FENOMENOLOGIA DEL CULTO EUCARISTICO FUORI DELLA MESSA Matias Auge´, cmf Il titolo che abbiamo dato a questo contributo, non ha delle pretese particolari. Parlando di «fenomenologia» s’intende semplicemente affermare che lo scopo di queste pagine e` quello di descrivere e valutare la ritualita` (atteggiamenti, preghiere e gesti) che accompagna questo tipo di culto eucaristico. In uno studio, pubblicato su questa rivista nel 1980, R. Falsini affermava che di fronte al fenomeno del culto eucaristico, ci si e` limitati sul piano teologico alla semplice dimostrazione della sua legittimita` e, sul piano pastorale, all’affermazione della sua utilita` e necessita`; e aggiungeva: «E` mancata una valutazione spassionata della prassi, preferendo un giudizio globale e benevolo» 1. Anche se nel frattempo ci sono stati, come vedremo in seguito, diversi interventi del magistero ecclesiale e svariati studi al riguardo, sia a livello di principio che a livello di prassi, l’affermazione di Falsini mi sembra pienamente attuale, in particolare per quanto riguarda la mancata valutazione della «prassi»... 1. PIO ESERCIZIO O SACRAMENTALE? Bisogna ricordare anzitutto che il culto eucaristico fuori della messa e` regolato dalla Chiesa con un apposito Ordo che forma parte del Rituale Romanum, dal titolo: De sacra communione et de cultu mysterii eucharistici extra missam; il rito e` stato pubblicato in edizione tipica dalla Sacra Congregazione per il culto divino il 21 giugno 1973 2. Dopo questa data, sono stati diversi i documenti della Chiesa che si sono occupati del culto eucaristico fuori della messa, ripetendo, precisando e 1 R. FALSINI, La prassi eucaristica al di fuori della messa nella Chiesa occidentale, in «Rivista Liturgica» 67 (1980) 23. 2 L’edizione italiana e` stata pubblicata nel 1979: Rito della comunione fuori della messa e culto eucaristico. 94/6(2007) Rivista Liturgica 883-898 talvolta aggiungendo altri elementi a quanto l’Ordo stabilisce. Anche se il culto eucaristico fuori della messa e` nato nei secoli XII-XIII ed e` cresciuto nell’ambito del devozionalismo, oggi ci troviamo dinanzi a una vera e propria celebrazione liturgica con un suo ordinamento rituale che ha conosciuto un certo sviluppo in questi tre ultimi decenni 3. E` stato notato che il Vaticano II non si e` occupato esplicitamente del culto eucaristico fuori della messa 4. La Costituzione Sacrosanctum concilium parla pero` dei sacramentali: «Siano riveduti i sacramentali, tenendo presente il principio fondamentale di una cosciente, attiva e facile partecipazione dei fedeli, e considerando anche le necessita` dei nostri tempi...» (SC 79). Il culto eucaristico fuori della messa, in quanto regolato dalla Chiesa con un apposito rito, e` da considerarsi un vero e proprio sacramentale. Si tratta di un sacramentale che si colloca necessariamente in un rapporto del tutto particolare con l’Eucaristia 5. I criteri per l’ordinamento del culto eucaristico fuori della messa sono quindi da ricercare nella visione che dell’Eucaristia offre il Vaticano II e, in particolare, le costituzioni conciliari Sacrosanctum concilium e Lumen gentium. Principio fondamentale del Vaticano II e` la centralita` della celebrazione eucaristica «fonte e culmine di tutta la vita cristiana» (LG 11; cf. PO 5; UR 15; AA 3). Questo principio viene ricordato gia` dall’Istruzione Eucharisticum mysterium quando affronta il tema dei «pii esercizi eucaristici» (EM 58). Lo stesso principio viene poi ripreso dai documenti che in seguito si sono occupati dell’argomento, fino alla Lettera apostolica Mane nobiscum Domine, che, ispirandosi al suddetto principio, propone la scansione «celebrare, adorare, contemplare» (MND 17-18): l’Eucaristia e` anzitutto una celebrazione; percio` la celebrazione della santa messa e` «posta al centro della vita cristiana» 3 La pensa diversamente E. Mazza, il quale afferma: «L’adorazione eucaristica non ha in se stessa la sua ragione sufficiente, dato che nasce dalla celebrazione eucaristica e tende alla comunione sacramentale nella quale ha il suo culmine. In base a questi dati possiamo concludere che nell’esposizione del santissimo Sacramento si verifica pienamente la definizione di pio esercizio in quanto nasce dalla liturgia e a essa conduce» (E. MAZZA - R. FALSINI, Il silenzio nell’adorazione eucaristica, in «Rivista Liturgica» 76 [1989] 415). I pii esercizi piu` che nascere dalla liturgia e a essa condurre, sono nati e si sono sviluppati fuori dell’ambito della celebrazione liturgica e, talvolta, come un surrogato di essa. 4 Troviamo un fugace cenno al culto eucaristico fuori della messa soltanto in Presbyterorum ordinis, n. 5. 5 Cf. A. DONGHI, Sacramentali, in D. SARTORE - A.M. TRIACCA - C. CIBIEN (edd.), Liturgia, San Paolo, Cinisello B. 2001, pp. 1732-1749. 