il patrimonio industriale: paesaggi e architetture. il caso albania

Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives -­‐ Roma, Università Roma Tre, 21-­‐22 novembre 2014 IL PATRIMONIO INDUSTRIALE: PAESAGGI E ARCHITETTURE. IL CASO ALBANIA Anna Bruna Menghini DICAR, Dipartimento di Scienze dell’Ingegneria Civile e dell’Architettura, Politecnico di Bari, [email protected] Frida Pashako Dipartimento di Architettura,Facoltà' di Ingegneria Civile ed Architettura, Epoka University, Tirana, Albania, [email protected] La storia dell'industrializzazione albanese I primi passi verso l'industrializzazione in Albania risalgono al 1939-­‐46, sotto gli auspici del “protettorato italiano”, con ingenti investimenti nell'industria estrattiva, energetica e con la fondazione della città di Petrolia1. Dopo la seconda guerra Mondiale (1946-­‐48) assistiamo alla formazione dello stato comunista la cui politica estera sarà segnata da una serie di alleanze con stati dello stesso orientamento. Tali alleanze avevano un diretto impatto sullo sviluppo economico e tecnologico del paese. Il patto con l’URSS (1949-­‐61) ha portato ad importanti investimenti nel settore industriale tramite un ingente prestito (poi condonato) e anche attraverso il supporto tecnico degli specialisti russi che hanno permesso al paese di avanzare i primi passi verso l'industrializzazione. In questo periodo anche la pianificazione economica seguiva il modello russo attraverso l'adozione dei piani quinquennali. Con il 1° piano (1951-­‐55) venivano costruite: le centrali idroelettriche "V.I. Lenin" e "K.Marx", lo stabilimento per la lavorazione del petrolio a Cerrik, la fabbrica di cemento a Valona, la fabbrica tessile "G. Stalin" a Tirana, la fabbrica della lavorazione del tabacco a Scutari, la fabbrica per la lavorazione del legno ad Elbasan e la fabbrica della lavorazione dello zucchero a Maliq. Evidentemente la sfida era quella dell’industrializzazione di un'economia prettamente agricola e la preparazione tecnica e scientifica della forza lavoro. Con il 2° piano (1956-­‐60) si puntava alla collettivizzazione dell’agricoltura (cooperative) e l'abolizione della produzione individuale. Non mancarono investimenti nell’industria alimentare (Scutari, Peshkopia, Tirana, Kavaja, Fier, Valona ecc.), in quella estrattiva (Pogradec: miniera di carbone) e nella lavorazione dei minerali (Kukes: industria del cromo, Kurbinesh: industria del rame).
Con il 3° piano (1961-­‐65) si assisteva alla rottura con la Russia nel 1961 e alla nuova alleanza con la Cina. Si realizzarono alcuni stabilimenti programmati come quelli per il cuoio e le scarpe a Gjirokastra e Korça, per il legno a Tirana e Durazzo ed altri piccoli impianti.
Con il 4° piano (1966-­‐70) il paese aveva raggiunto una certa maturità industriale ed insieme agli aiuti cinesi si diede inizio a grandi opere come la centrale idroelettrica di Vau i Dejes, lo stabilimento dei preparati chimici di Luc, la fabbrica di gomma di Durazzo, la fabbrica degli strumenti ad alta precisione di Korça nonché il kombinat tessile "Mao Zedong” a Berat e il complesso industriale di Fier che includeva l’industria di fertilizzanti, l’industria estrattiva e la raffineria.
