© 2014 dell’autore isbn 13: 978-88-7431-750-9 Copertina ideata da Stefano Gei, architetto. Per informazioni: www.mariovanacore.com [email protected] Presentazione Nino Daniele Per l’Assessorato alla cultura è motivo di orgoglio e di soddisfazione poter presentare la personale di Mario Vanacore nella bella Sala Carlo V del Museo Civico; non riuscirei, anzi, ad immaginare una collocazione più adatta alla sua esposizione che la grande sala del nostro monumento più emblematico. La Mostra sarà visitabile dagli inizi di dicembre a poco dopo l’Epifania, un periodo solitamente propizio per le iniziative culturali nella nostra città, nel quale un po’ più sovente i napoletani frequentano i luoghi dell’arte e giungono più numerosi ad apprezzare, oltre al patrimonio di arte e di cultura, anche l’atmosfera particolare del Natale a Napoli. E più numerosi ancora saranno quest’anno, al termine di una stagione turistica straordinaria. Troveranno tutti, nel Castello, accanto alle esposizioni permanenti, una mostra di disegni che mi sembra avere due caratteristiche che ne segnalano l’interesse. Essa è bella e piacevole, avvincente, per l’uso sapiente del carboncino e della sanguigna che ci dona fascinose figure di donna; è poi, nel modo ambiguo e misterioso in cui l’arte si lega ai luoghi e ai tempi della sua produzione, molto nostra, legata da mille fili alla storia artistica e culturale, alla creatività, al modo stesso di sentire la bellezza e la fragilità della vita di Napoli e di noi napoletani. Mi sembra, insomma che non avremmo potuto trovare un modo migliore per accogliere nel nostro museo napoletani e turisti e ringrazio molto l’autore e gli organizzatori per aver arricchito con questa mostra, nel suo periodo più bello, il calendario culturale della città. 3 Il disegno è il fondamento di tutte le arti Franco Lista L’antica e sempre valida locuzione del Vasari, tanto esplicita quanto sintetica, è espressione del grande apprezzamento che i maestri del passato avevano nei riguardi dell’attività disegnativa. Oggi, si considera ancora il disegno come una sorta di esercizio propedeutico alla pittura: un necessario passaggio grammaticale introduttivo alla costruzione della forma, ma la sensibilità del segno può raggiungere livelli artistici particolarmente significativi, come acutamente sostiene Mario Docci. Pochi e selezionati sono i cultori e gli amanti del disegno che ne riconoscono la piena autonomia espressiva; basta citare qualche nome: Rodin, Schiele, Klimt, Gemito, Modigliani, Picasso, Sironi, Manzù e i nostri Armando De Stefano e Tullia Matania, per riaccendere in noi l’attrazione per la linea caratterizzata dal segno sensuale o per il tratto energico e veloce nel suo sintetico svolgimento di questi artisti. Su questa stessa strada, Mario Vanacore, con i suoi disegni a carboncino e sanguigna, struttura un modo raffinato di raffigurare “la modella” quale soggetto riproposto nei vari periodi storici. Non c’è alcun timore di essere ai margini della storia nell’intenzionale proposito di delineare, ancora una volta, il rapporto dell’artista con la modella; e qui, naturalmente, il pensiero ricorre allo stesso soggetto replicato più volte dall’ottantaduenne Picasso che, come scrive Massimiliano Serio, “cerca di capire attraverso le diverse esecuzioni che fece in quegli anni sullo stesso tema, come l’artista riesca a trasportare sulla tela una realtà così cangiante e misteriosa come quella del corpo umano”. Vanacore comprende e interpreta questo classico rapporto, ne fa un punto di forza della sua ricerca, accostandosi ai grandi artisti di morfologia classica, nel disegnare dal vero, in vari atteggiamenti e tagli, figure femminili, senza manifestare fratture tra l’osservazione obiettiva e improbabili distorsioni della realtà. Così facendo, mette in evidenza il suo percorso formativo. Si tratta, direi, di un itinerario complesso che ha inizio negli anni ’70 con lo stu- 5 dio dell’espressività e spiritualità che sostanzia la cultura popolare: a Procida, ed esempio, Mario ricerca sul campo la narrativa di tradizione orale e i canti popolari dell’Isola, così come farà in vari luoghi del Meridione. Il suo interesse poi si rivolge verso la propria interiorità attraverso un lungo percorso di analisi personale e in psicoterapia. Infine, l’approdo ai linguaggi dell’arte, assieme a Tullia Matania: un lungo tirocinio di osservazione e analisi della forma, che diventa apertura a un’esperienza più totale, dove l’indagine e la scoperta