Quanto conta la speranza
nella lotta contro il cancro e soprattutto che ruolo hanno le emozioni
nella salute e nella malattia del
corpo? La malattia insegna che le
emozioni sono capaci di guarire o
farci ammalare, è così?
«E’ così. Emozioni rimosse o non riconosciute, energie bloccate, incapacità di
tirare fuori la rabbia e di perdonare. La
malattia spesso nasce anche da lì. Per
questo parlo spesso di perdono, sapendo
di suscitare qualche sorrisino nelle persone che si ritengono più razionali: perdonare è liberare energie bloccate, enormi
quantità di energia. Le energie bloccate
nel campo energetico (o nella psiche se
preferite che usi un linguaggio più scientifico) prima o poi creano danno al corpo,
e il perdono è una cura fenomenale. Non
sto parlando di un perdono che porti a
riconciliazioni improbabili: possiamo benissimo perdonare gente che non rivedremo più, e ognuno per la propria strada.
Il perdono dovrebbe essere visto come
una liberazione da pesi che altrimenti ci
portiamo dietro finché ci ammaliamo.
Se qualcuno ha provocato la nostra rabbia la cosa migliore è lasciarlo indietro,
no? Certo, ma lasciare indietro senza
perdonare significa di fatto avere sempre
dentro di sé un grumo di rabbia e dolore:
rimuginiamo, ci ritorniamo dentro, “rosichiamo” per usare un’espressione che
alcuni comprenderanno subito. Lasciare
andare, aprire, spalancare e mandare via
le emozioni negative per non doverle ritrovare in forma di malattia! Se qualcuno
ha provocato la mia rabbia, mi ha ferito o
danneggiato per me è perdonato perché
sinceramente preferisco non averlo più
con me come un’ombra pericolosa e inquietante.
Il dolore è anche un grande problema, ma
solo quando non è vissuto: lo parcheggiamo da qualche parte perché è troppo
grande, perché non vogliamo mostrarlo,
perché ne abbiamo paura. Va vissuto,
invece. Quando c’è, va
vissuto senza vergognarsi: solo così la sua parte
più acuta e dannosa se ne
andrà senza farci male fisicamente.
Parlo di tutte queste cose
nei miei libri (il prossimo
romanzo sarà ancora ambientato in un ospedale ma
avrà contenuti ancora più
liberi ed evidenti rispetto
a “Il male dentro”) e in un
blog sul portale “L’Assedio
Bianco” dove ho il blog “Mente e
corpo” (http://www.assediobianco.ch/
blog/mente-e-corpo/55156bbb7b026)».
Malgrado i diversi casi di “malasanità” accaduti in Italia, fortunatamente esiste anche una sanità
d’eccellenza e di grande credibilità. Meno noto in patria è invece il
livello di eccellenza della ricerca.
Cosa può dirci in merito? Perché
ormai non ha senso ricorrere, per
diagnosi e terapia, a istituti straniere?
«La ricerca è internazionale, siamo connessi in modo costante e i centri di eccellenza sono distribuiti bene sul nostro
territorio. Non esiste più qualcosa che si
trovi “solo” all’estero, anzi. In senologia,
poi, la mia branca di lavoro medico, posso asserire che siamo stati noi italiani a
inventare le tecniche che ora si usano nel
mondo: la quadrantectomia inventata da
Umberto Veronesi, la ROLL per le lesioni mammarie non palpabili inventata da
Alberto Luini e Giovanni Paganelli per
esempio. Sto parlando di tecniche che
sono state adottate in tutto il mondo e
sono considerate le più moderne e di eccellenza».
Quali consigli sente di dare ad
una donna che ha avuto la terribile diagnosi di un tumore e come
affrontare il doloroso iter che ne
consegue?
«Intanto consiglio la lettura dell’ebook
#SENONLOSAI (Alberto Luini e Lucilla Titta, Emma Books) che contiene tutte
le domande che le donne pongono a noi
medici prima, durante e dopo una diagnosi di tumore al seno: costa 99 centesimi e
si trova in tutte le librerie online. Questo
per avere un manuale completissimo e di
facile consultazione.
Altro consiglio prioritario è: prendetevi
un’ora di tempo al giorno e state con voi
stesse nel pieno dell’amore. Amore per
voi, amore che vi riempie: amatevi. E
cercate di liberare tutte le emozioni che
non avete mai voluto tirare fuori. Abbiate
fiducia nei medici di eccellenza, scegliete con razionalità e cuore e fidatevi. Ma
amatevi, prima di tutto: siete le vostre
prime e più importanti alleate».