884 [52] Matias Auge´ (MND 17; cf. n. 3); e ancora: «Mistero grande, l’Eucaristia! Mistero che dev’essere innanzitutto ben celebrato...» (MND 17). Da parte sua, la recente Esortazione apostolica Sacramentum caritatis di Benedetto XVI inizia il discorso sull’adorazione eucaristica parlando del «rapporto intrinseco tra celebrazione e adorazione» e afferma, poi, che «l’adorazione eucaristica non e` che l’ovvio sviluppo della celebrazione eucaristica» (SCA 66). Si parte quindi dalla priorita` e centralita` della celebrazione. Ne consegue che il culto eucaristico fuori della messa dovra` organizzarsi avendo presente che la presenza di Cristo, adorato dai fedeli nel Sacramento, «deriva dal sacrificio e tende alla comunione, sacramentale e spirituale insieme» (EM 50). Quando parliamo di «culto eucaristico fuori della messa», intendiamo indicare con questa espressione sintetica la ritualita` e le diverse pratiche di pieta` rivolte a Cristo presente nel sacramento dell’Eucaristia, che si compiono al di fuori della messa: l’esposizione nelle sue varie forme, la benedizione, le processioni e i congressi eucaristici. In queste pagine pero` la nostra attenzione e` rivolta in modo pressoche´ esclusivo al tempo dell’esposizione del santissimo Sacramento e alle varie pratiche che si compiono nel corso di essa. Detto questo, accingendoci ad affrontare il nostro argomento, notiamo che dopo il Vaticano II fino ai nostri giorni, sono stati pubblicati una serie di documenti pontifici, della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti o di altri dicasteri che riguardano in qualche modo il culto eucaristico fuori della messa. Prendiamo in considerazione i seguenti: – Lettera Enciclica Mysterium fidei (1965) [MF]; – Istruzione Eucharisticum mysterium (1967) [EM]; – Rituale Romanum De sacra communione et de cultu mysterii eucharistici extra missam (1973) [CME]; uscito in versione italiana nel 1979 col titolo Rito della comunione fuori della messa e culto eucaristico [RCCE]; – Lettera Dominicae cenae (1980) [DC]; – Istruzione Inestimabile donum (1980) [ID]; – Catechismo della Chiesa cattolica (1992) [CCC]; – Direttorio su pieta` popolare e liturgia (2002) [DPPL]; – Lettera enciclica Ecclesia de Eucharistia (2003) [EDE]; – Istruzione Redemptionis sacramentum (2004) [RS]; – Lettera apostolica Mane nobiscum Domine (2004) [MND]; – Anno dell’Eucaristia. Suggerimenti e proposte (2004) [SP]; – Istruzione apostolica Sacramentum caritatis (2007) [SCA]. Fenomenologia del culto eucaristico fuori della messa [53] 885 2. QUESTIONI TERMINOLOGICHE Anche se scopo di queste righe e` descrivere e valutare la ritualita` che accompagna il culto eucaristico fuori della messa, non possiamo non far cenno a una serie di elementi che pur non configurandosi come vera prassi rituale, danno senso ad essa. Mi riferisco alla terminologia con cui i nostri documenti esprimono l’atteggiamento con cui i fedeli sono chiamati a esercitare il culto eucaristico fuori della messa 6. C’e` al riguardo una terminologia in cui predominano alcuni termini: adorazione/adorare, venerazione/venerare, devozione, pieta`, culto. I sostantivi: adorazione, venerazione, devozione, pieta`, culto, che hanno come oggetto Cristo presente nell’Eucaristia, sono vocaboli che possono esprimere in modo globale cio` che s’intende per culto eucaristico in genere, compreso quello fuori della messa. Ci sono, poi, altri molti termini e/o espressioni che rivelano non solo un atteggiamento, ma esprimono anche, piu` puntualmente di quanto non fanno i termini sopra citati, l’attivita`, sia interiore che esteriore, che i fedeli sono chiamati a svolgere dinanzi al Signore esposto nel Sacramento: – aprire il cuore dinanzi a Cristo (EM 50; CME 80; RCCE 88); – incontrare Cristo nella contemplazione (DC 3; MND 18; SCA 66); – intenti alla lode del Signore (CME 104; RCCE 104); – meditare il mistero (EM 63; CME 86); – offrire la propria vita con Cristo al Padre (EM 50; CME 80; RCCE 88); – prostrarsi presso la santa Eucaristia (EM 50; CME 80; RCCE 88; DPPL 164; MND 18); – sosta (adorante) davanti a Cristo presente (EDE 25; RS 134; SCA 67); – trattenersi in conversazione spirituale davanti a Cristo (EDE 25); – trattenersi presso Cristo Signore (EM 50; CME 80; RCCE 88; DPPL 164; EDE 25; RS 135); – unione (comunione) di spirito con Cristo (CME82; RCCE 90) 7; – visita al santissimo Sacramento (MF; DPPL 165; RS 135). 6 Parte di questa terminologia e` stata studiata da A. PISTOIA, Adorazione, riparazione, espiazione, benedizione: significati e contenuti, in «Rivista Liturgica» 67 (1980) 48-62. 7 Notiamo che il testo latino dell’Ordo non parla di «comunione» con Cristo, ma di «unione» e cosı` prosegue: «... unione che trova il suo culmine nella comunione sacramentale» (... ad cordis unionem cum illo invitat, quae in communione sacramentali culmen attingit). Invece il passo corrispondente del libro in edizione ufficiale italiana traduce «unione» con «comunione». Cf. al riguardo quanto afferma Barile in R. BARILE (ed.), Discorso breve sull’Eucaristia, Studio Domenicano, Bologna 2007, p. 185. 