Le notifiche a mezzo Pec ex art. 15 l. fall. novellato

Dalla tutela del debitore alla salvaguardia del creditore.
di Andrea Penta
1. La disciplina ante novella
La riforma della normativa fallimentare introdotta con il d.lgs. 12.9.2007, n. 169, aveva
determinato una indubbia “processualizzazione” della fase prefallimentare, con accentuazione del
momento del contraddittorio e tutela del diritto di difesa dell'imprenditore e delle altre parti, con
l'obiettivo di avvicinare la procedura prefallimentare al modello del giusto processo civile di cui
all'art. 111 Cost.. Nella nuova disciplina, pertanto, doveva ritenersi venuta meno quella riserva di
compatibilità tra il diritto di difesa dell'imprenditore e le esigenze e la natura del procedimento
fallimentare, circoscritta alle ipotesi di ricorrenza di particolari ragioni di urgenza, da esplicitarsi
necessariamente nel decreto presidenziale di cui all'art. 15, comma 5, l. fall. Il venir meno di tale
riserva di compatibilità, in definitiva, non consentiva ormai più al tribunale di omettere
l'adempimento di ulteriori formalità. Il rispetto delle norme processuali anche in tema di modalità di
comunicazione degli atti era, quindi, derogabile solo nella ricorrenza di particolari ragioni di
urgenza e su espresso decreto motivato del presidente a norma del citato art. 15 1.
A titolo esemplificativo, dovendo la notificazione al debitore del ricorso e del decreto di
fissazione dell'udienza necessariamente avvenire nelle forme di cui agli artt. 136 ss. c.p.c., il ricorso
alle formalità di notificazione di cui all'art. 143 c.p.c., per il caso delle persone irreperibili,
presupponeva sempre e comunque che, nel luogo di ultima residenza nota, fossero compiute
effettive ricerche e che di esse l'ufficiale giudiziario avesse dato espresso conto. Ne conseguiva che,
in mancanza di tali adempimenti, doveva essere dichiarata la nullità della notificazione e, per
violazione del contraddittorio, la nullità della sentenza dichiarativa di fallimento (Cassazione civile,
sez. I, 11/07/2013, n. 17205; vedi anche: Cass. civ., sez. I, n. 18385, Cass. civ., sez. I, n. 4037).
Persino per quanto concerneva le notifiche all’estero, si sosteneva che, quando era conosciuta la
residenza all'estero del liquidatore della società, prima di procedere alla notifica del ricorso e del
decreto di fissazione dell'udienza ex art. 15, comma 3, l. fall, nelle forme previste dall'art. 143
c.p.c., occorresse procedere al tentativo di notificazione presso tale residenza (Cassazione civile,
sez. I, 04/12/2012, n. 21681). A tal punto veniva privilegiata la posizione del debitore, a garanzia
dell’integrale contraddittorio, che la notificazione del ricorso e del decreto ex art. 15 l.fall. si
1
Qualora il decreto di convocazione per l'udienza camerale fissata per l'audizione del debitore non avesse contenuto
alcuna deroga per ragioni di urgenza ai normali strumenti di notificazione degli atti giudiziari, era considerata
illegittima la dichiarazione di fallimento avvenuta pur in difetto dell'avvenuta notifica della relativa istanza al debitore.
applicava anche qualora il debitore si fosse sottratto volontariamente o per colpevole negligenza,
rendendosi irreperibile, salvo quanto consentito dal quinto comma della norma citata, che
consentiva al presidente del tribunale, con previsione analoga all'art. 151 c.p.c., di disporre che
fosse portato a conoscenza dell'imprenditore il ricorso col pedissequo decreto con ogni mezzo
idoneo 2, omessa ogni formalità non indispensabile alla conoscibilità dello stesso (Cassazione civile,
sez. I, 30/05/2013, n. 13657).
