www.chiesadicagliari.it CAGLIARI pagina 2 pagina 3 pagina 4 Pastorale vocazionale Giovani e adolescenti sono protagonisti Missione in Brasile, il profondo legame con la Sardegna Il ricordo di Siddi, un giornalista testimone di fede a testimonianza di don Giuseppe Spiga, missionario fidei donum a Matinha, nel nord– est del paese, che parla della realtà sociale della cittadina dove ricopre l’incarico di parroco. Pioniere in questa missione è stato tra gli anni ‘60 e ‘70 anche monsignor Guido Palmas. morto Flavio Siddi che da giornalista ha saputo coniugare l’impegno battesimale con lo svolgimento del mestiere. Ha ricoperto per 18 anni il ruolo di presidente regionale dell’Ucsi ed è stato una tra le firme più autorevoli all’interno della stampa agricola isolana. D iverse le proposte che puntano in modo particolare ai cammini con gli adolescenti e con i giovani. Pensati alcuni momenti di preghiera per le vocazioni sacerdotali. Una domenica al mese è dedicata all’adorazione eucaristica in un monastero di clausura cittadino. A cura dell'Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Cagliari Domenica, 18 maggio 2014 Redazione: Via Monsignor G. Cogoni, 9 - 09121 Cagliari Supplemento di Avvenire Tel e fax: 070.52843234 - cell.: +39.3925029202 Responsabile: don Giulio Madeddu E-mail: [email protected] L È il fatto. Mercoledì scorso la comunità ecclesiale isolana si è recata a Roma per abbracciare Bergoglio e «restituire» la visita dopo il suo viaggio a Cagliari Il grazie dei sardi a papa Francesco il ricordo La visita in Sardegna di quattro Pontefici DI FRANCO PUDDU * I Bergoglio: prego per voi «I I fedeli provenienti da tutta la regione si sono dati appuntamento a San Pietro. La cronaca di una giornata di vera e autentica fede l mio pensiero – ha detto il Papa – va con affetto ai fedeli della Sardegna, accompagnati dai loro pastori e dalle autorità, per ricambiare la visita che ho avuto la gioia di compiere l’anno scorso in quella terra. Cari amici, vi ringrazio per la vostra presenza e vi incoraggio ad affrontare le situazioni problematiche che ancora affliggono la vostra bella isola, perseverando nella speranza e nella solidarietà. Io vi assicuro che non mi sono dimenticato di voi e prego. Ricordo tanto quelle parole che voi mi avete detto sui gravi problemi della Sardegna. Vi assicuro di esservi vicino». monsignor Miglio, ha presieduto la Messa. Per i fedeli un inizio di pellegrinaggio, in una delle basiliche papali, con il piede giusto per tenere al centro il rapporto con generale del mercoledì con il Papa e l’eucaristia. DI ROBERTO COMPARETTI la celebrazione eucaristica del Ma in tutti il desiderio era re giorni vissuti all’insegna pomeriggio all’altare della Cattedra quello di incontrare il della condivisione. Per gli oltre in San Pietro, con la partecipazione Papa. Già fin dalle 7 del 200 pellegrini della diocesi di di buona parte dell’episcopato mattino, i pellegrini sono Cagliari la trasferta romana, isolano, insieme al sostituto della nei pressi del palazzo organizzata insieme alle altre chiese segreteria di Stato, monsignor dell’ex Sant’Uffizio. Un fastidioso dell’isola per ringraziare papa Angelo Becciu. maestrale non frena Francesco della visita a Cagliari lo Prima tappa, dopo l’entusiasmo che li scorso 22 settembre, è stata l’arrivo da Cagliari, caratterizza: lo sventolio caratterizzata da momenti di la basilica di San delle bandiere dei 4 intensa comunione. Paolo fuori le Mura, mori accompagna i Appuntamenti centrali l’udienza dove l’arcivescovo, rappresentanti nel ritiro dei pass di accesso. Superati gli inevitabili controlli di sicurezza i il vescovo sardi oltrepassano il colonnato Un incontro che infonde coraggio e speranza raggiungendo la piazza stata una bellissima giornata per tutta la nostra dove, tra una regione». Questo è il pensiero del vescovo Arrigo chiacchierata e l’altra, si Il Papa con Miglio Miglio, espresso nel corso dell’omelia pronunciata nel corso arriva al momento tanto della Messa presieduta nel pomeriggio di mercoledì nella atteso: papa Francesco basilica di San Pietro. «Una giornata unitaria – ha proseguito – di una giunge sulla papamobile ed inizia il rappresentanza così vasta di tutte le dieci diocesi della Sardegna. Molti di consueto giro che lo porterà tra le voi hanno compiuto questo pellegrinaggio e ne valeva la pena. Anzitutto gente, anche a pochi passi dal folto per dire grazie a papa Francesco». Ma il vescovo si è soffermato anche sul gruppo della diocesi di Cagliari. I senso di unità che ha contraddistinto questa esperienza. «Ci siamo ritrovati giovani del seminario regionale – ha detto – accanto alla tomba dell’apostolo Pietro per ritrovare il nostro posti sulla parte alta del sagrato impegno di buona volontà soprattutto per accogliere la missione, il fanno sentire la loro voce. mandato che il Papa ci ha affidato l’anno scorso a Cagliari e che sono state Nel suo saluto papa Francesco da lui ribadite in modo affettuoso, con parole molto chiare e ben ricorda ancora il suo viaggio di indirizzate verso i problemi gravi che vive la nostra regione». Miglio ha settembre. «Vi assicuro che non mi anche ribadito, nel corso dell’omelia, la responsabilità di ciascuno nei sono dimenticato di voi – ha detto confronti della crisi economica che si è abbattuta in modo particolare – e prego, ricordo tanto quelle sulla regione e sul suo tessuto socio-produttivo. «Non abbiamo avuto parole che mi avete detto sui grandi abbastanza fortezza – ha detto, riferendosi al tema dell’udienza generale problemi della Sardegna, vi della mattina – che, nonostante le povertà di ciascuno di noi, ci permette assicuro di esservi vicino». di dare speranza e di infondere coraggio». C’è chi riesce a sfiorare la mano del Papa, alcuni hanno il privilegio del «baciamano» e salutano di persona T «È il Santo Padre, anche due piccoli ministranti di Sant’Avendrace che non riescono a credere ai loro occhi. Terminata l’udienza tutti a pranzo nei pressi del Vaticano. Alle 16 l’ingresso in basilica per la celebrazione eucaristica: presenti non meno di 500 fedeli da tutta l’isola. A presiedere il rito monsignor Arrigo Miglio, che nella sua omelia riprende il tema della preoccupazione di Pietro per la comunità e dell’apostolo Mattia, prescelto per gli undici. «Le parole del Papa – ha detto nell’omelia monsignor Miglio – sono state di grande conforto: non ci ha dimenticato. È Pietro che veglia su di noi e ci incoraggia a non arrenderci. La Lettura ci ha trasmesso la sollecitudine dell’apostolo Pietro e sappiamo che lui veglia su di noi». Al termine della Messa il canto del Deus ti salvet, Maria risuona tra le navate della basilica, mentre i celebranti