886 [54] Matias Auge´ In tutte queste espressioni notiamo un esplicito riferimento a Cristo presente nell’Eucaristia. Possiamo quindi subito affermare che la dimensione cristologica del culto eucaristico fuori della messa e` una chiave di lettura fondamentale per valutare la ritualita` che si e` sviluppata attorno a questo culto. Piu` in particolare, vengono indicati nei nostri documenti alcuni esercizi di pieta` e azioni puntuali che la comunita` radunata e` chiamata a mettere in atto durante i tempi dell’esposizione eucaristica: – canto (EM 62, 66; CME 89, 90; RCCE 97, 98; ID 23; SP 14); – lettura della Scrittura [con omelia] (EM 62, 66; CME 89, 95; RCCE 97, 112; ID 23; DPPL 165; RS 137; MND 18; SP 14, cf. n. 21); – liturgia delle Ore (CME 96; RCCE 113; DPPL 165; SP 15); – pii esercizi eucaristici (EM 58; CME 79; RCCE 87; ID 21); – preghiera davanti al Santissimo (EM 50, 62; CME 80, 81, 89, 95; RCCE 88, 89, 97, 112, ID 23; RS135; SP 14; SCA 68); – sacro silenzio (EM 62; CME 89, 90; RCCE 97, 98; ID 23; DPPL 165; EDE 25; SP 14, 28); – santo rosario (DPPL 165; RS 137; MND 18; SP 16). 3. VERA CELEBRAZIONE COMUNITARIA Mysterium fidei afferma che fuori della messa, l’Eucaristia e` presentata «alla solenne venerazione dei fedeli cristiani» e la si porta «in processione con gaudio della folla cristiana». L’Ordo CME conferma che «la fede nella presenza reale del Signore porta naturalmente alla manifestazione esterna e pubblica di questa stessa fede» (n. 5). Pur sottolineando il carattere pubblico del culto eucaristico, i nostri documenti parlano generalmente di un culto sia privato che pubblico verso il Sacramento dell’altare. In determinati casi, si sollecita pero` una consistente presenza di fedeli. Cosı`, ad esempio, si stabilisce che l’esposizione solenne del santissimo Sacramento, quando si prolunga per un certo tempo, «si faccia soltanto se si prevede un’adeguata affluenza di fedeli» (EM 63; CME 86; RCCE 94; cf. RS 136, 138). E` particolarmente significativa la rubrica con cui inizia il rito dell’esposizione del Santissimo, rubrica che e` identica a quella con cui si apre l’Ordinario della messa: «Quando il popolo si e` radunato (populo congregato), e mentre, secondo l’opportunita`, si esegue un canto, il ministro si reca all’altare» (CME 93; RCCE 110). Fenomenologia del culto eucaristico fuori della messa [55] 887 Se la messa e` origine e fine del culto eucaristico, essa e` anche la sua chiave di comprensione. Grazia specifica dell’Eucaristia e` costruire il corpo ecclesiale. Si tratta di una dimensione propria della celebrazione eucaristica che deve ricuperare il culto eucaristico fuori della messa, nato e sviluppatosi in senso prevalentemente individualistico. Radicato nella celebrazione, il culto eucaristico comporta una dimensione comunitaria che prevale su un cammino semplicemente individuale o intimistico 8. Ricordiamo che il «riunirsi insieme» dei fedeli e` nel Nuovo Testamento l’elemento primario e specifico del servizio liturgico cristiano 9. Abbiamo visto sopra che SC 79 vuole che i sacramentali, tra i quali si annovera il culto eucaristico fuori della messa, siano riveduti tenendo presente il principio fondamentale di una cosciente, attiva e facile partecipazione dei fedeli. In fedelta` a questo principio, nelle Premesse generali al Benedizionale si afferma: «Le benedizioni della Chiesa sono azioni liturgiche; pertanto la celebrazione comunitaria che e` talvolta richiesta, meglio risponde all’indole della preghiera liturgica, e mentre la preghiera della Chiesa propone ai fedeli una verita`, i presenti sono condotti a partecipare con il cuore e con le labbra alla voce della Madre» (Benedizionale, Premesse generali, n. 16). Non si deve dimenticare che anche il mondo delle benedizioni aveva imboccato in passato la deriva individualistica. Con la riforma liturgica voluta dal Vaticano II, le benedizioni hanno acquisito una dimensione di vere celebrazioni della comunita`. 4. LETTURA DELLA SCRITTURA Quasi tutti i documenti, oggetto del nostro studio, propongono che durante l’esposizione del Sacramento si faccia, in primo luogo, la lettura della sacra Scrittura (con la corrispondente omelia). Cosı` gia` EM 66, prescrive che «sia riservato, secondo l’opportunita`, un tempo conveniente alle letture della parola di Dio, ai canti, alle preghiere e all’adorazione silenziosa...» (cf. EM 66; CME 89, 95; RCCE 97, 112; ID 23; DPPL 165; RS 137; MND 18; SP 14, cf. 21). 8 Cf. D. MISCHLER, L’adorazione eucaristica. Riflessione teologica e progetto pastorale, San Paolo, Cinisello B. 2003, pp. 58-59. 9 Cf. F. HAHN, Il servizio liturgico nel cristianesimo primitivo, Paideia, Brescia 1972, pp. 40-41. 