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Fitness&Benessere
consigli
10 ANNI PIU’ GIOVANI
CON LO SPORT
Dai 40 anni in poi il nostro corpo invecchia MOLTO
PIÙ VELOCEMENTE. Lo dimostrano vari studi:
senza i giusti esercizi fisici il corpo invecchia il doppio.
PENSIAMOCI IN TEMPO!
di Paolo Carrieri *
L
’invecchiamento
non è di per sé un
nemico, ma un naturale e inarrestabile
processo biologico e fisiologico. Non possiamo arrestare questo processo naturale,
ma possiamo rallentarlo e
agire positivamente sulla
QUALITA’ dell’invecchiamento.
Con l’avanzare degli anni si
riducono le capacità e le qualità fisiche (forza e tono muscolare, resistenza, efficienza cardio-respiratoria, densità ossea,
coordinazione, elasticità, ecc.)
ma anche la stessa tolleranza allo
sforzo fisico.
Dal comportamento generale
si osserva facilmente che negli anni si tende a diminuire il
proprio livello di attività fisica.
Tuttavia, conservando un certo
dinamismo, si riescono a rallentare le modificazioni dovute all’
invecchiamento e prevenire i fattori di rischio, preservando così
per più tempo aspetto fisico ed
efficienza globale.
CHI FA SPORT E’ PIU’ EFFICIENTE E SEMBRA MOLTO
PIU’ GIOVANE!
Persone di una certa età che si
dedicano regolarmente all’attività fisica in palestra o all’aperto,
spesso, dimostrano meno anni
di quanti in realtà ne abbiano. In
casi più particolari, anziani molto sportivi compiono performance simili o migliori di quelle di
giovani sedentari: ciò dimostra
che l’età anagrafica non sempre coincide con l’età biologica
e che quest’ultima può essere
mantenuta giovane più a lungo.
Accanto alla capacità di “performance” vi è da considerare anche l’aspetto fisico. Dimostrare
meno anni è il sogno di tutti!
MODIFICAZIONI
LEGATE
ALL’INVECCHIAMENTO
I cambiamenti che l’avanzare
degli anni comporta, coinvolgono, oltre ai muscoli, diversi altri
aspetti del nostro organismoalcuni puramente estetici e altri
funzionali. Si modificano i tessuti e conseguentemente le capacità e le qualità degli organi e dei
sistemi ad essi connessi.
DIMINUZIONE DELLA MASSA MAGRA ...
Uno dei primi problemi legati
all’invecchiamento è la perdita
di tessuto muscolare che avviene
già a partire da 30 anni quando
il 90% delle persone ogni anno
perde una quantità di muscolo
(sarcopenia) che brucerebbe 4
chili di grasso corporeo. Ciò significa che non solo si perde ciò
che crea forma, tono e forza per
il proprio fisico, ma anche che
si ingrassa di più ogni anno che
passa, sebbene le calorie ingerite
rimangono le stesse.
Insieme alla preziosa massa muscolare si registra anche una prima perdita di massa ossea (osteopenia). La perdita di muscolo è
causata da una diminuzione del
numero e delle dimensioni delle fibre muscolari, soprattutto di
quelle a contrazione rapida (tipo
II), e dalla diminuzione delle
unità motorie. Per questi motivi
con l’avanzare degli anni si tende a muoversi più lentamente e
a coordinare con maggior difficoltà movimenti più complessi.
Inoltre il metabolismo muscolare
rallenta (meno consumi e perciò
a parità di calorie ingerite si tende ad ingrassare) e la sintesi proteica tra i 60-80 anni diminuisce
del 30% circa.
Per quanto riguarda la perdita ossea, le demineralizzazione inizia
già a 30-35 anni nelle donne e a
45-50 anni negli uomini. Il processo di “distruzione” o catabolismo dell’osso prevale via via
su quello di sintesi (anabolismo),
anche per fattori ormonali, causando una definitiva perdita di
tessuto chiamata “osteoporosi”.
Diminuisce così la densità delle
ossa, aumenta l’osteoporosi, aumenta la fragilità e il rischio di
fratture.