Con il 5° piano (1970-­‐75) si puntava esclusivamente sul grande complesso metallurgico di Elbasan. Il 1978 segnava la rottura con la Cina dando inizio al periodo d’isolamento e al modello economico dell'autarchia. I piani 6° (1976-­‐80), 7° (1981-­‐85) e 8° (1986-­‐90) investivano sull'industria chimica e alimentare ma soprattutto sulla costruzione dei tunnel e bunker dato il grande timore di attacco che il leader E. Hoxha percepiva a causa della totale rottura con gli stati communisti e il gelo con quelli capitalisti. Durante gli anni di isolamento l'economia era precaria, scarseggiavano anche i beni di prima necessità tanto da avviare una politica di razionamento dei viveri. Ciò, insieme a tutto quello che un regime totalitario può comportare, portarono nel 1991 al crollo del comunismo attraverso una rivolta popolare. Seguiva un periodo di non funzionamento dello stato, che per i siti industriali ha significato l'abbandono e il saccheggiamento. Da allora le condizioni sono cambiate, tuttavia gran parte di questo patrimonio è a 1
Il nome Petrolia era legato alla presenza di petrolio e della conseguente attività di estrazione. Durante l'influenza russa il nome veniva convertito in “città Stalin” mentre dopo la caduta della dittatura ha ripreso il nome dell'antico villaggio di Kuçova. Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives -­‐ Roma, Università Roma Tre, 21-­‐22 novembre 2014 rischio. Il degrado avanza, dato che molti impianti sono fermi dal 1991, diffuso risulta essere il fenomeno dello smantellamento illecito per ricavare materiale ferroso. Di fatto ci si trova di fronte alla graduale scomparsa di un ingente patrimonio materiale e immateriale di grande valore per la storia e lo sviluppo del paese. Gli itinerari industriali come catalizzatori urbani ed turistici Le ricerche condotte nei Laboratori di Laurea del DICAR hanno avuto come scopo la conoscenza di questo ingente patrimonio, la sua documentazione2, una proposta concreta e l'impegno per inserirlo nelle priorità statali, in quanto il riuso e la rigenerazione dei siti industriali innesca processi di riqualificazione urbana delle periferie dove essi sono ubicati. Inoltre la presenza di siti industriali in posizioni geografiche chiave porta alla creazione di una rete industriale da sovrapporre a quella archeologica e paesaggistica. Secondo quest’ottica e basandosi sul modello dell’ERIH3 si sono create tre classi di mappe basate sui punti di ancoraggio, sui percorsi regionali e sui percorsi tematici. I punti di ancoraggio servono ad illustrare la storia industriale del paese e sono: Shkodra, Durazzo, Tirana, Elbasan, Berat, Kukove e Fier. Tutti i punti di ancoraggio sono, contemporaneamente, punti di partenza per una serie di rotte regionali. Di queste ultime, basate sul concetto di area vasta, se ne individuano quattro: Tirana, Elbasan, Berat, Fier. Gli itinerari regionali collegano le specificità geografiche e tradizionali di ciascuna regione, incrociandole con siti industriali di portata storica come la Kombinat di Tirana, il Metallurgik di Elbasan, il Mao Zedong di Berat e la Gogo Nushi di Fier. I percorsi tematici servono al collegamento dei siti con i classici percorsi che portano alla conoscenza del patrimonio culturale e naturale. Fig. 1 -­‐ Industrie albanesi costruite grazie ai Piani Quinquennali, Laboratorio di laurea del DICAR-­‐PoliBa, Il patrimonio industriale dell’Albania, conoscenza e riuso. Ipotesi di riqualificazione della fabbrica tessile di Berat. 2
Si è provveduto al rilievo dei siti industriali, al mapping e all’elaborazione di schede per ogni edificio, consultando e aggiornando il rapporto effettuato da AHF (Albanian Heritage Foundation). Per maggiori informazioni vd. Parangoni I., Arkeologjia Industriale, Tirana, Albanian Heritage, 2012. 3 ERIH (European Route of Industrial Heritage), itinerari storico-­‐culturali che promuovono e valorizzano i paesaggi dell’archeologia industriale in Europa. Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives -­‐ Roma, Università Roma Tre, 21-­‐22 novembre 2014 Musealizzare, trasformare o conservare in vita. Nuove interpretazioni e modelli d’intervento per il patrimonio industriale albanese Il mutamento delle contingenze politiche e socio-­‐economiche, unito all’obsolescenza delle strutture e tecnologie utilizzate e all’incompatibilità ambientale con i contesti urbani, naturali e agrari, ha portato alla dismissione di gran parte delle industrie presenti in Albania. Ora che si appresta a entrare in Europa, questo Paese è alla ricerca di esempi validi e buone pratiche per il recupero del suo ingente patrimonio. Se la trasformazione e il riuso sono pratiche costantemente presenti nelle culture architettoniche, per i siti produttivi ciò è piuttosto problematico: bisogna innanzitutto riconoscere il “valore” di un’industria dismessa, considerarne criticamente il lascito materiale (paesaggi, manufatti edilizi, strutture, macchinari, documenti) e immateriale (know-­‐how tecnico, eredità culturale, funzione sociale), e sulla base di queste conoscenze scegliere le strategie opportune per la conservazione, valorizzazione e rivitalizzazione, introducendo nuovi significati e usi in un confronto dialettico con la storia e l’originaria identità dei manufatti e dei luoghi su cui questi insistono4. I siti industriali, insieme alle infrastrutture ad essi collegate, hanno, nel bene e nel male, trasformato gran parte del territorio albanese e costruito luoghi ormai riconosciuti come testimonianza della storia moderna e contemporanea, della cultura e della memoria di intere comunità. Nei luoghi del lavoro abbandonati, accanto al significato simbolico e al valore storico-­‐documentario, si può riconoscere anche un contenuto estetico legato alla cultura architettonica e figurativa del Novecento, presente nella sospensione inquietante degli spazi aperti e chiusi e nella potenza espressiva dei grandi manufatti ormai muti. In questi luoghi inquinati e degradati, la questione ambientale da problema può diventare una risorsa, per il rapporto nuovo che essi possono instaurare con la campagna e il paesaggio naturale oppure per il processo rigeneratore che possono attivare nelle periferie urbane. Consideriamo tre casi-­‐studio nel panorama albanese, corrispondenti a tre differenti condizioni e strategie di intervento, tra conservazione, musealizzazione e rivitalizzazione. Si tratta dell’Industria metallurgica di Elbasan, dell’Industria di fertilizzanti “Gogo Nushi” di Fier e della Fabbrica tessile “Mao Zedong” di Berat, costruiti tra gli anni ’60 e ’80. L’imponente complesso industriale di Elbasan è stato oggetto di una recentissima operazione artistica per riconquistare gli spazi abbandonati simbolo del passato comunista. Nell’area delle fabbriche dismesse si è svolto “Informal mind”, un progetto internazionale di arte contemporanea a cura della Fondazione MAM. L’enorme complesso è stato reinterpretato da diciotto artisti attraverso performance, allestimenti, installazioni video e segnali luminosi, sviluppando un dialogo inedito con lo scenario degradato per costruire storie e stimolare riflessioni di natura socio-­‐culturale. Attraverso questi interventi temporanei la fabbrica ha musealizzato se stessa offrendo al pubblico una problematica auto-­‐rappresentazione. Creare un’attrattività verso questi luoghi attraverso interventi minimali, dove memoria e arte si uniscono per sensibilizzare la comunità, può innescare un processo virtuoso e costituire il primo passo per un riuso attento e responsabile dei siti industriali. La localizzazione in aree extraurbane, aspetto che costituiva in origine un problema per l’impatto pesante prodotto dalle industrie sull’ambiente, può diventare oggi una risorsa, favorendo una nuova alleanza tra paesaggi dell’archeologia industriale e paesaggi naturali e agrari. Il legame tra architettura e natura si esprime nella forza di questi grandi segni misuratori del paesaggio, nei grandi vuoti che mettono in tensione reciproca i fuori scala dei volumi solitari. I grandi manufatti, espressione di una nuova monumentalità legata all’”estetica dell’ingegnere” e riconducibili a pochi tipi ricorrenti, hanno una fortissima vocazione a trasformarsi in “contenitori” culturali polifunzionali. Il complesso industriale di Fier, oggetto di una ricerca condotta presso il CdL in Architettura di Bari5 in collaborazione con studiosi albanesi, e tuttora in corso, è esemplare in tal senso. 4
Cfr. Joint ICOMOS – TICCIH Principles for the Conservation of Industrial Heritage Sites, Structures, Areas and th
Landscapes Adopted By the 17 ICOMOS General Assembly on 28 November 2011. 5