In base alla disciplina anteriore alla procedimentalizzazione dell'istruttoria prefallimentare,
invece, quando la situazione di oggettiva irreperibilità dell'imprenditore fosse stata da imputare alla
sua negligenza e ad una condotta non conforme agli obblighi di correttezza di un operatore
economico, il tribunale era esonerato dall'adempimento delle formalità previste dal codice di rito in
materia di notificazione dell'avviso di comparizione (Cassazione civile, sez. I, 17/04/2013, n. 9319).
A ben vedere l’indirizzo formatosi all’indomani dell’entrata in vigore della legge di riforma
complessiva dell’impianto fallimentare era il più garantista dall’epoca fascista, se solo si considera
che, alla stregua dell'art. 15 legge fall. nel testo vigente anteriormente al d.lgs. 9 gennaio 2006 n. 5,
il rispetto dell'obbligo del tribunale di disporre la previa comparizione dell’imprenditore in camera
di consiglio (come previsto), effettuando, a tal fine, ogni ricerca per provvedere alla notificazione
dell'avviso di convocazione, andava assicurato solo compatibilmente con le esigenze di speditezza
ed operatività cui doveva essere improntato il procedimento concorsuale 3.
Sempre in un alveo ipergarantista si inseriva l’orientamento secondo cui la notifica della
dichiarazione di fallimento andava effettuata alla residenza effettiva del destinatario, atteso che le
risultanze anagrafiche rivestono mero valore presuntivo, potendosi la notifica effettuarsi
alternativamente nell'una o nell'altro, solo se la residenza e il domicilio del destinatario erano nello
stesso luogo (Cassazione civile, sez. I, 06/06/2013, n. 14338).
2. Le novità introdotte dal d.l. 179/2012
2
In siffatta evenienza era reputata valida la comunicazione al debitore del decreto di convocazione avvenuta, come
ordinato con specifico provvedimento del presidente del tribunale, per il tramite di un ufficiale di polizia giudiziaria, e
non nelle forme della notifica di cui agli art. 136 e ss. c.p.c. (Cassazione civile, sez. I, 29/10/2010, n. 22151).
3
Si pensi alla possibilità di ricorrere alla notifica della convocazione con il rito degli irreperibili, ex art. 143 c.p.c., nel
caso in cui presso la sede legale risultante dal registro delle imprese si fosse insediata altra società e già risultassero la
relazione negativa della notifica, a cura della creditrice istante, di un atto di precetto, in epoca prossima all'istruttoria
prefallimentare, nonché l'infruttuosità della notifica sussidiaria al legale rappresentante presso la residenza anagrafica
(in tal senso Cassazione civile, sez. VI, 08/02/2011, n. 3062, e Cass. 7 gennaio 2008 n. 32)
In questo panorama normativo si è inserito con forza dirompente il d.l. n. 179/2012 (c.d.
“decreto sviluppo bis”) applicabile ai procedimenti introdotti in data successiva al 31.12.2013),
convertito in l. n. 221/2012, la cui ratio è chiaramente quella di favorire la celere definizione dei
procedimenti prefallimentari, a tutela delle esigenze dei soggetti creditori, anche a discapito del
diritto di difesa del debitore fallendo.
La principale novità introdotta è, in termini sintetici, costituita dalla previsione secondo cui, in
prima battuta, l’avviso ai creditori deve essere effettuato unicamente dalla Cancelleria a mezzo
SIEFIC all’indirizzo PEC del resistente debitore (e, quindi, senza l’intermediazione dell’ufficiale
giudiziario, prescritta invece in linea generale dall’art. 137 c.p.c., che pure fa salve le diverse
disposizioni di legge) 4 e solo in caso di impossibilità di tale modalità di notifica 5 la richiesta va
inoltrata, a cura del ricorrente, all’ufficiale giudiziario, che procederà senza ricorso al servizio
postale (la notifica, invero, ove non sia possibile all’indirizzo PEC – perché tale indirizzo non
risulta dal registro delle imprese o da un pubblico registro 6 ovvero perché la casella di posta
elettronica non è funzionante 7 - si esegue “esclusivamente di persona” 8 presso la sede dell’impresa
risultante dal Registro delle Imprese) 9. Quest’ultima previsione (che non ammette equipollenti) ha
l’evidente scopo di eliminare i ‘tempi morti’, anche se al solo fine di dover attendere la ricezione
dell’avviso di ricevimento; evenienza che potrebbe, ad esempio, consentire il consolidamento di
pagamenti preferenziali, magari connessi a piani di rientro provocati dal mezzo di pressione del
ricorso per dichiarazione di fallimento. D’altra parte, tenuto conto che la notifica deve perfezionarsi
4
In base all’art. 4, co.2, d.m. 44/2011, ogni ufficio giudiziario ha un proprio indirizzo PEC. L’art. 17 dello stesso d.m.,
invece, dispone che “le richieste telematiche di un’attività di notificazione da parte di un ufficio giudiziario sono
inoltrate al sistema informatico dell’UNEP”.
