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CAGLIARI
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Pastorale vocazionale
Giovani e adolescenti
sono protagonisti
Missione in Brasile,
il profondo legame
con la Sardegna
Il ricordo di Siddi,
un giornalista
testimone di fede
a testimonianza di don Giuseppe Spiga, missionario fidei donum a Matinha, nel nord–
est del paese, che parla della
realtà sociale della cittadina dove ricopre l’incarico di parroco.
Pioniere in questa missione è
stato tra gli anni ‘60 e ‘70 anche
monsignor Guido Palmas.
morto Flavio Siddi che da
giornalista ha saputo coniugare l’impegno battesimale
con lo svolgimento del mestiere. Ha ricoperto per 18 anni il
ruolo di presidente regionale
dell’Ucsi ed è stato una tra le
firme più autorevoli all’interno
della stampa agricola isolana.
D
iverse le proposte che puntano in modo particolare
ai cammini con gli adolescenti
e con i giovani. Pensati alcuni
momenti di preghiera per le vocazioni sacerdotali. Una domenica al mese è dedicata all’adorazione eucaristica in un monastero di clausura cittadino.
A cura dell'Ufficio Comunicazioni Sociali dell’Arcidiocesi di Cagliari
Domenica, 18 maggio 2014
Redazione: Via Monsignor G. Cogoni, 9 - 09121 Cagliari
Supplemento di Avvenire
Tel e fax: 070.52843234 - cell.: +39.3925029202
Responsabile: don Giulio Madeddu
E-mail: [email protected]
L
È
il fatto. Mercoledì scorso la comunità ecclesiale isolana si è recata a Roma
per abbracciare Bergoglio e «restituire» la visita dopo il suo viaggio a Cagliari
Il grazie dei sardi a papa Francesco
il ricordo
La visita in Sardegna
di quattro Pontefici
DI FRANCO
PUDDU *
I
Bergoglio: prego per voi
«I
I fedeli provenienti da tutta la regione si sono
dati appuntamento a San Pietro. La cronaca
di una giornata di vera e autentica fede
l mio pensiero – ha detto il Papa – va
con affetto ai fedeli della Sardegna,
accompagnati dai loro pastori e dalle
autorità, per ricambiare la visita che ho
avuto la gioia di compiere l’anno scorso in
quella terra. Cari amici, vi ringrazio per la
vostra presenza e vi incoraggio ad
affrontare le situazioni problematiche che
ancora affliggono la vostra bella isola,
perseverando nella speranza e nella
solidarietà. Io vi assicuro che non mi sono
dimenticato di voi e prego. Ricordo tanto
quelle parole che voi mi avete detto sui
gravi problemi della Sardegna. Vi assicuro
di esservi vicino».
monsignor Miglio, ha
presieduto la Messa. Per i
fedeli un inizio di
pellegrinaggio, in una delle
basiliche papali, con il
piede giusto per tenere al
centro il rapporto con
generale
del
mercoledì
con
il
Papa
e
l’eucaristia.
DI ROBERTO COMPARETTI
la celebrazione eucaristica del
Ma in tutti il desiderio era
re giorni vissuti all’insegna
pomeriggio all’altare della Cattedra
quello di incontrare il
della condivisione. Per gli oltre
in San Pietro, con la partecipazione
Papa. Già fin dalle 7 del
200 pellegrini della diocesi di
di buona parte dell’episcopato
mattino, i pellegrini sono
Cagliari la trasferta romana,
isolano, insieme al sostituto della
nei pressi del palazzo
organizzata insieme alle altre chiese
segreteria di Stato, monsignor
dell’ex Sant’Uffizio. Un fastidioso
dell’isola per ringraziare papa
Angelo Becciu.
maestrale non frena
Francesco della visita a Cagliari lo
Prima tappa, dopo
l’entusiasmo che li
scorso 22 settembre, è stata
l’arrivo da Cagliari,
caratterizza: lo sventolio
caratterizzata da momenti di
la basilica di San
delle bandiere dei 4
intensa comunione.
Paolo fuori le Mura,
mori accompagna i
Appuntamenti centrali l’udienza
dove l’arcivescovo,
rappresentanti nel ritiro
dei pass di accesso.
Superati gli inevitabili
controlli di sicurezza i
il vescovo
sardi oltrepassano il
colonnato
Un incontro che infonde coraggio e speranza
raggiungendo la piazza
stata una bellissima giornata per tutta la nostra
dove, tra una
regione». Questo è il pensiero del vescovo Arrigo
chiacchierata e l’altra, si
Il Papa con Miglio
Miglio, espresso nel corso dell’omelia pronunciata nel corso
arriva al momento tanto
della Messa presieduta nel pomeriggio di mercoledì nella
atteso: papa Francesco
basilica di San Pietro. «Una giornata unitaria – ha proseguito – di una
giunge sulla papamobile ed inizia il
rappresentanza così vasta di tutte le dieci diocesi della Sardegna. Molti di
consueto giro che lo porterà tra le
voi hanno compiuto questo pellegrinaggio e ne valeva la pena. Anzitutto
gente, anche a pochi passi dal folto
per dire grazie a papa Francesco». Ma il vescovo si è soffermato anche sul
gruppo della diocesi di Cagliari. I
senso di unità che ha contraddistinto questa esperienza. «Ci siamo ritrovati
giovani del seminario regionale
– ha detto – accanto alla tomba dell’apostolo Pietro per ritrovare il nostro
posti sulla parte alta del sagrato
impegno di buona volontà soprattutto per accogliere la missione, il
fanno sentire la loro voce.
mandato che il Papa ci ha affidato l’anno scorso a Cagliari e che sono state
Nel suo saluto papa Francesco
da lui ribadite in modo affettuoso, con parole molto chiare e ben
ricorda ancora il suo viaggio di
indirizzate verso i problemi gravi che vive la nostra regione». Miglio ha
settembre. «Vi assicuro che non mi
anche ribadito, nel corso dell’omelia, la responsabilità di ciascuno nei
sono dimenticato di voi – ha detto
confronti della crisi economica che si è abbattuta in modo particolare
– e prego, ricordo tanto quelle
sulla regione e sul suo tessuto socio-produttivo. «Non abbiamo avuto
parole che mi avete detto sui grandi
abbastanza fortezza – ha detto, riferendosi al tema dell’udienza generale
problemi della Sardegna, vi
della mattina – che, nonostante le povertà di ciascuno di noi, ci permette
assicuro di esservi vicino».
di dare speranza e di infondere coraggio».
C’è chi riesce a sfiorare la mano del
Papa, alcuni hanno il privilegio del
«baciamano» e salutano di persona
T
«È
il Santo Padre, anche due piccoli
ministranti di Sant’Avendrace che
non riescono a credere ai loro
occhi.
Terminata l’udienza tutti a pranzo
nei pressi del Vaticano. Alle 16
l’ingresso in basilica per la
celebrazione eucaristica: presenti
non meno di 500 fedeli da tutta
l’isola. A presiedere il rito
monsignor Arrigo Miglio, che nella
sua omelia riprende il tema della
preoccupazione di Pietro per la
comunità e dell’apostolo Mattia,
prescelto per gli undici. «Le parole
del Papa – ha detto nell’omelia
monsignor Miglio – sono state di
grande conforto: non ci ha
dimenticato. È Pietro che veglia su
di noi e ci incoraggia a non
arrenderci. La Lettura ci ha
trasmesso la sollecitudine
dell’apostolo Pietro e sappiamo che
lui veglia su di noi».
