Martedì 21 aprile 2015 ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Stagione 2014-2015 Concerto n. 16 Ensemble Zefiro Mozart Serenata n. 12 in do minore K 388 Serenata n. 10 in si bemolle maggiore K 361/370 “Gran Partita” Di turno Antonio Magnocavallo Salvatore Carrubba Andrea Kerbaker Alberto Conti Consulente Artistico Artistico Consulente Paolo Arcà Paolo Sponsor istituzionali Sponsor Barocco e oltre Con il contributo di Media partner Con il patrocinio e il contributo di Con il patrocinio di In collaborazione con È vietato, senza il consenso dell’artista, fare fotografie e registrazioni, audio o video, anche con il cellulare. Iniziato il concerto, si può entrare in sala solo alla fine di ogni composizione. Si raccomanda di: • disattivare le suonerie dei telefoni e ogni altro apparecchio con dispositivi acustici; • evitare colpi di tosse e fruscii del programma; • non lasciare la sala fino al congedo dell’artista. Il programma è pubblicato sul nostro sito web il venerdì precedente il concerto. Wolgang Amadeus Mozart (Salisburgo 1756 – Vienna 1791) Serenata n. 12 in do minore per 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni e 2 fagotti K 388 (ca. 27’) I. Allegro II. Andante III. Menuetto in canone IV. Allegro Anno di composizione: 1782 ca. Anno di pubblicazione: 1811 ca. Serenata n. 10 in si bemolle maggiore per 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni di bassetto, 4 corni, 2 fagotti e contrabbasso K 361/370 “Gran Partita” (ca. 50’) I. Largo. Molto Allegro II. Menuetto III. Adagio IV. Menuetto. Allegretto V. Romanze. Adagio VI. Tema con variazioni VII. Finale. Molto Allegro Anno di composizione: 1783/84 Anno di pubblicazione: Vienna, 1803 La prima scena del Finale II del Don Giovanni di Mozart si svolge in una sala del palazzo di Don Giovanni, dove è preparata una mensa imbandita. In scena, oltre a Leporello e Don Giovanni, ci sono anche alcuni suonatori, che a un comando di Don Giovanni iniziano a suonare per accompagnare la cena del padrone. «Già che spendo i miei danari io mi voglio divertir. Voi suonate, amici cari!». L’ensemble di strumenti intona sul palcoscenico prima un tema dall’opera Una cosa rara di Martin y Soler, poi un altro da Tra i due litiganti il terzo gode di Giuseppe Sarti e infine l’aria dalle Nozze di Figaro “Non più andrai farfallone amoroso”, tutti motivi popolari a Praga e a Vienna nel 1787. La formazione di questa piccola orchestra di fiati, composta da 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni e 2 fagotti, non era stata scelta a caso. Essa corrispondeva infatti alla cosiddetta Harmoniemusik, un tipo di ensemble che si trovava a servizio in diverse famiglie della nobiltà viennese. La moda di assumere un ottetto di strumenti a fiato per intrattenere le serate delle famiglie nobili più in vista era stata lanciata dall’imperatore Giuseppe II, che aveva fondato un ensemble di questo genere nel 1782, dopo essere rimasto da solo alla guida dell’Impero alla morte della madre Maria Teresa nel 1780. A partire dagli anni Ottanta, dunque, molti maestri viennesi hanno cominciato a scrivere musica per questa formazione, che aveva un predecessore nel sestetto di strumenti a fiato, ampiamente sfruttato da Haydn, ed ebbe in seguito una robusta discendenza trasferendosi nelle bande militari e nello sviluppo dell’orchestra ottocentesca. Mozart naturalmente era in prima fila nel mettere la propria arte al servizio di questa nuova moda musicale promossa dal suo prin- cipale ammiratore all’interno della corte viennese, ovvero l’Imperatore stesso. La produzione mozartiana in questo campo è tutt’altro che sterminata, ma sotto il profilo artistico estremamente significativa. Il manoscritto autografo della Serenata in do minore reca nell’angolo in alto a destra un’iscrizione senza dubbio di pugno di Mozart: di Wolfgango Amadeo Mozartmp/ 1782. La data tuttavia appare