888 [56] Matias Auge´ Il pane consacrato dell’adorazione rappresenta, in qualche modo, il compendio di tutta la celebrazione, anzi di tutto il mistero eucaristico. Ebbene, non e` possibile pensare la celebrazione eucaristica senza la parola di Dio. Avendo presente l’intimo rapporto che c’e` tra Parola ed Eucaristia, per cui siamo invitati a partecipare alla doppia mensa della Parola e del pane e vino, la preghiera dinanzi al Santissimo esposto deve dare uno spazio particolare alla parola di Dio. Cosı` come nella celebrazione, la mensa della Parola conduce alla mensa del pane e del vino, cosı` nell’adorazione del santissimo Sacramento fuori della messa, le «letture della sacra Scrittura [...] conducono i fedeli a una migliore comprensione del mistero eucaristico» (EM 62). Gli atteggiamenti celebrativi propri della liturgia della Parola vengono riproposti all’attenzione dei fedeli quando questa Parola e` ripresa nel tempo dell’adorazione eucaristica fuori della messa. Possiamo affermare che la proclamazione della Parola da` gia` inizio all’atteggiamento sacrificale tipico dell’Eucaristia. Infatti, l’adesione obbediente alla parola di Dio esprime un evidente carattere di offerta personale e di omaggio sacrificale a Dio. Ecco quindi che si puo` ben dire che la liturgia della Parola prepara i fedeli partecipanti a sintonizzare con l’atteggiamento sacrificale di donazione totale di se´ di Gesu` Cristo che si rende presente celebrando il memoriale della sua morte gloriosa nell’Eucaristia, atteggiamento che deve caratterizzare anche la sosta orante davanti al Sacramento: «Offrendo tutta la loro vita con Cristo al Padre nello Spirito Santo, attingono da questo mirabile scambio un aumento di fede, di speranza e di carita`» (EM 80). Quando proclamiamo la parola di Dio stiamo realizzando gia` «eucaristia», ci stiamo collocando in atteggiamento di azione di grazie. La Parola infatti viene proclamata, ascoltata e accolta con un atteggiamento di riconoscenza per tutto cio` che Dio ha fatto per noi e perche´ si degni farci partecipi del suo messaggio salvifico. In questo modo, anticipiamo l’azione di grazie e la lode successive che si esprimono in modo esplicito alla fine della preghiera eucaristica: «Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente, nell’unita` dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli». I fedeli raccolti in preghiera dinanzi a Cristo Signore presente nel Sacramento, esprimono questa dimensione «eucaristica» propria della vita cristiana (cf. EM 81; MND 26). Ecco quindi che il tema della «duplice mensa» non indica soltanto una giustapposizione di due riti, ma piu` in profondita` significa che la Fenomenologia del culto eucaristico fuori della messa [57] 889 parola di Dio e l’Eucaristia sono due misteri che s’illuminano a vicenda. Anche la parola di Dio e` come un pane che va mangiato e assimilato. Esso e` essenziale per la vita della Chiesa, perche´ in quella Parola Cristo e` presente e nutre con essa i suoi discepoli. A sua volta, l’Eucaristia e` un nutrimento spirituale, che va ricevuto con la fede, oltre che con la bocca. Sia nella tradizione orientale che in quella occidentale troviamo la raccomandazione di non lasciar cadere nessuna parola divina ascoltata durante la celebrazione eucaristica cosı` come nel ricevere sulla mano il corpo di Cristo si deve fare attenzione a non lasciar cadere a terra nessuna particella del pane consacrato. Dice Origene: «Sapete con quale rispettosa attenzione custodite il corpo del Signore quando vi e` dato [...] Perche´ mai vorreste che la negligenza della parola di Dio meritasse un castigo minore di quello del suo corpo?» 10. Il culto eucaristico fuori della messa e` lo spazio adeguato per far sı` che nessuna particella della parola di Dio proclamata e del pane eucaristico partecipato nella celebrazione della messa cada a terra e si disperda. 5. PREGHIERA E PII ESERCIZI Il piu` delle volte i nostri documenti sottolineano la dimensione cristologica della preghiera dinanzi al santissimo Sacramento: sono preghiere, nelle processioni eucaristiche, ordinate a «manifestare la fede in Cristo» (CME 104; RCCE 104); «i fedeli, intenti alla preghiera, si dedichino a Cristo Signore» (EM 62); «i fedeli con questa preghiera [...] prolungano l’intima unione raggiunta con lui [Cristo] nella comunione e rinnovano quell’alleanza che li spinge a esprimere nella vita cio` che nella celebrazione eucaristica hanno ricevuto con la fede e il Sacramento» (CME 81; RCCE 89). Conseguentemente, si esorta a «favorire l’intimita` della preghiera» (CME 95; RCCE 112; SP 14). Il contenuto di questa preghiera dinanzi al santissimo Sacramento viene talvolta indicato come preghiera «per la pace e la salvezza del mondo» (EM 50; CME 80; RCCE 88). In quest’ultimo caso si tratta di una preghiera d’intercessione sulla falsa riga delle intercessioni dell’ultima parte della preghiera eucaristica. 10 Omelie sull’Esodo 13,3, in Sources Chre´tiennes 321, 386. 