raggiungono la sacrestia. Un rapido saluto e l’appuntamento è per il giorno successivo: nella catacombe di San Callisto: alla fine della visita la celebrazione dell’arcivescovo, che ricorda come tutto sia partito da un luogo di martirio. l 24 aprile 1970 avevo incontrato direttamente papa Paolo VI, in occasione della sua visita a Cagliari nel seicentesimo anniversario dell’approdo miracoloso della Madonna di Bonaria. Ero stato scelto per porgergli il saluto all’inizio dell’incontro con i sacerdoti della Sardegna nel Seminario arcivescovile. Avevo svolto il mio compito con tanta ingenuità, ero riuscito a controllare le mie emozioni fino alla lettura del breve saluto, ma ero crollato nelle mie emozioni al momento dell’incontro personale. Papa Paolo VI mi aveva abbracciato con tanto affetto e delicatezza, avevo colto in quell’abbraccio la conferma di una paternità ecclesiale che mi aveva sostenuto per tutta la stagione della mia formazione al servizio sacerdotale e ancora oggi permane. Non dimenticherò mai il suo sguardo intenso e paterno, che rivive ancora oggi nel momento in cui è stata resa nota la notizia della beatificazione, prevista per il 19 ottobre. Ma avevo incontrato di persona anche papa Giovanni Paolo II nel largo Carlo Felice a Cagliari il 22 ottobre 1985, nell’incontro con i giovani al termine della sua visita in Sardegna, erano presenti cinquantamila persone. Con la prima Consulta diocesana dei giovani laici avevamo scelto di qualificare tale incontro sul tema dell’unità e della comunione; avevamo riportato in un solo grande striscione, che campeggiava sulla parete della Rinascente, una felice espressione dell’arcivescovo monsignor Canestri: «Incontrare il Papa: per i credenti è un atto di fede, per gli smarriti è un invito alla speranza, per tutti è un Papa Francesco a Bonaria richiamo alla solidarietà cristiana e umana». Il Papa aveva coniato in quella occasione l’invito ai gioAl santuario della poi diventato slogan, «fate Madonna di Bonaria vani, della vostra vita un capolavoro». si sono fermati Paolo Non meno intenso è stato per me l’incontro con papa Benedetto, il VI, Giovanni Paolo 7 settembre 2008, centenario della proclamazione della MadonII, Benedetto XVI e na di Bonaria a patrona della Sarpapa Bergoglio. Da degna. Libero da impegni organizzativi, ho avuto modo di goloro la Chiesa sarda dere interiormente nella conceleha sempre ricevuto brazione alla Messa solenne nel un incoraggiamento piazzale antistante la basilica. della fede dei nel cammino di fede L’apprezzamento sardi ha toccato le corde più profonde del mio cuore e ho potuto gustare tale momento con tanta commozione. È un tema che sempre coglie la mia spirituale attenzione, specialmente la fede dei poveri, che incoraggia anche la mia personale. Tutta la visita di papa Francesco a Cagliari il 22 settembre dell’anno scorso è stata caratterizzata dalla sua capacità di tenerezza, che egli esprime in ogni incontro e comunica ad ogni interlocutore. Mezzo milione di persone, convenute in quel giorno da tutta la Sardegna, quale fiume che gli ha fatto da continua onda di accoglienza, sono state catturate da tale tenerezza e hanno risposto con tanto affetto e compostezza. Osservatore da vicino, per le responsabilità organizzative in tutta la visita, ho goduto tanto anch’io osservando la gioia e la serenità che traspariva in ogni volto. Ancora oggi ho modo di verificare l’impronta della tenerezza di papa Francesco impressa come profonda gratitudine in tutti coloro che si sono prodigati per il buon andamento della visita stessa, è la maggior gratificazione per le fatiche effuse insieme a tantissimi volontari e quanti altri hanno svolto compiti di responsabilità. * presidente del Comitato organizzatore della visita di papa Francesco a Cagliari Le parole di affetto di Francesco La gioia dei mercedari per la sosta nel santuario DI SIMONE I BELLISAI Padri Mercedari di Cagliari hanno avuto la gioia di ricevere ancora una volta un pontefice presso il santuario della Madonna di Bonaria, patrona massima della Sardegna, la cui basilica è uno dei più importanti luoghi di culto nell’Isola. Il rettore del santuario, padre Giovannino Tolu, ha voluto, anche lui, essere presente a Roma con una delegazione di fedeli per esprimere il ringraziamento della comunità mercedaria. L’ordine è nato nel 1218 per opera di san Pietro Nolasco, e, sin dalla sua fondazione, opera una missione redentrice per la liberazione degli schiavi cristiani. L’ordine religioso, profondamente inserito nella vita della Chiesa e in particolare della diocesi, svolge una feconda opera di evangelizzazione in città. I sacerdoti e fratelli cooperatori, che vivono la stessa vita religiosa, oltre i voti di povertà, castità e obbedienza, emettono un quarto voto di redenzione: l’impegno a dare la vita, se necessario, per chi è in pericolo di perdere la fede. «Un evento che non dimenticheremo» In un clima di festa l’emozione dei pellegrini che in Vaticano hanno partecipato all’udienza n foulard giallo sulle spalle era il segno distintivo per i pellegrini sardi, anche per gli oltre 200 fedeli della diocesi, i cui sentimenti alla fine del viaggio sono di gratitudine e di gioia per un’esperienza che difficilmente verrà dimenticata. Nell’era digitale molte delle impressioni vengono lasciate sui social network come Angela che scrive: «Lasciamo qui il nostro cuore, dopo aver partecipato all’udienza, nella quale il Papa ci ha ribadito la sua vicinanza. U Ne abbiamo bisogno, anche se solo noi potremmo essere gli artefici del nostro futuro». Chi non ha familiarità con il web è Mariella. «Sentire il canto in sardo nella basilica di San Pietro al termine della Messa (quella celebrata mercoledì pomeriggio) mi ha impressionato. Tante persone di provenienza diversa ma unite nel canto alla Madonna, nella chiesa più importante per la cattolicità, indicano la profonda fede che abbiamo noi sardi». Anche Antonio, padre preoccupato, si mostra contento. «Ho due figli laureati che però stentano a trovare lavoro. Le parole del Papa sono state come al solito efficaci. Non ha dimenticato la Sardegna con i suoi problemi e ciò mi aiuta ad avere speranza, che in tanti di noi sembra essere perduta». Pellegrini sardi in attesa dell’udienza Giuseppe, pensionato, è felice dopo aver visto per la prima volta una catacomba. «Dopo questa visita ho capito quale forza avessero i primi cristiani nel difendere la fede, anche a costo della propria vita». Tutti ancora portiamo nel cuore le espressioni di affetto e vicinanza con le quali il pontefice si è rivolto ai sardi domenica 22 settembre 2013: «Sono venuto per condividere con voi gioie e speranze, fatiche e impegni, ideali e aspirazioni della vostra Isola, e per confermarvi nella fede. Anche qui a Cagliari, come in tutta la Sardegna, non mancano difficoltà, – ce ne sono tante – problemi e preoccupazioni: penso, in particolare, alla mancanza del lavoro e alla sua precarietà, e quindi all’incertezza per il futuro. È necessaria la collaborazione leale di tutti, con l’impegno dei responsabili delle istituzioni – anche la Chiesa – per assicurare alle persone e alle famiglie i diritti fondamentali, e far crescere una società più fraterna e solidale». 