5
E’ opportuno evidenziare che la nuova disciplina non è derogabile.
6
La ricerca dell’indirizzo di PEC a cui inviare la notificazione avverrà al Registro delle Imprese, per le persone
giuridiche ad esso iscritte, ed al ReGIndE (Registro Generale degli Indirizzi Elettronici, gestito dal Ministero della
Giustizia, che reca gli indirizzi PEC degli appartenenti ad un ente pubblico e dei professionisti iscritti in albi ed elenchi
istituiti con legge) o, in seconda battuta (se non accessibile o se la ricerca dà esito negativo), utilizzando i dati presenti
nell’anagrafica delle parti del fascicolo, per le persone fisiche e per le persone giuridiche non iscritte al RI. Va notato
che, al fine di garantire l’applicabilità della nuova modalità di notifica, il d.l. 197/2012 ha esteso anche alle imprese
individuali l’obbligo di dotarsi di un indirizzo PEC e di comunicarlo al Registro delle Imprese, così come già previsto
per le società a partire dal 2009. Da ultimo, il d.m. del 19.3.2013 ha istituito il servizio INI-PEC, vale a dire l’indice
nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti.
7
Ad esempio, perché bloccata o piena. A seguito dell’inserimento del codice fiscale o della partita IVA del debitore da
parte del cancelliere, il sistema provvede automaticamente a verificare l’iscrizione dell’indirizzo PEC ed alla
trasmissione della copia dell’atto allo stesso tramite lo specifico indirizzo PEC in dotazione all’ufficio.
8
L’espressione “di persona” si riferisce all’ufficiale giudiziario, il quale deve procedere personalmente alla notifica e
non può avvalersi del servizio postale, ma non si riferisce anche al destinatario, al quale l’atto potrà essere notificato
dall’ufficiale giudiziario a mani proprie o mediante consegna a soggetto idoneo a riceverlo (nelle forme previste dal
codice di rito). In particolare, se l’impresa è esercitata da un imprenditore collettivo (società di capitali, società di
persone o società cooperative), la notifica deve essere eseguita, ai sensi dell’art. 145 c.p.c., presso la sede legale
mediante consegna dell’atto al legale rappresentante o a persona incaricata o addetta alla sede.
9
Si è evidentemente al cospetto di una deroga all’art. 107, co.1, dPR n. 1229/59, che dispone: “L’ufficiale giudiziario
deve avvalersi del servizio postale per la notificazione degli atti in materia civile ed amministrativa da eseguirsi fuori
del Comune ove ha sede l’ufficio, eccetto che la parte chieda che la notificazione sia eseguita di persona”. Nella specie
è, invece, la legge ad imporre che la notifica sia eseguita ‘di persona’.
almeno 15 giorni liberi prima dell’udienza (termine a difesa) e che quest’ultima deve essere fissata
entro 45 giorni (termine non perentorio) dal deposito del ricorso, la notifica a mezzo posta sarebbe
risultata del tutto incompatibile con tale tempistica 10. In altre parole, la notifica deve perfezionarsi
al trentesimo giorno dal deposito dell’istanza di fallimento. Il rispetto del termine di 45 giorni è
necessario, oltre che per le azione revocatorie fallimentari, anche per interrompere il termine di
prescrizione dell’azione di responsabilità per amministratori e sindaci che si sono dimessi e per le
revocatoria ordinarie. In ogni caso, è evidente che il tempo richiesto per la registrazione del ricorso,
per la designazione del giudice, per la fissazione dell’udienza (recte, per la firma da parte del
presidente del decreto di convocazione), per la spedizione del ricorso e del decreto da parte della
cancelleria (dopo averlo ‘scannerizzato’, se non è redatto con modalità digitali 11) all’indirizzo PEC
del debitore e, in caso di assenza o di mancato funzionamento della PEC, per la comunicazione
all’avvocato sia estremamente contenuto.