890 [58] Matias Auge´ Per quanto riguarda i pii esercizi eucaristici, la loro struttura e contenuto non vengono ulteriormente specificati. Citando SC 13 si dice che essi devono tener conto dei tempi liturgici ed essere in armonia con la liturgia (cf. EM 58). Il culto eucaristico, infatti, non si deve discostare dall’itinerario di fede che la comunita` percorre nella partecipazione alla celebrazione eucaristica alla luce della Parola ne´ puo`, tanto meno, ostacolarlo. 6. IL SACRO SILENZIO Sacrosanctum concilium, parlando della partecipazione attiva dei fedeli, annovera tra le modalita` concrete per promuoverla il «sacro silenzio» (SC 30). Il silenzio e` da considerarsi quindi un elemento strutturale di ogni celebrazione liturgica. Cosı`, quando EM parla dell’«ordinamento del rito dell’esposizione», include tra gli elementi di questo ordinamento il silenzio: «Giova che al momento opportuno si osservi un sacro silenzio» (EM 62). Anche l’Ordo quando tratta dell’esposizione breve del santissimo Sacramento, vuole che in essa sia dedicato un tempo conveniente a «un po’ di orazione silenziosa» (CME 89; RCCE 97); e, in seguito, parlando dell’adorazione nelle comunita` religiose, l’Ordo ritorna sul tema del «sacro silenzio» (CME 90; RCCE 98). Nei documenti successivi che si occupano del culto eucaristico fuori della messa, ritroviamo frequentemente il tema del silenzio: «Un po’ di orazione in silenzio» (ID 23); «sostare in preghiera silenziosa» (DPPL 165); «adorazione silenziosa» (EDE 25). Dai testi citati, emerge chiaramente che si tratta di un silenzio di contemplazione adorante. L’Istruzione Musicam sacram osserva che con il «sacro silenzio», i fedeli «si inseriscono piu` intimamente nel mistero che si celebra» (n. 17). Quale mistero si celebra nel tempo dell’adorazione? L’Ordo descrive lo scopo dell’esposizione della santissima Eucaristia in questi termini: «Porta i fedeli a riconoscere in essa la mirabile presenza di Cristo e li invita all’unione di spirito (RCCE 90: ‘‘comunione’’) con lui, unione che trova il suo culmine nella comunione sacramentale» (CME 82). Il testo afferma chiaramente che l’adorazione eucaristica intende rinsaldare l’unione di spirito con Cristo, la quale trova poi il suo culmine nella comunione eucaristica. La dimensione contemplativa nutrita dal silenzio e` ordinata precisamente a raggiungere una certa unione con il Signore. Fenomenologia del culto eucaristico fuori della messa [59] 891 Secondo E. Mazza, l’elemento costitutivo e caratterizzante dell’adorazione eucaristica e` la meditazione silenziosa 11. Certamente non si tratta dell’unico elemento dell’adorazione ne´ di quello prevalente. Non si puo` convocare un’assemblea per costringerla a rimanere in preghiera silenziosa. Notiamo che l’Ordo (cf. CME 93-100; RCCE 109-117) parla di una celebrazione strutturata in quattro momenti: esposizione, adorazione, benedizione, reposizione. Ciascuno di questi momenti ha la sua ritualita`: canti, preghiere, incenso, gesti, candele accese, ecc. Non c’e` dubbio che il momento centrale e` quello dell’adorazione. Vale la pena riprodurre per intero la prima rubrica di questo momento centrale: «Durante l’esposizione, orazioni, canti e letture, si devono disporre in modo che i fedeli in preghiera orientino e incentrino la loro pieta` sul Cristo Signore. Per favorire l’intimita` della preghiera, si predispongano letture della sacra Scrittura con omelia o brevi esortazioni, che portino i fedeli a un riverente approfondimento del mistero eucaristico. E` bene che alla parola di Dio i fedeli rispondano col canto e che in momenti opportuni si osservi il sacro silenzio» (CME 95; RCCE 112). Orazioni, canti, letture bibliche, esortazioni, tutto e` ordinato a «favorire l’intimita` della preghiera». Anche se si parla di «momenti opportuni» di «sacro silenzio», esso ha nell’insieme dell’adorazione un ruolo centrale, e` il veicolo dell’inserimento intimo nel mistero contemplato. Come vedremo piu` avanti, in questi ultimi anni ci si e` preoccupati, forse troppo, di indicare e proporre una serie di celebrazioni, pii esercizi e preghiere per riempire il tempo dell’esposizione del santissimo Sacramento quasi come se il silenzio non fosse in questo tipo di culto eucaristico uno degli elementi principali. Il silenzio e` linguaggio; esso costituisce, anzi, la fonte originaria di ogni linguaggio vero e il suo fine ultimo. Percio`, come diceva R. Guardini, il silenzio e` «il primo presupposto di ogni azione sacra». Credo che cio` sia vero anzitutto per il culto eucaristico fuori della messa. Un’adorazione eucaristica non dovrebbe accatastare una preghiera sull’altra, un canto sull’altro, ma favorire anzitutto la contemplazione e interiorizzazione del mistero. Anzi, possiamo affermare che una maggior ricerca del silenzio puo` anche essere un segno di una maggiore maturita` celebrativa 12. Il Tibi silentium laus di Giovanni Pico della Mirandola fa perfettamente al nostro caso. Cf. MAZZA - FALSINI, Il silenzio nell’adorazione, cit., pp. 419-420. Cf. D. SARTORE, Silenzio, in SARTORE - TRIACCA - CIBIEN (edd.), Liturgia, cit., p. 1872. 