Al termine della Messa il canto del
Deus ti salvet, Maria risuona tra le
navate della basilica, mentre i
celebranti raggiungono la sacrestia.
Un rapido saluto e l’appuntamento
è per il giorno successivo: nella
catacombe di San Callisto: alla fine
della visita la celebrazione
dell’arcivescovo, che ricorda come
tutto sia partito da un luogo di
martirio.
l 24 aprile 1970 avevo incontrato direttamente papa Paolo VI,
in occasione della sua visita a Cagliari nel seicentesimo anniversario dell’approdo miracoloso della Madonna di Bonaria.
Ero stato scelto per porgergli il saluto all’inizio dell’incontro con
i sacerdoti della Sardegna nel Seminario arcivescovile. Avevo svolto il mio compito con tanta ingenuità, ero riuscito a controllare
le mie emozioni fino alla lettura del breve saluto, ma ero crollato nelle mie emozioni al momento dell’incontro personale. Papa Paolo VI mi aveva abbracciato con tanto affetto e delicatezza,
avevo colto in quell’abbraccio la conferma di una paternità ecclesiale che mi aveva sostenuto per tutta la stagione della mia formazione al servizio sacerdotale e ancora oggi permane. Non dimenticherò mai il suo sguardo intenso e paterno, che rivive ancora oggi nel momento in cui è stata resa nota la notizia della beatificazione, prevista per il 19 ottobre.
Ma avevo incontrato di persona anche papa Giovanni Paolo II nel
largo Carlo Felice a Cagliari il 22 ottobre 1985, nell’incontro con
i giovani al termine della sua visita in Sardegna, erano presenti
cinquantamila persone. Con la
prima Consulta diocesana dei
giovani laici avevamo scelto di
qualificare tale incontro sul tema
dell’unità e della comunione; avevamo riportato in un solo grande striscione, che campeggiava
sulla parete della Rinascente, una
felice espressione dell’arcivescovo monsignor Canestri: «Incontrare il Papa: per i credenti è un
atto di fede, per gli smarriti è un
invito alla speranza, per tutti è un
Papa Francesco a Bonaria
richiamo alla solidarietà cristiana
e umana». Il Papa aveva coniato
in quella occasione l’invito ai gioAl santuario della
poi diventato slogan, «fate
Madonna di Bonaria vani,
della vostra vita un capolavoro».
si sono fermati Paolo Non meno intenso è stato per me
l’incontro con papa Benedetto, il
VI, Giovanni Paolo
7 settembre 2008, centenario della proclamazione della MadonII, Benedetto XVI e
na di Bonaria a patrona della Sarpapa Bergoglio. Da
degna. Libero da impegni organizzativi, ho avuto modo di goloro la Chiesa sarda
dere interiormente nella conceleha sempre ricevuto
brazione alla Messa solenne nel
un incoraggiamento piazzale antistante la basilica.
della fede dei
nel cammino di fede L’apprezzamento
sardi ha toccato le corde più
profonde del mio cuore e ho potuto gustare tale momento con tanta commozione. È un tema che
sempre coglie la mia spirituale attenzione, specialmente la fede
dei poveri, che incoraggia anche la mia personale.
Tutta la visita di papa Francesco a Cagliari il 22 settembre dell’anno
scorso è stata caratterizzata dalla sua capacità di tenerezza, che egli esprime in ogni incontro e comunica ad ogni interlocutore.
Mezzo milione di persone, convenute in quel giorno da tutta la
Sardegna, quale fiume che gli ha fatto da continua onda di accoglienza, sono state catturate da tale tenerezza e hanno risposto
con tanto affetto e compostezza. Osservatore da vicino, per le responsabilità organizzative in tutta la visita, ho goduto tanto anch’io osservando la gioia e la serenità che traspariva in ogni volto. Ancora oggi ho modo di verificare l’impronta della tenerezza
di papa Francesco impressa come profonda gratitudine in tutti
coloro che si sono prodigati per il buon andamento della visita
stessa, è la maggior gratificazione per le fatiche effuse insieme a
tantissimi volontari e quanti altri hanno svolto compiti di responsabilità.
* presidente del Comitato organizzatore
della visita di papa Francesco a Cagliari
Le parole di affetto di Francesco
La gioia dei mercedari
per la sosta nel santuario
DI SIMONE
I
BELLISAI
Padri Mercedari di Cagliari hanno avuto la gioia di ricevere
ancora una volta un pontefice presso il santuario della
Madonna di Bonaria, patrona massima della Sardegna, la cui
basilica è uno dei più importanti luoghi di culto nell’Isola. Il
rettore del santuario, padre Giovannino Tolu, ha voluto,
anche lui, essere presente a Roma con una delegazione di
fedeli per esprimere il ringraziamento della comunità
mercedaria. L’ordine è nato nel 1218 per opera di san Pietro
Nolasco, e, sin dalla sua fondazione, opera una missione
redentrice per la liberazione degli schiavi cristiani. L’ordine
religioso, profondamente inserito nella vita della Chiesa e in
particolare della diocesi, svolge una feconda opera di
evangelizzazione in città. I sacerdoti e fratelli cooperatori,
che vivono la stessa vita religiosa, oltre i voti di povertà,
castità e obbedienza, emettono un quarto voto di
redenzione: l’impegno a dare la vita, se necessario, per chi è
in pericolo di perdere la fede.
«Un evento che non dimenticheremo»
In un clima di festa
l’emozione dei pellegrini
che in Vaticano hanno
partecipato all’udienza
n foulard giallo sulle spalle era il
segno distintivo per i pellegrini
sardi, anche per gli oltre 200
fedeli della diocesi, i cui sentimenti alla
fine del viaggio sono di gratitudine e di
gioia per un’esperienza che
difficilmente verrà dimenticata.
Nell’era digitale molte delle
impressioni vengono lasciate sui social
network come Angela che scrive:
«Lasciamo qui il nostro cuore, dopo
aver partecipato all’udienza, nella quale
il Papa ci ha ribadito la sua vicinanza.
U
Ne abbiamo bisogno, anche se solo
noi potremmo essere gli artefici del
nostro futuro».
Chi non ha familiarità con il web è
Mariella. «Sentire il canto in sardo nella
basilica di San Pietro al termine della
Messa (quella celebrata mercoledì
pomeriggio) mi ha impressionato.
Tante persone di provenienza diversa
ma unite nel canto alla Madonna, nella
chiesa più importante per la cattolicità,
indicano la profonda fede che
abbiamo noi sardi».
Anche Antonio, padre preoccupato, si
mostra contento. «Ho due figli laureati
che però stentano a trovare lavoro. Le
parole del Papa sono state come al
solito efficaci. Non ha dimenticato la
Sardegna con i suoi problemi e ciò mi
aiuta ad avere speranza, che in tanti di
noi sembra essere perduta».
Pellegrini sardi in attesa dell’udienza
Giuseppe, pensionato, è felice dopo
aver visto per la prima volta una
catacomba. «Dopo questa visita ho
capito quale forza avessero i primi
cristiani nel difendere la fede, anche a
costo della propria vita».