Non è ovviamente da escludersi l’ipotesi che la notifica abbia un esito positivo soltanto in parte,
quando è diretta a più soggetti.
Quando si deve ricorrere all’u.g., non è contemplata l’ipotesi di notifiche al di fuori del
circondario e presso indirizzi diversi dalla sede legale (cioè risultante dal registro delle imprese)
radicante la competenza del tribunale adìto.
L’ufficiale giudiziario, solo nel caso in cui presso la sede non abbia trovato alcuno o la stessa
risulti chiusa, potrà limitarsi a depositare il plico presso la casa comunale (con perfezionamento
immediato della notificazione, senza la necessità di provvedere alle ulteriori comunicazioni di cui
all’art. 140 c.p.c. ovvero di attendere il decorso dei 20 giorni previsti dall’art. 143 c.p.c.) del
Comune in cui ha sede il fallendo. Tra gli ‘irreperibili assoluti’ non dovrebbe mai rientrare di norma
una società, che per definizione ha sempre una sede legale, indicata nell’atto costitutivo o nelle
eventuali successive delibere di modifica statutaria. Una circolare del Tribunale di Napoli, a firma
del presidente della sezione fallimentare dott. Di Nosse, ha posto in rilievo che soltanto in caso di
chiusura ed abbandono della sede sociale, ovvero di trasferimento di ‘sede mobile’ (vale a dire, di
quella indicata presso lo studio di un professionista che poi cambi indirizzo dello studio o lo chiuda,
si può ipotizzare che di fatto la società sia assolutamente irreperibile.
10
La riduzione dei tempi dell’istruttoria prefallimentare si rivela quanto mai necessaria altresì in considerazione della
drastica riduzione dei tempi della revocatoria operata nel 2006.
11
Molti uffici giudiziari, in collaborazione con i relativi ordini degli avvocati, già hanno concordato la presentazione sin
dal mese di gennaio del 2014 (anziché solo dal 30.6.2014) dei ricorsi per dichiarazione di fallimento e dei relativi
allegati esclusivamente con la modalità del PCT. In ogni caso, la nuova versione del software consente ora al
cancelliere di allegare il ricorso introduttivo (senza i documenti prodotti) ed il decreto di convocazione (che andranno
opportunamente scansiti in formato PDF) alla busta che va comunicata al debitore a mezzo di posta elettronica
certificata.
Al fine di porre il difensore del ricorrente nelle condizioni di attivarsi tempestivamente
(accedendo in cancelleria e richiedendo copia autentica del ricorso e del decreto) con l’u.g. per
l’eventualità in cui la notifica mediante PEC non abbia avuto esito positivo, è previsto che “l’esito
della comunicazione (a cura della cancelleria) è trasmesso, con modalità automatica, all’indirizzo
di posta elettronica certificato dal ricorrente” (che coincide, di regola, con l’indirizzo PEC del
procuratore risultante dal registro di cancelleria). Il sistema ‘restituisce’ l’esito ufficiale della
notifica, indicando in dettaglio quanto accade nel corso del procedimento telematico, e consente
l’immediata (o quasi) verifica della notifica stessa. Inoltre, è programmato in modo tale da
comunicare in automatico l’esito della trasmissione sia alla cancelleria sia all’avvocato (recte, al
procuratore costituito 12) del ricorrente 13. Il messaggio PEC recherà in allegato la documentazione
da notificare al debitore e soci (vale a dire, il ricorso ed il provvedimenti di nomina del giudice e di
fissazione dell’udienza). In particolare, il sistema di cancelleria mostrerà una nuova tipologia di
“esito” con la dicitura “a carico del ricorrente”.