11 12 892 [60] Matias Auge´ 7. LA LITURGIA DELLE ORE Nel 1968, la rivista «Notitiae», allora organo del Consilium ad exsequendam Constitutionem de sacra liturgia, pubblico` nella sezione «Documentorum explanatio» una risposta, che non intendeva essere vincolante, alla domanda sulla possibilita` di cantare i Vespri dinanzi al santissimo Sacramento esposto. La risposta del Consilium fu negativa. Si ricordava anzitutto che i Vespri sono un’azione liturgica a se stante. Si proponeva quindi di organizzare la celebrazione in altro modo: cantare i Vespri e, dopo un breve intervallo di tempo, esporre il Sacramento. Qualche anno dopo pero`, nel 1973, una rubrica dell’Ordo CME affermava: «Dinanzi al santissimo Sacramento esposto per un tempo prolungato, si puo` anche celebrare qualche parte della Liturgia delle Ore, specialmente se si tratta delle Ore principali...» (CME 96; RCCE 113). Da parte sua, DPPL 165 vuole che nei momenti di adorazione i fedeli possano «familiarizzarsi con alcune strutture semplici della Liturgia delle Ore». Infine, Anno dell’Eucaristia. Suggerimenti e proposte, l’ultimo documento che si e` occupato dell’argomento, riprende tale quale la rubrica dell’Ordo sopra citata (cf. SP 15) senza aggiungere nessun commento. Credo che la risposta del Consilium del 1968 ha giustamente osservato che i Vespri sono un’azione liturgica a se´ stante («actio liturgica per se stans»). La rubrica dell’Ordo CME osserva, invece, che con la celebrazione della Liturgia delle Ore «si estende alle varie Ore della giornata la lode e il rendimento di grazie della celebrazione eucaristica e la Chiesa rivolge a Cristo, e per suo mezzo al Padre, preghiere e suppliche a nome del mondo intero» (CME 96; RCCE 113). Notiamo pero` che tra la Liturgia delle Ore e l’adorazione eucaristica c’e` diversita` di struttura celebrativa. Non c’e` un nesso diretto tra le due pratiche: il legame della Liturgia delle Ore con la celebrazione eucaristica sviluppa la dimensione di lode e rendimento di grazie in direzione trinitaria, mentre l’adorazione eucaristica possiede una dimensione spiccatamente cristologica 13. Si potrebbe addurre in favore della recita della Liturgia delle Ore durante l’esposizione del Sacramento, la possibilita`, regolata dalla normativa attuale, di unire alcune Ore dell’Ufficio con la celebrazione 13 Cf. F. TRUDU, Adorazione e devozioni eucaristiche, in Parrocchia comunita` eucaristica. «Un solo pane un solo corpo» (1Cor 10,17), CLV-Ed. Liturgiche, Roma 2006, p. 82. Fenomenologia del culto eucaristico fuori della messa [61] 893 eucaristica. I Principi e norme per la Liturgia delle Ore, al n. 12, affermano quanto abbiamo gia` accennato: la Liturgia delle Ore «prolunga» alle diverse Ore del giorno la lode e il ringraziamento eucaristici nonche´ e` «un’ottima preparazione per la celebrazione dell’Eucaristia». Potrebbe sembrare che ci sia un chiaro parallelismo con quanto abbiamo affermato dell’adorazione eucaristica. Soffermandoci soltanto sull’aspetto strutturale, ricordiamo pero` che l’Ora dell’Ufficio non si inserisce nell’ambito della messa come una celebrazione a se´ stante, ma gli elementi delle due celebrazioni sono messi insieme in modo di formare un unico atto liturgico. 8. IL SANTO ROSARIO La recita del rosario nel corso dell’adorazione eucaristica ha seguito un percorso simile a quella sopra illustrato della Liturgia delle Ore. Della recita del rosario non si fa cenno ne´ in EM ne´ nell’Ordo CME. L’argomento pero` e` stato sollevato subito dopo la pubblicazione di EM e in rapporto a esso. Nel 1968, la rivista «Notitiae» pubblico` una risposta, che non intendeva essere vincolante, alla domanda sulla possibilita` di introdurre preghiere in onore della Madonna o dei santi durante l’esposizione del santissimo Sacramento. La risposta, che e` negativa, si sofferma, in particolare, sulla recita del rosario. Prendendo spunto da EM 62 («Durante l’esposizione si disponga tutto perche´ i fedeli, intenti alla preghiera, si dedichino a Cristo Signore»), si ribadisce che nell’adorazione del santissimo Sacramento, il sacro silenzio, le letture, in particolare quelle della Scrittura, le preghiere e i canti sono da indirizzare al mistero eucaristico. Si aggiunge, poi, che il rosario, pur proponendo la meditazione dei misteri di Cristo, nella sua parte essenziale e` costituito dalla ripetizione di preghiere rivolte alla Madonna, non a Cristo. Si consiglia quindi che la preghiera del rosario, e altre simili orazioni o pii esercizi in onore della Madonna o dei santi, precedano o seguano l’adorazione e benedizione con il santissimo Sacramento 14. Nel 1998, la stessa rivista «Notitiae», ormai organo della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, pubblico` una lettera in cui si rispondeva alla stessa domanda di cui sopra, fatta da un certo vescovo («episcopus quidam»). La lettera, firmata dal prefetto e dal segretario del dicastero, si esprime in termini diversi della risposta 14 Cf. «Notitiae» 4 (1968) 133-134. 