dell’altro, sia nella sua corporeità, di cosa sensibile alla percezione visiva, sia, nello stesso momento, della sua singolare interiorità. L’approccio al reale e alla verosimiglianza dei molti ritratti e delle penetranti immagini femminili disegnate da Vanacore, certamente, non è senza significato. I disegni si presentano apparentemente come studi orientati a successivi sviluppi e approfondimenti; a ben guardare, la purezza e la dolcezza del segno grafico, in uno con quel soffio di sensualità captato dall’artista, non restano sulla superficie del foglio di carta: sono elementi espressivi della capacità di Mario Vanacore di saper cogliere i motivi profondi che legano la rappresentazione di queste figure femminili alla reale concre- 6 tezza dell’esperienza intersoggettiva che si compie tra pittore e modella alla comune ricerca della bellezza. Una bellezza non tanto percepibile nella regolarità delle fisionomie e dei corpi rappresentati, quanto invece da cogliere nel fascino sommesso di semplici gesti, nel modo di atteggiarsi, di indossare un cappello, in alcune posture a riposo, distese o rannicchiate, di soffusa dolcezza o ancora, in pose rese da una semplice rotazione, oppure da un’azione che si sta compiendo e che tuttavia rendono la pienezza femminile estetica, nascosta e per questo sottilmente contemplata. D’altra parte, la giusta distanza percettiva di chi guarda la mostra coglie più di una sequenza, il fascinoso scorrere delle immagini che talvolta hanno il taglio immediato, naturale, fresco che è testimonianza della viva presenza delle varie modelle (espressive di bellezza domestica, di avvenenti e, talvolta giunoniche figure) impressa non solo fisicamente ma anche psicologicamente. Di qui la prova della maturità artistica di Vanacore, come ad esempio dove una ricca massa di capelli fittamente arricciati, non curati, di nero intenso, costituisce il focus di un penetrante profilo di donna, o quel trascorrere di luce cui fa da contrappunto l’ombra che si annida sotto la larga falda del cappello, lasciando la chiarificazione dei lineamenti alla fantasia del riguardante. Vi è dunque un sincero vissuto soggettivo, al di là dell’immagine, dietro quei ricorrenti atteggiamenti di soddisfatti abbandoni o di malinconica dolcezza che fanno un tutt’uno con la luce che scorre, evocata dalla classica morbidezza del segno di Vanacore. Certo, tratta di introspezioni e di riflessioni sull’essenza della femminilità in una varietà di atteggiamenti abituali, meditativi, patetici, sensuali. Mario, ne ghermisce bellezza e imperfezione perché, come per John Ruskin, le irrego- larità e i difetti non sono solo segni di vita, ma sorgente di bellezza. Per tutto questo, a mio avviso, considero l’attualità del disegno come una rinnovata attualità che dà sempre conto del suo eccezionale valore artistico ed espressivo. La speranza è che si riprenda questa coinvolgente pratica, che si faccia tesoro, delle purtroppo poche esperienze in proposito. Nel panorama della ricerca contemporanea, l’autenticità e le implicazioni cui rimandano i ritratti e le figure di Mario Vanacore, mi pare che costituiscano un valore da non sottovalutare. 7 Incontri Annalisa Porzio È nella ricerca del disegno che è avvenuto l’incontro come maestra e allievo di Mario Vanacore e Tullia Matania. Senza saperlo, ma forse sulle tracce di una sensibilità artistica che è modo di vivere prima ancora che qualità professionale, indiviso amore per la musica come per l’arte figurativa, si intreccia con loro un altro nodo di una genealogia antica, di rapporti tra famiglie della Napoli intellettuale e creativa, tra otto e novecento. La storia di Mario può iniziare, se vogliamo, dall’incontro di Demetrio Salazar e Dora Calcutt Mc Namara nel 1852, nella Galleria del Louvre, lei pittrice dilettante e copista, in una tappa dell’educazione femminile di giovane contessa irlandese in viaggio a Parigi, lui patriota calabrese rifugiato all’estero dopo i moti del ‘48, pittore e studioso d’arte, d’aspetto somigliante “ai modelli di Van Dyck o forse meglio al ritratto di Van Dyck stesso”.1 Sposi a Londra, in Belgio nasce Fanny, nel 1853, poi Maria e Mario. Di Demetrio Salazar (1822-1882) è noto l’impegno a Napoli di fondatore delle isti- tuzioni post unitarie di tutela artistica, direttore della Pinacoteca Nazionale e autore degli Studi sui monumenti della Italia meridionale dal 4. al 13. secolo: operoso uomo politico, lavora tra l’altro alla “necessità di istituire in Italia