1 2 in diocesi Le parole di papa Benedetto «L’aspetto musicale delle celebrazioni liturgiche non può essere lasciato né all’improvvisazione, né all’arbitrio dei singoli, ma deve essere affidato ad una bene concertata direzione nel rispetto delle norme e delle competenze, quale significativo frutto di un’adeguata formazione liturgica». Domenica 18 maggio 2014 Musica, il ministero ecclesiale del coro a servizio dell’assemblea nella liturgia DI DENISE SCANO «A ssemblea, repertori, strumenti musicali». Questo il tema del primo Incontro diocesano dei cori liturgici, promosso dall’Ufficio diocesano per la liturgia, che si è svolto il 4 maggio a Quartu Sant’Elena. L’incontro è stato introdotto da don Fabio Trudu, liturgista e direttore dell’Ufficio diocesano, con una riflessione sull’importanza della formazione dei coristi che deve essere innanzitutto spirituale, biblico-liturgica e tecnica indicando un duplice punto di partenza: la liturgia e l’assemblea. Il relatore don Pierangelo Ruaro, direttore dell’Ufficio diocesano per la liturgia e la musica sacra di Vicenza, diplomato in chitarra classica, ha messo in evidenza l’importanza dell’assemblea nella liturgia, indicando come il canto sia la risposta del popolo all’amore di Dio perché «il canto liturgico è elemento Il coro per la Messa di papa Francesco a Cagliari Ragazzi in festa per l’incontro regionale È fondamentale all’interno del quale si compie la manifestazione di Dio». Ha proseguito affermando che «tutta la musica liturgica è sacra, ma non tutta la musica sacra è liturgica» soffermandosi sul tema dei repertori, precisando che «lo scopo principale del repertorio è quello di contribuire a formare la fede dei fedeli» per questo bisogna fare attenzione ai testi dei canti, privilegiando quelli che si appoggiano sulla Scrittura e sulle sorgenti liturgiche. Don Pierangelo ha evidenziato anche l’importanza dello strumento musicale che non deve essere invadente nel suono, ma deve rimanere in secondo piano rispetto alle parole cantate. L’incontro, a cui hanno preso parte circa 230 coristi appartenenti a 18 cori polifonici e giovanili provenienti dalla diocesi, si è concluso con la celebrazione della Messa presieduta dall’arcivescovo Arrigo Miglio. prevista per domenica prossima la Giornata regionale dei giovani, promossa dal Servizio per la pastorale giovanile della Conferenza episcopale sarda. Il tema della giornata, rivolta ai giovani che hanno compiuto almeno 14 anni, è tratto da un discorso di papa Francesco che, rivolgendosi ai giovani, ha chiesto loro di avere «il coraggio della vera felicità». L’evento comincia a Terralba, dalle 9.30, da dove inizierà la Via Lucis verso Arborea. Nel pomeriggio sono previste diverse attività con la presenza di stand dove i giovani entreranno in contatto con le realtà che operano a livello regionale. Alle 18 la giornata si chiude con la celebrazione eucaristica. Dinanzi al calo delle risposte alla chiamata alla vita consacrata, un rilancio dell’opera dell’Ufficio diocesano per le vocazioni L’annuncio vocazionale ai giovani Una nuova scommessa pastorale per poter realizzare il progetto di vita come un generoso «sì» al Signore La prostrazione durante il canto delle litanie nel rito dell’ordinazione sacerdotale Dalle esperienze pilota alla definizione di un cammino scandito da precisi appuntamenti da inserire all’interno della visita pastorale dell’arcivescovo La centralità della preghiera Q uanto è necessaria l’acqua dal cielo per fecondare la terra dei campi lavorata dalla paziente e faticosa opera del contadino, tanto è indispensabile la preghiera all’attività di una creativa pastorale vocazionale. Papa Francesco sottolinea come «nessuna vocazione nasce da sé o vive per sé stessa. La vocazione scaturisce dal cuore di Dio e germoglia nella terra buona del popolo fedele». La fede, alimentata dalla preghiera, ci condurrà a considerare non separabili azione e contemplazione, e a non dubitare che «Dio segue con passione e perizia l’opera uscita dalle sue mani, in ogni stagione della vita. Ha a cuore la realizzazione del suo progetto su di noi e, tuttavia, intende conseguirlo con il nostro assenso e la nostra collaborazione». Alcune esperienze fotografano la Comunità diocesana come Comunità «concorde nella preghiera» per le vocazioni. Il Monastero invisibile, anzitutto, esperienza nella quale diverse persone (sani e malati, giovani, adulti e anziani) si impegnano a mantenere costante, giorno e notte, la preghiera per le vocazioni. Ma c’è anche l’Adorazione eucaristica vocazionale. Presso un monastero claustrale cittadino una domenica al mese si svolge un intenso momento di preghiera silenziosa davanti al SS. Sacramento, per sottolineare il «primato della preghiera». Un’altra proposta è quella del Giovedì vocazionale. In molte comunità parrocchiali si è soliti ritrovarsi in preghiera, in questo giorno, una volta al mese. La scelta del giovedì fa riferimento all’istituzione dell’Eucaristia, come a ribadire che essa è sorgente di ogni vocazione cristiana. Infine la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, ma anche le giornate vocazionali e quella del Seminario. In diverse comunità parrocchiali queste giornate vengono celebrate come occasione di riflessione e di preghiera sul tema delle vocazioni. Paolo Sanna DI ROBERTO COMPARETTI D alle esperienze pilota dell’anno pastorale che si sta chiudendo, alla definizione di un cammino scandito da precisi appuntamenti. La pastorale vocazionale in diocesi sta cambiando approccio, non solo le classiche giornate pre-seminario o vocazionali nelle singole comunità, ma un cammino strutturato, da inserire all’interno della visita pastorale che l’arcivescovo, monsignor Arrigo Miglio, sta compiendo con interventi mirati nelle celebrazioni eucaristiche o nel contesto incontri con specifici gruppi. Nell’anno in corso, l’animazione del pre–seminario è stata strutturata in cinque incontri, oltre ad uno finale. Non sono mancate le giornate vocazionali nelle parrocchie e anche l’adorazione eucaristica nel monastero delle Cappuccine claustrali, in pieno centro storico cittadino. Tra le novità proposte da don Davide