... E AUMENTO DELLA MASSA GRASSA
Mentre tessuto muscolare e osseo con l’avanzare degli anni
diminuiscono, il tessuto adiposo
aumenta. Dopo i 25 anni d’età,
e durante i 30 anni successivi,
il peso aumenta in media di 20
kg. Spesso si arriva alla soglia
dell’obesità di primo grado o
anche a stadi più preoccupanti
che portano con sé diversi gravi fattori di rischio. Soprattutto
l’accumulo eccessivo di grasso
intra-addominale aumenta le
possibilità di incorrere in eccesso di lipidi e zuccheri nel sangue,
con conseguenti ipertensione,
diabete di tipo II, coronaropatie,
infarto e ictus.
DIMINUZIONE DELL’ALTEZZA
I dischi intervertebrali che si
trovano tra le vertebre tendono
a disidratarsi, ad assottigliarsi e
a non svolgere più in maniera
efficace il loro compito di “cuscinetti ammortizzatori”. Anche
le abitudini posturali viziate o i
carichi anomali gravanti sulla colonna portano ad una degenerazione dei
dischi. Da questo assottigliamento
derivano quindi usure e algie, ma
anche una diminuzione della statura
e l’assunzione di posture sempre più
scorrette. Per lo stesso motivo di disidratazione dei dischi, alla sera la statura è leggermente inferiore rispetto
al mattino, poiché durante la notte i
dischi non sono sottoposti al peso del
corpo e si reidratano.
CEDIMENTO E MODIFICHE NEI
TESSUTI: RIGIDITÀ E PERDITA
DI FORZA
Altra causa dell’insorgere di
posture scorrette, soprattutto
dell’aumento della cifosi dorsale
è l’accorciamento (retrazione) dei
muscoli posturali antigravitari e
delle strutture connettivali con un
progressivo irrigidimento dell’apparato muscolo-scheletrico. Contemporaneamente, i muscoli perdono tono, trofismo e forza.
Anche le cartilagini articolari
subiscono un progressivo invecchiamento; tendono infatti ad assottigliarsi (atrofia) e a fissurarsi,
non garantendo più la protezione
dell’osso sottostante. Inoltre, per
l’aumento del deposito di collagene,
la cartilagine articolare diviene meno
elastica. La ridotta attività motoria
peggiora ulteriormente questa tendenza per minore lubrificazione e
nutrimento della cartilagine; gli strati
ossei superficiali dei capi articolari
vengono quindi in contatto provocando ulcerazioni, degenerazioni
metaboliche e dolori andando infine
a compromettere sempre di più le
possibilità di movimento e diminuisce il R.O.M. (Range Of Movement)
articolare.
L’ELISIR PER L’ETERNA GIOVINEZZA? UNO STILE DI VITA
SANO ED ATTIVO!
Invecchiare lentamente ed essere in
forma significa che, se ora hai 30
anni, quando ne avrai 45 APPARIRAI e TI SENTIRAI come se ne
avessi 35, e quando arriverai ai 60
anni sarà come averne 50! Al contrario, con un cattivo stile di vita,
soprattutto per ciò che riguarda alimentazione ed esercizio fisico (ma
anche fumo, alcol e droga), se ora hai
30 anni, significa che quando avrai
40 anni APPARIRAI e TI SENTIRAI come se ne avessi 50. E quando
arriverai ai 50 anni, APPARIRAI e
TI SENTIRAI come se ne avessi 60!
Per averne conferme... basta guardarsi intorno. Non rimandare quindi
l’appuntamento con la tua “giovinezza”, inizia a fare sport SUBITO e
con costanza: vivrai così più a lungo
e soprattutto meglio!
* Dottore in Scienze Motorie, Specialista in Chinesiologia
Correttiva e Rieducativa, Educatore Fisico, ISEF, Preparatore Atletico e Sportivo, Personal Trainer, Direttore
Tecnico del MOVING CLUB.
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E tra
PSYCHE
di Alessandro Montrone*
Bevi qualcosa?
Mio figlio che ha diciotto anni nel fine
settimana esce con gli amici e da quello che ho capito la loro occupazione
principale è bere. Va nei locali dove si
beve e altre volte si organizzano tra loro
in privato ma fanno sempre la stessa
cosa. Fatto sta che di domenica si sveglia sempre un po’ frastornato e poi in
settimana mi sembra che torni ad essere sobrio. Io non so che dire perché non
mi sembra un alcolista se in settimana
non beve. E poi lo fa con gli amici. È normale? Mi devo preoccupare?