Una notifica effettuata mediante deposito alla casa comunale potrebbe essere inficiata da nullità
laddove non risultasse in atti la prova dell’impossibilità della notifica a mezzo PEC (che legittima il
passaggio alla modalità sussidiaria di notificazione), laddove è evidente che tale patologia non
sarebbe configurabile (per il raggiungimento dello scopo) qualora, pur saltandosi la notifica a
mezzo PEC, quella presso la sede avesse esito positivo. E’ senz’altro da escludere la validità della
notifica eseguita esclusivamente in via sussidiaria a carico del ricorrente allorquando
l’aggiornamento del SIEFIC non sia disponibile o non sia funzionante. Sussistono, peraltro, dubbi
sulla possibilità di comprendere tra le cause di impossibilità della notificazione alla PEC del
debitore le difficoltà della cancelleria anche con riferimento alla funzionalità (si pensi ad una
interruzione temporanea del servizio per ragioni tecniche) dell’applicativo SIEFIC (soprattutto
quando la PEC del debitore sia regolarmente iscritta nel registro delle imprese e regolarmente
funzionante).
In definitiva, sono state introdotte due deroghe alla regola generale di cui all’art. 107 dPR n.
1229/59: a) la notifica ‘a mani’ viene resa obbligatoria anche nei casi in cui debba essere effettuata
fuori dal comune in cui ha sede l’ufficio; b) per procedere alla notifica di persona è superflua
l’istanza della parte, essendo la stessa obbligatoria per legge.
12
Senz’altro presente nell’anagrafica del sistema, posto che è sempre necessario il patrocinio del procuratore legale, a
pena d’inammissibilità, per la proposizione del ricorso di fallimento.
13
Probabilmente, se il richiedente il fallimento è la Procura della Repubblica, la cancelleria dovrà comunicare a mezzo
fax alla relativa segreteria l’omessa notifica nelle forme a mezzo PEC. Non manca, peraltro, chi (Trib. Napoli) ritiene
che, se l’iniziativa proviene dal pubblico ministero, anch’egli debba indicare la PEC del proprio ufficio, alla quale
saranno inviate dalla cancelleria fallimentare le comunicazioni relative al procedimento prefallimentare.
Inoltre, prevedendo in via subordinata il deposito presso la casa comunale, di fatto il legislatore
ha escluso che, nell’ipotesi di mancato adempimento da parte dell’impresa dell’obbligo di dotarsi
della PEC funzionante e della sua irreperibilità presso l’indirizzo della sede legale, si debba andare
alla ricerca del legale rappresentante (deroga all’art. 145 c.p.c.) per eseguire la notifica presso la sua
residenza o il suo domicilio 14. Da ciò consegue che, in via principale (vale a dire, salva l’ipotesi
subordinata del deposito presso la casa comunale), la notificazione ad una società non sarà possibile
ai sensi degli artt. 140 o 143 c.p.c., atteso che tali forme sono, ormai per giurisprudenza consolidata,
utilizzabili solo per la notificazione diretta al legale rappresentante.
Da ultimo, rispetto al codice di rito la nuova norma ha introdotto due importanti novità in tema
di perfezionamento della notifica: a) in caso di notifica ex art. 140 c.p.c. alle persone fisiche, non è
più necessario l’invio della seconda raccomandata recante l’avviso di deposito del piego presso la
casa comunale, essendo espressamente previsto che è sufficiente il solo deposito; b) in caso di
persone giuridiche, è stata esclusa la validità della notifica alternativa al legale rappresentante, ma è
stata, d’altro canto, ammessa, sempre in deroga all’art. 145 c.p.c. 15, la notifica in via subordinata ai
sensi dell’art. 140 c.p.c. presso la casa comunale del luogo in cui si trova la sede sociale.
Il sistema non è stato verificato nell’ipotesi in cui venga generato un avviso di mancata
consegna a causa della circostanza che la casella di posta del destinatario sia piena.