Curreli, collaboratore dell’Ufficio vocazioni, anche l’animazione delle scuole superiori. Nel liceo classico «Siotto Pintor» di Cagliari, è stato già proposto sperimentalmente un programma su «scelte e progettualità di vita». In vista del prossimo anno, sono stati stabiliti i primi contatti anche con altri licei cittadini, come il classico «Dettori» e lo scientifico «Alberti». Nei mesi scorsi è stato realizzato anche un «Talent show», dal titolo «Siotto’s got Talent», caratterizzato da una lunga preparazione che è sfociata in una serata di spettacolo. È attualmente in fase di definizione la realizzazione di un campo di lavoro nella missione diocesana di Nanyuky in Kenia. Questo è ciò che finora è stato fatto, ma le scelte future – affermano dall’equipe di pastorale vocazionale – si costruiscono a partire dall’oggi. Il primo progetto da mettere in cantiere ha come titolo «Il momento è adesso». «Il nostro impegno – dicono dalla pastorale vocazionale – si può considerare come testimonianza viva di giovani che hanno iniziato a progettare la vita alla ricerca della volontà di Dio. Il lavoro è dunque indirizzato ai ragazzi tra i 16 ed i 25 anni, compresi maturandi, per cinque incontri oltre a due giornate di condivisione ed un’esperienza conclusiva, con campo di lavoro nella missione diocesana in Africa». Le proposte saranno rivolte anche ai giovanissimi delle scuole medie con il progetto «Betlemme». Una domenica, a mesi alterni, per proporre il discernimento vocazionale come primo approccio alla progettualità di vita. Per chi vorrà approfondire un cammino vocazionale verso la vita consacrata si sta pensando al progetto denominato «Tiberiade», destinato in particolare ai ragazzi e alle ragazze delle scuole superiori. La proposta «Dove sei?», invece, vorrebbe essere un percorso di ri– discernimento vocazionale, per la fascia d’età post universitaria, basato, in particolare, sul testo biblico della Genesi. Altre ancora saranno le iniziative vocazionali, dal cosiddetto «Spot vocazionale», in occasioni di giornate diocesane che interessano i giovani, alla classica «Giornata dei ministranti». i dati I numeri in Italia e nell’isola spesso di crisi delle vocazioni. SEi parla i numeri non mentono. Stando agli ultimi dati disponibili, in Italia operano circa 32 mila sacerdoti diocesani. I religiosi sono 16 mila religiosi, mentre sono molte di più le religiose, a quota 90 mila. Il confronto con la situazione degli inizi degli anni settanta rivela come gli istituti religiosi maschili e femminili abbiano visto dimezzate le loro file. Anche nella nostra isola la situazione è la medesima. Al momento i ragazzi accolti nel Seminario arcivescovile sono tre, una ventina i seminaristi maggiori. Pure le congregazioni religiose locali fanno i conti con la carenza di vocazioni. Le Ancelle della Sacra Famiglia prevedono per il prossimo anno la professione dei voti perpetui di una suora, ma attualmente non hanno né novizie né postulanti e la precedente professione perpetua risale al 2005. Nella comunità mercedaria di Nostra Signora di Bonaria, invece, sono solo due i giovani in cammino vocazionale. Ma anche in questo caso non ci sono novizi e l’ultima emissione di voti risale a qualche anno fa. Monsignor Piseddu, trentadue anni da pastore e padre Dopo 33 anni di assenza dalla diocesi di Cagliari è tempo per me di riallacciare i rapporti. Sono stato accolto molto bene e il mio cuore è aperto alla fiducia e alla speranza di poter fare ancora qualcosa per il bene della diocesi cagliaritana Dopo il lungo episcopato nella diocesi di Lanusei, il presule originario di Senorbì ha fatto ritorno a Cagliari Nelle sue parole il percorso compiuto in terra d’Ogliastra DI ANDREA PALA N on è semplice fare un bilancio di ben 32 anni alla guida di una diocesi. Ma è quello che abbiamo chiesto a monsignor Antioco Piseddu, ormai vescovo emerito di Lanusei. Nato a Senorbì nel 1936, originario quindi della diocesi di Cagliari, ha lasciato la guida della diocesi di Ogliastra qualche settimana fa, sostituito da monsignor Antonello Mura. Monsignor Piseddu rivela di essere stato colto di sorpresa 32 anni fa. «Non pensavo scegliessero me come vescovo per quella sede – ammette – ed ero, non lo nascondo, anche un po’ titubante di fronte a questa nomina. Gli ogliastrini, però, fin dal principio, hanno manifestato grande gioia per la mia nomina e, con fiducia nel Signore, ho cominciato il ministero episcopale». Un episcopato molto lungo e anche intenso quello di monsignor Piseddu, diviso dal vescovo emerito in due tappe. «Le potrei distinguere – dice – più sotto l’aspetto sociale. Gli anni ottanta sono stati caratterizzati da incertezze sociali e anche frequenti episodi di violenza che, a mio parere, si sono conclusi con la fine del sequestro di Silvia Melis. Ma nella seconda metà degli anni novanta questo periodo è stato superato attraverso tutta una serie di progetti messi in campo sul territorio. Questa fase è stata caratterizzata, a mio avviso, da una forte presa di coscienza delle proprie capacità. In molti hanno iniziato a maturare la consapevolezza che potevano essere ottenuti risultati senza che fossero calati dall’alto». Un riscossa del territorio, dunque, che ha sempre fatto i conti con il fattore isolamento. «In questi anni – ammette – ho avvertito in realtà la fatica per superarlo. Penso alle strade in modo particolare. All’inizio dell’episcopato ci si spostava con qualche difficoltà. Ma oggi sono state completate diverse opere che hanno reso il territorio meno impervio e più accessibile. E questo ha diminuito sensibilmente lo storico isolamento di questa zona dell’isola, favorendo di fatto anche il turismo». Monsignor Piseddu è oggi ritornato in diocesi. «Dopo 33 anni di assenza dalla Il vescovo Antioco Piseddu diocesi di Cagliari – dice – è tempo per me di riallacciare i rapporti. Sono stato comunque accolto molto bene. Ecco perché il mio cuore è aperto alla fiducia e alla speranza di poter fare ancora qualcosa per il bene della diocesi cagliaritana». nel mondo Domenica 18 maggio 2014 L’accoglienza dei bambini bosniaci: l’amore allevia i traumi della guerra DI GIOVANNI DISCOLO * on è importante quanto facciamo ma «Nquanto amore mettiamo nel farlo». È con questa citazione della beata Madre Teresa di Calcutta che inizio le mie giornate, è con questa frase che mi ritorna il sorriso sulle labbra ed è con questa stessa che vorrei iniziare a descrivere la mia esperienza. La partenza per la Bosnia Erzegovina è stata la migliore opportunità per rafforzare, con il mio impegno e la mia profonda dedizione e passione, quel legame tra culture, lontane ma vicine, creato grazie all’intervento concreto della