Una madre
In questo caso non c’è bisogno di possedere una
particolare esperienza diagnostica per constatare l’esistenza di un problema. D’altro canto, le
informazioni da lei riportate, seppur già di per
sé abbastanza significative, non ci consentono da
sole di stimare l’eventuale gravità della situazione in cui versa il ragazzo.
Giusto per darle qualche indicazione a scopo meramente orientativo le dico che in alcologia si è
soliti distinguere tra diverse modalità di consumo disfunzionale, disposte lungo un continuum
di gravità. Abbiamo, quindi, il cosiddetto “binge
drinking”, l’abbuffata alcolica, ossia quella modalità di consumo in cui l’individuo tende ad assumere su base regolare, ma non giornaliera, una
gran quantità di sostanza in poco tempo. Abbiamo, inoltre, l’abuso di alcolici, definito sulla base
del grado di compromissione della vita quotidiana; e, infine, la dipendenza vera e propria, che
differisce dal semplice abuso sia per la necessità
impellente di assumere dosi sempre maggiori, che
per l’incapacità fisiologica ad astenersi dall’uso
della sostanza in questione.
Le succitate tipologie, per quanto differenti nella gravità, possono comunque essere ricondotte
ad alcune dinamiche comuni. In quasi tutti i casi,
infatti, l’alcol viene consumato, più o meno consapevolmente, con il precipuo scopo di ottenere
quel piacevole effetto fisiologico che segue alla
sua assunzione: in piccole dosi, disinibente ed euforizzante; e, man mano che aumenta la quantità,
sedativo. Chi viene a contatto con questa sostanza, appena conosciute le proprietà, può cominciare, più o meno consapevolmente, ad assumerla
per modulare i propri stati interni, quasi come se
si trattasse di uno psicofarmaco di pronto uso,
nello specifico di un ansiolitico, assunto per sedare eventuali remore sociali o per anestetizzare
ansie ben più radicate. Non a caso la tendenza
all’alcolismo correla proprio con quella all’ansia
e alla depressione.
Non potendo al momento pronunciarmi in merito
alla questione del ragazzo, invito lei ad affrontarla così come reputa più idoneo. E, considerato il
dato epidemiologico, non cada nell’errore di sottovalutare una problematica giacché diffusa: non
si adagi nel “mal comune, mezzo gaudio”, ma si
focalizzi innanzitutto sul quel che più le preme,
sulla questione di suo figlio.
*Psicologo e Psicoterapeuta
Scrivete a
Alessandro Montrone
e-mail: [email protected]
E tra
17 aprile 2015 / n.16
Sport
Giovani
#inseguendounsogno
La Juniores dell’HG Sporting, superando a domicilio
il Sammichele, si è assicurata la prima posizione
del girone e la conseguente possibilità di giocarsi
la finale regionale. Parola al Dg Vito Basile
che ci apre le porte del pianeta arancionero
di Donatello Cito - Foto di Ornella Alliaj
P
iccole realtà crescono. È
proprio il caso di dirlo. In
pochi anni sta raccogliendo consensi e sostenitori,
inseguendo obiettivi importanti dal punto di vista dell’educazione sportiva e umana dei più giovani.
Parliamo dell’HG Sporting e della rapida evoluzione di questa sempre meno
piccola realtà che pone le sue basi in
Portogallo e introdotta in Puglia –a
Martina Franca per la precisione- da
Joao Correia. Una causa sposata nel
corso delle stagioni da gente preparata,
tra cui Vito Basile che sta avendo la
possibilità di mettere in pratica gli
studi specifici accademici. Ecco
un’intervista con il giovane direttore Basile che ci racconta l’evoluzione del progetto HG.
Un finale di stagione che conferma l’HG Sporting tra le protagoniste del contesto sportivo cittadino, con la formazione
juniores che attende l’ufficialità per ritenersi campione del
proprio girone. Direttore Basile,
un torneo andato oltre le più rosee previsione in attesa del lieto
fine.
«Proprio così. Siamo in vetta al nostro girone con tre punti di vantaggio
sul Polignano, società su cui pende un
ricorso che difficilmente arriverà per
tempo. Attendiamo l’ufficialità della
nostra partecipazione alla finale che al
momento è indicata dalla Federazione.
Non sappiamo ancora la data (forse 24
aprile, ndr) della finale che ci dovrebbe
vedere protagonisti al co-
spetto della vincente dello spareggio tra
Bisceglie e Rutigliano».