894 [62] Matias Auge´ del 1968. Alla lettera segue un annesso con alcuni principi: si cita l’Esortazione apostolica Marialis cultus, in particolare il passo dove si afferma che il rosario «e` preghiera di orientamento nettamente cristologico» (n. 46). Di conseguenza, si conclude che durante l’esposizione del Sacramento si puo` recitare anche il rosario sottolineandone gli aspetti cristologici con letture bibliche relative ai misteri e dando spazio alla meditazione silenziosa e adorante di tali misteri. Si avverte pero` che «non si deve esporre l’Eucaristia solo per recitare il Rosario». Nello stesso fascicolo di «Notitiae» viene pubblicata una lettera della Penitenziaria apostolica in cui si concede indulgenza plenaria ai fedeli che recitano il rosario dinanzi al santissimo Sacramento conservato nel tabernacolo o esposto pubblicamente 15. Nel 2002, il DPPL, che cita i due interventi anteriori, dopo aver affermato che «durante l’adorazione del santissimo Sacramento non si devono compiere altre pratiche devozionali in onore della Vergine Maria e dei santi», aggiunge: «Tuttavia, per lo stretto vincolo che unisce Maria a Cristo, la recita del rosario potrebbe aiutare a dare alla preghiera un profondo orientamento cristologico, meditando in esso i misteri dell’incarnazione e della redenzione» (DPPL 165). Nel 2004, RS 137, passa dal condizionale («potrebbe aiutare») del documento anteriore all’affermazione: «Non si escluda la recita del rosario [...] dinanzi al santissimo Sacramento». In seguito s’invita a porre in luce l’indole di questa preghiera come contemplazione dei misteri di Cristo, utilizzando in particolare letture desunte dalla Scrittura. Nello stesso anno e` stata pubblicato MND, in cui il papa afferma: «Lo stesso rosario, compreso nel suo senso profondo, biblico e cristocentrico, che ho raccomandato nella Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, potra` essere una via particolarmente adatta alla contemplazione eucaristica, attuata in compagnia e alla scuola di Maria» (MND 18). SP, che segue MND, riprende gli elementi emersi anteriormente in favore della recita del rosario dinanzi al Santissimo e conclude con queste significative parole: «Recitare il rosario di fretta, l’assenza di spazio meditativo, l’insufficiente orientamento cristologico non aiutano a lasciarsi incontrare da Cristo presente nel Sacramento dell’altare» (SP 16). 15 Cf. «Notitiae» 34 (1998) 506-511. Fenomenologia del culto eucaristico fuori della messa [63] 895 Per una valutazione dell’insieme, anzitutto notiamo che la Lettera apostolica Vicesimus quintus annus (4.12.1988), al n. 18, stabilisce: «Tanto i pii esercizi del popolo cristiano, quanto altre forme di devozione, sono accolti e raccomandati purche´ non sostituiscano e non si mescolino [il corsivo e` nostro] alle celebrazioni liturgiche». Al riguardo, DPPL 165 si premunisce affermando che nell’adorazione al santissimo Sacramento «convergono forme liturgiche ed espressioni di pieta` popolare di cui non e` facile distinguere nettamente i confini». In secondo luogo, notiamo che tutti i documenti riconoscono, con EM, che durante l’esposizione del Sacramento l’attenzione dei fedeli deve essere orientata a Cristo Signore. L’argomento secondo cui il rosario ha un profondo orientamento cristologico, non toglie che esso sia pur sempre una preghiera rivolta sostanzialmente alla Madonna. Lo stesso SP, per quanto concerne le litanie della Vergine tradizionalmente abbinate al rosario, afferma che durante l’esposizione del santissimo Sacramento «possono piu` opportunamente essere sostituite da litanie rivolte direttamente a Cristo» (SP 16). 9. IL VALORE DEI SEGNI Per quanto riguarda i segni che accompagnano il rito dell’esposizione del santissimo Sacramento, EM offre un importante criterio generale per la loro retta valorizzazione: «Bisogna porre attenzione perche´, nelle esposizioni, il culto del santissimo Sacramento appaia con chiarezza, attraverso i segni, nel suo rapporto con la messa» (EM 60). Tra i segni che accompagnano il rito dell’esposizione del santissimo Sacramento, facciamo un breve riferimento alla deposizione del Sacramento sull’altare e alla benedizione eucaristica con cui si chiude il rito. L’altare e` la mensa del sacrificio e del convito 16. Il corpo e il sangue di Cristo esposti sull’altare ci ricordano la celebrazione del memoriale della morte e risurrezione del Signore e la nostra partecipazione ad esso. Perche´, allora, in alcune circostanze, non esporre insieme il corpo e il sangue di Cristo, in modo che l’adorazione sia messa in rapporto piu` significativo col mistero pasquale 17? Cf. Ordinamento generale del Messale Romano, n. 296; R. FALSINI - A. LA(edd.), Ordinamento generale del Messale Romano. Commento e testo, EMP, Padova 2006, p. 76-78. 