Ong “Luciano Lama”. Il tirocinio in Bosnia Erzegovina infatti mi ha dato l’opportunità di approfondire dei temi che stanno alla base della mia formazione. La permanenza nello Stato della ex Jugoslavia per un periodo di due mesi mi ha permesso di migliorare la conoscenza della lingua inglese in quanto lingua veicolare, ma anche di Una Ong a servizio dei piccoli L’associazione Luciano Lama getta un ponte tra l’isola e l’ex Jugoslavia apprendere delle nozioni grammaticali della lingua del luogo. Ho avuto modo di approfondire le tematiche di ospitalità e gentilezza in ogni momento della mia permanenza nella città di Srebrenica in quanto chiunque (dai giovani alle persone più grandi) mi vedeva, aveva il piacere di offrirmi un caffè o di invitarmi a pranzo dalle rispettive famiglie. Lasciare il passato non vuol dire dimenticarlo, ma attraverso gli avvenimenti trascorsi trovare la forza per investire sul futuro della Bosnia Erzegovina, sul futuro dei giovani e soprattutto sul futuro dei bambini. È proprio attraverso il gesto di un bambino che voglio concludere la descrizione di questa esperienza. Mi manca il saluto di un bimbo di otto anni che abitava di fronte casa mia e quasi tutte le mattine uscendo dall’appartamento per andare a scuola mi urlava sempre: «Ciao italiano». * dottore in mediazione culturale e cooperazione euromediterranea S tare i bambini a superare i traumi subiti dalle conseguenze della guerra e che vivono in condizione di forte instabilità. «Il mio interesse per la Bosnia Erzegovina – racconta – è nato dopo aver visto il video di un amico, il dottor Giovanni Discolo. Le immagini di quella terra devastata dalla guerra mi colpirono profondamente e fu allora che pensai di avviare questo progetto anche in Sardegna». Il soggiorno dei bambini bosniaci in Sardegna terminerà il 31 luglio 2014. Viola Bellisai L’annuncio del Vangelo nel Brasile che soffre Parla don Giuseppe Spiga, sacerdote «fidei donum» nello Stato del Maranhao, impegnato a dare concretezza all’azione della Chiesa in una società caratterizzata da molteplici forme di povertà DI MARIA LUISA SECCHI M atinha è una citta della diocesi brasiliana di Viana. Conta circa venticinquemila abitanti compresi quelli che vivono nei settanta piccoli centri, sparsi nel territorio circostante, dove opera anche la missione diocesana. «È una città che rispetta la tendenza del nord-est del Brasile, con un alto tasso di natalità e un notevole indice di violenza e di droga», afferma don Giuseppe Spiga, missionario fidei donum. «Buona – continua – la presenza di chiese cristiane presenti nelle diverse denominazioni, a partire da quella cattolica». La missione diocesana opera in questa regione ormai da lungo tempo e tanto è stato fatto per incentivare un miglioramento della qualità della vita per i suoi abitanti. «Nel 1967 la città di Matinha contava un migliaio di persone», ricorda monsignor Guido Palmas, sacerdote diocesano e missionario in Brasile dal 1967 al 1973. «La totale mancanza di servizi – dice – a partire dalle infrastrutture per arrivare all’assenza dell’acqua potabile e dei beni di prima necessità, faceva da padrona. L’unico modo per spostarsi da un paese all’altro era all’epoca quello di fare uso del cavallo come mezzo di trasporto o della canoa, dove il territorio lo permetteva. Soltanto per due o tre mesi all’anno avevamo a disposizione un’automobile», conclude monsignor Palmas. Attualmente don Giuseppe Spiga, cura a livello pastorale la città e i Don Giuseppe Spiga in occasione della visita del vescovo a Matinha con i giovani della diocesi don Palmas La nascita di una missione N el 1967 la diocesi di Viana contava pochissimi sacerdoti. «Eravamo soltanto in dieci», racconta monsignor Guido Palmas, sacerdote diocesano missionario in Brasile dal 1967 al 1973. «Spesso – ricorda – su richiesta del vescovo andavo a prestare servizio nei villaggi della zona». La situazione era difficile anche per la mancanza dei mezzi di comunicazione. «Vivevamo tra la gente – prosegue il sacerdote – dove l’accoglienza nei nostri confronti era calorosa. Sono andato via nel 1973 e da allora ho sempre mantenuto vivi i contatti tornando spesso a trovare quei luoghi e quella gente. Lì ho imparato veramente a vivere la Chiesa nella sua universalità». (M.L.S.) sessantacinque villaggi che vantano una comunità cattolica attiva. Il Brasile è notoriamente un Paese ricco di contraddizioni e disparità. «Anche a Matinha – sottolinea don Giuseppe – la situazione è complicata a livello sociale. Mancano i servizi essenziali come ad esempio le infrastrutture. C’è un nuovo ospedale che tuttavia non possiede i mezzi per andare avanti e poter curare le persone in modo adeguato. A livello di sicurezza abbiamo un problema molto grave, rappresentato da continui episodi di violenza e omicidi, foraggiati dall’assenza totale di polizia, dalla forte diffusione di stupefacenti e dalla corruzione ad alti livelli». In Associazione di Volontariato Ong Luciano Lama in vent’anni ha dato ospitalità a quasi 15 mila bambini provenienti dall’ex Jugoslavia organizzando nel periodo estivo e invernale lunghi soggiorni presso famiglie italiane. I bambini provengono da orfanotrofi e famiglie disagiate e appartengono a tre diverse etnie: musulmana, ortodossa e cattolica. L’operato dell’Ong è volto anche a favorire l’integrazione tra le diverse etnie e a creare nuove strutture recettive residenziali. (V.B.) L’ aranno circa cinquanta i bambini provenienti dalla ex–Jugoslavia che il prossimo 22 giugno saranno ospitati dalle famiglie sarde nell’ambito del progetto di accoglienza promosso dall’Associazione di volontariato Ong Luciano Lama. Il progetto si è attivato per la prima volta in Sardegna il 14 marzo 2014. In questa occasione, nella sala conferenza del Distretto socio sanitario di Cagliari, il presidente dell’Associazione Giuseppe Castellano ha incontrato i rappresentanti di numerose associazioni di volontariato che si sono rese disponibili ad iniziare un rapporto di collaborazione. «L’iniziativa – dice Maurizio Corda, responsabile regionale della Ong – ha avuto un ottimo riscontro e ha visto l’adesione di circa 50 famiglie». Lo scopo del progetto è quello di aiu- La diocesi di Cagliari è stata presente nella città di Matinha dal 1967 al 1973. Dal 2009 è nuovamente a servizio di questa comunità 3 questo contesto la Chiesa si pone come modello protettivo per cercare di eliminare le devianze. «Abbiamo creato in parrocchia, ormai da due anni, una Commissione giustizia e pace che cerca di intervenire per rimediare ai disagi», sottolinea don Giuseppe. Diversi i progetti di cooperazione tra la Sardegna e il Brasile. «Le prospettive sono sempre quelle di