Tutti ancora portiamo nel
cuore le espressioni di affetto e
vicinanza con le quali il
pontefice si è rivolto ai sardi
domenica 22 settembre 2013:
«Sono venuto per condividere
con voi gioie e speranze, fatiche
e impegni, ideali e aspirazioni
della vostra Isola, e per
confermarvi nella fede. Anche
qui a Cagliari, come in tutta la
Sardegna, non mancano
difficoltà, – ce ne sono tante –
problemi e preoccupazioni:
penso, in particolare, alla
mancanza del lavoro e alla sua
precarietà, e quindi
all’incertezza per il futuro. È
necessaria la collaborazione
leale di tutti, con l’impegno dei
responsabili delle istituzioni –
anche la Chiesa – per assicurare
alle persone e alle famiglie i
diritti fondamentali, e far
crescere una società più
fraterna e solidale».
1
2
in diocesi
Le parole di papa Benedetto
«L’aspetto musicale delle celebrazioni liturgiche non può essere lasciato
né all’improvvisazione, né all’arbitrio
dei singoli, ma deve essere affidato
ad una bene concertata direzione nel
rispetto delle norme e delle competenze, quale significativo frutto di
un’adeguata formazione liturgica».
Domenica
18 maggio 2014
Musica, il ministero ecclesiale del coro
a servizio dell’assemblea nella liturgia
DI
DENISE SCANO
«A
ssemblea, repertori, strumenti
musicali». Questo il tema del primo
Incontro diocesano dei cori liturgici, promosso
dall’Ufficio diocesano per la liturgia, che si è
svolto il 4 maggio a Quartu Sant’Elena.
L’incontro è stato introdotto da don Fabio
Trudu, liturgista e direttore dell’Ufficio
diocesano, con una riflessione sull’importanza
della formazione dei coristi che deve essere
innanzitutto spirituale, biblico-liturgica e
tecnica indicando un duplice punto di
partenza: la liturgia e l’assemblea.
Il relatore don Pierangelo Ruaro, direttore
dell’Ufficio diocesano per la liturgia e la
musica sacra di Vicenza, diplomato in chitarra
classica, ha messo in evidenza l’importanza
dell’assemblea nella liturgia, indicando come
il canto sia la risposta del popolo all’amore di
Dio perché «il canto liturgico è elemento
Il coro per la Messa di papa Francesco a Cagliari
Ragazzi in festa per l’incontro regionale
È
fondamentale all’interno del quale si compie
la manifestazione di Dio».
Ha proseguito affermando che «tutta la musica
liturgica è sacra, ma non tutta la musica sacra
è liturgica» soffermandosi sul tema dei
repertori, precisando che «lo scopo principale
del repertorio è quello di contribuire a
formare la fede dei fedeli» per questo bisogna
fare attenzione ai testi dei canti, privilegiando
quelli che si appoggiano sulla Scrittura e sulle
sorgenti liturgiche.
Don Pierangelo ha evidenziato anche
l’importanza dello strumento musicale che
non deve essere invadente nel suono, ma deve
rimanere in secondo piano rispetto alle parole
cantate.
L’incontro, a cui hanno preso parte circa 230
coristi appartenenti a 18 cori polifonici e
giovanili provenienti dalla diocesi, si è
concluso con la celebrazione della Messa
presieduta dall’arcivescovo Arrigo Miglio.
prevista per domenica
prossima la Giornata
regionale dei giovani,
promossa dal Servizio per la
pastorale giovanile della
Conferenza episcopale sarda.
Il tema della giornata, rivolta
ai giovani che hanno
compiuto almeno 14 anni, è
tratto da un discorso di papa
Francesco che, rivolgendosi ai
giovani, ha chiesto loro di
avere «il coraggio della vera
felicità». L’evento comincia a
Terralba, dalle 9.30, da dove
inizierà la Via Lucis verso
Arborea. Nel pomeriggio sono
previste diverse attività con la
presenza di stand dove i
giovani entreranno in contatto
con le realtà che operano a
livello regionale. Alle 18 la
giornata si chiude con la
celebrazione eucaristica.
Dinanzi al calo delle risposte alla chiamata
alla vita consacrata, un rilancio dell’opera
dell’Ufficio diocesano per le vocazioni
L’annuncio
vocazionale
ai giovani
Una nuova scommessa pastorale
per poter realizzare il progetto di vita
come un generoso «sì» al Signore
La prostrazione durante il canto delle litanie nel rito dell’ordinazione sacerdotale
Dalle
esperienze
pilota alla
definizione
di un cammino
scandito
da precisi
appuntamenti
da inserire
all’interno della
visita pastorale
dell’arcivescovo
La centralità della preghiera
Q
uanto è necessaria l’acqua dal cielo per fecondare la
terra dei campi lavorata dalla paziente e faticosa opera
del contadino, tanto è indispensabile la preghiera all’attività
di una creativa pastorale vocazionale. Papa Francesco
sottolinea come «nessuna vocazione nasce da sé o vive per sé
stessa. La vocazione scaturisce dal cuore di Dio e germoglia
nella terra buona del popolo fedele». La fede, alimentata
dalla preghiera, ci condurrà a considerare non separabili
azione e contemplazione, e a non dubitare che «Dio segue
con passione e perizia l’opera uscita dalle sue mani, in ogni
stagione della vita. Ha a cuore la realizzazione del suo
progetto su di noi e, tuttavia, intende conseguirlo con il
nostro assenso e la nostra collaborazione». Alcune esperienze
fotografano la Comunità diocesana come Comunità «concorde
nella preghiera» per le vocazioni. Il Monastero invisibile,
anzitutto, esperienza nella quale diverse persone (sani e
malati, giovani, adulti e anziani) si impegnano a mantenere
costante, giorno e notte, la preghiera per le vocazioni. Ma c’è
anche l’Adorazione eucaristica vocazionale.
Presso un monastero claustrale cittadino una
domenica al mese si svolge un intenso
momento di preghiera silenziosa davanti al SS.
Sacramento, per sottolineare il «primato della
preghiera». Un’altra proposta è quella del
Giovedì vocazionale. In molte comunità
parrocchiali si è soliti ritrovarsi in preghiera, in
questo giorno, una volta al mese. La scelta del
giovedì fa riferimento all’istituzione
dell’Eucaristia, come a ribadire che essa è
sorgente di ogni vocazione cristiana. Infine la
Giornata mondiale di preghiera per le
vocazioni, ma anche le giornate vocazionali e
quella del Seminario. In diverse comunità
parrocchiali queste giornate vengono
celebrate come occasione di riflessione e di
preghiera sul tema delle vocazioni.
Paolo Sanna
DI
ROBERTO COMPARETTI
D
alle esperienze pilota dell’anno
pastorale che si sta chiudendo, alla
definizione di un cammino
scandito da precisi appuntamenti.
La pastorale vocazionale in diocesi sta
cambiando approccio, non solo le
classiche giornate pre-seminario o
vocazionali nelle singole comunità, ma
un cammino strutturato, da inserire
all’interno della visita pastorale che
l’arcivescovo, monsignor Arrigo Miglio,
sta compiendo con interventi mirati
nelle celebrazioni eucaristiche o nel
contesto incontri con specifici gruppi.
Nell’anno in corso, l’animazione del
pre–seminario è stata strutturata in
cinque incontri, oltre ad uno finale. Non
sono mancate le giornate vocazionali
nelle parrocchie e anche l’adorazione
eucaristica nel monastero delle
Cappuccine claustrali, in pieno centro
storico cittadino.