dei Musei industriali artistici con le scuole di applicazione”2 sul modello inglese. Fanny eredita l’impeto paterno e ne traduce le istanze risorgimentali in una vivace e originale attività di pubblicista, organizzatrice, conferenziera. Si è ritrovato a Palazzo Reale di Napoli, presentato alla Esposizione Universale del 1877, un suo ritratto giovanile di mano della madre, nel quale compare ornata d’un ciondolo a forma di stivale tricolore3. È affidata a lei, tra l’altro, una parte significativa di tradizione di memoria familiare, come autrice del volume Antiche lotte, speranze nuove del 1891. Sposata Zampini, è madre di Dora Zampini, Dora naturalmente come la nonna e prima di future generazioni di questo nome. Dora diventa moglie di un musicista, Gennaro Napoli (1881-1943), direttore 9 Gennaro Napoli a venti anni del Conservatorio di San Pietro a Majella, autore di trattati di armonia ancora in uso, compositore e critico. E dunque sono loro i genitori di Jacopo (1911), anch’egli musicista, di Margherita e Mario (gemelli del 1915), e di Tommaso. Li vediamo bellissimi in quest’ordine, alternati al padre Gennaro Napoli con la famiglia 10 e alla madre, in una foto del 1928, sembra sul tetto per una buona esposizione alla luce. Mario Napoli (in piedi vicino alla madre) qui ragazzino lo ricordiamo nella sua straordinaria figura di archeologo e soprintendente; Margherita al centro è la madre di Mario Vanacore.4 Il primo nodo di incrocio con i Matania e con la loro attività artistica è nella biografia di Gennaro Napoli, amico fraterno di Ugo Matania (1888-1973), grande pittore e illustratore. Era il gruppo dei “ragazzi del Vomero”, con gli Avena e Vittorio e Pasquale Parisi, che nelle ore libere si incontravano a Villa Lucia, per suonare, dipingere, scrivere, cantare. Di Gennaro Napoli si conserva appunto in casa di Tullia Matania un Autoritratto a olio firmato e datato 1920, evidentemente un dono all’amico: alle spalle un pianoforte aperto e squadernato come un paesaggio, e in mano la tavolozza - quasi una dichiarazione di doppia identità -, lo sguardo teso a ‘forare’ la somiglianza Pittura e musica si coltivano in casa Matania come il teatro, la fotografia, la scultura, la poesia in rima, la danza: con leggerezza, in una dimensione libera dell’incontro – racconta Tullia – che è rimasta lo stile vero di quel luogo irripetibile che è il suo studio laboratorio.5 Qui ritrarre e ritrarsi diventa gesto dell’incontro, e La famiglia di Ugo Matania Autoritratto di Gennaro Napoli ancora si intrecciano gli sguardi di tanti ritratti, su carta, su tela, in terracotta, in gesso: l’autoritratto del nonno pittore Eduardo Matania (1847-1929), Eduardo ritratto da Ugo, Ugo da Fortunino mentre suona il violoncello, la nonna di un amico ripresa da Tullia, i suoi nipoti da lei, le prove degli allievi, tutte palpabili tracce di una vita vissuta nello spirito di una socialità aperta e fervorosamente dedita all’arte figurativa. Ed ecco la famiglia di Ugo Matania in posa studiata nel 1938: Ugo al centro, Tullia è seconda a destra. Della attività pittorica di Gennaro Napoli si conservano ancora, presso Mario, una Natura morta a olio – della felice luminosità di Anacapri – e presso Gennaro Napoli jr, figlio dell’archeologo Mario alcune Marine con barche. Presso la nipote Maria Palma il ritratto ad olio della moglie e della figlia Margherita. In casa di Mario ancora morbide acqueforti di Anacapri, del 1935, dedicate “a Peppino e Margherita”. Compare qui il nome del padre di Mario, Peppino: per avvicinarci all’oggi facciamo quindi cenno all’avventura di Joseph Weiss, ufficiale austriaco, che rapito dal sud si trasferisce a Castellammare a fine ottocento, sì che la figlia Palmina può sposare Eligio Vanacore, e far nascere Giuseppe, marito di Margherita Napoli. 11 Ritratto della moglie con la figlia Gennaro Napoli, acqueforti di Anacapri, 1935 Margherita Napoli 12 Gennaro Napoli, natura morta ad olio L’incontro tra le famiglie Matania e Napoli si rinnova alla fine degli anni settanta con il ritorno a Napoli di Jacopo Napoli, famoso compositore e maestro, direttore del Conservatorio di Milano, poi di quelli di Roma e Napoli. Anche in Jacopo convivevano espressione musicale e artistica: in una lettera di Gennaro Napoli del 1926, conservata nella Biblioteca del Conservatorio di San Pietro a Majella e rivolta all’amico pianista Alfonso Longobardi, il padre riserva uno squarcio alla descrizione dei figli: “Il mio primo figliuolo, Jacopo, si è