migliorare le collaborazioni. Credo che oggi – conclude don Giuseppe Spiga – per noi quella principale sia il servizio sociale che svolge la comunità di recupero, perché togliendo dalla strada i tossicodipendenti miglioriamo la qualità della vita nelle città». la conferenza Il Vangelo della giustizia l Brasile, lo stato più grande e più popoloso dell’America Latina, è ricco di contraddizioni. Nelle città, in modo particolare, si passa dai quartieri centrali, popolati dai ricchi, alle favelas, costituiti da abitazioni sorte in modo spontaneo quanto disordinato, dove vivono, in condizioni non facili, i poveri. La Chiesa, in modo particolare, è loro vicina, raccoglie le loro sofferenze e favorisce il loro sostentamento attraverso le esperienze proposte a livello di pastorale sociale e del lavoro. Un sacerdote diocesano, don Giuseppe Spiga, oggi missionario fidei donum, nel nord–est del Brasile, presenterà in settimana, venerdì alle 19.30 a Cagliari nell’aula magna del seminario arcivescovile, il lavoro svolto dalla pastorale sociale e del lavoro in questo angolo del paese americano, dove la povertà è diffusa. Un appuntamento promosso dall’omonimo ufficio della diocesi di Cagliari, dove si parlerà in modo particolare di quanto si sta realizzando nello stato del Maranhao. «L’idea di tenere questo incontro – spiega il sacerdote – nasce dal mio passato alla guida dell’ufficio diocesano di pastorale sociale e del lavoro. Il nuovo direttore, don Giulio Madeddu, mi ha chiesto di mettermi a disposizione per dialogare su quanto si sta realizzando nel nordest del Brasile». Diversi gli argomenti trattati nel corso dell’incontro. «Parlerò – dice don Giuseppe – del lavoro delle comunità ecclesiali di base, impegnati nelle carceri ma anche a livello sociale. In realtà è più corretto parlare di pastorali sociali, data la molteplicità dei temi trattati. Esiste infatti in Brasile una specifica pastorale che si occupa delle riserve degli ex schiavi che, scappando dai padroni, creavano piccole città e ancora oggi devono fare fronte al problema legato alla disponibilità di terre da coltivare per il proprio sostentamento. Accanto a questa esiste la pastorale per gli indigeni, contrastati questi dai grandi produttori di legname, con una guerra che di fatto si crea tra gli uni e gli altri, e la pastorale della soIl testimone brietà, sviluppata, come elle parole di quella carceraria, all’inHélder Camara, terno delle comunità parvescovo di Olinda e rocchiali, che si occupa Recife, morto nel della lotta alle tossicodi1999, l’anelito di pendenze». giustizia del popolo Sono tante dunque le pabrasiliano: «Dio storali sociali nel nord– sembra ingiusto ma est del Brasile. «Ma ne enon lo è. A chi ha siste una – conclude – andato di più, Dio che a sostegno di coloro chiede di più. E chi che vivono a ridosso delriceve di più, riceve la ferrovia del Maranhao, per gli altri; non è una rete cresciuta taglianpiù grande né do in due lo stato del Mamigliore di un altro: ranhao, sviluppata senza ha solo maggiori rispetto per nessuno». responsabilità». (M.L.S.) I N Dalla Tunisia verso una vita migliore Una delle famiglie della comunità tunisina residente a Cagliari L’esperienza di inserimento sociale di uno dei gruppi nordafricani nell’isola Un antico legame culturale DI MARIA CHIARA CUGUSI U na comunità integrata, grazie alla vicinanza culturale e a legami storici forti. Sono circa 750 i tunisini presenti in Sardegna: soprattutto famiglie concentrate per l’80% nella provincia di Cagliari. Arrivati nell’Isola negli anni ’90, in circa 1500, oggi si sono dimezzati a causa delle numerose partenze verso altre destinazioni europee. Lavorano nei settori dell’agricoltura, turismo e pesca. «Al commercio preferiscono un lavoro più sicuro per garantire una stabilità alla famiglia», spiega Abderazak Chabaani, segretario regionale Uil immigrazione e referente della comunità tunisina in Sardegna. Serietà, amicizia, unità contraddistinguono questa comunità, benché non esista una vera e propria associazione. «Fino al 2011 – spiega Chabaani – esisteva l’associazione dei tunisini in Sardegna, poi abolita dal nuovo governo tunisino, perché considerata, come quelle affini, legata al regime di Ben Ali». La sede della Uil costituisce per loro un punto di riferimento. «Tra i problemi maggiori – spiega – quello relativo alla burocrazia per il rinnovo dei passaporti, nonostante il rapporto diretto attivato con il Consolato di Roma». E poi c’è il problema del lavoro. «La crisi ha avuto forti ripercussioni nel settore agricolo, che impegna la maggior parte della comunità», ammette Chabaani. Storie di integrazione. Come quella di Monia Majdoub, 41 anni, arrivata nell’Isola nel 2001: cinque anni dopo, è stata raggiunta dal marito Mohamed Limam. Vivono a Capoterra, con i figli, Sarah, 10 mesi e Rayen, 7 anni, e lavorano nella azienda agricola Siclari, a Santa Margherita. «Sono arrivata qui da Tunisi per migliorare la mia vita – spiega Monia – e ci sono riuscita. Ho conosciuto persone che mi hanno aiutato, al lavoro ci troviamo benissimo e, nonostante la crisi, vogliamo vivere qui». A Villasimius, quella tunisina è la comunità straniera più presente: circa 100 immigrati in tutto, di cui una ventina ha la doppia cittadinanza. Mohsen Bejaoui è arrivato qui 30 anni fa da Bizerte: vive con sua moglie Donia, e con i figli Achref e Alaa: tanti amici locali, a casa parlano arabo, italiano e sardo. Una presenza radicata, tanto che l’amministrazione comunale da tre anni organizza la Festa della comunità tunisina, intorno a metà settembre, con l’obiettivo di far conoscere la comunità tunisina da un punto di vista culturale, allargando lo sguardo ai rapporti che hanno attraversato e attraversano tutt’oggi il Mediterraneo, anche tramite la gastronomia e la musica. Sardegna e Tunisia legate da radici storiche e tradizioni comuni. Nel XVIII secolo i Tabarkini, cristiani genovesi provenienti da Tabarka, si installarono nell’Isola di San Pietro, a Carloforte (donde il nome di Carlofortini) portandovi anche il piatto tradizionale tunisino, che ha dato origine a quello tipico carlofortino detto cascà di Carloforte (o cus cus tabarchino). Una ricetta tramandata nel corso del tempo, a cui, ogni anno, viene dedicata una sagra. 