Tra le novità proposte da don Davide
Curreli, collaboratore dell’Ufficio
vocazioni, anche l’animazione delle
scuole superiori. Nel liceo classico
«Siotto Pintor» di Cagliari, è stato già
proposto sperimentalmente un
programma su «scelte e progettualità di
vita». In vista del prossimo anno, sono
stati stabiliti i primi contatti anche con
altri licei cittadini, come il classico
«Dettori» e lo scientifico «Alberti». Nei
mesi scorsi è stato realizzato anche un
«Talent show», dal titolo «Siotto’s got
Talent», caratterizzato da una lunga
preparazione che è sfociata in una serata
di spettacolo. È attualmente in fase di
definizione la realizzazione di un campo
di lavoro nella missione diocesana di
Nanyuky in Kenia.
Questo è ciò che finora è stato fatto, ma
le scelte future – affermano dall’equipe
di pastorale vocazionale – si
costruiscono a partire dall’oggi.
Il primo progetto da mettere in cantiere
ha come titolo «Il momento è adesso».
«Il nostro impegno – dicono dalla
pastorale vocazionale – si può
considerare come testimonianza viva di
giovani che hanno iniziato a progettare
la vita alla ricerca della volontà di Dio. Il
lavoro è dunque indirizzato ai ragazzi tra
i 16 ed i 25 anni, compresi maturandi,
per cinque incontri oltre a due giornate
di condivisione ed un’esperienza
conclusiva, con campo di lavoro nella
missione diocesana in Africa».
Le proposte saranno rivolte anche ai
giovanissimi delle scuole medie con il
progetto «Betlemme». Una domenica, a
mesi alterni, per proporre il
discernimento vocazionale come primo
approccio alla progettualità di vita.
Per chi vorrà approfondire un cammino
vocazionale verso la vita consacrata si sta
pensando al progetto denominato
«Tiberiade», destinato in particolare ai
ragazzi e alle ragazze delle scuole
superiori. La proposta «Dove sei?»,
invece, vorrebbe essere un percorso di ri–
discernimento vocazionale, per la fascia
d’età post universitaria, basato, in
particolare, sul testo biblico della Genesi.
Altre ancora saranno le iniziative
vocazionali, dal cosiddetto «Spot
vocazionale», in occasioni di giornate
diocesane che interessano i giovani, alla
classica «Giornata dei ministranti».
i dati
I numeri in Italia e nell’isola
spesso di crisi delle vocazioni.
SEi parla
i numeri non mentono. Stando agli
ultimi dati disponibili, in Italia operano
circa 32 mila sacerdoti diocesani. I
religiosi sono 16 mila religiosi, mentre
sono molte di più le religiose, a quota
90 mila.
Il confronto con la situazione degli inizi
degli anni settanta rivela come gli
istituti religiosi maschili e femminili
abbiano visto dimezzate le loro file.
Anche nella nostra isola la situazione è
la medesima. Al momento i ragazzi
accolti nel Seminario arcivescovile sono
tre, una ventina i seminaristi maggiori.
Pure le congregazioni religiose locali
fanno i conti con la carenza di vocazioni.
Le Ancelle della Sacra Famiglia
prevedono per il prossimo anno la
professione dei voti perpetui di una
suora, ma attualmente non hanno né
novizie né postulanti e la precedente
professione perpetua risale al 2005.
Nella comunità mercedaria di Nostra
Signora di Bonaria, invece, sono solo
due i giovani in cammino vocazionale.
Ma anche in questo caso non ci sono
novizi e l’ultima emissione di voti risale
a qualche anno fa.
Monsignor Piseddu, trentadue anni da pastore e padre
Dopo 33 anni di assenza dalla diocesi di Cagliari è tempo
per me di riallacciare i rapporti. Sono stato accolto molto bene e il mio cuore è aperto alla
fiducia e alla speranza di poter
fare ancora qualcosa per il bene della diocesi cagliaritana
Dopo il lungo episcopato
nella diocesi di Lanusei,
il presule originario di Senorbì
ha fatto ritorno a Cagliari
Nelle sue parole il percorso
compiuto in terra d’Ogliastra
DI
ANDREA PALA
N
on è semplice fare un bilancio di ben
32 anni alla guida di una diocesi. Ma
è quello che abbiamo chiesto a
monsignor Antioco Piseddu, ormai vescovo
emerito di Lanusei. Nato a Senorbì nel
1936, originario quindi della diocesi di
Cagliari, ha lasciato la guida della diocesi di
Ogliastra qualche settimana fa, sostituito da
monsignor Antonello Mura.
Monsignor Piseddu rivela di essere stato
colto di sorpresa 32 anni fa. «Non pensavo
scegliessero me come vescovo per quella
sede – ammette – ed ero, non lo nascondo,
anche un po’ titubante di fronte a questa
nomina. Gli ogliastrini, però, fin dal
principio, hanno manifestato grande gioia
per la mia nomina e, con fiducia nel Signore,
ho cominciato il ministero episcopale».
Un episcopato molto lungo e anche intenso
quello di monsignor Piseddu, diviso dal
vescovo emerito in due tappe. «Le potrei
distinguere – dice – più sotto l’aspetto
sociale. Gli anni ottanta sono stati
caratterizzati da incertezze sociali e anche
frequenti episodi di violenza che, a mio
parere, si sono conclusi con la fine del
sequestro di Silvia Melis. Ma nella seconda
metà degli anni novanta questo periodo è
stato superato attraverso tutta una serie di
progetti messi in campo sul territorio.
Questa fase è stata caratterizzata, a mio
avviso, da una forte presa di coscienza delle
proprie capacità. In molti hanno iniziato a
maturare la consapevolezza che potevano
essere ottenuti risultati senza che fossero
calati dall’alto».
Un riscossa del territorio, dunque, che ha
sempre fatto i conti con il fattore
isolamento. «In questi anni – ammette – ho
avvertito in realtà la fatica per superarlo.
Penso alle strade in modo particolare.
All’inizio dell’episcopato ci si spostava con
qualche difficoltà. Ma oggi sono state
completate diverse opere che hanno reso il
territorio meno impervio e più accessibile. E
questo ha diminuito sensibilmente lo
storico isolamento di questa zona dell’isola,
favorendo di fatto anche il turismo».
Monsignor Piseddu è oggi ritornato in
diocesi. «Dopo 33 anni di assenza dalla
Il vescovo Antioco Piseddu
diocesi di Cagliari – dice – è tempo per me
di riallacciare i rapporti. Sono stato
comunque accolto molto bene. Ecco perché
il mio cuore è aperto alla fiducia e alla
speranza di poter fare ancora qualcosa per il
bene della diocesi cagliaritana».