Un ultimo atto del campionato con la bellissima cornice di pubblico realizzata a
Sammichele.
«È stata una bella pagina di sport,
una delle più belle di questa giovane società. Ci hanno seguito
in 40 per non perdere l’ultima
partita del campionato. Una vittoria è stato il miglior modo per
ripagare i nostri sostenitori. Un
seguito così importante è insolito
per un campionato giovanile, ma
il nostro concetto di educazione
sportiva concerne anche questo.
Siamo una famiglia e lavoriamo
per lo sport come aggregazione e
socialità, perseguendo qualsiasi
obiettivo in maniera sana e lecita».
Un progetto in piena evoluzione che con il tempo sta
acquisendo consensi e sostenitori.
«La
pianificazione
triennale partita nel 2012 prevedeva
l’incremento del numero degli
iscritti per avere un gruppo,
27
plasmarlo e nel corso
degli anni raccogliere i
frutti dal punto di vista
sia umano che tecnico.
Abbiamo abbracciato
la disciplina del calcio
a 5 da due anni, non era
facile raggiungere subito dei risultati. Ma
con volontà di imparare velocemente
e tanta abnegazione
di dirigenti ed atleti,
abbiamo conseguito
questo notevole e
prestigioso traguardo, per il nostro
club e soprattutto
per la città».
Nella stagione
in corso anche
la “responsabilità” di essere
l’unica società
martinese
a operare nel
futsal a livello
giovanile.
«Andiamo fieri di
quello che abbiamo
fatto, molto c’è ancora da fare. I risultati raggiunti acquistano maggior prestigio
se consideriamo la
presenza nel girone della formazione
Juniores del Sammichele, fresca vincitrice del girone E della
Serie B e promozione
in Serie A2. Obiettivi che possono essere
migliorati con la vittoria in finale regionale, con il nostro sogno
che potrebbe continuare nello
spareggio tra Puglia e Basilicata
e il conseguente accesso alla Final Eight nazionale. Rimaniamo
con i piedi per terra e ragioniamo
passo dopo passo. L’auspicio è
che qualche imprenditore locale
appoggi la nostra causa e ci sostenga economicamente».
Oltre a continuare il discorso-futsal, l’HG Sporting ha in
cantiere tante altre idee…
«Ci sono molti obiettivi in cantiere sia per la scuola calcio e sia
per il settore dilettantistico, con
una Serie C2 in rampa di lancio
e una squadra di futsal femminile già con un anno di esperienza
alle spalle. Siamo in continua
crescita».
In conclusione, ti senti dover ringraziare qualcuno?
«Innanzitutto, il signor Maurizio Calianno: il perseguimento
di questo obiettivo è in primo
luogo merito suo; ci ha sempre
appoggiato, credendo in noi.
Colgo l’occasione per ringraziare tutto lo staff dirigenziale, tecnico e tutti gli atleti
che vestono e lottano per i
nostri colori. In ultimo, ma
non per importanza, vorrei
sottolineare il notevole apporto di coach Ivan Daprile,
tecnico preparato (con brevetto, ndr) che rappresenta
una fortuna per il nostro
progetto e per la crescita
umano/sportiva dei nostri
ragazzi».
28
17 aprile 2015 / n.16
Sport
IL TARANTO A GROTTAGLIE
CON L’ANDRIA NEL MIRINO
La bella vittoria sul Potenza che ha consentito
alla squadra di Cazzarò di scavalcare i lucani
in classifica e conquistare il secondo posto,
ha acceso ulteriormente in rush finale
di Gabriele Russano
I
l Taranto vola. L’avvento di Michele
Cazzarò sulla panchina ionica ha lanciato i rossoblù con
un ruolino di marcia impressionante e che ha galvanizzato l’ambiente, speranzoso nella vittoria del
campionato. Tre vittorie
su tre partite per il tecnico
tarantino, due delle quali
sulle dirette concorrenti
nella corsa alla Lega Pro,
Fidelis Andria e Potenza.