4 nella storia Domenica 18 maggio 2014 La chiesa parrocchiale di Ussana dedicata al martire Sebastiano DI TERENZIO PUDDU della parrocchia sono attestate, per Llae origini prima volta, in fonti feudali del 1326. Appartenne alla diocesi di Dolia fino al 1503 quando questa fu soppressa dal papa Giulio II per essere incorporata nell’arcidiocesi di Cagliari. Alla fine del Cinquecento furono aboliti anche i canonicati del vescovado doliense e la parrocchia di Ussana ebbe il titolo di rettoria, con l’obbligo del parroco di risiedere nella propria sede. L’attribuzione dell’incarico di rettore (cioè parroco) avveniva in seguito ad un concorso, l’ultimo dei quali si svolse agli inizi del secolo scorso. Tra la metà del Settecento e gli inizi del Novecento fu guidata da eruditi teologi e, fino all’incameramento dei beni ecclesiastici (1866–1867), fu una delle prebende più cospicue dell’arcidiocesi cagliaritana. La chiesa dedicata al Santo martire guerriero, invocato contro la peste, fu edificata in stile tardo gotico catalano nella prima metà del Cinquecento, probabilmente come ex voto, in sostituzione dell’antica parrocchiale del paese intitolata a san Saturno martire cagliaritano. Alcuni frammenti di pilastrini decorati e un’iscrizione in greco tutti di epoca bizantina, riutilizzati nella muratura come materiale di spoglio, verosimilmente provengono da qualche antica chiesa presente nel territorio. Nella prima metà del Seicento fu innalzata la torre campanaria a fusto quadrato, sopraelevata con un corpo a base ottagonale cupolato nel primo ventennio del secolo successivo. Risalgono invece alla seconda metà del Settecento i grandi lavori di ampliamento e ammodernamento che hanno conferito all’edificio la sua fisionomia attuale con un’architettura di impronta classicista, esemplata sul modello della cattedrale di Cagliari, con facciata e arredi in stile barocco di pregevole fattura. La chiesa presenta una pianta a croce latina con pilastri cruciformi, profonde cappelle laterali intercomunicanti, volte a botte, ampia cupola ottagonale su tamburo finestrato e presbiterio sopraelevato. È stato presidente regionale dell’Unione cattolica della stampa italiana per 18 anni Ha lavorato per tante testate, Un tempio che conserva grandi opere realizzati in marmi policroTutti gli altari sono mi e si riallacciano stilisticamente a esempi liguri, soprattutto per lo slancio verticale con la caratteristica espansione a ventaglio e per l’uso di particolari decorativi, come ad esempio le figure angeliche. L’altare maggiore occupa gran parte della zona presbiterale e rappresenta un interessante esempio di integrazione tra architettura e arti decorative. Il maestoso pulpito in marmi intarsiati, impreziosito di bassorilievi e figure angeliche è datato 1771. Il paravoce fu realizzato nel 1773 e la profusione delle sue ornamentazioni rileva l’appartenenza al gusto rococò perfettamente intonata con il sottostante pulpito. Tra gli altri arredi lignei si ricorda il mobile dei paramenti della sacrestia (1796) in stile rococò e la scenografica bussola con intagli dorati (1802). La parrocchiale custodisce una delle più antiche campane medievali della Sardegna, con un’iscrizione gotica databile alla prima metà del XIV secolo. (T.P.) con un’attenzione verso il mondo dell’agricoltura, coniugando insieme l’amore per la verità con la carità In un paese venti secoli di arte T ra le chiese minori presenti nel centro abitato una è dedicata a san Saturno o Saturnino, antica parrocchiale del paese come attestato da fonti d’archivio, piccolo edificio in stile romanico a due navate del 1120–1135, che conserva al suo interno interessanti elementi di spoglio di epoca romana (colonne, capitelli corinzi del I secolo d. C. e un raffinato sarcofago con raffigurazioni pagane e funerarie del III secolo d.C.). Accanto alla chiesa parrocchiale, sorge l’oratorio del Rosario con la sua facciata barocca (1774), già sede della confraternita, documentata fin dagli inizi del Seicento, e della prima scuola pubblica istituita grazie ad un lascito nel 1710. È presente la chiesa dell’Angelo Custode ricostruita nel 1965 sui resti di un edificio settecentesco, e infine la chiesa rurale di san Michele in stile neoromanico (1940). (T.P.) La facciata barocca della chiesa parrocchiale di san Sebastiano Un testimone nella stampa sarda Flavio Siddi. Il ricordo di un cronista che ha vissuto in pienezza il Battesimo e l’appartenenza al laicato cattolico nell’esercizio della professione giornalistica DI MARIO GIRAU A nche i giornalisti, qualche volta, lasciano il segno nella vita della Chiesa locale. Soprattutto quando l’impegno professionale si accompagna a un forte inserimento nella comunità parrocchiale. Flavio Siddi, scomparso il giorno di pasquetta del 2010 a 78 anni d’età, giornalista per più di mezzo secolo, ha scelto di vivere il suo battesimo, oltre che nella sua famiglia, nella Chiesa cagliaritana della Santissima Annunziata e nel mondo della carta stampata. Con i fatti più che con le parole, Siddi ha dimostrato la necessità e il dovere dei giornalisti cattolici di non stare alla finestra, ma cercare sempre le zone di frontiera, come i sindacati, organizzazioni di categoria, luoghi dove arrivano più forti le richieste di giustizia, di tutela e attenzione verso la vita dei gruppi e dei singoli. Siddi ha vissuto nella propria persona la lezione del Vaticano secondo, cioè che è compito dei laici santificarsi trattando le cose temporali. Per questo – per lo stile conciliare – anche nell’Unione Cattolica della Stampa Italiana, di cui Flavio è stato presidente regionale per 18 anni, oltre che, in periodi diversi, vice presidente nazionale, presidente del comitato dei garanti e dei probiviri, lavorava perché l’associazione di giornalisti cattolici fosse sempre più presente dentro la Chiesa sarda con l’originale contributo di una categoria abituata a leggere gli avvenimenti e, spesso intuirne gli sviluppi. Un protagonismo ecclesiale per aiutare la comunità cristiana a diventare sempre più punto di riferimento nel panorama socio–culturale dell’isola. Ma senza invasioni di campo. Con sobrietà, come Siddi ha vissuto 58 anni di professione giornalistica nella prima linea dell’informazione (redattore in due quotidiani regionali, direttore di 6 importanti testate), coniugando insieme l’amore per la verità con la carità, cioè raccontare i fatti usando il massimo di rispetto verso le persone, secondo l’insegnamento paolino. Il clero si confronta sull’uso di Facebook S Il manifesto dell’evento abato 24 maggio dalle 10 alle 12.30, presso la sala stampa della Curia diocesana (Cagliari, via mons. Cogoni, 9), si terrà il primo incontro dei sacerdoti e dei diaconi della diocesi di Cagliari presenti su Facebook. Tema dell’incontro sarà: «Sacerdoti in Facebook tra autenticità e testimonianza». Saranno proposte due relazioni. La prima tenuta dalla psicologa Raffaela Coghe. dal titolo “Facebook: esserci o non esserci? essere o non essere?”