nel mondo
Domenica
18 maggio 2014
L’accoglienza dei bambini bosniaci:
l’amore allevia i traumi della guerra
DI
GIOVANNI DISCOLO *
on è importante quanto facciamo ma
«Nquanto
amore mettiamo nel farlo». È
con questa citazione della beata Madre Teresa
di Calcutta che inizio le mie giornate, è con
questa frase che mi ritorna il sorriso sulle
labbra ed è con questa stessa che vorrei
iniziare a descrivere la mia esperienza. La
partenza per la Bosnia Erzegovina è stata la
migliore opportunità per rafforzare, con il mio
impegno e la mia profonda dedizione e
passione, quel legame tra culture, lontane ma
vicine, creato grazie all’intervento concreto
della Ong “Luciano Lama”. Il tirocinio in
Bosnia Erzegovina infatti mi ha dato
l’opportunità di approfondire dei temi che
stanno alla base della mia formazione. La
permanenza nello Stato della ex Jugoslavia per
un periodo di due mesi mi ha permesso di
migliorare la conoscenza della lingua inglese
in quanto lingua veicolare, ma anche di
Una Ong
a servizio
dei piccoli
L’associazione
Luciano Lama
getta un ponte
tra l’isola e
l’ex Jugoslavia
apprendere delle nozioni grammaticali della
lingua del luogo. Ho avuto modo di
approfondire le tematiche di ospitalità e
gentilezza in ogni momento della mia
permanenza nella città di Srebrenica in quanto
chiunque (dai giovani alle persone più grandi)
mi vedeva, aveva il piacere di offrirmi un caffè
o di invitarmi a pranzo dalle rispettive
famiglie. Lasciare il passato non vuol dire
dimenticarlo, ma attraverso gli avvenimenti
trascorsi trovare la forza per investire sul
futuro della Bosnia Erzegovina, sul futuro dei
giovani e soprattutto sul futuro dei bambini. È
proprio attraverso il gesto di un bambino che
voglio concludere la descrizione di questa
esperienza. Mi manca il saluto di un bimbo di
otto anni che abitava di fronte casa mia e
quasi tutte le mattine uscendo
dall’appartamento per andare a scuola mi
urlava sempre: «Ciao italiano».
* dottore in mediazione culturale
e cooperazione euromediterranea
S
tare i bambini a superare i traumi subiti dalle conseguenze della guerra e che vivono in condizione di forte instabilità. «Il mio interesse per la Bosnia Erzegovina – racconta – è nato dopo aver visto il video di un amico, il dottor Giovanni Discolo. Le immagini di quella terra devastata dalla guerra mi colpirono profondamente e fu allora che pensai di avviare questo progetto anche in Sardegna». Il soggiorno dei bambini bosniaci in Sardegna terminerà il 31 luglio 2014.
Viola Bellisai
L’annuncio del Vangelo
nel Brasile che soffre
Parla don Giuseppe Spiga,
sacerdote «fidei donum»
nello Stato del Maranhao,
impegnato a dare concretezza
all’azione della Chiesa
in una società caratterizzata
da molteplici forme di povertà
DI
MARIA LUISA SECCHI
M
atinha è una citta della
diocesi brasiliana di Viana.
Conta circa venticinquemila
abitanti compresi quelli che vivono
nei settanta piccoli centri, sparsi nel
territorio circostante, dove opera
anche la missione diocesana. «È
una città che rispetta la tendenza
del nord-est del Brasile, con un alto
tasso di natalità e un notevole
indice di violenza e di droga»,
afferma don Giuseppe Spiga,
missionario fidei donum. «Buona –
continua – la presenza di chiese
cristiane presenti nelle diverse
denominazioni, a partire da quella
cattolica». La missione diocesana
opera in questa regione ormai da
lungo tempo e tanto è stato fatto
per incentivare un miglioramento
della qualità della vita per i suoi
abitanti. «Nel 1967 la città di
Matinha contava un migliaio di
persone», ricorda monsignor Guido
Palmas, sacerdote diocesano e
missionario in Brasile dal 1967 al
1973. «La totale mancanza di
servizi – dice – a partire dalle
infrastrutture per arrivare all’assenza
dell’acqua potabile e dei beni di
prima necessità, faceva da padrona.
L’unico modo per spostarsi da un
paese all’altro era all’epoca quello
di fare uso del cavallo come mezzo
di trasporto o della canoa, dove il
territorio lo permetteva. Soltanto
per due o tre mesi all’anno avevamo
a disposizione un’automobile»,
conclude monsignor Palmas.
Attualmente don Giuseppe Spiga,
cura a livello pastorale la città e i
Don Giuseppe Spiga in occasione della visita del vescovo a Matinha con i giovani della diocesi
don Palmas
La nascita di una missione
N
el 1967 la diocesi di Viana contava pochissimi sacerdoti. «Eravamo soltanto in dieci», racconta
monsignor Guido Palmas, sacerdote
diocesano missionario in Brasile dal
1967 al 1973. «Spesso – ricorda – su richiesta del vescovo andavo a prestare servizio nei villaggi della zona». La
situazione era difficile anche per la mancanza dei mezzi
di comunicazione. «Vivevamo tra la gente – prosegue il
sacerdote – dove l’accoglienza nei nostri confronti era
calorosa. Sono andato via nel 1973 e da allora ho sempre mantenuto vivi i contatti tornando spesso a trovare
quei luoghi e quella gente. Lì ho imparato veramente a
vivere la Chiesa nella sua universalità». (M.L.S.)
sessantacinque villaggi che vantano
una comunità cattolica attiva. Il
Brasile è notoriamente un Paese
ricco di contraddizioni e disparità.
«Anche a Matinha – sottolinea don
Giuseppe – la situazione è
complicata a livello sociale.
Mancano i servizi essenziali come
ad esempio le infrastrutture. C’è un
nuovo ospedale che tuttavia non
possiede i mezzi per andare avanti e
poter curare le persone in modo
adeguato. A livello di sicurezza
abbiamo un problema molto grave,
rappresentato da continui episodi
di violenza e omicidi, foraggiati
dall’assenza totale di polizia, dalla
forte diffusione di stupefacenti e
dalla corruzione ad alti livelli». In
Associazione di Volontariato Ong Luciano Lama in
vent’anni ha dato ospitalità a quasi 15 mila bambini provenienti dall’ex
Jugoslavia organizzando
nel periodo estivo e invernale lunghi soggiorni
presso famiglie italiane. I
bambini provengono da
orfanotrofi e famiglie disagiate e appartengono a
tre diverse etnie: musulmana, ortodossa e cattolica. L’operato dell’Ong è
volto anche a favorire l’integrazione tra le diverse
etnie e a creare nuove
strutture recettive residenziali. (V.B.)
L’
aranno circa cinquanta i bambini provenienti dalla ex–Jugoslavia
che il prossimo 22 giugno
saranno ospitati dalle famiglie sarde nell’ambito
del progetto di accoglienza promosso dall’Associazione di volontariato Ong
Luciano Lama. Il progetto si è attivato per la prima volta in Sardegna il 14 marzo 2014. In questa occasione,
nella sala conferenza del Distretto socio sanitario di Cagliari, il presidente dell’Associazione Giuseppe Castellano ha incontrato i rappresentanti di numerose associazioni di volontariato che si sono rese disponibili ad
iniziare un rapporto di collaborazione. «L’iniziativa –
dice Maurizio Corda, responsabile regionale della Ong
– ha avuto un ottimo riscontro e ha visto l’adesione di
circa 50 famiglie». Lo scopo del progetto è quello di aiu-
La diocesi di Cagliari è stata presente nella città
di Matinha dal 1967 al 1973. Dal 2009
è nuovamente a servizio di questa comunità
3
questo contesto la Chiesa si pone
come modello protettivo per
cercare di eliminare le devianze.
«Abbiamo creato in parrocchia,
ormai da due anni, una
Commissione giustizia e pace che
cerca di intervenire per rimediare ai
disagi», sottolinea don Giuseppe.