Proprio i lucani sono stati
l’ultima vittima di Mignogna e compagni nel bigmatch disputato domenica
allo “Iacovone”. Davanti
a una cornice di pubblico
entusiasmante (diecimila
gli spettatori sugli spalti),
è stata una punizione di
Marsili a decidere le sorti
dell’incontro e regalare il
sorpasso del Taranto proprio sul Potenza, praticamente nullo per tutti i
novanta miuti. Il secondo
posto conquistato in solitudine consente adesso alla
LA REGINA DEGLI SCACCHI
(Prima parte)
Sul tema di “Piccoli e grandi scacchisti
crescono” incontriamo la studentessa sedicenne
Alessia Santeramo, Maestra FIDE
e donna-bambina prodigio della città di Barletta
di Marika Chirulli
V
iso bellissimo di
una donna che
sta sbocciando,
ma che si afferma soprattutto
per la sua smisurata intelligenza e le sue notevoli
capacità, doti rare nella
gioventù moderna sempre
più affascinata dall’avere
piuttosto che dall’essere.
Ho avuto il piacere di conoscerla un anno fa al
CISF e fui colpita dalla sua
saggezza ed umiltà. Nonostante fosse conscia della
propria superiorità scacchistica, asserì che ogni
partita va giocata fino in
fondo, poiché il risultato è aperto fino alla
fine. Ritengo che ogni
commento sia superfluo. Alessia, a dispetto
della sua giovane età, ha
compreso perfettamente
il “senso della vita”, assimilabile al Gioco degli
Scacchi.
In quale occasione e
periodo della tua vita
hai scoperto la
passione per
gli scacchi?
Avevo otto anni
quando, grazie
ad un progetto
scolastico, ho
conosciuto questo nuovo mondo. La passione
è nata un anno
dopo.
Chi ti ha sostenuto
e
incoraggiato permettendoti di raggiungere
tale traguardo?
La mia famiglia, che mi
sostiene moralmente ed
economicamente, tecnicamente mi segue il MI Federico Manca.
Quanto incidono sulle
tue vittorie le eccellenti doti intuitive e
l’esperienza?
L’intuito è fondamentale
per non perdersi fra i vari
calcoli finalizzati alla ricerca della mossa giusta.
L’esperienza invece ha un
valore
più
squadra del presidente Campitiello di mirare la capolista
Andria più da vicino, anche
se il divario di 5 punti resta,
visto il contemporaneo successo dei biancoazzurri sul
campo del fanalino di coda
Puteolana. Domenica sarà
un’altra battaglia per i rossoblù: derby in casa di un
Grottaglie in profonda crisi
e alla disperata ricerca di
punti che possano consentire alla squadra della città
delle ceramiche di evitare
la retrocessione diretta. Non
sarà facile per gli uomini di
Pizzonia, vista la determinazione mostrata dal Taranto rigenerato dal cambio di
guida tecnica. I rossoblù,
dal canto loro, non dovranno prendere sottogamba
l’impegno, anzi: servirà
una prestazione equilibrata
e convinta per continuare a
sperare, prima della secon-
da trasferta consecutiva che
domenica 26 vedrà gli ionici
ospiti sul difficile campo del
San Severo. Contestualmente, l’ostacolo della capolista
Andria si chiama Manfredonia, squadra praticamente
già in salvo ma che ha sempre dato del filo da torcere
alle big del campionato. Per
Prosperi e compagni, dunque, sperare è lecito...
universale ed è fondamentale negli scacchi, giacché permette di affrontare al meglio
eventuali problemi e di gestire adeguatamente la tensione
emotiva.
Gli scacchi richiedono
anche la capacità di anticipare l’avversario. Sei in
grado di “leggere” psicologicamente i tuoi avversari?
A volte si! Sarebbe fantastico
riuscirci sempre, perché la sfera psicologica a mio avviso ha
il suo peso durante una partita.
In una competizione importante, mi è capitato addirittura di
vincere uno scontro decisivo
quasi esclusivamente giocando sulla psicologia.
Credi che lo stile di gioco
di uno scacchista rispecchi la sua personalità?
Un bambino introverso e timido tende ad avere uno stile
difensivo, mentre uno vivace
cerca subito lo scacco matto!
Il livello sale ma lo stile personale rimane lo stesso e il giocatore esperto cerca di adattarlo alle esigenze di posizione.
Quale tra le tue competizioni, più di tutte, ti ha
resa orgogliosa di te
stessa e perché?
Lo scorso Campionato
Europeo, anche se provo
del rammarico perché,
se avessi vinto l’ultimo
turno, mi sarei laureata
Campionessa Europea
e sarei stata la prima
italiana ad aggiudicarmi questo titolo. Comunque sono stata fra
le protagoniste di una
competizione importante ed è per me fonte di
orgoglio.