problematica. In primo luogo, alcune caratteristiche della scrittura avvicinano la Serenata a lavori posteriori come la Fantasia per violino e pianoforte K 396 e soprattutto la Fuga per 2 pianoforti in do minore K 426. In secondo luogo, l’analisi della carta usata da Mozart e dei timbri ad acqua ha stabilito che la maggior parte dei fogli viene in effetti da materiale del 1782, ma un fascicolo invece è timbrato con un marchio identico a quello della carta usata da Mozart per lavori del 1783/84. Sembra probabile dunque che la Serenata sia stata impostata nel 1782, ma sviluppata soltanto nell’inverno dell’anno successivo. Sotto molti aspetti la Serenata è un lavoro di frontiera e certamente lontano dall’idea tradizionale di intrattenimento. Il fatto stesso che i movimenti siano soltanto quattro indica una sostanziale deviazione dal modello della suite, che è all’origine di tutte le varie forme di musica da suonare en plein air. Inoltre la scelta di una tonalità drammatica come il do minore e il frequente emergere di una scrittura di stile contrappuntistico rivela l’intenzione di conferire al lavoro una serietà e una qualità che erano prerogativa di solito di altre forme musicali. Mozart stesso era consapevole di questa forzatura del genere, tant’è vero che diversi anni dopo, nel 1788, trasformò la Serenata in un Quintetto per strumenti ad arco K 406/516b. Altro elemento curioso di questo enigmatico lavoro è il fatto che Mozart abbia cancellato il titolo di “Parthia”, sostituendolo poi con “Serenade”. Gli studiosi hanno potuto leggere la scritta originale solo in tempi recenti, quando l’autografo mozartiano è stato fotografato a raggi ultravioletti e si sono potute decifrare le lettere raschiate dalla carta. Forse la definizione di “Partita” richiamava troppo l’idea della suite di danze, mentre l’aspetto finale della Serenata si discosta alquanto da quel modello originario. I quattro movimenti in effetti disegnano quasi il profilo di una piccola Sinfonia di stampo antiquato, per gli standard raggiunti dal genere negli anni Ottanta grazie ad Haydn, ma rinfrescata dal moderno stile della scrittura di Mozart. Il primo elemento importante consiste nell’innesto del linguaggio contrappuntistico, che non riguarda soltanto il “Menuetto”, espressamente indicato come canone, con tanto di “Trio” a canone rovesciato. Anche negli altri movimenti infatti viene a galla il piacere della scrittura imitativa e più in generale un gusto per lo stile polifonico, come per esempio nello sviluppo della forma sonata del movimento iniziale. Il carattere pastorale legato tradizionalmente agli strumenti a fiato emerge invece nel dolcissimo “Andante” in mi bemolle maggiore, un movimento della più pura aura poetica mozartiana. La voce melanconica del clarinetto sembra gettare un’ombra di nostalgia sul tema iniziale, come un paesaggio campestre raffigurato nella luce dell’imbrunire. Qui, come nel precedente “Allegro”, Mozart dispiega tutta la classe della sua sensibilità armonica, che si configura con una tavolozza di colori ricchi di sfumature e resa ancora più preziosa da un’impareggiabile maestria nel mescolare i timbri degli strumenti. L’impasto sonoro delle otto voci, che nel tema con variazioni finale assume un carattere virtuosistico, dimostra la precisione della scrittura di Mozart, che conosceva alla perfezione le qualità e i problemi degli strumenti a fiato. La formazione tipica dell’Harmoniemusik infatti aveva alcuni limiti dal punto di vista dell’equilibrio sonoro. La coppia di fagotti, che rappresentano la voce del basso, risulta abbastanza esile rispetto al timbro squillante degli oboi e al robusto colore dei corni. Non a caso Mozart nei suoi lavori di questo genere scrive la voce dei due fagotti all’unisono e adopera altri accorgimenti per aggirare il problema. In altri casi, invece, aggiunge degli strumenti all’organico tradizionale, come hanno