Diversi i progetti di cooperazione
tra la Sardegna e il Brasile. «Le
prospettive sono sempre quelle di
migliorare le collaborazioni. Credo
che oggi – conclude don Giuseppe
Spiga – per noi quella principale sia
il servizio sociale che svolge la
comunità di recupero, perché
togliendo dalla strada i
tossicodipendenti miglioriamo la
qualità della vita nelle città».
la conferenza
Il Vangelo della giustizia
l Brasile, lo stato più grande e più popoloso dell’America Latina, è ricco di contraddizioni. Nelle città, in modo particolare, si passa dai quartieri centrali, popolati dai ricchi, alle favelas, costituiti da abitazioni sorte in modo spontaneo quanto disordinato, dove vivono, in condizioni non facili, i poveri.
La Chiesa, in modo particolare, è loro vicina,
raccoglie le loro sofferenze e favorisce il loro sostentamento attraverso le esperienze proposte
a livello di pastorale sociale e del lavoro. Un sacerdote diocesano, don Giuseppe Spiga, oggi
missionario fidei donum, nel nord–est del Brasile, presenterà in settimana, venerdì alle 19.30
a Cagliari nell’aula magna del seminario arcivescovile, il lavoro svolto dalla pastorale sociale e del lavoro in questo angolo del paese americano, dove la povertà è diffusa.
Un appuntamento promosso dall’omonimo
ufficio della diocesi di Cagliari, dove si parlerà
in modo particolare di quanto si sta realizzando nello stato del Maranhao. «L’idea di tenere
questo incontro – spiega il sacerdote – nasce dal
mio passato alla guida dell’ufficio diocesano
di pastorale sociale e del lavoro. Il nuovo direttore, don Giulio Madeddu, mi ha chiesto di
mettermi a disposizione per dialogare su quanto si sta realizzando nel nordest del Brasile».
Diversi gli argomenti trattati nel corso dell’incontro. «Parlerò – dice don Giuseppe – del lavoro delle comunità ecclesiali di base, impegnati nelle carceri ma anche a livello sociale. In
realtà è più corretto parlare di pastorali sociali, data la molteplicità dei temi trattati. Esiste
infatti in Brasile una specifica pastorale che si
occupa delle riserve degli ex schiavi che, scappando dai padroni, creavano piccole città e ancora oggi devono fare fronte al problema legato alla disponibilità di terre da
coltivare per il proprio sostentamento. Accanto a
questa esiste la pastorale
per gli indigeni, contrastati questi dai grandi produttori di legname, con una guerra che di fatto si
crea tra gli uni e gli altri,
e la pastorale della soIl testimone
brietà, sviluppata, come
elle parole di
quella carceraria, all’inHélder Camara, terno delle comunità parvescovo di Olinda e rocchiali, che si occupa
Recife, morto nel
della lotta alle tossicodi1999, l’anelito di
pendenze».
giustizia del popolo Sono tante dunque le pabrasiliano: «Dio
storali sociali nel nord–
sembra ingiusto ma est del Brasile. «Ma ne enon lo è. A chi ha
siste una – conclude – andato di più, Dio
che a sostegno di coloro
chiede di più. E chi che vivono a ridosso delriceve di più, riceve la ferrovia del Maranhao,
per gli altri; non è
una rete cresciuta taglianpiù grande né
do in due lo stato del Mamigliore di un altro: ranhao, sviluppata senza
ha solo maggiori
rispetto per nessuno».
responsabilità».
(M.L.S.)
I
N
Dalla Tunisia verso una vita migliore
Una delle famiglie
della comunità tunisina
residente a Cagliari
L’esperienza di inserimento
sociale di uno dei gruppi
nordafricani nell’isola
Un antico legame culturale
DI
MARIA CHIARA CUGUSI
U
na comunità integrata, grazie alla
vicinanza culturale e a legami
storici forti. Sono circa 750 i
tunisini presenti in Sardegna: soprattutto
famiglie concentrate per l’80% nella
provincia di Cagliari. Arrivati nell’Isola
negli anni ’90, in circa 1500, oggi si sono
dimezzati a causa delle numerose
partenze verso altre destinazioni europee.
Lavorano nei settori dell’agricoltura,
turismo e pesca. «Al commercio
preferiscono un lavoro più sicuro per
garantire una stabilità alla famiglia»,
spiega Abderazak Chabaani, segretario
regionale Uil immigrazione e referente
della comunità tunisina in Sardegna.
Serietà, amicizia, unità
contraddistinguono questa comunità,
benché non esista una vera e propria
associazione. «Fino al 2011 – spiega
Chabaani – esisteva l’associazione dei
tunisini in Sardegna, poi abolita dal
nuovo governo tunisino, perché
considerata, come quelle affini, legata al
regime di Ben Ali». La sede della Uil
costituisce per loro un punto di
riferimento. «Tra i problemi maggiori –
spiega – quello relativo alla burocrazia per
il rinnovo dei passaporti, nonostante il
rapporto diretto attivato con il Consolato
di Roma». E poi c’è il problema del lavoro.
«La crisi ha avuto forti ripercussioni nel
settore agricolo, che impegna la maggior
parte della comunità», ammette Chabaani.
Storie di integrazione. Come quella di
Monia Majdoub, 41 anni, arrivata
nell’Isola nel 2001: cinque anni dopo, è
stata raggiunta dal marito Mohamed
Limam. Vivono a Capoterra, con i figli,
Sarah, 10 mesi e Rayen, 7 anni, e lavorano
nella azienda agricola Siclari, a Santa
Margherita. «Sono arrivata qui da Tunisi
per migliorare la mia vita – spiega Monia
– e ci sono riuscita. Ho conosciuto
persone che mi hanno aiutato, al lavoro ci
troviamo benissimo e, nonostante la crisi,
vogliamo vivere qui».
A Villasimius, quella tunisina è la
comunità straniera più presente: circa 100
immigrati in tutto, di cui una ventina ha
la doppia cittadinanza. Mohsen Bejaoui è
arrivato qui 30 anni fa da Bizerte: vive con
sua moglie Donia, e con i figli Achref e
Alaa: tanti amici locali, a casa parlano
arabo, italiano e sardo. Una presenza
radicata, tanto che l’amministrazione
comunale da tre anni organizza la Festa
della comunità tunisina, intorno a metà
settembre, con l’obiettivo di far conoscere
la comunità tunisina da un punto di vista
culturale, allargando lo sguardo ai
rapporti che hanno attraversato e
attraversano tutt’oggi il Mediterraneo,
anche tramite la gastronomia e la musica.
Sardegna e Tunisia legate
da radici storiche e
tradizioni comuni. Nel
XVIII secolo i Tabarkini,
cristiani genovesi
provenienti da Tabarka, si
installarono nell’Isola di
San Pietro, a Carloforte
(donde il nome di
Carlofortini) portandovi
anche il piatto tradizionale
tunisino, che ha dato
origine a quello tipico
carlofortino detto cascà di
Carloforte (o cus cus
tabarchino). Una ricetta
tramandata nel corso del
tempo, a cui, ogni anno,
viene dedicata una sagra.
4
nella storia
Domenica
18 maggio 2014
La chiesa parrocchiale di Ussana
dedicata al martire Sebastiano
DI
TERENZIO PUDDU
della parrocchia sono attestate, per
Llae origini
prima volta, in fonti feudali del 1326.