Laboratorio di laurea del DICAR-­‐PoliBa, Albania: le aree industriali dismesse. Ipotesi di riqualificazione dell’insediamento produttivo di Fier; relatore: prof. A. B. Menghini; collegio docenti: prof. M. Beccu, F. Calace, F. Ruggiero, G. Martines; tutor F. Pashako, S. Bagllamaja; laureandi: M. Agnello, M. R. Bruno, R. Enriquez, N. Notarnicola, A. Paone, R. Sardano. Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives -­‐ Roma, Università Roma Tre, 21-­‐22 novembre 2014 Riconoscendo una grande potenzialità a quest’area oggi pesantemente degradata, si è proposto un intervento di risarcimento del sistema ambientale cui il sito appartiene e di riconversione delle sue strutture al fine di ospitare un polo culturale e scientifico per la scoperta e valorizzazione del patrimonio architettonico, archeologico e ambientale della regione di Fier. Inoltre si è attribuito al sito il valore di nuova polarità urbana, con luoghi destinati alla cultura, alla formazione e al loisir, connessi attraverso un grande parco territoriale6. Un altro esempio di intervento sui siti industriali, anch’esso affrontato presso il Politecnico di Bari7, riguarda l’industria tessile di Berat, un modello di fabbrica del tipo Kombinat8, oggi parzialmente in disuso. Analogamente al progetto per Fier, l’area viene dotata di servizi pubblici, considerandola a tutti gli effetti una parte di città; ma, a differenza della riconversione funzionale prevista per la “Gogo Nushi”, questo intervento propone la riqualificazione della fabbrica mantenendone l’uso originario, riconoscendolo come significativo della tradizione manifatturiera albanese. Con l’idea di potenziarlo e di inserirlo in un rinnovato circuito economico, lo spazio per la produzione si integra con quello per la ricerca, formazione e diffusione dei prodotti. Una funzione particolarmente esaltata nel progetto è quella didattico/conoscitiva, attraverso la creazione del Museo della tessitura. In tutti questi progetti si affronta il tema della misura e caratterizzazione degli spazi vuoti su cui si disseminano i vari manufatti, che vengono ridisegnati attraverso parterre verdi o luoghi pubblici di connessione tra gli edifici. I grandi manufatti architettonici mostrano quasi sempre se stessi nella loro originaria essenzialità, mentre l’intervento si concentra il più delle volte nel loro attacco a terra per rafforzarne il radicamento al suolo e per creare relazioni reciproche. Nuovi interventi alla scala dell’architettura di interni propongono una reinterpretazione dei grandi vuoti racchiusi nei contenitori: sistemi secondari vengono introdotti negli spazi basilicali a sviluppo longitudinale, negli spazi centrali a sviluppo più o meno verticale, negli spazi a campate iterate con sviluppo orizzontale, per commentare le strutture esistenti e definire nuove gerarchie spaziali. Fig. 2 -­‐ Elbasan, kombinat metallurgico, mostra Informal Mind, 11-­‐15 Ottobre 2014 (Foto a cura degli autori). 6
Per ulteriori approfondimenti cfr. Beccu M., Calace F., Martines G., Menghini A. B., Ruggiero F., Industrial heritage in Albania: architecture and landscape. A new resource for Fier, in Proceedings of the 2nd ICAUD International Conference in Architecture and Urban Design, Epoka University, Tirana, Albania, 08-­‐10 May 2014. 7
Laboratorio di laurea del DICAR-­‐PoliBa, Il patrimonio industriale dell’Albania, conoscenza e riuso. Ipotesi di riqualificazione della fabbrica tessile di Berat; relatore: prof. A. B. Menghini; collegio docenti: prof. F. Calace, R. Carullo, F. Piccininni; tutor F. Pashako, S. Bagllamaja; laureandi: G. Azzollini, D. Cammisa, C. Chicco, E. de Candia, F. Maratia, G. Turturro. 8
Il Kombinat è un modello industriale che secondo l’ideologia marxista intendeva una grande filiera industriale, sia come scelta di produzione che come sistema che avrebbe creato nuovi rapporti sociali. Questo sistema fu adottato anche in Albania a partire dagli anni ’70, sotto il regime comunista. Cultural Heritage. Present Challenges and Future Perspectives -­‐ Roma, Università Roma Tre, 21-­‐22 novembre 2014 Fig. 3 – Progetto di riuso del sito industriale "Gogo Nushi" di Fier, vista prospettica e sezione sul Museo del lavoro; Laboratorio di laurea del DICAR-­‐PoliBa, Albania: Le aree industriali dismesse. Ipotesi di riqualificazione dell’insediamento produttivo di Fier. Fig. 4 – Progetto di rinnovamento del Kombinat tessile ex "Mao Zedong”, profilo generale e viste prospettiche del Museo del tessile; Laboratorio di laurea del DICAR-­‐PoliBa, Il patrimonio industriale dell’Albania, conoscenza e riuso. Ipotesi di riqualificazione della fabbrica tessile di Berat.