Come hai conciliato
una passione così impegnativa come quella
per gli scacchi con lo
studio, nel quale riesci
peraltro egregiamente?
Credo di riuscirci abbastanza bene, semplicemente
perché elimino il superfluo.
Ovviamente non si può fare
tutto e nell’ultimo periodo
mi dedico esclusivamente
agli scacchi e alla scuola.
(Continua)
La gara del “D’Amuri” si
disputerà alle 16:00, posticipata di un’ora per motivi di ordine pubblico visto
l’afflusso massiccio di tifosi
rossoblù attesi a Grottaglie
(esauriti in poche ore i 500
biglietti messi a disposizione
dal club tarantino). Cazzarò
per il derby ritroverà in difesa Marino, che ha scontato
il turno di squalifica. Mentre
sarà assente l’infortunato
Tarallo.
E tra
E tra
Registrazione Tribunale di Taranto
n. 14/07 del 26 settembre 2007
Direttore Responsabile
Rosa Colucci
Art Director
Carmela Marangella
Assistente grafica
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Contributor
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Cosima Borrelli
Paolo Carrieri
Maria Rosaria Chirulli
Salvino Chetta
Donatello Cito
Vito Pietro Corrente
Roberta Criscio
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Francesca Garrisi
Mauro Guitto
Antonio Lucarelli
Mauro Mari
Serena Mellone
Alessandro Montrone
Oscar Nardelli
Pierluigi Rota
Gabriele Russano
Fabiana Spada
Fotografie
Donato Ancona
Webmaster
Problema numero 330
Muove il Bianco
Matto in due mosse
Francesco Cervino
(ATTIVA WEB)
Special Guest
Benvenuto Messia
Diffusione
Extra Magazine è un settimanale
distribuito nelle province di Taranto,
Bari e Brindisi
Stampa
Martano Editrice s.r.l.
Via delle Magnolie
Zona industriale, Bari
Dove giocare
a scacchi
A Martina Franca
A.D. Scacchi Martinese
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Gli articoli pubblicati, salvo accordo scritto,
A.D. Itria Scacchi
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s’intendono ceduti a titolo gratuito. Scritti e
scono. Questo giornale rispetta l’ambiente,
è stampato su carta riciclata.
Chiuso in redazione il
16 aprile 2015
Itria Scacchi
A Taranto
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presso A.B.F.O.
Telefono: 339-2695756
Sito:www.tarantoscacchi.it
A.D. Taranto Scacchi
In copertina
Marcello Piras
Risultato dell’Es.330
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E tra
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E per finire
E tra
Fatto per bene
Con il cuore per il cuore
Tutt in campo per la XIII Edizione del “Triangolare (+1)
della Solidarietà”. Festa di sport al “Tursi”,
con migliaia di studenti e gli attori del Mudù
T
orna sabato 18 la festa dello sport
e della solidarietà allo stadio “Tursi” di Martina Franca. A partire
dalle ore 9:00 avrà inizio la XIII
Edizione del “Triangolare (+1)
della Solidarietà”, manifestazione a scopo
benefico che, come ogni anno, vede la partecipazione degli attori del Mudù e degli
studenti degli Istituti di ogni ordine e grado
di Martina Franca, i quali saranno presenti
sugli spalti del “Tursi” per incitare i propri
colleghi in campo e, soprattutto, per contribuire all’acquisto dei defibrillatori destinati
agli stessi Istituti Scolastici. “Quest’anno
abbiamo voluto consolidare il legame che
ci unisce alle scuole e ai propri Dirigenti,
investendo il ricavato dell’evento nell’ac-
quisto di defibrillatori che verranno a questi
consegnati” ha affermato Raffaele Chiarelli, vicepresidente dell’Associazione Arca
Promoter. “Purtroppo però, le apparecchiature che saremo in grado di acquistare difficilmente riusciranno numericamente a coprire tutte le scuole. Quindi, l’assegnazione
dei defibrillatori – aggiunge Chiarelli - terrà
conto della popolazione scolastica e della
ubicazione di ogni struttura, con l’auspicio
che il prossimo anno si possa completare
l’opera e garantire una apparecchiatura per
ciascuna scuola.”