3. Fattispecie particolari
Sin dalle prime applicazioni è sorto il dubbio se le nuove regole introdotte, quanto alla notifica,
nell’art. 15 l. fall. siano applicabili anche alla notifica del ricorso e del decreto ai soci
illimitatamente responsabili di società di persone (ovviamente, ai sensi dell’art. 147, co.2, l. fall.,
sempre che non abbiano perso tale qualità da oltre un anno). I problemi ulteriori che sorgono in
siffatta evenienza sono costituiti dal fatto che il socio di s.n.c. o di s.a.s.(a maggior ragione di
società irregolari o di fatto) potrebbe non avere un indirizzo PEC personale e potrebbe, comunque,
non avere residenza nella sede legale dell’impresa, con la conseguenza che una notifica mediante
deposito alla casa comunale determinerebbe una conoscenza solo fittizia degli atti introduttivi.
14
Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi, in caso di impresa individuale, per la persona fisica titolare dell’impresa, se
la residenza o il domicilio di quest’ultimo non coincidono con la sede dell’impresa. Pertanto, l’u.g. potrà eseguire la
notifica ai sensi degli artt. 138, 139 e 140 c.p.c., ma sempre ricercando le persone idonee a ricevere l’atto solo nei locali
e nell’edificio ove ha sede l’impresa.
15
La deroga si riferisce solo alle società, in quanto per gli imprenditori individuali già era consentita, trattandosi di
persone fisiche, la notifica in via residuale ex art. 143 c.p.c., sia pure con il termine aggiuntivo di gg. 20 ai fini del
perfezionamento.
D’altra parte, se in tali casi si facesse ricorso alle ordinarie norme di cui agli artt. 139 e ss. c.p.c., le
esigenze acceleratorie delle procedure prefallimentari sottese alle nuove norme verrebbero
vanificate. Si tende a sostenere che la notificazione si debba effettuare (a cura del ricorrente) nelle
forme ordinarie (così probabilmente dovendo superare i 45 giorni prescritti), anche perché nessuna
norma prevede l’obbligatorietà della PEC per i soci (ove non imprenditori individuali in proprio o
professionisti iscritti in albi). Fermo restando che il ricorso alla società (s.n.c. o s.a.s.) comunque
andrebbe notificato nelle forme dell’art. 15, co.3, si assiste in questo caso ad un doppio regime di
notificazione (uno per la società ed uno per i soci).
Parimenti, la notifica dovrebbe essere eseguita con le forme ordinarie per le imprese cancellate
dal registro delle imprese. Ciò non tanto perché (come sostenuto da alcuni) non solo la società, ma
anche la PEC, non sopravvive alla cancellazione (atteso che la cancellazione dal registro non
comporta l’automatica disattivazione della PEC), quanto perché, a seguito della cancellazione, di
regola l’indirizzo di posta elettronica non viene lasciato attivo e regolarmente funzionante. E’ pur
vero, però, che in quest’ultima ipotesi dovrebbe passarsi alla seconda fase (notifica a mani
dell’u.g. su istanza del creditore ricorrente). Probabilmente, dovrebbe operarsi un distinguo a
seconda che l’indirizzo PEC sia funzionante (nel qual caso, essendovi ancora un soggetto abilitato a
ricevere la posta inoltrata all’imprenditore, vi è una presunzione ex lege secondo cui la PEC
ricevuta dalla società si intende conosciuta dal legale rappresentante e, quindi, può ricorrersi a
questa modalità) o sia stato disattivato (disabilitato) da parte del legale rappresentante (nel qual caso
il ricorrente dovrà procedere alla notificazione nelle forme ordinarie stabilite dagli artt. 137 e ss.
c.p.c., eventualmente anche a mezzo del servizio postale, all’ex legale rappresentante). Orientato
verso la prima soluzione è il Tribunale di Napoli, sulla base della convinzione per cui per le società
cancellate, pur se ancora dotate di PEC, il Registro delle Imprese non consente alcun accesso alla
rubrica telematica, con la conseguenza di rendere di fatto impossibile la notifica a mezzo PEC.