Appartenne alla diocesi di Dolia fino al 1503
quando questa fu soppressa dal papa Giulio II
per essere incorporata nell’arcidiocesi di
Cagliari. Alla fine del Cinquecento furono aboliti
anche i canonicati del vescovado doliense e la
parrocchia di Ussana ebbe il titolo di rettoria,
con l’obbligo del parroco di risiedere nella
propria sede. L’attribuzione dell’incarico di
rettore (cioè parroco) avveniva in seguito ad un
concorso, l’ultimo dei quali si svolse agli inizi
del secolo scorso. Tra la metà del Settecento e
gli inizi del Novecento fu guidata da eruditi
teologi e, fino all’incameramento dei beni
ecclesiastici (1866–1867), fu una delle prebende
più cospicue dell’arcidiocesi cagliaritana.
La chiesa dedicata al Santo martire guerriero,
invocato contro la peste, fu edificata in stile
tardo gotico catalano nella prima metà del
Cinquecento, probabilmente come ex voto, in
sostituzione dell’antica parrocchiale del paese
intitolata a san Saturno martire cagliaritano.
Alcuni frammenti di pilastrini decorati e
un’iscrizione in greco tutti di epoca bizantina,
riutilizzati nella muratura come materiale di
spoglio, verosimilmente provengono da
qualche antica chiesa presente nel territorio.
Nella prima metà del Seicento fu innalzata la
torre campanaria a fusto quadrato,
sopraelevata con un corpo a base ottagonale
cupolato nel primo ventennio del secolo
successivo. Risalgono invece alla seconda metà
del Settecento i grandi lavori di ampliamento e
ammodernamento che hanno conferito
all’edificio la sua fisionomia attuale con
un’architettura di impronta classicista,
esemplata sul modello della cattedrale di
Cagliari, con facciata e arredi in stile barocco di
pregevole fattura. La chiesa presenta una
pianta a croce latina con pilastri cruciformi,
profonde cappelle laterali intercomunicanti,
volte a botte, ampia cupola ottagonale su
tamburo finestrato e presbiterio sopraelevato.
È stato presidente regionale
dell’Unione cattolica della
stampa italiana per 18 anni
Ha lavorato per tante testate,
Un tempio che conserva grandi opere
realizzati in marmi policroTutti gli altari sono
mi e si riallacciano stilisticamente a esempi liguri, soprattutto per
lo slancio verticale con la caratteristica espansione a ventaglio e
per l’uso di particolari decorativi,
come ad esempio le figure angeliche. L’altare maggiore occupa
gran parte della zona presbiterale e rappresenta un interessante
esempio di integrazione tra architettura e arti decorative. Il
maestoso pulpito in marmi intarsiati, impreziosito
di bassorilievi e figure angeliche è datato 1771. Il
paravoce fu realizzato nel 1773 e la profusione delle sue ornamentazioni rileva l’appartenenza al gusto rococò perfettamente intonata con il sottostante pulpito. Tra gli altri arredi lignei si ricorda il mobile dei paramenti della sacrestia (1796) in stile rococò e la scenografica bussola con intagli dorati
(1802). La parrocchiale custodisce una delle più antiche campane medievali della Sardegna, con un’iscrizione gotica databile alla prima metà del XIV secolo. (T.P.)
con un’attenzione verso
il mondo dell’agricoltura,
coniugando insieme l’amore
per la verità con la carità
In un paese venti secoli di arte
T
ra le chiese minori presenti nel centro abitato una è dedicata a san Saturno o Saturnino, antica parrocchiale del paese come attestato da fonti d’archivio, piccolo
edificio in stile romanico a due navate del 1120–1135, che conserva al suo interno interessanti elementi di spoglio di epoca romana (colonne, capitelli corinzi del I secolo
d. C. e un raffinato sarcofago con raffigurazioni pagane e funerarie del III secolo
d.C.). Accanto alla chiesa parrocchiale, sorge l’oratorio del Rosario con la sua facciata
barocca (1774), già sede della confraternita, documentata fin dagli inizi del Seicento,
e della prima scuola pubblica istituita grazie ad un lascito nel 1710. È presente la
chiesa dell’Angelo Custode ricostruita nel 1965 sui resti di un edificio settecentesco, e
infine la chiesa rurale di san Michele in stile neoromanico (1940). (T.P.)
La facciata barocca
della chiesa parrocchiale
di san Sebastiano
Un testimone nella stampa sarda
Flavio Siddi. Il ricordo di un cronista che ha vissuto in pienezza il Battesimo
e l’appartenenza al laicato cattolico nell’esercizio della professione giornalistica
DI
MARIO GIRAU
A
nche i giornalisti,
qualche volta,
lasciano il segno
nella vita della Chiesa
locale. Soprattutto
quando l’impegno
professionale si
accompagna a un forte
inserimento nella
comunità parrocchiale.
Flavio Siddi, scomparso il
giorno di pasquetta del
2010 a 78 anni d’età,
giornalista per più di
mezzo secolo, ha scelto di
vivere il suo battesimo,
oltre che nella sua
famiglia, nella Chiesa
cagliaritana della
Santissima Annunziata e
nel mondo della carta
stampata.
Con i fatti più che con le
parole, Siddi ha
dimostrato la necessità e
il dovere dei giornalisti
cattolici di non stare alla
finestra, ma cercare
sempre le zone di
frontiera, come i
sindacati, organizzazioni
di categoria, luoghi dove
arrivano più forti le
richieste di giustizia, di
tutela e attenzione verso
la vita dei gruppi e dei
singoli.
Siddi ha vissuto nella
propria persona la lezione
del Vaticano secondo, cioè
che è compito dei laici
santificarsi trattando le
cose temporali. Per questo
– per lo stile conciliare –
anche nell’Unione
Cattolica della Stampa
Italiana, di cui Flavio è
stato presidente regionale
per 18 anni, oltre che, in
periodi diversi, vice
presidente nazionale,
presidente del comitato
dei garanti e dei probiviri,
lavorava perché
l’associazione di
giornalisti cattolici fosse
sempre più presente
dentro la Chiesa sarda
con l’originale contributo
di una categoria abituata a
leggere gli avvenimenti e,
spesso intuirne gli
sviluppi. Un
protagonismo ecclesiale
per aiutare la comunità
cristiana a diventare
sempre più punto di
riferimento nel panorama
socio–culturale dell’isola.
Ma senza invasioni di
campo. Con sobrietà,
come Siddi ha vissuto 58
anni di professione
giornalistica nella prima
linea dell’informazione
(redattore in due
quotidiani regionali,
direttore di 6 importanti
testate), coniugando
insieme l’amore per la
verità con la carità, cioè
raccontare i fatti usando il
massimo di rispetto verso
le persone, secondo
l’insegnamento paolino.
Il clero si confronta sull’uso di Facebook
S
Il manifesto
dell’evento
abato 24 maggio dalle 10 alle 12.30, presso la sala
stampa della Curia diocesana (Cagliari, via mons.
Cogoni, 9), si terrà il primo incontro dei sacerdoti e dei
diaconi della diocesi di Cagliari presenti su Facebook.
Tema dell’incontro sarà: «Sacerdoti in Facebook tra
autenticità e testimonianza». Saranno proposte due
relazioni. La prima tenuta dalla psicologa Raffaela Coghe.
dal titolo “Facebook: esserci o non esserci? essere o non
essere?”. La seconda sarà proposta da Simone Bellisai,
giornalista pubblicista, blogger e web developer sul tema
“Facebook al servizio di un’autentica cultura
dell’incontro”. Dopo le relazioni si aprirà al dibattito e
alla condivisione delle esperienze.