190. 17 Cf. MISCHLER, L’adorazione eucaristica, cit., p. 93. 16 MERI 896 [64] Matias Auge´ Il rito dell’esposizione si chiude con la benedizione eucaristica: «Il sacerdote o il diacono [...] fa con il Sacramento il segno di croce sul popolo, senza dire nulla» (CME 99; RCCE 116). La benedizione non e` un rito autonomo, ma e` in stretta relazione con l’adorazione precedente, senza la quale, tra l’altro, la benedizione viene espressamente vietata (cf. EM 66; CME 89; RCCE 97). La benedizione eucaristica assume in questo modo la connotazione di sintesi dell’adorazione e di sua espressione simbolica, nel senso che indica la sorgente inesauribile da cui la Chiesa puo` attingere i frutti di salvezza 18. 10. CONCLUSIONI Riprendendo e riassumendo i punti principali della nostra riflessione, possiamo affermare che il criterio di verifica dell’adorazione eucaristica, della sua ritualita`, e` la partecipazione alla celebrazione della messa, e non viceversa. Cio` stabilito, va pure affermato che l’adorazione del Signore nel Sacramento fuori della messa realizza, a suo modo, una sorta di «unione» con Cristo che trova la sua origine e il suo culmine nella «comunione» sacramentale con la morte e la risurrezione del Signore, perche´ l’adorazione nasce dalla ripresentazione dell’evento pasquale di Cristo: per mezzo dell’Eucaristia «Cristo rende presente, nello scorrere del tempo, il suo mistero di morte e risurrezione» (MND 3). L’adorazione e` una vera e propria espansione della dinamica sacramentale dell’Eucaristia: e` offerta al Padre della propria vita e accoglimento del suo amore che e` salvezza. «L’atto di adorazione al di fuori della messa prolunga e intensifica quanto s’e` fatto nella celebrazione liturgica stessa» (SCA 66). Fermarsi davanti al Sacramento in preghiera adorante significa sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda della celebrazione, per cercare di tradurla il piu` possibile nella vita quotidiana. Certamente, adorare e` un atto interiore che si consuma nella profondita` piu` intima, nascosta della persona, nel suo cuore, ma si traduce, sia a livello personale che comunitario, in gesti e parole che la esprimono. Gesu` nel dialogo con la Samaritana (cf. Gv 4,7-26) proclama l’inaugurazione di un culto o «adorazione» (il testo greco usa appunto il verbo proskune´o) «in spirito e verita`» (Gv 4,23). Sotto l’azio18 Cf. G. CAVAGNOLI, Culmine e Fonte. L’Eucaristia nella vita cristiana, Centro Eucaristico, Verona 2003, pp. 115-117. Fenomenologia del culto eucaristico fuori della messa [65] 897 ne dello Spirito, adoriamo il Padre in quella «verita`» che e` Gesu` stesso, il quale ha vissuto una vita di totale donazione al Padre culminante nel sacrificio della croce. L’adorazione eucaristica ci immette quindi nel cuore stesso del Cristo pasquale. Percio` le forme concrete di questa adorazione dovranno rispettare sempre – come gia` detto – la sua profonda dimensione cristocentrica. Il parere «critico» che abbiamo espresso sulla recita del santo rosario e/o della Liturgia delle Ore durante il tempo di adorazione eucaristica, s’ispira, a monte del ragionamento fatto sopra – che e` sempre quello fondamentale –, a un principio molto semplice: tutto cio` che e` permesso non e` obbligatorio e non e` sempre il meglio da un punto di vista pastorale o formativo. Mi si permetta un paragone con una prassi comune prima del Vaticano II: la celebrazione della messa dinanzi al Sacramento esposto. Se oggi questa pratica e` giustamente proibita (cf. le motivazioni in EM 55; CME 6; CIC can. 941, § 2), anche ieri, quando essa era permessa e godeva di un apposito rituale, non pochi studiosi e pastori credevano che non era da incoraggiare o raccomandare. Le Chiese ortodosse hanno raggiunto la sempre auspicata circolarita` tra liturgia e devozione popolare integrando nel culto la devozione delle masse. In particolare, in queste Chiese, la liturgia e le altre forme di culto mariano si ritrovano mirabilmente coniugate. Anzi, esiste una sintonia tra «mistero celebrato», che e` sempre solo quello del Figlio, e le «forme celebrative» intorno alla Madre. Si puo` perfino affermare che tra «mistero celebrato» e «forme celebrative» mariane si sviluppi un reciproco rapporto di mutuo arricchimento. Nella liturgia romana, invece, le diverse forme di culto popolare, quelle mariane in particolare, sono nate e si sono sviluppate fuori dell’ambito della celebrazione liturgica e, talvolta, come un surrogato di essa. Cio` spiega le tensioni che hanno caratterizzato in passato e, in parte, tuttora caratterizzano i rapporti tra la liturgia e le altre forme di culto popolare. M. A. Istituto di Teologia «Claretianum» Largo Lorenzo Mossa, 4 I-00165 Roma [email protected] 898 [66] Matias Auge´
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