Questioni dello stesso tenore potrebbero sollevarsi per le imprese di fatto (non censite in
CCIIAA), per le società collettive irregolari e, forse, per gli enti collettivi non societari (ad es.,
associazioni non riconosciute).
Non manca, peraltro, chi (Trib. Marsala) provvede comunque anche in questi casi al primo
tentativo di notifica a mezzo PEC, disponendo che, in caso di esito negativo della notifica effettuata
nei confronti di imprenditori persone fisiche, di soci illimitatamente responsabili o di enti non
obbligati al deposito del proprio indirizzo PEC presso il Registro delle Imprese a causa del mancato
reperimento dell’indirizzo di posta elettronica certificata, la notifica debba intendersi non
perfezionata ed il sistema restituisca alla cancelleria il messaggio con la dicitura “a carico del
ricorrente”.
Autorevole dottrina (Bozza) già ha aderito a quest’ultimo indirizzo, sostenendo che, se è’ vero
che la primaria forma di notifica prevista dall’art. 15 è quella via pec da parte della cancelleria, è
altrettanto vero che la norma non ha dettato un modello di notifica per i possessori di pec, tale da
ritenere che per le notifiche da effettuare a chi ne sia privo, istituzionalmente o contingentemente,
debbano essere ripristinate le regole ordinarie; al contrario ha dettato le regole per la convocazione
di tutti i soggetti interessati dall’istruttoria prefallimentare. Tant’è che il terzo comma dell’art. 147
dispone che anche i soci illimitatamente responsabili
devono essere convocati
“a norma
dell'articolo 15”. Partendo da questo presupposto, questa dottrina ha concluso che, se l’unica norma
che regola il procedimento per la dichiarazione di fallimento è quella contenuta nell’art. 15, il terzo
comma della quale detta le modalità per la notifica del decreto di convocazione del fallendo, e
queste stesse modalità sono richiamate per la convocazione dei soci illimitatamente responsabili per
i casi in cui bisogna a lui estendere il fallimento, vuol dire che la regolamentazione della notifica del
ricorso decreto per la convocazione dei fallendi è esclusivamente ed integralmente contenuta nel
terzo comma dell’art. 15, per cui a questa bisogna fare sempre riferimento ogni qual volta si debba
notificare il ricorso e decreto di fallimento, presentato da un creditore o dal P.M., chiunque sia il
destinatario, sia o non fornito di pec. A sostegno di questa interpretazione, si porrebbe proprio l’art.
15 che, immediatamente dopo la previsione primaria, indica le modalità di notifica da seguire non
solo nel caso che la notifica via pec non sia riuscita, ma per ogni caso in cui la notifica via pec non
sia possibile “per qualsiasi ragione” (per un disguido del sistema, per la mancanza della pec da parte
del destinatario perché socio e non imprenditore o imprenditore cessato, e così via). Del resto, così
come, seppur non è obbligatorio per un cittadino dotarsi di una pec, non è escluso che questi
disponga di un indirizzo di posta certificata, egualmente non è escluso che abbia conservato la
vecchia pec funzionante (eventualmente quella del legale rappresentante) una società cessata. Ciò
significa che la cancelleria deve sempre fare la ricerca dell’indirizzo pec di ciascun soggetto al
quale dover eseguire la notifica, dal momento che la notifica a mezzo pec è quella prioritaria e tale
sistema non è espressamente limitato ai soli imprenditori (anche i soci vanno convocati a norma
dell’art. 15) né tanto meno a quelli ancora attivi (posto che un imprenditore, individuale o collettivo,
cessato e cancellato dal registro delle imprese può ancora fallire entro l’anno dalla cancellazione),
con la conseguenza che se colui che deve essere convocato per l’istruttoria prefallimentare (sia egli
un socio, un legale rappresentante di una società cessata o un imprenditore cessato) è, per qualsiasi
motivo, fornito di pec, la notifica a lui del ricorso decreto va fatta all’indirizzo di posta elettronica
certificata a cura della cancelleria.