L’iniziativa, la prima in diocesi nel suo genere, è
promossa dall’Ufficio per le comunicazioni sociali e dal
Servizio informatico diocesano.
Il calendario pastorale del mese
Ecco i principali appuntamenti in diocesi per i
mesi di maggio e giugno.
Venerdì 23 maggio alle 19.30, presso l’aula
magna del seminario arcivescovile di Cagliari, si terrà una conferenza dal tema: «La pastorale sociale nel Nordest del Brasile: dalla
teologia della liberazione a Papa Francesco.
In dialogo con il missionario don Giuseppe
Spiga». Guiderà l’incontro il giornalista Mario Girau, presidente dell’UCSI Sardegna.
La conferenza è promossa dall’Ufficio diocesano per la pastorale sociale e del lavoro.
Nella foto Flavio Siddi,
protagonista ecclesiale
nel panorama culturale
di Cagliari e dell’isola
il percorso
Diversi ruoli nell’informazione isolana
na vita per il giornalismo, quella di Flavio Siddi (1934–2010),
iniziata con le collaborazioni ai notiziari agricoli di Rai Sardegna. Giornalista professionista dal 1973, redattore del quotidiano La Nuova Sardegna, capo cronista de L’Altro giornale di Cagliari.
Nel panorama della stampa sarda è stata probabilmente la più
autorevole firma del settore agricolo: direttore del mensile Il coltivatore di Sardegna (dal 1966 al 1975) e fondatore nel 1970 della rivista bimestrale di informazioni agricole ed economiche Sardegna
Agricoltura 80 . Impegnato nel sindacato di categoria – consigliere
dell’Associazione della Stampa sarda e segretario dell’Ordine dei
giornalisti della Sardegna – è stato il primo fiduciario regionale
della Casagit (Cassa integrativa dei giornalisti) e presidente dell’Associazione giornalisti cattolici della Sardegna per 18 anni. (M.G.)
U
Sabato 24 maggio alle 18, nell’aula magna
del seminario arcivescovile, il Centro missionario diocesano propone una conferenza su
“I nuovi stili di vita”, tenuta da padre Adriano Sella , fondatore dell’Associazione “Nuovi stili di vita”.
Domenica 25 maggio si celebra in tutte le
parrocchie la Giornata delle missioni diocesane.
ripete l’appuntamento mensile dell’adorazione eucaristica vocazionale, curata dal Centro Diocesano Vocazioni. Sono invitati tutti
gli operatori della pastorale vocazionale e
quanti vogliono unirsi nella preghiera al padrone della messe perché mandi operai (consacrati e consacrate) alla sua Chiesa.
Domenica 1 giugno si celebra la 48ª Giornata per le comunicazioni sociali. In tale occasione in tutta la regione si terrà la giornata
del quotidiano Avvenire.
Lunedì 2 giugno ad Oristano si terrà il convegno regionale delle comunicazioni sociali.
Relatore sarà monsignor Claudio Giuliodori,
assistente ecclesiastico generale dell’Università cattolica del Sacro Cuore.
Sabato 7 giugno verrà celebrata nelle parrocchie oppure per zona la Veglia di Pentecoste.
Giovedì 29 maggio alle 10, presso l’aula
Benedetto XVI della curia diocesana, si
terrà la riunione del Consiglio presbiterale diocesano.
Domenica 8 giugno alle 17 nella chiesa Cattedrale si terrà la celebrazione diocesana della Pentecoste, in occasione della quale saranno istituiti otto accoliti e saranno ammessi
tra i candidati agli ordini sacri due futuri diaconi permanenti.
Domenica 1 giugno alle 17 presso il Monastero delle Clarisse Cappuccine in Cagliari si
Mercoledì 11 e giovedì 12 giugno si terrà
l’annuale convegno del clero.
Un libro su architettura e arte a San Nicolò Gerrei
DI
DAMIANO ARESU
L
Il presbiterio e l’altare maggiore di San Nicolò Gerrei
Una nuova pubblicazione che non costituisce
un semplice catalogo del corredo liturgico
e delle statue lignee della parrocchia,
ma è un interessante percorso della sua storia
a produzione artistico-religiosa
conservata nelle nostre chiese
racconta, quasi sempre in modo
sublime, il cammino di fede e devozione
che una comunità compie attraverso i
secoli, manifestando il sacro attraverso il
bello. Da questa particolare forma di
testimonianza spirituale nasce il volume
“Pauli Gerrey, Storia, architettura e arte
della Parrocchia di San Nicolò Gerrei”,
presentato ufficialmente domenica 4
maggio nel piccolo paese della Sardegna
centro–orientale.
Scritto a tre mani da don Ferdinando
Loddo, parroco della chiesa di San Nicola
di Bari, dall’architetto Terenzio Puddu e dal
professore Francesco Virdis, quello che
doveva essere un catalogo del corredo
liturgico e delle statue lignee appena
restaurate è divenuto un interessante
affresco sulla storia della parrocchia.
«L’idea di scrivere un piccolo libro
contenente notizie storiche sulla chiesa
parrocchiale – ha raccontato don
Ferdinando Loddo – è nata appena sono
arrivato come parroco a San Nicolò, ma è
rimasta nei miei desideri, in quanto per
circa sette anni sono stato impegnato nel
restauro della chiesa. Poi, nel novembre
scorso, il sindaco Marcello Mura mi ha
comunicato di avere una sovvenzione per
poter realizzare un catalogo degli argenti e
delle statue. Allora ho chiesto la
collaborazione dell’architetto Puddu e del
professor Virdis, con i quali ho trovato, sia
in archivio arcivescovile che in archivio di
stato, tantissime notizie inedite, così che da
un semplice catalogo abbiamo avuto
abbastanza materiale per realizzare un
piccolo libro di storia della parrocchia».
È nato così un itinerario di 160 pagine,
interamente a colori, ricco di storia, arte e
soprattutto fede, lungo il quale possiamo
ammirare dei pezzi unici come l’ostensorio
tardogotico di bottega cagliaritana del XVI
secolo e la croce astile del 1635. Tra le
sculture lignee recentemente restaurate,
databili tra il 1600 e il 1800, la più antica è
il San Sebastiano, opera di Giulio Adato,
scultore e pittore napoletano attivo a
Cagliari in quegli anni. Viene infine dato
ampio risalto alla figura di Carlo Maino,
un progettista svizzero, ex gesuita, al quale
si deve il disegno di ampliamento della
parrocchiale e la paternità di numerose
chiese presenti in Sardegna.
Il libro, per il quale potrebbe essere
prevista una seconda edizione, è stato
donato a tutte le famiglie di San Nicolò
Gerrei e alle principali biblioteche di
Cagliari e provincia.
Un comune tra le montagne
San Nicolò Gerrei, con poco
meno di 900 abitanti, è uno
dei principali comuni
situati nell’omonima
regione della Sardegna
centro orientale.
Appartenente alla provincia
di Cagliari, il suo territorio
è prevalentemente
montuoso, caratterizzato da
vasti altipiani che si
estendono a sud del medio
corso del Flumendosa. Gli
studi archeologici attestano
come la zona fu abitata,
nonostante la sua
connotazione impervia, fin
dall’epoca punico–romana.