rivelato pittore: l’ Aria di Capri!. Ha quindici anni fa il quinto ginnasio, studia il pianoforte con Cesi, l’armonia con me, a Capri studiava pittura con un fortissimo artista tedesco: cosa farà? Non lo sappiamo ancora…”. Negli anni ottanta comporrà un poema musicale per coro e orchestra, La Via Crucis, a commento delle opere marmoree di Tullia realizzate per la Chiesa di Selva di Fasano di Puglia (1984). Si tenevano nella Casa Matania conferenze di Marcello Gigante, Peppe Maggi, Arturo Fratta, Michele Prisco, Domenico Rea, Mario Pomilio. Jacopo dava nel Cen- tro lezioni di composizione, e in quegli anni scrive un Rondò per Tullia per violoncello solo inedito nell’Archivio Matania. Attraverso la storia di questi contatti, recuperati attraverso i ricordi di Tullia, si può dire che nel “guscio pieno” dello studio Matania l’incontro di Mario non è stato solo col disegno e con l’esperienza di sottili equilibri interiori che attraverso il disegno si possono ritrovare, ma anche con i fili prima un po’ nascosti del suo passato familiare. 1) Lorenzo Salazar, La vita di una madre, 1899, p.33 2) Demetrio Salazar, Pensieri, 1878 3) Criptogrammi della storia, “Quaderni di Palazzo Reale” n.10, Napoli 2003, pp.12-13 4) E di Maria Palma, Francesco, Giovanni e Dora. 5) Gaia Salvatori, Matania, presentazione di Giovanni Cioffi, Napoli 2011 (con documentario realizzato da Lorenzo Cioffi e Corrado Costetti) 13 Disegni carboncino sanguigna 50 x 70 cm 15 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 16 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 17 matita sanguigna 50 x 70 cm 18 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 19 matita sanguigna 50 x 70 cm 20 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 21 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 22 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 23 carboncino sanguigna e nero 50 x 70 cm 24 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 25 carboncino sanguigna e nero 50 x 70 cm 26 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 27 carboncino e sanguigna 50 x 70 cm 28 carboncino nero e sanguigna 50 x 70 cm 29 matita sanguigna 50 x 70 cm 30 carboncino nero e sanguigna 50 x 70 cm 31 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 32 matita sanguigna 50 x 70 cm 33 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 34 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 35 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 36 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 37 matita sanguigna 50 x 70 cm 38 carboncino sanguigna, nero e seppia 50 x 70 cm 39 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 40 carboncino nero e sanguigna 50 x 70 cm 41 matita sanguigna 50 x 70 cm 42 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 43 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 44 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 45 matita sanguigna 50 x 70 cm 46 carboncino sanguigna 50 x 70 cm 47 Tullia carboncino sanguigna 50 x 70 cm Tullia a lavoro carboncino sanguigna 70 x 100 cm 49 Allestimento della Mostra 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 Zante 1982, foto di Orsola Foglia Cenni biografici Mario Vanacore è nato a Napoli nel 1953. Sociologo, psicologo e psicoterapeuta, lavora dal 1980 nella Scuola pubblica, dove insegna Filosofia, Psicologia e Scienze dell’Educazione. È consulente del Tribunale di Napoli. Dagli inizi degli anni ’70, fino al ’90, ha effettuato numerose ricerche sul campo riguardanti le forme espressive della cultura popolare (musica, narrativa di tradizione orale, ecc.) per conto del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari di Roma e la Soprintendenza per i Beni Storici e Artistici di Napoli. Nel 1983 ha iniziato un lungo training personale e di formazione in psicoterapia. Dal 2002 frequenta i corsi del “Libero centro di Arti visive - Ugo Matania” tenuti da Tullia Matania. Le sue forme espressive predilette sono il disegno, il legno, la ceramica e l’acquarello. Ha partecipato ad alcune mostre collettive di ceramica (Firenze, Vietri). 65 Presentazione Nino Daniele Assessore alla Cultura e Turismo del Comune di Napoli p. 3 Il disegno è il fondamento di tutte le arti 5 Franco Lista Architetto - ispettore per l’istruzione artistica Incontri 9 Annalisa Porzio Storico dell’arte - direttore del Palazzo Reale di Napoli Disegni 15 Allestimento della Mostra 51 Cenni biografici 65 67
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