Il Tribunale di Napoli ritiene che, solo qualora i soci abbiano un indirizzo di PEC e questo risulti
dal registro delle imprese o dall’Indice nazionale degli indirizzi di PEC (Reginde) ovvero dagli atti
del procedimento, la notifica potrà avvenire anche per essi con la modalità telematica della posta
certificata. Viceversa, per i soci che non abbiano una propria PEC, la notifica nei loro confronti
dovrebbe avvenire nelle forme tradizionali finora adottate, senza restrizione alcuna. In siffatta
ultima evenienza, pertanto, la notifica non potrebbe essere effettuata anche per loro presso la sede
sociale, non fosse altro perché i soci non hanno alcun collegamento (in termini di residenza e
domicilio) con la sede dell’impresa, ma dovrebbe essere eseguita presso la loro residenza (previa
individuazione della stessa tramite i registri dell’anagrafe comunale). Inoltre, dovrebbe essere
eseguita applicando le norme vigenti in materia di notificazione previste dal codice di rito.
Nell’eventualità in cui venissero depositati ricorsi fallimentari successivi al primo, occorre
domandarsi se dovrebbero essere notificati con le stesse modalità. Il problema si acuirebbe nel caso
in cui venissero depositati in prossimità dell’udienza. Tendenzialmente, se i ricorsi ulteriori
pervengono in una data in cui è ancora possibile notificare utilmente per l’udienza già fissata
(almeno 20 giorni prima dell’udienza fissata sul primo ricorso), la cancelleria deve provvedere alla
notifica a mezzo PEC e poi in udienza si provvede alla riunione. Diversamente opinando (cioè
differendo l’incombente all’udienza), si corre il serio rischio che, in caso di desistenza del primo
ricorrente, sia necessario comunque fissare una nuova udienza, in tal guisa allungando i tempi per la
dichiarazione di fallimento (con il rischio conseguente di consolidamento degli atti). Se, invece, non
vi è più il tempo sufficiente per la notifica rispetto all’udienza già fissata, si attenderà quest’ultimo e
poi si provvederà nel contraddittorio delle parti (eventualmente differendo poi l’udienza per
consentire la notifica anche dell’ulteriore ricorso).
In conclusione, è evidente che il legislatore si è posto dalla parte di chi deve eseguire la notifica
(sia essa la cancelleria in prima battuta o il creditore o il P.M.), allo scopo di dare una accelerazione
ai tempi dell’istruttoria prefallimentare, sottolineata anche dalla previsione di fissare l’udienza per
l’audizione non oltre quarantacinque giorni dal deposito del ricorso; e ciò a scapito dei fallendi, il
diritto di difesa dei quali ha fortemente e scientemente sacrificato sull’altare della celerità del
procedimento, che, probabilmente sarà la valvola per salvare la norma dall’accusa di
incostituzionalità, sia per violazione dell’art. 24 che dell’art. 3 della Carta costituzionale. Lo scopo
è, quindi, chiaramente quello di abolire i tempi lunghi ed incerti della notifica a mezzo posta.
E’ anche chiaro, peraltro, che, in tal modo, aumenteranno le pronunce di fallimento.
Condivisibile appare il rilievo formulato dal presidente della sezione fallimentare presso il
Tribunale di Napoli, secondo cui non è comprensibile perché “in tempi di grave difficoltà per
l’economia nazionale, da un lato il legislatore abbia concesso all’imprenditore in crisi, rectius
quasi sempre in stato d’insolvenza, termini generosi in materia di concordato preventivo in bianco
o preconcordato (da 60 a 120, prorogabili da 120 a 180), grazie al deposito di una domanda
meramente prenotativa, avente però effetti giuridici molto rilevanti per debitore e creditori, e poi
abbia optato per la concessione di termini così brevi per la fissazione dell’udienza
prefallimentare”.
Senza tralasciare che i termini estremamente contenuti fissati per quest’ultima udienza non favorirà
sul piano pratico le soluzioni transattive stragiudiziali, in q uanto il resistente non avrà più a sua
disposizione un lasso di tempo sufficiente per rinvenire nuove risorse finanziarie o per incassare i
propri eventuali crediti.