fatto anche altri maestri dell’epoca. L’esempio più celebre naturalmente è la Serenata in si bemolle maggiore K 361. Sul manoscritto autografo, conservato alla Library of Congress di Washington, è riportato da mano estranea la scritta “gran Partitta” e l’anno 1780. In questo caso l’appartenenza al genere è più giustificata, grazie alla presenza di sette movimenti, anche se la definizione di “Partita” è stata aggiunta molto tempo dopo la morte di Mozart e non ha nulla a che fare con lui. Diverso invece è il discorso sulla data. Il più antico documento sulla Serenata risale a una notizia apparsa su un giornale viennese del 23 marzo 1784, dove si annunciava un’accademia del clarinettista Anton Stadler con una “grande musica per strumenti a fiato di tipo del tutto particolare composta dal Sig. Mozart”. Dal diario di uno spettatore del concerto, sappiamo anche che in quella circostanza la Serenata venne eseguita in quattro movimenti, ma questo non significa che il lavoro sia stato composto in due fasi. Non avendo altre notizie certe, è ragionevole pensare che la Serenata risalga in realtà a un periodo compreso tra il 1782 e gli inizi del 1784, quando Mozart si era già trasferito a Vienna. Mozart qui affronta il problema della debolezza della linea bassa e aggiunge, secondo il costume di altri maestri, un contrabbasso, per dare maggior sostegno all’armonia. Non si limita a questo, però, perché arricchisce il tessuto sonoro con un’altra coppia di corni e una di corni di bassetto. Questo strumento rappresenta la vera novità della formazione, perché la sua presenza è certamente legata alla figura di Stadler, che era un gran virtuoso di corno di bassetto, oltre che un intimo amico di Mozart. Il colore di questo strumento, simile al clarinetto ma dalla voce più scura, conferisce al lavoro, specialmente alle sue parti liriche, un’indefinibile tinta nostalgica. Una delle caratteristiche più interessanti della Serenata è la sua scrittura concertante all’interno di un quadro sinfonico per così dire, il che giustificherebbe la definizione “di tipo del tutto particolare”. I singoli strumenti infatti, specialmente il primo oboe e il primo clarinetto, imbastiscono spesso una sorta di dialogo, in cui le frasi passano da una voce all’altra in un gioco di eleganti e reciproche cortesie. Alle spalle dei solisti che di volta in volta spiccano in primo piano, il coro delle altre voci crea delle scenografie perennemente cangianti, attraverso un’invenzione continua di ritmi e di impasti timbrici. Questo nuovo stile, che fiorisce anche nei generi principali della produzione di quegli anni come il Concerto per pianoforte e la Sinfonia, è già perfettamente riconoscibile nel “Largo” introduttivo alla forma sonata del primo movimento. I due “Menuetti”, entrambi in si bemolle maggiore, hanno un carattere diverso. Il primo è più elegante e solen- ne, mentre il secondo è più vicino allo spirito della danza. Entrambi contengono un “Trio I e II”, che contrasta in maniera particolare il proprio “Menuetto”. Nel “Menuetto” solenne, per esempio, il primo “Trio” è affidato ai soli clarinetti e corni di bassetto, creando così un effetto di contrasto timbrico, mentre il secondo mette in luce un carattere più espressivo attraverso l’uso della tonalità di sol minore. Tra i due “Menuetti”, sboccia come un fiore dal profumo inebriante un “Adagio” in mi bemolle maggiore, che completa così in maniera sublime la complessa scenografia architettata da Mozart in questo gioco di luci e ombre contrastanti. Nella sceneggiatura del film Amadeus, Peter Schaffer mette in bocca a Salieri una descrizione memorabile di questo “Adagio”, che rappresenta uno degli esempi più alti della vena lirica di Mozart. La “Romanze” e il “Tema con variazioni” configurano a loro volta un secondo blocco architettonico, che forma un contrappeso al precedente. Qui l’“Adagio”, che richiama il precedente