A questo proposito sarà fondamentale anche il contributo offerto dall’Assessorato Regionale alla Sanità, che garantirà al
personale individuato da ciascuna scuola i
ARCA PROMOTER
1 - ANGELINI ORONZO
2 - CATAUDELLA ILLUMINATO
3 -PERROTTA UMBERTO LUIGI
4 - PASTORE FRANCESCO
5 - NARDELLI GIANFRANCO
6 - LORUSSO PAOLO
7- NARDELLI PATRIZIO
8 - LACATENA NICOLA
9 - CATAPANO TOMMASO
10 - SPINELLI GIOVANNI
11 - ZAURINO MIMMO
12 - TUCCITO GIUSEPPE
13 - GALASSO ANTONIO
14 - SCHIAVONE GIUSEPPE
15 - RUSSO VITO
16 - SCIACOVELLI ANDREA
17 - CARRIERI DOMENICO
18 - LOPARCO GIUSEPPE
19 - MAGGI ELIO
20 - RUBINO RENZO
21 - MIOLA ALESSANDRO
22 - SPADA FABIO
23 - PASSIATORE ELIO
corsi di formazione per l’utilizzo della strumentazione acquistata, potendo anche contare sul contributo degli operatori del 118 e
del dottor Francesco Pastore, istruttore nazionale per l’insegnamento delle procedure
BLS-D di primo soccorso.
L’elevata affluenza allo stadio sarà perciò
alla base della riuscita dell’evento, al quale
hanno già aderito pressoché tutte le scuole
della città, attraverso l’acquisto del tagliando di ingresso tra i propri studenti. Saranno proprio quest’ultimi i protagonisti della
mattinata, sia sugli spalti che in campo,
dove due selezioni degli Istituti Superiori si
contenderanno l’accesso alla finale. Invece,
nell’altra delle prime due gare previste, gli
attori del Mudù se la vedranno contro una
mudù
1- UMBERTO SARDELLA
2 - GAETANO FUNARO
3 - NINO SPINA
4 - GAETANO CARIELLO
5 - MASSIMILIANO GIANCASPERO
6 - GIOVANNI RUTIGLIANO
7 - PIERO TRAVERSA
8 - MASSIMILIANO DIELE
9 - FRANCESCO PANTALEO
10 - GIACINTO LUCARIELLO
11 - ARCANGELO MLLELLA
12 - ERNESTO MARTINELLI
13 - BRANDO ROSSI
selezione dell’Arca Promoter, costituita da
quelle figure che hanno contribuito ai successi raggiunti dalla stessa Associazione in
questo ventennio.
La comicità di Umberto Sardella e degli
altri attori rappresenterà come ogni anno
l’elemento aggiunto di una giornata che si
propone tra i propri obiettivi quello di unire il divertimento alla causa benefica. E in
tal senso fondamentale sarà anche il contributo economico offerto dagli operatori
farmaceutici di Martina Franca coordinati
dal dott. Francesco Lembo.
Alle ore 9:00 il via sarà dato dalla breve
cerimonia di inaugurazione, nel corso della
quale gli studenti delle scuole primarie si
esibiranno in una serie di attività ludicosportive. Quindi l’inizio ufficiale di questa
tredicesima edizione avverrà alla presenza
delle Autorità Istituzionali, a cui farà seguito l’inizio delle prima delle due semifinali
in programma. L’acquisto del tagliando, il
cui costo è di 3 euro, sarà possibile anche ai
botteghini dello stadio sin dalle 8:30 dello
stesso giorno.
ISTITUTI TECNICI
liceo Tito Livio
1 - Angelo Albanese
2 - Vito Angelini
3 - Gianfranco Colucci
4 - Alessio Filomena
5 - Raffaele Lazzaro
6 - Walter Rossi
7 - Fabio Palazzo
8 - Mino Solito
9 - Rosario Pulito
10 - Giuseppe Piepoli
11 - Angelo Lisi
12 - Silvano Greco
13 - Manuel Scialpi
14 - Vito Cito
15 - Andrea Vinci
16 - Kejdi Pajai
17 - Giovanni Chiatante
1 - Agostino Zaurito
2 - Alberto Chirulli
3 - Alessandro Carrieri
4 - Andrea Ruggieri
5 - Antonio Marinosci
6 - Carlo Curri
7 - Carola Colucci
8 - Cosimo Cagnazzo
9 - Daniele Caramia
10 - Davide Schiavone
11 - Edoardo Adamuccio
12 - Francesco Ammendola
13 - Francesco Sforza
14 - Giuseppe Ancona
15 - Giuseppe Giliberti
16 - Marco Fornaro
17 - Vincenzo Aquaro
18 - Nicola Villanova
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