. La seconda sarà proposta da Simone Bellisai, giornalista pubblicista, blogger e web developer sul tema “Facebook al servizio di un’autentica cultura dell’incontro”. Dopo le relazioni si aprirà al dibattito e alla condivisione delle esperienze. L’iniziativa, la prima in diocesi nel suo genere, è promossa dall’Ufficio per le comunicazioni sociali e dal Servizio informatico diocesano. Il calendario pastorale del mese Ecco i principali appuntamenti in diocesi per i mesi di maggio e giugno. Venerdì 23 maggio alle 19.30, presso l’aula magna del seminario arcivescovile di Cagliari, si terrà una conferenza dal tema: «La pastorale sociale nel Nordest del Brasile: dalla teologia della liberazione a Papa Francesco. In dialogo con il missionario don Giuseppe Spiga». Guiderà l’incontro il giornalista Mario Girau, presidente dell’UCSI Sardegna. La conferenza è promossa dall’Ufficio diocesano per la pastorale sociale e del lavoro. Nella foto Flavio Siddi, protagonista ecclesiale nel panorama culturale di Cagliari e dell’isola il percorso Diversi ruoli nell’informazione isolana na vita per il giornalismo, quella di Flavio Siddi (1934–2010), iniziata con le collaborazioni ai notiziari agricoli di Rai Sardegna. Giornalista professionista dal 1973, redattore del quotidiano La Nuova Sardegna, capo cronista de L’Altro giornale di Cagliari. Nel panorama della stampa sarda è stata probabilmente la più autorevole firma del settore agricolo: direttore del mensile Il coltivatore di Sardegna (dal 1966 al 1975) e fondatore nel 1970 della rivista bimestrale di informazioni agricole ed economiche Sardegna Agricoltura 80 . Impegnato nel sindacato di categoria – consigliere dell’Associazione della Stampa sarda e segretario dell’Ordine dei giornalisti della Sardegna – è stato il primo fiduciario regionale della Casagit (Cassa integrativa dei giornalisti) e presidente dell’Associazione giornalisti cattolici della Sardegna per 18 anni. (M.G.) U Sabato 24 maggio alle 18, nell’aula magna del seminario arcivescovile, il Centro missionario diocesano propone una conferenza su “I nuovi stili di vita”, tenuta da padre Adriano Sella , fondatore dell’Associazione “Nuovi stili di vita”. Domenica 25 maggio si celebra in tutte le parrocchie la Giornata delle missioni diocesane. ripete l’appuntamento mensile dell’adorazione eucaristica vocazionale, curata dal Centro Diocesano Vocazioni. Sono invitati tutti gli operatori della pastorale vocazionale e quanti vogliono unirsi nella preghiera al padrone della messe perché mandi operai (consacrati e consacrate) alla sua Chiesa. Domenica 1 giugno si celebra la 48ª Giornata per le comunicazioni sociali. In tale occasione in tutta la regione si terrà la giornata del quotidiano Avvenire. Lunedì 2 giugno ad Oristano si terrà il convegno regionale delle comunicazioni sociali. Relatore sarà monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università cattolica del Sacro Cuore. Sabato 7 giugno verrà celebrata nelle parrocchie oppure per zona la Veglia di Pentecoste. Giovedì 29 maggio alle 10, presso l’aula Benedetto XVI della curia diocesana, si terrà la riunione del Consiglio presbiterale diocesano. Domenica 8 giugno alle 17 nella chiesa Cattedrale si terrà la celebrazione diocesana della Pentecoste, in occasione della quale saranno istituiti otto accoliti e saranno ammessi tra i candidati agli ordini sacri due futuri diaconi permanenti. Domenica 1 giugno alle 17 presso il Monastero delle Clarisse Cappuccine in Cagliari si Mercoledì 11 e giovedì 12 giugno si terrà l’annuale convegno del clero. Un libro su architettura e arte a San Nicolò Gerrei DI DAMIANO ARESU L Il presbiterio e l’altare maggiore di San Nicolò Gerrei Una nuova pubblicazione che non costituisce un semplice catalogo del corredo liturgico e delle statue lignee della parrocchia, ma è un interessante percorso della sua storia a produzione artistico-religiosa conservata nelle nostre chiese racconta, quasi sempre in modo sublime, il cammino di fede e devozione che una comunità compie attraverso i secoli, manifestando il sacro attraverso il bello. Da questa particolare forma di testimonianza spirituale nasce il volume “Pauli Gerrey, Storia, architettura e arte della Parrocchia di San Nicolò Gerrei”, presentato ufficialmente domenica 4 maggio nel piccolo paese della Sardegna centro–orientale. Scritto a tre mani da don Ferdinando Loddo, parroco della chiesa di San Nicola di Bari, dall’architetto Terenzio Puddu e dal professore Francesco Virdis, quello che doveva essere un catalogo del corredo liturgico e delle statue lignee appena restaurate è divenuto un interessante affresco sulla storia della parrocchia. «L’idea di scrivere un piccolo libro contenente notizie storiche sulla chiesa parrocchiale – ha raccontato don Ferdinando Loddo – è nata appena sono arrivato come parroco a San Nicolò, ma è rimasta nei miei desideri, in quanto per circa sette anni sono stato impegnato nel restauro della chiesa. Poi, nel novembre scorso, il sindaco Marcello Mura mi ha comunicato di avere una sovvenzione per poter realizzare un catalogo degli argenti e delle statue. Allora ho chiesto la collaborazione dell’architetto Puddu e del professor Virdis, con i quali ho trovato, sia in archivio arcivescovile che in archivio di stato, tantissime notizie inedite, così che da un semplice catalogo abbiamo avuto abbastanza materiale per realizzare un piccolo libro di storia della parrocchia». È nato così un itinerario di 160 pagine, interamente a colori, ricco di storia, arte e soprattutto fede, lungo il quale possiamo ammirare dei pezzi unici come l’ostensorio tardogotico di bottega cagliaritana del XVI secolo e la croce astile del 1635. Tra le sculture lignee recentemente restaurate, databili tra il 1600 e il 1800, la più antica è il San Sebastiano, opera di Giulio Adato, scultore e pittore napoletano attivo a Cagliari in quegli anni. Viene infine dato ampio risalto alla figura di Carlo Maino, un progettista svizzero, ex gesuita, al quale si deve il disegno di ampliamento della parrocchiale e la paternità di numerose chiese presenti in Sardegna. Il libro, per il quale potrebbe essere prevista una seconda edizione, è stato donato a tutte le famiglie di San Nicolò Gerrei e alle principali biblioteche di Cagliari e provincia. Un comune tra le montagne San Nicolò Gerrei, con poco meno di 900 abitanti, è uno dei principali comuni situati nell’omonima regione della Sardegna centro orientale. Appartenente alla provincia di Cagliari, il suo territorio è prevalentemente montuoso, caratterizzato da vasti altipiani che si estendono a sud del medio corso del Flumendosa. Gli studi archeologici attestano come la zona fu abitata, nonostante la sua connotazione impervia, fin dall’epoca punico–romana.
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