per la tonalità di mi bemolle maggiore e per l’incipit contrassegnato dal pedale in ottava di una coppia di corni, racchiude viceversa un episodio contrastante per il carattere (Allegretto), la tonalità (do minore) e il ritmo (2/4). Alle numerose sfumature espressive dei due “Menuetti” risponde invece il “Tema seguito da sei variazioni”, ciascuna delle quali congegnata in modo da mettere in evidenza un carattere o una tinta strumentale diversa. La chiusura di questo formidabile lavoro è affidata a un trascinante “Rondò”, che rappresenta un fuoco d’artificio di suono e di energia musicale, memore forse delle esplosive turcherie seminate da Mozart nell’orchestra della coeva Entführung aus dem Serail. Oreste Bossini Ensemble Zefiro Alfredo Bernardini, Paolo Grazzi oboi Lorenzo Coppola, Eduardo Beltran clarinetti Alf Hörberg, Danilo Zauli corni di bassetto Alberto Grazzi, Giorgio Mandolesi fagotti Dileno Baldin, Brunello Gorla, Ermes Pecchinini, Gabriele Rocchetti corni Paolo Zuccheri contrabbasso Nel 1989 a Mantova, gli oboisti Alfredo Bernardini e Paolo Grazzi e il fagottista Alberto Grazzi fondano Zefiro, un complesso con organico variabile specializzato in quel repertorio del Settecento in cui i fiati hanno un ruolo di primo piano. In questi anni Zefiro è diventato un punto di riferimento in ambito internazionale per il repertorio di musica da camera del ‘700 e ‘800 eseguito su strumenti d’epoca. L’attività di Zefiro con tre organici diversi (ensemble da camera, gruppo di fiati “Harmonie” e orchestra barocca) affronta un repertorio molto ampio: dai concerti a 5 e per strumenti solisti di Vivaldi alle opere teatrali e musica festiva di Händel, dalle Cantate di Bach alle Messe di Haydn, fino alla musica per fiati di Mozart, Beethoven e Rossini. I suoi fondatori, docenti presso i Conservatori di Musica di Amsterdam, Barcellona, Mantova, Verona, Milano, specialisti nell’ambito della musica antica e apprezzati solisti, si avvalgono della collaborazione dei migliori strumentisti in campo europeo. Zefiro è ospite dei principali festival europei (Amsterdam, Aranjuez, Barcellona, Bonn, Ginevra, Graz, Helsinki, Innsbruck, Liegi, Lione, Londra, Malmö, Manchester, Milano, Monaco di Baviera, Palma di Mallorca, Parigi, Potsdam, Praga, Ravenna, Regensburg, Salisburgo, Stoccarda, Utrecht, Vienna) e protagonista di tournée in tutto il mondo. Ha al suo attivo numerose registrazioni discografiche che comprendono opere di Zelenka; Mozart, Beethoven, Vivaldi, Telemann e Händel che hanno meritato riconoscimenti internazionali quali “Grand Prix du Disque”, “Premio Nazionale Classic Voice”, “Editor’s Choice” di Gramophone, “Choc du Monde de la Musique” (2007), “Diapason d’Or (2009). Tra le registrazioni più recenti pubblicate da “Arcana” i Concerti per fagotto di Vivaldi e le Ouverture a doppio coro di Telemann. Zefiro è inoltre stato scelto dalla televisione belga per un documentario su Vivaldi. L’Ensemble è stato ospite della nostra Società per Musica e poesia a San Maurizio nel 2001 (50° ciclo). Prossimo concerto: Martedì 28 aprile 2015, ore 20.30 Sala Verdi del Conservatorio Enrico Pace pianoforte Dopo aver incantato il pubblico nell’Integrale delle Sonate di Beethoven con il violinista Leonidas Kavakos, Enrico Pace torna al Quartetto da solo, con un recital che illustra la personalità colta e raffinata di questo artista. Il programma si muove tra i bagliori romantici del primo Schumann e del Liszt delle Années de Pélerinage, tutti intrisi di riferimenti letterarî e di fremiti poetici, e nei labirintici percorsi del pianoforte del Novecento, di cui le Six épigraphes antiques di Debussy e la Sonata n. 3 di Hindemith rappresentano due esempi tanto eloquenti quanto Società del Quartetto di Milano - via Durini 24 20122 Milano - tel. 02.795.393 www.quartettomilano.it - [email protected]
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